Ìride nell`Eneide di Virgilio (70-19 a.C.) 1. Iride, messaggera di morte
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Ìride nell`Eneide di Virgilio (70-19 a.C.) 1. Iride, messaggera di morte
Ìride nell’Eneide di Virgilio (70-19 a.C.) 1. Iride, messaggera di morte, tronca il capello di Didone Virgilio, Eneide 4, 694-705 Tum Iuno omnipotens longum miserata dolorem difficilisque obitus Irim demisit Olympo quae luctantem animam nexosque resolveret artus. nam quia nec fato merita nec morte peribat, sed misera ante diem subitoque accensa furore, nondum illi flavum Proserpina vertice crinem abstulerat Stygioque caput damnaverat Orco. ergo Iris croceis per caelum roscida pennis mille trahens varios adverso sole colores devolat et supra caput astitit. 'hunc ego Diti sacrum iussa fero teque isto corpore solvo': sic ait et dextra crinem secat, omnis et una dilapsus calor atque in uentos vita recessit. Traduzione di Luca Canali in Virgilio, Eneide, Milano, Mondadori, 1985; pp.152-153. Allora l'onnipotente Giunone, commiserando il lungo dolore e la difficile morte, mandò dall'Olimpo Iride che sciogliesse la lottante anima e le avvinte membra. 695 Poiché non periva per destino o per debita morte, ma sventurata prima dell'ora, arsa da subitanea follia, Proserpina non aveva ancora strappato dal capo il biondo capello, né assegnato la vita all'Orco stigio. Iride rugiadosa con crocee penne, 700 nel cielo traendo mille vari colori dal sole, discese e le si fermò sul capo: «Questo, comandata, reco sacro a Dite. Da questo tuo corpo ti sciolgo». Dice così, e con la destra tronca il capello: d'un tratto tutto il calore svanì, e la vita dileguò nei venti. 2. Ìride, messaggera di Giunone, dopo i giochi funebri in onore di Anchise, morto un anno prima, appare nelle sembianze di una donna troiana, Beroe, e spinge le donne a incendiare le navi. Virgilio, Eneide 5, 603-658 Hac celebrata tenus sancto certamina patri. Hinc primum Fortuna fidem mutata novavit. dum variis tumulo referunt sollemnia ludis, Irim de caelo misit Saturnia Iuno Iliacam ad classem ventosque aspirat eunti, Traduzione di Luca Canali in Virgilio, Eneide, Milano, Mondadori, 1985; pp. 184-187. Fin qui si celebrarono le gare in onore del padre santo. Qui la Fortuna mutata cominciò a tradirci. Mentre con vari giochi rendono onoranze al tumulo, 605 la saturnia Giunone mandò dal cielo Iride alla flotta iliaca, e spira venti al suo andare, 1 multa movens necdum antiquum saturata dolorem. illa viam celerans per mille coloribus arcum nulli visa cito decurrit tramite virgo. conspicit ingentem concursum et litora lustrat desertosque videt portus classemque relictam. at procul in sola secretae Troades acta amissum Anchisen flebant, cunctaeque profundum pontum aspectabant flentes. Heu tot vada fessis et tantum superesse maris, vox omnibus una; urbem orant, taedet pelagi perferre laborem. ergo inter medias sese haud ignara nocendi conicit et faciemque deae vestemque reponit; fit Beroe, Tmarii coniunx longaeua Dorycli, cui genus et quondam nomen natique fuissent, ac sic Dardanidum mediam se matribus infert. 