NOVENA DELL`IMMACOLATA CON GLI SCRITTI DELLA

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NOVENA DELL`IMMACOLATA CON GLI SCRITTI DELLA
NOVENA DELL’IMMACOLATA
CON GLI SCRITTI DELLA
VENERABILE GIOVANNA MARIA DELLA CROCE
(1603-1673)
Nel nostro cammino di fede i santi ci tengono per mano e ci
introducono con la loro vita e il loro esempio nel mistero
dell’amore di Dio per l’uomo fino a farsi carne nel grembo di
una donna e a morire in croce.
Per questo per prepararci a celebrare la Vergine immacolata,
che con il suo sì rese possibile il compimento del disegno di
salvezza di Dio, vogliamo lasciarci aiutare dalla venerabile
Giovanna Maria della Croce, che prima di noi l’ha onorata come
patrona e regina dell’Ordine serafico (Maria immacolata fu
eletta patrona dell’Ordine nel Capitolo generale celebrato a
Toledo nel 1645; nel 1685 il papa Innocenzo XI confermò
l’elezione con un suo breve).
La sintesi di tutto lo sguardo di Giovanna Maria della Croce su
Maria è nell’espressione con cui ne definisce l’esistenza e la
santità: la sua vera vita era Dio. Ed è il motivo per cui fin
dall’inizio della sua vita spirituale la elesse a sua guida.
Il cammino su cui Maria conduce Giovanna è quello di ogni
battezzato: essere figli nel Figlio. Con la consapevolezza che il
cammino di Giovanna è il nostro, che Giovanna è ognuno di noi,
ci poniamo in ascolto della sua esperienza, lasciandocene
affascinare e ammaestrare.
La forma dei testi della venerabile Giovanna Maria è adattata
all’italiano moderno. Parte dei commenti è tratta, rielaborata,
dall’introduzione
di
Claudio
Leonardi
al
volume
dell’autobiografia spirituale di Giovanna Maria.
29 novembre
Maria, via al Figlio
All’inizio delle esperienze mistiche di Giovanna
durante una visione Maria le consegna il libro
della sua vita. Apertolo Giovanna vi trova nella
prima pagina ritratto il Crocifisso, tutte le altre
sono bianche, ancora da scrivere. Attraverso
Maria, Giovanna comprende e sperimenterà che
la sua unione con Dio passa per il Cristo e che,
dunque, ha come suo “luogo” la croce, strumento
di salvezza. Tutti gli interventi di Maria nei suoi
confronti si rendono comprensibili a questa luce:
Maria la vuole condurre al Figlio, incarnato, morto
e risorto per suo amore.
Una notte mi occorse questa cosa. Mi pareva di trovarmi in un
tempio, dove si faceva una solenne musica, più celeste che
umana, e l’anima mia fu elevata in spirito e tutta in Dio
trasformata. E mentre stavo in tale modo, vedo venire una
signora di grande bellezza e di aspetto più che umano, che
rapiva il cuore, e venne verso di me; e quando mi fu accanto, mi
porse la sua mano e mi alzò da terra e poi mi pose in testa un
fiore di inestimabile bellezza di colore di giacinto, incastonato
con oro e altre cose preziose di inestimabile bellezza. Come me
lo ebbe posto in testa, si tirò da parte e mi stava mirando se tale
fiore apparisse buono. Quando l’ebbe mirato un poco, me lo
levò e mi disse: «Questo, figliola, lo riporterò in cielo per dartelo
poi in quella eterna gloria, ma qua in terra prendi questo
libro». E si tolse dal fianco un libro con la copertina rossa,
mezzo a oro, di gran bellezza, e mi disse: «Voglio che per tutto
il tempo della vita tua tu legga in questo, che giorno e notte lo
studi». E poi scomparve; e io non vedevo l’ora di aprirlo per
vedere quello che conteneva detto libro. Lo apersi, né vi era
altro che un Crocifisso nella prima pagina, tutto ammirabile,
fatto con tale arte che pareva vivo e che dalle sue sante piaghe
uscisse sangue. Allora capii che la santa vergine Maria voleva
che facessi compagnia al suo crocifisso e appassionato figlio per
tutto il tempo della mia vita.
30 novembre
Maria, madre di Dio
La grandezza di Maria è tutta fondata nel suo
ruolo nell’incarnazione, che è l’evento fondante
della fede cristiana, uno dei momenti culmine
della rivelazione di Dio come assoluto amore.
Maria ha un tale ruolo per elezione divina e per la
sua qualità principale, l’umiltà, il riconoscimento
del nulla di sé, via che conduce l’umanità al tutto
di Dio. Via che ogni cristiano è chiamato a
percorrere per farsi, a sua volta, grembo per Dio.
