Lo stile delle auto e il suo evolversi

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Lo stile delle auto e il suo evolversi
“Per gentile concessione della rivista la Manovella”
Lo stile delle auto e il suo evolversi
Dalle origini alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale – Dalle prime carrozzerie montate sui telai
alla scocche portanti – Storia di generazioni di stilisti la cui bravura è riconosciuta in tutto il mondo
Nella mia vita di lavoro ho avuto la fortuna di conoscere e imparare tanto dai grandi giornalisti
dell’automobile, Ferruccio Bernabò e Gino Rancati, che rimpiango di cuore, Fulvio Cinti e Gianni
Rogliatti, con i quali continuo ad avere uno scambio continuo nel segno di una grande amicizia.
Molto di quello che so sulla storia della carrozzeria lo devo a loro, all’attenta lettura di
“Carrozzieri di ieri e di oggi” di Carlo Biscaretti di Ruffia, e alle testimonianze di storici come
Alberto Bersani e Bruno Alfieri. A loro, in particolare a mio padre che tanto mi ha insegnato e
che è stato Presidente del Gruppo Carrozzieri negli anni ’50, e a molti altri, va la mia
riconoscenza per quanto mi hanno dato e concesso di apprendere arricchendo la mia esperienza
professionale. Dal 2002 ho l’onore di presiedere il Gruppo Carrozzieri ANFIA e anche questo
ruolo mi ha portato ad approfondire la storia dei maestri carrozzieri che ci hanno preceduti e a
ricordare che anche quelli scomparsi hanno contribuito al successo della categoria rendendola
grande e rispettata nel mondo.
Accanto, lo stand della Carrozzeria
Nenci,
di
Firenze,
al
Salone
dell’Automobile di Milano del 1906. In
quell’anno la Carrozzeria si trasformò
in anonima con capitale di Lire
1.600.000
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Due immagini tratte dal “Nuovo catalogo illustrato 1906-1907 della Società Anonima Carrozzeria Italiana Locati & Torretta”, con sede a Torino, a
Barriera di Nizza.
La Carrozzeria fondata nella seconda metà dell’Ottocento da Alessandro Locati divenne famosa non soltanto in Italia e in Europa ma persino in
America, dove, nel 1876, a Philadelphia, espose alcune delle sue creazioni. La Locati si associò a Torretta verso il 1890 e con l’avvento
dell’automobile si dedicò con passione e maestria al nuovo veicolo. Nel 1905 l’azienda si ingrandì: si costituì in anonima con capitale di Lire 100.000
e trasferì la sua sede in Barriera Nizza, su una superficie coperta di 11.000 metri quadrati. Nel 1909 ricevette una commessa per la costruzione di
50 furgoni per le Poste Italiane ordinati dalla Fiat; nello stesso anno realizzò anche la Itala destinata al Papa. Non sopravvisse però alla morte del
Locati e terminò la sua attività durante la Prima Guerra Mondiale.
Le differenti civiltà durante i secoli hanno lasciato tracce del lavorio dell’uomo per crearsi mezzi
di trasporto per merci e persone. Dalla nascita della ruota (a 4000 anni fa circa risalgono le
prime raffigurazioni sul bassorilievo di Ur in Babilonia), a quella del carro (2000-3000 anni fa a
partire dall’ Asia Minore, Assiri, Persiani e poi Egizi, Greci), alle innovazioni nella locomozione
durante l’impero romano (Biga, Quadriga, Sestiga, Cisium, Carpentum, Rheda, Pilentum, Currus)
fino alla Carruca, veicolo di uso comune a quattro ruote, da cui ebbe origine e nome la
carrozza, il cui avvento è fissabile fra il 1549 e il 1572: la grande protagonista della locomozione
fino alla fine dell’800, significò la creazione dall’inizio del ‘600 di autentici capolavori di linea e di
esecuzione, e dagli inizi dell’800 la formazione di tante famose botteghe, nella pianura padana in
particolare a Milano e Torino dove, oltre che in Europa e in Francia, questo tipo di veicolo ebbe
straordinaria diffusione presso nobili e benestanti facoltosi. Il carrozziere dell’epoca, penso fra
gli altri a Sala, Boschetti, Locati & Torretta, Alessio, Pregliasco, era il geniale artigiano che
realizzava compiutamente le carrozze, acquisendo professionalità che si sarebbero rivelate
preziose per il successivo momento in cui il veicolo a cavalli passò il testimone al mezzo
semovente. In tal senso si può dire che mio nonno Pinin, del 1893, veramente nacque con
l’automobile, essendo contemporaneo all’epocale trapasso dalla carrozza all’automobile (il primo
esempio di vettura in cui i viaggiatori sono interamente chiusi a riparo, una vera e propria guida
interna, è il prototipo di Luigi Renault del 1899, su telaio suo con motore De Dion et Bouton),
ed avendone vissuto in prima persona una transizione non pacifica e naturale come si potrebbe
pensare.
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Pubblicità della Carrozzeria Sala di Milano, risalente al 1906. La Carrozzeria, uno dei più antichi stabilimenti milanesi per la costruzione
di carrozze a cavalli, fin dagli ultimi anni dell’Ottocento si dedicò all’automobile, raggiungendo in breve risultati eccelsi. Nel 1905 fu
rifondata in Società Anonima Carrozzeria Italiana, grazie ad un potente gruppo di capitalisti ed imprenditori capeggiati dal Duca Uberto
Visconti di Modrone, con capitale di Lire 2.000.000
Pubblicità del 1911 della Carrozzeria FERT. Fu fondata a Torino nel 1909 da Federico Polirano, amico di Giovanni Ceirano e da lui
appoggiato, che aprì l’agenzia generale della Scat e la Carrozzeria FERT. Nel 1911 la FERT occupava un centinaio di operai e
costruiva sulle 200 carrrozzerie all’anno.
