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® Notizie stimoli proposte per gli amici dei missionari Burundi Camerun CIAD Congo R. D. Mozambico Sierra Leone Bangladesh Filippine Giappone Indonesia Taiwan CSAM Centro Saveriano Animazione Missionaria Via Piamarta, 9 - 25121 Brescia Tel. 030.3772780 – Fax 030.3772781 E-mail: [email protected] amazzonia BRASILE COLOMBIA MESSICO Direttore: Marcello Storgato Redazione: Diego Piovani Direttore Responsabile: Domenico Milani Regist. Trib. di PR 07-03-1967 - n. 400 Stampa: Tipografia Camuna S.p.A. - Brescia In caso di mancato recapito rinviare all’ufficio P. T. Brescia C.M.P., detentore conto per la restituzione al mittente, che si impegna a pagare la relativa tariffa 2007 OTTOBRE n. 9 Per tutto il mondo Ogni chiesa deve pensare all'umanità Missione è sintonia O rmai non ci fa più impressione vedere dei preti africani o indiani che svolgono il loro servizio pastorale nelle nostre parrocchie italiane. Sembra si stia realizzando quello che qualche anno fa veniva evocato come un possibile rimedio al progressivo calo delle vocazioni sacerdotali nelle nostre chiese: verranno dall’Africa ad evangelizzare le terre del vecchio continente europeo. Allora sembrava una cosa remota. Oggi è una realtà in progressiva realizzazione. Senza cedere a previsioni catastrofiche, dobbiamo riconoscere che questa circolazione dei ministri ordinati tra i vari continenti risponde a una logica di chiesa che viene ancora dal vangelo e che dopo il concilio è stata apertamente riconosciuta e sostenuta: la “comunione tra le chiese”, il fatto cioè che nessuna chiesa è chiusa su se stessa, ma deve aprirsi alle chiese sorelle. “Andate a tutte le genti” Il messaggio del Papa per la giornata missionaria mondiale di quest’anno lo dice con un titolo significativo: “Tutte le chiese per tutto il mondo”. In altre parole, Benedetto XVI ricorda a tutti l’importanza dell’azione missionaria della chiesa e il comando inequivocabile e permanente del Signore: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”. Questo comando per tanti secoli è stato affidato alla responsabilità del Papa che inviava in missione i religiosi e, in particolare, i missionari appartenenti agli istituti fondati proprio per la missione tra i non cristiani. Oggi il Papa estende a tutte le chiese locali il compito missionario, perché si sentano responsabili dei non cristiani, e non solo dei cristiani; perché si preoccupino della salvezza del mondo intero. UN'INIZIATIVA PIù CHE BUONA Giornata della notizia missionaria p. MARCELLO STORGATO, sx R icevo una lettera con una richiesta urgente e... insolita: “Il gruppo missionario della mia parrocchia vuole proporre alla comunità cristiana una giornata di informazione e di riflessione sulla stampa missionaria, conoscendo il grande contributo che questa dà al valore evangelico della missionarietà. Perciò chiedo di fornirci di varie copie delle vostre riviste, da presentare e distribuire alle famiglie e ai giovani. Grazie”. La lettera è firmata dal parroco di “San Giuseppe” in Vicenza, don Ferdinando. In piena sintonia, sono rimasto sorpreso ed emozionato dalla richiesta. La stampa missionaria esiste ed è un “valore aggiunto” all’interno del fenomeno dell’informazione. Noi ci crediamo e vi dedichiamo tutte le nostre modeste energie. Ma di fronte alla nostra “fatica” per un’informazione verace e planetaria, a volte ci domandiamo: “Ci leggono? Ci conoscono?”. Nell’inviare le nostre riviste - “Missionari Saveriani”, “Missione Oggi”, “Cem Mondiali- tà”, “Missione Giovani” -, ho chiesto al gruppo missionario di farmi sapere com’è andata, cosa hanno fatto, come ha reagito la gente... Praticamente, durante tutta la “giornata della notizia missionaria”, un bel gruppo di volontari è rimasto a disposizione della gente per parlare e conoscere i loro interessi, presentare le riviste e farne omaggio, invitandole ad abbonarsi. Ognuno ha avuto modo di vedere e prendere in mano, sfogliare con calma e scoprire la quantità e la serietà delle informazioni pubblicate. Come e perché leggere? Presentando alcuni temi importanti trattati dalle riviste, nelle omelie della Messa il sacerdote ha insistito sull’importanza di informarsi: “Conoscere è il primo passo per sapersi orientare nella nostra società che è in continuo movimento. La stampa missionaria è una voce alternativa. Racconta ciò che gli altri non raccontano; offre quel punto di vista che ci aiuta a capire meglio e a fare le scelte giuste”. “Abbiamo avuto la conferma - scrive la presidente del gruppo missionario - che solo pochi dei nostri parrocchiani conoscono le riviste missionarie e comunque, ne hanno una conoscenza limitata. Con questa iniziativa, li abbiamo aiutati a riflettere sull’importanza di conoscere le realtà del mondo dal punto di vista evangelico, per la loro formazione e crescita rispetto alle responsabilità che ogni cristiano ha verso l’umanità intera. Pensiamo che sia stata una buona iniziativa”. Più che buona! Ottima, direi! Perché non ripeterla in ogni parrocchia, almeno una volta l’anno? ■ Abbonamento annuo € 8,00 Una copia € 0,80 - Contiene I. R. Poste Italiane. Sped. A.P. D.L. 353 03 (conv. L.27/02/04 n° 46) art. 1, comma 2, DCB Brescia. Envoi par Abonnement Postal - Taxe Perçue dal contributo che essi offrono, rientrando in diocesi dopo il loro servizio. Essi infatti aiutano il rinnovamento della vita pastorale delle loro chiese. p. Gabriele Ferrari, sx Per donare la fede Questa nuova consapevolezza è stata messa a fuoco qualche anno prima del concilio da papa Pio XII che, nel 1957 (esattamente cinquant’anni fa), ha scritto l’enciclica “Fidei donum”, invitando le chiese a dare una mano ai missionari per evangelizzare l’Africa. Da allora un bel numero di preti (chiamati appunto “Fidei donum”) - e con loro, dei religiosi e dei laici delle antiche chiese - hanno cominciato a lavorare nelle missioni. Questa cooperazione è stata consolidata dal concilio Vaticano II, che ha messo in rilievo la responsabilità missionaria di ogni chiesa locale, sia di antica che di recente fondazione. La missione porta vitalità Oggi il papa Benedetto XVI richiama il dovere di continuare su questa linea di collaborazione, malgrado le difficoltà oggettive in cui si trovano le chiese locali, perché la missione continua a essere attuale e urgente. Certo i problemi che affliggono oggi molte chiese, che vedono i loro preti invecchiare e diminuire di numero, potrebbero indurre a ridurre o chiudere esperienze missionarie di questo tipo; ma sarebbe un vero peccato. Infatti le chiese che, malgrado la scarsità del clero, continuano a inviare in missione alcuni dei loro preti, non solo vedono crescere la loro vitalità, ma vengono ringiovanite dal gesto generoso dei preti “Fidei donum” che partono e Siamo ancora all’inizio... Nel suo messaggio, il Papa non manca di richiamare il bisogno urgente di missionari “per orientare ed evangelizzare le trasformazioni culturali, sociali ed etiche; per offrire la salvezza di Cristo all’uomo del nostro tempo, in tante parti del mondo umiliato e oppresso a causa di povertà endemiche, di violenza e di negazione sistematica dei diritti umani”. “La missione è ancora all’inizio!”, diceva Giovanni Paolo II. E noi, missionari di professione, sappiamo che l’aiuto dei preti “Fidei donum” e delle loro chiese non è solo necessario perché la messe è abbondante, ma anche perché il mescolarsi delle forze rivela anche la natura profonda della chiesa, che è comunione all’interno e all’esterno di se stessa. Questa vera comunione ha la sua radice nella Santa Trinità. In questo modo la missione rivela il vero volto di Dio, che è comunione, e raggiunge ogni persona umana, che ha bisogno di superare la sua solitudine e di sentirsi oggetto di amore e di attenzione da parte di Qualcuno che sia veramente in grado di amarla. ■ La missione è sintonia - Andando ad annunciare il vangelo, il missionario sa che la sua vita è legata a quella della gente che lo ospita, nella buona e cattiva sorte. Nella foto, p. Bordignon accompagna la celebrazione dei cent’anni di evangelizzazione a Bukavu. 2007 ottobre n. ANNO 60° 9 2 Da Kinshasa per il mondo 3 Bukavu: cent'anni di vangelo 4/5 Diamo forza ai sogni 6 Competizione nella missione La parte migliore della missione Anche i genitori sono missionari Chi ha accolto il vangelo, lo annuncia Padre Bossi: “Fatevi rapire dagli ideali!” 2007 OTTOBRE mi s s ione e s pi rito L’icona della missione Competizione nella missione Se la schiava del pitone dice la verità uomini sono servi del Dio Altissimo e vi annunciano la via della salvezza”. (Atti 16, 16-24) Dopo Saffira e Lidia, un’altra donna che parla, ma è anonima. Luca dice solo che era una schiava indovina. È un avvenimento curioso. Immaginiamo di ascoltare il racconto direttamente dai personaggi coinvolti. La schiava profetessa. Ero una schiava privilegiata: non facevo lavori pesanti; non ero castigata; non ero abusata. Anzi, ero trattata bene, perché proferivo oracoli e i miei padroni ci guadagnavano bene. In sostanza, facevo l’indovina, ero una veggente, una profetessa. Quando incontrai Paolo e Sila, lo spirito mi rivelò che “erano servi di Dio e annunciavano la salvezza”. Cominciai a seguirli. Non per curiosità o interesse, ma perché volevo essere discepola di Paolo. Quelle parole erano la mia professione di fede. Ma Paolo si arrabbiò ed espulse lo spirito. Mi sentii svuotata, smarrita, come se avessi perso qualcosa di intimo. Hanno scritto che ero stata liberata da un demonio; ma io non ero indemoniata. Tutto il resto è stato un litigio fra uomini. I padroni diventarono belve e mi scacciarono, perché non servivo più, e nessuno si è mai chiesto dove sia andata a finire... Quando Paolo si irritò, ci fece piacere. Ma invece di scacciare lei, cacciò via lo spirito, e il nostro lucro evaporò. Ci vendicammo di loro e ci liberammo della schiava, perché non serviva più. Paolo il missionario. A Filippi io e Sila eravamo ospiti in casa di Lidia. Quando quella donna cominciò a seguirci e a gridare, mi informai. Seppi che era una schiava invasa dallo spirito di Apollopitone e che i suoi padroni si arricchivano con i suoi oracoli. Non potevo negare ciò che gridava: era la verità! Ma alla fine mi sono stancato. Quella donna richiamava l’attenzione su di noi e sul nostro annuncio, ma anche su di lei e sul falso idolo. Eravamo in concorrenza! E poi, in quella città romana era proibito fare proseliti. Perciò, in nome di Gesù, ordinai allo spirito di uscire da lei. Liberai la schiava, ma attirai l’ira dei padroni. Lidia, la commerciante. Che bei tempi quando Paolo e Sila erano ospiti in casa nostra! Ma I padroni della schiava. Quella schiava rendeva molto. Spendevamo un po’, ma valeva la pena! Quando cominciò a seguire quei due stranieri, l’avvertimmo: lo spirito pitone poteva offendersi e abbandonarla! Ma lei continuò. LA PARTE MIGLIORE DELLA MISSIONE p. ALFIERO CERESOLI, sx manca. Sento una profonda nostalgia della sua presenza M iogni volta che entro nella nostra chiesetta. Non lo vedo più là, seduto, una mano sull’altare e lo sguardo al tabernacolo, reci tando preghiere a mezza voce. Padre Roberto Beduschi ha lascia to un vuoto grande. Eppure qui, nel nostro noviziato in Brasile, non aveva incarichi speciali; misurando con il metro della produ zione, non faceva niente. Ma è proprio questo “niente” che fa la sua grandezza evangelica. Nei suoi 60 anni di sacerdozio missionario ha tanto lavorato, ha fatto tante cose; sopratutto ha evangelizzato con la parola, entu siasta e convincente. La sua catechesi era sempre ben preparata, con appunti precisi e aneddoti popolari. Insomma, ha fatto il mis sionario davvero, in Italia e in Brasile, nel servizio alle comunità cri stiane e nell’annuncio ai non cristiani e anche negli impegni di for mazione di giovani che si sono consacrati a Dio per la missione. La gente lo ricorda per tutto quello che ha fatto; ed è giusto. Io però preferisco ricordarlo nel giorno in cui p. Roberto ha preso co scienza di non poter più “fare”: le parole uscivano sconnesse, il di scorso incomprensibile; la debolezza non gli permetteva di celebra re in pubblico... Si ritirò nel silenzio di questo noviziato. Con sereni tà, senza rimpianti o recriminazioni, come se nulla fosse cambiato. Eppure all’esterno tutto era cambiato: non più Messe in chiese stra colme di gente; non più corsi di formazione pastorale; non più visite a famiglie e malati; non più costruzione di chiese; non più... Ma in lui era rimasto “il più”: il suo essere missionario e sacerdote, il suo essere consacrato e appartenente al Signore. Non faceva più opere da mis sionario, ma continuava a essere missionario; anzi, a essere missione. Aveva capito e viveva una delle grandi intuizioni mistiche e pro fetiche del beato Conforti: la consacrazione è missione! Compresi meglio tutto questo quando p. Roberto un giorno mi disse: “Ve di, fino ad ora ho cercato di essere missionario nell’attività, come san Francesco Saverio; ora continuo a essere missionario cercando di fare missione come santa Teresina di Gesù Bambino”: silenzio, contemplazione, preghiera. Ce lo siamo ripetuti tante volte: essere, prima e più del fare. Ma continuiamo a dare tanta importanza a ciò che si fa. Certo, è ne cessario agire, inventare, costruire... Guai però a dimenticare che vi è qualcosa e Qualcuno di più importante: lo Spirito Santo, prota gonista della missione. Guai a cadere nel troppo affannarsi di Mar ta, dimenticando che ciò che fa la missione è “la parte migliore”. Ora che non lo vedo più il padre Roberto, aggrappato all’altare, rannicchiato davanti al tabernacolo, sento che questa è stata la sua parte migliore, la sua più vera missione, anche quando con entusia smo “esagerato” si impegnava in mille faccende apostoliche. ■ disturbi psichici. Quando uscii di casa, la città era in tumulto. I padroni si erano vendicati. Paolo e Sila erano in prigione e la schiava era sparita, svanita nel nulla. Cominciai a cercarla. La trovai in una viuzza, buttata là. L’abbracciai e la portai a casa; le offrii di far parte del nostro gruppo di commercianti di porpora. Noi donne comprammo la sua libertà. Allora davvero divenne libera. “Liberare” è più di cacciare i demoni; è offrire una nuova opportunità di vita. Ma chi si preoccupa di questo? Lo so che negli Atti non c’è il racconto di Lidia. È un mio sogno: ho sognato l’utopia dell’amore tra sorelle che praticano la solidarietà. Lidia era una donna capace di questo. Ma Luca, ancora una volta, si è dimenticato di interessarsi della vita e del futuro delle donne. ■ PER CONTINUARE A RIFLETTERE • Rileggi il brano di Atti 16,16-24 e cerca di immaginare i pensieri di altre persone che possono aver osservato gli avvenimenti. • Cosa pensi di questo racconto di Luca? Come descriveresti questi avvenimenti? • C’è diversità tra la schiava e le “indovine” di oggi? Come ci si com- Paolo e Sila arrestati per aver scacciato lo spirito dalla schiava indovina porta oggi con le “donne indovine”? Cosa sarebbe meglio fare? La missione CHIAMA Con occhi e cuore di Gesù CARISMA è MISSIONE 2 Manoscritto, sec. XIV, Vaticano giovane schiava seguiva U naPaolo e gridava: “Questi tea FRiGERIO, mM un giorno Paolo tornò nervoso: una schiava che aveva lo spirito di Apollo-pitone li aveva seguiti e voleva essere discepola. Mi rallegrai e pensai: che bello avere con noi una profetessa! Sarà una ricchezza per la comunità cristiana! Ma non tutti pensavano come me. Alcuni dicevano che la schiava voleva competere con Gesù. Altri dicevano che non era bene che una visionaria si mettesse al seguito dei missionari... Cominciai a preoccuparmi. Era proibito fare proselitismo e la faccenda poteva richiamare l’attenzione delle autorità. Purtroppo, il peggio avvenne e fu proprio Paolo a far precipitare le cose. Qualcuno venne a riferirmi: “La schiava è stata liberata!”. “Liberata dalla schiavitù?”, domandai. “No, dal demonio”, mi risposero. Ma la schiava non era indemoniata! La conoscevo di vista, non aveva malattie né C ome vede Gesù l’umanità di oggi? Guardando il Crocifisso risorto, ho la certezza di un amore senza limiti per ogni uomo e donna, per ogni popolo della terra; di un dono (grazia) per l’umanità che supera il buio, le chiusure e le frammentazioni con cui essa si presenta. “Anche se i monti e i colli vacillassero, non si allontanerebbe da te il mio affetto, né vacillerebbe la mia alleanza di pace, dice il Signore” (Is 54, 10). Gesù ci ripete: “Andate, dite a tutti che Dio è Padre, vi vuole liberi davvero”. È una buona notizia! Siamo tutti suoi figli, fratelli e sorelle, capaci di amare. In Gesù, Dio ha manifestato il suo amore, il vangelo di una vita nuova per ogni creatura. È un annuncio unico per la proposta che fa all’uomo d’oggi di “liberare la sua libertà” dall’incubo del nulla e dalla frammentazione. È la grazia per il nostro tempo. Conversione significa entrare nel “grande sì” che Dio in Cristo Gesù ha detto all’uomo. Egli conosce le nostre povertà, i nostri vuoti, il nostro peccato; ma anche i desideri migliori del nostro cuore, il bisogno di amicizia vera, di imparare a vivere da fratelli, di cogliere il senso della vita. Mi interrogo: “Ho per il mondo la sym-matéia (com-passione) di Dio?”. A questa umanità Gesù manda i suoi discepoli, dai vari angoli della terra verso tutta la famiglia umana. “Tutte le chiese per tutto il mondo”, è il messaggio di Benedetto XVI. “La missione della Chiesa - egli ricorda - è più vasta della comunione tra le chie- p. siLVIO TURAZZI, sx se; questa deve essere orientata anche e soprattutto alla missionarietà specifica. Tutta la chiesa e ciascuna chiesa (sacerdoti e laici) è inviata alle genti”. La missione non è legata a una nazione particolare, ma al cuore stesso di Dio, al suo spirito. “Lo Spirito del Signore è sopra di me: mi ha consacrato e mi ha mandato per annunciare il lieto messaggio ai poveri…” (Lc 4, 18). La missione di Gesù continua nell’itineranza evangelica dei suoi discepoli, vissuta nella condivisione, nella testimonianza, nella comunicazione serena del vangelo. I segni che li accompagnano sono il perdono e la riconciliazione, il servizio umile e gratuito, la persecuzione e il martirio. Il dolore di tanta gente, l’attesa INTENZIONE MISSIONARIA E PREGHIERA DEL MESE La giornata missionaria mondiale susciti una sempre più profonda coscienza missionaria in ogni battezzato. I cristiani che si trovano in situazione di minoranza ab biano il coraggio di vivere la fede e di testimoniarla. Conforti: ”Lavoriamo con ar dore alla diffusione del vangelo”. di una luce per chi vive nel buio, l’aspirazione a una vera liberazione, sono i motivi dell’urgenza e dell’importanza dell’azione missionaria. Anche e soprattutto nel nostro tempo, che ci impegna a superare barriere (culturali, politiche, economiche) e a inventare rapporti di umanità adatti per una comunità mondiale. “Tocca a voi - scrive il Papa ai cattolici cinesi - andare nel mondo e annunciare il messaggio dei dieci comandamenti e delle beatitudini”. Tocca a noi, discepoli del Signore tra i popoli dell’Asia, dell’Africa, delle Americhe, dell’Europa, fare reciprocamente e a tutti il dono dell’annuncio del vangelo. “Andate e ammaestrate tutte le nazioni. Io sono con voi...” (Mt 28, 18-20). Abbiamo ancora davanti agli occhi le immagini dell’incontro del Papa con i giovani a Loreto. Non ha fatto sconti. Ai giovani dell’Italia e del mondo egli ha detto di aprirsi a Dio, che conosce “i volti e i nomi” di ciascuno. Poi la testimonianza viva di p. Giancarlo Bossi: ha commosso tutti con la sua umiltà e semplicità. Ha parlato da vero discepolo - missionario, che riversa la luce del suo Signore sul popolo che ama e con cui cammina, manifestando il cuore della rivoluzione cristiana: voler bene semplicemente, fino a dare la vita. Continua così la missione dell’apostolo Paolo, “vecchio e anche prigioniero per Gesù Cristo”. Grazie Signore, perché ci hai chiamati a diventare tuoi discepoli. Per il mondo. ■ 2007 OTTOBRE V I TA SAVERI ANA Da Kinshasa per il mondo Otto saveriani d'Africa, fratelli universali ci avvertono: A ll’aeroporto “L’aereo è in ritardo. Ma non preoccupatevi; partirà, anche se la pista non è illuminata”. Pazienti e fiduciosi, in piedi per ore, privi di qualsiasi ristoro, guardiamo il cielo e tendiamo l’orecchio. L’aereo “Bravo DC 9” atterra finalmente alle 17,45. I viaggiatori scendono numerosi, gli scaricatori si affrettano a deporre i bagagli in arrivo e a sistemare i nostri in partenza. Tutto fa sperare… Ma veloce scende la notte. Gli uffici dell’aerostazione sono senza luce e noi passeggeri ci agitiamo nel buio. Il pilota spegne i motori e i fari. Qualcuno grida: “La partenza è aggiornata a domani, alle ore 9”. Che fare? Dove passare la notte? La città di Bukavu è a 35 chilometri. Noleggiamo un pulmino. Dopo 2 chilometri, il motore manda fuori fumo e vapore… Cerchiamo un’auto-taxi. A metà tragitto, arriva una foratura. Fatalità, l’autista non ha la chiave per svitare i bulloni… In simili occasioni è con- sigliabile fissare lo sguardo verso l’orizzonte, inseguire l’infinito, dove, i problemi del presente si perdono nell’eterno immenso. La capitale è migliorata Finalmente arriviamo a Kinshasa, la capitale della repubblica democratica del Congo: nove milioni d’abitanti! Percorriamo la strada principale, dall’aeroporto al centro città. La popolazione in cammino forma due cortei ai lati del grande viale. I numerosi camion, autobus, minibus, taxi, moto... si sorpassano allegramente a sinistra e a destra. A metà del percorso, compare il gigantesco “mercato della libertà”, con una concentrazione di gente e di merce in continuo movimento. Una manifestazione vivace e colorata di vita e cultura africana. A Kinshasa il terreno è sabbioso, il clima è caldo, il traffico è caotico. Dormiamo con la zanzariera; respiriamo una polvere finissima scura che si deposita dappertutto; la musica ci accompagna fino a tarda notte… Dopo l’ulti- p. giuseppe dovigo, sx ma mia visita nel 1992, la città è cambiata in meglio: più ordinata, più pulita, più educata. I vigili sono numerosi, fanno il loro mestiere e dirigono l’ingovernabile. Le strade sono migliorate, i semafori funzionano, i canali di scolo sono puliti. Il treno va e strombazza: non ha porte e finestre, ma la gente non cammina più sui tetti delle carrozze, come una volta. Con p. Giovanni Pes, vado all’ambasciata italiana, incontro il nunzio, visito due parrocchie e alcune parti della città... “Voglio crescere in amore” Ma lo scopo del mio viaggio è quello di presiedere, a nome dell’istituto saveriano, la prima professione religiosa missionaria di otto giovani: tre camerunesi e cinque congolesi. Per me, è un’esperienza nuova di… paternità! I giovani hanno vissuto l’anno di noviziato saveriano, in un quartiere di Kinshasa. Lunedì 13 agosto con il “maestro” p. Mario Sciamanna, partecipo alla loro giornata di ritiro spirituale su una collina della Otto giovani di Congo e Camerun sono diventati saveriani il 15 agosto 2007, a Kinshasa capitale, da dove si ha una bella panoramica della città e del fiume Congo. Nel pomeriggio, viviamo un simpatico momento di incontro e di comunione. La celebrazione del 15 agosto si svolge nella chiesa di San Bernardo, dove lavorano p. Gianni Brentegani e p. Pier Agostinis. Nell’omelia, leggo alcune frasi che i giovani novizi hanno scritto nella loro richiesta per diventare saveriani. Uno scrive: “Affascinato dall’amore senza limiti che Gesù ha per me, voglio crescere in questo amore. Perciò desidero con tutto il mio cuore dedicarmi all’impegno missionario ed evangelico: fare del mondo una sola famiglia di fratelli che si amano”. Le mie raccomandazioni Ho per loro alcune raccoman- dazioni: “ Siete invitati a superare ogni pregiudizio di razza, colore o tribù. Dovrete avere la spiritualità dei pellegrini. Viaggerete per entrare nel cuore di Dio e nella casa degli uomini, per vivere e trasformarvi in fratelli universali. Per alcuni anni, studierete teologia vivendo fianco a fianco con amici di vari paesi e continenti. Le vostre comunità internazionali saranno un’immagine della diversità del mondo; e la combinazione dei colori esprimerà speranza per l’avvenire del mondo”. In questi giorni, i nuovi saveriani sono già dispersi in vari paesi del mondo: Aimé a Manila; Roger e Pierre a Parma; Gilbert e Serge a Città del Messico; Augustin, Thierry e Crispin a Yaoundé… ■ LAICATO SAVERIANO Anche i genitori sono missionari Nell’impegno missionario dei figli sono coinvolti anche i genitori. Si apprezza la loro vicinanza ancor più quando ven gono a mancare. Il 3 agosto scorso è morta la signora Lina Salvati in Giannattasio; l’11 agosto è morto il signor Matteo Marano. Ambedue di Salerno, erano genitori di missionari. Presentandone un breve profilo, riconosciamo il loro affetto alla famiglia e la loro dedizione alla missione. Lina, mamma missionaria Una donna piccola e riservata, ma con un carattere forte e deciso, che le aveva consentito di tirare avanti la famiglia an che dopo la scomparsa dello sposo Loren zo, ben 21 anni prima. Dei cinque figli, uno è missionario saveriano, attualmen te a Brescia; due sono attivi nel “laicato saveriano”. I figli la chiamavano “grande madre” e “formichina”. Come “madre”, aveva educato i figli ad Mamma Lina Salvati essere persone libere, nelle loro scelte di in Giannattasio lavoro e di servizio all’umanità, secondo i valori cristiani che lei stessa viveva. Capitava a volte che gli im pegni portassero a trascurare un po’ la madre, ma non se ne lamentava: capiva, si teneva informata, incoraggiava. “Formichina” è un nome strano, ma esprime bene il suo instancabile lavoro: risparmiava, senza rinunciare a una vi ta decorosa con i figli, perché con poco sapeva fare cose stu pende. Sapeva valorizzare le cose e soprattutto il tempo di ogni giornata, vivendo con serietà e serenità tutti i suoi im pegni, anche i più semplici. Il suo affetto e i suoi consigli era no profondi, ma sempre discreti. Quando il figlio Rosario è diventato saveriano, mamma Li na ha accolto nel suo cuore anche la famiglia saveriana, se guendo con la preghiera e l’affetto il figlio e tutti i missiona ri, vicini e lontani. Era una lettrice assidua di “Missionari Sa veriani”; ne commentava gli scritti e li raccontava ai vicini. Matteo, papà missionario La figlia Angela, laica saveriana di Salerno, era missionaria a Goma, in Congo. Era dovuta tornare a casa per assistere il papà di 82 anni. Lo ricorda così: “Al crepuscolo della vita mi hai donato l’ultimo bacio, tra il sudore e il dolore. Per me hai vissuto di speran ze e fatiche, a sostegno e guida. Sei stato il faro nel momento delle deci sioni. Ci hai amato e hai amato la vi Papà Matteo Marano ta. Hai coltivato la bellezza del lavo ro e dei suoi frutti, e ne hai gustato il sapore. Hai avuto fede e hai compreso l’impegno e la gioia del dono; perciò mi hai accompagnata nella partenza. Grazie, papà. Ora nel silenzio, sei tra le braccia del Padre celeste. Nell’attesa… il tuo sorriso rimanga impresso nei no stri occhi e le mie lacrime siano come rugiada sulle foglie del primo mattino”. DAL BRASILE AL CIELO Il Signore della vita ha chia mato a sé altri due saveriani, durante l’estate. Ambedue erano missionari in Brasile: p. Adolfo Codini di Roma e p. Roberto Beduschi di Rivarolo Mantovano. Padre Adolfo Codini è im provvisamente deceduto il mattino del 23 luglio, nella casa saveriana di Madrid. Sta va tornando in Italia per un periodo di riposo; aveva pro grammato una breve visita alla città di Madrid. Quel mattino aveva il volo per Roma e i suoi familiari si stavano dirigendo all’aeroporto per accoglierlo, quando hanno ricevuto la tri ste notizia. Aveva 69 anni. È stato sepolto a Sasso Cerenova, vicino a Cerveteri (RM), accan to a mamma Ester, che aveva assistito fino alla morte. Padre Adolfo, fin da giovane, amava molto viaggiare, visitare nuovi luoghi, incontrare persone, co noscere le culture. È morto co me “viaggiatore pellegrino”. Padre Roberto Beduschi, 86 anni, è morto a Campinas (Bra sile) il 28 lu glio scorso, per ictus ce rebrale. Dal seminario di Cremo na, era di ventato sa veriano a 19 anni. Di venuto sacerdote nel 1946, ave va lavorato per 27 anni in Ita lia con diversi incarichi, tra cui come direttore di “Missionari Saveriani” (dal 1951 al 1960). Gli altri 34 anni della sua vita li aveva spesi in Brasile. Gran de catechista ed evangelizzato re, aveva la dote di aggiornarsi continuamente e di comunica re il vangelo con profondità ed entusiasmo. Si era dedicato an che agli aspetti sociali della vi ta della gente più povera, nelle favelas brasiliane. Instancabile missionario, aveva per motto: “seminare, seminare, semina re!”