'o miserae, quas non manus' inquit 'Achaica bello traxerit ad letum patriae sub moenibus! o gens infelix, cui te exitio Fortuna reservat? septima post Troiae excidium iam vertitur aestas, cum freta, cum terras omnis, tot inhospita saxa sideraque emensae ferimur, dum per mare magnum Italiam sequimur fugientem et volvimur undis. hic Erycis fines fraterni atque hospes Acestes: quis prohibet muros iacere et dare civibus urbem? o patria et rapti nequiquam ex hoste penates, nullane iam Troiae dicentur moenia? nusquam Hectoreos amnis, Xanthum et Simoenta, videbo? quin agite et mecum infaustas exurite puppis. Nam mihi Cassandrae per somnum vatis imago ardentis dare visa faces: “hic quaerite Troiam; hic domus est” inquit “uobis.” iam tempus agi res, nec tantis mora prodigiis. En quattuor arae Neptuno; deus ipse faces animumque ministrat.' haec memorans prima infensum ui corripit ignem molto meditando, e ancora non sazia dell'antico dolore. La vergine, affrettando la via per l'arco dai mille colori, invisibile a tutti discende con rapido volo. Scorge una grande folla ed esplora la riva, e vede i porti deserti e la flotta abbandonata. Lontano, su una spiaggia solitaria, le Troiane in disparte piangevano Anchise perduto, e tutte il profondo abisso miravano in pianto. Tanti flutti e distese, ahimè, aspettavano gli affranti! a tutte un'unica voce. Implorano una città: ripugna sopportare il travaglio del mare. Dunque si getta tra loro, esperta nel nuocere, e depone l'aspetto e la veste di dea; si muta in Beroe, l'annosa moglie dello imatio Dorielo di nobile stirpe che un tempo aveva rinomanza di figli. E così avanza tra le donne dei Dardanidi: «Sventurate» disse, «che mano achea nella guerra non trasse a morte ai piedi delle mura della patria, folla infelice, a quale rovina la Fortuna ti riserba? Volge la settima estate dopo la distruzione di Troia, dacché ci spingono a percorrere le acque e tutte le terre e rocce inospitali e climi, mentre per il grande mare inseguiamo l'Italia fuggente e siamo sbattute dai flutti. Qui le fraterne contrade di Erice e l'ospitale Aceste: chi impedisce di erigere mura e di dare una sede ai cittadini? O patria e Penati invano sottratti al nemico, mai si citeranno mura di Troia? e in nessun luogo rivedrò i fiumi ettòrei, lo Xanto e il Simoenta? Avanti, bruciate con me le infauste navi! In sogno l'immagine della profetessa Cassandra parve porgermi fiaccole ardenti: «Cercate qui Troia, qui" disse "la casa per voi". È tempo di agire senza indugio a tali prodigi. Ecco quattro are a Nettuno: il dio somministra fiaccole e audacia». Dicendo così, afferra per prima un minaccioso tizzone, 610 615 620 625 630 635 640 2 sublataque procul dextra conixa coruscat et iacit. Arrectae mentes stupefactaque corda Iliadum. Hic una e multis, quae maxima natu, Pyrgo, tot Priami natorum regia nutrix: 'non Beroe vobis, non haec Rhoeteia, matres, est Dorycli coniunx; divini signa decoris ardentisque notate oculos, qui spiritus illi, qui vultus vocisque sonus vel gressus eunti. ipsa egomet dudum Beroen digressa reliqui aegram, indignantem tali quod sola careret munere nec meritos Anchisae inferret honores.' Haec effata. At matres primo ancipites oculisque malignis ambiguae spectare rates miserum inter amorem praesentis terrae fatisque vocantia regna, cum dea se paribus per caelum sustulit alis ingentemque fuga secuit sub nubibus arcum. e levata lontano la destra lo agita con forza e lo scaglia. Protesi gli animi e stupefatti i cuori delle Iliadi. Allora una delle molte, la più vecchia per nascita, Pirgo, regale nutrice di tanti figli di Priamo: 645 «Questa non è Beroe, o donne, non è la retea sposa di Doriclo; notate i segni della divina bellezza e gli occhi ardenti, che effluvio, che volto, che suono della voce, che passo al suo camminare. Poc'anzi allontanandomi ho