Il giorno della presentazione al tempio della Madre di Dio, lei
chiamò la serva di Dio e disse: «Sappi, anima da me
cordialmente amata, che incomprensibile fu il mio gaudio
quando mi vidi innalzata a tanta grandezza di essere madre di
Dio, e che dal profondo del niente ero salita al più alto
dell’essere divino. Fa’ festa con me e rallegrati di tante mie
immense grandezze. Oh, quando io vidi Dio fatto uomo dentro
di me, e vidi come io ero vergine e madre, e madre
dell’altissimo Iddio, oh, che giubili, oh, che allegrezze
riempirono allora l’anima mia! Io potevo dire meglio che
l’innamorata dei Cantici: Sub umbra illius, quem
desideraveram, sedi, et fructus eius dulcis gutturi meo (Alla sua
ombra desiderata mi siedo, è dolce il suo frutto al mio
palato - Ct 2,3). O frutto dell’albero della vita eterna, che quelli
che ne mangeranno diventeranno tanti dei (cfr. Gen 3,5)! O
frutto piantato alla corrente delle acque dello Spirito Santo, le
cui foglie non si perdono, ma conferiscono i frutti dello Spirito
Santo (cfr. Sal 1,3)! O amor divino, io potevo anche dire: Fuggi,
o mio diletto (Ct 8,14). Ma dove? Dentro le viscere mie, e
compartisci a poco a poco i raggi della tua divinità alla tua serva,
perché non può contenere in sé tanta luce e così immensi gaudi
e le tue divine dolcezze. O tutti voi che cercate la divina
misericordia, venite alla fonte (cfr. Is 55,1), e tutti voi afflitti e
aggravati dalle tribolazioni, infermità, povertà, venite alle
viscere mie, poiché in quelle si ritrova la fonte della divina
misericordia. Ha deposto le armi della vendetta, non si chiama
più Deus ultionis (Dio della vendetta), ma Deus misericordiae et
pietatis (Dio di misericordia e di pietà). Venite, peccatori e
peccatrici, ancor che voi non abbiate argento di opere buone,
venite che vi darà gratis la sua misericordia, solo da voi brama
lacrime e vero pentimento di non più offenderlo. Perché ora è
il mio Dio tanto invogliato di questa misericordia che più non
può tardare a comunicarla e farla palese alle sue anime elette,
dopo che ne ebbe riempita l’anima mia sino che ne fu capace di
riceverne».
1 dicembre
Maria, madre dei viventi
La
meditazione
dell’episodio
evangelico
dell’affidamento di Maria al discepolo prediletto
diventa per Giovanna Maria porta a un’esperienza
mistica che la conferma nella fede della maternità
spirituale di Maria nei confronti dell’intera
umanità e della funzione unica che essa ha nella
storia della salvezza. Nella dimensione universale
che viene così ad assumere la figura di Maria, si
fonda anche il ruolo di mediazione che lei svolge
nella vita mistica di Giovanna Maria e nella vita di
ogni cristiano.
Meditando quelle parole: Mulier, ecce filius tuus (Donna, ecco
tuo figlio – Gv 19,26), rimasi sopra di quelle in grande
ammirazione, e in questo udii la medesima santissima vergine
Maria fare colloquio col suo unigenito figliolo in questo modo.
L’eterno Verbo diceva alla sua dolente madre: «Non gemere,
mia diletta tortorella, per la perdita del tuo amante sposo, non
gemere, colomba mia (cfr. Ct 2,10). Ma scopri i segreti della
sapienza divina, mira gli arcani dell’eterna e divina carità, mira
gli ultimi sforzi dell’amor di Dio, il quale aveva quasi dato fine a
quella umanità assunta e presa dalle tue purissime viscere, né
mi rimaneva altro che rimettere il mio spirito nelle mani del
Padre (cfr. Lc 23,46). Avendo per amore del genere umano dato
sino l’ultima goccia di sangue, e le molte acque di tanto patire
non avendo mitigato per niente l’ardente sete della mia divina
carità (cfr. Gv 19,28) e rimirando intorno se io avevo cosa altra
da lasciarli, vidi te, madre mia dilettissima. “Oh – allora dissi –
ecco la mia preziosa gemma, ecco la mia santissima madre.