. ■ VANGELO IN LINGUA MUSSEY Anche i mussey, una popola zione di circa 200mila persone che vive in Ciad e in Camerun, possono leggere finalmente il Nuovo Testamento nella loro lingua. Il duro lavoro di tra duzione è stato fatto da Jean Wihawna, un laico ciadiano, con l’appoggio e la revisione dei saveriani spagnoli e italia ni, missionari tra i mussey. Il volume (685 pagine, so lidamente rilegate) è stato stampato dall’editrice “Verbo Divino” di Estella, in Spagna, in 11mila copie, già inviate in Ciad. Alla spesa complessiva di 43.500 euro, hanno provvedu to, tra gli altri, l’ufficio POM di Madrid, e amici dei missionari saveriani di Spagna e Italia, tra cui i gruppi di Desio (MI), Ghe di (BS) e Cantù (CO). I missionari sono felicissimi per questo inestimabile dono: “Il vangelo è stato annunciato a questo popolo per 50 anni; ma ora la gente potrà leggere e gustare la Parola di Dio diret tamente nella loro lingua. ■ NUOVA DIREZIONE IN SPAGNA I saveriani della Spagna si sono riuniti in assemblea capi tolare a Madrid, dal 4 al 7 set tembre, con la presenza del su periore generale p. Rino Benzo ni. Gli 11 saveriani, tutti coinvol ti nell’animazione missionaria e vocazionale, hanno riflettuto su una possibile ristrutturazione della loro presenza, tenendo conto del loro numero limitato e della situazione sociale ed ec clesiale della Spagna. È stata anche eletta la nuova direzione, così formata: p. Giu seppe Cisco è stato conferma to superiore per la terza volta; suo vice è p. Luis Pérez, mentre p. Mario Mula, p. Carlos Collan tes e p. Antonio Serrano sono consiglieri. Padre Cisco ha com mentato: “Sono stato un po’ ...matto, ad accettare per la terza volta! Chiedo a tutti una preghiera, perché possa svolge re un buon servizio”. ■ La nuova squadra, da destra: p. Pérez, p. Serrano, p. Cisco, p. Collantes, p. Mula 3 NUOVO INIZIO NEL CENTENARIO DELLA CHIESA A BUKAVU Saveriani in cammino con i congolesi p. GIUSEPPE DOVIGO, sx I missionari saveriani arrivano nel Congo per la prima volta nel 1958. Già dall’inizio, hanno una visione chiara del programma pastorale: fondare la chiesa là dove non esiste. Hanno avuto come professore di teologia missionaria il saveriano p. Danilo Catarzi, che è nominato primo vescovo di Uvira nel 1962. Con lui, il gruppo è compatto e dedito a una grande causa. Erigono parrocchie, costruiscono scuole e si impegnano nella formazione dei seminaristi, degli agenti pastorali, dei catechisti e dei responsabili di comunità. Anni ’80: comunità di base e inculturazione Alla guida dell’immenso Paese - che allora si chiamava Zaire - c’è il dittatore Mobutu, che consolida la sua dittatura con l’ideologia dell’autenticità, mentre installa il partito-stato. I vescovi nel 1979 intervengono con una dichiarazione - “Appello per il raddrizzamento della nazione” - e con la denuncia del “male zairese”. Questo “male” consiste nella crisi profonda delle strutture e della morale della nazione. Il fossato tra ricchi e poveri aumenta di giorno in giorno. La gente è delusa e vive nella passività. Anche i missionari saveriani espongono una denuncia del “male”: “Questa nostra società ha perso il senso dell’uomo e del bene comune, il senso della giustizia e del lavoro onesto, il senso della verità e del rispetto della parola data” (1° capitolo saveriano congolese, 1970, n.26). Per rimediare, scelgono come priorità la creazione delle piccole comunità cristiane, la BUKAVU: CENT'ANNI DI VANGELO, IN ATTESA DI PACE promozione umana, l’acculturazione del messaggio evangelico, l’attenzione particolare ai giovani… Il gruppo di cristiani che, secondo la tradizione, il catechista dirige come un piccolo parroco, si trasforma in comunità alternativa, dove tutti si sentono membra vive e svolgono i vari piccoli compiti di servizio alla comunità. Noi missionari incoraggiamo le piccole iniziative autonome e ci dedichiamo alla formazione dei nuovi “ministeri”. Per l’acculturazione valorizziamo l’Africa bella, l’Africa della tradizione, il culto degli antenati, la gioia di vivere, lo spirito di solidarietà, la cultura delle relazioni, la capacità di dialogo, il non lasciarsi trascinare nella spirale della violenza… La differenza delle etnie e delle culture - come è stato detto - “non è segno di sottrazione, ma uno scrigno di pietre preziose”. Celebriamo liturgie nuove con la “Messa zairese”. Parliamo di teologia, di arte e musica africana. Crediamo nell’uomo e nella donna di questo continente, per la tenacia nel ricominciare sempre da capo, per la fantasia e lo spirito d’iniziativa, la creatività e il senso di dignità, l’ottimismo e la tendenza a sdrammatizzare i problemi… Confidiamo nei giovani, che sono numerosi (più del sessanta per cento della popolazione), nella loro sete di sapere e nella loro speranza di futuro. Organizziamo le feste della gioventù e cicli di incontri formativi. L’Africa manifesta un eros naturale, spontaneo e sincero, un amore ascendente. Ha l’energia vitale. Vive nel desiderio e veglia nell’attesa. Crede nel suo futuro. foto archivio MS / G. Dovigo Anni ‘90: primo sogno di democrazia Dopo trent’anni di dittatura, si inizia a parlare di democrazia, un po’ sul modello dell’Europa dell’est, con la caduta del muro di Berlino. Il parto è tormentato e laborioso. Richiede cambiamento di mentalità e di comportamenti. Il partito unico lascia spazio ad altri partiti. La società civile prende il largo e si esprime con vigore. Nel 1991, la “Conferenza nazionale sovrana” è convocata per definire la nuova repubblica del Paese. Mons. Monsengwo, vescovo di Kisangani e uomo di grande senso di dialogo e imparzialità, è eletto presidente della grande assemblea. C’è entusiasmo e partecipazione. Ma il passaggio dalla dittatura a una vera repubblica democratica non va in porto. A Kinshasa, il 16 febbraio 1992, i cristiani, a partire dalle loro rispettive chiese, manifestano per l’inattesa chiusura della Conferenza nazionale. Il presidente Mobutu reagisce con i militari e con centinaia di uccisioni. La chiesa locale, intanto, prende coscienza del suo ruolo e della sua influenza. I preti diocesani a Bukavu aumentano; gli agenti pastorali assumono responsabilità a tutti i livelli; noi missionari viviamo la missione come esigenza di collaborare in modo complementaFolla di fedeli che partecipano attivamente all’Eucaristia, mettendoci anima e corpo... re alle altre forze attive. Ci rinnoviamo; ci sentiamo a servizio della chiesa locale; ci sforziamo di essere “democratici”, senza pretese di dominio culturale, economico o ecclesiale. 15 settembre 1906, ore 14 Troviamo urgenti alcune priorità: far Abbé EMILIO conoscere l’insegnamento sociale della L’abbé Emilio è l’attuale parroco della missione di Cichiesa; formare laici impegnati; favoribimbi - Nyangezi re la partecipazione e la responsabilità; denunciare le forze di oppressione e i La missione “San Pietro” a Karhongo-Nyangezi è la nuovi “centri di potere”. Nelle nostre “missione madre” della diocesi di Bukavu. In realtà, la parrocchie (ad esempio, la missione di prima missione era a Lusenda, fondata nel 1901 sulle riCimpunda) organizziamo conferenze ve del lago Tanganika. Ma poi questa è stata chiusa a sui diritti del cittadino, sulla sicurezza, causa della “malattia del sonno” e per la deportaziosul lavoro, sui compiti del sindacato. ne schiavista, che distruggeva la popolazione. Lo spostamento di luogo avvenne nel 1906. Spingiamo verso la crescita umana e Nel 1905, i “padri bianchi” Auguste Léopold Hys e spirituale, la partecipazione e la reLouis Verstraete arrivarono a Nyangezi per una visita di sponsabilità. ricognizione. Infatti, il sig. Staname, comandante della Il presidente Mobutu ha instaurato la zona Ruzizi-Kivu, aveva chiesto la presenza di missionalegge dell’arrangiarsi. Gli statali, i miri nel suo territorio. Il capo Nyangezi dona loro la collilitari, gli insegnanti…, non sono pagati; na di Lukananda, e vi installano una croce. Da allora la perciò si rifanno sui più deboli. Si crea Il primo missionario del Kivu collina ha preso il nome di “Calvario”. p. Joseph Van Der Haeghe, una mentalità di disonestà, di egoismo, Il 3 settembre 1906, il missionario belga p. Joseph Van morto l’8 novembre 1906 di insensibilità e di impunità. È consiDer Haeghe, inviato da mons. Roelens, lascia Lusenda per derato “stupido” chi non approfitta del Nyangezi e compie un viaggio di 12 giorni a piedi. È accompagnato da alcuni cristiani ruolo sociale e dei beni pubblici. della sua missione di partenza. Arriva a Nyangezi il 15 settembre 1906 verso le ore 14. È necessario ripartire da una base siLa data del suo arrivo è ritenuta l’inizio ufficiale della missione “San Pietro”, nell’attuacura, esistente: riappropriasi del vero le diocesi di Bukavu. passato e assicurare la continuità alla Nello svolgere la sua missione p. Joseph trova molte difficoltà: la diffidenza verso “i tradizione. Non si può ignorare lo spebianchi” colonizzatori, la difficoltà della lingua mashi, le pratiche e i costumi locali in cifico africano; non si può rinnegare se contrasto con il vangelo, le malattie endemiche e mortali... Egli stesso muore di malaria stessi. È necessario rendersi conto dell’11 novembre 1906, a soli 32 anni di età. l’alienazione, misurarsi con la verità, I missionari si sono subito distinti dai colonizzatori, rifiutando la protezione armata capovolgere il mortificante processo di e ogni brutalità. Si sono dedicati all’evangelizzazione con le scuole e il catecumenato, corruzione, ritrovare se stessi, aprirsi al con la vicinanza alla gente e i contatti con i capi dei villaggi, con l’assistenza ai malati e futuro. ■ la formazione dei catechisti. 4 IL MISSIONARIO PIONIERE DI BUKAVU KIVU: CHI HA ACCOLTO IL VANGELO, LO ANNUNCIA p. MARCELLO STORGATO, sx C osì è iniziata una missione: con la morte del missionario pioniere, che è diventato “la prima pietra” della chiesa cattolica in Kivu, ad est della grande nazione oggi denominata “Repubblica democratica del Congo”: 60 milioni di abitanti sparsi su oltre 2,3 milioni di chilometri quadrati. Uno dei Paesi al mondo più ricchi di risorse minerarie, sulle quali i poteri multinazionali esterni hanno da tempo fissato le loro brame, con la connivenza di persone “di casa”, che si prestano al gioco. La regione Kivu, sui “Grandi Laghi”, confinante con Ruanda e Burundi, ha assorbito molti missionari e missionarie in questi cento anni di evangelizzazione. Nell’ultimo mezzo secolo, vi hanno contribuito anche i missionari saveriani, le saveriane e i volontari laici, nelle attuali diocesi di Bukavu, Goma, Kasongo e Uvira. Oggi questa chiesa d’Africa è diventata una chiesa missionaria: invia apostoli in altre nazioni, per annunciare ad altri popoli il vangelo che essa ha ricevuto. Vi partecipano anche i missionari saveriani che, dagli inizi degli anni ‘80, hanno accolto vocazioni congolesi, rivolgendo ai giovani l’appello del beato Conforti: “Non vi chiedo un obolo, ma qualcosa di ben più grande. In nome di Dio, vi chiedo il sacrificio delle vostre giovinezze, del vostro ingegno, delle vostre energie e degli affetti più legittimi e cari”. Ad oggi, sono 28 i saveriani congolesi, di cui 13 già lavorano nelle missioni e 15 si preparano all’apostolato nelle varie comunità internazionali di teologia. Uno di loro, p. Katindi Ramazani è oggi consigliere nella Direzione generale dell’istituto. In cent’anni, se n’è fatta di strada! Speriamo che il futuro riservi a questa nazione la pace. ■ Foto archivio MS / S. Benedetti CENTO ANNI PELLEGRINAGGIO DELLA SPERANZA I nostri passi sulla via della pace p. GIUSEPPE DOVIGO, sx L o avevamo programmato nel mese di novembre, e preparato con riunioni e preghiere. Finalmente il 17 gennaio, in una splendida giornata di sole, facciamo il pellegrinaggio a Lukananda, a 25 chilometri da Bukavu. È il luogo storico dell’arrivo dei primi missionari cattolici nel Kivu, il 15 settembre 1906. Siamo più di 500 pellegrini, presto al mattino, radunati nella chiesa parrocchiale per il via e l’augurio di buon viaggio. Il piccolo piazzale e le strade vicine sono piene di bus, di tutte le misure e di tutti i tipi. Ogni comunità di base ha trovato il suo mezzo di trasporto. Durante il viaggio, sono previste tre tappe, con letture bibliche e canti, in un clima di festa e di gioia collettiva. Alle 10 del mattino, la fila di autobus arriva in gran pompa nel piazzale della parrocchia di Cibimbi, la più antica missione della diocesi di Bukavu. Radunati nella chiesa, il parroco abbé Emilio ci accoglie e racconta l’evento storico nelle sue fasi più commoventi. A soli 57 giorni dal suo arrivo, l’8 novembre 1906, padre Joseph Van Der Haeghe muore di malaria. Il chinino allora non era ancora conosciuto. “Sulla mia tomba - disse il missionario prima di morire - voi fonderete la missione del Kivu. Il mio corpo sarà la prima pietra”. Non è stato facile vincere, allora, i timori della gente: esisteva la diUna pietra, portata da un cristiano di una comuceria che “i biannità di base, per costruire la Grotta della Vergine, chi mangiavano i sulla collina di Lukananda, in memoria bambini neri”! del centenario dell’arrivo del primo missionario foto archivio MS / G. Dovigo 2007 OTTOBRE Lukananda: la ripida scalinata che porta alla Grotta della Vergine Cibimbi dista dalla collina di Lukananda qualche chilometro. Molti la raggiungono con un’ora di marcia a piedi e tutti salgono i 192 gradini per raggiungere la sommità. Sull’altura, in ricordo del centenario, stanno costruendo una Grotta, con le pietre provenienti dalle 33 parrocchie e dagli istituti religiosi. Anche noi portiamo il nostro contributo: dieci sacchi di cemento per terminare la recensione dello spazio liturgico. Nell’omelia, sottolineo il significato del nostro camminare: siamo pellegrini per diventare cristiani, comunità e missione. “Siamo pellegrini, soprattutto, di speranza, concludo. I nostri bambini, in tanti anni, non hanno mai visto la pace. Hanno pianto per guerre, morte, sofferenze, odio… Con la fiamma della speranza, facciamo rivivere l’amore e la fede. Dirigiamo i nostri passi sulla via della pace: il dialogo, la riconciliazione, l’educazione, la cultura, la condivisione dei beni del paese, lo sviluppo del diritto, il rispetto per la vita e la dignità della persona, la partecipazione...”. Alla fine della celebrazione, a gruppi condividiamo il cibo portato da casa. E un bel momento di fraternità. Discendendo dalla collina, raggiungiamo il piccolo cimitero dove sono sepolti i primi missionari e i quattro fratelli spagnoli “maristi”, uccisi nel 1996, sgozzati e gettati nella fogna: Miguel, Fernando, Servando e Julio. In questa stagione delle piogge, contrariamente a ogni previsione, il sole ci accompagna nel viaggio di ritorno, nelle emozioni profonde e nella gioia di vivere insieme. ■ 2007 OTTOBRE GUERRA E PACE DIECI ANNI ORRIBILI DI GUERRA Ma la gente ha una gran voglia di pace p. GIUSEPPE DOVIGO, sx P roprio quando la società civile e le comunità cristiane erano più impegnate per avviare un processo democratico nel Paese e ridare dignità e speranza alla nazione, arriva l’indesiderabile tragedia. 1994-2002: orrore, smarrimento e martirio Il Congo vive due grandi guerre senza fine, che hanno procurato circa quattro milioni di vittime, secondo i calcoli più realistici e attenti. Con la tragedia del Ruanda, Bukavu a partire dall’aprile del 1994, diventa una città di rifugiati ruandesi, che si ammassano nelle periferie costruendo enormi baraccopoli. Bukavu e Goma, infatti, sono regioni confinanti con il Ruanda. La chiesa resta un punto di riferimento. Orienta la gente a uscire da uno stato di confusione nel quale si trova. La sua credibilità cresce con il coraggio dei preti e dei laici, che rischiano fino a donare la loro vita. Ne nominiamo almeno alcuni: mons. Munzihirwa Christophe, l’abbé Buhendwa Jean-Claude, i fratelli maristi Miguel Angel, Rodriguez Julio, De La Fluente Fernando, Mayor Servando, Abbé Kakuja George… Noi saveriani, a Bukavu e nelle altre diocesi vicine, viviamo gli avvenimenti con sofferenze e umiliazioni, con solidarietà e partecipazione, con iniziative di pace. Alcune missioni sono prese d’assalto, derubate di tutto e abbandonate. Nella diocesi di Bukavu, nella missione di Bunyakiri, i saveriani sono costretti a scappare insieme alla gente, a due riprese (nel 1996 e nel 1998). In città, i saveriani rimangono come sentinelle, anche nei momenti più tragici. Nell’assemblea annuale saveriana, facciamo una lettura di fede dei tragici eventi. Ci esortiamo a partecipare alle sofferenze di Cristo e della gente, a purificare la nostra presenza e azione da tutto ciò che non è essenziale, a eliminare i facili compromessi con i poteri forti del momento, a rafforzare la fede in Gesù Cristo, unico liberatore e salvatore. 2003-2006: transizione e processo elettorale Il 16 dicembre 2002, a Pretoria in Sudafrica, viene firmato l’accordo globale sulla transizione nella repubblica democratica del Congo. In aprile 2003, a Sun City, è varata una nuova Costituzione che prevede un periodo di transizione di due anni in vista delle elezioni. Le elezioni, infatti, sono un evento mirabile di risurrezione e di indubbia crescita del paese. La gente ne è entusiasta e riacquista la fiducia. Tutti si danno da fare per il buon esito. La comunità internazionale finanzia. Gli osservatori europei partecipano in massa e stimano queste elezioni “libere, democratiche e trasparenti” (30 luglio e 29 ottobre 2006). La chiesa intera del Congo, in questi anni, svolge una funzione importante e indispensabile. L’abbé Apollinaire Malumalu, con la sua forte personalità, guida la commissione elettorale indipendente. A Bukavu, noi missionari siamo in prima fila. Nelle parrocchie organizziamo incontri, introduciamo la conoscenza dei vari partiti, distribuiamo fogli di formazione e di informazione nelle piccole comunità di base, esponiamo in bacheche articoli della stampa per facilitare la pubblica lettura, presentiamo orientamenti per i candidati… Viviamo le elezioni come evento pasquale di liberazione, di crescita e d’incontro, di coscienza fraterna nazionale. Nella piazza della chiesa della nostra parrocchia “Mater Dei”, costruiamo una piccola torre e vi installiamo “la campana delle elezioni e della democrazia”. Ai piedi del modesto campanile esponiamo quattro tabelloni colorati con l’elenco dei diritti dell’uomo, della donna, del bambino e dei diritti di Dio. Scriviamo in grande nell’abside della chiesa l’invito di Gesù al popolo congolese: “Alzati e cammina”- “Prendi il largo”. La comunità cristiana vive il suo momento favorevole e opportuno. La campana delle elezioni suona a distesa! 2007…: la missione nella chiesa Dopo le elezioni, non tutti i problemi del Paese sono risolti, anzi! Chi pescava nel torbido, non accetta di rimanere senza potere e senza denaro. Jean Pierre Bemba, candidato perdente alla presidenza, in marzo, con i suoi militari tenta un colpo di stato. I banyamulenge (etnia tutsi emigrata nel Congo) vogliono creare la loro zona amministrativa ed elettorale del territorio di Minembwe. Il Ruanda, che si arricchisce sul disordine degli altri, accusa il Congo di proteggere i ribelli e rivendica il diritto di intervenire. Laurent Nkunda, ex-generale dissidente, tra le sue truppe introduce soldati del vicino Paese. Gli interahamwe, vecchie La campana della democrazia e i tabelloni con i diritti dell’uomo e i diritti di Dio milizie ruandesi presenti dal 1994, sfruttano miniere, comprano armi, ingaggiano giovani e bambini, compiono massacri ripetutamente. L’arcivescovo di Bukavu prima (28 maggio) e i vescovi della regione Kivu poi (1 giugno), reagiscono, scrivono, denunciano, smascherano… Noi restiamo, siamo presenti, non come ospiti o “rappresentanti di un passato superato”, ma come missionari e operatori pastorali nella chiesa locale. A Bukavu la missione non è finita. È di tutti. Si estende, si specifica, si caratterizza. La comunità, dopo cento anni, deve ancora continuare a camminare per essere una comunità alternativa: più “cattolica” e meno identificata con le strutture e le regole; più “mistica” e più ricca di carità e di compassione; più attenta ai problemi del lavoro, più educatrice, più profetica, più …“chiesa locale”. La città di Bukavu vive ancora una situazione sociale di povertà, di abbandono e di miseria. In essa si accentuano tristi fenomeni sociali, come i bambini di strada, la prostituzione, la pandemia dell’Aids, la corruzione… Il nostro carisma missionario non si diluisce, ma si approfondisce, camminando con la comunità che vive, tra molti limiti, la sua primavera. Non è una cosa facile! Ma il missionario è fedele alla sua vocazione, quando è animatore di una chiesa locale che vuole e deve crescere. ■ DA BUKAVU PER IL MONDO p. GIANNI BRENTEGANI, sx I missionari saveriani arrivano in Congo il 28 ottobre 1958. Lavorano al fianco dei missionari d’Africa - chiamati “padri bianchi” - nelle missioni di Uvira e Kiringye, e fondano la missione di Kiliba. Bukavu diventa punto di riferimento per tutti i saveriani, essendo equidistante dalle zone pastorali dell’Urega e di Uvira. Qui convengono tutti i missionari per incontri, assemblee e ritiri spirituali. Seguendo il carisma missionario, l’impegno dei saveriani va in tre direzioni. 1. L’evangelizzazione comporta il grande impegno per il catecumenato dei nuovi chiamati alla fede cristiana e la formazione delle comunità per renderle autosufficienti con ministeri responsabili e con strutture adeguate. Quando una parrocchia è ben organizzata, viene offerta al clero locale e i saveriani vanno altrove a fondare una nuova missione. 2. Per la promozione umana, i saveriani sono impegnati con scuole e ambulatori, nell’assistenza ai bambini con difficoltà e anche in iniziative importanti, come il “Simposio internazionale per la pace” (2001) e il servizio a “Radio Maria Regina della pace”. Da poco è stato terminato a Luvungi l’acquedotto per portare acqua potabile agli abitanti. Un impegno significativo è stato la costruzione e direzione dell’ISP (Istituto superiore di pedagogia) a Bukavu, di cui p. Domenico Milani è stato “rettore magnifico” per lungo tempo (19621986), poi divenuto “membro” dell’università nazionale dello Zaire. 3. I saveriani si impegnano anche nella formazione dei giovani congolesi che desiderano consacrarsi, nella famiglia saveriana, alla missione per l’annuncio del vangelo ai non cristiani. I 28 saveriani congolesi sono l’espressione dello spirito missionario che anima la chiesa in Bukavu, a servizio della chiesa nel mondo. 5 2007 OTTOBRE il m ondo in casa SUD/NORD NOTIZIE Diamo forza ai sogni Ancora tensioni ● Bangladesh: coprifuoco e ar- resti. Si aggrava la crisi politica che da tempo coinvolge il Bangladesh. Da gennaio il Paese è governato da un esecutivo ad interim appoggiato dall’esercito. Il governo ha iniziato una campagna per sradicare la corruzione e ha imposto lo stato d’emergenza in tutta la nazione: oltre 170 esponenti politici di spicco sono stati arrestati per accuse di corruzione o estorsione, tra essi le due ex primo ministro Wajed Hasina e Khaleda Zia, protagoniste della politica del Bangladesh degli ultimi 15 anni. A fine agosto, in seguito a manifestazioni di protesta popolare e studentesche, il governo ha imposto il coprifuoco in sei città e ha compiuto una serie di arresti fra uomini politici, accademici, giornalisti. Il commento. Padre Giovanni Gargano, da qualche mese in Bangladesh, descrive la situazione da Dhaka, capitale del Paese. “Ci sono stati scontri tra studenti e polizia dopo che i militari si erano installati nel campo dell’università. Ogni manifestazione (politica o religiosa) è vietata. Chi non rispetta questa regola va incontro a pene molto dure. Ci vorrebbe un intervento a livello internazionale, che vigili sul ri● pagina a cura di DIEGO PIOVANI spetto dei diritti umani. La gente vuole dei cambiamenti: c’è bisogno di politici che sappiano portare questo Paese a un livello di vivibilità”. Ruanda: premio meritato? Ha fatto molto discutere la consegna del premio “L’abolizionista dell’anno 2007” al presidente del Ruanda Kagame, da parte dell’associazione “Nessuno tocchi Caino”. Kagame ha abolito la pena di morte nel suo Paese il 25 luglio scorso, ma ciò non basta a sanare i dubbi del mondo missionario. Infatti, non sono state chiarite le circostanze che hanno scatenato il genocidio del 1994 e l’eventuale ruolo dello stesso Kagame. Il suo comportamento in questi anni nell’area dei Grandi Laghi e, in particolare, nei confronti del Congo (contro il quale ha condotto una guerra per accaparrarne risorse e territorio) è perlomeno ambiguo. È discutibile anche come egli sta gestendo l’amministrazione della giustizia, in relazione al genocidio. Finora sono stati accusati di questo crimine quasi 900mila persone, più altre 44mila che sono all’estero. La maggioranza delle persone che finora sono state giudicate colpevoli, ha avuto processi troppo rapidi, senza ● poter usufruire della difesa di avvocati. Scrive p. Silvio Turazzi: “Non è sufficiente una legge per sanare le ferite ancora aperte e per garantire il rispetto dei diritti umani. La Comunità internazionale dovrebbe incoraggiare un autentico dialogo ruandese tra tutte le parti in causa”. ■ Mozambico: nuovi medici a Beira. Sabato 25 agosto, tredici giovani studenti mozambicani sono diventati medici a Beira. È la prima volta nella storia del Paese che vengono formati medici fuori dalla capitale Maputo. È l’inizio di un nuovo corso, frutto dell’impegno dell’università Cattolica del Mozambico. Alla cerimonia di laurea, per l’Italia ha partecipato una rappresentanza guidata da Medici con l’Africa Cuamm che dal ● Eventi di speranza Sierra Leone: Koroma presidente. Ernest Koroma, candidato del principale partito d’opposizione, è il nuovo presidente della Sierra Leone. Gli osservatori internazionali che hanno monitorato le operazioni di voto e spoglio, hanno chiesto di investigare su 14 seggi dove l’affluenza ha raggiunto o superato il 100%. Per mons. Biguzzi, vescovo saveriano di Makeni, le elezioni sono state abbastanza trasparenti. Tutte le parti in causa, partiti, poliziotti e governo, hanno fatto la loro parte per scongiurare incidenti. Gli sforzi di chiesa, società civile e Onu hanno contribuito a creare un clima pacifico”. Per la Sierra Leone sono le prime elezioni dal ritiro delle forze Onu, intervenute a seguito di una brutale guerra civile terminata nel 2002. ● I neolaureati in medicina a Beira, in Mozambico, durante la cerimonia di giuramento MESSAGGI ALLE CHIESE FATEVI RAPIRE DAI VOSTRI IDEALI ! p. GIANCARLO BOSSI, pime Pubblichiamo una parte dell’intervento che p. Giancarlo Bossi ha pronunciato a Loreto sabato 1 settembre, all’Agorà dei giovani promossa dalla Cei. Sono convinto che ciascuno di noi ha un sogno da realizzare. Cia scuno di noi ha qualcosa da dire, non solo con le parole. C’è anche chi si esprime con gesti, chi nel silenzio solidale, chi con un sorriso. L’im portante è mantenere vivo il sogno della vita. L’importante è volare! Ragazzi, fatevi rapire dai vostri ideali! Io ho iniziato a sognare quando ho deciso di entrare in seminario, ho continuato il mio sogno durante la mia ordinazione sacerdotale, l’ho vissuto nelle Filippine per tanti anni, l’ho toccato con mano durante i giorni del mio rapimento. Questa storia non mi cambia, non mi cambierà. Anzi, no, qualcosa