Fra Cornovaglia e Galles

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Fra Cornovaglia e Galles
Fra Cornovaglia e Galles
Un itinerario di visita della Gran Bretagna che proietta in un mondo diverso dagli stereotipi inglesi
I
ntraprendere un viaggio
in Gran Bretagna è sempre qualcosa di impegnativo, credo un po'
per tutti. La guida a sinistra, la mitica austerità britannica, il fascino
che sempre ha avvolto quest'isola
chiusa al resto del mondo, ed altri
ancora, costituiscono elementi che
in certo qual modo incutono timore
e generano un alone di mistero.
Abbiamo vagheggiato tante volte
di attraversare la Manica, quasi un
muro invalicabile come un tempo
erano le colonne di Ercole, ma
sempre abbiamo preferito dirottare
su mete, diciamo, più facili.
Finalmente giunge il momento e con un itinerario corposo,
al limite dello stress fisico, ci buttiamo nella grande avventura. Il
28 giugno salpiamo da Palermo alla volta di Genova, imbarco reso
necessario per guadagnare giorni
preziosi, abolendo l'interminabile
attraversamento di quasi tutta la
penisola. Anche la data è stata
scelta in funzione di trovare un
clima ottimale nella perennemente
piovosa e grigia isola.
La traversata scorre tranquilla in un mare sereno e dopo 20
ore di piacevole relax sbarchiamo a
Genova. La sera preferiamo pernottare in Italia nella cittadina di
Fenis, in valle d'Aosta a meno di
50 chilometri dal confine svizzero.
Dopo alcune soste in località tra la
Svizzera e la Francia il 2 luglio nel
primo pomeriggio raggiungiamo
Calais per traghettare la Manica
fino al porto inglese di Dover. La
traversata anche qui è tranquilla,
ma il cielo grigio all'orizzonte pare
che voglia ricordarci che stiamo
per entrare nel suolo britannico.
In prossimità della costa ci
portiamo sul ponte della nave per
ammirare le tanto decantate bianche scogliere, che si stagliano all'orizzonte severe ed impassibili,
come ammantate di una regale eleganza. Lo spettacolo è affascinante, inaspettato per i nostri occhi abituati a ben diversi panorami. E' un susseguirsi di fotografie e
videoriprese, l'inizio di una frenetica caccia al ricordo di questo viaggio, che già si preannunzia affascinante e diverso dagli altri fatti negli anni precedenti.
I primi assaggi della
Gran Bretagna
L'uscita dal traghetto coincide con l'ansia di non sbagliare e
di attenersi rigorosamente alla
prima novità che subito incontriamo: la guida a sinistra. Devo dire
che all'atto pratico la nuova esperienza non ha provocato il tanto
temuto choc. Inserendoci nella
serpentina di auto e camion che si
avviano all'uscita del porto, già
siamo un poco britannici anche
noi.
Data l'ora relativamente
La cattedrale di Salisbury
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tarda e in conformità al programma previsto per il giorno successivo pernottiamo a Dover stesso,
lungo la Marine Parade, un'ampia
strada che costeggia il porto, dove
sono in sosta, ordinatamente allineati, altri camper di varia nazionalità. Da un apposito cartello leggiamo che la sosta è gratuita fino
alle ore 8 del mattino dopo. Pazienza, ci aspetta una levataccia,
ma non sarebbe stata che la prima
di un tour de force quasi giornaliero. Il turismo è sacrificio e noi ci
sacrifichiamo volentieri per il piacere e la voglia di conoscere il
mondo.
Partiti, quindi, l’indomani di
buon mattino e percorsi circa 260
chilometri per la maggior parte in
autostrada, giungiamo a Salisbury, prima tappa dell'itinerario
previsto. La città, originata da una
roccaforte romana, ha circa 42.000
abitanti e dista soli 140 km da
Londra. E' famosa in tutto il mondo
per la sua bellissima cattedrale, la
più alta del Regno Unito, costruita
nel 1220 in soli 38 anni in stile gotico primitivo. L'edificio, perfettamente conservato nella struttura
originaria, è stato arricchito dalla
Torre, alta 123 metri, la cui costruzione ebbe inizio nel 12851290 e continuata con l’aggiunta
della guglia prima del 1315.