lasciato Beroe ammalata, 650 afflitta perché lei solamente mancava a una tale cerimonia e non rendeva ad Anchise i dovuti onori». Così disse. Ma le donne dapprima dubbiose guardavano le navi con occhi malevoli, incerte tra un misero amore 655 della terra presente e il regno che chiamava per fato: quando la dea si levò nel cielo ad ali tese e fuggendo sotto le nubi tracciò un immenso arco. 3. Ìride e Turno 3.1. Ìride, messaggera di Giunone, spinge Turno ad assalire il campo di Enea. Virgilio, Eneide 9, 1-24. Atque ea diversa penitus dum parte geruntur, Irim de caelo misit Saturnia Iuno audacem ad Turnum. Luco tum forte parentis Pilumni Turnus sacrata valle sedebat. Ad quem sic roseo Thaumantias ore locuta est: 'Turne, quod optanti divum promittere nemo Traduzione di Luca Canali in Virgilio, Eneide, Milano, Mondadori, 1985; pp. 324-325. Mentre questo accadeva in un'altra parte lontana, la saturnia Giunone inviò dal cielo Iride all'audace Turno. Allora per caso nel bosco dell'avo Pilumno, Turno sedeva nella valle sacra. Così gli parlò la Taumanzia con roseo labbro: 5 «O Turno, ciò che nessuno degli dei oserebbe promettere 3 auderet, volvenda dies en attulit ultro. Aeneas urbe et sociis et classe relicta sceptra Palatini sedemque petit Evandri. nec satis: extremas Corythi penetrauit ad urbes Lydorumque manum, collectos armat agrestis. Quid dubitas? nunc tempus equos, nunc poscere currus. rumpe moras omnis et turbata arripe castra.' Dixit, et in caelum paribus se sustulit alis ingentemque fuga secuit sub nubibus arcum. Agnovit iuvenis duplicisque ad sidera palmas sustulit ac tali fugientem est voce secutus: 'Iri, decus caeli, quis te mihi nubibus actam detulit in terras? unde haec tam clara repente tempestas? medium video discedere caelum palantisque polo stellas. Sequor omina tanta, quisquis in arma vocas.' Et sic effatus ad undam processit summoque hausit de gurgite lymphas multa deos orans, oneravitque aethera votis. al tuo desiderio, il tempo che scorre, ecco, te l'offre. Enea, lasciata la città e i compagni e la flotta ha raggiunto il regno palatino e la sede di Evandro. Non basta: s'è spinto fino alle estreme città dell'Etruria, e arma uno stuolo di Lidi, agreste accozzaglia. Perché esiti? Ora è il momento di radunare i cavalli e i carri. Rompi gli indugi, scompiglia e conquista il campo». Disse e si levò nel cielo ad ali tese, e sotto le nubi tracciò nella fuga un arco immenso. Il giovane la riconobbe, e innalzò entrambe le palme agli astri, e inseguì la fuggente con queste parole: «Iride, ornamento del cielo, chi ti spinse a discendere dalle nubi a me sulla terra? di dove questo improvviso spazio così luminoso? vedo dischiudersi il cielo ed errare nella volta le stelle. Voglio seguire presagi così solenni, chiunque tu sia che m'inviti alle armi». Disse, s'avvicinò all'onda, e bevve a fior d'acqua, molto pregando gli dei, e colmò il cielo di voti. 10 15 20 3.2. Ìride, messaggera di Giove, ordina a Giunone di fermare Turno Virgilio, Eneide 9, 789-805. […] Turnus paulatim excedere pugna et fluvium petere ac partem quae cingitur unda. Acrius hoc Teucri clamore incumbere magno et glomerare manum, ceu saevum turba leonem cum telis premit infensis; at territus ille, asper, acerba tuens, retro redit et neque terga ira dare aut virtus patitur, nec tendere contra ille quidem hoc cupiens potis est per tela virosque. Haud aliter retro dubius vestigia Turnus Traduzione di Luca Canali in Virgilio, Eneide, Milano, Mondadori, 