di diverso c’è: ho smesso di fumare e spero di non riprendere. Mi hanno portato con la forza sulle montagne. Però ho visto attorno a me persone povere, spaventate, che volevano farsi forza tenendo tra le mani un fucile. Per loro ho provato compassione. Ho cercato anche di mettermi nei loro panni. Anche in loro ho visto la bontà di Dio. Du rante i quaranta giorni del mio deserto nella foresta mi sono sentito rinnovare. La mia preghiera è diventata più essenziale e forte, la mia disponibilità a Dio più incisiva. Nelle difficoltà, con forza si sperimenta la tenerezza di Dio. Io sono stato sequestrato fisicamente, ma sono troppi coloro che sono sotto sequestro della povertà. La loro prigionia può durare una vita. Qui, in Italia, mi capita di sentire dei bambini o anche dei grandi che, di fronte al cibo, dicono: «Che schifo». Nelle Filippine vedo i loro coeta nei frugare nella spazzatura e ringraziare Dio se trovano qualcosa. C’è una distorsione profonda in tutto questo. Qui c’è bisogno di recuperare i valori, là nelle Filippine delle condizioni di vita più umane. MISSIONI NOTIZIE La chiesa non sta a guardare ● Burundi: appello dei vescovi. “È necessario che i politici frenino la lingua, che non tengano discorsi per dividere i cittadini e che considerino prima di tutto il dialogo e le priorità della popolazione”. È l’appello lanciato dai vescovi del Burundi sulla crisi politica del Paese. I vescovi hanno apertamente criticato i capi di tutti i partiti, colpevoli di acuire le tensioni, lanciandosi accuse trasversali sui mass media. I vescovi esprimono preoccupazione anche per il dialogo con i ribelli, che sembra si sia nuovamente arenato. “I capi delle formazioni politiche devono rivaleggiare al fine di stabilire la vera democrazia in modo che il vincitore non si accanisca sul vinto e quest’ultimo non causi disordini per non ritardare il progresso nazionale”. Un milione di euro per l’Asia. La chiesa italiana ha partecipato al dolore delle popolazioni colpite dalle piogge monsoniche che hanno devastato Bangladesh, Pakistan, Nepal e India provocando la morte di molte persone nel sud dell’Asia. Per far fronte alle prime emergenze e ai bisogni essenziali delle persone colpite dalle devastazioni, la Cei (Conferenza episcopale italiana) ha stanziato un milione di euro dai fondi derivanti dall’otto per mille. In Bangladesh, le piogge hanno flagellato soprattutto le re● 6 gioni del nordest, Mymensingh e Sylhet, provocando danni rilevanti (raccolti distrutti, case afflosciate, strutture in mattoni collassate). Milioni di persone hanno perso tutto il poco che avevano per vivere. ■ Uomini nuovi Il vescovo di Kindu. Domenica 22 luglio, è stato ordinato il nuovo vescovo di Kindu. Alla cerimonia hanno partecipato anche p. Marco Campagnolo (nella foto) e p. Giuseppe Dovigo che racconta l’evento. “La celebrazione è all’aperto e la folla immensa. Molti vestono il pagne con il ritratto del nuovo vescovo. Mons. Willy Ngumbi ha 42 anni, primo vescovo della tribù lega, fa parte dei missionari d’Africa di mons. Lavigerie (padri Bianchi). Lo ricordo come mio alunno in filosofia nel 1985. Ora, è seduto sulla cattedra nuova, con lo schienale molto alto. Dal seggio vescovile guarda la marea di gente. Si fa serio. Pensa al lavoro che l’aspetta, alle 18 parrocchie di cui nove sono senza prete, ai suoi 20 sacerdoti, alle necessità umane, sociali e religiose di ● 2004 appoggia la facoltà di medicina con due medici impegnati nella formazione degli studenti. In Mozambico ci sono 600 medici per 20 milioni di abitanti. La metà di essi è concentrata nella capitale. La facoltà di medicina dell’università Cattolica del Mozambico è nata nel 2000 con l’obiettivo di formare medici per far fronte agli enormi bisogni sanitari delle province nel centro-nord del Paese, sprovviste di opportunità formative qualificate. ■ questa comunità di cui è il nuovo pastore. “La mia porta di casa è aperta - annuncia nell’omelia ai piccoli e ai grandi, ai giovani e agli anziani, ai cattolici e ai non cattolici, ai poveri e ai ricchi…”. Nel disegno dello stemma s’intravede il grande fiume Congo (l’ambiente di Dio), una capanna luminosa (la città dell’uomo), una palma feconda (il lavoro) e la croce che salva”. Mons. Ravasi per la “cultura”. È mons. Gianfranco Ravasi, finora prefetto della biblioteca ambrosiana, il nuovo presidente del pontificio Consiglio della cultura. Nato a Merate, in provincia di Lecco 65 anni fa, mons. Ravasi succede al cardinale Paul Poupard. “Colgo questa nomina con sorpresa - ha detto mons. Ravasi. Il pontificio Consiglio ha celebrato quest’anno i 25 anni della sua esistenza, quindi ho la necessità di conoscere tutti i percorsi e le attività, in modo da poter iniziare un nuovo itinerario e un nuovo progetto. La prima tappa perciò è, come sempre, conoscere per poi agire”. ■ ● Una storia speciale “Sono prete grazie a Madre Teresa”. Nel 1985, Kinley Tshering, un giovane nato da una famiglia imparentata con quella reale del Bhutan, si ritrovò seduto accanto a Madre Teresa in aereo. Da quell’incontro la sua vita cambiò: “mi convinse che avevo una vocazione religiosa e nessuno riuscì a fermarmi”. Malgrado l’opposizione del padre, Kinley si fece battezzare e nel 1995 diventò il primo e unico sacerdote cattolico bhutanese. Oggi è un padre gesuita, rettore della scuola San Giuseppe in In● dia e spera che le riforme politiche, annunciate per il 2008 dal re del Bhutan, gli permettano di rientrare nel suo Paese e di esercitarvi il ministero sacerdotale. I cristiani residenti in Bhutan sono stranieri e si possono contare sulle dita. “L’atteggiamento anticristiano è andato smorzandosi - spiega p. Kinley - anche se non è ancora autorizzata la costruzione di chiese. A nessun sacerdote cattolico straniero è concesso il diritto di risiedere nel Bhutan, dove il buddhismo è religione di stato, anche se la famiglia reale è molto tollerante verso il cristianesimo”. ■ Invitiamo i nostri lettori, dotati di computer e internet, a consultare la MISNA (Agenzia missionaria di informazione mondiale) per allargare la mente al mondo intero e, in particolare, al mondo missionario. Ogni giorno, MISNA riporta notizie di quelle parti del pianeta troppo spesso dimenticate dal resto dei mezzi di comunicazione. Metti il sito tra i tuoi “preferiti”: www.misna.org 2007 OTTOBRE D I A L OG O E SO LIDAR IETÀ lettere al direttore p. Marcello Storgato MISSIONARI SAVERIANI Via Piamarta 9 - 25121 Brescia E-Mail: [email protected] Pagina web: saveriani.bs.it/missionari_giornale ALLA RICERCA DI UN... “VETERANO” Caro direttore, avevo chiesto informazioni su p. Michelangelo Pennino, che ho conosciuto tanti anni addietro e che avevo scelto come direttore spirituale, anche se “a distanza”. Ti ringrazio per avermele inviate subito. Ho chiamato al numero di cellulare che mi hai mandato e p. Michelangelo ha risposto subito. L’emozione è stata grandissima da ambo le parti, anche perché era passato molto tempo dall’ultima volta che ci eravamo sentiti. Ci siamo detti tante cose. Avvertivo il suo entusiasmo per tutte le novità che raccontavo sulla mia famiglia, che lui ha conosciuto. Ora che abbiamo ripreso le nostre comunicazioni, ci siamo ripromessi di sentirci ogni tanto, per sostenerci con la reciproca preghiera e la gioia dell’amicizia. Confidando nello spirito di preghiera della comunità saveriana e nella fraternità della fede, ti saluto insieme alla famiglia. Eugenio, Scalea Caro Eugenio, hai fatto bene a scrivermi per chiedere come rintracciare un missionario amico, di cui avevi perso le tracce. Ho apprezzato le tue parole e il tuo atteggiamento verso un missionario anziano e soprattutto colpito da malattia, dalla quale non si guarisce, se non per miracolo. C’è solo da accettare e convivere, tirando fuori tutto l’entusiasmo per la vita che uno ha dentro di sé. L’amicizia è tale quando continua anche nel tempo della sofferenza e dell’inattività. L’amicizia è ancora più grande e profonda, quando ricerca il contatto con il proprio “padre spirituale”, anche quando questi sembra essere ormai... fuori gioco! Perché proprio questo tu hai cercato: il missionario che ha accompagnato te e la tua famiglia nella vita dello spirito e quindi, senza rivendicare un “diritto naturale”, resta a disposizione e in attesa che il “figlio spirituale” lo cerchi e si avvicini. Ti ha risposto subito, come se non avesse avuto altro da fare; come se fosse stato in attesa della tua chiamata, da sempre. Immagino la vostra emozione e l’intimità del colloquio: penso sia come quando un figlio o una figlia si fanno vivi al genitore, dopo tanti anni di silenzio. Il beato Conforti ci credeva molto: “I missionari costretti dalla malattia o dall’età ad abbandonare il campo di lavoro, devono essere considerati come i veterani dell’apostolato, meritevoli di ogni rispetto”. Anche papa Wojtyla, nella “Lettera agli anziani”, afferma: “La chiesa ha bisogno di voi, conta sulla vostra preghiera, attende i vostri consigli e si arricchisce della vostra testimonianza evangelica”. Nella casa madre di Parma vivono vari saveriani malati e in età avanzata. Alcuni di loro si danno il turno come “confessori” nel santuario Conforti. In ogni comunità saveriana vive qualche missionario anziano. Fa bene a loro, sentirsi ancora utili e ricercati. Fa bene a noi, avere un missionario che prega per noi e ci accompagna con il suo consiglio e incoraggiamento. Posso dare un consiglio a tutti? Cercate, telefonate, visitate un... “veterano missionario”. Fraterni saluti, p. Marcello, sx STRUMENTI D'ANIMAZIONE PRENOTATEVI PER L'AVVENTO Manca ancora molto all’inizio dell’Avvento; ma il tempo passa in fretta, ed è bene procurarsi subito questi due volumetti, che aiutano a prepararci al Natale di Gesù nella nostra vita personale, familiare e comunitaria. “Il giorno sta nascendo” per adulti, famiglie, gruppi e comunità par rocchiali, ogni giorno con riflessioni bibliche e preghiere attuali, accompagnate da 4 ini ziative di solidarietà, fino alla domenica del battesimo di Gesù. A cura di p. Giulio Albanese. Euro 2.30 ca dauno. “Veniamo da lontano” Per ragazzi e ragazze da 8 a 12 anni, per scoprire la festa della luce cristiana e impe gnarsi a crescere bene. Disegni di Claudio Bighignoli. Euro 1.50 cadauno. Per più copie, sconti speciali (da concor dare per telefono) Richiedere a: • Libreria dei popoli, via Piamarta 9, 25121 Brescia - Tel. 030 3772780 int. 2; Fax 030 3772781; E-mail: [email protected] • Emi, via di Corticella 179/4, 40128 Bologna - Tel. 051 326027; Fax: 051 327552; E-mail: [email protected] I MISSIONARI SCRIVONO Dall'Indonesia, p. Rebecchi e p. Abis informano sul terremoto Le scosse sono state forti, la sera del 12 e il mattino del 13 settembre. Per fortuna, la gente ha reagito con prontezza, evitando che si ripetesse la tragedia del 26 dicembre 2004, con centinaia di migliaia di morti. Le due scosse sono avvenute a sud di Padang (Sumatra) e nelle isole Mentawai. Il terremoto ha causato alcuni morti, vari feriti e molti danni. Nelle missioni saveriane i danni maggiori sono avvenuti nella parrocchia di Padang Baru, con crepe alle mura; ma il danno maggiore è stato all’ospedale “Sudarso”, rendendo inagibile il convitto delle infermiere. Più preoccupante è la situazione a Siberut nelle Mentawai, con forti danni alla scuola, al convitto dei ragazzi e alla sala per incontri. Bisognerà ricostruire in fretta questi edifici, perché sono importanti per la vita della gente. Un’onda di tre metri ha investito anche la zona di Sikakap, distruggendo vari edifici. Ma la gente delle isole, pur terrorizzata, è subito scappata sulle colline, trovando rifugio presso altri villaggi. Cercheremo di aiutare tutti coloro che si trovano in maggiore difficoltà, sperando che la natura ci risparmi altre sofferenze. p. Matteo Rebecchi e p. Fernando Abis - Indonesia Padre Zurlo con gli amici dei saveriani in Amazzonia Alla fine di luglio nella casa saveriana di Ananindeua (Amazzonia), si è radunato un bel gruppo di amici dei saveriani. Abbiamo fatto una bella riflessione, ispirandoci al tema, “discepoli e missionari di Cristo”. Abbiamo anche ascoltato un’intervista fatta al primo fratello saveriano brasiliano Luizinho, ora missionario in Mozambico. L’intervista, rilasciata alla radio di Abaetetuba, era accompagnata da immagini sulla sua professione religiosa e sulla missione saveriana in Mozambico. Poi abbiamo celebrato l’Eucaristia, meditando sul vangelo di Marta e Maria, che ci hanno invitato a sederci ai piedi di Gesù e a servire ogni giorno i poveri e gli infelici. Dopo il pranzo, tutti soddisfatti, sono tornati nelle proprie case con il desiderio di evangelizzare i fratelli vicini e lontani, perché “la fede si fortifica donandola”. p. Marcello Zurlo, sx - Amazzonia In Bangladesh, anche p. Antonio Germano nell'acqua alluvionale Speravo che l’alluvione risparmiasse la nostra zona. Nel nordest del Bangladesh la situazione è catastrofica. Ma proprio a Ferragosto anche da noi la situazione è precipitata. Il fiume Kopotokko è straripato a Tala-Khampur, inondando tutta la zona. Sono andato a Khampur e ho fatto il giro del villaggio, l’acqua fin sopra le ginocchia; più oltre non ho avuto il coraggio di andare. Non è certo una delizia aggirarsi in quelle acque sporche con i materiali di fogna. Per chi si ferma un giorno, come il sottoscritto, è una cosa; ma per chi vive in una situazione del genere è ben diverso! I saveriani hanno messo subito a disposizione una prima somma, per aiutare le famiglie più danneggiate e bisognose, e provvedere a riso, lenticchie e mediPadre Germano con l’acqua al ginocchio cinali. Speriamo in tempi migliori. nel villaggio di Khampur, in Bangladesh Proprio qui, negli anni ’80, p. Pierluigi Lupi aveva dato vita a un’esperienza di avanguardia. Aveva costruito una casa con mura in terra battuta e tetto in lamiera. Condivideva casa e vita con alcuni studenti “fuori-casta”. Qui, infatti, vive la più larga concentrazione di “fuori-casta” della zona. Tra quegli studenti sono venute fuori persone impegnate, come Shopon che dirige la Ong “Dalit”, il medico Binoy e l’avvocato Topon. p. Antonio Germano - Bangladesh solidarietÀ CONGO: LAMIERE PER SCUOLE DI KITUTU Kitutu è una missione congole se in pieno Equa tore, ancora oggi isolata dal mondo: niente luce, tele fono, acqua pota bile, niente strade. È percorribile solo a piedi, in bici o in moto. I warega, abitanti di Kitutu, sono bravi conta dini e operai resi Padre Maran con i bambini stenti; perciò rie delle scuole “da coprire” scono a sopravvi vere. Anche i maestri - che prendono uno stipendio mensile di 25 euro - e i genitori sono davvero corag giosi: il 40% dei loro figli e il 20% delle figlie riescono ad andare a scuola. Noi missionari, che viviamo con i warega, vorremmo fare molto, ma i mezzi sono scarsi. I nostri vescovi ri cevono un aiuto dalla chiesa italiana (dai fondi dell’8 per 1000) e alcune missioni ricevono realmente qual cosa. Ma Kitutu sta ancora aspettando... Nel frattempo, cari amici, ci rivolgiamo a voi che sie te familiari con noi missionari. Avremmo bisogno di 5.000 lamiere, per iniziare a coprire i tetti di 25 scuo le elementari. Il costo di una lamiera è di 10 euro, per una spesa complessiva di 50mila euro. Vi invito ad ade rire e a darci una mano: ne abbiamo tanto bisogno, per aiutare lo sviluppo culturale della nostra gente. Grazie per la vostra solidarietà. Il Buon Dio sarà ob bligato a contemplare dal cielo le vostre lamiere luc cicanti al sole dell’Equatore. p. Paolo Maran, sx piccoli progetti 6/2007 - Rep. Dem. CONGO Lamiere per le scuole di Kitutu La missione di Kitutu, isolata dal resto del mondo, ha bisogno di aiuto per coprire con lamiere 25 scuole elementari di villaggio: 5mila lamiere a € 10 l’una, per un totale di 50mila euro. Possiamo contribuire allo svilup po culturale delle nuove generazioni. • Responsabile del progetto è il saveriano p. Paolo Maran. • •• 5/2007 - AMAZZONIA Camionetta per i kayapò La vecchia camionetta non ce la fa più. Ep pure non se ne può fare a meno, in mezzo al la foresta Amazzonica, tra i villaggi degli in dio kayapó. C’è da sostituirla. I missionari apo stoli tra i kayapó chiedono il nostro aiuto per 25-30mila euro. Diamo loro… una spinta! • Responsabile del progetto è il saveriano p. Renato Trevisan (VI). Chi desidera partecipare alla realizzazione di questi progetti, può utilizzare l’accluso Conto corrente postale, oppure può inviare l’offerta direttamente al C/c.p. 00204438, intestato a: Procura delle Missioni Saveriane, Viale S. Martino 8 - 43100 PARMA oppure bonifico bancario su C/c 000072443526 Cari Parma e Piacenza, Agenzia 6 abi 06230 cab 12706 Si prega di specificare l’intenzione e il numero di Progetto sul C/c.p. Grazie. 2007 OTTOBRE ALZANO 24022 ALZANO L. BG - Via A. Ponchielli, 4 Tel. 035 513343 - Fax 035 511210 E-mail: [email protected] - C/c. postale 233247 Così sono diventato saveriano è importante incontrare i missionari Padre Ulisse, saveriano di Ardesio, rettore della comunità dei teologi saveriani a Parma, ha festeggiato il 25.mo anniversario di sacerdozio missionario (26 settembre 1982 - 2007). Ci racconta qualcosa della sua “avventura vocazionale”. S cavando nei miei ricordi, vedo l’andirivieni di missionari nella casa dei nonni materni: lo zio p. Guglielmo Camera e p. Gaetano Filisetti, cugino della mamma. Non capivo molto della loro identità carismatica, ma sapevo che erano “missionari”. Ricordo anche che mia mamma mi chiese se avessi voluto diventare missionario… Risposi: “Prete sì, ma missionario no. Troppi leoni e serpenti nella loro vita!”. La sfida: guardare lontano Frequentavo la quinta elementare quando, un mattino, arrivò in classe un giovane saveriano, p. Gianfranco Cruder che sprizzava simpatia a ogni battuta. Dopo la presentazione, ci sfidò a chi riusciva a vedere più lontano… A noi sembrava ovvio che lui avrebbe perso, visto che sul naso inforcava un paio di occhiali neri con lenti spesse. Quando poi cominciò a dirci che lui riusciva a vedere i ragazzi indonesiani sulle rive dell’oceano Indiano o quelli congolesi ai bordi della foresta o quelli del fiume Tocantins remare sulle canoe..., capimmo che noi avevamo perso. Soprattutto si faceva chiaro il senso di quella sfida. Il messaggio si trasformò in un invito a diventare missionari, per vedere lontano anche noi e per incontrare quei ragazzi, abitanti di terre e paesi affascinanti. La missione tra le montagne Poi arrivò l’invito al campo estivo, a Castione della Presolana. Mi trovai con circa cinquanta ragazzi della mia età e alcuni studenti saveriani che organizzavano le giornate. Le lunghe passeggiate in montagna con gli p. ULISSE ZANOLETTI, sx zaini in spalla, i giochi di squadra, le serate divertenti fatte di tombolate e proiezioni di film “missionari”, le preghiere e le Messe animate con le chitarre, in un ambiente in cui tutto parlava di missione, di terre lontane… Ne rimasi affascinato e sedotto. Vivo è anche il ricordo di quando p. Gianfranco mi fece guidare l’auto nel buio di un campo di calcio, quando mi offrì alcune “tirate” della sigaretta che lui stava fumando. Anche così quel simpatico missionario trovava vocazioni! Una strana coincidenza Tornai a casa, ma non dissi niente a mamma. Solo più tardi le comunicai, in presenza di p. Gianfranco, che mi sarebbe piaciuto andare dai missionari. Il 30 settembre 1969, lasciai per la prima volta la famiglia per trasferirmi dai saveriani di Alzano. Pioveva. Caricai il materasso sul pulmino dello zio Bepi. Un rapido bacio alla mamma, che aveva Elisabetta ha scelto la missione Una giovane saveriana di Cologno al Serio A fine giugno, una giovane donna decideva di consacrarsi per tutta la vita alla missione. Si chiama Elisabetta Pelucchi e, nella chiesa dove è stata battezzata, ha proclamato il suo sì al Signore, accettando con gioia la vocazione missionaria che Gesù le ha proposto. foto archivio MS / F. Raffaini Dopo un viaggio in Brasile Seguire la propria vocazione nella dinamica della vita cristiana è una cosa normale, anche se oggi è un evento raro. Durante la celebrazione, il parroco di Cologno al Serio ha ringraziato il Signore per aver potuto presiede- 8 Elisabetta Pelucchi ha detto il suo “sì” per sempre al Signore re alla consacrazione religiosa di due figlie della sua comunità parrocchiale. È il solito ritornello: mancano vocazioni. Nonostante questo, ci rallegriamo per Elisabetta. Lei c’è, e ha scelto la missione nella congregazione delle missionarie di Maria, conosciute come saveriane. La loro nascita risale al 1945 su intuizione del saveriano p. Giacomo Spagnolo e di Celestina Bottego, che concretizzarono il desiderio del Conforti, fondatore dei saveriani, di istituire una congregazione femminile missionaria da affiancare ai saveriani. Le saveriane oggi sono 350, di diverse nazionalità. Elisabetta ha conosciuto le saveriane nel 1995, durante un viaggio in Brasile, quando fece visita allo zio p. Esvildo. Dopo il viaggio e molti altri incontri, ha iniziato il suo cammino di formazione. Dopo il noviziato, nel 2000 si è consacrata alla missione con i voti temporanei e poi, da Parma, si è trasferita a Milano per terminare gli studi. Il rametto di una grande pianta Il cammino di Elisabetta non è stato facile. Un incidente in cucina le causò la menomazione della mano sinistra; alcune dolorose p. LEONARDO RAFFAINI, sx vicende familiari le hanno provocato grandi sofferenze. Il Signore, però, l’ha sempre accompagnata mettendo sul suo cammino tante persone che l’hanno sostenuta e aiutata. Ora andrà negli Stati Uniti per studiare l’inglese; poi partirà per la Thailandia, sua destinazione missionaria. Darà man forte alla comunità delle saveriane che da qualche anno lavorano in quella nazione asiatica. Elisabetta così descrive la sua vocazione: “Ho percepito questa chiamata alla missione come un invito ad allargare i confini della mia vita. Non mi sono mai sentita un fungo che spunta per caso, ma il rametto di una pianta più grande, che ha le radici nella parrocchia dove sono stata battezzata. Sono cresciuta tra le vecchie mura di un paese medievale, che mi hanno sempre dato protezione. Perciò sono consapevole di non essere sola a vivere la vocazione missionaria. Con me porto un dono che a mia volta ho ricevuto. Sarà bello poi tornare qui, per portare quanto mi regalerà la chiesa che incontrerò. Insieme è possibile celebrare le meraviglie che, sempre e ovunque, il Signore opera”. Chiediamo a tutti voi, cari amici e amiche, un preghiera per la missionaria Elisabetta. ■ Padre Zanoletti ha partecipato al recente Capitolo generale, come delegato dei saveriani in Italia gli occhi lucidi. Ad Alzano frequentai le scuole medie, ma soprattutto cominciai a imparare la vita fraterna in comunità. Di quegli anni ricordo p. Giovanni Angius, che un giorno ci parlò di Abaetetuba e del grande fiume Tocantins. È stato il primo missionario “reduce” che incontrai. Per combinazione, è proprio là che sono poi finito nel mio servizio alla missione! Da Alzano passai a Cremona per le scuole superiori. Erano gli anni “tormentati” dell’adolescenza, con tutte le sue irrequietezze e crisi. Ma erano anche gli anni di una consapevolezza di fede maggiore, di una curiosità crescente verso Gesù, il vangelo e la vita missionaria. Il tempo del noviziato Dopo gli esami di maturità decisi di entrare in noviziato a Tavernerio. Non fu facile adattarsi a questo nuovo ambiente e al nuovo gruppo con 17 giovani. Lavorammo molto, anche manualmente, secondo lo stile del nostro “maestro” p. Lino Maggioni. Di quel periodo ricordo bene don Gasparino a Cuneo, che mi diede il gusto della preghiera, e l’esperienza in un ricovero per anziani a Como. Sempre in noviziato, ho appreso il piacere di leggere e “studiare” la bibbia, fonte feconda per la mia vita spirituale. Il 10 settembre 1977, finalmente, sono diventato “saveriano” anch’io. ■ (continua nel riquadro) Santa Messa di suffragio Per le saveriane e i saveriani bergamaschi defunti sabato, 10 novembre - ore 15 Presso i Missionari Saveriani via Ponchielli 4, Alzano Lombardo (BG) MISSIONE IN BRASILE E RITORNO p. U. ZANOLETTI, sx A Parma, studiando teologia, ho incontrato più di ottanta studenti, un’equipe di professori ed educatori, un ambiente che parlava della storia dei saveriani e dell’audace progetto missionario di mons. Conforti. Dopo la professione perpetua nel 1981 e l’ordinazione sacerdotale l’anno successivo, ho studiato catechetica a Roma. Poi, per otto anni, ho insegnato all’istituto teologico a Parma, fino al 1994. Desideravo partire per l’Indonesia, ma il governo non permetteva più l’ingresso ai missionari. In alternativa, chiesi di andare in Amazzonia. Così, a novembre 1994, sbarcavo nel caldo umido di Belém. Il primo anno l’ho passato in un clima di stupore e di scoperta. Ricordo la trepidazione con P. Ulisse ai tempi della missione cui preparavo i primi viaggi in barca nell'Amazzonia brasiliana per visitare le comunità, il senso di meraviglia e di riconoscenza, la grande ospitalità della gente. Ho anche lavorato nel segretariato pastorale della diocesi di Abaetetuba. Mi piaceva organizzare gli incontri per verificare le varie tappe del cammino della chiesa e delle comunità. Poi sono stato parroco in una parrocchia composta da trentanove comunità, senza una chiesa centrale. Infine, ho trascorso tre anni a Belém, occupandomi dell’animazione dei saveriani dell’Amazzonia. Conclusa la mia permanenza in Brasile, nel 2005, dopo un breve corso di aggiornamento a Roma, sono tornato a Parma, con gli studenti saveriani di teologia. È cominciata così un’altra avventura. Il resto, è cronaca dei nostri giorni... 