Cade dalla scala e muore a 55 anni

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Cade dalla scala e muore a 55 anni
Valdarda
LIBERTÀ
Venerdì 17 settembre 2010
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VERNASCA - La tragedia ieri mattina poco dopo le sei al cementificio Buzzi-Unicem dove un operaio ha perso la vita.Disposta l’autopsia
VERNASCA A sinistra:
un’immagine
di Giuseppe
Bertoncini
sorridente;
a destra:
carabinieri
sul luogo
della tragedia
nel reparto
del cementificio;
in alto:
lo stabilimento
Buzzi-Unicem
(f. Lunardini)
Infortunio
sul lavoro
o malore?
VERNASCA - Mentre lavora si accascia al suolo e muore stroncato,
probabilmente da un malore. Si
chiamava Giuseppe Bertoncini,
aveva 55 anni ed era prossimo
alla pensione; la tragedia è avvenuta ieri nel cementificio di
Vernasca.
Da una prima ricostruzione
dei fatti, il decesso potrebbe essere sopraggiunto a causa della
caduta accidentale dalla “scala a
pulpito”, regolarmente installata, o forse a causa di un malore
che avrebbe provocato la caduta.
Sarà l’autopsia, disposta dal magistrato, a stabilire l’esatta dinamica dell’evento.
A Vernasca, dove l’operaio era
molto conosciuto, la notizia della tragedia ha suscitato sgomento e vasto cordoglio. Una mattinata molto difficile da dimenticare, quella di ieri, per quanto hanno vissuto i turnisti, i dipendenti
ed i dirigenti della Buzzi-Unicem,
lo stabilimento che si trova in località “Molino Teodoro” (Comune di Vernasca) sulla strada provinciale tra Lugagnano e il lago di
Mignano. Ma sarà molto più difficile da dimenticare per i familiari che hanno perso un marito e
un padre. Bertoncini sarebbe andato in pensione a gennaio 2011
per aver raggiunto i prescritti
quarant’anni lavorativi, di cui
trentaquattro nello stesso cementificio.
L’uomo, in qualità di “manutentore meccanico” alle sei di ieri stava verificando una anomalia in un settore del ciclo produttivo assieme al collega e “manutentore elettrico” Simone Cavazzi, quando si è improvvisamente
accasciato al suolo. Il tonfo ha allarmato il collega che, resosi con-
Cade dalla scala e muore a 55 anni
Giuseppe Bertoncini sarebbe andato in pensione a gennaio
to della totale perdita di cono- lavoro) e dai carabinieri della stascenza di Bertoncini, ha subito zione di Vernasca al comando del
attivato i soccorsi. A nulla sono maresciallo Enrico Assandri.
valsi gli interventi del personale
Giuseppe Bertoncini, con la
della Pubblica Assistenza di Lu- moglie Adele Boiardi e le figlie Silgagnano, del 118 di Fiorenzuola, via (laureata in farmacia e colladi un cardiologo e le applicazioni boratrice nella farmacia di Vernadel defibrillatore. Bertoncini, sen- sca) e Stefania (studentessa liceaza aver ripreso conoscenza, è de- le allo scientifico di Fiorenzuola)
ceduto verso le
viveva in località
sei e mezzo.
Case Sasano,
I
contorni I soccorsi
sulla crinale deldella tragedia, Vani i tentativi del
la costa dei Bioltre che dal colgnoni, in una aclega, sono stati cardiologo di rianimarlo cogliente villa di
illustrati dal di- con il defibrillatore
cui andava orgorettore dello staglioso perché
bilimento, ingefrutto di tutto il
gner Gianni Mario Cena, e dal re- suo costante lavoro.
sponsabile amministrativo Ro«Era una persona di “vecchio
berto Battaglia. In venti anni so- stampo” - riferiscono colleghi e
no stati quattro gli incidenti mor- dirigenti - era, gioviale e sempre
tali nello stabilimento di disponibile. Mai isolato dai colleVernasca. La salma è stata trasfe- ghi, anzi è sempre stato attivarita al nosocomio di Fiorenzuola mente partecipe dei loro problea disposizione del medico legale mi». A Vernasca nella tarda mattiper l’esame autoptico. Gli accer- nata si era diffusa una triste comtamenti nello stabilimento sono mozione e molti hanno espresso
stati eseguiti dal personale del- parole di conforto alla moglie Al’Ausl di Piacenza (Medicina sul dele, alle figlie Silvia e Stefania.
«Lo conoscevo da quando sono venuto parroco qui 13 anni fa
- spiega don Giancarlo Plessi -.
La sua era una famiglia molto unita, e con essa era presente nella vita parrocchiale. Ma era soprattutto legato a Vezzolacca, la
frazione di origine della moglie,
dove Giuseppe trascorreva il suo
tempo libero e dove ogni domenica lo vedevo a messa con la famiglia - e aggiungendo alcuni
tratti del suo carattere don Giancarlo ricorda che -. Era una persona semplice, si prestava al volontariato ma era discreto e schivo, anche se di buona compagnia
non amava apparire. Giuseppe
ha fatto tanto per Vezzolacca».
Proprio per questa ragione la
moglie e le figlie hanno scelto di
tenere il funerale nella piccola e
suggestiva frazione della Valtolla
dove ieri, alle 20.30, don Plessi ha
recitato il santo rosario, molto
partecipato. Il rito sarà ripetuto
questa sera. Per il funerale bisognerà attendere l’autopsia ed il
nulla osta del magistrato.