L'esterno
presenta
una
facciata molto elegante, con bifore
su più ordini, alte finestre con arco
a sesto acuto e circa trecento statue che ne ingentiliscono la forma.
Al suo interno si rimane estasiati
dalla grandezza e dall'imponente
semplicità della sua navata, che
termina nella bellissima Trinity
Chapel con ampie e ricche vetrate.
Degno di nota è l'orologio, il più
antico tuttora funzionante dell'Inghilterra. Dall'annesso chiostro a
pianta quadrata, costruito tra la
fine del duecento e l'inizio del trecento, si accede alla Chapter
House, una sala ottagonale in perfetto stile gotico, che ospita un rarissimo documento, una delle
quattro copie originali della Magna
Charta del 1215.
A quattordici chilometri da
Salisbury sorge Stonehenge, certamente uno dei siti archeologici
più famosi al mondo. L'alone di
mistero, che sempre ha coperto
questo nome, affiora subito al primo apparire di fronte a noi dell'enigmatica costruzione. Il complesso megalitico, risalente all'incirca
al 3200 A.C., ha una forma circolare del diametro di qualche decina
di metri ed è formato da due anelli
di pietre alte e snelle, alcune sormontate da altre lastre monolitiche
a guisa di architravi, uno esterno
composto da trenta blocchi ed uno
interno di sessanta.
Dichiarato dall'Unesco patrimonio dell'Umanità nel 1986, il
sito è stato rimaneggiato secondo
un discutibile restauro iniziato ai
primi dell'ottocento e protrattosi
fino agli anni settanta del novecento, che a parere di esperti ne hanno modificato la struttura originaria. Tuttavia esso mantiene intatto
il fascino straordinario che il suo
aspetto misterioso emana. Questo
fascino ci prende totalmente ed
entra nella nostro animo mentre,
incolonnati nel cerchio dei tanti turisti venuti di buon'ora, giriamo attorno al monumento con gli occhi
fissi in avanti, come in estasi davanti a qualcosa che ci sembra
quasi surreale, come un oggetto
alieno di cui vorremmo interpretare l'enigma.
Scattiamo foto in ogni angolazione e guardiamo ammirati
un paesaggio che ci sembra ad ogni passo così uguale eppure così
diverso. Vorremmo quasi dare noi
una risposta alla domanda, che da
sempre ha riguardato il nome di
Stonehenge, se cioè sia nato come
luogo di culto o come un immenso
calendario astronomico, ma poi la
domanda che affiora, osservando
quegli enormi monoliti, il cui peso
varia da 25 a 45 tonnellate ciascuno, è come siano stati trascinati fin
qui e collocati in sito.
Si deve ricordare, infatti,
che le cave, accertate come luogo
di approvvigionamento di queste
pietre, si trovano a Marlborough
Down, a circa 30 chilometri, nelle
colline di Presely nel Galles sudoccidentale. Ci ritiriamo naturalmente senza una risposta, ma con
l'immagine indelebile nella nostra
mente di qualcosa di straordinario,
così affascinante da farci dire un
giorno: ci sono stato anch'io!
Chiudiamo la giornata ad
Exeter, città di 115.000 abitanti e
capoluogo della contea del Devon.
Fondata dai Romani nel 50 d.C.,
che ne fecero la fortezza più occidentale della colonia britannica, ha
Il parco archeologico di Stonehenge. In basso la cattedrale di Exeter
subito notevoli danni a seguito di
bombardamenti aerei durante la
seconda guerra mondiale. Fortunatamente ne uscì indenne la bella
Cattedrale, il monumento più importante della città. L'edificio, la
cui fondazione si fa risalire al X secolo, deve il suo aspetto attuale in
stile gotico ornato al rifacimento
subito tra il 1270 e il 1370. Alla
ricchezza della facciata con tre ordini di statue, che risalgono al trecento, e caratterizzata da un ampio rosone, contrasta la semplice
eleganza delle tre navate interne.