2007 OTTOBRE BRESCIA 25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9 Tel. 030 3772780 - Fax 030 3772781 E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259 La Cina in mostra a San Cristo Lasciamoci rapire dal fascino dell'oriente I missionari saveriani di Brescia anche quest’anno hanno allestito una mostra interessante e attuale, che rimarrà aperta dal 6 novembre al 27 gennaio 2008. Il tema scelto è “Aquiloni e grande muraglia. Cina: sguardi su una civiltà millenaria”. Un popolo, un continente La Cina è la nazione con il maggior numero di abitanti, più di un miliardo. Patria di una delle più antiche civiltà del mondo, ha raggiunto l’unità culturale e sociale ventiquattro secoli fa con Confucio, molto prima della nascita delle culture occidentali. Lo scopo della mostra è aiutare a comprendere un universo tra i più complessi che sia esisti- to nei secoli passati e che, anche oggi, può dare un apporto positivo non solo all’economia, alla scienza e alla tecnica, ma anche alla cultura e alla spiritualità dell’umanità. I saveriani in Cina La Cina è stata la prima, e per oltre cinquant’anni anche l’unica, missione dei saveriani. Dal 1899 al 1954 furono inviati 116 missionari che, benché sottoposti a violenze ed espulsi, portarono con sé una grande simpatia per la millenaria civiltà, ricca di valori umani. Furono inoltre testimoni della meravigliosa fedeltà dei cristiani cinesi verso Cristo e la sua chiesa, anche di fronte alla morte. L’attuale “Progetto Cina” DIEGO PIOVANI nacque nel 1984. In quel periodo di generale disgelo politico, fu deciso di preparare un numero limitato ma qualificato di persone per un nuovo tipo di missione per la Cina. Per questo, si è pensato a una presenza missionaria anche nell’isola di Taiwan. I saveriani dunque sono pronti a tornare nel campo iniziale della loro azione missionaria. Un percorso ricco e interessante Le guide accompagneranno alla mostra le classi e i gruppi attraverso un percorso didattico. Piccoli e grandi visitatori entreranno in contatto con la scrittura (kit completo per scrivere); con i calchi di stampa antichi su carta cinese (300-400 d.C.) provenienti Notizie di casa nostra Cos'è successo durante l'estate S pero che l’estate sia trascorsa serenamente per tutti voi e per le vostre famiglie, e che abbiate ripreso bene le normali attività, dopo aver riposato... le stanche membra. Anche noi missionari abbiamo vissuto l’estate in fraternità, con qualche giorno di riposo nelle nostre famiglie. Sono andati in cielo Non sono mancate le sofferenze, specialmente per le persone care scomparse. All’inizio di agosto, è deceduta a Salerno la signora Lina, mamma del nostro rettore p. Rosario Giannattasio. Fortunatamente, si trovava accanto a lei, quando il Signore l’ha chiamata a sé. Si è spenta silenziosamente, dopo una vita operosa, tutta dedita alla famiglia e alla missione. In comunità abbiamo poi celebrato la santa Messa, presenti anche tutte le persone che collaborano con noi. Alla fine di agosto abbiamo partecipato alla Messa di commiato del sig. Angiolino Gue- 8 rini, fratello del compianto p. Narciso. Il piazzale della chiesa di Ponte Zanano era affollata di moto-amatori - un po’ rumorosi! - che hanno voluto accompagnare il loro amico fino all’ultima dimora con un apposito sidecar. Visite fatte e ricevute Ma ci sono stati anche tanti piccoli eventi gioiosi. Dopo il ferragosto, abbiamo risalito la Val Camonica, fino all’Eremo di Biennio, per fare la nostra programmazione annuale. Abbiamo sfruttato l’occasione per visitare la signora Gina, sorella di p. Qualizza, all’hotel “Mirella” di Ponte di Legno, di fronte al mitico “castello di Bossi”, e a Esine la famiglia di p. Pedrotti, che si è tutta riunita per accoglierci. D’altra parte, vari confratelli bresciani sono passati a visitarci, a cominciare da p. Gianni Brentegani, venuto dal Congo per partecipare al Capitolo generale. Ma anche p. Pierino Zoni, che è già tornato in Burundi, e p. Mario Festa, che sta partecipando al Due dei numerosi oggetti che saranno esposti alla mostra sulla Cina in S. Cristo: un abito di corte e una scarpetta tradizionale p. MARCELLO STORGATO, sx corso di aggiornamento a Tavernerio (Como). Incontri amichevoli e fraterni Padre Mario Gallia, poi, ci ha riservato una bella sorpresa. Ogni volta che torna a casa dal Messico, organizza una “adunata” dei coscritti. Il mattino di sabato 8 settembre, p. Gallia è stato nostro ospite, insieme a 15 coscritte e coscritti, per celebrare la Messa nella nostra chiesa, prima di proseguire per un tour sul Garda (vedi foto). Domenica 30 settembre, nella sua parrocchia natale a Marmentino, ha celebrato il 25.mo di sacerdozio. Vi ha partecipato p. Gesuino Piredda, suo insegnante in ...anni lontani. Infine, giovedì 13 settembre, ci ha fatto visita p. Arnaldo De Vidi, per presentare il suo libro appena “sfornato”: “Ho incontrato il dragone. La cultura cinese raccontata agli amici”. Il giorno dopo è ripartito per casa, dove ha preso le valigie ed è andato all’aeroporto, direzione Brasile: beato lui! ■ dalle grotte di Longmen; con la didattica confuciana: antichi cartelloni, con traduzione in italiano, raffiguranti momenti di vita operosa di ragazzi per la trasmissione dei valori fondamentali della cultura cinese; con l’abbigliamento tradizionale (fra cui l’abito di corte e l’abito liturgico taoista); con l’arte sacra cinese; con la Cina che sta scomparendo... Al mattino sono previsti anche due laboratori: costruzione degli aquiloni cinesi (scuole primarie e 1ª media); primi approcci con la scrittura cinese (scuole medie e superiori). È necessario prenotare per tempo la visita, specificando se si desidera partecipare anche ai laboratori. La visita alla mostra è gratuita, mentre la partecipazione ai laboratori prevede un contributo di € 2 per partecipante. L’inaugurazione: 6 novembre Martedì 6 novembre, nella sala “Chizzolini” dell’ università Cattolica, alle 15.30, Alessandra Aresu docente di cultura cinese presso l’università di Milano, terrà un conferenza dal titolo “Cina oggi: cambiamenti e contraddizioni”. Subito dopo, alle 18,00, in San Cristo sarà inaugurata la mostra, alla presenza di importanti personalità cittadine. ■ Questi gli orari di apertura della mostra, fino al 27 gennaio. feriali: 9 - 12.30 e 14,30 - 17; domenica e festivi: 14 - 18 Per informazioni e prenotazioni, tel. 349 3624217; fax 030 3774965; e-mail: [email protected] Anche se zona a traffico limitato (ZTL), è consentito a tutti i visitatori della mostra accedere all’ampio parcheggio interno con il seguente itinerario: p.le Arnaldo, via A. Mario, p.za Brusato, via Cattaneo, via V. Gambara, via Piamarta (informazioni tel. 030 3772780). DIAMO IL BENVENUTO A MONS. LUCIANO Il 14 ottobre farà il suo ingresso in diocesi mons. Luciano Monari, nuovo vescovo della chiesa bresciana. Così lo accoglie p. Rosario, a nome di tutta la comunità saveriana. Dal 1957, nello storico convento del Santissimo Corpo di Cristo (San Cristo), è iniziato il meraviglioso cammino della “scuola apostolica” dei missionari saveriani che, dal 1992, si è trasformato in centro editoriale saveriano, per essere voce della fraternità tra i popoli e con le giovani chiese. In questi 50 anni, la generosa terra natale di Paolo VI ci ha donato tanti confratelli che lavorano in tutto il Benvenuto tra noi! mondo per la dilatazione del regno di Dio. Ora, il Signore Gesù ci dona Lei, come padre e pastore. Ci aiuterà, con la sua passione per la Sacra Scrittura, a sentire e seguire con maggiore entusiasmo il Signore Gesù, unico Salvatore dell’umanità. Noi l’accompagneremo, con la preghiera e con l’impegno, affinché crescano comunità capaci di vivere la fede nel proprio ambiente, ma con lo sguardo fisso sull’intera umanità. La chiesa bresciana, con la Sua guida, continui a generare figlie e figli pronti alla “partenza”. Ringraziamo lo Spirito del Risorto per averci donato Lei come nostro vescovo, e chiediamo la Sua paterna benedizione. p. Rosario Giannattasio e la comunità saveriana di Brescia 2007 OTTOBRE CAGLIARI 09121 CAGLIARI CA - Via Sulcis, 1 Tel. 070 281310 - Fax 070 274419 E-mail: [email protected] - C/c. postale 12756094 Così ricordiamo p. Virgilio Mirto Nel 60° anniversario della sua morte parlando, di U manamente padre Virgilio Mirto, dei giuseppini di Asti, si potrebbe dire che è un eroe senza medaglia o un santo sconosciuto senza l’onore degli altari. Ma per fede, dobbiamo ripetere le parole di Gesù, quando ha incontrato i discepoli tornati dalla missione per annunciare il regno di Dio: “Rallegratevi, perché i vostri nomi sono scritti nei cieli!”. Guasila: la missione continua Questo pensiero è valido per ogni missionario che muore nel compiere la sua missione eroicamente, come p. Virgilio Mirto il 15 luglio del 1947, nel tentativo di salvare alcuni ragazzi dai flutti del mare, attorno a uno scoglio di Orrì, o silenziosamente come p. Ivaldo Casula in un letto dell’ospedale a Makeni, colpito dalle malattie dei poveri della Sier- ra Leone. Questi due missionari di Guasila sono stati uniti dal paese di nascita e dallo spirito missionario per annunciare il regno di Dio. Per un disegno della Provvidenza, la tragica morte di p. Mirto, che a Padre Virgilio Mirto p. DINO MARCONI, sx Tortolì aveva fondato il “seminario sardo per le missioni estere”, offrì la possibilità di aprire la prima casa apostolica in Sardegna dei missionari saveriani di Parma (1° settembre del 1947). Possiamo dire che il desiderio di un seminario missionario in Sardegna è stato portato avanti dai missionari saveriani prima a Tortolì, poi a Macomer e a Cagliari. Padre Luigi Caria, che era a Tortolì tra i primi alunni del seminario sardo per le missioni estere, è diventato testimone della morte dei suoi due concittadini, dei quali ha condiviso lo spirito missionario e la missione: p. Virgilio Mirto a Orrì e p. Ivaldo Casula in Sierra Leone. Per dare vita... si muore Padre Virgilio e padre Ivaldo sono solo due testimoni del vangelo di cui conosciamo il volto e il luogo della testimonianza. Due belle iniziative missionarie Gesti di solidarietà a Guasila e Macomer F abio Matteo di Guasila ha condiviso il giorno della sua Cresima con gli amici di p. Luigi Caria e dello zio p. Ivaldo Casula, in Sierra Leone, offrendo loro l’equivalente della spesa per le bomboniere. Ha ringraziato i familiari per aver contribuito a rendere importante questo giorno. Seguiamo il suo esempio per rendere i nostri avvenimenti religiosi delle belle feste missionarie. Fabio Matteo ha detto: “La mia bomboniera non è un oggetto; è un sorriso di quel bambino povero che avrà la possibilità di un futuro migliore”. Una bomboniera speciale Il suo gesto ci dice che l’anno catechistico in preparazio- 8 ne alla prima Comunione e alla Cresima può essere un’occasione per educare i ragazzi allo spirito missionario della carità universale. L’evangelista Giovanni ce lo ricorda nel miracolo della condivisione dei cinque pani e due pesci, che Gesù ha accolto per sfamare la folla. “C’è qui un ragazzo con cinque pani e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente? Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì. E tutti mangiarono”. L’offerta di Fabio Matteo può essere una proposta di catechesi all’amore. Costa solo un po’ di impegno a favore degli altri che sono nel bisogno, con lo spirito della condivisione e dell’aiuto fraterno. Il catechismo è un mo- Padre Ivaldo Casula (a sinistra) e p. Luigi Caria, saveriani di Guasila; a loro Fabio Matteo ha dedicato le bomboniere della sua Cresima p. DINO MARCONI, sx mento di educazione alla fede e allo spirito missionario, per rispondere alla vocazione dei cristiani nel mondo. Le figurine dei baby calciatori I ragazzi tesserati con le società sportive di Macomer hanno fatto un album di figurine dei baby calciatori con i responsabili dei gruppi sportivi. Il ricavato dalla vendita dell’album “Chi ama il tuo sport” è offerto ai missionari saveriani del Congo, perché più bambini abbiano la possibilità di svolgere un’attività sportiva e di vivere momenti di amicizia, in un paese rovinato da dieci anni di guerra. Il signor Muggianu del gruppo sportivo “pizzinnos” ci conferma con soddisfazione che l’iniziativa ha avuto successo. L’album dei baby calciatori è stato richiesto da molte persone per vedere qualche immagine di gloria dei giovani sportivi, in preparazione al campionato della vita. Lo sport diventa veramente un momento di educazione alla solidarietà e alla socializzazione dei ragazzi, perché si sentano fratelli di tutti e concittadini del mondo. L’iniziativa è interessante per creare un agonismo pacifico negli stadi e nei campi sportivi, teatro a volte di violenza giovanile da parte di tifosi facinorosi. ■ Un folto gruppo di “apostolini” e formatori saveriani a Macomer nel 1958 Ma rappresentano il bene nascosto che nella storia, attraverso la forza di Dio, si sta realizzando mediante il dono totale della vita da parte di tante persone. Nel santuario del beato Guido Conforti, a Parma, accanto all’altare e alla tomba del fondatore dei saveriani, è custodita la “croce dei martiri della storia”. Ricorda a tutti i missionari la raccomandazione del Conforti: “Da Lui, che ha versato sino all’ultima stilla il suo sangue per riscattare l’umanità, imparate a sacrificarvi per i vostri fratelli”. Gesù è il buon Samaritano che offre la vita per i fratelli e si prende cura di tutti, per dare loro la speranza di risorgere. Nei tanti “crocifissi della storia” vediamo realizzate le parole di Gesù: “Se il chicco di grano, caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”. Non c’è altra strada: per dare vita agli altri, occorre donare la propria vita. In ogni esistenza, c’è un calvario e una croce; c’è un sepolcro che, da luogo di morte, si trasforma in culla di vita nuova, se il seme gettato in terra accetta di morire e rinascere. Ma ne vale la pena! Cadere in terra e morire non è solo la via per portare frutto, ma anche per “salvare la propria vita”, cioè per continuare a vivere! “Cosa serve all’uomo guadagnare tutto il mondo se perde la vita?” - il giovane Francesco Saverio si è convertito con queste parole del vangelo, che Ignazio di Loyola gli ripeteva. Il grande missionario dell’Asia non ha perso la vita, seguendo le illusioni del suo tempo; ha guadagnato la vita facendo conoscere il Signore della vita a tanti popoli. Oggi tanti modi di vivere ci fanno sprecare la vita per cose senza senso, in avventure ed evasioni, in illusioni che portano a nulla. Ma noi abbiamo la possibilità di scegliere. Possiamo decidere di vivere la vita con Cristo, per riempirla di significato e di gioia. Per questo, nel 60° anniversario della morte di p. Virgilio Mirto, ricordiamo le parole di Gesù: “Rallegratevi, perché i vostri nomi sono scritti nei cieli!”. ■ OTTO DIES A SAS ANIMAS Il ricordo dei defunti, per noi cristiani, non è solo nostalgia dei nostri cari, ma speranza di partecipare alla resurrezione di Gesù, e preghiera in comunione con i santi. Nell’Eucaristia, celebrazione del mistero della morte e resurrezione di Gesù, noi diventiamo più consapevoli del senso ultimo della nostra vita. I missionari saveriani, celebrano questa speranza nella liturgia euca ristica, in comunione con i defunti, attraverso la pratica degli “Otto dies a sas Animas”, nel salone della loro casa, in via Sulcis 1 - Cagliari da mercoledì 14 a mercoledì 21 novembre 2007 alle ore 18,30 Chi desidera unirsi alla nostra preghiera per i propri cari defunti, può farci conoscere i loro nomi attraverso: - una lettera, via posta - consegnando le intenzioni di preghiera alla delegata missionaria - il nostro C/cp n. 12756094, accluso nel giornale 2007 OTTOBRE CREMONA 26100 CREMONA CR - Via Bonomelli, 81 Tel. 0372 456267 - Fax 0372 39699 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00272260 Così ricordo p. Roberto Beduschi Da Rivarolo Mantovano al grande Brasile P adre Roberto Beduschi è morto a Campinas, in Brasile, il 28 luglio scorso. Con lui, ho collaborato per molti anni. Eravamo confratelli. In Brasile si dice: “Quando nasce un bambino, le persone ridono e il bambino piange; quando muore un fedele, le persone sono tristi e il morto riceve da Dio la felicità”. Sono certo che p. Roberto è ora felice in Dio. Da seminarista a saveriano Figlio di Francesco e Maria Basani, Roberto era nato a Rivarolo Mantovano nel 1921. Gli piaceva il suo paese, tanto che diceva con enfasi: “Fu costruito dai Gonzaga a uguale distanza da tre città”. Una volta venne in visita il vescovo di Parma mons. Conforti. Il piccolo Roberto, chierichetto, fu incaricato di reggere la mitra. Forse grazie anche a quell’incontro, decise di entrare nel seminario di p. DANTE VOLPINI, sx Cremona, dove ha studiato fino re del giornale “Missionari Saal liceo. veriani”, che portò da 4.500 a Nel 1940 ha scelto di essere 45.000 copie. missionario saveriano. Dopo gli Nel 1960 divenne parroco del studi di teo“Sacro Cuologia a Parre” a Parma, ma, durante dove rimala guerra, fu se per dieci ordinato saanni. Erano cerdote ini tempi del sieme ad alconcilio Vatri sette misticano II e sionari il sadel rinnovabato sanmento liturto 20 aprile gico. Padre 1946, nelBeduschi la casa del fu il primo vescovo. Fu tra i parroci formatore e di Parma ad professore attuare la rinelle comuforma. Chienità di Vise il percenza, Grumesso al vemone e Zescovo, “gilarino. Nel rò” l’altare 1951 divene cominciò Il sorriso di padre Roberto Beduschi, ne direttoa spiegare le in una foto recente La missione fino alla fine Ascoltato e benvoluto da tutti la beatificazione di D opo mons. Conforti, fui man- dato a Pirajù per fare animazione vocazionale. Così partecipai alla festa dei 50 anni di sacerdozio di p. Roberto. La stessa cosa fu ripetuta l’anno scorso, per il traguardo dei suoi 60 anni di Messa. Le sue parole di saggezza Ricordo l’esempio di obbedienza di p. Roberto, quando nel 1996 fu trasferito da Pirajù a Cantagalo, in una parrocchia con molte comunità disperse, alcune delle quali formate dai “senza terra”. Era certamente una sfida per un uomo di 75 anni. Ma lui lo considerò solo un lavoro molto... “missionario”. Non andava più solo; lo portavano in jeep. 8 p. D. VOLPINI, sx Ma era sempre pronto a evangelizzare. All’inizio del 2001 p. Roberto fu trasferito in un quartiere di Piracicaba, con 39mila abitanti. Due terzi delle persone erano cattolici, mentre un terzo apparteneva a una trentina di sette evangeliche. Già con 80 anni sulle spalle, ma sempre lucido, egli diffondeva messaggi di grande spiritualità. Ci alternavamo nelle Messe, nelle attività pastorali in parrocchia e nelle 16 comunità cristiane: lui, p. Beto (saveriano brasiliano) e io. Lo portavo con me alle riunioni del consiglio parrocchiale e ai raduni delle comunità. Alla fine della lectio, con la parola di Dio commentata e applicata alla vita reale, c’era sempre la sua riflessio- I quattro saveriani cremonesi, missionari in Brasile. Da sinistra: p. Leone Occhio, p. Gabriele Guarnieri, p. Claudio Marinoni e il compianto p. Roberto Beduschi ne, molto apprezzata da tutti. Conforti, il terzo patrono Nel 2005, p. Roberto fu trasferito a Hortolàndia, ed io lo portai là, a 60 chilometri di distanza, nella casa del noviziato dei saveriani, dov’è “maestro” il bergamasco p. Alfiero Ceresoli. Per due anni egli è stato per i novizi un modello di obbedienza e umiltà. Diceva: “San Francesco Saverio è patrono delle missioni per la sua grande attività missionaria; santa Teresina del Bambin Gesù lo è stata per le sue preghiere e sacrifici per i missionari; mons. Guido Conforti dovrebbe essere il terzo patrono delle missioni, per l’Unione missionaria del clero: sacerdoti che lavorano in un luogo e offrono tutto - preghiere e azione pastorale - per l’evangelizzazione del mondo intero”. La Messa funebre si è tenuta a Pirajù. La sua salma è stata portata nel cimitero, accompagnata da moltissima gente. Padre Roberto è stato sepolto vicino alla chiesa del cimitero, dove ogni primo lunedì del mese è celebrata la Messa. Il suo corpo risusciterà nell’ultimo giorno, ma l’anima è già nella casa del Padre e contempla il volto di Dio, nella gioia piena ed eterna. ■ parti della Messa. Ogni domenica molti studenti saveriani andavano al “Tempio” per ascoltare la sua omelia. Per tre anni fu maestro dei novizi a Nizza Monferrato: parlava con entusiasmo di Gesù, della chiesa, delle missioni e del fondatore Conforti. “Kosmos”, mensile missionario C’era bisogno di un maestro dei novizi anche in Brasile e lui desiderava andare in missione. A novembre del 1973 egli sbarcava in Brasile e, qualche mese dopo, era già maestro dei novizi a Centenario do Sul. Voleva che i novizi facessero apostolato nelle comunità ecclesiali di base della zona. Nel 1977 p. Roberto fu nominato rettore della teologia, ma restò pochi mesi. Preferì fare il parroco a Goioeré. Insieme a un altro missionario, preparava sussidi per le comunità di base che diffondevano il vangelo tra la gente. Così metteva in pratica il suo motto: “seminare, seminare, seminare”. Nel 1980 p. Beduschi fu chiamato a San Paolo per essere il redattore del mensile “Kosmos”, un giornale simile a “Missionari Saveriani”. Insieme a p. Adolfo Codini (scomparso il 23 luglio scorso) pensò di fare il giornale lavorando in una parrocchia di periferia. Il superiore dei saveriani pensò a una comunità con 5 missionari - tra cui io - e ne fissò i compiti. Padre Roberto era coordinatore della comunità, di- rettore di “Kosmos” e responsabile della pastorale nel quartiere popolare “José Bonifàcio”. Entusiasmo e allegria Nei giorni feriali lavorava per il giornale e ogni sera, più il sabato e la domenica, visitava le vie con le minuscole casette di 4 m x 4, o i caseggiati con 30 o 40 mini appartamenti. Formava gruppi di riflessione, comunità di preghiera, invitava la gente a Messa, evangelizzava le famiglie. Era pieno di entusiasmo e suscitava allegria: era famoso il suo “oh-là-là!”. Con la sua arte oratoria e la mimica, trascinava tutti nell’attività di evangelizzazione. Fu un lavoro straordinario, cominciato da zero e con poche persone, in ambienti provvisori. Fiorirono nuove comunità e parrocchie popolose e ben organizzate, con molti laici impegnati nelle attività pastorali. Oggi in quel luogo ci sono quattro parrocchie, ognuna con più di centomila abitanti. A metà del 1984 affidarono a p. Roberto la parrocchia di San Sebastiano in Piraju, dove rimase per dodici anni. Con p. Lao Pirola, organizzò le 11 comunità della cittadina e altre 8 comunità rurali. C’erano file di gente che venivano a confessarsi, tutti i giorni. Qui egli diede un forte appoggio alla pastorale familiare con il movimento chiamato “incontro di coppie con Cristo”. ■ (continua a lato) DONATA, MEDICO IN MOZAMBICO Donata Galloni è un medico che, fino a qualche mese fa, lavorava nel reparto di malattie infettive dell’ospedale maggiore di Cremona. Un giorno ha deciso di lasciare tutto e partire per il Mozambico, con un obiettivo molto preciso: mettersi a disposizione di chi ha più bisogno di amore e di cure, in realtà svantaggiate. Oggi, Donata è coordinatrice di tutti i progetti di “Medici con l’Africa Cuamm”, la più importante organizzazione non governativa in campo sanitario riconosciuta in Italia, nata 50 anni fa per promuoveLa dottoressa Galloni alla cerimonia conclusiva re e tutelare la salute deldel progetto di prevenzione e controllo del colera a Beira, in Mozambico le popolazioni africane. (Si veda anche la notizia sui “nuovi medici” in Mozambico, a pagina 6 di questo numero). La dott.ssa Donata è partita da Cremona non perché non apprezzasse la modernità, ma per un’esigenza di giustizia: “Voglio porre in qualche modo anche solo un piccolo rimedio a certe disuguaglianze”. In Mozambico, il 70% della popolazione vive in assoluta povertà; solo il 57% ha accesso all’acqua potabile e l’aspettativa di vita non supera i 42 anni. Per non lasciare sola Donata, alcuni suoi colleghi, che hanno lavorato in Africa, hanno pensato di creare una sezione locale di “Medici per l’Africa - Cuamm”. Perché, come dice un proverbio africano, “la strada attraverso la foresta è lunga, solo se non ami la persona che stai andando a trovare”. 2007 OTTOBRE DESIO 20033 DESIO MI - Via Don Milani, 2 Tel. 0362 630591 - Fax 0362 301980 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00358200 I vostri volti, in prima fila! Il saluto agli amici di Milano e Brianza aver studiato a Parma D opo e a Roma, per sei anni sono stato nella comunità saveriana di Ancona. Ho lavorato nell’animazione missionaria e vocazionale, seguendo vari gruppi di giovani. Sono stato anche formatore dei novizi saveriani. Da settembre sono a Parigi per studiare il francese e poi partirò per la missione in Camerun - Ciad. Prima però, attraverso “Missionari Saveriani”, voglio salutare tutti gli amici di Milano e della Brianza. Una gioia da condividere Da quando ho iniziato a vivere con i saveriani, ho sempre pensato che essere missionario significasse questo: aver incontrato qualcosa di così bello, da non poterlo tenere solo per me. Sono convinto che quando qualcosa ti p. MARIO UGHETTO, sx piace veramente, non puoi la missione anche come gustarla appieno se non la un’ulteriore opportunità: condividi con gli altri. scoprire il Cristo che ho L’incontro speciale che incontrato nella Parola in ho fatto già molti anni fa, tutte le piccole cose che e che si rinnova ogni Dio mi metterà davangiorno, è quello con ti. Perciò credo che Gesù e con la sua la missione sia anParola. Quella che la capacità di Parola mi ha stupirmi davanti preso, mi ha ai grandi doni a ff a s c i n a t o , che solo Dio sa mi ha camfare, a me e a biato dentro. tutti coloro che Dunque, se egli ama. oggi penso alla missione, penTanti volti, so a una grande tante storie occasione per conQuesti sei anni di dividere la gioia di impegno missionaquesta Parola. rio ad Ancona sono Oggi, pe- Padre Mario Ughetto è a Parigi per stu- stati intensi, rò, immagino diare il francese; poi andrà in Camerun belli e spesso Così raccontano l'Africa! Otto giovani brianzoli ci sono andati aver preparato il viagD opo gio durante tutto un anno, in otto vengono da Desio per incontrare l’Africa per qualche giorno, dal 5 al 27 agosto 2007. Osano mettere il piede in Congo, quando l’insicurezza è di casa. Passano una settimana a Bukavu e così fanno conoscenza della storia e della realtà del Paese, ascoltando l’esperienza di alcuni missionari, visitando realtà e quartieri di una città che esce dalla guerra, confrontandosi con gli studenti universitari. Per quindici giorni, poi, vivono la missione nella parrocchia di Luvungi: con fratel Lucio Gregato, missionario trevigiano, partecipano alla costruzione dell’acquedotto; con padre Gianni Pedrotti, missionario bresciano, visitano i villaggi; con suor Elisa dialogano con i giovani; con suor Mercedes curano gli ammalati... 