In basso, un landaulet limousine smontabile realizzato nel 1911 dalla Carrozzeria Schieppati, una delle più antiche carrozzerie milanesi.
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Al contrario furono in tanti a tentare di resistere alla novità con un misto di conservatorismo
nella difesa della ricca eredità del passato, dell’arte dei padri, e di ostilità a nuovi saperi e nuove
tecniche costruttive, che non portò loro fortuna. Ricorda in particolare Carlo Biscaretti di
Ruffia: “Vi è, viceversa, una discendenza di uomini che, di fronte all’avvento sempre più
prepotente del miracolo motoristico, compresero che era necessario passare da un’industria
morente a quella nascente. E di questi uomini rimasero in piedi soltanto quelli che seppero
dimenticare.” Per gli altri, ai quali “la modificazione della linea classica apparve come un’eresia, il
povero motore venne considerato indispensabile ma vergognoso, degno di essere celato per
non turbare la solenne poesia del cocchio”, fu declino e poi fine dell’attività.
L’Alfa Romeo aerodinamica carrozzata da Castagna per il conte Ricotti del 1913; accanto una Lancia Lambda Torpedo costruita dal 1921 al 1925
Già, il “povero” motore a scoppio irrompeva sulla scena e la sconvolgeva definitivamente. E
dire che già da alcuni decenni si cercava con soluzioni a vapore ed elettriche di sostituire la
trazione animale: iniziarono Benz e Daimler, i padri della moderna automobile, poi ci fu il carro
di Cougnot, il landau di Bordino, il trattore di De Dion e Bouton, l’avantreno del Granduca
Alessio, la vettura a vapore di Serpollet, il siluro elettrico di Jenatzy: tutti tentativi geniali,
suggeriti dal desiderio di progresso, sempre insito nell’animo umano, che però non trovarono
quelli che oggi definiremmo “sbocchi di mercato”.
Al di là delle prime resistenze, furono comunque proprio i carrozzieri più avveduti e lungimiranti
dell’epoca a costruire i nuovi capolavori di architettura mobile, trasferendovi il patrimonio delle
varie specializzazioni acquisite anche in riferimento alle denominazioni stesse delle varie
tipologie di veicoli: landau, phaeton, berlina, coupé, cabriolet, spider…..
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Copertina dal catalogo della Taurus, carrozzeria costituita in anonima a Torino nel 1905, con capitale di Lire 100.000, elevato a Lire 700.000 nel
1906. Lavorò molto bene per parecchi anni, diretta da Eusebio Garavini, poi titolare della ditta omonima.
Mio nonno era al contrario dei conservatori un rivoluzionario: vedendo passare le carrozze già
pensava a come le avrebbe trasformate “da idee vecchie come la storia dell’uomo in moderne
automobili, non contenitori che avessero perduto per strada i cavalli”. Queste parole anticipano
il momento in cui, alla fine degli anni ’20, e guarda caso la Carrozzeria Anonima Pinin Farina
nasce nel 1930, i grandi progettisti meccanici e i costruttori seppero fornire ai carrozzieri i telai
motorizzati, con ruota gommata, ruote anteriori indipendenti e disegno del cofano,
permettendo così all’automobile di diventare veramente tale, di spogliarsi di ogni residua
simbiosi con la carrozza. Dal connubio fra scienza, tecnica, arte, nacque il germe della
carrozzeria italiana che ancora conosciamo, capace di conferire al prodotto automobile
perfezione formale ed esecutiva assoluta, superando i colleghi francesi e poi, più avanti nel
tempo, tedeschi e americani.
Da una pagina interna del Catalogo Taurus, un’immagine del “Doppio Phaeton Re del Belgio”.
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Notevole fu anche, sin dagli inizi, la capacità di interpretare lo spirito dei modelli che si chiedeva
loro di carrozzare, prima in pezzi unici, poi in piccole serie, sempre nel rispetto dell’identità di
marca d’origine. Un’identità che coincideva molto con il frontale, primo biglietto da visita di
un’automobile, e quindi anche con il disegno del radiatore.
La Fiat Zero carrozzeria di serie Torpedo, meno conosciuta come 12-15 HP. Accanto un’immagine pubblicitaria, ancora in bozza, della Colombina,
creazione della Carrozzeria Dux, fondata a Milano nel 1929 da Vittorio Ascari, fratello di Antonio. La Dux terminò la sua attività già nel 1931,
assorbita dalla Touring.
Come ricordava, in riferimento alla Fiat Zero, mio nonno allora diciassettenne e già responsabile
del reparto stile e progettazione alla Stabilimenti Farina del fratello Giovanni: “Nulla di più
arrischiato, per un niente si cade nell’ornato e nello scenografico inutile: molti tipi di radiatori di
quegli anni li avrei relegati nei ferri vecchi, essendo un errore base su cui si costruivano gli altri
errori della carrozzeria”. Cosi come la linea aerodinamica, la “streamline”, a partire dal progetto
di vettura a goccia del Conte Ricotti realizzata da Castagna nel 1911, poi con più forza dagli anni
’30, divenne la cifra stilistica italiana per eccellenza, sinonimo di innovazione come le prime auto
italiane ad “ala spessa”, già preconizzate da Jaray.
