DEPLIANT Don Chisciotte, cavaliere del
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DEPLIANT Don Chisciotte, cavaliere del
Assessorato Cultura comune di como evento realizzato in occasione della mostra Regia e adattamento Eleonora Moro Progetto teatrale Laura Negretti Scenografia Ho il piacere di invitare la S.V. al debutto dello spettacolo Don Chisciotte, cavaliere del Barocco realizzato espressamente per la mostra Rubens e i fiamminghi da Teatro in Mostra, regia Eleonora Moro, con Marco Ballerini e Laura Negretti venerdì 9 aprile 2010 alle ore 21, Teatro Tenda, Villa Olmo, Como Sergio Gaddi Armando Vairo Con Marco Ballerini Laura Negretti Assessore alla Cultura Produzione Teatro in Mostra Teatro Tenda Villa Olmo ore 21 venerdì 9 Aprile anteprima nazionale sabato 24 aprile sabato 22 maggio sabato 19 giugno sabato 10 luglio ingresso euro 5 libero con il biglietto della mostra Altre date su richiesta per i gruppi e le scuole Info e prenotazioni tel. 031.571979 - fax 031.3385561 www.grandimostrecomo.it Teatro in Mostra Laura Negretti 348/7640517 [email protected] Don Chisciotte Cavaliere del Barocco Dal romanzo di Miguel Cervantes Saavedra La mostra e lo spettacolo: il progetto Arte e teatro incrociano ancora una volta le loro strade in uno spettacolo che si sviluppa in simbiosi con la mostra, pensato per approfondirne gli stimoli, indagando altri percorsi culturali. Sette anni fa nasceva il primo spettacolo/evento parallelo ad un’esposizione d’arte, pionieri nell’idea che una pièce, creativamente fusa con la mostra, può amplificarne il messaggio e potenziarne, in uno scambio vicendevole, il valore. Non spettacoli banalmente biografici ma allestimenti dove le suggestioni provenienti dalle opere esposte sono sempre state l’inizio di un percorso di ricerca verso i territori dell’arte drammaturgica; una ricerca che di volta in volta ci ha portato a scegliere all’interno del percorso espositivo quegli stimoli che potessero accendere la nostra fantasia teatrale. Questo è il progetto che sta alla base di “Don Chisciotte, cavaliere del Barocco”. Uno spettacolo, una mostra e la volontà di farne conoscere anche solo una piccola parte con occhi diversi. E questo è il filo rosso che da sette anni lega le nostre pièce alle esposizioni di Villa Olmo. Partire da un quadro ed arrivare poi, attraverso uno spettacolo, a conoscere un drammaturgo, un compositore, un romanzo; perché mille sono i canali culturali paralleli che si possono indagare, mille sono i ganci che si possono lanciare verso altre discipline artistiche e approfittare dunque di quel magico e fragile momento d’apertura mentale e di disponibilità a ricevere dell’altro che qualsiasi visitatore di una mostra prova. Rubens e Cervantes: “Cavalieri estremi ” Aggettivi come irrazionale, irreale, fantastico, complesso, oscuro, smisurato, frenetico, mutevole, sono di frequente usati per esprimere i caratteri presenti in qualsiasi manifestazione barocca. Il barocco è spesso accomunato semplicemente al termine “esuberante” mentre la questione è più complessa: non è, infatti, l’esuberanza l’unico tratto necessario e comune a tutte le manifestazioni culturali dell’epoca. L’autore barocco può lasciarsi trasportare dall’esuberanza o può attenersi ad una severa semplicità, possono, infatti, servire ugualmente ai suoi fini, tuttavia l’uso dell’una o dell’altra, per sembrare Barocco, richiede una sola condizione: che si riproducano la dovizia o la semplicità, all’estremo! Ne esuberante né semplice di per sé, ma l’uno o l’altro, per ragione di estremismo, per esagerazione! Ed è proprio qui che si è accesa la nostra scintilla teatrale, in questo Spingersi all’estremo, così legato e connaturato ai presupposti e ai fini del Barocco. Il nostro pensiero è subito corso al Cavaliere per antonomasia, al Cavaliere estremo, al Cavaliere che il suo stesso padre, Cervantes, chiama Cavaliere all’eccesso: Don Chisciotte! Protagonista di quella che è l’opera capitale nella produzione romanzesca barocca, (ed il romanzo in epoca barocca ebbe gran fortuna) e che, nel suo stesso titolo, “El ingenioso hidalgo don Quihote de la Mancha” ( “Il fantastico cavaliere don Chisciotte della Mancia” 1605-1615), porta già inscritta la vocazione all’esagerazione. Ed immediatamente il filo rosso di questo Spingersi all’estremo ci ha condotto verso Rubens: è, infatti, un’impostazione spinta all’estremo quella copiosa dovizia delle cose offerta con incomparabile esuberanza nelle sue tele. Rubens non ama le forme “ideali” della bellezza classica, che gli sembrano remote e astratte. I suoi personaggi sono esseri viventi: ed è proprio il gusto della vita esuberante e chiassosa a salvare Rubens dal pericolo del mero virtuosismo. A fare delle sue pitture non delle semplici decorazioni barocche per le sale dei ricchi, ma capolavori capaci di conservare la loro vitalità anche