8 Hanno molto da raccontare. Ma ci riusciranno? Ecco cosa hanno scritto a Luvungi, il 25 agosto, prima di tornare a casa. È difficile, ma lo faremo! Quando pensiamo al nostro rientro in Italia, sentiamo che questo viaggio è un viaggio difficile da raccontare. Perché difficile da raccontare è questa terra, piena di bambini e di giovani che ti accolgono con una festa e un calore straordinari, ma piena anche di militari allo sbando, di violenze e di malati senza cure. È difficile raccontare un villaggio che ogni anno viene colpito dalla guerra, dagli eccidi e dai saccheggi, e comunque non perde le sue mamme sorridenti e laboriose, la voglia di cantare, la dignità anche nella miseria. È difficile raccontare Bukavu, città riempita dalle guerre degli ultimi anni, dove ogni piccolo quartie- Tra i giovani brianzoli in Congo, spunta anche... p. Faustino Turco p. GIUSEPPE DOVIGO, sx re ha 100mila abitanti, con case di mattoni di fango, senza acqua, elettricità e fognature. È difficile raccontare la gioia della missione di Luvungi, che porta acqua pulita, scuole e un piccolo dispensario a persone che non hanno niente, di qualsiasi fede siano, cattolici, protestanti, musulmani. È difficile raccontare una donna che porta 60 chili di legna o sabbia per chilometri, per tornare a casa la sera e poter preparare qualcosa per i suoi bambini. È difficile raccontare un uomo che fa due ore di cammino per poter partecipare alla Messa del mattino. È difficile raccontare che una donna faccia dieci figli per poter sperare che almeno alcuni di loro abbiano la fortuna di diventare grandi. È difficile raccontare una bambina di 6 anni che, nella preghiera, chiede al Signore di “non morire piccola”. È difficile raccontare un’aula di scuola elementare senza porte né finestre, con 70 bambini che vogliono imparare. È difficile raccontare come si possa mangiare una volta al giorno prima di andare a dormire e avere un sorriso, una risata, una danza per ogni occasione in cui si possa incontrare, accogliere, festeggiare. Tutto questo è difficile da raccontare. Ma certamente una delle cose che abbiamo e vogliamo fare, tornati in Italia, è raccontarlo! ■ Chiara, Daria, Oriana, Roberta, Rosetta, Riccardo, Roberto P e Roberto F faticosi. Non credo, in realtà, di aver fatto molto. Certo, ho fatto “tante cose”, ma non ho fatto “molto”. Fortunatamente, malgrado tanti impegni e tanti viaggi, non ho perso il gusto e la gioia di incontrare le persone, di voler loro bene, di gustare ciò che ciascuno aveva da donarmi. Porto con me i volti di tante persone, la loro amicizia e il loro impegno, le gioie e i dolori. A tutte e tutti dico “grazie”, per ciò che sono stati per me e anche per ciò che mi hanno concesso di donare loro. Tra questi volti ci sono, in prima linea, coloro con i quali ho condiviso più strettamente la vita di questi anni: i confratelli saveriani della comunità del noviziato e i tanti giovani novizi passati in questi anni nella nostra comunità: con loro abbiamo vissuto momenti belli, siamo cresciuti insieme. Mi aspetto che... Voglio farvi una confidenza. Sinceramente, il mio grande desiderio era quello di andare in missione in Asia. Mi sono sempre immaginato là, e ora faccio un po’ di fatica a pensarmi missionario in Africa. Anche per questo motivo, non ho attese particolari dalla missione. Credo comunque che questi anni in Italia mi siano serviti per essere un po’ meno sognatore e un po’ più realista riguardo al- la missione. Non mi immagino una missione senza problemi; ma mi attendo una vita semplice e so che dovrò misurarmi con i limiti miei e con quelli dei miei fratelli. Ma se devo dirla tutta, una grande attesa ce l’ho. Quella di trovarmi finalmente davanti a ciò a cui da tanti anni mi sento chiamato: la possibilità di scoprire un volto di Dio che non ho ancora incontrato, e che mi apparirà nei volti dei fratelli africani. E se qualcuno sentisse... Sono tante le persone conosciute in questi anni e forse ciascuna avrebbe bisogno del suo augurio personale! Vorrei poterlo fare, ma credo che non mi basterà il tempo. Mi rivolgo soprattutto alle persone con le quali ho condiviso un pezzo di cammino, che mi sono state amiche e che mi hanno sopportato. Auguro di cuore, a voi e a me stesso, che il cammino fatto insieme possa continuare, anche a distanza di chilometri, per portare sulle strade del mondo il Cristo che abbiamo scoperto e seguito insieme. E se qualcuno sentisse una voce dentro, che lo chiama a condividere con me la stessa chiamata alla missione, mi raccomando, non si tiri indietro. Io vi aspetto! ■ “HO ACCOLTO L'INVITO DI P. NAVA” p. GIOVANNI GARGANO, sx Rocky David Gomes, un saveriano bengalese adottato dalla comunità di Macherio, è stato ordinato prete in Bangladesh, il 20 luglio scorso. Attorno a lui, la famiglia tra cui due sorelle della congregazione di madre Teresa - noi saveriani e tanta gente, che ha partecipato con gioia e serietà. Durante la sua “prima Messa”, ha fatto l’omelia p. Giacomo Gobbi, che era stato suo “maestro” nell’anno di noviziato, aiutandolo a discernere la sua vocazione e a conoscere meglio la famiglia saveriana. Era presente, in spirito, anche il compianto p. Rinaldo Nava, saveriano di Macherio, che lo aveva seguito nel suo cammino spirituale e gli aveva suggerito di essere missionario in Africa. La comunità di Macherio ha inviato a p. Rocky un bel saluto ed augurio: “L’esempio di fedeltà a Gesù e al vangelo di p. Rinaldo Nava, e la sua dedizione alla missione hanno sicuramente lasciato tracce profonde in chi lo ha incontrato; molti semi da lui gettati sono destinati a dare frutto. Proprio così ci piace immaginare questo novello sacerdote… come il germoglio tenero di un grande albero che ha le sue radici profonde nella fede e nell’amore per Gesù. Le stesse radici di tanti fratelli saveriani che, come il nostro p. Rinaldo, hanno fatto della loro vita un dono d’amore per i più piccoli”. Ha detto p. Rocky: “Padre Rinaldo mi incoraggiava a essere annunciatore della parola e dell’amore di Dio. Sono contento di essere missionario, proprio per questo. Vi chiedo di pregare per me perché io possa annunciare con umiltà la sua Parola ed essere suo testimone nel servizio gratuito agli altri”. Padre Rocky è già partito per la missione in Ciad. Tanti auguri, e padre Rinaldo sia con te! 2007 OTTOBRE FRIULI 33100 UDINE UD - Via Monte S. Michele, 70 Tel. 0432 471818 - Fax 0432 44185 E-mail: [email protected] - C/c. postale 210336 La chiesa locale per il mondo I “fidei donum” del Friuli / 1 “è importante vedere di persona” Don Elia è di Pasian di Prato e vive in Africa dal 1975. ero in seminario, Q uando due miei compagni si tro- vavano in Burundi e durante un breve rientro in Italia, nel 1974, mi avevano lanciato la proposta di andare a trovarli. Ho accettato l’invito e sono stato da loro per 40 giorni. Ho visto la situazione di povertà della gente e anche dei preti. Tornato in Italia, sono andato dal vescovo mons. Alfredo Battisti e gli ho manifestato il mio desiderio. Lui abbracciandomi mi ha detto: “È lo Spirito Santo che ti ha messo nel cuore questo desiderio”. Mi sono preparato un po’ e sono partito per il Burundi nel 1975, dove sono rimasto quattro anni fino all’espulsione dei missionari da parte del presidente Bagaza. Dopo un anno, don ELIA LEITA nel 1980, si sono aperte le porte del Congo. le cose sono andate un po’ meglio. A Fizi, una grande A fianco missione, ho dei saveriani lavorato con Le difficoltà non soquattro preti, no mancate: la guerra, tre dei quali e prima ancora erano savela lingua. Il riani. Con i kirundi è saveriani mi una lingua sono sempre molto dura. trovato bene, Dopo tre ho vissuto con mesi ero loro per tanin grado ti anni. Non di leggere finirò mai di qualcosa e ringraziarli. quindi, di Con p. poter ceGiampaolo lebrare la Codutti abMessa. Poi, biamo vissuto quando sono momenti belli passato in Cone speciali. Rigo, con lo cordo che una Don Elia Leita alla radio si mette in contatto s w u a i l i , con i confratelli nella diocesi di Uvira, in Congo volta, tornan- I “fidei donum” del Friuli / 2 “Una missione gratificante per tutti” Don Pietro è originario di Lavariano e lavora in Brasile come “fidei donum”. E rano gli anni del concilio Vaticano II. I vescovi dell’America latina frequentavano i seminari italiani facendo appello per un servizio temporaneo nelle loro chiese, povere di clero. C’era bisogno di un’azione pastorale di liberazione da tante ingiustizie e di solidarietà reale con i poveri del mondo. Era un progetto che rispondeva ai miei ideali e a quelli di tanti giovani religiosi, preti e laici di quel tempo. I vescovi d’Italia, accogliendo con sensibilità l’appello di quelle chiese, davano la possibilità a tanti di prepa- 8 rarsi, organizzarsi e partire, sempre sostenuti dalle diocesi di origine. Anch’io, dopo alcuni anni di servizio a Udine, sono partito per il Brasile, aggiungendomi ad altri sacerdoti diocesani che già si trovavano in quella nazione. Un bel lavoro di squadra Dopo tanti anni vissuti con il popolo brasiliano, mi sento parte della sua storia. Inserirsi in un contesto ecclesiale diverso e in un ambito socio-culturale nuovo è sempre una sfida per un sacerdote “fidei donum”. Dura tutta una vita, perché non si ama mai abbastanza. Qui mi sento bene e realizzato in tutti i sensi. Vivo e lavoro nello stato del Cearà, nel mondo contadino, dove ospitali- Don Pietro Del Fabbro dopo la celebrazione di un battesimo nella sua parrocchia di Quiterianòpolis, nella diocesi di Crateùs in Brasile don PIETRO DEL FABBRO tà e accoglienza, rispetto e riconoscenza, solidarietà e religiosità sono valori ancora presenti. La diocesi di Crateùs è in una regione molto povera del nordest brasiliano. Con la figura profetica di mons. Antonio Fragoso, ha preso la strada della pratica liberatrice, aiutando la gente a diventare cosciente dei suoi diritti e della sua dignità. I laici, attraverso le comunità di base rurali e urbane, svolgono un servizio ecclesiale con grande senso di responsabilità. Le assemblee parrocchiali e diocesane sono sempre composte da laici, sacerdoti, religiosi e vescovo, in un unico progetto di pastorale. Chiesa a servizio della vita Una forte e costante tensione missionaria porta la chiesa locale a scoprire le necessità prioritarie e a tentare l’incontro diretto, propositivo e fraterno. La liturgia, che celebra la fede e la Parola di Dio, è sempre vivace e ispiratrice di risposte alle situazioni concrete. Infine l’azione pastorale si riassume nel suo obiettivo generale: “essere chiesa a servizio della vita, segno e annuncio del Regno, a partire dalla realtà degli esclusi”. Servire il regno di Dio è un privilegio. Scoprire la sua bellezza, nascosta negli uomini e donne di oggi, e aiutarli a portarlo sempre di più alla luce, è una missione gratificante per tutti. ■ Sono trascorsi 50 anni da quando Pio XII ha scritto l’enciclica “Fidei donum”. Il documento conteneva una proposta eccezionale e nuova nel campo dell’impegno missionario. Fino ad allora, infatti, la missione “alle genti” era un’opera generosa di alcuni “specialisti” - i missionari e le missionarie appartenenti a vari ordini e istituti - sotto la guida del Papa e della Congregazione di Propaganda Fide. Pio XII rompe questo schema e formula una concezione più ricca di missione, raccogliendo un’esigenza che era andata maturando nella chiesa. Il Papa fa presente che tutti i vescovi sono responsabili, con il successore di Pietro, della missione della chiesa che “deve abbracciare tutte le nazioni e tutti i tempi” (Fidei donum, 15). Ogni chiesa locale è per il mondo, e anche ogni sacerdote è ordinato per il mondo. L’arcidiocesi di Udine ha risposto all’appello del Papa: quasi una ventina di sacerdoti sono partiti per aiutare le chiese di Argentina, Brasile, Burundi, Congo e Papua Nuova Guinea. Ultimamente, insieme ai sacerdoti, anche alcuni laici hanno cominciato a impegnarsi donando alcuni anni della loro vita ai fratelli più bisognosi. Al momento attuale, sono in missione tre “fidei donum”. Due di loro ci hanno raccontato la loro esperienza missionaria. Li ringraziamo. p. Domenico Meneguzzi, sx do dalla visita alle comunità nella foresta, dovevamo attraversare un ponte mal messo. Lui scende dalla macchina per guidarmi, ma quando sono già a metà del ponte, visto il pericolo, Giampaolo si mette le mani tra i capelli, si gira e se ne va. Non so come, ma sono riuscito ad arrivare dall’altra parte del ponte sano e salvo! Vedere per credere Per vivere meglio la dimensione missionaria della nostra vocazione cristiana, l’ideale è fare uno “scambio di persone”. È importante vedere come stanno le cose, come si vive in missione. Per il 25.mo di sacerdozio, ho invitato i miei compagni da me, in Congo. Non è venuto nessuno. Allora ho detto loro: visto che non avete accettato, mi date l’equivalente dei biglietti aerei per comprarmi una Landrover. Lo hanno fatto, e sono stati di parola. L’ideale è andare a vedere: le foto vanno bene, ma non bastano. Non ho nessuna difficoltà a fare questa proposta a un prete: quest’anno invece degli esercizi spirituali, va’ a fare una visita a qualche missionario; ti farà bene! ■ PRETI da 40 anni p. D. MENEGUZZI, sx Quarant’anni fa, il 15 ottobre 1967, venivano ordinati a Parma 32 sacerdoti saveriani. Vescovo consacrante era il compianto mons. Gianni Gazza, allora superiore generale dei Missionari Saveriani. Di quei 32 neo sacerdoti, ben cinque eravamo “friulani” e tutti siamo passati dalla comunità di Udine. Eccoli: P. Carlo Primosig (ora in Italia), p. Riccardo Nardo (ora in Congo), p. Rodolfo Ciroi (ora in Indonesia), p. Domenico Meneguzzi (ora in Italia) e p. Gianfranco Cruder, che ci ha lasciato per andare a vivere nella gloria di Dio Padre. Era il più vivace e simpatico. Un brutto incidente sulle strade dell’Indonesia, in sella alla sua amata motocicletta, ha posto fine alla sua vita. Alla fine di agosto, ben undici saveriani di quella classe, in Italia per il loro ministero pastorale o per un periodo di vacanza, ci siamo ritrovati a Parma per celebrare questa gioiosa ricorrenza. Abbiamo celebrato la santa Eucarestia pochi chilometri fuori Parma, nel santuario mariano di Fontanellato, caro al nostro fondatore beato Conforti. A noi si è unito il carissimo p. Amato Dagnino, allora rettore della comunità degli studenti di teologia, che ci ha trasmesso una sua riflessione toccante e sobria. Un’agape fraterna, con scambio di ricordi e di tante altre cose belle, ha concluso il nostro fraterno incontro. I saveriani che hanno festeggiato i 40 anni di Messa. Da sinistra: Coruzzi, Casonato, Primosig, Leoni, Ciroi, Pettenuzzo, Meneguzzi, Celli, Milani V, De Vidi, Pennino (seduto) 2007 OTTOBRE MACOMER 08015 MACOMER NU - Via Toscana, 9 Tel. 0785 70120 - Fax 0785 70706 E-mail: [email protected] - C/c. postale 207084 Così ricordiamo p. Virgilio Mirto Nel 60° anniversario della sua morte parlando, di U manamente padre Virgilio Mirto, dei giuseppini di Asti, si potrebbe dire che è un eroe senza medaglia o un santo sconosciuto senza l’onore degli altari. Ma per fede, dobbiamo ripetere le parole di Gesù, quando ha incontrato i discepoli tornati dalla missione per annunciare il regno di Dio: “Rallegratevi, perché i vostri nomi sono scritti nei cieli!”. Guasila: la missione continua Questo pensiero è valido per ogni missionario che muore nel compiere la sua missione eroicamente, come p. Virgilio Mirto il 15 luglio del 1947, nel tentativo di salvare alcuni ragazzi dai flutti del mare, attorno a uno scoglio di Orrì, o silenziosamente come p. Ivaldo Casula in un letto dell’ospedale a Makeni, colpito dalle malattie dei poveri della Sier- ra Leone. Questi due missionari di Guasila sono stati uniti dal paese di nascita e dallo spirito missionario per annunciare il regno di Dio. Per un disegno della provvidenza, la tragica morte di p. Mirto, che a Padre Virgilio Mirto p. DINO MARCONI, sx Tortolì aveva fondato il “seminario sardo per le missioni estere”, offrì la possibilità di aprire la prima casa apostolica in Sardegna dei missionari saveriani di Parma (1° settembre del 1947). Possiamo dire che il desiderio di un seminario missionario in Sardegna è stato portato avanti dai missionari saveriani prima a Tortolì, poi a Macomer e a Cagliari. Padre Luigi Caria, che era a Tortolì tra i primi alunni del seminario sardo per le missioni estere, è diventato testimone della morte dei suoi due concittadini, dei quali ha condiviso lo spirito missionario e la missione: p. Virgilio Mirto a Orrì e p. Ivaldo Casula in Sierra Leone. Per dare vita... si muore Padre Virgilio e padre Ivaldo sono solo due testimoni del vangelo di cui conosciamo il volto e il luogo della testimonianza. Due belle iniziative missionarie Gesti di solidarietà a Guasila e Macomer F abio Matteo di Guasila ha condiviso il giorno della sua Cresima con gli amici di p. Luigi Caria e dello zio p. Ivaldo Casula, in Sierra Leone, offrendo loro l’equivalente della spesa per le bomboniere. Ha ringraziato i familiari per aver contribuito a rendere importante questo giorno. Seguiamo il suo esempio per rendere i nostri avvenimenti religiosi delle belle feste missionarie. Fabio Matteo ha detto: “La mia bomboniera non è un oggetto; è un sorriso di quel bambino povero che avrà la possibilità di un futuro migliore”. Una bomboniera speciale Il suo gesto ci dice che l’anno catechistico in preparazio- 8 ne alla prima Comunione e alla Cresima può essere un’occasione per educare i ragazzi allo spirito missionario della carità universale. L’evangelista Giovanni ce lo ricorda nel miracolo della condivisione dei cinque pani e due pesci, che Gesù ha accolto per sfamare la folla. “C’è qui un ragazzo con cinque pani e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente? Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì. E tutti mangiarono”. L’offerta di Fabio Matteo può essere una proposta di catechesi all’amore. Costa solo un po’ di impegno a favore degli altri che sono nel bisogno, con lo spirito della condivisione e dell’aiuto fraterno. Il catechismo è un mo- Padre Ivaldo Casula (a sinistra) e p. Luigi Caria, saveriani di Guasila; a loro Fabio Matteo ha dedicato le bomboniere della sua Cresima p. DINO MARCONI, sx mento di educazione alla fede e allo spirito missionario, per rispondere alla vocazione dei cristiani nel mondo. Le figurine dei baby calciatori I ragazzi tesserati con le società sportive di Macomer hanno fatto un album di figurine dei baby calciatori con i responsabili dei gruppi sportivi. Il ricavato dalla vendita dell’album “Chi ama il tuo sport” è offerto ai missionari saveriani del Congo, perché più bambini abbiano la possibilità di svolgere un’attività sportiva e di vivere momenti di amicizia, in un paese rovinato da dieci anni di guerra. Il signor Muggianu del gruppo sportivo “pizzinnos” ci conferma con soddisfazione che l’iniziativa ha avuto successo. L’album dei baby calciatori è stato richiesto da molte persone per vedere qualche immagine di gloria dei giovani sportivi, in preparazione al campionato della vita. Lo sport diventa veramente un momento di educazione alla solidarietà e alla socializzazione dei ragazzi, perché si sentano fratelli di tutti e concittadini del mondo. L’iniziativa è interessante per creare un agonismo pacifico negli stadi e nei campi sportivi, teatro a volte di violenza giovanile da parte di tifosi facinorosi. ■ Un folto gruppo di “apostolini” e formatori saveriani a Macomer nel 1958 Ma rappresentano il bene nascosto che nella storia, attraverso la forza di Dio, si sta realizzando mediante il dono totale della vita da parte di tante persone. Nel santuario del beato Guido Conforti, a Parma, accanto all’altare e alla tomba del fondatore dei saveriani, è custodita la “croce dei martiri della storia”. Ricorda a tutti i missionari la raccomandazione del Conforti: “Da Lui, che ha versato sino all’ultima stilla il suo sangue per riscattare l’umanità, imparate a sacrificarvi per i vostri fratelli”. Gesù è il buon Samaritano che offre la vita per i fratelli e si prende cura di tutti, per dare loro la speranza di risorgere. Nei tanti “crocifissi della storia” vediamo realizzate le parole di Gesù: “Se il chicco di grano, caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”. Non c’è altra strada: per dare vita agli altri, occorre donare la propria vita. In ogni esistenza, c’è un calvario e una croce; c’è un sepolcro che, da luogo di morte, si trasforma in culla di vita nuova, se il seme gettato in terra accetta di morire e rinascere. Ma ne vale la pena! Cadere in terra e morire non è solo la via per portare frutto, ma anche per “salvare la propria vita”, cioè per continuare a vivere! “Cosa serve all’uomo guadagnare tutto il mondo se perde la vita?” - il giovane Francesco Saverio si è convertito con queste parole del vangelo, che Ignazio di Loyola gli ripeteva. Il grande missionario dell’Asia non ha perso la vita, seguendo le illusioni del suo tempo; ha guadagnato la vita facendo conoscere il Signore della vita a tanti popoli. Oggi tanti modi di vivere ci fanno sprecare la vita per cose senza senso, in avventure ed evasioni, in illusioni che portano a nulla. Ma noi abbiamo la possibilità di scegliere. Possiamo decidere di vivere la vita con Cristo, per riempirla di significato e di gioia. Per questo, nel 60° anniversario della morte di p. Virgilio Mirto, ricordiamo le parole di Gesù: “Rallegratevi, perché i vostri nomi sono scritti nei cieli!”. ■ OTTO DIES A SAS ANIMAS Il ricordo dei defunti, per noi cristiani, non è solo nostalgia dei nostri cari, ma speranza di partecipare alla resurrezione di Gesù, e preghiera in comunione con i santi. Nell’Eucaristia, celebrazione del mistero della morte e resurrezione di Gesù, noi diventiamo più consapevoli del senso ultimo della nostra vita. I missionari saveriani, celebrano questa speranza nella liturgia euca ristica, in comunione con i defunti, attraverso la pratica degli “Otto dies a sas Animas”, nel salone della loro casa, in via Sulcis 1 - Cagliari da mercoledì 21 a mercoledì 28 novembre 2007 alle ore 19 Chi desidera unirsi alla nostra preghiera per i propri cari defunti, può farci conoscere i loro nomi attraverso: - una lettera, via posta - consegnando le intenzioni di preghiera alla delegata missionaria - il nostro C/cp n. 207084, accluso nel giornale 2007 OTTOBRE MARCHE 60129 ANCONA AN - Via del Castellano, 40 Tel. 071 895368 - Fax 071 2812639 E-mail: [email protected] - C/c. postale 330605 SAVERIANI MARCHE Amazzonia, ritorno alle origini “Anche qui la gente ci vuole bene" R ingrazio la comunità saveriana di Ancona che mi offre l’opportunità di scrivere sulla pagina delle Marche. È un’occasione per salutare tutti gli amici incontrati durante questi ultimi anni trascorsi in quella bella regione e per ringraziarli della loro amicizia verso le nostre missioni e verso la comunità saveriana di Ancona. Bellezze naturali e interessi internazionali L’arrivo in Amazzonia nel giugno del 2006 è stato per me un ritorno al “primo amore”. Infatti, ero già stato qui nel lontano 1972. Poi mi è stato chiesto di lavorare nel Brasile del sud e là sono rimasto fino al 1995. Tornato a Belém, capitale dello sta- to del Pará, sono stato incaricato di fare il rettore della casa regionale dei saveriani, rinunciando così al lavoro pastorale diretto. Qui fa un gran caldo tutto l’anno e ho nostalgia della fresca tramontana di Ancona! Sull’Amazzonia ho alcune idee personali che, a mio avviso, hanno un fondamento di verità. Dio ha creato questi posti bellissimi per le piante, i pesci, gli animali e per gli indio, che sono sempre vissuti in questo paradiso praticando gli “sport” della caccia e della pesca... Poi sono arrivati i bianchi con la loro sete di ricchezza. Avanzano, bruciano e disboscano, portando via solo il legname di maggior valore commerciale. Così la terra disponi- p. RAFFAELE BARTOLETTI, sx bile è sempre di meno. Le compagnie minerarie cercano sotto terra, buttano per aria e, quando il minerale finisce, neppure si preoccupano di chiudere le buche! È positivo, però, che anche la stampa nazionale denunci questi abusi, chiedendo per l’Amazzonia un progresso “ecosostenibile”. Siamo pochi e molto ricercati Il mio lavoro di pastorale diretta è limitato, però collaboro con i confratelli che “in lontane contrade spargono sudori”. Molti lavorano fino a 26 ore di corriera da Belém. I saveriani arrivano alla nostra casa per qualche giorno di riposo o, i più anziani, per qualche ritocco alla ...carroz- SPAZIO GIOVANI Missione è aprirsi all'altro Laici saveriani delle Marche in Congo a Goma il priA rriviamo mo agosto, insieme a Lui- gi e Fatma, due amici del gruppo “Giovani in missione”. Quest’anno infatti, noi laici saveriani abbiamo affiancato p. Mario Ughetto nel cammino di questo nuovo gruppo. Un percorso di formazione sui temi e la spiritualità della missione che si conclude con un’esperienza estiva di un mese. Sono sei i giovani che decidono di partire e proponiamo come meta proprio la missione dei laici saveriani a Goma, dove vivono da quattro anni gli amici Paolo, Giovanna e Angela. Goma, città senza pace Goma ci accoglie con una lunga strada dritta, polverosa, piena di buche, nera come la pece, attorniata da baracche e negozietti 8 fatiscenti su viuzze di pietra lavica. Nel 2002 il vulcano Nyaragongo, che sovrasta imponente la città, l’ha sepolta in gran parte sotto i suoi fiumi di lava. Ai lati della strada principale, popolata di biciclette e jeep barcollanti, c’è un intero popolo: tanta gente va avanti e indietro in un eterno camminare. È un popolo povero, ma colorito e pieno di vita. “È un popolo in cammino, che sta ancora cercando la terra promessa”, ci spiega p. Antonio Belardelli. È un impatto molto forte quello con l’Africa, che va al di là di ciò che potevamo immaginare, ma che riconosciamo subito come “una grazia”. Goma, città del Congo al confine con il Ruanda, è tristemente famosa per i tanti profughi di etnia hutu che nel 1994 vi si sono rifugiati, per scampare alle rap- Fabrizio a Goma tiene per mano due bambini, sotto lo sguardo vigile delle mamme zeria e agli impianti. A Belém, metropoli di circa due milioni di abitanti, c’è un buon gruppo di diaconi e ministri dell’Eucaristia; ma i sacerdoti sono sempre troppo pochi e “ricercati”. Un venerdì pomeriggio due donne hanno bussato alla porta della nostra casa, supplicando perché un sacerdote andasse nella loro comunità a celebrare la Messa per un loro parente deceduto. Ho pensato: “Vado e torno!”. Poi ho chiesto dove si trovasse la loro comunità. Mi hanno risposto: “Padre, se parte questa sera con il battello e viaggia tutta la notte, arriverà in tempo perché il funerale è fissato per domani pomeriggio”. A questo punto ho fatto capire che proprio non potevo. Hanno avuto molta comprensione e non si sono offese. Credo che si siano rassegnate a fare il funerale ...senza il prete! BEATRICE e FABRIZIO presaglie dei tutsi ruandesi. È da sempre una zona molto contesa, perché ricca di oro, diamanti e coltan (il minerale dei nostri telefonini!). Per questo le multinazionali straniere hanno sempre avuto interesse a creare instabilità politica in tutta la zona. Nel nord Kivu c’è guerra da oltre 10 anni! I nostri primi maestri La povertà è estrema: la gente non ha niente e, pur volendo, si trovano poche cose da acquistare. Le case sono essenzialmente baracche, senza acqua né luce; i vestiti in vendita sono abiti usati provenienti dall’Europa. Ma, fin dal primo giorno, ogni volta che usciamo, frotte di bambini in festa ci vengono incontro: sembra che ci aspettino. Ci chiamano, ci prendono in giro, ci accarezzano. Chiedono di tutto e ci costringono a metterci in gioco subito. Sono i nostri maestri: ci fanno capire che la missione è prima di tutto aprire l’animo e desiderare di incontrare l’altro, come un fratello e con tutto il cuore. Davanti a questi bambini meravigliosi, gli occhi si riempiono di lacrime osservando i vestiti stracciati, i piedi nudi, le guance gonfie e malate. Testimoniano, in modo spietato, la miseria prodotta da tanti anni di guerre e di sfruttamento. ■ (continua nel riquadro) La piaga della violenza A volte vado ad aiutare i missionari che lavorano vicino a Belém e Abaetetuba. Nella periferia di Belém abbiamo due popolose parrocchie, in zone diffi- Padre Raffaele Bartoletti sul fiume Amazonas; sullo sfondo la città di Belém cili a causa della povertà e della violenza. Nella stessa periferia ho avuto modo di ammirare anche lo zelo delle missionarie saveriane. Qualche mese fa sono stato a trovarle. Una di loro mi ha chiesto se avevo dei rosari. “Che bello ho detto - li regali?”