Per non dire della Lancia Aprilia Aerodinamica Pinin Farina del 1937 dalla linea a goccia. A
proposito di questa vettura rivoluzionaria , più di un critico del tempo ne sottolineò la
singolarità della forma. Osservò mio nonno: “ La Carrozzeria: voi ne parlate come di un
involucro, qualcosa di sovrapposto alla struttura stessa dell’automobile, e tirate sempre in
campo la moda, il gusto. Nossignori, è invece l’idea stessa dell’automobile che forse sono
riuscito a esprimere dopo averci perso dietro mezza vita”. Anche in questo caso mio nonno era
già avanti coi tempi, a quando lo stile avrebbe lasciato il posto al design, inteso come progetto
globale. Ebbe intuizioni incredibili come parabrezza e calandra inclinati, tentativo di riprodurre la
curvatura del vetro tagliandolo verticalmente dato che all’epoca non esistevano le tecnologie
adeguate, fari carenati, forma alare dei parafanghi, gusto infallibile per la bella forma, pulita,
sobria, armoniosa nei volumi e nei vuoti e pieni, sempre rispettosa della funzionalità,
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aerodinamica intuitiva, come si è visto. Tornando ai nostri carrozzieri è giusto rimarcare come
non si sia mai trattato di un mestiere facile, ammesso che ne esistano. Nel periodo considerato
la loro selezione fu durissima e ne ridusse drasticamente il numero nel corso degli anni dagli
oltre 80, di cui 50 gli associati all’ANFIAA di allora, ai 40 del secondo dopoguerra: scomparvero
nomi come Alessio, Anelli e Volpiano, Azzaroni, Brianza, C.A.R., Belloni, Bollani, Ceirano,
Christillin, Ciocca, Citterio, Colombo, Conrotto, Conte, Dux, Excelsior, Fert, Fiorini,
Genovese, Gotteland, Lanza, Locati & Torretta, Moderna, Marini e Viganotti, Nagliati, Nenci,
Rietti, Schenone, Schieppati, Sala, Simonetti, Solaro, Taurus, Travaglini Montescani e Boerio,
Trayer, Viarengo e Filipponi. In compenso ne nacquero e se ne rinforzarono altri: solo alcuni
percorreranno tragitti più o meno lunghi e significativi e ancora oggi sono in attività. Quattro
comunque possono essere considerati a grandi linee come i momenti topici del settore fino al
1945:
− il “trauma” del passaggio dalla carrozza all’automobile e il periodo della costruzione mista
(legno e lastra battuta, prima in lamierino d’acciaio, più tardi in alluminio);
− la crisi conseguente alla Prima Guerra Mondiale, successiva all’apparire delle prime serie a
partire dal 1912;
− la sfida posta della rivoluzionaria scocca auto-portante introdotta della Lancia Lambda del
1922 che costrinse i carrozzieri ad affrontare il binomio telaio-carrozzeria pensati insieme;
− le difficoltà degli anni ’30 culminate con la tragedia della Seconda Guerra Mondiale.
La rinascita del dopoguerra vide il cambio definitivo di ruolo del carrozziere: chi rimase legato
alla produzione artigianale del pezzo unico per singoli clienti, sparì, chi seppe trasformarsi e
lavorare in piccola serie per l’industria automobilistica nazionale e internazionale arrivò ad
essere negli anni ’50 protagonista, minore o maggiore, del fenomeno esplosivo del boom
economico e dell’affermarsi del Made in Italy nel mondo.
Ma questa è un’altra storia.
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Nel dopoguerra solo gli italiani
L’avvento delle carrozzerie portanti provocò la scomparsa dei carrozzieri europei – Da noi la
salvezza è merito di Vincenzo Lancia
La guerra nella quale l’Italia si era gettata nel giugno 1940 rimise completamente in discussione il
lavoro dei nostri carrozzieri: dalle fuoriserie le varie officine passarono alla produzione di
camion, autocarri, ambulanze, sedili per l’aviazione, cucine da campo, marmitte, cuffie per
mitragliatori, battelli per il Genio, ma anche e ancora qualche berlina per i potenti dell’epoca.
Alla fine della guerra l’Italia era in ginocchio: le materie prime erano introvabili, e il contesto
sociale esplosivo. La produzione artigiana era in gran parte già morta perché non più in grado di
reggere alla concorrenza della grande industria, passata da tempo ad investire ingenti capitali in
impianti e attrezzature per la produzione di serie. I più intelligenti e fortunati dei carrozzieri a
loro volta capirono di dover dar vita a complessi industriali specializzati nella costruzione di
carrozzerie per automobili o scocche per autocarri e autopullman.
In alto, la Spa 23 S, prima vettura vestita da Giovanni Bertone nel 1921; accanto, l’Alfa Romeo 8C 2900 Le Mans del 1938, ancora una espressione
della Touring di Felice Bianchi Anderloni.
Come già accennato, un altro grave colpo al settore fu inflitto dall’adozione delle carrozzerie
portanti per cui, annota Carlo Biscaretti di Ruffia: “La scocca viene completamente eseguita
dallo stabilimento che fa la parte meccanica, tagliando di colpo l’erba sotto i piedi ad una
quantità di modesti artieri ed orientandone altri quasi esclusivamente verso l’esecuzione della
vettura di lusso, la così detta fuori serie”. In Italia fummo più fortunati, perché l’industria
automobilistica del tempo, la Fiat, la Lancia, l’Alfa Romeo, ci sostenne con possibilità di
commesse e dunque di intervento sui telai ceduti in conto lavorazione; all’estero non andò così,
e questa è senz’altro una delle ragioni della scomparsa dei carrozzieri europei e di quel
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confermarsi della carrozzeria italiana come fenomeno rimasto pressoché unico al mondo.