La volta, costituita da una successione di crociere, nel genere la più
lunga del mondo, è sorretta da imponenti colonne a fasci. Ormai all'imbrunire ci godiamo una rilassante passeggiata dal porto canale
del fiume Exe alle quasi deserte
vie cittadine, dove scorrono antichi
edifici a graticcio dalle facciate co-
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lorate.
Il mattino dopo il tempo
grigio non affievolisce il nostro entusiasmo. Continuiamo ad entrare
sempre più a fondo nell'isola e dal
Devon passiamo in Cornovaglia.
In Cornovaglia
sulle orme di re Artù
La Cornovaglia è una lingua di terra frastagliata che a sud
si allunga verso l'oceano Atlantico.
E' un territorio molto lontano dalla
vicina Inghilterra, più ridente ed
evoluta. Qui il territorio è più agreste, in alcuni punti quasi selvatico,
dominato dalle bianche falesie a
picco sul mare; l'economia principale rimane l'agricoltura e l'allevamento e da poco il turismo; le
strade sono strette e tortuose e si
inerpicano in surreali gallerie di alberi secondo la morfologia del suo-
Le spettacolari coste rocciose del Lizard Point
lo. Qui si respira un'aria tutta diversa, da una lingua celtica che
sembrava estinta, il cornico, abbastanza diffuso nella popolazione
locale, alla mitica leggenda di re
Artù e dei suoi cavalieri della tavola rotonda, che alberga in tutta la
penisola, dove luoghi e castelli si
contendono la loro appartenenza a
residenza o tomba del re oppure a
segreto nascondiglio del sacro
Graal.
Con una breve deviazione
e in mezzo a un tempo inclemente,
tra raffiche di vento ed acquazzoni,
giungiamo alla cittadina di Lizard,
minuscolo villaggio sperduto in una
vasta pianura quasi del tutto priva
di vegetazione. Da qui allunghiamo
il passo fino alla fine del promontorio, detto Lizard Point, che costituisce il punto più meridionale della Gran Bretagna. E' un luogo selvatico, la cui costa frastagliata è
piena di scogli ed insenature, dove
il mare, sempre agitato, batte violento i suoi flutti. Per secoli è stato
il terrore delle navi, che attraversavano questo tratto di mare, fino
a quando nella metà del settecento
è stato innalzato un apposito faro.
Una targa elenca i tragici naufragi
e le vite perdute.
Non meno caratteristico ed
altrettanto affascinante è Land's
End, una punta rocciosa, estremo
lembo della Cornovaglia ed estremo limite occidentale di tutta l'isola. E' un ampio promontorio roccioso, aspro e brullo, la cui costa
cade a strapiombo sul mare perennemente agitato e sotto un cielo plumbeo, che raramente fa passare qualche raggio di sole.
Proseguendo a nord, dopo
29 chilometri giungiamo alla ridente cittadina di St. Ives. Pittoresco
porto di mare è un luogo di arte e
di turismo, che merita una breve
rilassante sosta. Ci concediamo così una passeggiata attraverso le
strette vie quasi deserte, forse per
l'ora o forse per il tempo che continua a infierire col freddo e con la
pioggia. Riteniamo, pertanto, opportuno proseguire il cammino, data la scarsa possibilità della zona
ad ospitarci per la notte. Tra strade impervie e strettissime, che avrebbero fatto gridare allo scandalo gli automobilisti nella nostra
madre patria, arranchiamo verso
nord, districandoci nella scarsa visibilità e cercando di evitare tronchi, più che rami, divelti dal vento,
che pendono dagli alberi ad altezza
di parabrezza o giacciono come
macigni sul selciato.