1985; pp. 362-365. […] A poco a poco Turno si ritrae dalla lotta, e cerca il fiume e la parte circondata dall'onda; 790 e più ardentemente i Teucri incombono con grande clamore, e serrano le file. Come una turba incalza con armi ostili un feroce leone; quello, sgomento, furioso, guardando torvo, arretra; l'ira e il valore non tollerano di volgere le spalle, ma non può, 795 benché lo desideri, scagliarsi tra le armi e gli uomini: così dubbioso Turno arretra 4 improperata refert et mens exaestuat ira. Quin etiam bis tum medios invaserat hostis, bis confusa fuga per muros agmina vertit; sed manus e castris propere coit omnis in unum nec contra viris audet Saturnia Iuno sufficere; aëriam caelo nam Iuppiter Irim demisit germanae haud mollia iussa ferentem, ni Turnus cedat Teucrorum moenibus altis. con lenti passi, e l'animo ribolle d'ira. Si slancia due volte in mezzo ai nemici, e due volte li respinge lungo i muri in fuga disordinata; dal campo si stringe insieme veloce tutta la gente, e la saturnia Giunone non osa infondergli forze per resistere; infatti Giove mandò dal cielo l'aerea Iride, a portare alla sorella duri ordini, se Turno non si allontani dalle alte mura dei Teucri. 800 4. Ìride nel concilio degli dei 4.1. Ìride nel discorso di Venere Virgilio, Eneide 10, 31-38. Si sine pace tua atque invito numine Troes Italiam petiere, luant peccata neque illos iuveris auxilio; sin tot responsa secuti quae superi manesque dabant, cur nunc tua quisquam vertere iussa potest aut cur noua condere fata? Quid repetam exustas Erycino in litore classis, quid tempestatum regem ventosque furentis Aeolia excitos aut actam nubibus Irim? Traduzione di Luca Canali in Virgilio, Eneide, Milano, Mondadori, 1985; pp. 368-369 Se i Teucri hanno raggiunto l'Italia senza il tuo consenso 31 e con nume avverso, paghino la colpa, e non aiutarli; se invece seguirono i responsi così numerosi che davano i celesti e i Mani, perché ora qualcuno può mutare i tuoi ordini e creare nuovi fati? 35 Perché ricordare le navi bruciate sul lido di Erice? Perché il re delle tempeste e i venti furiosi scatenati dall'Eolia? o Iride inviata giù dalle nubi? 4.2. Iride nel discorso di Giunone Virgilio, Eneide 10, 63-73. […] Tum regia Iuno Traduzione di Luca Canali in Virgilio, Eneide, Milano, Mondadori, 1985; pp. 368-371. […] Allora la regale Giunone 5 acta furore gravi: 'quid me alta silentia cogis rumpere et obductum verbis vulgare dolorem? Aenean hominum quisquam divumque subegit bella sequi aut hostem regi se inferre Latino? Italiam petiit fatis auctoribus (esto) Cassandrae impulsus furiis: num linquere castra hortati sumus aut vitam committere ventis? num puero summam belli, num credere muros, Tyrrhenamque fidem aut gentis agitare quietas? quis deus in fraudem, quae dura potentia nostra egit? ubi hic Iuno demissave nubibus Iris? spinta da grave furore: “Perché mi obblighi a rompere un alto silenzio e a svelare con parole un segreto dolore? Chi degli uomini o degli dei costrinse Enea a guerreggiare e a presentarsi nemico al re Latino? Raggiunse l’Italia con l’auspicio dei fati: sia! Spinto da Cassandra invasata; ma forse lo esortammo a lasciare il campo e a consegnare la vita ai venti? ad affidare a un fanciullo la direzione della guerra e le mura? a turbare la lealtà tirrena e popoli quieti? Quale divinità lo indusse in pericolo, quali dure prove gli ha inflitto la nostra potenza? dov'è qui Giunone, o Iride inviata dalle nubi? 6