STUPORE arte.cdr - Campi estivi oratorio per ragazzi Oratori

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STUPORE arte.cdr - Campi estivi oratorio per ragazzi Oratori
The Unexpected Surprise, Paul Charles Chocarne-Moreau, 1931, collezione privata.
Paul Charles Chocarne-Moreau (1855-1931) è stato un pittore naturalista e
illustratore francese della fine del XIX secolo, esponente dello stile accademico
della Belle Époque.
Nato a Digione, Chocarne Moreau era specializzato nella pittura di genere. Era solito
raffigurare scene di vita parigina, cui gli eroi sono generalmente dei ragazzi della
classe popolari (giovani apprendisti-panificatori, spazzacamini, ecc), impegnati in ogni
sorta di buffonate. Testimone del suo tempo, è stato un precursore di Norman Rockwell,
notissimo illustratore americano.
Mercato degli schiavi con apparizione del busto
invisibile di Voltaire, Salvador Dalì, 1940, Salvador
Dalí Museum, St. Petersburg, Florida.
In una scena che mostra un mercato degli schiavi, un
gruppo di personaggi, tra cui due donne vestite in costumi
olandesi, va a formare l'immagine del busto di Voltaire
scolpito da Houdon; Voltaie, filosofo illuminista francese, fu
contrario alla pratica dello schiavismo.
Salvador Domingo Felipe Jacinto Dalí Domènech, marchese
di Púbol (Figueres, 1904 1989), è stato un pittore, scultore, scrittore, cineasta e designer spagnolo.
Il suo lavoro è pesantemente influenzato dal movimento surrealista: i surrealisti apprezzano molto quello che Dalí
definisce il suo metodo paranoico-critico per esplorare il subconscio e raggiungere un maggior livello di creatività
artistica: "Dipingo immagini che mi riempiono di gioia, che creo con assoluta naturalezza, senza la minima
preoccupazione per l'estetica, faccio cose che mi ispirano un'emozione profonda e tento di dipingerle con onestà"
Nel suo lavoro Dalí si serve ampiamente del simbolismo. Ad esempio, il simbolo caratteristico degli "orologi molli",
apparso per la prima volta in La persistenza della memoria, si riferisce alla teoria di Einstein secondo la quale il tempo è
relativo. L'elefante è un'altra immagine ricorrente: è ispirato al piedistallo di una scultura di Gian Lorenzo Bernini, a
Roma, rappresentante un elefante che trasporta un antico obelisco. Dalì lo ripropone con le "lunghe gambe del
desiderio, con molte giunture e quasi invisibili". Grazie all'incongrua associazione con le zampe sottili e fragili, questi
goffi animali creano un senso di irrealtà. Nelle sue opere compaiono inoltre varie specie animali: le formiche
rappresentano la morte, la decadenza e uno smisurato desiderio sessuale; la chiocciola è in stretta connessione con la
testa umana (la prima volta che incontrò Sigmund Freud Dalí aveva visto una chiocciola su una bicicletta appoggiata
fuori dalla sua casa), mentre le locuste sono per lui un simbolo di distruzione e paura.
Vertumno, Giuseppe Arcimboldo, 1590 circa, Skoklosters Slott, Svezia.
“Il Vertumno” è l'opera probabilmente più famosa di Giuseppe Arcimboldo, o Arcimboldi (Milano, 1526 1593).
È il ritratto dell'imperatore Rodolfo II, suo grande protettore, a mezzo busto, nella figura di Vertumno,
antico dio della vegetazione e dei cambiamenti. La figura è composta da magnifici frutti, fiori e verdure
varie che rappresentano la sintesi della quattro stagioni, separatamente già, e più volte, da Arcimboldo
raffigurate.L'arte di Arcimboldo è figlia del suo tempo, soprattutto quando essa muove giocosamente
verso la ricerca del significato nascosto delle cose. Le originalissime soluzioni figurative di Giuseppe
Arcimboldo, nascono a Praga, dove c'era la corte dell'imperatore, ma c'era anche il ritrovo prediletto
degli alchimisti e dei Rosa+Croce. La città era il centro dell'esoterismo europeo, al punto di conquistarsi
l'attributo di città magica. Per questa via ed acquisendo questa conoscenza Arcimboldo elaborò la sua
tecnica: scomporre la realtà in parti, trasformare queste parti in organismi che avessero un senso simbolico rispetto al
quadro generale, e ricomporre infine la realtà, come un mosaico, utilizzando le nuove tessere che aveva creato.
Relatività (Relativity), M. C. Escher, 1953, stampa.
Relativity è una litografia stampata per la prima volta nel 1953 dall'artista olandese artist M. C.
Escher. Raffigura un mondo dove le normali leggi di gravitazione non si applicano.