Ma il massimo dell'angoscia è ancora da venire: una deviazione suggerita dal Tom Tom,
forse nell'intento di rendere più
corto il tragitto, ci fa lasciare quella che sembrava la strada maestra
per una via secondaria. L'asfalto
come sempre impeccabile, un bel
paesaggio campestre ed il traffico
quasi inesistente ci fanno proseguire spensierati e allegri, ma il
nostro umore cambia quando ci
rendiamo conto che la strada va
progressivamente
restringendosi
fino a diventare un nastro di siepi
alte quasi tre metri e larghe proprio quanto il nostro camper. Due
muri verticali di foglie e rami scorrono a destra e a sinistra con una
lentezza esasperante. I grandi
specchietti retrovisori esterni stentano a rimanere aperti e più volte
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si chiudono forzati dalla morsa esterna che ci stringe. Sembra di
passare per la stradetta di un
residence (ma quelle sono ben più
larghe!) e non per una strada pubblica e per giunta a doppio senso
di circolazione.
Abbiamo fatto in queste
condizioni chilometri di strada col
cuore in gola. Non pensavamo in
quel momento che la fiancata del
camper sarebbe rimasta segnata
da graffi profondi, ma temevamo
seriamente di rimanere incastrati
in qualche ulteriore strettoia, dalla
quale non avremmo potuto svincolarci né andando in avanti e neppure indietro. Raccomandandoci ai
numi tutelari che nessuno ci venisse di fronte, finalmente come alla
fine di un incubo ritorniamo alla
“luce”. Lo stress è alle stelle, ma
stavolta la sorte si mostra benigna,
facendoci incontrare un confortevole campeggio dove fermarci.
Il Mago Merlino su una via di Tintagel: con re Artù è il personaggio
emblema della Cornovaglia
Ancora col ricordo vivo della brutta avventura appena trascorsa, l'indomani riprendiamo il
cammino. Il tempo è pessimo con
raffiche di vento sferzanti ed una
pioggia battente dalla quale non
esiste praticamente riparo. La nostra meta è Tintagel, nelle cui vicinanze su una scogliera a picco
sul mare sorgono i resti di un imponente castello, legato alla saga
del re Artù, che, secondo Goffredo
di Monmouth, qui ebbe i natali.
Una salita erta e la forte pioggia
persistente ci sconsigliano di salire
su in alto tra le poche rovine, per
tanti, la più piccola sede vescovile
della Gran Bretagna e famosa per
la sua cattedrale. Consacrata nel
1239 e completata nel 1508, è un
edificio di una eleganza imponente,
che si riscontra sia all'esterno che
all'interno. La facciata ha un'estensione orizzontale, racchiusa da due
basse torri squadrate e con circa
trecento statue sistemate in nicchie e gallerie. L'interno stupisce
per l'ampiezza della navata centrale e per gli imponenti archi a forbice in crociera risalenti alla prima
metà del trecento.
Il Galles, terra di castelli
I resti dell’Abbazia di Glastonbury. In basso un’immagine di Wells
cui rinunziamo alla scalata, accontentandoci di scattare foto su foto
all'incantevole paesaggio.
Con un salto di quasi 200
chilometri entriamo nella contea
del Somerset a Glastonbury, la
mitica Avalon del re Artù. Qui sorgeva un'imponente abbazia edificata a detta di un'antica tradizione
sopra una chiesa fondata nel 37
d.C. da Giuseppe di Arimatea, fuggito dalla Palestina con Maria, la
madre di Gesù. Qui, secondo la
leggenda, egli avrebbe portato con
sé il sacro Graal, che avrebbe nascosto in un pozzo. Secondo la saga arturiana qui fu portato il corpo
del re, deceduto dopo la battaglia
di Camlann, e sepolto nella tomba
riscoperta nel 1182 durante i lavori
di ricostruzione della chiesa. Il
complesso monastico, di cui restano imponenti rovine, fu distrutto
nel 1539 da Enrico VIII a seguito
dello scisma della chiesa anglicana.
Appena dieci chilometri
lungo la A39 ci separano da Wells,
tranquilla cittadina di 10.000 abi-
Siamo giunti ormai quasi al
confine settentrionale della Cornovaglia. Superata la foce del fiume
Severn attraverso uno spettacolare
ponte moderno, entriamo nel Galles, una delle quattro nazioni costitutive del Regno Unito. Questa
particolarità si nota subito sia dalle
insegne stradali con le indicazioni
in doppia lingua e sia dallo sventolio della bandiera gallese, che prevale per numero rispetto all'Union
Jack, come è soprannominata la
bandiera del Regno Unito.
