SANGUE SUL COLLO DEL GATTO Ballata per un

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SANGUE SUL COLLO DEL GATTO Ballata per un
SANGUE SUL COLLO DEL GATTO
Ballata per un'umanità che non è pronta per la felicità.
Quello che proponiamo è un adattamento del testo "Sangue sul collo del gatto" scritto da R. W.
Fassbinder e presentato per la prima volta a teatro nel 1971. Il testo rappresenta innanzitutto una
provocazione: nel mirino c'è l'uomo, la sua identità, il linguaggio, i meccanismi sociali e infine il
teatro stesso. Il pretesto su cui fonda lo spettacolo è l'apparizione di Phoebe Zeitgeist, un'aliena
venuta dallo spazio per scrivere un reportage sulla vita tra gli uomini. Drammatici e grotteschi al
tempo stesso, i personaggi di Sangue sul collo del gatto non hanno nome, sono semplicemente Il
macellaio, la modella, la moglie...sono in definitiva il ruolo che hanno finito per assumere nei
confronti della collettività, rinunciando evidentemente alla loro individualità, a un loro "sentire
originale" Questo spettacolo racconta la crisi del linguaggio e il trionfo dell'incomunicabilità.
Gli attori, si muovono in uno spazio scenico circondato dal pubblico, la dinamica dello spettacolo
ricorda un po' quella dell'happening perché i personaggi, seduti tra gli spettatori entrano e escono
continuamente di scena per rappresentare il loro dramma. Scendono in campo mossi a desideri
"semplici", comuni a tutti: essi vogliono amore, comprensione. In realtà, si muovono sempre ben
ancorati alla piccola isola del proprio vissuto, delle proprie convinzioni e di un identità più o meno
irremovibile. Le parole che queste persone si scambiano, spesso fondate su cliché e luoghi comuni,
sono già morte. Il linguaggio li ingabbia, e come se non gli appartenesse realmente li"trafora", gli
passa attraverso: è questa la grande trappola dentro la quale tutti sono costretti e si agitano,
perennemente insoddisfatti nella loro ansia di intendersi davvero con l'altro. Ma il dato davvero
“commovente” sta nel fatto che, nonostante tutto, quest'umanità non si arrende, anche se si tratta di
una ricerca ineluttabilmente frustrante, poiché dopotutto quello a cui si partecipa è solo il gioco
delle apparenze ( di noi stessi, degli altri, del discorso...).
La sensazione di incomunicabilità e di solitudine si esprime bene nella figura di Phoebe: l'aliena che
conosce l'esatto significato delle parole ma non riesce a capire il modo in cui esse vengono
strutturate in discorso. Il fatto è che il linguaggio non è "neutro", "oggettivo", e soprattutto è
tutt'altro che libero, non solo perché schiavo dei meccanismi sociali, ma perché è uno dei sistemi
più complessi e artificiosi che l'uomo sia riuscito a costruire nel tempo. A Phoebe manca
l'esperienza del linguaggio, le parole che escono dalla sua bocca sono"vergini", sono tutte le loro
senso oggettivo.
'Sangue sul collo del gatto' è una questione non ancora risolta, in quanto si limita a dipingere uno
stato delle cose frustrante e sempre uguale, che non sembra permettere evoluzioni...
Proporlo ancora oggi, significa per noi far suonare un campanello di allarme, mostrando uno stato
delle cose assolutamente sconfortante, e apparentemente senza via d'uscita. E' stato difficile per noi
trovare uno spiraglio di luce, di speranza di fronte a questo testo, così come lo è spesso trovarlo
nella vita di tutti i giorni. Noi riteniamo che una amara presa di coscienza della realtà sia
necessaria,ma abbiamo tentato di non fermarci qui, intendendo il teatro come uno strumento di
crescita e di miglioramento.
Di grande aiuto è stato innanzitutto il grottesco che abbiamo ravvisato nel testo. Più volte ci è
sembrato di trovarci di fronte a una farsa che però, per dirla con Pirandello, "include nella
medesima rappresentazione della tragedia la parodia e la caricatura di essa, ma non come elementi
soprammessi, bensì come proiezione d'ombra del suo stesso corpo, goffe ombre d'ogni gesto
tragico». Sappiamo che i personaggi vivono autenticamente la loro tragedia, ma noi che li
guardiamo dall'esterno non possiamo non accorgerci di questa sorta di ombra che li accompagna,
generata qui dallo scarto tra la naturalità che essi pretendono dal loro agire, e l'evidente
"l'artificialità" dei loro sistemi di giudizio, del loro fare e dei loro discorsi,che risultano lontani anni
luce da ciò che possiamo intendere come qualcosa di naturale, spontaneo, vero. In quest'ottica i
personaggi appaiono bizzarri,stravaganti, e possono far sorridere.
Ma soprattutto, aldilà di queste caratteristiche, abbiamo ravvisato nella loro testarda volontà di
comunicazione, e nel loro costante desiderio di amore, la scintilla iniziale che dà vita al dramma,
irrisolto si, ma pur sempre generato da questo istinto arcaico e irrinunciabile di ricerca dell'altro, di
impossibilità di accettare la solitudine,la rinuncia, la morte. Tutti i personaggi di Fassbinder per
quanto artefici di atti e parole assolutamente discutibili, non suscitano mai solo biasimo ma anche
compassione e infinita dolcezza: difficile additare le vittime e i carnefici: il male sembra essere
venuto da fuori, postumo, il male è un equivoco, e in questo senso l'uomo è dipinto in una luce
addirittura ottimista.
Poco importa se anche questa volta l'alieno dovrà tornarsene nel suo pianeta a riferire che la vita tra
gli uomini è incomprensibile e terribile. Noi registreremo questo triste risultato con coraggio, nella
volontà di guadagnare una coscienza maggiore di noi stessi. Bisogna rendersi conto che la vita può
essere ben altro, 'Sangue sul collo del gatto' non ci mostra questo 'altro', piuttosto dimostra la
decadenza, l'intollerabilità di quello che abbiamo qui e oggi: è un appello alla demolizione, per
farla finita con questo spettacolaccio insostenibile. E se cerchiamo una via d' uscita, questa non
potrà essere che nell'uomo, forse proprio in questo amore, o quello che ne è rimasto, e chissà che
alla fine l'amore (incondizionato) come motore del modo, non si scopra essere per noi qualcosa di
naturale, spontaneo, e non una semplice utopia.