Priviamoci della sua maternità e diamola in madre al genere
umano, affinché i peccatori possano ricorrere a lei come a una
madre per essere restituiti alla divina grazia”. E perciò
dissi: Donna, ecco il tuo figliolo, e allora ti costituii madre di tutti
i viventi (cfr. Gen 3,20), affinché fossi cooperatrice nella
redenzione del genere umano». A questo rispose la santissima
vergine Maria: «Benedetto sii tu, figliolo mio e Dio mio, per
tutta l’eternità, poiché tutte le tue vie e parole sono carità e
misericordia. Voglio essere donna e madre dei peccatori:
vengano pure tutti a me con grande confidenza, che io li
riceverò come madre e li farò ottenere la divina grazia e poi
l’eterna gloria».
2 dicembre
Nel cuore di Maria
L’assimilazione al cuore di Maria permette a
Giovanna Maria, mediante il cuore di lei, di
trasferire il proprio nulla, il suo non-cuore di figlia,
nel cuore divino, di diventare il cuore divino. Il
simbolo del cuore viene così a significare
l’espressione più alta dell’esperienza di Dio:
l’essere una cosa sola con Lui.
Un giorno, andando alla mensa celeste con desideri d’unirsi
sempre più al santissimo volere di Dio, Egli disse a lei:
«Quicumque fecerit voluntatem Patris mei ipse meus frater,
soror et mater est (Chiunque fa la volontà del Padre mio, egli è
per me fratello, sorella e madre - Mt 12,50). Quelle anime di me
amanti le quali sono nel cuore della dilettissima madre mia - ed
intendo con cuore quell’ardentissima volontà sempre unita alle
trine persone e quel cuore sempre unito al mio aperto per
amore – per conseguenza quelle anime che sono, come ho
detto, unite a quel purissimo cuore e fanno le loro azioni in
quello, cioè con la medesima volontà di Maria, mi sono così
gradite ed accette che io dico loro che mi sono madre e sorelle,
e quelle sono amate anche dal Padre mio e dallo Spirito Santo.
È vero che gli amanti del mio cuore entrano nel cuore del Figlio
di Dio senza altro mezzo, ma è ben anche vero che io amo così
svisceratamente la madre mia che al solo profumo di quella
apro tutto il mio cuore e inondo le anime in quella fonte divina.
E se io do un grado di grazia a quelle che entrano senza il mezzo
di Maria, mia dilettissima madre, innamorata più dei serafini e
di tutti i beati, le altre entrando con quel verginale cuore non
solo bevono l’acqua a gocce, ma bevono la stessa fonte e
divengono tutte acque di grazie. La sapienza divina le illumina
e le fa dotte nella scuola dell’amore, camminano per le strade
segrete che esortano alla carità e divengono un medesimo
spirito con Dio. Beati quelli che sono attenti agli insegnamenti
della madre mia. Chi ha trovato lei ha trovato la vita e la
salvezza eterna. Opera, ama, parla col cuore di Maria che
nessuna cosa Dio ti saprà negare».
3 dicembre
Maria, madre e maestra
Maria spinge Giovanna a riconoscere lo stretto
legame tra i due misteri dell’incarnazione e
dell’eucaristia: è proprio il desiderio di offrire se
stesso all’umanità, sua sposa, che ha spinto Cristo
ad uscire dal Padre per farsi uomo, nascendo da
Maria. E come Maria lo ha portato nel suo
grembo, così Giovanna Maria pure può portarlo
nel suo corpo grazie al dono dell’eucaristia, pegno
di gloria.
Nel tempo di avvento pensando alle tante preparazioni che
sarebbero state fatte per l’attesa del parto della santissima
vergine Maria, la povera serva di Dio ritrovandosi vuota di ogni
virtù non sapeva come prepararsi e rivolta al suo immenso Iddio
gli diceva: «Io, Signore, so pure che sempre ti furono gradite le
opere di misericordia (cfr. Mt 25,35-36) e io ne eserciterò una
in questo tempo con la tua divina benedizione e della madre
tua, mia singolarissima padrona e signora: io visiterò il
prigioniero amante ristretto e clausurato dentro le purissime
viscere verginali». Allora la santissima vergine Maria quasi
scherzando con la serva di Dio le disse: «O anima di Dio amante,
tu hai deciso di visitare l’amante prigioniero, ma sappi che io
sono padrona e guardiana del carcere, né potrai venire al
pargoletto prigioniero senza me». Rispose l’anima: «Questo fu
sempre mia intenzione in tutte le cose mie, passare per il mezzo
tuo, essendomi tu madre e maestra; perciò col più del mio
spirito di ciò ti supplico». «Vieni» replicò la vergine santissima
«che ti introdurrò a quel roveto ardente che arde, né si
consuma(cfr. Es 3,2) e nelle viscere mie non insegna altra
dottrina che di carità; vieni all’ombra di questo incarnato Verbo
e gusta i dolci frutti dell’umanità (cfr. Ct 2,3), poiché dalla
prigione delle mie viscere è fatto mite agnellino, non è più quel
terribile leone della tribù di Giuda (cfr. Gen 49,9 e Ap 5,5). E se
lui è incarcerato nelle mie viscere non meno sta incarcerato nel
santissimo sacramento. Questi sono due misteri nei quali Dio
dimostra in parte le ammirabili invenzioni della sua infinità
carità, cioè l’incarnazione e l’istituzione del santissimo
sacramento. Questa prigionia del divino amore voglio sia da te
ben ponderata in questi due altissimi misteri, poiché in questi
Iddio ha adoperato il braccio della sua onnipotenza e Dio si è
impoverito in questi eccessi della sua immensa carità; il
sacramento l’ha dato per pegno della sua gloria, e l’amore di
farvi questo dono l’ha fatto scendere dal seno paterno e l’ha
clausurato nelle mie viscere».