Il Galles è infatti una nazione, assoggettata dal re Edoardo
I d'Inghilterra nel 1282, che ha
saputo mantenere le proprie tradizioni e la propria lingua, il Cymraeg o cimrico, antica lingua celtica.
Cymru è il nome della regione nella lingua locale. Capitale del Galles
è Cardiff, sedicesima città del Regno Unito per numero di abitanti.
E' una città dinamica in continuo
sviluppo dopo la decadenza seguita alla forte espansione del secolo
XIX ad opera dell'industria minera-
Il castello gallese di Caerphilly
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ria del carbone.
Prima di arrivare a Cardiff,
una deviazione di appena 16 chilometri porta al castello di Caerphilly, uno dei più grandi d'Europa
e il secondo della Gran Bretagna
dopo quello di Windsor. Le rovine
imponenti mostrano un complesso
militare di grande importanza, con
pianta a schema concentrico, tipico
delle fortezze medievali. Una serie
di camminamenti e cunicoli rendevano raggiungibili tutti i punti della
fortificazione, rendendola praticamente inespugnabile. A nulla, però, valsero le sue mura imponenti
a difenderla dall'assalto delle truppe di Cromwell, che conquistò il
castello durante la guerra civile nel
XVII secolo. Durante l'assalto una
granata sbrecciò la Leaning Tower,
sventrandola del tutto e facendola
piegare con un'inclinazione spettacolare che stupisce per la sua stabilità.
Tornando sui nostri passi
verso Cardiff, a 16 chilometri raggiungiamo il sobborgo di St. Fagans, che ospita il Welsh Folk Museum. E' un importante museo etnografico, uno dei primi in Europa
a cielo aperto, dove in 100 acri di
terreno sono stati edificati oltre
quaranta edifici originali di diversi
periodi storici, fattorie, negozi, laboratori artigianali, una scuola,
una cappella e altri, arredati con
mobili d'epoca e “abitati” da figuranti che indossano vestiti del periodo. Il museo ospita pure un magnifico castello della fine del XVI
secolo, donato al popolo del Galles
dal Conte di Plymouth. La giornata
si chiude a metà pomeriggio nel
Cardiff Caravan Park, un confortevole campeggio alle porte di Cardiff.
L'indomani il tempo sembra farci sperare in meglio. Attraversiamo il Bute Park, un lussureggiante giardino commissionato
intorno al 1870 dalla famiglia Bute
all'architetto scozzese Andrew Pettigrew, specializzato nella realizzazione di giardini. Lungo il lato meridionale del parco lungo Castle
Street corre un muro sul quale
sculture di animali sono rappresentati nell'atto di scavalcarlo.
Più avanti sorge il castello,
originaria struttura medievale quasi in rovina restaurata dalla famiglia Bute, che nel 1947 lo donarono alla città insieme al grande parco. Risalente ad un primo insediamento romano del I secolo d.C.,
l'edificio ha conosciuto diversi pro-
Tipica costruzione rurale nel museo etnografico all’aperto di St. Fagans
In basso il castello di Cardiff
prietari, che ne hanno modificato
di volta in volta la struttura. L'ultimo intervento, sotto la famiglia
Bute, risale alla fine dell'Ottocento
ad opera del bizzarro architetto
William Burges, autore anche dell'Animal Wall, il muro che costeggia a sud il Bute Park. E' una serie
di edifici in finto stile gotico con
diverse torri dominate da quella
variopinta dell'orologio alta 40 metri.
La visita guidata ci conduce
in un ambiente alquanto eccentrico, quale la sala da fumo invernale, la sala araba, la camera da letto di lord Bute, la sala dei banchetti e la sala da pranzo piccola. Un
tono di tenerezza si coglie, invece,
nella camera dei bambini, decorata
con personaggi di fiabe, nella quale sono raggruppati oggetti appartenuti ai piccoli rampolli della fa-
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miglia. All'interno del castello, nella Black Tower, è allestito un interessante museo, il Welch Regiment
Museum, dove sono illustrate le
imprese militari del reggimento di
fanteria del Galles meridionale.