Merito anche, in particolare, di Vincenzo Lancia, scomparso nel 1937, grande tecnico,
osservatore di uomini e scopritore di talenti, che scommise, affidando loro lavoro dopo lavoro,
sia su mio nonno Pinin, tanto da essergli socio nella fondazione dell’azienda nel 1930, sia su
Giovanni Bertone, “Bertunott”. Quest’ultimo, trasferitosi a Torino da Mondovì nel 1907, aveva
lavorato alla Diatto e poi aperto nel 1912 bottega per conto suo, al tempo per riparare e
costruire carrozze. Nel 1921 aveva vestito la sua prima automobile su telaio SPA e Lancia fu
decisivo nell’incoraggiarlo ad ampliare la sua attività. Poi furono anche le corse a dar vita ad altri
carrozzieri, basta pensare alla Touring, nata nel 1926 con Felice Bianchi Anderloni, e divenuta
famosa negli anni vestendo macchine da competizione dell’Alfa Romeo, dove lavorava il grande
Enzo Ferrari che nel 1939, lasciata la casa milanese, tornò a Modena e fondò quella che ancora
oggi è l’azienda-mito dell’automobile in tutto il mondo.
In alto, Enzo Ferrari, terminata l’esperienza lavorativa alla Touring, si mette in proprio e la sua prima creazione è la Auto Avio
Costruzioni 815, “vestita” dal suo precedente datore di lavoro che allestirà anche la successiva barchetta 166 (accanto)
E alla Mille Miglia del 1940 iscrisse due 815 con carrozzeria di Touring, che nei secondi anni ’40
vestirà per Ferrari la splendida Barchetta 166. Purtroppo la Touring non è più dei “nostri”, così
come non lo è più un altro grande nome come Ghia, cui si rivolse la Fiat nel 1933 per la
carrozzeria della Balilla Sport nelle versioni Coppa d’Oro e Mille Miglia. La Ghia ebbe in seguito,
come gli altri carrozzieri più avveduti (basti pensare a Pininfarina con gli americani, gli inglesi, la
francese Peugeot, e i giapponesi, e Bertone con Citroën, Volvo, BMW e Opel), stretti rapporti
con industrie europee e americane; successivamente è stata per anni proprietà della Ford e alla
fine degli anni ‘90 ha chiuso l’attività. Un altro bravissimo protagonista fu Giovanni Michelotti
che entrò sedicenne agli Stabilimenti Farina, altra carrozzeria scomparsa nel 1951, e poi divenne
valente libero professionista lavorando per Vignale, altro grande nome scomparso, per altri
carrozzieri e per case estere quali la inglese Triumph e, primo fra gli italiani, per i giapponesi.
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Purtroppo anche Michelotti non c’è più da anni. Ma ritorniamo al dopoguerra. I carrozzieri di
valore avevano sofferto e stretto i denti, ma non si erano arresi. Erano pronti alla riscossa con
qualche progetto nel cassetto, forse studiato sotto le bombe. L’ultimo salone automobilistico
italiano dell’anteguerra aveva avuto luogo a Milano nel 1938, il primo del dopoguerra fu
organizzato a Torino nel 1948, anche se erano già ripresi i concorsi d’Eleganza a Torino e San
Remo. Al Grand Palais di Parigi nel 1946 il Salon de l’Automobile escluse la presenza delle
marche italiane, ma mio nonno Pinin e mio padre Sergio, allora ventenne, si misero alla guida di
due cabriolet, un’Alfa Romeo Sport 2500 e una Lancia Aprilia, e le parcheggiarono davanti
all’ingresso principale del Salone.
In alto, l’Alfa Romeo 6C 2500 S del 1946 presentata da Pininfarina al Concorso d’Eleganza di Torino; in basso, stesso anno e stessa “firma” per la
Lancia Aprilia Cabriolet.
Ogni sera le toglievano, sollecitati dai “flic” e ogni mattina, all’alba, perfettamente toelettate, le
andavano a riposizionare. Inutile dire che l’avvenimento suscitò molto interesse al punto che Le
Figaro scrisse “Ce diable de Farina a ouvert son anti-salon personnel”. Si accesero così i
riflettori sulla nuova scuola italiana dello stile automobilistico che passò in assoluto primo piano
a livello mondiale già nel 1947 con la creazione della Cisitalia 202, nata dalla collaborazione fra
Piero Dusio e mio nonno, una svolta rivoluzionaria nell’evoluzione dell’automobile sportiva,
tanto che dopo essere stata esposta nel 1951 al Museum of Modern Art di New York nella
mostra “8 Automobiles”, fu definita da Arthur Drexler “scultura in movimento” e in seguito fu
la prima vettura al mondo ad essere permanentemente esposta nello stesso museo.
Conosciuta e ammirata da tutto il mondo, grazie anche alla
sua presenza nelle sale del Museo d’Arte Moderna di New
York, la Cisitalia 202 di Pininfarina è l’icona dell’auto
granturismo.