4 dicembre
Maria, figura e modello
In Giovanna Maria la vita mistica, la vita di fede è
diventare un’altra Maria, è lasciare che la propria
vita come quella di Maria sia al servizio d’amore
del Figlio di Dio fatto carne e lasciare che Egli la
trasformi secondo la gloria di Dio.
Mentre era nella contemplazione l’anima apprese molte cose
dell’Immacolata Concezione, passò poi all’Incarnazione e lo
stava mirando nelle viscere virginali come luce posta in
trasparente cristallo. E da quella luce era irradiata anche la
indegna anima sua, e in quella luce cominciò a fare colloquio
con la Madre di Dio in simile forma e diceva: «Sono beate le tue
viscere, Maria, che hanno portato il Salvatore del mondo, e
beate le tue mammelle che gli hanno dato il latte (cfr. Lc 11,27),
beate le tue mani che lo hanno fasciato (cfr. Lc 2,12) e beate
tutte le tue sante membra che tutte sono state impiegate con
somma carità a servire l’eterno Verbo: Ave, gratia
plena (Rallégrati, piena di grazia - cfr. Lc 1,28) per la pienezza
di questa grazia. Contenerla non può l’anima tua purissima, ma
la spargi al di fuori come il sole i risplendenti raggi. Oh, felice
Maria, d’ogni lode degnissima». A questo rispose la Madre di
Dio e disse alla feccia dei peccatori: «Tu anche sei felice, figliola,
sposa dell’eterno Verbo, e se tu lo miri in me fatto uomo, io lo
rimiro in te nel sacramento. Tu dici che io sono benedetta
insieme col frutto del mio ventre, e io anche benedico l’anima
tua di eterne benedizioni, lodando senza fine il Figlio di Dio che
si degna abitare nell’anima tua, non solo nell’eucaristico pane,
ma in tanti altri modi e maniere conforme la disposizione della
divina sapienza. Tu chiami me piena di grazia, e io chiamo anche
te piena di quella, in quel modo che il piccolo vaso dell’anima
tua può contenere. Io gli ho dato il latte, tu gli darai il cuore, io
gli ho dato il mio servizio nel fasciarlo, disfasciarlo, stringerlo al
petto, tu lo servirai tutto il tempo della tua vita e lo fascerai e
legherai in diversi atti di carità. E per questo avrai frequenti
benedizioni dalle Persone divine, come ora supplico il Padre di
benedirti con la sua onnipotenza, dandoti potere sopra i
demoni (cfr. Lc 9,1) e fortezza in ogni sorta di tribolazione. Il
Figlio ti benedica con la sua sapienza, affinché nel fare scelte
nelle opere tue scegli sempre quelle di maggiore gloria di Dio e
profitto delle anime. Ti benedica lo Spirito Santo dandoti la
perfezione dell’amore suo insieme con i suoi santi doni,
affinché nell’amare Dio non trovi impedimento».
5 dicembre
Per via di Maria
È Dio stesso a rivelare a Giovanna Maria che in
cambio dell’amore verso di lei Maria donerà le sue
virtù e i suoi meriti alle anime devote di lei, e così
ammantate le condurrà al Figlio, che attratto da
una tale bellezza le unirà a sé con i vincoli del suo
amore.
