Arte cicladica

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Arte cicladica
CH. DOUMAS, The N.P. Goulandris Collection 01 Early Cycladic Art, Athens 1968
(Praeger), pp. 184, figg. 168 in bianco e nero, 4 a colori (compreso il frontespizio).
Fra le culture preistoriche del Mediterraneo quella Cicladica forse più di ogni altra
ha attirato l'attenzione dei collezionisti per la bellezza e la raffinata esecuzione del vasellame marmoreo e per la essenzialità delle linee degli idoletti che possono soddisfare più
di altri monumenti antichi il gusto moderno. Fra le collezioni private di arte antica la
Collezione Goulandris è certamente una delle più ricche nel settore delle antichità cicladiche e questo bel volume curato da Christos Doumas presenta egregiamente il materiale
grazie anche alle fotografie di Ino Ioannidou eLenio Bartziotis. Per tutti coloro che si
interessano di arte cicladica questa raccolta diverrà un punto di riferimento obbligato per
la quantità e per la varietà degli oggetti.
Il volume si apre con una breve premessa della signora Dolly Goulandris che riguarda
un poco anche la storia della Collezione e che spiega come per sua iniziativa e desiderio
gli idoli siano stati fotografati en plein air con lo sfondo del mare Egeo; in realtà l'effetto
raggiunto nelle fotografie a colori è spesso suggestivo. Segue il testo del Doumas, composto
da una breve introduzione che riassume gli aspetti principali della cultura cicladica e
da una serie di capitoli sui vari tipi di materiali, formati ciascuno da alcune pagine generali
sulla classe di oggetti e dalle schede di catalogo molto complete e particolareggiate. Purtroppo non si conosce il luogo di provenienza dei pezzi ed anche le circostanze di rinvenimento rimangono ignote; forse non sarebbe stato inutile indicare almeno il luogo di
acquisto di quei pezzi comperati direttamente sulle isole e non presso antiquari.
Qui di seguito segnaliamo i pezzi più interessanti della collezione in relazione anche
agli studi più recenti pubblicati dopo il volume o contemporaneamente ad esso.
Ceramica. È rappresentata abbastanza largamente la ceramica tipo Pelos, decorata
con i semplici motivi a spina di pesce, mentre è pressoché assente la ceramica più tarda
tipo Syros con i tipici motivi a spirale; questi ultimi si ritrovano solamente su alcuni
aryballoi miniaturistici (nn. 196, 217-219, 221, 223) molto simili a quelli rinvenuti a
Naxos (G. Papathanasopoulos, in « Arch. Delt. », 17, 1961-62, tav. 66). Sono abbastanza
notevoli due padelle (nn. 98-99); sia la forma che la decorazione, come giustamente osserva
il Doumas, non riportano i due esemplari al gruppo di Syros ma piuttosto al gruppo di
Kampos, leggermente anteriore sul piano cronologico (E.M. BossERT, Ein Beitrag zu den
Iruhkykladischen Fundgruppen, in «Anadolu Ara~tirmalari », 2, 1965, p. 85 sgg.); il
n. 99 sia per la forma dell'ansa ridotta che per la decorazione esterna non sintatticamente
ordinata sembra avvicinabile agli esemplari euboici (G.A. Papavasilios, IIEpt -rwv Èv Eu~ol~
&.PXet!wv -r&.cpwv, Athenai 1910, tavv. 2, 11, 13).
Vasi marmorei. Molto numerose le coppe di forma più o meno schiacciata e i calici
fra i quali uno (n. 210) con la coppa globulare si discosta dai tipi più comuni. La pisside
n. 263 con corpo cordonato e coperchio è abbastanza diffusa anche al di fuori delle
Cicladi ed è stata imitata a Creta, forse sugli esemplari direttamente importati (C. Renfrew, Crete and the Cyclades belore Rhadamanthus, in «Kr. Chr. », 18, 1964, p. 123,
tav. 7: 3-4; P. Warren, Minoan stone vases, Cambridge 1969, p. 82, P 460). Il vaso plastico a forma di suino (n. 285) trova un buon confronto in un esemplare fittile da
Phylakopi (Ch. Zervos, L'art des Cyclades, Paris 1957, fig. 332). In appendice è presentata una larga coppa (n. 329) che all'interno presenta una fila di uccelli, interpretati
come colombe, allineati lungo un diametro. Questo vaso di uso non chiaro, dato anche
che le circostanze ed il contesto di rinvenimento sono ignoti, viene opportunamente confrontato dall'A. con vasi ciprioti e cretesi con rappresentazioni plastiche all'interno.