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Non vorrei sembrare di parte, ma sento di poter affermare che mio nonno Pinin fece entrare a
pieno titolo l’automobile nel regno dell’arte e la carrozzeria in quello dell’industria. In tal senso è
stata negli anni emblematica l’attività parallela Pininfarina-Bertone, che iniziate le produzioni di
piccola serie, si avviarono dagli anni ’50 a costituire centri stile all’avanguardia e complessi
industriali per la produzione di nicchia, all’inizio solo di carrozzerie, poi dalla fine degli anni ’70
anche di vetture complete. A titolo di esempio, ambedue i carrozzieri storici compiono, dopo
piccole produzioni (di numero, non di valore) come la Maserati A6 e la Lancia Aurelia B24, la
SIATA Amica e la Lancia Aurelia B15, il salto di qualità nel 1954 con il design e la produzione
delle Alfa Romeo Giulietta Spider e Sprint. Poi, limitandoci ad alcuni modelli italiani, di
Pininfarina si ricordano le grandi Lancia, Flaminia in testa, la Fiat 124 Spider, l’Alfa Romeo
Duetto, la Fiat Dino Spider. Di Bertone l’Alfa Romeo 2000 Sprint, le Fiat 850 Spider, Dino
Coupé e X1/9. E’ il trionfo del Made in Italy, fatto di felice connubio fra creatività e realizzazione
seriale. E come non ricordare le collaborazioni dei due marchi con Ferrari e Lamborghini? Ci
vorrebbero dei libri per trattare le centinaia di capolavori nati nel corso degli anni. Nuccio
Bertone ebbe a dire: “A loro ho sempre invidiato il rapporto con la Ferrari, che si è consolidato
nel tempo e che ha portato a benefici reciproci. Noi abbiamo instaurato una collaborazione del
genere con la Lamborghini, ma siamo stati meno fortunati: quella fabbrica ha sempre sofferto
mille traversie e così non abbiamo avuto la medesima costanza di rapporti, ma brevi alti e bassi
spesso troppo lunghi.” In effetti, nonostante pietre miliari come la Miura, l’Espada, la Countach,
la Marzal e la Urraco, il risultato del rapporto Ferrari-Pininfarina non ha eguali nella storia
dell’automobile e rappresenta ancora oggi una delle migliori bandiere del lavoro italiano a livello
mondiale.
In alto, la Ferrari 212 Inter Cabriolet del 1952 segna l’inizio della collaborazione esclusiva tra la Pininfarina e il marchio di Maranello; accanto, del
1966 è la spider Dino su telaio Fiat e con motore 6 cilindri Ferrari presentata da Pininfarina.
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Dalla Ferrari 212 Inter cabriolet del 1952, alle 250 fra cui la GT Berlinetta SWB e la Lusso, la
275 GTB, la 365 GTB4 , la meravigliosa Daytona, le Dino 206 e 246, la 365 GT BB, la
Testarossa, la 456 GT 2+2 fino alle ultime e fra queste la 599 GTB Fiorano che da oggi
sostituisce la 575M Maranello, gli oltre 200 modelli nati da questo binomio unico hanno sempre
innovato dal punto di vista tecnico ed estetico senza mai perdere nulla dell’identità di marchio
Ferrari. In parallelo alla dialettica con i clienti industriali, inizia dagli anni ’50 la realizzazione dei
prototipi di ricerca, le cosiddette concept cars, un modo attraverso il quale i carrozzieri italiani
hanno espresso e continuano a esprimere la loro capacità di innovazione. Vari sono stati i
settori cui la ricerca applicata si è rivolta, dall’aerodinamica alla tecnica, all’ecologia, alla
sicurezza, al confort, a nuove architetture, fino allo studio di nuove forme di mobilità urbana ed
extraurbana, per non dire della ricerca in campo formale, quella per cui noi Italiani siamo
giustamente famosi. Anche per trattare di queste concept non basterebbero intere enciclopedie;
non volendo far torto a nessuno, citandone solo alcune, mi limito a ricordare come il “Saloncino
dei Carrozzieri” a Palazzo Esposizioni di Torino negli anni ’50-‘60, costituisse una rassegna nella
rassegna, tanto che un grande come Bill Mitchell, l’estroso responsabile dello stile della General
Motors degli anni ’60, sosteneva di trarre sempre spunti e idee importanti dalle proposte dei
carrozzieri italiani.
Due creazioni di Nuccio Bertone: la Lamborghini Miura del 1965 e la Fiat Dino Coupé del 1968, di fianco alla quale posa soddisfatto il designer
torinese.
Tuttavia stavano avvicinandosi gli anni ’70 e una nuova grande crisi sociale ed economica di
livello mondiale, generata dalla guerra del Kippur e dalle conseguenti problematiche energetiche.
L’intera industria dell’automobile fu data per morta da più di una Cassandra dell’epoca, ma come
vedremo, per fortuna, ciò non accadde.
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Com’erano difficili gli anni settanta
Nasce l’Italdesign di Giugiaro, la Pininfarina si dota di una galleria del vento e inizia ad assemblare,
come fa anche Bertone – Prende vita anche l’I.DE.A. Institute fotalizzato sull’Ingegneristica – Si
Progetta per conto terzi
Con l’industrializzazione della carrozzeria, si assiste ad una progressiva maggiore autonomia dei
centri stile, che assumono configurazioni societarie indipendenti; il fenomeno va di pari passo
con la definitiva trasformazione da stilisti a designer, consulenti delle case automobilistiche in
grado di dialogare a livello progettuale globale. E proprio alla fine degli anni ’60, precisamente
nel 1968, nasce la Italdesign Giugiaro, primo importante esempio di società di servizi dedicata ad
offrire ai costruttori contributi di stile/design, engineering e industrializzazione. Giorgetto
Giugiaro, che iniziò la sua vita di progettista alla Fiat sotto la guida di un tecnico illuminato come
Dante Giacosa, aveva anche lavorato successivamente da Bertone, prima di divenire lui stesso
un carrozziere riconosciuto successivamente come il “Designer del Secolo”.