Nell'ambito della mostra fa un certo effetto vedere la presenza della
mascotte del reggimento, una graziosa capretta, che abitualmente
sfila innanzi il reggimento ed è
considerata a tutti gli effetti un
membro di esso, meritevole, pertanto, anche di decorazione.
Esaurita la parte museale
girovaghiamo quindi per le strade
della città. Ci immettiamo in Queens Street, isola pedonale molto
animata dove si susseguono negozi di ogni genere, alcuni dedicati
all'artigianato locale. In uno di
questi acquistiamo un dragone in
legno, che adesso fa bella mostra
La bassa marea nel porticciolo di Tenby
In basso il castello di Pembroke
all'interno del nostro camper, ed
un cucchiaio pure in legno lavorato
con volute di ogni genere, che si
offre come regalo bene augurante
per matrimoni o felici ricorrenze.
Dopo esserci ristorati e soprattutto riposati all'interno di un
Pizza Hut, riprendiamo il giro, allungando il passo fino al Civic
Center, il cuore amministrativo della città, costruito nel primo novecento in pietra bianca di Portland a
ridosso degli Alexadra Gardens. Al
centro spicca la City Hall, il municipio, ampio edificio in stile neoclassico ai cui lati sorgono il Tribunale e il
National Museum Wales, uno dei
più importanti musei del Regno Unito, dedicato all'arte, all'archeologia
ed alla storia naturale.
Lasciamo l’indomani la capitale. A 150 chilometri ad occidente ci fermiamo lungo il Bristol
Channel dove si trova un piccolo
porto di pescatori, Tenby; è un
borgo marinaro posto su un pro-
montorio con ampie spiagge sabbiose, che rendono spettacolare
l'effetto visivo della bassa marea
con le piccole barche abbandonate
su un lato sulla sabbia deserta.
Dell'antica cinta muraria, risalente
al secolo tredicesimo, si conserva
un breve tratto significativo che
costeggiamo fino al Five Arches
Gate, da dove si entra nel borgo
antico. Percorrendo pittoresche
viuzze giungiamo alla parrocchiale
di St. Mary, la cui semplice facciata
è dominata da una torre con guglia
alta 46 metri. Il piccolo centro è un
dedalo di stradine dalle case variopinte e ornate di fiori. Saliti fino a
quelli che sono i resti quasi indistinti del vecchio castello, cominciamo a prendere la via del ritorno
sotto un cielo grigio e umido.
Il giorno dopo riprendiamo
il giro verso la tappa successiva, la
cittadina di Pembroke. Il piccolo
centro è dominato dalla mole imponente del castello, il più grande
castello privato del Galles. La sua
struttura è di origine normanna e
risale al 1093. Ristrutturato all'inizio del duecento, è stato praticamente distrutto da Oliver Cromwell
durante la guerra civile nel 1648.
All'interno sono stati allestiti quadri
raffiguranti la vita del castello con
figure a grandezza naturale di forte impatto visivo. Fra questi desta
interesse quello che raffigura la
madre Margaret con il piccolo Enrico VII, fondatore della dinastia Tudor, che qui nacque nel 1457. Soprannominato Enrico il Navigatore,
questi diede un forte impulso alla
politica di espansione, dando inizio
alla fondazione di quello che sarebbe stato il più vasto impero dell'e-
La cattedrale di St. David’s
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poca moderna, l'impero britannico.
Dopo una rilassante passeggiata per le vie del centro, riprendiamo la strada fino a giungere
dopo 45 chilometri a St. David's,
piccola cittadina famosa per la
grande e imponente cattedrale dedicata a san Davide, patrono del
Galles. Costruita a partire dal 1115,
è stata meta fin dal medioevo di
apposito vano è custodita in una
nicchia chiusa da una robusta inferriata l'arca di san Davide del 1275,
distrutta durante la Riforma. Poco
distante dalla cattedrale ci sono i
resti del Bishop's Palace, maestosa
residenza dei vescovi di St. David's
nel tardo medioevo.