La struttura architettonica sembra essere la sede di una comunità idilliaca, dove la maggior parte
degli abitanti circolano quasi casualmente, presi dalle loro rispettive attività. Ci sono varie
aperture che conducono ad ambienti esterni, presumibilmente dei giardini. Tutte le figure hanno
lo stesso aspetto, con teste globulari prive di tratti fisiognomici.
Nel mondo di Relatività esistono effettivamente tre direzioni di attrazione gravitazionale, ma
ciascuna di esse è ortogonale rispetto alle altre due. Ogni abitante segue le normali leggi fisiche
di una di queste tre realtà: sedici personaggi, separati dalle diverse impostazioni gravitazionali, sei in una direzione e 5
in ciascuna delle altre due.
La struttura comprende sei scalinate, ciascuna delle quali può essere utilizzata contemporaneamente da personaggi
che seguono leggi fisiche diverse.
L'opera è tra le produzioni più note di Escher e può essere apprezzata sia artisticamente che scientificamente.
L'osservazione di Escher vuole indagare sul problema della rappresentazione prospettica di immagini tridimensionali su
una superficie bidimensionale.
Hexa 5, Victor Vasarely, 1988, stampa.
Victor Vasarely (Pécs, 1906 Parigi, 1997) è stato il fondatore del
movimento artistico dell'Op art. Al Muhely, una scuola d'arte
d'avanguardia ungherese, al pittore venne descritta l'arte senza bisogno di
forma, che si propone di figurare ciò che non può essere rappresentato
normalmente.
Dal 1950 Vasarely sviluppa la Optical Art, detta Op-Art: la rappresentazione del
linguaggio figurativo svincolato dalla realtà naturale, un punto di riferimento per gli artisti che partivano
dall'osservazione naturale per giungere all'astrazione.
Vasarely inventa un linguaggio cinetico figurativo, basato sulla disposizione e la riproduzione in serie di figure
geometriche con colori complementari diversi. Inserisce le forme una dentro l'altra, con colori e sfumature diverse,
come per dare un senso di movimento unilaterale alla figura. In alcune opere, questa nuova concezione dell'alfabeto
plastico dà l'impressione che ci siano pezzi a incastro, che vengono resi chiari o scuri a seconda della luce su di essi
proiettata. La teoria di Vasarely sull'alfabeto plastico derivava in parte anche dal fondamento dell'arte astratta, cioè che
la bellezza pura e universale è raggiungibile solo con l'armonia delle forme e dei colori elementari.
Vasarely aveva cercato di creare una forma di arte adattabile alla vita urbana e alle trasformazioni della società,
indagando con le forme geometriche sull'impressione che il colore ha sulla retina e sui cosiddetti "shock visivi", creati da
un caleidoscopio di colori che sbalordiscono perfino il nostro cervello.
Autoritratto sotto forma di pipa, Gustave Courbet, 1858, collezione privata.
Considerato uno degli artisti più affascinanti del XIX secolo, Jean-Désiré-Gustave Courbet (1819,
Ornans - 1877, La Tour-de-Peilz) è stato anche uno dei grandi “sognatori della storia”.
La figura di questo grande artista va contestualizzata nell'ambito del Romanticismo tedesco e francese,
nel mito del genio abbinato alla follia. Courbet aveva assorbito i miti della letteratura illuminista, tanto
da confidare agli amici che avrebbe desiderato vivere come un “selvaggio”, per non essere condizionato
dal governo, dal potere e dalla società.
Quest'opera ci rivela quanto Courbet sia stato un pittore “chiaroveggente”. Nella sua produzione
artistica ci sono numerosi episodi che annunciano quanto sarebbe accaduto nel “futuro”, inteso come
Novecento delle Avanguardie: abbiamo per esempio una “previsione surrealista” nel quadro intitolato Autoritratto sotto
forma di pipa (1858) che, guarda caso, anticipa di settant'anni uno dei temi portanti di Magritte (Ceci n'est pas une
pipe, 1928). Dopo essersi ritratto nel 1848 con in bocca una pipa, col tempo il pittore arriva ad astrarre il concetto fino a
produrre un dipinto decisamente innovativo.
RENÉ MAGRITTE
Il telescopio ('La lunette d'approche' ), René Magritte, 1963, The Menil Collection, Houston,
Texas.
Il modello rosso (particolare), René Magritte, 1935, Musée National d'Art Moderne, Parigi.
La durata pugnalata ( La Durée poignardée ), René Magritte, 1938, The Art Institute Chicago.
La firma in bianco, René Magritte, 1965, National Gallery of Art, Washington, D.C.
René François Ghislain Magritte (Lessines, 1898 Bruxelles, 1967) è stato un pittore belga. Insieme a Paul Delvaux è
considerato il maggiore esponente del surrealismo in Belgio e uno dei più originali esponenti europei del movimento.