VERNASCA - Una persona che a-
Gli amici
mava il suo lavoro, dedicata alla
famiglia e attivamente impegnata nel volontariato sociale, questo era Giuseppe Bertoncini nelle parole di quanti lo hanno conosciuto e lo hanno avuto come
compagno e socio in associazioni e in iniziative per le quali
spendeva le sue forze e il suo tempo libero.
«Avevamo in comune la passione per il calcio - ricorda Massimo Trabucchi presidente dell’Unione sportiva
di Vernasca -. Era stato a lungo, fino a cinque anni fa, dirigente accompagnatore e guardalinee
ufficiale della squadra. Aveva un carattere socievole e aperto al dialogo, benché non amasse imporsi e le espressioni esteriori». La disponibilità
verso il prossimo, Bertoncini l’aveva espressa anche come socio donatore della sezione comunaGiuseppe le Avis di Vernasca. «Era uno dei soci benemeriti,
Bertoncini all’attivo contava oltre 75 donazioni - spiega Carlo Corsini presidente di sezione -. Un socio fedele, molto presente alla vita della sezione e nelle manifestazioni promozionali dell’associazione, si preoccupava di trovare
nuovi donatori. Con la perdita di Bertoncini perdiamo un amico e un socio prezioso». L’amico Fausto Ferrari ne ricorda il
suo senso dell’altruismo ed aggiunge: «Era anche iscritto all’Aido, l’Associazione donatori di organi, è una grave perdita».
Si era speso
per Avis, Aido
e il calcio
Franco Lombardi
ROVELETO - Gremito il santuario della Beata Vergine per il funerale del 46enne scomparso domenica mattina dopo un incidente in moto a Ottone
ROVELETO - L’ultimo commosso saluto a Fausto Ghisoni,morto
dopo l’incidente in moto: folla al funerale (foto Lunardini)
«Su di lui si poteva sempre contare»
Ieri il commosso addio a Fausto Ghisoni. Don Umberto: il suo esempio sia di guida
ROVELETO - Quando don Umber-
to comincia l’omelia la mastica
piano e le pause tra una frase e
l’altra, alla fine, si trasformano
in commozione: «Vorrei tanto
non essere qui» comincia a dire, di fronte a decine e decine di
persone, accalcate dentro il santuario della Beata Vergine a Roveleto e strette l’una all’altra
lungo la via Emilia. Neanche
tutte quelle persone vorrebbero
essere lì, vicine al feretro coperto di fiori bianchi e gialli, vicine
per l’ultima volta a Fausto Ghi-
soni, il motociclista 46enne
scomparso domenica mattina
dopo che sabato era andato a
sbattere ad Ottone contro un albero, mentre percorreva la Statale 45 in sella alla sua Ducati.
Erica, la figlia di 20 anni, fa fatica ad entrare in chiesa e gli occhi dei presenti si puntano su di
lei quasi volessero salvarla da
tutto quel dolore.
Ci sono i compagni di classe
di Manuela, l’altra figlia, di soli
13 anni. C’è tutto il paese, arrivato per stringere la mamma di
Fausto, Piera: «Lui era la sua vita» commenta una signora, appena fuori dalla chiesa. «Vorrei
tanto che tutta questa cosa non
fosse vera» prosegue il parroco.
Poi c’è quel silenzio, gelido, eppure pieno d’amore. «Vorrei ritrovarmi ancora seduto a parlare con Fausto». Scorrono nei
pensieri dei presenti le letture,
«Rendete grazie al Signore perché è buono» recitano.
Ma è possibile davvero credere quando il dolore ti schiaccia?
«Ascoltare certe parole fa quasi
bruciare le labbra - commenta
don Umberto - non senti fino in
fondo la potente verità di queste letture. Ma Fausto era uno
che sapeva sempre ripartire, ricominciare. Così anche noi siamo chiamati a ricominciare. In
quanti in queste ore mi hanno
chiesto perché. Non lo so, non
sono nella mente di Dio. Posso
solo dire che non siamo padroni della nostra vita, ma possiamo decidere come viverla. Se
abbiamo l’occasione di fare del
bene, perché rimandare? Se c’è
l’occasione di amare, dobbiamo
amare. Non giochiamo la vita al
risparmio». Fausto era uno che
sapeva amare. Oh, se amava la
mamma, la moglie Silvia, le figlie. Glielo si legge nei volti rigati dalle lacrime eppure composti
nella certezza che tutto quell’amore non si può distruggere
contro quell’albero.
Sulle pareti della chiesa, tanti
ex voto, piccoli quadretti di incidenti, ritagli di giornale, foto
di auto distrutte. Fausto non ce
l’ha fatta: «Ma nel Vangelo - dice
riprendendo fiato don Umberto
- l’assenza è più eloquente della
presenza. Fausto parlava senza
parole, incurvava le sopracciglia
e si esprimeva così, comunicava con lo sguardo. Era un uomo
che non imponeva la sua presenza ma su di lui si contava
sempre, non aveva bisogno dell’applauso». Se n’è andato in silenzio, senza disturbare nessuno, come lui avrebbe fatto. Ma
la chiesa piena di persone parla
di lui. E non smette di parlare.
Elisa Malacalza