alessandrostazi - Clinica Madonna delle Grazie

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alessandrostazi - Clinica Madonna delle Grazie
N. 1 - Anno III - Dicembre/Gennaio 2012
Registraz. Tribunale Roma n. 214/2010
ALESSANDROSTAZI
Responsabile
dell'Unità Operativa
di Chirurgia
della Casa di Cura
Madonna delle Grazie
N. 1 - Anno III - Dicembre/Gennaio 2012
Registraz. Tribunale Roma n. 214/2010
ALESSANDROSTAZI
Responsabile
dell'Unità Operativa
di Chirurgia
della Casa di Cura
Madonna delle Grazie
EDITORIALE
19 mesi d’informazione
e prevenzione
per la salute dei cittadini
Roberto Scenna Biagioli
Q
Dott. ALESSANDRO STAZI
Foto: Augusto Frascatani
Direttore Responsabile
Roberto Scenna Biagioli
Redazione
Piergiorgio P. Carbonelli - Katia Carlini
Anna Paladino
Francesco Randazzo
Giuliano Valeri
Direttore Editoriale
Carmen Marini
Hanno collaborato
Dott. Francesco Candeloro
Dott.ssa Tania Carlini
Dott. Gianni Cimatti
Dott.ssa Elisabetta Evangelisti
Dott. Guido Migliau
Direzione e Redazione
Via R. Venuti 20 - 00162 Roma
3273898756 - Fax 06.62.27.65.58
[email protected]
Pubblicità diretta
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330856354
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Progetto e impaginazione
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Tipografia
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Editore
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Numero 1 - Dicembre/Gennaio 2012
Reg.Trib.di Roma n. 214/2010 del 23/05/2010
SalutePlus on line
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Le collaborazioni giornalistiche alla rivista sono da considerarsi ad esclusivo titolo gratuito, salvo accordi particolari con
i singoli autori.
Tutti i materiali giunti in redazione non verranno restituiti.
E' vietata la riproduzione anche parziale di testi, grafica, immagini e spazi pubblicitari realizzati da SalutePiù.
uasi due anni d’impegno che
tutta la redazione del giornale
ha dedicato per portare nelle
famiglie romane un’informazione medica semplice e comprensibile soprattutto grazie alla collaborazione di
eminenti specialisti di varie patologie
mediche. L’obiettivo futuro e di
espandere la Rivista anche in altre
città italiane, anche se attualmente
Salute più la si può leggere e stampare dal sito: www.salutepiu.it.
Dal giugno del 2010, data d’inizio della
Rivista abbiamo sentito subito il bisogno, oltre che parlare di patologie,
cure e prevenzioni, di occuparci anche dei problemi sanitari istituzionali.
In occasione del Sanit, 7° Forum Internazionale della Salute, tenutosi a
Roma dal 22 al 25 giugno 2010, è
stato organizzato dal nostro giornale
il convegno “Una finestra sulla sanità
Laziale. Questioni dimenticate, nuovi
problemi e… qualche proposta”. I relatori sono stati: la Dott.ssa Carla Collicelli, vice direttore generale del
Censis; il dott. Domenico Alessio direttore Generale del San Filippo Neri;
il Dott. Riccardo Fatarella, responsabile Sanità Confindustria Lazio; il Dott.
Alfredo Cesario, vice direttore scientifico dell’Irccs San Raffaele Pisana
Roma; il Dott. Massimo Magnanti, responsabile Spes, medici professionisti
dell’Emergenza.
Questa occasione è stata definita dagli addetti ai lavori una sorta di “ laboratorio delle idee” dedicato alla
politica, agli amministratori, ai politici,
ai giornalisti di settore presenti per le rispettive testate: La Repubblica (Carlo
Picozza), il Corriere della Sera (Francesco di Frischia), il Giornale (Antonella Aldrighetti), Libero (Giovanni Tagliapietra), alcuni politici: il senatore
De Lillo, il senatore Lucio D’Ubaldo, e
più alti dirigenti delle aziende sanitarie: Giancarlo Zotti già dg della Asl di
Frosinone dirigente dell’Ime, Galbiati
gd Asl Rm H e Rieti, Carlo Damiani,
(Simfer), primario fisiatra Irccs San Raffaele Portuense.