Un giorno dopo la santa comunione in estasi vedevo quella
Maestà immensa ed infinita e andavo dicendo: Bonum est nos
hic esse; si vis, faciamus tria tabernacula (È bello per noi essere
qui; se vuoi, farò tre capanne – Mt 17,4 e //), per l’ardente
brama di possedere il mio sommo bene. Allora, quasi mosso a
pietà, questo pietosissimo Dio d’amore mi faceva intendere
dove voleva che io facessi tre tabernacoli, perché in quelli
abitassi per godere e presto per mezzo di quelli entrare alla sua
divina unione. E anche tutte le anime contemplative che per
quelli fossero entrate, presto sarebbero state introdotte alla
stretta unione del suo dolcissimo amore. Il primo era nelle sue
dolcissime cinque piaghe. Il secondo era nella sfera solare del
santissimo sacramento. Il terzo è nelle grandezze di Maria, dove
l’anima la contempla ripiena di grazia (Lc 1,28) di tutte le virtù,
madre dell’eterno Verbo, figlia del Padre, sposa dello Spirito
Santo, piena di carità, che porta nelle sue viscere il Figlio di Dio,
che lo serve e accompagna tutto il tempo della sua vita e nella
sua morte è più che martire di dolore, e finalmente è sublimata
sopra tutti i cori angelici alla destra del suo santissimo Figlio,
vive allagata, sommersa in quel mare immenso delle divine
grandezze, fatta custode della santissima Trinità, dispensatrice
dei divini tesori. Così che l’anima che subito si solleva a questo
terzo tabernacolo e va contemplando queste cose o alcune di
esse, si affeziona a questa santissima madre, ed ella le dona le
sue virtù e i suoi meriti, dei quali adorna e veste l’anima a lei
devota, e così vestita e adorna la conduce davanti al suo
santissimo Figlio, che vedendo tal anima vestita dell’abito della
sua santissima madre, con soavissimo amore la unisce a sé con
vincoli strettissimi del suo sviscerato amore e di più la loda della
sua bellezza dicendole: «Ti rimiro fatta tutta bella con i meriti
della mia diletta madre, e mi hai dato uno sguardo di purità
come di colomba (cfr. Ct 1,14 e 4,1), uno di quelli che ti ha dato
la mia dilettissima madre, che subito mi ha fatto venire a te per
unirti al mio castissimo amore». Oh, come presto sono le anime
introdotte alla unione del perfettissimo amore per via di Maria!
6 dicembre
La gloria di Maria
Uno dei vertici della conoscenza di Dio che
attraverso le sue esperienze mistiche Giovanna
Maria ci consegna è che non è solo l’uomo a
godere dell’unione con Dio, è anche Dio a godere
per essere presente nell’uomo, attraverso
l’umanità di Maria, ma anche in quella di
Giovanna Maria e in genere in quella di ogni
uomo. In Maria infatti è rappresentata tutta
l’umanità, pronta ad accogliere Dio.
Il giorno della natività della santissima vergine Maria, di nuovo
rapita alle divine intelligenze, vide l’anima come la Vergine
santissima era al trono della santissima Trinità e veniva il coro
dei serafini adorando la santissima Trinità e la Vergine
santissima. E in questo mentre il Padre eterno l’accoglieva nel
suo seno e dolcemente la baciava, dandole un bacio di eterna
pace, e il Verbo, che pure era nel seno paterno, dolcemente
l’abbracciò, giubilando dei suoi santi natali e riconoscendola
per madre, abbracciandola, come dissi, con gaudio eterno.
Dopo lo Spirito Santo si riposò sopra di lei, riempiendola tutta
della sua infinita bontà, accendendo l’anima sua delle fiamme
del suo infinito amore, e adornandola la fece più bella di tutti i
nove cori angelici, più bella di tutti i beati insieme, ed era tanto
bella che parve di bellezza infinita adorna. E fu la celeste signora
così arricchita dalle Persone divine che, invaghite di quella, si
posero a riposare in quell’anima (cfr. Gv 14,23), come prima lei
era nel seno paterno, che questo non era gran meraviglia dei
serafini, ma piuttosto nel vedere che nel seno e intimo
dell’anima di Maria si riposarono le tre Persone divine come
fosse più di suo compiacimento il seno e anima di Maria da
riposarsi e compiacersi in quello che il trono della sua infinita
grandezza, e parve fosse compimento delle infinite felicità di
Dio, benché sia compiutamente beato in sé stesso.
A questo cantarono soavemente i serafini canti della infinita
carità di Dio e adorarono la Vergine nel seno paterno e
lodarono le tre Persone divine per la pienezza di grazia concessa
alla Vergine santissima, e poi nel seno di Maria adorarono la
santissima Trinità. E la riconobbero per Madre di Dio e le
presentarono un fiore d’infinita bellezza con un frutto in mezzo
il fiore di bellezza e odore infinito, che odorarono le Persone
divine e tutto il cielo, e la Vergine santissima lo prese con suo
grande compiacimento, e questo era simbolo dell’incarnazione
del Verbo.