. Di fatto li regalava, ma in situazioni drammatiche! Quando qualche poveretto restava ucciso, lei andava a pregare per il morto e gli metteva un rosario tra le dita. Da gennaio a maggio ne aveva già distribuiti 24! Ma la violenza esiste in tutte le grandi città del mondo, quando l’aumento della popolazione è così massiccio che diventa impossibile da controllare. È bello stare in mezzo a questa gente: è allegra, simpatica e ci vuole un gran bene. È anche molto religiosa e ricca di fede. Anche la nostra fede e la nostra vocazione ne risultano arricchite. ■ LA FORZA PRODIGIOSA DEL VANGELO BEATRICE e FABRIZIO Abbiamo visitato tante associazioni e comunità che lavorano a Goma: sono vere oasi di paradiso, che lottano tenacemente tra mille difficoltà. Ma sono soprattutto i bambini che ci regalano la loro energia incontenibile: sono lo specchio trasparente della grande fortezza vitale di questa gente, nonostante la durezza della vita. Ci appare chiaramente la forza straordinaria e prodigiosa del vangelo! Le nostre chiese, a volte troppo stanche, avrebbero bisogno di imparare dalle giovani chiese missionarie! Anche la vitalità delle parrocchie è stata per noi un dono sorprendente. Nella missione di Ndosho, preti, laici e suore vivono in stretta unità e collaborazione: un’esperienza esemplare e ricca di frutti. I parrocchiani ci accolgono con tutti gli onori. Anche la gente dei villaggi più lontani, meno abituata alle visite dei bianchi, è felice di darci la mano e salutarci. I missionari ci raccontano la fede straordinaria di questa gente, che si affida a Dio con radicalità e purezza. È una fede palpabile e contagiosa. La riconosciamo anche nei tamburi e nei canti di gioia, che esplodono in tutti i momenti della giornata. Tutto ci richiama alla mente i nostri falsi problemi e le esigenze che noi spesso ci creiamo - pur avendo tutto il necessario e il superfluo! e che ci fanno vivere in eterna insoddisfazione, spingendoci su strade lontane dalla verità… “La missione è stata un dono speciale. Abbiamo ricevuto molto di più di quello che abbiamo lasciato”, ci dicevano Paolo e Giovanna. Anche per noi, nel nostro piccolo, è stato così. Ora la sfida è rinnovare il nostro modo di vivere, perché anche qui abbiamo una missione da compiere. Beatrice, unico “viso pallido”, tra i bambini di Goma 2007 OTTOBRE PARMA 43100 PARMA PR - Viale S. Martino, 8 Tel. 0521 990011 - Fax 0521 990002 E-mail: [email protected] - C/c. postale 153437 Valore dell'amicizia missionaria Accanto ai saveriani giovani e anziani ottobre a giugno di ogni D aanno il Gams - Gruppo amici missionari saveriani - si trova il primo giovedì del mese, nel santuario del beato Guido Conforti a Parma, per la santa Messa, celebrata dall’assistente spirituale p. Ulisse Zanoletti. Vi partecipano anche numerosi saveriani della casa madre, i gio- vani studenti di teologia e i missionari che si trovano a Parma di passaggio, rientrati dai paesi di missione. La preghiera comune come i momenti di festa insieme sono occasioni per crescere nell’amicizia, per approfondire la conoscenza della spiritualità confortiana e per condividere tanti EMILIA BONFANTI momenti importanti della vita del Gams e della comunità dei missionari saveriani. Ricordo di Maria Teresa Tanzi Il 2 ottobre 2006, ha improvvisamente raggiunto la casa del Padre celeste Maria Teresa Tanzi, per anni attiva e benemerita presidente del Gruppo. L’abbia- Amici e amiche dei missionari saveriani di Parma - GAMS - con la presidente sig.ra Emilia Bonfanti, al santuario della Madonna delle Grazie di Ardesio, accompagnati da p. Ermanno e p. Ulisse Preti da quarant'anni A Fontanellato, con p. Dagnino fa, il 15 ottoQ uarant’anni bre 1967, venivano ordina- ti a Parma 32 sacerdoti saveriani. Vescovo consacrante era il compianto mons. Gianni Gazza, allora superiore generale dei Missionari Saveriani. Alla fine di agosto, undici padri saveriani di quella classe, in Italia per il loro ministero pastorale o per un periodo di vacanza, si sono ritrovati a Parma per celebrare questa gioiosa ricorrenza. Con loro, anche p. Pettenuzzo, p. Vasco Milani e il parmense p. Giancarlo Coruzzi, missionario in Brasile e in Mozambico e ora a Parma per cure (primo a sinistra). Hanno celebrato la santa Eucarestia nel santuario mariano di Fontanellato, caro al nostro fondatore beato Conforti. A loro si è unito il carissimo padre Amato Dagnino, allora rettore della comunità degli studenti di teologia, che ha trasmesso una sua riflessione toccante e sobria. Un’agape fraterna, con scambio di ricordi e di tante altre cose belle, ha concluso questo fraterno incontro. ■ A destra, padre Amato Dagnino ha parlato ai suoi... alunni quarantenni. Sotto, gli 11 saveriani che hanno celebrato a Fontanellato (PR) il loro 40° di ordinazione sacerdotale (da sinistra): ICoruzzi, Casonato, Primosig, Leoni, Ciroi, Pettenuzzo, Meneguzzi, Celli, Milani V, De Vidi, Pennino (seduto) mo ricordata con una rosa bianca sull’altare, nella santa Messa del primo incontro dell’anno. Con lei abbiamo imparato a seguire i giovani studenti saveriani di teologia. È stata commovente la cerimonia in cui gli studenti di Parma e Ancona sono stati ammessi all’accolitato e al lettorato, i primi gradini del cammino verso il sacerdozio. In un successivo incontro, abbiamo ascoltato con interesse le esperienze dei saveriani in missione, attraverso la lettura delle loro lettere. Così le porte del santuario si sono aperte verso i Paesi dove i missionari lavorano e pregano. Cinque lampade votive con i colori dei cinque continenti sono state portate all’altare, insieme alle nostre offerte, piccolo ma prezioso aiuto al loro impegno per fare del mondo una famiglia tra i poveri e i lontani. Con i saveriani della casa madre Padre Domenico Milani, che quest’anno ha celebrato la “Messa di diamante”, nel giorno del suo anniversario ci ha donato la testimonianza di fedeltà di una vita tuttora attiva al servizio del vangelo e dell’umanità. Nella casa madre dei saveriani vivono vari missionari che, per malattia o per età, hanno dovuto lasciare ogni attività. In una commossa celebrazione con p. Emilio Baldin, rettore della comunità, abbiamo pregato con loro e per loro. La Provvidenza ha voluto che tornassero nella casa da dove erano partiti per la missione in terre lontane, per trascorrere questo periodo importante della loro vita terrena. Al santuario delle Grazie Alla fine del mese di maggio, con una gita pellegrinaggio ben organizzata, abbiamo raggiunto l’accogliente casa saveriana di Alzano Lombardo (Bergamo) e visitato le celebri sacrestie lignee della chiesa di San Martino, vero gioiello dell’arte lombarda. Poi siamo andati su per la Val Seriana Superiore fino ad Ardesio, paese natale di p. Zanoletti e di p. Camera. Nel santuario della Madonna delle Grazie, in quest’anno giubilare del 400° anniversario dell’apparizione della Vergine, abbiamo detto il nostro “grazie” a Maria e chiesto una particolare benedizione per tutti i saveriani e per gli amici e le amiche che li aiutano concretamente. Il pomeriggio sul lago d’Iseo ha concluso una bella giornata di grande amicizia. Saluti e... benvenuti! L’ultimo incontro di giugno ha coinciso con il saluto ai due diaconi, il camerunese Maurice Ndje Ndje e il messicano Martin Mejia, che hanno lasciato Parma, per ricevere l’ordinazione sacerdotale nelle loro terre d’origine e poi partire per le missioni. Noi del Gams li abbiamo festeggiati e li accompagneremo con la nostra amicizia, mentre ci prepariamo a conoscere i nuovi che arriveranno per studiare a Parma. A conclusione dell’attività del nuovo consiglio, prima della pausa estiva, abbiamo fatto una visita al camposanto di Collecchio per un saluto, una preghiera e un rinnovato “grazie” alla nostra compianta presidente Maria Teresa Tanzi. L’attività del Gams riprende il primo giovedì di ottobre, con rinnovato impegno e con la certezza di contare su nuovi amici e nuove amiche dei missionari saveriani. Chi desidera contattarci, si rivolga a padre Ulisse (tel. 0521 990011) oppure a Emilia Bonfanti (tel. 0521 282265). ■ IL CALENDARIO GAMS 2007-2008 Il GAMS - gruppo amici dei missionari saveriani - riprende le normali attività. Chi desidera unirsi, è benvenuto! Chi desidera informarsi, si rivolga a p. Ulisse (tel. 0521 990011) o a sig.ra Bonfanti (tel. 0521 282265). Ecco il calendario degli incontri per l’anno 2007-2008, presso i Missionari Saveriani, in viale S. Martino 8 - Parma. 2007 4 ottobre, ore 16 8 novembre, ore 15,30 29 novembre (Avvento), ore 15,30 13 dicembre (Messa del dono), ore 15,30 2008 8 10 gennaio, ore 15,30 31 gennaio, ore 15,30 7 febbraio (Quaresima), ore 15,30 6 marzo: ritiro di Pasqua, ore 10,30 e Messa alle 16 3 aprile, ore 16 8 maggio, ore 16 22 maggio: Verifica di fine anno, ore 16 29 maggio: gita annuale 5 giugno: chiusura dell'anno 2007 OTTOBRE PIACENZA 25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9 Tel. 030 3772780 - Fax 030 3772781 E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259 Così ricordo p. Roberto Beduschi Da Rivarolo Mantovano al grande Brasile P adre Roberto Beduschi è morto a Campinas, in Brasile, il 28 luglio scorso. Con lui, ho collaborato per molti anni. Eravamo confratelli. In Brasile si dice: “Quando nasce un bambino, le persone ridono e il bambino piange; quando muore un fedele, le persone sono tristi e il morto riceve da Dio la felicità”. Sono certo che p. Roberto è ora felice in Dio. Da seminarista a saveriano Figlio di Francesco e Maria Basani, Roberto era nato a Rivarolo Mantovano nel 1921. Gli piaceva il suo paese, tanto che diceva con enfasi: “Fu costruito dai Gonzaga a uguale distanza da tre città”. Una volta venne in visita il vescovo di Parma mons. Conforti. Il piccolo Roberto, chierichetto, fu incaricato di reggere la mitra. Forse grazie anche a quell’incontro, decise di entrare nel seminario di p. DANTE VOLPINI, sx Cremona, dove ha studiato fino re del giornale “Missionari Saveriani”, che portò da 4.500 a al liceo. Nel 1940 ha scelto di essere 45.000 copie. Nel 1960 divenne parroco del missionario saveriano. Dopo gli “Sacro Cuostudi di teore” a Parma, logia a Pardove rimama, durante se per dieci la guerra, fu anni. Erano ordinato sai tempi del cerdote inconcilio Vasieme ad alticano II e tri sette misdel rinnovasionari il samento liturbato sangico. Padre to 20 aprile Beduschi 1946, nelfu il primo la casa del tra i parroci vescovo. Fu di Parma ad formatore e attuare la riprofessore forma. Chienelle comuse il pernità di Vimesso al vecenza, Gruscovo, “gimone e Zelarino. Nel rò” l’altare 1951 divene cominciò Il sorriso di padre Roberto Beduschi, ne direttoa spiegare le in una foto recente La missione fino alla fine Ascoltato e benvoluto da tutti la beatificazione di D opo mons. Conforti, fui man- dato a Pirajù per fare animazione vocazionale. Così partecipai alla festa dei 50 anni di sacerdozio di p. Roberto. La stessa cosa fu ripetuta l’anno scorso, per il traguardo dei suoi 60 anni di Messa. Le sue parole di saggezza Ricordo l’esempio di obbedienza di p. Roberto, quando nel 1996 fu trasferito da Pirajù a Cantagalo, in una parrocchia con molte comunità disperse, alcune delle quali formate dai “senza terra”. Era certamente una sfida per un uomo di 75 anni. Ma lui lo considerò solo un lavoro molto... “missionario”. Non andava più solo; lo portavano in jeep. 8 p. D. VOLPINI, sx Ma era sempre pronto a evangelizzare. All’inizio del 2001 p. Roberto fu trasferito in un quartiere di Piracicaba, con 39mila abitanti. Due terzi delle persone erano cattolici, mentre un terzo apparteneva a una trentina di sette evangeliche. Già con 80 anni sulle spalle, ma sempre lucido, egli diffondeva messaggi di grande spiritualità. Ci alternavamo nelle Messe, nelle attività pastorali in parrocchia e nelle 16 comunità cristiane: lui, p. Beto (saveriano brasiliano) e io. Lo portavo con me alle riunioni del consiglio parrocchiale e ai raduni delle comunità. Alla fine della lectio, con la parola di Dio commentata e applicata alla vita reale, c’era sempre la sua riflessio- I quattro saveriani cremonesi, missionari in Brasile. Da sinistra: p. Leone Occhio, p. Gabriele Guarnieri, p. Claudio Marinoni e il compianto p. Roberto Beduschi ne, molto apprezzata da tutti. Conforti, il terzo patrono Nel 2005, p. Roberto fu trasferito a Hortolàndia, ed io lo portai là, a 60 chilometri di distanza, nella casa del noviziato dei saveriani, dov’è “maestro” il bergamasco p. Alfiero Ceresoli. Per due anni egli è stato per i novizi un modello di obbedienza e umiltà. Diceva: “San Francesco Saverio è patrono delle missioni per la sua grande attività missionaria; santa Teresina del Bambin Gesù lo è stata per le sue preghiere e sacrifici per i missionari; mons. Guido Conforti dovrebbe essere il terzo patrono delle missioni, per l’Unione missionaria del clero: sacerdoti che lavorano in un luogo e offrono tutto - preghiere e azione pastorale - per l’evangelizzazione del mondo intero”. La Messa funebre si è tenuta a Pirajù. La sua salma è stata portata nel cimitero, accompagnata da moltissima gente. Padre Roberto è stato sepolto vicino alla chiesa del cimitero, dove ogni primo lunedì del mese è celebrata la Messa. Il suo corpo risusciterà nell’ultimo giorno, ma l’anima è già nella casa del Padre e contempla il volto di Dio, nella gioia piena ed eterna. ■ parti della Messa. Ogni domenica molti studenti saveriani andavano al “Tempio” per ascoltare la sua omelia. Per tre anni fu maestro dei novizi a Nizza Monferrato: parlava con entusiasmo di Gesù, della chiesa, delle missioni e del fondatore Conforti. “Kosmos”, mensile missionario C’era bisogno di un maestro dei novizi anche in Brasile e lui desiderava andare in missione. A novembre del 1973 egli sbarcava in Brasile e, qualche mese dopo, era già maestro dei novizi a Centenario do Sul. Voleva che i novizi facessero apostolato nelle comunità ecclesiali di base della zona. Nel 1977 p. Roberto fu nominato rettore della teologia, ma restò pochi mesi. Preferì fare il parroco a Goioeré. Insieme a un altro missionario, preparava sussidi per le comunità di base che diffondevano il vangelo tra la gente. Così metteva in pratica il suo motto: “seminare, seminare, seminare”. Nel 1980 p. Beduschi fu chiamato a San Paolo per essere il redattore del mensile “Kosmos”, un giornale simile a “Missionari Saveriani”. Insieme a p. Adolfo Codini (scomparso il 23 luglio scorso) pensò di fare il giornale lavorando in una parrocchia di periferia. Il superiore dei saveriani pensò a una comunità con 5 missionari - tra cui io - e ne fissò i compiti. Padre Roberto era coordinatore della comunità, di- rettore di “Kosmos” e responsabile della pastorale nel quartiere popolare “José Bonifàcio”. Entusiasmo e allegria Nei giorni feriali lavorava per il giornale e ogni sera, più il sabato e la domenica, visitava le vie con le minuscole casette di 4 m x 4, o i caseggiati con 30 o 40 mini appartamenti. Formava gruppi di riflessione, comunità di preghiera, invitava la gente a Messa, evangelizzava le famiglie. Era pieno di entusiasmo e suscitava allegria: era famoso il suo “oh-là-là!”. Con la sua arte oratoria e la mimica, trascinava tutti nell’attività di evangelizzazione. Fu un lavoro straordinario, cominciato da zero e con poche persone, in ambienti provvisori. Fiorirono nuove comunità e parrocchie popolose e ben organizzate, con molti laici impegnati nelle attività pastorali. Oggi in quel luogo ci sono quattro parrocchie, ognuna con più di centomila abitanti. A metà del 1984 affidarono a p. Roberto la parrocchia di San Sebastiano in Piraju, dove rimase per dodici anni. Con p. Lao Pirola, organizzò le 11 comunità della cittadina e altre 8 comunità rurali. C’erano file di gente che venivano a confessarsi, tutti i giorni. Qui egli diede un forte appoggio alla pastorale familiare con il movimento chiamato “incontro di coppie con Cristo”. ■ (continua a lato) DONATA, MEDICO IN MOZAMBICO Donata Galloni è un medico che, fino a qualche mese fa, lavorava nel reparto di malattie infettive dell’ospedale maggiore di Cremona. Un giorno ha deciso di lasciare tutto e partire per il Mozambico, con un obiettivo molto preciso: mettersi a disposizione di chi ha più bisogno di amore e di cure, in realtà svantaggiate. Oggi, Donata è coordinatrice di tutti i progetti di “Medici con l’Africa Cuamm”, la più importante organizzazione non governativa in campo sanitario riconosciuta in Italia, nata 50 anni fa per promuoveLa dottoressa Galloni alla cerimonia conclusiva re e tutelare la salute deldel progetto di prevenzione e controllo del colera a Beira, in Mozambico le popolazioni africane. (Si veda anche la notizia sui “nuovi medici” in Mozambico, a pagina 6 di questo numero). La dott.ssa Donata è partita da Cremona non perché non apprezzasse la modernità, ma per un’esigenza di giustizia: “Voglio porre in qualche modo anche solo un piccolo rimedio a certe disuguaglianze”. In Mozambico, il 70% della popolazione vive in assoluta povertà; solo il 57% ha accesso all’acqua potabile e l’aspettativa di vita non supera i 42 anni. Per non lasciare sola Donata, alcuni suoi colleghi, che hanno lavorato in Africa, hanno pensato di creare una sezione locale di “Medici per l’Africa - Cuamm”. Perché, come dice un proverbio africano, “la strada attraverso la foresta è lunga, solo se non ami la persona che stai andando a trovare”. 2007 OTTOBRE PIEMONTE e liguria 16156 GENOVA PEGLI GE - Viale Modugno, 39 Tel. 010 6969140 - Fax 010 6967910 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00303164 Fidei donum ieri, oggi e... domani? Se ne parla l'11 ottobre in un convegno I centri missionari di Piemonte e Valle d’Aosta, nel contesto delle celebrazioni per il cinquantesimo dell’enciclica “Fidei donum”, organizzano giovedì 11 ottobre a Villa Lascaris a Pianezza (Torino) un incontro regionale dei sacerdoti “fidei donum” piemontesi rientrati dalla missione. Una terra generosa Cinquant’anni fa, quando uscì l’enciclica “Fidei donum”, tra le prime diocesi che risposero all’appello di Pio XII di mettere a disposizione delle giovani chiese sacerdoti diocesani, volontari laici e personale religioso legato alla realtà locale, ci furono quelle piemontesi. Alcuni “pionieri” non avevano aspettato il sollecito del Papa per partire. Già da anni, svolgevano il loro ministero in diverse par- ti del mondo. La “Fidei donum” ebbe però il pregio di organizzare meglio, in una dinamica di cooperazione tra le chiese, questa generosa risposta che nasceva dalla vita delle comunità cristiane, da sempre attente e sensibili alla missione. Riflessioni e confronto Con il passare degli anni, l’esperienza dei “fidei donum” ha arricchito non solo le giovani chiese missionarie, ma anche le nostre chiese antiche, che scoprivano un nuovo modo di fare e di essere missione. A cinquant’anni di distanza, riflettere su questa lunga storia, sui sentieri percorsi, sui cammini tracciati, sulle luci e sulle ombre, può essere lo stimolo salutare, affinché il seme gettato diventi germoglio di una nuova pagina missionaria, per certi versi ancora tutta DIEGO PIOVANI da scrivere. L’incontro regionale dei “fidei donum” si apre con il saluto del cardinale di Torino mons. Poletto. Seguono due relazioni. La prima, a carattere storico, è svolta da don Maurilio Guasco sulla base di tutti quei documenti sinodali che le chiese piemontesi hanno redatto in questi cinquant’anni, alla luce della propria esperienza missionaria. Nella seconda, mons. Germano Zaccheo, vescovo di Casale Monferrato, analizza l’evoluzione pastorale che ha caratterizzato ciascuna diocesi piemontese nella cooperazione e comunione intercorsa tra “vecchie” e “giovani” chiese del sud del mondo. Dopo il pranzo, in una tavola rotonda, vengono presentate alcune esperienze vissute dai “fidei donum” piemontesi. Il dibattito assembleare precede il mo- Pellegrinaggi... sotto esame Convegno a Torino, per saperne di più L a regione Piemonte, in collaborazione con l’università di Torino e con il centro di documentazione dei Sacri Monti, Calvari e Complessi devozionali europei, organizza un convegno internazionale dal 2 al 6 ottobre sul tema: “La bisaccia del pellegrino, fra evocazione e memoria”. Una pratica diffusa nel mondo La pratica del pellegrinaggio ai luoghi santi è comune a tutte le grandi religioni, pur presentando, in ciascuna di esse, caratteristiche e significati diversi. Questo importante fenomeno religioso e sociale trova la sua origine nella ricerca di un contatto più diretto con il divino o con il sacro. Diverse sono anche le motivazioni. Il pellegri- 8 naggio, infatti, può essere compiuto con un fine spirituale, per adempiere un dovere o rispettare un voto, per ottenere benefici materiali o spirituali; liberamente, quasi per il piacere di visitare un luogo interessante, o come tradizione che si ripete in occasioni speciali. La meta del pellegrinaggio è di solito un luogo nel quale, secondo la tradizione, si è verificata una speciale manifestazione del divino. In alcune culture il pellegrino indossa un abito speciale e osserva alcune regole di comportamento durante l’intero pellegrinaggio, mentre in altre questa pratica tende ad assumere le caratteristiche di una sorta di turismo a sfondo religioso. Viaggi di fede e di cultura I relatori del convegno indivi- Pellegrinaggio a un santuario sui monti: devozione e natura a cura di DIEGO PIOVANI duano nel pellegrinaggio convergenze e diversità fra realtà culturali e religiose distanti fra loro, sia nello spazio, sia nel tempo. In particolare, pongono l’accento su due diversi aspetti del pellegrinaggio. Il primo riguarda il modo di viaggiare, poiché il pellegrino, storicamente, è una persona attenta alla complessità della realtà con la quale viene in contatto; è desiderosa di conoscere i luoghi in modo non superficiale né frettoloso; vuole immergersi nella dimensione religiosa, paesaggistica, ambientale, sociale e culturale del territorio che sta visitando. Il pellegrino, in secondo luogo, è un portatore di fede e di cultura, poiché tende a conservare la memoria dei luoghi visitati. Spesso cerca anche di riprodurre gli edifici e l’ambiente della sua meta di pellegrinaggio; o perlomeno porta con sé un’immagine da conservare in casa. In questo modo il pellegrino cerca di conservare vicino a sé l’oggetto lontano della sua devozione, e pone le premesse per la nascita di nuove manifestazioni di pietà popolare. Le comunità di ogni fede religiosa e i responsabili delle amministrazioni pubbliche sono chiamati a conservare e a proteggere tutti i luoghi di culto, che ogni anno sono mete di tanti pellegrini. ■ Don Renato Rosso, sacerdote fidei donum piemontese, svolge la sua attività missionaria tra i nomadi di India e Bangladesh mento delle conclusioni e delle proposte programmatiche per il futuro. Per informazioni e iscrizioni, rivolgersi al centro missionario della propria diocesi. Un “fidei donum” speciale Don Renato Rosso è un prete “fidei donum”... d’avanguardia. Ordinato sacerdote nel 1972, ha deciso di vivere tra gli zingari, i non amati, gli indesiderati e spesso rifiutati. Dopo alcuni anni passati tra gli zingari in Piemonte, spostandosi da un accampamento all’altro con un carretto trainato a mano, nel 1984 si è recato tra gli zingari del Brasile. Dal 1993 vive in India e Bangladesh. Don Renato spende il suo “randagio” servizio di prete camminando e vivendo con gli zingari, in una tenda che viene allestita per lui negli accampa- menti. Con gli zingari ha un rapporto di fiducia, che è reciproca. È co-autore di un libro su di loro, insieme a un ministro indiano: “Nomadi del sud Asia. Antologia di 400 gruppi nomadi e rom dell’India”. Durante un incontro, don Renato ha espresso alcune sue convinzioni sul mondo che conosce da vicino. Gli zingari sono stati sempre perseguitati, anche se sono l’unico popolo che non ha mai fatto guerra a un altro popolo. In India e Bangladesh, un sacerdote cattolico, specialmente se straniero, non può favorire la conversione di un povero o un fuori casta verso il cristianesimo. Non potendo “cristianizzare”, cosa fa don Renato? Aiuta i musulmani o gli hindu a essere “migliori”. Anche questa è “conversione”! ■ LA PREGHIERA DELLA SERA Dall'omelia al Santuario della Guardia card. ANGELO BAGNASCO L’ora della sera, nello svolgersi della vita, è l’ora dolce della giornata, il momento in cui i tumulti e gli impegni del lavoro si smorzano, tutto entra in quella quiete vespertina che precede il riposo. È l’ora del raccoglimento e dei ricordi, del rientro in noi stessi e spesso della verità di ciò che abbiamo vissuto durante il giorno. In fondo all’anima sentiamo una pace rinnovata, che viene dalla fede e dalla preghiera. Pregare è vegliare in attesa della luce. E la luce è venuta, è continuata oggi, continuerà domani. Si tratta della calda luce della fede. Preghiamo la grande Madre, perché ci doni Gesù: “Salve Regina! A te ricorriamo noi esuli figli di Eva”: dove andare lontano da te? Dove curare le ferite dell’anima, gli urti del tempo? Dove trovare riparo e conforto se non in te, Maria, che ci porti a Gesù, che ci porti Gesù? Donaci, santa Vergine, il dono delle lacrime: di poter piangere come l’apostolo Pietro ogni volta che ci allontaniamo da Cristo con i nostri peccati. Con te vicina il pianto sarà sincero, sarà come il gemito del bimbo che viene alla luce; alla luce che è Cristo. E sarà ancora una volta vita nuova, festa nella terra del nostro cuore e festa in cielo. Grazie, o Maria, perché ci doni Gesù, il Figlio tuo e nostro Salvatore, l’unico che legge fino in fondo i nostri cuori, che non cessa di aver fiducia in noi, che non tradisce, che ci è veramente amico, che è il nostro ultimo destino. Amen. (29 agosto 2007) 2007 OTTOBRE PUGLIA 74020 LAMA TA - Via Tre Fontane, 15 Tel. 099 7773186 - Fax 099 7772558 E-mail: [email protected] - C/c. postale 10423747 Per costruire un ponte di fede Don Luigi “fidei donum” in Guatemala Pellegrino, sacerD ondoteLuigi diocesano di Taranto, è in partenza per il Guatemala come missionario “fidei donum”. Siamo andati a trovarlo e gli abbiamo fatto qualche domanda. Quando hai scelto la missione? Sono nato nel 1972 e sono diventato prete nel 1998. Fin da bambino mi porto dentro il desiderio di conoscere e di fare nuove esperienze. Chi ti ha incoraggiato? Appena ordinato sacerdote, dopo essere stato per alcuni anni vice direttore della Caritas diocesana, sono arrivato qui nella parrocchia “Regina Pacis”, come vice parroco. A Lama ho conosciuto un prete del Guate- mala, p. Edwin Portillo de Paz, parroco a San Francisco nella diocesi di Chiquimula - Zacapa. Sono stato ospite da lui per due mesi in estate. Poi, ho ripetuto l’esperienza in altre occasioni e in altri contesti, sempre in Guatemala. Dopo questi contatti, è maturata in me l’idea di fare il prete in un’altra chiesa. Cosa ti ha spinto a partire? Prima di tutto, parto per fare un’esperienza di condivisione e di fede. Da parte mia non ci sono pretese, se non quella di condividere una fede universale. In secondo luogo, questa mia scelta è una risposta evangelica al desiderio del mio vescovo mons. Luigi Papa che, insieme alla comunità diocesana, si fa partecipe della missione universale della a cura di p. A. BERTON, sx chiesa. Il nostro vescovo aveva detto che volentieri avrebbe concesso il permesso di partire per la missione a un suo sacerdote diocesano, ben disposto a collaborare con un’altra chiesa locale all’estero. E allora eccomi qui. C’è stato anche un gemellaggio! È vero. La mia scelta è stata frutto anche di una reciproca conoscenza tra due parrocchie. Abbiamo stretto un vero e proprio gemellaggio tra la nostra parrocchia di Lama - Taranto e quella di San Francisco, dove è parroco padre Edwin. La fratellanza spirituale del gemellaggio tra le due comunità si è fatta sentire in tutta la diocesi di Chiquimula - Zacapa. Se non ci fosse stato questo scambio, io non avrei mai L'ANGOLO DEL SILENZIO / 11 Che senso ha “fare missione”? è autentico il missionario obbediente L a radice di ogni vocazione per la missione nasce da Cristo. Ma è lecito domandarsi: che senso ha fare missione oggi? A prima vista sembrerebbe che “far missione” voglia dire soprattutto andare e fare tante cose. Ma se riflettiamo bene sulle parole dell’apostolo Paolo (che possiamo leggere direttamente nella sua lettera ai Filippesi, capitolo 2, versetti 6 8), allora comprendiamo che “far missione” - non è tanto andare, ma credere; non è tanto fare, ma obbedire. Obbedire vuol dire chinarsi, piegarsi. Vuol dire cioè, scendere in un progetto non proprio e consacrarsi in esso per amore, anima e corpo, fino alla morte. Così ha fatto nostro Signore Gesù Cristo. 8 Una dinamica misteriosa Nell’inno a Cristo “Missionario del Padre”, l’apostolo Paolo mette bene in evidenza il punto sul quale fa perno tutta la missione di Gesù. Il perno della sua missione consiste anzitutto e soprattutto nell’obbedire al Padre: Gesù si è fatto uomo e ha obbedito al grande progetto del Padre. Ha obbedito fino alla morte, e alla morte di croce. È il martirio di Gesù: per dare la vita al mondo, Gesù ha sacrificato la propria vita obbedendo. Su questa realtà dell’amore infinito di Cristo si basa la consacrazione e il martirio di ogni discepolo che si dedica alla missione. È la dinamica cristiana della morte e della vita: “il seme p. ANGELO BERTON, sx che muove per produrre frutto”. Il beato Conforti, fondatore dei missionari saveriani, si esprime così: “La consacrazione religiosa è come una specie di martirio, a cui, se manca l’intensità dello spasimo, supplisce la continuità di tutta la vita”. Il surrogato della missione Possiamo quindi affermare anche oggi che il discepolo è missionario nella misura in cui obbe disce al Signore morto e risorto, oggi invisibile, attraverso la figura opaca di chi lo rappresenta oggi in modo visibile. Pertanto, solo una missione vissuta nella fede e in comunione con Cristo, attraverso l’obbedienza alla Chiesa e ai superiori concreti, è una missione evangelica autentica. Senza questo spirito di obbedienza, che imita il modello del Signore Gesù, la missione - sia personale che di gruppo - non è più una testimonianza fatta in nome di Cristo. È piuttosto un surrogato della missione. Al massimo, può somigliare a una buona opera di assistenza di tipo umanitario. ■ Don Luigi Pellegrino, sacerdote tarantino, parte per il Guatemala: si augura che il desiderio della missione apra i cuori di tanti giovani conosciuto il Guatemala. Potrai favorire l’animazione missionaria nella nostra diocesi? Durante la mia permanenza in Guatemala mi piacerebbe creare un reale ponte di fraternità e di comunione di fede tra la diocesi di Taranto e quella del Guatemala. Mi auguro che con questa mia esperienza personale ed ecclesiale, lo spirito della missione universale di Gesù trovi sempre maggiore espansione nel cuore di tutta la nostra diocesi, soprattutto nel cuore dei giovani. Questo è anche il desiderio del nostro vescovo. Per il momento, mi metto in cammino per accumulare esperienze valide di animazione missionaria da trasmettere a tutti. Vedremo quello che riuscirò a costruire qui, sulla base della mia presenza là. Da lì a qui e da qui a lì: l’esperienza deve diven- tare testimonianza, che non si può delegare ad altri. Quanto tempo starai in Guatemala? Comincio con un impegno di tre anni, ma poi, a Dio piacendo, conto di rinnovare l’impegno fino a una decina di anni. Quando partirai? Conto di partire entro l’autunno. Ho già frequentato il corso di preparazione insieme ad altre 45 persone al Cum di Verona, il centro dove si “allenano” sacerdoti e laici prima di partire per la missione. Qualcuno penserà: “Ah, don Luigi va a fare un po’ di turismo!”