Aberystwyth, la nostra
tappa successiva, è una piccola lo-
Due immagini del castello di Caernarforn
innumerevoli
pellegrinaggi,
da
quando nel 1124 il papa Callisto II
decretò che due pellegrinaggi a St.
David's equivalevano ad un pellegrinaggio a Roma. L'interno colpisce per il notevole sviluppo architettonico, per la marcata pendenza
del pavimento e per il pittoresco
soffitto ligneo di quercia irlandese
sulla navata centrale. Le navate laterali sono costellate da tombe
marmoree di importanti personaggi, per lo più vescovi, e da nicchie
finemente lavorate. Appartato in un
calità balneare affacciata sul Cardigan Bay. Posteggiamo il camper
sul lungomare e ci accingiamo ad
un breve giro verso il centro. Il
vento ed il freddo pungente mettono a dura prova la nostra resistenza. Tutt'attorno non c'è anima
viva e pare che tutta la cittadina si
racchiuda in noi. Sul lungomare si
affaccia la vecchia sede dell'University College of Wales, fondato
nel 1872, che oggi conta più di
7000 studenti iscritti in diciotto dipartimenti accademici. Su un'altu-
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ra dominante sorgono le rovine
dell'antico castello, risalente alla
fine del duecento e distrutto durante la guerra civile. Ci concediamo ancora una breve passeggiata
lungo le vie fredde e deserte prima
di allontanarci alla ricerca di un
posto idoneo per il pernottamento.
Il giorno successivo, percorsi circa 130 chilometri, per lo
più su strade a scorrimento veloce, giungiamo nella cittadina di
Caernarfon, posta in posizione
strategica all'imbocco meridionale
del Menai Strait, già utilizzato in
funzione militare fin dall'arrivo dei
romani. Nel 1283 Edoardo I d'Inghilterra fece costruire a difesa
delle conquiste gallesi un poderoso castello, di cui oggi restano imponenti rovine dopo la distruzione
subita nel periodo della guerra civile. Continuando una storica tradizione, che risale al 1301, quando
Edoardo I nominò principe di Galles il figlio Edoardo II, che qui
nacque nel 1284, in questo castello viene dato questo titolo all'erede al trono inglese. Qui ricevettero
tale investitura Edoardo VII nel
1911 ed il principe Carlo nel 1969.
Annoverato dall'Unesco tra i beni
dell'Umanità, il complesso assunse
l'aspetto attuale nel 1323 e mai
venne completato, come si evince
da alcuni punti in cui si notano dei
raccordi atti a prolungarsi in muri
che non furono mai costruiti. Il
suo aspetto esterno è caratterizzato da torri poligonali di ispirazione bizantina sul modello di Costantinopoli, come era al tempo in
cui Edoardo fu crociato.
Un ponte stradale sospeso
sullo stretto di Menai, costruito nel
1826, congiunge la terraferma all'isola di Anglesey. Il ponte lungo
1,6 chilometri fu progettato dall'ingegnere Thomas Telford ed è considerato il ponte a sospensione in
ferro più antico al mondo. L'isola è
legata alla tradizione dei druidi, qui
insediati fino a quando i romani,
decisi a stroncare il loro potere, la
invasero. L'attrattiva più importante
è il castello di Beaumaris, l'ultima
fortezza costruita da Edoardo I,
come estremo avamposto a nord
del Galles appena conquistato, la
cui costruzione non è stata portata
mai a termine. Pur essendo forse il
meno famoso tra i castelli costruiti
da Edoardo I, esso rappresenta però l'esempio più chiaro dello stile
edoardiano dei castelli a schema
concentrico, già visto in altre simili
fortificazioni del Galles.