nell’atmosfera gelida dei musei. Rubens e Cervantes, due geni del Secolo d’Oro, che plasmano la realtà e guardano alla vita come messa in scena: di fronte a Dio padre e alla sua corte celeste gli uomini agiscono come attori. Lo spettacolo che rappresentano è l’esistenza e il palcoscenico è il mondo ed, infatti, il Teatro del Mondo è la grande metafora dell’arte barocca. La tentazione per noi di vedere Rubens e Cervantes come “registi ante litteram” è stata forte: registi che hanno saputo dirigere i soggetti delle loro opere come se fossero su di un palcoscenico. E da esperto regista Rubens seppe comportarsi quando si trovò a dover affrontare una delle commis- sioni più importanti: quella ricevuta nel 1621 dalla regina Maria de Medici, vedova di Enrico IV, che gli ordinò la realizzazione di 24 tele monumentali che rappresentassero gli episodi salienti della sua vita e del suo glorioso marito. Per far fronte alla temibile impresa Rubens dovette dar fondo alle sue immense riserve d’immaginazione e di verve, per nobilitare e dare lustro agli eventi piuttosto mediocri della vita della regina madre, che tra l’altro non brillava nemmeno di una particolare bellezza. Per compensare il pittore aveva dunque popolato la rappresentazione di dei pagani, carnose ondine, tritoni birichini venuti da chissà dove e così l’improvvisazione aveva avuto la meglio. Sul punto di iniziare l’opera lo stesso Rubens dichiarò: “Tanto è il mio talento che nessuna impresa, per quanto grande e complicata, metterebbe in crisi la fiducia che ho in me stesso”. Lo stesso ardimento, la stessa visionarietà spinta all’estremo è quella che ritroviamo nel Cavaliere Don Chisciotte della Mancia: nel suo sguardo che sa trasformare un mulino a vento in un terribile mostro da combattere, un bastone in una lancia, un ronzino in un magnifico destriero e una sporca locanda frequentata da una rozza contadina nel meraviglioso castello dell’amata Dulcinea. E non è forse lo stesso amore “cieco” (concetto tipico del Seicento, assieme all’idea ricorrente del potere della donna sull’uomo) a far sì che Rubens ritragga, con un impeto che non sarebbe mai venuto meno, il volto e le forme dell’amata seconda moglie Elene Fourment: musa ispiratrice che dalla realtà quotidiana di moglie ragazzina appare nei quadri, di volta in volta, come magnifica dea dell’Olimpo, mistica Madonna o madre amorevole. Rubens e Cervantes due “cavalieri barocchi” che hanno saputo spingersi all’estremo grazie ad un pennello e ad una lancia! Laura Negretti Perchè Don Chisciotte: Note di regia Nel proporre uno spettacolo che affiancasse la mostra di Rubens il primo pensiero è andato alla contemporaneità, alla ricerca di un testo che rendesse pienamente lo spirito e la rivoluzione artistica che il Barocco compì nel nostro continente dalla fine del sec. XVI in avanti. L’Europa fu teatro, infatti, di un gran ritorno del sentimento irrazionalmente creativo e del senso dionisiaco della vita. Ci ha colpito, in effetti, il cuore dell’identità artistica barocca, che ha contagiato trasversalmente tutte le arti: la vera rivoluzione fu la maturazione di un nuovo dialogo tra ideale e quotidiano, immaginazione e realtà. Le vicende del cavaliere errante Don Chisciotte della Mancia, goffo sognatore che si costruisce da sé un mondo di fantasia in contrasto con la realtà quotidiana che prova costantemente a disarcionarlo, ci sono apparse dunque il simbolo di quello spirito barocco, che vede nelle virtù e nel valore la prima vera forma d’arte al servizio della vita e della sua celebrazione. Grandi ideali come l’amore e l’onore sono in fulcro dell’opera di Cervantes, insieme all’ispirazione “folle”. Don Chisciotte, come Rubens, inizia il suo viaggio proprio per “servire” queste virtù e, come ogni vero cavaliere, non avrebbe mai potuto partire senza una donna da amare. Una donna ideale e angelica: quella Dulcinea, che nella realtà è solo una rozza contadina, ma che gli occhi dell’amore ideale sapranno trasformare in una principessa. Gli stessi occhi innamorati con cui Rubens guardava e ritraeva la sua seconda e giovane moglie: Helene Fourment. Abbiamo immaginato che Cervantes e Rubens si siano incontrati un giorno, magari in una taverna, che a Don Chisciotte sarebbe parsa un castello, e si siano parlati con ardore delle necessità artistiche della rivoluzione che si stava per compiere: da questo cuore comune è nato il nostro spettacolo. Come Rubens che fissava, nel progettare un dipinto, uno schizzo a penna, poi uno ad olio, poi un vero e proprio modello, così noi, partendo da un bozzetto di incontro in una taverna, racconteremo di Don Chisciotte come di un “ritratto” del proprio tempo, capace cioè con il suo movimento ed i suoi chiari – scuri (i suoi e quelli di Sancho, suo aiutante e di Dulcinea, l’amata) di farci cogliere la grandezza e l’ironia del Barocco. Eleonora Moro