. Non è così. Io vado là per il regno di Dio, in nome di Gesù, a nome del mio vescovo, a nome di tutta la comunità diocesana, per favorire in tutti noi la crescita nella fede. ■ (continua nel riquadro) TANTI AUGURI A DON LUIGI p. A. BERTON, sx Nel bel mezzo dell’estate appena trascorsa, alla parrocchia “Regina Pacis” di Lama - Taranto, è arrivata una bella notizia: il vice parroco don Luigi Pellegrino, dopo sei anni di entusiasta ed entusiasmante presenza a Lama, ha scoperto una vocazione nella vocazione, quella della missione. Così, entro la fine dell’autunno don Luigi volerà verso il Guatemala, dove si metterà a disposizione del vescovo locale come missionario “fidei donum”, nella diocesi di Chiquimula - Zacapa. Questa sua scelta ha incuriosito tutti gli amici e conoscenti di don Luigi; ma ha sorpreso felicemente e specialmente anche noi missionari, residenti nella stessa parrocchia di Lama. Don Luigi Pellegrino, da Lama al Guatemala Il nostro augurio sincero Noi da qui accompagneremo don Luigi Pellegrino costruendo un bel “ponte”, fatto non solo con la preghiera e l’incoraggiamento, ma anche con qualche aiuto concreto di solidarietà. E restiamo in attesa delle sue lettere, che ci racconteranno la sua nuova esperienza missionaria. 2007 OTTOBRE REGGIO CALABRIA 89135 GALLICO SUPERIORE RC - Via Rimembranze Santuario Madonna della Grazia Tel. 0965 370304 - Fax 0965 373137 - E-mail: [email protected] - C/c. postale 10444891 P. Adolfo Codini: “ora et labora” Missionario con molti mestieri e tanti hobby Padre Adolfo Codini è morto il 23 luglio scorso a Madrid, dove aveva fatto tappa prima di tornare in Italia dal Brasile. Ecco come lo ricorda p. Dante Volpini, suo compagno di missione. P adre Adolfo ricordava con piacere il seminario maggiore di Anagni, dove aveva studiato. Raccontava che una volta era stato scelto per fare il cerimoniere in una festa solenne dei gesuiti. C’erano un cardinale, alcuni vescovi, vari sacerdoti, i seminaristi che dovevano servire all’altare e gli altri nei loro banchi. Mise tutti in fila e, arrivati davanti all’altare, disse: “Genuflectant omnes!”, e tutti fecero la genuflessione davanti al Signore. “Che bello!”, commentava. Passione per le cose pratiche Fu ordinato sacerdote il 13 ottobre 1968 a Parma e un anno dopo partì per il Brasile. Ci teneva alle cose fatte bene, con spiritualità, con profondità, e allo stesso tempo sapeva trattare con la gente semplice, povera, in un dialogo da pari a pari. Era un appassionato radio amatore e nel tempo libero comunicava con amici brasiliani e con le altre missioni saveriane nel mondo, organizzando perfino i soccorsi. Gli fu affidata la parrocchia di Panema, vicino a Santa Mariana: alcuni paesi in mezzo ai boschi, su terra rossa, lungo la riva del grande fiume Paranapanema. In un paese, aveva fatto la chiesa più grande e più alta delle altre. Una volta si ruppero alcune tegole di eternit e andò lui stesso, con l’aiuto di poche persone, a riparare il tetto. A un certo momento si ruppe un’altra tegola sotto i suoi piedi e cadde al suolo: un volo di otto metri. Arrivò in piedi, ma si frantumò il tallone. p. DANTE VOLPINI, sx Il grande progetto “Kosmos” Nel 1981 abbiamo preso parte insieme a un grande progetto. Cinque saveriani siamo stati incaricati di lavorare nei quartieri popolari di Itaquera e Guaianazes, a 40 chilometri dal centro di São Paulo. Inoltre, dovevamo stampare e divulgare il mensile “Kosmos”, su un’idea di p. Roberto Beduschi e di p. Adolfo. “Kosmos” era il nostro mensile missionario e veniva confezionato in periferia, a contatto con situazioni difficili, in mezzo a gente povera. Padre Adolfo organizzò il nostro arrivo, l’incontro con il vescovo e la prima Messa nel centro comunitario. Ottenne in prestito la casa abbandonata dove abbiamo abitato i primi tempi, sistemando tutto il necessario. Ci eravamo divisi le zone e il lavoro: p. Roberto ed io redigevamo il mensile; p. Adolfo e p. Camillo Didonè lo divulgavano. L'ANGOLO DEL SILENZIO / 11 Che senso ha “fare missione”? è autentico il missionario obbediente L a radice di ogni vocazione per la missione nasce da Cristo. Ma è lecito domandarsi: che senso ha fare missione oggi? A prima vista sembrerebbe che “far missione” voglia dire soprattutto andare e fare tante cose. Ma se riflettiamo bene sulle parole dell’apostolo Paolo (che possiamo leggere direttamente nella sua lettera ai Filippesi, capitolo 2, versetti 6 - 8), allora comprendiamo che “far missione” - non è tanto andare, ma credere; non è tanto fare, ma obbedire. Obbedire vuol dire chinarsi, piegarsi. Vuol dire cioè, scendere in un progetto non proprio e consacrarsi in esso per amore, anima e corpo, fino alla morte. Così ha fatto nostro Signore Gesù Cristo. 8 Una dinamica misteriosa Nell’inno a Cristo “Missionario del Padre”, l’apostolo Paolo mette bene in evidenza il punto sul quale fa perno tutta la missione di Gesù. Il perno della sua missione consiste anzitutto e soprattutto nell’obbedire al Padre: Gesù si è fatto uomo e ha obbedito al grande progetto del Padre. Ha obbedito fino alla morte, e alla morte di croce. È il martirio di Gesù: per dare la vita al mondo, Gesù ha sacrificato la propria vita obbedendo. Su questa realtà dell’amore infinito di Cristo si basa la consacrazione e il martirio di ogni discepolo che si dedica alla missione. È la dinamica cristiana della morte e della vita: “il seme che muove per produr- p. ANGELO BERTON, sx re frutto”. Il beato Conforti, fondatore dei missionari saveriani, si esprime così: “La consacrazione religiosa è come una specie di martirio, a cui, se manca l’intensità dello spasimo, supplisce la continuità di tutta la vita”. Il surrogato della missione Possiamo quindi affermare anche oggi che il discepolo è missionario nella misura in cui obbedisce al Signore morto e risorto, oggi invisibile, attraverso la figura opaca di chi lo rappresenta oggi in modo visibile. Pertanto, solo una missione vissuta nella fede e in comunione con Cristo, attraverso l’obbedienza alla Chiesa e ai superiori concreti, è una missione evangelica autentica. Senza questo spirito di obbedienza, che imita il modello del Signore Gesù, la missione - sia personale che di gruppo non è più una testimonianza fatta in nome di Cristo. È piuttosto un surrogato della missione. Al massimo, può somigliare a una buona opera di assistenza di tipo umanitario. ■ Nella chiesa di Sasso (Cerveteri), un momento della Messa funebre per p. Adolfo Codini, scomparso improvvisamente a Madrid il 23 luglio scorso Paletti e filo spinato... Padre Adolfo si preoccupò anche della costruzione della casa parrocchiale, dopo aver ottenuto un terreno attiguo al quartiere Prestes Maia, per costruire la chiesa e le sale. Il terreno era dono del dottor Leonardo Gioia, avvocato di origine italiana. Padre Adolfo mise paletti e filo spinato per distinguere la proprietà, ma due giorni dopo trovò il filo tagliato e sostituito da un altro, messo da una persona che rivendicava come sua la proprietà di quel terreno. Padre Adolfo non si perse d’animo e, aiutato da alcuni cattolici della comunità, tagliò via il secondo filo. Poi, in un giorno, costruì una casetta con finestra e porta, vi dormì la notte e mise un cartello: diocesi di São Miguel Paulista, futura costruzione della chiesa parrocchiale “Sacro Cuore di Gesù”. La vicenda finì in tribunale, con p. Adolfo accusato di aver invaso una proprietà privata e di aver tagliato i fili. Lui si presentò ai due processi a suo carico, uno penale e l’altro civile, con l’avvocato Gioia, cinque uomini della comunità come testimoni, e il documento che riconosceva la proprietà del terreno. Tutto finì bene e oggi in quel posto c’è una bella chiesa parrocchiale, alcune sale e un campetto di gioco per i giovani. ■ (continua nel riquadro) P. CODINI, MONACO... INDAFFARATO p. D. VOLPINI, sx Dopo dieci anni di animazione missionaria in Italia (a Gallico e a Mazara del Vallo), p. Adolfo tornò in Brasile nella parrocchia di Mello Viana in Minas Gerais, una periferia con 25 comunità cristiane. Ma poi chiese di passare un anno con i monaci trappisti. Dietro il missionario attivo, concreto e indaffarato, p. Adolfo infatti nascondeva lo spirito del monaco, del contemplativo, dell’orante. Per poco più di un anno visse come un trappista, tra lavoro dei campi e preghiera. Lasciati i trappisti, diventò rettore ed economo nella casa saveriana a São Paulo. Svolse il suo compito con grande amore: era accogliente, sorridente, discreto, servizievole, disposto ad ascoltare uno sfogo o a dare un consiglio prudente. Aveva trasformato quel luogo in una casa di ristoro umano e spirituale. Per tre anni è stato parroco nei cinque quartieri popolari di Londrina. Il lavoro pastorale era gravoso e lui era praticamente da solo, con otto comunità cristiane e varie migliaia di persone cui dava assistenza religiosa e sociale. Ultimamente, si era trasferito nella parrocchia “Cuore Immacolato di Maria” a Piracicaba, e si stava adattando bene alla nuova realtà, dove anch’io ho lavorato per sei anni. Mi aveva scritto dicendomi che in Italia avrebbe partecipato al corso di spiritualità saveriana a Tavernerio, e che prima sarebbe passato da Cremona per conoscere la città, stare un po’ insieme a me e raccontarmi tante cose del Brasile. Il Signore l’ha fermato a Madrid e l’ha portato in paradiso. Ora riposa accanto alla mamma Ester, a Sasso di Cerveteri. 2007 OTTOBRE ROMA 00165 ROMA RM - Via Aurelia, 287 Tel. 06 39366929 - Fax 06 39366925 E-mail: [email protected] - C/c. postale 45206000 P. Adolfo Codini: “ora et labora” Missionario con molti mestieri e tanti hobby Padre Adolfo Codini è morto il 23 luglio scorso a Madrid, dove aveva fatto tappa prima di tornare in Italia dal Brasile. Ecco come lo ricorda p. Dante Volpini, suo compagno di missione. P adre Adolfo ricordava con piacere il seminario maggiore di Anagni, dove aveva studiato. Raccontava che una volta era stato scelto per fare il cerimoniere in una festa solenne dei gesuiti. C’erano un cardinale, alcuni vescovi, vari sacerdoti, i seminaristi che dovevano servire all’altare e gli altri nei loro banchi. Mise tutti in fila e, arrivati davanti all’altare, disse: “Genuflectant omnes!”, e tutti fecero la genuflessione davanti al Signore. “Che bello!”, commentava. Passione per le cose pratiche Fu ordinato sacerdote il 13 ottobre 1968 a Parma e un anno dopo partì per il Brasile. Ci teneva alle cose fatte bene, con spiritualità, con profondità, e allo stesso tempo sapeva trattare con la gente semplice, povera, in un dialogo da pari a pari. Era un appassionato radio amatore e nel tempo libero comunicava con amici brasiliani e con le altre missioni saveriane nel mondo, organizzando perfino i soccorsi. Gli fu affidata la parrocchia di Panema, vicino a Santa Mariana: alcuni paesi in mezzo ai boschi, su terra rossa, lungo la riva del grande fiume Paranapanema. In un paese, aveva fatto la chiesa più grande e più alta delle altre. Una volta si ruppero alcune tegole di eternit e andò lui stesso, con l’aiuto di poche persone, a riparare il tetto. A un certo momento si ruppe un’altra tegola sotto i suoi piedi e cadde al suolo: un volo di otto metri. Arrivò in piedi, ma si frantumò il tallone. p. DANTE VOLPINI, sx Il grande progetto “Kosmos” Nel 1981 abbiamo preso parte insieme a un grande progetto. Cinque saveriani siamo stati incaricati di lavorare nei quartieri popolari di Itaquera e Guaianazes, a 40 chilometri dal centro di São Paulo. Inoltre, dovevamo stampare e divulgare il mensile “Kosmos”, su un’idea di p. Roberto Beduschi e di p. Adolfo. “Kosmos” era il nostro mensile missionario e veniva confezionato in periferia, a contatto con situazioni difficili, in mezzo a gente povera. Padre Adolfo organizzò il nostro arrivo, l’incontro con il vescovo e la prima Messa nel centro comunitario. Ottenne in prestito la casa abbandonata dove abbiamo abitato i primi tempi, sistemando tutto il necessario. Ci eravamo divisi le zone e il lavoro: p. Roberto ed io redigevamo il mensile; p. Adolfo e p. Camillo Didonè lo divulgavano. Lenola premia il suo missionario Il “Colle d'oro” 2007 a p. Luigi Lo Stocco A Lenola, in provincia di Latina, nel periodo estivo si svolge una manifestazione chiamata il “Colle d’Oro”. L’iniziativa della “Pro loco” è nata con l’intento di dare un riconoscimento a persone native del paese, che si sono distinte in diversi campi: cultura, religione, spettacolo e sport. Il grande affetto della gente Il 12 agosto scorso, nella cornice suggestiva dell’anfiteatro del parco Mondragone, si è svolta la 5ª edizione, che quest’anno ha visto tra i premiati anche il saveriano p. Luigi Lo Stocco, concittadino e missionario per tanti anni in Congo. Il pubblico ha salutato con un forte applauso l’assegnazione del “Col- le d’Oro” a p. Luigi. Nel video, preparato dal gruppo missionario di Lenola e proiettato subito dopo l’annuncio, si diceva: “Abbiamo seguito p. Luigi passo passo nei suoi progetti, nelle sue preoccupazioni, nei momenti difficili della guerra, quando avevamo temuto anche per la sua vita. Tutti sappiamo ciò che ha fatto in questi anni per i nostri fratelli e sorelle congolesi, lavorando su più fronti: pastorale, scolastico, giornalistico e soprattutto dello sviluppo umano”. Il sindaco di Lenola, De Filippis, ha definito questa scelta “un doveroso riconoscimento che pur arrivando un po’ in ritardo, manifesta però tutto l’affetto e il risveglio missionario che vive la Padre Luigi riceve il “Colle d’oro 2007” di Lenola dalle mani del sindaco GB. De Filippis; a sinistra, il presidente della “Pro loco” A. Guglietta 8 a cura di DIEGO PIOVANI gente di Lenola”. Il commento del missionario Padre Luigi, commosso, ha commentato così: “Questo premio è per me una vera sorpresa. Un riconoscimento è sempre un segno di stima e quindi di soddisfazione: non per me, ma per tutto quello che ho potuto fare tra i miei fratelli e sorelle del Congo. Il primo pensiero è corso subito ai tanti congolesi che in tutti questi anni di apostolato missionario hanno potuto beneficiare della mia presenza e del mio amore. Un riconoscimento da parte della gente della mia terra è anche un’altra prova del grande affetto che Lenola ha sempre nutrito nei miei confronti. Durante gli anni della guerra nell’est del Congo, la sera verso le 20, quasi a turno, ricevevo delle telefonate dai miei concittadini che mi facevano sentire la loro vicinanza e mi sostenevano con la preghiera. Quando le prime immagini sono apparse sullo schermo, accompagnate dall’applauso della gente, ho sentito un groppo alla gola, tanta era l’emozione. Nel breve discorso che ho fatto, ho ripetuto ancora una volta di non dimenticare il Congo, che ha ancora molto bisogno di noi, per ritrovare pace e serenità”. ■ Nella chiesa di Sasso (Cerveteri), un momento della Messa funebre per p. Adolfo Codini, scomparso improvvisamente a Madrid il 23 luglio scorso Paletti e filo spinato... Padre Adolfo si preoccupò anche della costruzione della casa parrocchiale, dopo aver ottenuto un terreno attiguo al quartiere Prestes Maia, per costruire la chiesa e le sale. Il terreno era dono del dottor Leonardo Gioia, avvocato di origine italiana. Padre Adolfo mise paletti e filo spinato per distinguere la proprietà, ma due giorni dopo trovò il filo tagliato e sostituito da un altro, messo da una persona che rivendicava come sua la proprietà di quel terreno. Padre Adolfo non si perse d’animo e, aiutato da alcuni cattolici della comunità, tagliò via il secondo filo. Poi, in un giorno, costruì una casetta con finestra e porta, vi dormì la notte e mise un cartello: diocesi di São Miguel Paulista, futura costruzione della chiesa parrocchiale “Sacro Cuore di Gesù”. La vicenda finì in tribunale, con p. Adolfo accusato di aver invaso una proprietà privata e di aver tagliato i fili. Lui si presentò ai due processi a suo carico, uno penale e l’altro civile, con l’avvocato Gioia, cinque uomini della comunità come testimoni, e il documento che riconosceva la proprietà del terreno. Tutto finì bene e oggi in quel posto c’è una bella chiesa parrocchiale, alcune sale e un campetto di gioco per i giovani. ■ (continua nel riquadro) P. CODINI, MONACO... INDAFFARATO p. D. VOLPINI, sx Dopo dieci anni di animazione missionaria in Italia (a Gallico e a Mazara del Vallo), p. Adolfo tornò in Brasile nella parrocchia di Mello Viana in Minas Gerais, una periferia con 25 comunità cristiane. Ma poi chiese di passare un anno con i monaci trappisti. Dietro il missionario attivo, concreto e indaffarato, p. Adolfo infatti nascondeva lo spirito del monaco, del contemplativo, dell’orante. Per poco più di un anno visse come un trappista, tra lavoro dei campi e preghiera. Lasciati i trappisti, diventò rettore ed economo nella casa saveriana a São Paulo. Svolse il suo compito con grande amore: era accogliente, sorridente, discreto, servizievole, disposto ad ascoltare uno sfogo o a dare un consiglio prudente. Aveva trasformato quel luogo in una casa di ristoro umano e spirituale. Per tre anni è stato parroco nei cinque quartieri popolari di Londrina. Il lavoro pastorale era gravoso e lui era praticamente da solo, con otto comunità cristiane e varie migliaia di persone cui dava assistenza religiosa e sociale. Ultimamente, si era trasferito nella parrocchia “Cuore Immacolato di Maria” a Piracicaba, e si stava adattando bene alla nuova realtà, dove anch’io ho lavorato per sei anni. Mi aveva scritto dicendomi che in Italia avrebbe partecipato al corso di spiritualità saveriana a Tavernerio, e che prima sarebbe passato da Cremona per conoscere la città, stare un po’ insieme a me e raccontarmi tante cose del Brasile. Il Signore l’ha fermato a Madrid e l’ha portato in paradiso. Ora riposa accanto alla mamma Ester, a Sasso di Cerveteri. 2007 OTTOBRE ROMAGNA 48020 S. PIETRO in VINCOLI RA - Via Angaia, 7 Tel. 0544 551009 - Fax 0544 551811 E-mail: [email protected] - C/c. postale 13591482 Ho scelto la missione perché... Sulle orme di uno zio speciale Don Francesco Commissari è uno dei 14 sacerdoti “fidei donum” della Romagna. Dal Brasile ha accolto l’invito di parlarci della sua esperienza missionaria. Attraverso i centri diocesani di Cesena, Faenza, Ferrara, Forlì, Imola, Ravenna e Rimini, ho rivolto lo stesso invito agli altri “fidei donum” romagnoli. Speriamo che seguano il buon esempio di don Francesco. Volentieri metteremo a loro disposizione questa nostra pagina. p. Agostino Clementini, sx I l Signore ci chiama a essere missionari in ogni luogo: nei posti di lavoro, di studio, di impegno sociale e ricreativo, come consacrati o come laici. Negli ultimi decenni, è diventato più evidente per tutti che la vocazione battesimale ci accomuna e ci invita a vivere il vangelo e ad annunciare Gesù con la vita: con le parole e le opere. Nella mia famiglia ho tre zii missionari: uno materno, lo scalabriniano p. Carlo Campiglia, e due paterni, p. Filippo del Pime e don Leo, “fidei donum” ucciso in Brasile nel giugno del 1998. La loro esperienza mi ha sempre affascinato, fin da bambino. Ma io ritenevo di essere chiamato a vivere la missione sacerdotale nella mia diocesi di Imola, nelle parrocchie dove il vescovo mi ha mandato. Forse non avevo lasciato molto spazio a Dio per parlarmi della missione “alle genti”. Il progetto “chiese sorelle” Vorrei raccontarvi un po’ di mio zio Leo. Nato nel 1942, si sentì chiamato al sacerdozio e alla missione, avendo come esempio il fratello maggiore, Filippo, partito per Hong Kong. Divenuto sacerdote nel 1967, egli partì per il Brasile due anni dopo, vivendo per sette anni nei pressi di Salvador Bahia. Condivideva la missione con altri sacerdoti e alcuni laici, in una zona mol- Mi sono arreso a Dio Finalmente in Brasile la morte di don Leo, D opo mi sono chiesto se il Si- gnore non mi chiamasse ad allargare gli orizzonti. Ma anche dopo questa riflessione, mi convinsi che la mia missione era ancora a Imola. Poi, però, ho sentito una vera e propria “chiamata” da parte di Dio e così... Impossibile dire di no! In realtà, negli ultimi anni, riflettendo con altri sacerdoti, avevo compreso meglio cosa significasse vivere la volontà di Dio, nelle piccole scelte quotidiane come in quelle più grandi e impegnative. Riconoscere che 8 don F. COMMISSARI “Dio è amore”, ha avuto come conseguenza quella di scegliere Lui come mio unico bene, desiderando amarlo in ogni istante, nelle circostanze concrete e in tutte le persone, ritrovando nel prossimo la sua presenza. Nel frattempo, il vescovo di Imola desiderava dare nuovo impulso, soprattutto fra i preti imolesi, al progetto “Chiese sorelle”. Così, quando tre anni fa il vescovo mi ha chiesto se fossi disposto a partire per la missione, non ho potuto far finta di niente. Mi sono confrontato con alcuni amici sacerdoti e con i miei familiari che, se pur dispiaciuti, non si so- Don Francesco Commissari, in Brasile, visita le famiglie dei suoi nuovi parrocchiani don FRANCESCO COMMISSARI to povera. Tornato in Italia nel 1976, parlando con gli amici del centro missionario diocesano, maturò l’idea di dar vita a un progetto chiamato “Chiese sorelle”. Nel 1980 mons. Dardani e dom Hummes, vescovi delle diocesi di Imola e di Santo André, fecero loro questa idea. Si concretizzava così il nuovo impulso missionario voluto dal Concilio Vaticano II, che chiedeva l’impegno missionario non solo agli ordini religiosi, ma anche alle chiese locali. Vangelo e carità con i poveri Il progetto portò tre sacerdoti, tra cui don Leo, e cinque suore della diocesi di Imola in una parrocchia della periferia di São Bernardo do Campo, grande città industriale vicina a São Paulo. Anche in questa nuova missione, don Leo si confrontò con la povertà, in particolare con quella degli abitanti delle favelas, famiglie giunte da lontano per cer- no opposti alla mia scelta. Il vescovo mi ha “smontato” Ho parlato con mons. Ghirelli di alcune mie perplessità. La principale era legata a una considerazione: don Leo era molto amato e apprezzato dai suoi parrocchiani brasiliani; temevo che essi si sarebbero aspettati che io ricalcassi le sue orme, nello stile e nelle iniziative... Il vescovo - da buon padre - ha “smontato” le ragioni dei miei dubbi, e a questo punto mi sono arreso... a Dio! La sua volontà si rivela in modo particolare attraverso la voce del vescovo e dei superiori. Una scelta diversa sarebbe stata incoerente con la mia vocazione sacerdotale. Ho fatto una prima esperienza di sei mesi in Brasile, per sostituire un sacerdote “fidei donum” della mia diocesi. In quel periodo ho fugato definitivamente le mie numerose perplessità e ho iniziato a conoscere da vicino la nuova realtà. Tornato a casa, ho rinnovato al vescovo la mia disponibilità per la missione, questa volta per un periodo più lungo. Il 5 febbraio di quest’anno sono ripartito. Ora sono di nuovo qui, nella parrocchia di Jesus de Nazaré, a offrire la mia persona, il mio tempo e le mie energie, affinché Cristo sia conosciuto e amato. ■ (continua nel riquadro) In visita a Giovanni Paolo II, don Leo Commissari, “fidei donum” imolese, ucciso in Brasile nel 1998 care lavoro. La priorità è sempre stata per lui la vita di comunione tra i membri dell’équipe missionaria e con le numerose comunità che, man mano, si formavano e crescevano. L’annuncio del vangelo - attraverso la liturgia e la catechesi - e l’azione caritativa, espressa anche nelle opere sociali, andavano di pari passo. L’amore per Gesù ha spinto don Leo a condividere la vita dei poveri, scegliendo di stare vicino a loro, nella povertà di una baracca della favela. Dove la vita non ha valore Nella notte tra il 20 e il 21 giugno 1998, rientrando verso la sua baracca nella favela dopo una festa in parrocchia, don Leo è stato fermato da due persone e freddato con tre colpi di pistola. Il motivo del suo assassinio non è mai stato chiarito. Per molti abitanti della favela, la vita è senza valore: ammazzare o essere ammazzati rientra nel dramma di un’esistenza priva di dignità e di identità. Persone senza scrupoli cercano di sbarcare il lunario, non attraverso lavori umili e poco redditizi (come fa la maggior parte dei favelados), ma diventando pericolosi delinquenti che si arricchiscono con i proventi di droga e prostituzione. La violenza è uno degli strumenti a disposizione per farsi largo. Probabilmente, don Leo si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. ■ (continua a lato) IL PASSAGGIO DEL TESTIMONE don FRANCESCO COMMISSARI Le persone che incontro qui in Brasile mi aiutano a conoscere meglio mio zio. Mi raccontano tanti episodi della sua vita: in che modo li ha aiutati a incontrare il Signore; come li ha educati a una vita cristiana intensa... Mi accorgo che non hanno pretese nei miei confronti: mi stimano per quello che sono. Come parroco, sto cercando di conoscere sempre più a fondo le 14 comunità che compongono la parrocchia. Il mio compito è di dare loro un orientamento pastorale. Sono aiutato da due sacerdoti, con cui condivido la vita missionaria, e da alcune suore di una congregazione diocesana. Le difficoltà non mancano, come in ogni luogo. Ma sono convinto che il vero Pastore di questo gregge è Gesù, e che io sono solo un suo strumento. L’Eucaristia quotidiana, la parola di Dio, l’amore reciproco, il magistero del Papa, sono gli aiuti che Gesù mi offre perché non mi perda in preoccupazioni inutili. La meta è chiara. Basta che io segua il cammino e Colui che lo traccia ogni giorno per me. Una curiosità. I miei ultimi mesi a Imola li ho vissuti come cappellano dell’ospedale civile. Mi ha sostituito un saveriano, anziano per età, ma giovanissimo nello spirito: padre Agostino Clementini, che ha speso molti anni in missione e appartiene alla comunità di S. Pietro in Vincoli. Lui è arrivato e io sono partito. È stato quasi un passaggio di “testimone”, tra un missionario “reduce”, che continua a rendersi disponibile per l’animazione missionaria in diocesi, e un sacerdote diocesano che parte per la missione. Devo proprio ringraziare i saveriani! 