Recenti ricerche nell'isola di Keros hanno portato alla luce frammenti di un esemplare
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analogo (F. Zaphiropoulos, Cycladic finds Irom Keros, in «AAA », 1, 1968, p. 100,
figg. 5-6), ma anche in questo caso il contesto rimane non chiaro.
Idoli. Nelle pagine introduttive del capitolo un notevole spazio è dedicato alla
disamina delle varie teorie sull'uso e sul significato delle piccole figure. Dopo aver soppesato gli argomenti a favore e contro le diverse interpretazioni l'A. ne formula una propria. Egli considera da un lato il fatto che fra gli esemplari conosciuti alcuni sono stati
riparati in antico e conclude che prima di essere deposti nelle tombe dovevano essere
usati nel mondo dei vivi. Inoltre pur nella loro schematicità gli idoletti cicladici spesso
recano indicazioni piuttosto realistiche come lo stato di gravidanza nelle figure femminili
o una qualche indicazione di mestiere in quelle maschili, come i cacciatori e i suonatori.
Le recenti ricerche condotte dal Doumas stesso hanno mostrato come gli idoli venissero
deposti a volte sotto il morto o sotto altri oggetti quindi in posizioni che difficilmente
si accorderebbero a rappresentazioni di divinità. In base a questi elementi l'A. pensa che
gli idoli rappresentino esseri umani bisognosi di particolare protezione; alla morte della
persona rappresentata le immagini venivano deposte con essa nella tomba. L'ipotesi è
interessante ed ha già trovato accoglienza favorevole (K. Branigan, The loundation 01
palatial Crete, London 1969, p. 99), però come le altre non è interamente dimostrabile
e può essere accettata solamente come ipotesi di lavoro sulla quale condurre osservazioni
più attente e complete nel corso degli scavi futuri.
Fra i numerosi idoletti conservati nella Collezione Goulandris alcuni meritano un'attenzione particolare. Il n. 109, appartenente alla categoria degli idoli schematici, è però
piuttosto abnorme per la chiara indicazione delle gambe che per solito manca (cfr. l'ottimo e completo lavoro di C. Renfrew, The development and chronology 01 the Early
Cycladic Figurines, in « AJA », 73, 1969, p. 1 sgg. e anche O. Hockmann, Zu Formenschat1 und Ursprung der schematischen Kykladenplastik, in « Berl. Jahrb. Vor-Frlihgesch. »,
8, 1968, p. 45 sgg.). Il n. 249 è avvicinabile ad esemplari cretesi del Minoico Antico
(Branigan, op. cit., p. 100 con riferimenti). La testa n. 259, accostata dal Doumas
all'esemplare ben noto da Amorgos (Zervos, op. cit., figg. 342-343) rappresenta qualcosa
che si discosta dalla plastica cicladica corrente e che per ora non può essere ben definito
cronologicamente a causa della mancanza di elementi. La statuetta di «bevitore seduto»
n. 286 è giustamente avvicinata agli arpisti (Zervos, op. cit., figg. 316-317; Papathanasopoulos, tavv. 79-80), ma la posizione del braccio sinistro richiama anche la statuetta seduta
a braccia conserte rinvenuta a Teké nell'isola di Creta (Ch. Zervos, L'art de la Crète
neolithique et minoenne, Paris 1956, fig. ID). Il cacciatore n. 308, rappresentato con
un'ampia bandoliera intrecciata che corre dalla spalla sinistra al fianco destro e con un
pugnale triangolare inciso sul fianco sinistro, è stato già inserito dal Renfrew nel suo
gruppo IV, varietà di Chalandriani (art. cit., p. 17); esso, oltre a rappresentare un tipo
poco documentato, è interessante anche dal punto di vista stilistico ed insieme alla figura
femminile n. 312, rinvenuta nella stessa tomba, può essere attribuito ad un artigiano
che si discostava dalla produzione più comune.
Oggetti minori. Nella Collezione sono conservati alcuni strumenti ed armi di bronzo
di tipo usuale, lame di ossidiana e di selce e piccoli oggetti di ornamento. È molto interessante la coppa d'argento n. 313 che si inserisce nel gruppo delle altre notevoli testimonianze della lavorazione dell'argento nella prima età del bronzo cicladica (C. Renfrew,
Cycladic metallurgy and the Aegean Early Bronze Age, in «AJA », 71, 1967, p. 5 sg.).
LUCIA
V AGNETTI
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