A sinistra, opera della carrozzeria Ghia,
la Maserati Ghibli è una “classica”
granturismo sportiva di fine anni
Sessanta inizio Settanta.
A destra, l’Alfa Romeo Alfasud nata
dalla penna del designer Giorgetto
Giugiaro in una delle prime grandi
collaborazioni dell’orbita del Gruppo
Fiat.
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In alto,la Fiat 130 coupé prodotta in serie e la proposta di 130 Opera sono entrambe realizzate da Pininfarina: rappresentano il culmine del design
con linee tese e superfici piane.
Non a caso, visto che nel corso degli anni ha disegnato un grandissimo numero di automobili di
successo, a partire tra le tante dalla Volkswagen Golf e dai numerosi modelli realizzati per la
Hyundai e altri costruttori coreani, per arrivare alle Fiat Uno, Panda, Croma, Punto, alla Lancia
Thema, alla Fiat Grande Punto, all’Alfa Romeo Alfasud, alle recenti Maserati Coupé e Spider,
fino all’intera nuova piattaforma dell’Alfa Romeo 159. Più tardi, nel 1978, nascerà con Renzo
Piano, sulla scia dell’Italdesign, l’I.DE.A. Institute, più focalizzata sulle attività ingegneristiche.
Come si è già detto, presso i carrozzieri più tradizionali si iniziò in Bertone dal 1979 e in
Pininfarina dal 1981 ad assemblare anche i particolari di meccanica alle carrozzerie, costruendo
così già da allora per conto dei costruttori veicoli completi, spesso progettati in co-design.
Importanti in quegli anni difficili tanti passi coraggiosi, la costituzione di Centri di Calcolo e
Disegno per la progettazione automatica della carrozzeria, l’acquisizione di macchine a controllo
numerico per la modellazione, la realizzazione da parte di Pininfarina nel 1972, in anticipo sui
tempi, di una galleria del vento in scala naturale, la prima allora in Italia e una delle sette al
mondo, che costituì un investimento lungimirante per la riduzione dei consumi, l’ottimizzazione
delle prestazioni e del confort aeroacustico. Modelli di spicco di questo periodo possono essere
per Pininfarina la Fiat 130 Coupé, la Lancia Beta Montecarlo e le Lancia Gamma Berlina e
Coupé, poi la Cadillac Allanté a metà degli anni ’80, le Peugeot 205 e 306 Cabriolet e 406
Coupé, il Coupé Fiat, la Mitsubishi Pajero Pinin, la Ford StreetKa, fino alle attuali Ford Focus
Coupé Cabriolet, Mitsubishi Colt CZC, Volvo C70, Alfa Romeo Brera e Spider, il tutto non
dimenticando la feconda continuazione del rapporto di design con Ferrari, sottolineato dalla
realizzazione di due splendide concept car, la Mythos nel 1999 e la Rossa nel 2000, per non dire
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del design della splendida Quattroporte per Maserati. Per Bertone ricordiamo la Volvo 780
Coupé, il design delle Citroën BX e XM, la produzione completa della Fiat Punto Cabrio e delle
Opel Astra Coupé e Cabriolet, l’attuale produzione di una serie speciale di Mini e
prossimamente, come da recenti “indiscrezioni”, la produzione di una nuova Lancia coupécabriolet. A suo tempo anche presso i carrozzieri più tradizionali si sentì la necessità di
sviluppare la cosiddetta terza gamba: si doveva aggiungere alle capacità creative e produttive
anche quella di progettazione per conto terzi.
In alto, un grande rappresentante della carrozzeria italiana, Nuccio Bertone.
In basso, l’omonima azienda è stata la massima interprete della “linea a cuneo”, che ha dato forma al prototipo della Lancia Stratos
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Questa impostazione ha permesso ai nostri carrozzieri di rinforzare e allargare il portafoglio
clienti, nonché di iniziare importanti collaborazioni con paesi emergenti come Cina e India, e in
fase di rilancio della motorizzazione come la Russia, allargando il ventaglio dei servizi offribili ai
costruttori europei, americani, giapponesi e coreani. La funzione e l’operatività dei carrozzieri in
Italia sono cambiate in modo così profondo da avermi fatto più volte proporre loro di mutare lo
stesso nome del gruppo in seno all’Anfia, attagliandolo così meglio a quella che è oggi nei fatti la
nostra realtà.
Tuttavia, finora ha prevalso fra gli associati l’attaccamento “romantico” all’antica denominazione:
paradossalmente oggi in Italia la parola carrozziere nel 90% dei casi fa correre il pensiero
all’officina dell’angolo che ripara paraurti, mentre all’estero, in particolare in Giappone, la
denominazione “Carrozzeria” ha un significato molto forte e importante, rappresenta un vero e
proprio marchio. Anche sulla base di queste considerazioni ho rinunciato a riproporre il
cambiamento del nome ai miei associati, anche se ritengo si tratti di un passo necessario da
affrontare prima o poi.
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Dall’alto, partendo dalla Lancia Gamma berlina disegnata dal centro stile della Casa torinese, Pininfarina ha disegnato la versione coupé, mentre di
Giugiaro è lo studio chiamato Megagamma.