René Magritte, detto anche le saboteur tranquille per la sua capacità di insinuare dubbi sul reale attraverso la
rappresentazione del reale stesso, non avvicina il reale per interpretarlo, né per ritrarlo, ma per mostrarne il mistero
indefinibile. Magritte dipinge oggetti e realtà assurde: un paio di scarpe che si tramutano nelle dita di un piede o un
paesaggio simultaneamente notturno nella parte inferiore e diurno in quella superiore. Scopo dei suoi enigmatici
quadri: creare nell'osservatore un "cortocircuito" visivo. In questo si ravvisa una delle costanti poetiche di Magritte:
tradurre in immagine l'insanabile distanza che separa la realtà dalla rappresentazione. Il suo surrealismo è dunque uno
sguardo molto lucido e sveglio sulla realtà che lo circonda, dove non trovano spazio né il sogno né le pulsioni inconsce.
Unico desiderio è quello di "sentire il silenzio del mondo", come egli stesso scrisse.
- Il modello rosso. Due scarpe che diventano piedi, o viceversa. Un'immagine disturbante e
ambigua. L'effetto sorpresa è immediato, e con esso si scatena in chi guarda un senso profondo di
disagio, persino di fastidio. La visione del contenente (un paio di scarpe) suggerisce all'istante,
all'intelletto, la visione del contenuto (i piedi nudi), ma Magritte pone in primo piano i piedi nudi,
per spaesare l'osservatore, rendendo ancora più impegnativo lo sforzo di comprensione
dell'opera. Quest'ultima, poi, non è certo chiarificata dal titolo, che semmai complica di più le
cose. Ogni indicazione verbale che l'artista aggiunge alle sue opere, infatti, è sempre oscura,
tanto da rimanere il più delle volte un enigma irrisolvibile.
- La durata pugnalata ( La Durée poignardée ). Spiega Magritte in una lettera: ''L'immagine di una
locomotiva è immediatamente familiare, ma il suo messaggio non è percepito. Perché il suo mistero sia
evocato, un'altra immagine immediatamente familiare - priva di mistero - l'immagine di un caminetto da
sala da pranzo è stata unita all'immagine della locomotiva''.
L'elemento non dichiarato, che accomuna il treno e il caminetto è il fumo, che esce dalla locomotiva e sale
lungo la canna fumaria del camino, ma l'accostamento fa emergere una contrapposizione più profonda,
che oppone il viaggio e l'ambiente domestico, la casa e l'avventura, la novità e l'abitudine.
L'orologio, impostato su un'ora meridiana come nelle piazze di De Chirico, sembra dichiarare che le
intuizioni di Magritte sono lucide e diurne e hanno bisogno della luce del sole.
- la firma in bianco. Come il soffio del vento solleva il pulviscolo, la pittura
solleva il sapere. Quindi non più gesto pittorico inteso esclusivamente come
abilità tecnica, ma trasmissione del pensiero attraverso un piano estetico. Il
pittore, oltre a saper pensare, deve far pensare. Ne risulta un'immagine
strettamente collegata al pensiero, un'immagine che è pensiero. Davanti a opere
come La firma in bianco è lo stesso Magritte a risponderci: "Le cose visibili possono
essere invisibili. Se qualcuno va a cavallo nel bosco, prima lo si vede, poi no, ma si sa che
c'è. Nella Firma in bianco, la cavallerizza nasconde gli alberi e gli alberi la nascondono a loro
volta: Tuttavia il nostro pensiero comprende tutte e due, il visibile e l'invisibile. E io utilizzo la
pittura per rendere il pensiero visibile".
Ruota di bicicletta, Marcel Duchamp, 1913, Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna.
L.H.O.O.Q., Marcel Duchamp, 1919, collezione privata, Musée National d'Art Moderne, Centre Georges
Pompidou, Parigi.
Il termine ready-made (traducibile come "prefabbricato", "pronto all'uso"...) descrive un'opera d'arte ottenuta da
oggetti per lo più appartenenti alla realtà quotidiana.
L'inventore del ready-made fu Marcel Duchamp (Blainville-Crevon, 1887 Neuilly-sur-Seine, 1968), capofila del gruppo
dadaista ed eccezionale sperimentatore. L'opera di Marcel Duchamp esprime una continua ricerca di libertà, di una
pittura come espressione di una elaborazione concettuale piuttosto che mezzo di rappresentazione della realtà
oggettiva.
Il dadaismo, con i suoi interventi apparentemente gratuiti, si propone un'azione di disturbo che ha come scopo mettere
in crisi la società, e lo fa usando quelle cose che essa produce.