Ritorniamo in terraferma e
dopo una quarantina di chilometri
giungiamo nel piccolo porto peschereccio di Conwy. Il borgo fortificato
da bastioni è dominato dall'imponente castello, costruito da Edoardo
I nel 1283, quando Conwy era probabilmente destinata a capitale di
una delle quattro contee, in cui doveva essere diviso il nord del Galles. Le rovine imponenti danno un'idea della formidabile struttura,
posta a difesa di un territorio impervio e strategico. Le mura della
città, sviluppate per 1300 metri con
ventuno torri e tre porte, racchiudono il borgo antico dalle linde vie e
dagli edifici antichi recentemente
restaurati. Tra questi troviamo l'Aberconwy House, la casa più antica
della città, che risale al 1300 e, affacciata sul porto, The Smallest
House, la casa più piccola della
Gran Bretagna di soli 3,05 x 1,8
metri, abitata fino al 1900.
Impressioni e commenti
Qui finisce il nostro giro tra
la Cornovaglia e il Galles. Il viaggio
proseguirà ancora, verso il nord,
ma sarà un altro mondo, saranno
altre esperienze. I territori attraversati, le città visitate, i monumenti e i castelli in gran parte in
rovina non avranno uguali nel resto della Gran Bretagna. Pur se sostanzialmente differenti fra loro le
due regioni, sotto certi punti di vista “nazioni”, hanno in comune la
cultura celtica, l'orgoglio di antiche
tradizioni storiche e linguistiche faticosamente rivalutate nei tempi
recenti. Sono due regioni che da
poco si sono aperti ad un crescente
flusso turistico e che tanto sanno
dare come arte e come cultura.
Il caprone, simbolo dei vari reggimenti militari del Galles
Le difficoltà incontrate in
questa prima fase del viaggio sono
state notevoli. L'impatto col mondo
britannico, in parte previsto prima
della partenza, non è stato facile. La
mentalità anglosassone è troppo differente dalla nostra mentalità latina,
aperta al dialogo, esuberante, pratica
e sotto certi aspetti accomodante.
Qui è tutto rigido e programmato in
modo quasi da annullare ogni personale iniziativa, come nella viabilità,
che scorre intensa ma sciolta lungo
rotonde e corsie rigidamente segnate, nelle quali ogni automobilista si
trova come dentro un interminabile
tapis roulant, come se non fossero le
mani al volante ma l'asfalto stesso a
portare alla destinazione indicata dai
pochi cartelli indicatori.
Qui abbiamo trovato abitudini nuove, alcune utili come le rigide
code, rigorosamente rispettate davanti ogni cosa, dai negozi, alle vetrine o alle biglietterie, altre per noi in-
La cittadina di Tenby
IL CLUB n. 97 – pag. 43
concepibili, come l'orario dei negozi,
inderogabilmente chiusi alle 17, e nei
quali non si è neppure accolti se ci si
presenta cinque o dieci minuti prima
della chiusura, oppure l'orario dei
musei, che chiudono allo stesso orario ed il cui ingresso è negato anche
mezzora prima, pur se si chiede, naturalmente pagando regolare ingresso, di dare solo un'occhiata veloce. E'
un modo troppo rigido di pensare il
vivere civile, che a volte per noi diventa, direi, addirittura assurdo.
Un esempio per tutti può
valere la grande difficoltà di trovare
un adeguato parcheggio per il camper, non tanto per la sosta durante
la visita della città, ma soprattutto
per il pernottamento. A parte che i
pochi campeggi sono segnalati solo
quando ci si passa davanti e che rigorosamente non accettano ospiti se
pur di poco sono passate le diciassette (affermando il gestore con atteggiamento glaciale che il campeggio è “pieno”, mentre si vede chiaramente che è quasi vuoto), abbiamo riscontrato che molte cittadine,
anche piccole e fuori portata dai
grandi flussi, hanno un numero direi
esagerato di parcheggi, all'imbrunire
quasi del tutto vuoti, ma tutti bloccati ai camper da un incomprensibile
divieto a sostare per la notte.
Lo stress accumulato in
questi pochi giorni supera a volte la
stanchezza fisica dello scarpinare
per vie e viuzze, ma la volontà di
conoscere, il desiderio di andare avanti supera anche questo ostacolo.
Del resto si sa: il turismo è sofferenza, una piacevole e volontaria sofferenza.
Enza Messina e Paolo Carabillò