Oggi i carrozzieri associati in Anfia sono una trentina, i più operanti nello stile, nella
progettazione e nella produzione di vetture; due soli i gruppi in grado di affrontare un processo
di sviluppo completo e integrato, Bertone e Pininfarina. In modo diverso anche Zagato, antica
carrozzeria storica fondata nel 1919 e legata al mondo dello sport automobilistico e delle
vetture gran turismo (ricordo modelli leggendari come le Alfa Romeo 1500, 1750 e 2300 Gran
Sport, trionfatrici di numerose Mille Miglia, ma anche lussuosi spider e coupé sportivi Lancia,
Fiat, Ferrari, Maserati, e Aston Martin), si è trasformata in SZ Design Zagato e opera nel settore
dei mezzi di trasporto e dell’automobile come centro servizi integrati, essendo specializzata
oltre che nel design e nella progettazione, anche nella realizzazione di piccole serie. Alcuni
associati sono specialisti nel campo della selleria, degli allestimenti di prototipi e del restauro di
auto attuali e d’epoca, come Salt, della realizzazione di prodotti sportivi personalizzati a tiratura
limitata, come Giannini; altri, i più, concentrano le loro attività nei settori del design/engineering
di prodotto e processo, della modellististica, della prototipia. Alcuni amano definirsi laboratori di
tecnologia, altri artigiani del design, altri ancora centri di ricerca avanzata. Tutti hanno in
comune una grande tradizione di filiera e la voglia e le competenze per innovare. Negli ultimi
venticinque anni ho dovuto assistere con dispiacere alla scomparsa di nomi gloriosi come, fra gli
altri, quelli di Boneschi, Coriasco, Grazia, Introzzi, Maggiora, Repetti & Montiglio, Scioneri, e con
gioia alla nascita di nuove realtà di forte dinamismo, quali, a titolo di esempio, Model Master
(1977), Cecomp (1978), G-Studio (1980), Autostudi (1983), Landra (1985), Opac (1986),
Fioravanti (dal 1987, vivace creatore di concetti e particolarmente fecondo nel deposito di
brevetti), Carcerano (1998), Modarte (2001). Parimenti, altre realtà hanno consolidato nel
tempo il loro ruolo, fra questi Coggiola, Prototipo, Stola e Tesco. Per onore di cronaca, non
posso non ricordare come al nostro gruppo, in una sezione a sé, siano anche associati esperti
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nella progettazione e realizzazione di veicoli speciali e ambulanze (Aricar, Bollanti, Focaccia,
Golden Car, Marazzi, Max Protection, Mobitecno). Tuttavia, al di là di sterili autocompiacimenti
sul nostro glorioso passato, l’oggi è particolarmente impegnativo per noi carrozzieri: la
concorrenza è sempre più serrata a livello globale, la guerra dei prezzi impoverisce il settore, il
mercato automobilistico è maturo e di sostituzione, ha margini più ridotti ed è sorta per i
carrozzieri-costruttori la necessità di condividere gli investimenti per le produzioni di nicchia.
Tutti questi, inutile nasconderselo, sono fattori critici sia dal punto di vista operativo che
finanziario. Ma la globalizzazione ha portato anche vantaggi, con l’apertura di nuovi mercati di
sbocco per stile e progettazione. Nel settore dello stile in particolare, la tipologia della domanda
è varia. A fronte di costruttori generalisti che ricorrono alle consulenze esterne, richiedendo il
vincolo della riservatezza, ce ne sono altri per i quali il contributo e la firma del carrozziere
sono ritenuti elementi promozionali, quindi da valorizzare e comunicare; infine, altri elaborano i
propri programmi di sviluppo totalmente all’interno, attuando quella che potrebbe essere
definita una “autarchia stilistica”. Allargandosi al campo della progettazione, non si può non
sottolineare come si tratti di un’area dove si è riscontrata nel corso degli ultimi trent’anni una
forte tendenza all’outsourcing da parte dei costruttori, sia per i prodotti di grande serie, che per
le tante varianti di nicchia realizzate razionalizzando l’utilizzo delle piattaforme esistenti.
Globalmente il quadro è dunque delicato. Come ha giustamente sottolineato il Dottor
Marchionne alla recente Assemblea del Centenario dell’Unione Industriale di Torino, lo scorso
12 giugno, l’industria italiana, e non solo, dell’automobile, e con essa i suoi fornitori-partners, ha
negli ultimi anni fatto fronte ad una crisi molto forte di origine gestionale. Il mercato, in
evoluzione più rapida che mai, non perdona facilmente gli errori e secondo il concetto di
“distruzione creativa” di Schunpeter i fatti dimostrano che un sistema economico competitivo si
fonda su imprese eccellenti e sopravvivono solo quelle realtà che hanno saputo velocemente
rimontare lo svantaggio, adeguarsi ai tempi e anticipare i cambiamenti. In poche parole, a tutti i
livelli non esiste più la possibilità di mantenere posizioni di rendita, bisogna sapersi mettere in
gioco, rischiare, puntare su qualità, design, valore aggiunto, correre a velocità superiori a quelle
dei concorrenti, valorizzando le proprie risorse umane, adottando organizzazioni innovative,
utilizzando nuove tecnologie. Certo, ai principali Saloni dell’automobile del mondo la carrozzeria
italiana continua a brillare con le sue proposte. Il futuro, è inutile nasconderselo, presenta grosse
incognite: fino a quando avremo idee coraggiose e vincenti, finché sapremo essere innovativi
senza perdere il nostro amore e la nostra cultura per la bella automobile, finché sapremo fare le
scelte giuste, come fu a suo tempo per il travagliato passaggio dalla carrozza all’automobile, fino
ad allora ci saremo ancora e avremo la nostra da dire.