Il ready-made dunque rende un oggetto comune e banale un'opera d'arte, una volta prelevato dall'artista e posto in
una situazione diversa da quella di utilizzo, che gli sarebbe. L'idea di conferire dignità ad oggetti comuni fu inizialmente
un forte colpo nei confronti della distinzione tradizionale, comunemente accettata e radicata, tra ciò che poteva
definirsi arte e ciò che non lo era.
Storicamente, il primo «ready-made» prodotto da Duchamp è stato «ruota di bicicletta». Egli, nel suo
studio a Parigi, decise di montare una ruota di bicicletta su uno sgabello. L'operazione non aveva alcuna
finalità precisa, e probabilmente non fu realizzata per essere esposta. Di fatto, egli aveva creato il suo
primo ready-made «rettificato». Con tale termine egli distingueva quei ready-made sui quali
interveniva con qualche intervento minimo, da quelli sui quali non produceva alcun intervento.
Tra i suoi ready-made rettificati il più celebre rimane probabilmente L.H.O.O.Q, più
conosciuta come "Gioconda con i baffi". Si tratta di una riproduzione fotografica della
Gioconda di Leonardo da Vinci alla quale sono stati aggiunti provocatoriamente dei
baffi e un pizzetto.
Duchamp, quando mette i baffi alla Gioconda di Leonardo, vuole contestare la
venerazione che gli è attribuita passivamente dall'opinione pubblica: « La Gioconda è così
universalmente nota e ammirata da tutti che sono stato molto tentato di utilizzarla per dare scandalo.
Ho cercato di rendere quei baffi davvero artistici.»(Marcel Duchamp).
L'intento di Duchamp è quello di spogliare l'idea stessa da opera d'arte di quell'aura di sacralità che
sempre l'aveva caratterizzata.
La misteriosa sigla del titolo (L.H.O.O.Q) ci fornirebbe la chiave per intenderne il senso.
Lette in francese, le cinque lettere danno:" Elle à chaud au cul", cioè, letteralmente, "Lei ha caldo al sedere". Si ipotizza
che Duchamp possa aver preso spunto per questa buffa associazione da una miniatura di Jean Perrel, proveniente da un
manoscritto alchemico del '500, dove si vede la personificazione della Natura-Alchimia (peraltro simile alla Gioconda
nella posizione delle braccia e nello sfondo paesaggistico) che siede su un forno acceso in forma di tronco cavo; ha
quindi certamente "caldo al sedere"!
Soft Toilet, Claes Oldenburg, 1966, Whitney Museum of American Art, New York.
Volano, Claes Oldenburg e Coosje van Bruggen, 1994, Kansas City.
Claes Thure Oldenburg (Stoccolma, 1929) è un artista e scultore svedese naturalizzato statunitense,
appartenente alla corrente della pop art.
La sua ricerca artistica si concentra sull'analisi del consumismo nella
società americana contemporanea. Realizza enormi sculture in gesso
dipinto, raffiguranti gelati, hot-dog e quant'altro l'ipernutrita popolazione
americana consuma negli anni sessanta. Egli ricorre ad un linguaggio
facilmente comprensibile da chiunque per quanto riguarda i soggetti,
oggetti di uso comune e quotidiano. Riprodurre un oggetto quotidiano o
scontato ricorrendo a dimensioni anomale o materiali impropri serve
al'autore per restituire un ruolo di protagonista all'oggetto e "salvarlo" dal
processo consumistico che moltiplica all'infinito il prodotto, negandogli un reale valore.
Sfera Grande , Arnaldo Pomodoro, 1998, Pesaro.
L'imponente Sfera adagiata sulla superficie dell'acqua di una
fontana da cui si guarda il mare, è una fusione in bronzo realizzata
dallo scultore Arnaldo Pomodoro.
Arnaldo Pomodoro (Morciano di Romagna, 1926) è considerato uno dei più
grandi scultori contemporanei italiani, molto noto ed apprezzato anche
all'estero.
Nell'arte di Pomodoro domina un rigoroso "spirito geometrico", per cui ogni forma
tende all'essenzialità volumetrica della sfera, del cubo, del cilindro, del cono, del
parallelepipedo e di altri solidi euclidei perfetti, nettamente tagliati, le cui ripetizioni in
schiere o segmenti, rettilinei o circolari, sono paragonabili alla successione delle note in una composizione musicale, o
ad ingranaggi di macchinari nascosti all'interno dei massicci contenitori, resi parzialmente visibili dalle spaccature e dai
tagli che rompono le superfici levigate esterne.
È famoso soprattutto per le sue particolari sfere di bronzo (il materiale che predilige per le sue opere) si scompongono,
si "rompono" e si aprono davanti allo spettatore, per guidarlo alla scoperta del meccanismo interno, in un contrasto
evidente tra la levigatezza perfetta della forma e la complessità nascosta dell'interno. cCome spesso accade, la Sfera
risulta essere una delle forme geometriche più affascinanti e misteriose.

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