7 febbraio 2007 mons. Ghirelli consegna il mandato missionario a don Francesco 2007 OTTOBRE SALERNO 84135 SALERNO SA - Via Fra G. Acquaviva, 4 Tel. 089 792051 - Fax 089 796284 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00205849 Qui non c'è tempo per annoiarsi Dal Bangladesh: “Stat'm buon'!” C ari amici, la vostra vicinanza e le vostre preghiere sono un incoraggiamento e un sostegno per noi missionari, per continuare ad annunciare e a testimoniare quella fede che il Signore risorto ci ha donato. È lui che ci ha inviato nel mondo intero a dare a tutti il messaggio di speranza e di gioia. Nei villaggi in bicicletta Sono trascorsi appena dieci mesi dal mio arrivo in Bangladesh. Tornare a vivere in questo Paese è stato per me come uno spogliarmi della mia cultura, per cercare di entrare in dialogo con questi fratelli e sorelle del Bangladesh. Ero arrivato qui insieme ad alcuni amici di Salerno, che mi hanno voluto accompagnare per conoscere un po’ questa nazione dalle mille sorprese. Ora mi trovo nella casa del noviziato saveriano, alla quale è annesso anche un ostello. Ospitiamo dieci giovani che frequentano gli studi pre-universitari. Da aprile, sono incaricato di seguire questo gruppo, che mi tiene a contatto con il mondo giovanile, fatto di tante belle realtà, ma anche di molti limiti. Ogni domenica, con la mia mitica bicicletta rossa, vado in un villaggio, che dista circa 25 minuti. Celebro l’Eucaristia in una comunità di cristiani, neoconvertiti dalla religione hindu. Stiamo cercando di terminare una piccola chiesa, per celebrare la Messa in un luogo asciutto e non nel fango, anche durante la stagione delle piogge. Momenti duri, momenti belli Da qualche mese, nel villaggio cristiano vicino alla nostra comunità, il giovedì dalle 17 alle 18, con i giovani facciamo un’ora di riflessione biblica sul vangelo della domenica. È un’occasione per riflettere anche sulla propria vita e su come impegnarci verso gli altri. Qui a Khulna ci confrontiamo con tante realtà. C’è il mondo dei bambini di strada e il problema dei ragazzi che si avvicinano p. GIOVANNI GARGANO, sx al mondo della droga. C’è anche grande bisogno di dialogo interreligioso con il mondo islamico, e non solo. Sono alcune delle grandi sfide che noi missionari dobbiamo affrontare in Bangladesh. Un momento importante è stata l’ordinazione sacerdotale di p. Roky Gomes. Per noi saveriani è stato un giorno di gioia e di ringraziamento al Signore per questo nuovo confratello, il secondo del Bangladesh. Il primo saveriano bengalese si chiama padre Polash ed è missionario nelle Filippine. Padre Roky invece è partito per la missione in Ciad. Corruzione e solidarietà Vorrei dire qualcosa anche sulla situazione politica del Bangladesh. Tanti politici sono stati arrestati per corruzione o per aver rubato soldi alla nazione. Il governo attuale sta tentando di portare il Paese alle elezioni, previste per dicembre 2008. Per questo, stanno “registrando” tutte le persone per consegnare loro Salerno, domenica 18 novembre Con padre Cavallo, il nostro grazie a Dio evento che vogliaC' èmounsegnalare a tutti i no- stri amici e amiche: è la festa di ringraziamento con padre Francesco Cavallo, che celebra i suoi 60 anni di sacerdozio. Per l’occasione, invitiamo tutti gli amici dei missionari saveriani - antichi e nuovi, adulti e giovani - per incontrarci nella fraternità missionaria. Lo annunciamo per tempo, in modo che non prendiate altri impegni: Domenica 18 novembre, alle ore 17.00, presso la casa saveriana a Salerno, s. Messa di ringraziamento e un gioioso rinfresco, con p. Francesco Cavallo. Venite numerosi, a ringraziare insieme a noi il Signore, per il dono dei 60 anni di sacerdozio, che ha fatto a padre Francesco Cavallo e alla chiesa missionaria. Siete tutti invitati: coloro che hanno conosciuto padre Francesco o altri saveriani, e 8 anche coloro che desiderano incontrarci e conoscerci. me consacrate e per molti fedeli laici e laiche. Un “maestro di spiritualità” Per molti anni “maestro” dei novizi saveriani; poi segretario personale del compianto mons. Gianni Gazza, vescovo amato di Aversa; spesso richiesto per condurre esercizi spirituali alle consacrate e claustrali; da molti anni confessore ai santuari Mariani di Montevergine e di Pompei - padre Francesco Cavallo è un “maestro di spiritualità” e un esperto “padre spirituale”, non solo tra i saveriani, ma anche per i sacerdoti, le ani- Una sacrosanta amicizia Durante l’incontro avremo anche occasione di presentare a tutti un’importante iniziativa di formazione e preghiera, diffusa in Italia e in altre nazioni del mondo. Si chiama G.A.M.S., ed è proprio per gli amici dei missionari saveriani. La nostra presenza nella diocesi di Salerno e nelle diocesi circostanti, è resa possibile grazie alla sensibilità, alla generosità e alle preghiere di tante persone che condividono con noi lo stesso ideale missionario. Padre Francesco Cavallo, maestro di spiritualità Vi aspettiamo, dunque! Con stima, rinnoviamo l’invito a tutti. A chi non può, proponiamo di unirsi a noi spiritualmente, in casa o in chiesa, partecipando alla Messa o recitando il Rosario missionario, e informandoci della loro “partecipazione spirituale” (per lettera o per telefono, all’indirizzo scritto in testa alla pagina). Grazie di cuore. Missionari Saveriani di Salerno - Rione Petrosino Padre Giovanni Gargano con una famiglia “patriarcale” del Bangladesh un documento di identità con la foto, valido anche per votare. Nello stesso tempo, molte famiglie sono state colpite dall’alluvione che ha spazzato via molte case e raccolti. Questa volta, gli aiuti non sono venuti solo dall’estero, ma dagli stessi bangladeshi che si sono adoperati per aiutare la propria gente. Gli insegnanti hanno offerto lo stipendio di un giorno; come loro hanno fatto anche la polizia, i militari e tante altre persone. Questo è un gesto importante: dimostra che la gente si impegna per migliorare la propria realtà. In questo mese missionario, siamo invitati a essere testimoni di Cristo, che è venuto in mezzo a noi per annunciare l’amore del Padre. Con lui, anche noi continuiamo questa stessa missione. Uniti nella preghiera a Dio Padre, vi abbraccio e vi saluto affettuosamente: Stat’m buon’! ■ PROSSIMI Appuntamenti IMPORTANTI Presso i missionari saveriani, via Fra G. Acquaviva 4 - Salerno Siete invitati e benvenuti per - Adorazione Eucaristica missionaria giovedì 25 ottobre, ore 20.30 Incontro di formazione: “A servizio della missione” venerdì 26 ottobre, ore 20,30 Meeting dei giovani a S. Pietro in Vincoli, Ravenna giovedì 1 - sabato 3 novembre PRETI da 40 anni p. DOMENICO MENEGUZZI, sx Quarant’anni fa, il 15 ottobre 1967, venivano ordinati a Parma 32 sacerdoti saveriani. Vescovo consacrante era il compianto mons. Gianni Gazza, allora superiore generale dei Missionari Saveriani. Alla fine di agosto, undici padri saveriani di quella classe, in Italia per il loro ministero pastorale o per un periodo di vacanza, ci siamo ritrovati a Parma per celebrare questa gioiosa ricorrenza. Con noi, anche il salernitano p. Michelangelo Pennino, molto conosciuto nella regione, e ora in cura nella casa madre dei saveriani, a Parma. Abbiamo celebrato la santa Eucarestia nel santuario mariano di Fontanellato, caro al nostro fondatore beato Conforti. A noi si è unito il carissimo p. Amato Dagnino, allora rettore della comunità degli studenti di teologia, che ci ha trasmesso una sua riflessione toccante e sobria. Un’agape fraterna, con scambio di ricordi e di tante altre cose belle, ha concluso il nostro fraterno incontro. I saveriani che hanno festeggiato i 40 anni di Messa. Da sinistra: Coruzzi, Casonato, Primosig, Leoni, Ciroi, Pettenuzzo, Meneguzzi, Celli, Milani V, De Vidi, Pennino (seduto) 2007 OTTOBRE 22038 TAVERNERIO CO - Via Urago, 15 Tel. 031 426007 - Fax 031 360304 E-mail: [email protected] C/c. postale 267229; Banca Raiffeisen, Chiasso C/c.p. 69-452-6 TAVERNERIO Cosa avrei detto per Mira Corda Fratelli e sorelle della stessa famiglia sa che deve morire e ha G esù paura. Vorrebbe che tutto fi- nisse presto. Perciò esclama: “C’è un battesimo che devo ricevere e come sono angosciato, finché non sia compiuto!”. Con queste parole Gesù alludeva al suo battesimo di sangue e attendeva con angoscia la sua realizzazione. Quale missionario non ha sperimentato situazioni davvero angosciose? Una delle più sconvolgenti è quando, in una lontana missione, egli viene a sapere, a volte in modo improvviso, che a casa un familiare è gravemente malato, in pericolo di vita! Si continua il lavoro, ma si aspetta con angoscia, anche se in preghiera e sorretti dalla fede, che possa arrivare la “triste” notizia... Quando le notizie Accadde a me - come a tanti altri missionari - in occasione della morte di mio padre. È accaduto anche a padre Vinio Corda, missionario in Indonesia: sua sorella, la sua più affezionata sorella se n’è andata dopo molto soffrire. Lui non è potuto esserci; l’abbiamo sostituito noi saveriani alla Messa di commiato. Ecco, padre Vinio, cosa avrei voluto dire alla tua gente, nella tua chiesa di Soresina: “Quando ci siamo conosciuti, eravamo alunni della stessa scuola media a Grumone, in provincia di Cremona. Tu eri cinque anni più vecchio di me ed eri un esperto tipografo. Mi hai insegnato a comporre i caratteri da stampa, mentre cantavi a squarciagola, “O bianco fiore, simbol d’amore…”. Il giorno della nostra ordinazione sacerdotale, il superiore generale ci aveva chiamato per comunicarci la nostra destinazione. Tu per l’Indonesia, mentre io dovevo p. FRANCO BERTAZZA, sx rimanere in Italia. “So - mi disse - che una signora ti ha pagato il biglietto per Lourdes. Dallo a padre Corda che parte subito per l’Indonesia”. Dovetti obbedire. Mira Corda, missionaria nel cuore e nelle mani Il prossimo anno celebreremo cinquant’anni di sacerdozio. E tu celebrerai anche cinquant’anni di missione, tutti spesi in Indonesia. Sei un eroe! Proprio il giorno della nostra ordinazione sacerdotale, ebbi l’occasione di conoscere Mira, tua sorella. Di ritorno dalla basilica di santa Maria in Campagna (Piacenza), la vidi splendente di gioia, felice. Gradì molto che le cantassi “Mira, o Norma ai tuoi ginocchi…”. Mi mostrava con orgoglio quel fazzoletto ancora bagnato e profumato del crisma, con cui il vescovo ci aveva unte le mani per Chi arriva e chi ritorna Movimenti d'autunno nella casa di Tavernerio Nella chiesa di Soresina (CR), le esequie di Mira Corda, sorella di p. Vinio, missionario in Indonesia; lo hanno rappresentato altri confratelli della famiglia saveriana consacrarle. Quando le raccontai del biglietto per Lourdes, mi guardò e mi abbracciò, come se quel dono l’avessi fatto a lei. Poi ci siamo divisi, ma “casa Corda” rimase un po’ anche la “mia casa”. Mira lavorava, tesseva, raccoglieva doni e vendeva..., per aiutarti nelle tue opere. Era missionaria nel cuore, nella mente e nelle mani operose. Il carattere leale e sereno, il sorriso schietto, sono stati in ogni circostanza, lieta o triste della vita, spesso assai provata, un conforto e un incoraggiamento ai tuoi familiari. Vita preziosa, dedicata interamente alla famiglia, alla missione e al “suo Vinio”, nel lavoro e nella preghiera. Un benvenuto reciproco In Mira, ricordo e ringrazio tutte le sorelle dei missionari, quelle sorelle che sostituiscono la mamma e che accolgono il fratello missionario con cuore materno nella loro famiglia, perché possa respirare quell’affetto fraterno di cui ha bisogno quando torna dalla missione. Con altri saveriani, ero presente anche al funerale di Irma, e poi a quello di Ida, sorella di p. Spigarolo, missionario in Messico. Abbiamo sostituito i fratelli lontani, con lo stesso spirito di affetto fraterno e di gratitudine. Grazie, dunque, a tutte le sorelle dei nostri missionari. Qui, nella nostra casa, trovate e troverete sempre altri fratelli, forse anziani e malati, ma con il cuore aperto. Siete benvenute nella nostra casa, come noi siamo benvenuti nella vostra. ■ UN OMAGGIO AL “PICCOLO ALPINO” Anche p. Caselin deve... aggiornarsi p. FRANCO BERTAZZA, sx Come ogni anno, puntualmente, a settembre è iniziato il corso di aggiornamento nella casa saveriana di Tavernerio (dal 5 settembre al 4 dicembre). È ormai un appuntamento ...famoso, tanto che si chiama “i tremesi” e coloro che vi partecipano sono chiamati appunto “i tremesini”. Insomma, è un periodo di tempo che serve ad aggiornarsi, a rinnovarsi, a riposarsi sia nel corpo che nello spirito. I “tremesini del 2007”, nella foto di p. Franco Bertazza, sono ventiquattro, incluse tre religiose (ma nella foto ne mancano tre). Chi sono? Cominciamo col dire che tutto il gruppo “saveriano” è racchiuso tra due suore “comboniane”: la Colombo e la Vezzaro. Poi, sulla destra, c’è la saveriana Manente; seguono p. Ferrari e p. Zucchinelli, che sono del “corpo docenti”. In mezzo ci sono gli altri “tremesini”, di diversa nazionalità e provenienti da diverse missioni. Sono anche di età diversa. I due estremi sono nella fila in basso: p. Suhud Antonius, di 36 anni, e p. Caselin Lorenzo che ne ha 84! 8 “Bentornato!” a padre Giancarlo Lazzarini. Aveva lasciato Tavernerio per servire la Congregazione saveriana nella Direzione generale. Nella foto, p. Giancarlo al lavoro di bibliotecario. è proprio lui, padre Lorenzo Caselin, l’ex “Piccolo Alpino”, classe 1923! A 19 anni in Albania, era stato prigioniero dei tedeschi e deportato in Germania. Era divenuto attendente del gen. Reverberi, l’eroe che riuscì a rompere l’accerchiamento russo a Nikolajewka. Per motivi di sicurezza era stato internato in Francia con il suo generale, ma, con l’avanzata dell’esercito alleato, erano poi stati ricondotti in Germania. Era rimasto prigioniero dei russi per due anni. Un giorno un soldato aveva puntato la rivoltella alla sua nuca; ma poi, improvvisamente, aveva visto l’immagine della Madonna di Czestochowa. A quella vista, il soldato aveva riposto l’arma nel fodero. Il “Piccolo Alpino” attribuì alla Madonna il miracolo della sua salvezza. Tornato in Italia, il giovane Lorenzo stava preparandosi al matrimonio quando… decise di dedicare la sua vita alla missione. Ordinato sacerdote a 39 anni, fece l’economo proprio qui a Tavernerio, nel primo anno di esistenza di questa casa che ospitava gli studenti saveriani del liceo. Sono stati anni duri, passati percorrendo le parrocchie della diocesi per procurare il pane a quei giovani. Nel 1969, fu destinato al Congo e oggi, a 84 anni, si è seduto sui banchi di scuola per seguire il corso di aggiornamento. Appassionatamente entusiasta della sua vocazione missionaria, padre Lorenzo si sente ancora giovane. Lo ringraziamo del bene che ha fatto, come alpino e come prete missionario, qui in Italia e in Congo. 2007 OTTOBRE VICENZA 36100 VICENZA VI - Viale Trento, 119 Tel. 0444 288399 - Fax 0444 288376 E-mail: [email protected] - C/c. postale 13616362 Padre Rossato, un cuore grande Lo hanno ricordato amici e saveriani Padre Graziano Rossato, saveriano di Cicogna di Poiana Maggiore, è morto il 6 dicembre del 2006 nella casa dei saveriani a Freetown, in Sierra Leone. Il 1° luglio scorso, familiari e amici l’hanno ricordato con una Messa nella chiesa di Cicogna. N ella lettera ai cristiani della Galazia, san Paolo scrive: “Mediante la carità siate al servizio gli uni degli altri” (5, 13). Sono parole di duemila anni fa. E sono le stesse che p. Graziano ha vissuto come gli apostoli, i primi missionari della chiesa. Cristo che lava i piedi agli apostoli è un’immagine che si presta bene per descrivere padre Graziano. Era sempre alla ricerca di come essere utile agli altri: procurando qualcosa per la missione; tagliando i capelli ai confratelli; ascoltando e aiutando a risolvere un problema; consigliando il modo migliore di agire... Sempre sereno e positivo nel giudizio su persone e avvenimenti. L’esempio di padre Uccelli La sua repentina scomparsa mi fa andare indietro negli anni. Ci eravamo incontrati da aspiranti missionari nel 1952 a Vicenza, e siamo stati insieme fino al 1962. Allora, all’istituto saveriano di Vicenza era ancora vivo p. Pietro Uccelli, che per noi era il “padre della preghiera”. Praticamente, lo vedevamo solo in chiesa, sempre raccolto in p. VINCENZO MUNARI, sx Dio. Non scendeva più le scale, data la salute precaria, e la cappella era al primo piano, vicino alla sua stanza. Già questa era una grande lezione per noi ragazzi, e i nostri educatori ce lo facevano notare. Nel cuore, per sempre Il “modello Gesù” era sempre presente nel nostro itinerario formativo, anche in seguito: durante il ginnasio a Zelarino, in noviziato a S. Pietro in Vincoli, negli anni del liceo a Desio. Lentamente, col crescere dell’età, con gli studi e le letture, approfondivamo la conoscenza di Cristo e di noi stessi come cristiani. I momenti più belli passati insieme a Graziano erano quelli in cui ci scambiavamo pareri su come essere “autentici imitatori di Cristo”. Lavorando un po’ di fantasia e un po’ con la conoscenza del vangelo, cercavamo di rispondere a domande tipo: “Cosa penserebbe Gesù? Come si comporterebbe in questa cir- L'albero della generosità Le famiglie si ritrovano ad Asiago P er il gruppo “Famiglie per la missione” di Vicenza è una tradizione trascorrere un periodo di convivenza estiva nella casa dei saveriani ad Asiago. Quest’anno, erano 12 le famiglie che si sono ritrovate sull’altipiano, per condividere la preghiera, il riposo e lo svago. La settimana è letteralmente volata. Abbiamo alternato le belle passeggiate ai momenti di riflessione, con la guida di p. Luciano Bicego, p. Renato Trevisan e p. Silvano Garello. 8 Bambini, ragazzi e genitori Il gruppo dei figli quest’anno era più numeroso e vivace del solito: comprendeva bambini dai 5 mesi agli 11 anni, e un gruppetto di adolescenti. Ai più piccoli sono stati proposti giochi e attività. Per i più grandi ci sono stati anche momenti di riflessione sulla preghiera, la sobrietà, l’accoglienza. Noi adulti, invece, abbiamo riflettuto sui vari gradi dell’amore. Con p. Renato e p. Silvano abbiamo parlato di vari luoghi di missione, che vorremmo conoscere meglio, e del prezioso contributo che i laici possono offrire, scegliendo di partire. I due momenti principali della giornata erano la preghiera del mattino e la Messa della sera, animate dai bambini e dagli adolescenti in vari modi: raccontando favole, per scoprire come vivono i fratelli di tutto il mondo; sceneggiando un episodio del vangelo; con le preghiere personali e i canti animati... La gioia dei piccoli ha reso viva ogni celebrazione. Ogni giorno all’offertorio della Messa, abbiamo appeso su un arbusto secco, i L’alberello con i biglietti su cui erano scritti i gesti di generosità compiuti nella giornata DANIELA e MARCO MASSERONI biglietti su cui avevamo scritto i gesti di amore che ciascuno aveva cercato di vivere durante la giornata. Questo è stato il gesto più significativo. Il bello è condividere Al termine della settimana, anche quest’anno i partecipanti hanno organizzato uno spettacolo per la serata d’addio. I più piccoli hanno realizzato una breve recita e animato alcuni canti; gli adolescenti si sono lanciati in balletti e hanno creato un divertente TgA - telegiornale Asiago; gli adulti hanno fatto una parodia di alcuni episodi avvenuti durante la settimana. È stata una serata esilarante e tutti si sono divertiti in allegria. L’aspetto più bello della convivenza, condiviso da tutti, è stato quello di essere come un’unica famiglia. Abbiamo accolto volentieri chi veniva a trovarci e chi passava di lì per caso. Ci siamo aiutati a vicenda, scoprendo che i figli sono un dono per tutti e ciascuno si è sentito “padre e madre” nei loro confronti. Durante l’ultimo giorno della convivenza, abbiamo fatto le proposte per il cammino del prossimo anno, che coinvolgerà parecchie famiglie nuove. ■ costanza?”. Tutto questo avveniva a tavola, durante le lunghe camminate per allenarci ai safari missionari, o dopo una partita a pallone in cui qualcuno si era scaldato un po’ troppo. Era in questi ritagli - tra scuola, studio e preghiera - che trovavamo quei momenti preziosi che ci sono rimasti nel cuore per sempre. Vedeva gli aspetti buoni Dopo il liceo, nel 1962, padre Graziano partì per gli Stati Uniti. Ci ritrovammo con gioia in Siena Leone nel 1980. Per me, lui era il missionario “esperto”, perché era lì già da otto anni. Mi dava consigli utili e sottolineava sempre gli aspetti buoni, positivi. Questo suo modo di fare si basava su un’idea che avevamo assimilato negli anni del noviziato e del liceo, ovvero: vedere l’opera e l’impronta di Dio in ogni persona, in ogni cosa, in ogni evento. Padre Graziano ha fatto così fino alla fine. Qualche mese prima della sua morte, parlandomi degli allievi saveriani sierraleonesi, di uno sottolineava lo zelo: “Si prepara bene agli incontri con i catecumeni e con i giovani della parrocchia dove va il sabato. Una volta mi ha invitato al suo gruppo di preghiera; è un gruppo formato proprio bene!”. Di un altro ricordava la vita di preghiera: “Ogni giorno passa una buona mezz’ora in cappella a pregare da solo; penso sia questo che gli La tomba di p. Graziano Rossato nel cimitero dei saveriani a Makeni, in Sierra Leone; la scritta dice: “Sei stato un uomo di fede; grazie per il sorriso, che ci faceva bene” dà la forza di continuare, anche se ha difficoltà negli studi”. Lo studio è uno dei problemi che i nostri fratelli africani incontrano. Padre Graziano era sempre pronto ad aiutare e a spiegare, perché considerava tutto ciò parte del servizio, che è frutto della carità. “Amerai il prossimo tuo come te stesso”, continua san Paolo nella lettera ai Galati (5,14). È un precetto del Signore, e la chiesa lo propone a noi, perché lo mettiamo in pratica. ■ PRETI da 40 anni p. DOMENICO MENEGUZZI, sx Quarant’anni fa, il 15 ottobre 1967, venivano ordinati a Parma 32 sacerdoti saveriani. Vescovo consacrante era il compianto mons. Gianni Gazza, allora superiore generale dei Missionari Saveriani. Di quei 32 neo sacerdoti, ben otto eravamo “veneti”, tra cui tre di Cittadella. Tra loro, anche p. Ottorino Maule, martire in Burundi. Alla fine di agosto, undici padri saveriani di quella classe, in Italia per il loro ministero pastorale o per un periodo di vacanza, ci siamo ritrovati a Parma per celebrare questa gioiosa ricorrenza. Con noi, anche p. Casonato, che vive a Vicenza, p. Milani Vasco e p. Pettenuzzo, che sono a Parma, e p. De Vidi, che è partito per il Brasile. Abbiamo celebrato la santa Eucarestia nel santuario mariano di Fontanellato, caro al nostro fondatore beato Conforti. A noi si è unito il carissimo p. Amato Dagnino, allora rettore della comunità degli studenti di teologia, che ci ha trasmesso una sua riflessione toccante e sobria. Un’agape fraterna, con scambio di ricordi e di tante altre cose belle, ha concluso il nostro fraterno incontro. I saveriani che hanno festeggiato i 40 anni di Messa. Da sinistra: Coruzzi, Casonato, Primosig, Leoni, Ciroi, Pettenuzzo, Meneguzzi, Celli, Milani V, De Vidi, Pennino (seduto) 2007 OTTOBRE ZELARINO 30174 ZELARINO VE - Via Visinoni, 16 Tel. 041 907261 - Fax 041 5460410 E-mail: [email protected] - C/c. postale 228304 Facciamo un tuffo nel mondo Settimana al camping con i missionari F arvel, Tot ziens, Aoi... Ma che lingua sta parlando, direte voi. Non una, ma tre lingue: sto salutando in norvegese, olandese e ceco. L’ho imparato al camping S. Francesco di Caorle, dove gli istituti missionari che lavorano nel Nordest hanno organizzato insieme una settimana di animazione dal 21 al 29 luglio. I missionari provenivano da esperienze in Africa: suor Marlena comboniana, suor Sandra di nostra Signora d’Africa, p. Godfrey della Consolata e originario della Tanzania, e io p. Franco, saveriano. C’erano anche Joào Batista, uno studente brasiliano della Consolata, mamma Ornella e lo studente Nicolò da Padova. Impegno e divertimento Per distinguerci indossavamo una maglietta con la scritta: “un tuffo nel mondo”. Naturalmente vi era raffigurato il mondo e una persona che da uno scoglio si tuffava, tenendo chiuse le narici… per non far entrare l’acqua, o perché... Noi invece ci tuffiamo per renderlo pulito, come diceva Madre Teresa. L’esperienza è andata bene, sentendo anche certi commenti. Ci siamo impegnati e divertiti, come ci aveva raccomandato don Fabio, direttore della pastorale dello sport per la diocesi di Venezia. La parte liturgica, ben curata dalla chitarrista suor Marlena, è stata molto apprezzata. Ha attirato particolare attenzione - anche di qualche passante - la recita delle lodi sulla spiaggia alle 8,30 del mattino e la recita del rosario la sera, sul prato antistante la casa della signora Palmira, che ha avuto l’onore anche di qualche fotografia da parte dei vacanzieri. p. FRANCO LIZZIT, sx Musica, danza e... curiosità In collaborazione con il gruppo animazione del campeggio, in particolare i coniugi Elena e Andrea, abbiamo organizzato due serate teatrali. Giovedì 26 luglio, festa dei nonni, ricordando Gioacchino e Anna, nonni di Gesù, siamo diventati tutti attori professionisti. Infatti, è stata messa in scena “Africa: valore dell’anziano”. Nel finale Joào, insieme a due ballerine, ha improvvisato una danza del suo Brasile, stupendo i presenti. Gli applausi sono stati tutti per lui. Sabato 28 c’è stata la serata conclusiva. Abbiamo iniziato con il canto “Africa! Africaaa!”: tutti al ritmo di danza… sia pure con qualche difficoltà. Poi, a suon di musica, ci si lanciava l’un l’altro un piccolo mappamondo. Quando la musica si fermava, chi rimaneva con il mappamondo in mano faceva L'estate dei giovani veneziani Adesso aspettiamo anche voi... p. F. LIZZIT, sx Padre Franco in versione “nonno” per lo spettacolo teatrale al camping S. Francesco di Caorle una domanda ai missionari. Ecco le più interessanti con le rispettive risposte: “Qual è stata l’ultima bella cosa che hai fatto oggi?” - “Aver danzato durante il canto”. “Quali sono i colori dell’Africa?” - “Il rosso della terra argillosa, il nero della pelle, ma il più bello è il bianco del sorriso dei bimbi”. Puoi esserlo anche tu! Alcuni amici del campeggio, alla fine della settimana, ci hanno detto: “Siete diversi da come vi pensavo. Vi ho visto pregare, poi siete stati i primi alla scuola di ginnastica, vi ho visto in teatro, al mare, in piscina e qualcuno perfino in discoteca. Sapete cucinare e poi quel saluto adat- to alla gente, dopo aver letto la nazionalità sulla targa della macchina. Peccato che ve n’andiate proprio ora!”. Rispondendo a queste belle parole, devo dire che non siamo poi così speciali. Come tutti, abbiamo i nostri pregi e i nostri difetti. Ci accomuna il desiderio che tutti conoscano e amino Gesù. Incominciamo da noi due, io e tu che leggi: anche tu puoi essere missionario e missionaria, lo sai? Ringrazio Raul, direttore del camping, Valentina, Palmira, Andrea e tutte le persone del campeggio. Siete tutti importanti, per il Signore e per noi. E chissà che il prossimo anno… Allora arrivederci, a Dio piacendo. ■ PELLEGRINAGGIO A CASTELMONTE p. FRANCO LIZZIT, sx Stefano con p. Sergio tra i bambini di uno slam di Bangalore: miseria sì... ma non di gioia e sorrisi. Stefano Zanelli è stato in Terra Santa per una missione di “ascolto”: da Ramallah a Jenin, da Nablus a Betlemme, ha incontrato associazioni e persone che cercano di dare un contributo alla pace della regione. Marco e Silvia, con il diacono Tiziano e suor Maria Grazia, sono stati in Bolivia a Santa Cruz. Hanno vissuto alcuni giorni con 70 bambini orfani, esposti a rischi sociali o portatori di handicap. 8 Da quasi due anni nella parrocchia “Sacro Cuore” di Mestre, la domenica alle 12,30 viene celebrata una Messa in inglese. Vi partecipano anche gli africani cristiani della zona. Quest’anno è stato organizzato per loro un pellegrinaggio al santuario della Madonna di Castelmonte, nella diocesi di Udine. Durante il viaggio abbiamo recitato il rosario. Al santuario, la Messa è stata animata con canti e preghiere in italiano e inglese. Tutti, italiani e stranieri, hanno contribuito al successo di questo bel momento comunitario. L’immagine della Madonna, di colore scuro, ma dolce nel suo sguardo verso Gesù, ha attirato l’attenzione e la devozione di tutti. “Sembra che ci guardi uno ad uno e ci sorrida!”. “Ma è proprio come noi!”. “Voglio tornarci con la mia famiglia e gli amici!” - sono solo alcune delle esclamazioni sentite. Dopo il pranzo, vissuto in spirito di fraternità, è arrivato il momento dello scambio di riflessioni sotto la grande Croce che affianca il santuario. Da lì abbiamo fatto salire al cielo le gioie, le sofferenze, le speranze nostre e quelle di tanti immigrati, i cui problemi sembrano irrisolvibili. Nel ritorno, abbiamo fatto tappa a Cividale, in festa per il pallio di San Donato, dove abbiamo gustato le famose gubane. Poi, di nuovo in pullman, tra storielle, indovinelli, allegria e un ultimo rosario, aspettando di ritrovarci la prossima domenica... a Messa. Perché è lì che ci vuole la Madonna. Il 21 ottobre alle 14,30 a Venezia ha inizio il corso di preparazione per i giovani che desiderano vivere un’esperienza missionaria in estate 2008 (vedi riferimenti sul numero di settembre). Il gruppo “africano” in pellegrinaggio alla Madonna di Castelmonte, in Friuli (foto Henry Hegharevba)