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Tra i grandi creatori di carrozzeria
non
può
mancare
la
milanese
Zagato, che nel 1971 ha realizzato la
sua “3Z”
Tuttavia una strada è senz’altro segnata, soprattutto per le imprese di dimensioni minori:
l’imperativo dei prossimi anni sarà quello di saper unire le forze, di accorparsi e lavorare insieme
con un approccio consortile, per ottenere masse critiche più competitive che permettano di
imporsi sui mercati esteri e di accedere con maggiore facilità al credito e alla ricerca in
collaborazione con i nostri atenei, in particolare il Politecnico. Perché piccolo non è più
necessariamente bello e, divisi e indeboliti da inutili guerre commerciali reciproche, si rischia di
sparire dalla scena.
Sulla base della Beta Montecarlo,
Pininfarina ha disegnato anche la
versione Turbo che si è aggiudicata i
titoli mondiali endurance nel 1980 e
1981.
Un successo commerciale, la Lancia
Thema station wagon (disegno di
Pininfarina) ha da poco superato i
vent’anni di età senza perdere fascino
nè modernità
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Tuttavia, per concludere in positivo questo mio viaggio nel mondo della carrozzeria italiana,
voglio ricordare che il design, a parità delle cosiddette “qualità fredde” di un prodotto, ormai
divenute pre-requisiti per competere, rappresenta il valore aggiunto per eccellenza, conferendo
particolare appeal e fascino a tutti i prodotti, automobili comprese, altrimenti equivalenti nelle
varie fasce di mercato per prestazioni, rapporto qualità-prezzo, distribuzione, promozione. In
questo quadro che è certamente incoraggiante per il nostro lavoro, vedremo Torino divenire
nel 2008 la prima Capitale Mondiale del Design, designata dall’ICSID (International Council of
Societies of Industrial Design): potremo così comunicare e valorizzare con determinazione la
vocazione progettuale e industriale radicata sul territorio, sia le competenze acquisite nel
settore automobilistico, sia quelle che negli anni alcuni carrozzieri hanno riversato anche sul
design dei mezzi di trasporto e degli oggetti di uso quotidiano, contribuendo a realizzare non a
caso prodotti ad alta complessità progettuale. E non è detto che proprio nel 2008 a Torino non
possa rivedere la luce, dopo aver perduto dal 2002 il Salone dell’Automobile, una grande
rassegna internazionale dedicata al design e alla ricerca in campo automobilistico. Sarebbe una
bella riconquista di attenzione.
Lorenza Pininfarina
Presidente Gruppo Carrozzieri
Vice Presidente Anfia
Siamo nel 2007 e la realizzazione del nuovo sito web ANFIA permette a tutti i gruppi aderenti
all’Associazione Nazionale della Filiera Autoveicolistica Italiana di presentarsi in modo più
incisivo e più accattivante sia agli addetti ai lavori che al grande pubblico. Fra i nove gruppi
ANFIA, nessuno me ne voglia se mi sento di affermare che quello dei carrozzieri è il più
“immaginifico”, quello che ha fatto sognare e fa sognare tanti appassionati dell’automobile.
Nel novembre 2006, su La Manovella, rivista ufficiale dell’Automotoclub Storico Italiano,
concludevo (come si è visto sopra) la mia carrellata sintetica sulla storia della carrozzeria italiana
a cavallo di due secoli. Rispetto alle considerazioni sui cambiamenti in atto nel mondo del design,
della progettazione e della produzione automobilistica, non c’è altro da aggiungere, mentre
quella che al momento era ancora una speranza, la rassegna internazionale del design e della
ricerca, è oggi una certezza: NEXT International Car Design Exhibition avrà luogo all’Oval di
Torino dal 21 al 25 maggio 2008, occupando una posizione di rilievo nell’ambito dell’anno che
vedrà Torino Capitale Mondiale del Design. Il progetto, promosso dal nostro Gruppo
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Carrozzieri ANFIA, è ambizioso e coraggioso: si tratta di ritornare sulla scena espositiva
internazionale nel settore dell’automobile dopo l’esperienza dei Giochi Olimpici Invernali 2006.
Visitatori e addetti ai lavori potranno vedere, in quella che è una città laboratorio per eccellenza,
le auto di domani, le concept car provenienti dai centri R&D dei costruttori e dai centri di
design indipendenti di tutto il mondo. NEXT è infatti nata con la missione di focalizzare
l’attenzione sul processo d’innovazione del design e delle tecnologie applicate all’automobile,
aspetto che trova proprio a Torino un punto di forte congiunzione. Non ci manca infatti certo il
know-how nei campi della ricerca formale pura ed applicata, dell’aerodinamica, della sicurezza
attiva e passiva, delle energie alternative, del confort, infomobilità e on-board entertainment,
delle tecniche virtuali di engineering a supporto del design e dell’elettronica, fino allo studio di
nuove architetture per forme alternative di mobilità urbana ed extraurbana.
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L’aspetto più interessante sarà quello di poter vedere concretamente, una a fianco all’altra, tutte
insieme, le tante diverse forme dell’innovazione tecnologica a livello mondiale. I più qualificati
esperti delle diverse tematiche avranno anche l’opportunità di partecipare ad un’attività
convegnistica parallela di altissimo livello che consentirà un approfondimento sulle tendenze che
coinvolgono sia il settore automotive che quello della componentistica innovativa in tutte le sue
varianti. In questo quadro il valore attuale della carrozzeria italiana potrà essere valorizzato per
le sue idee e le soluzioni che saprà esprimere ad armi pari con i più agguerriti concorrenti e
costruttori internazionali. Si tratta certamente di un evento di valore sia tecnologico che di
immagine, che può rappresentare per molti di noi un modo innovativo per poter far conoscere
meglio e ulteriormente apprezzare le competenze delle nostre imprese e la vocazione del
territorio a costituire nel settore un network unico a livello mondiale.
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