Siamo piccoli ma orgogliosi di aver
contribuito a diffondere tutto quello
che può aiutare i cittadini ad informarsi e capire la medicina e la sanità
pubblica e privata.
Oggi la crisi mondiale sta creando
non pochi problemi a istituzioni e famiglie soprattutto per quanto riguarda
il settore sanitario, comunque vogliamo segnalare innovazioni e nuovi
servizi a portata di tutti per risparmiare
tempo e denaro e dare la possibilità di
usufruire di prestazioni migliori a tutti.
Ricordiamo le maggiori novità che in
questi 2 anni sono state introdotte dal
Servizio Pubblico Nazionale.
RIDUZIONE DELLE LISTE DI ATTESA: Da
ottobre 2010 il Piano nazionale per le
liste di attesa ha istituito un doppio binario per differenziare le prestazione
urgenti da quelle preventive: per le
prime c’è un tempo massimo di 72
ore, le altre vanno erogate entro 10
giorni. Le visite mediche differibili dovranno invece arrivare entro 30 giorni
e gli accertamenti differibili in 60m
giorni. Oltre 10 Regioni hanno varato
un piano regionale che recepisce
questa direttiva nazionale.
FARMACIE: nuovi servizi socio sanitari.
Partecipazione ai programmi di educazione sanitaria della popolazione.
Prenotazioni di visite ed esami specialistici presso le strutture pubbliche e
private convenzionate. Erogazione di
servizi sanitari di secondo livello: misurazione della pressione, autovalutazione della glicemia, ecc.
CERIFICATI MEDICI TELEMATICI: risparmio tempo e denaro in quanto non si
deve più inviare le raccomandate
con certificati di carta.
TERAPIA DEL DOLORE e CURE PALIATIVE: per la prima volta farmaci antidolorifici possono essere utilizzati sia
pere le cure paliative, al fine di dare
sollievo ai malati terminali, sia per le
malattie croniche, come terapia del
dolore. Inoltre è riconosciuto il diritto a
non soffrire anche ai bambini, che potranno accedere a queste terapie.
Da questo numero la testata del nostro giornale è SALUTE PLUS periodico
di informazione e prevenzione medica per dare una “plusvalenza” alla
nostra salute. Questo vuol dire impegnarci sempre maggiormente nel nostro lavoro di documentazione proveniente dal mondo della ricerca
medica per fornire una puntuale e accurata informazione ai nostri lettori.
Da tutta la redazione i migliori auguri
ai nostri sponsor e lettori per un prospero 2012.
Dicembre/Gennaio 2012
1
Saluteplus è distribuito gratuitamente a Roma, Ostia e interland in:
studi medici, centri diagnostici, Asl, case di cura, ospedali,
centri benessere, ambulatori polispecialistici e farmacie
Università: La Sapienza, Tor vergata, Roma Tre - Facoltà di Medicina
Istituzioni: Ministero della Salute, Regione, Provincia, Comune
PRIMO PIANO
4
STIPSI: diagnosi e cura
Una delle patologie più “fastidiose” per milioni di persone.
Affrontare e capire le parti terminali dell’intestino.
Intervista al Dottor Alessandro Stazi
Responsabile dell'Unità Operativa di Chirurgia
della Casa di Cura Madonna delle Grazie
di Roberto Scenna Biagioli
7
Casa di Cura
Madonna delle Grazie
ORTOPEDIA
Casa di Cura Villa Valeria
La Patologia meniscale del ginocchio
Intervista al Dott. Andrea Grasso
di Roberto Scenna Biagioli
11
INTERVISTA
16
MACULOPATIA
cause, sintomi e trattamento
Intervista al Prof. Jean Marc Vergati
di Roberto Scenna Biagioli
PREVENZIONE
Le orticarie
20
Dott. Gianni Cimatti
19
ODONTOIATRIA
La sindrome della bocca urente
Dott.Paolo Colangelo
PSICOTERAPIA
Oraet LABORA
Katia Carlini
21
OMEOPATIA
Dalla semplice maternità alla
piena fecondità della donna
L'emancipazione femminile attraverso
22
un percorso interiore di riscoperta di sé
Dott. Francesco Candeloro
SPORT&SALUTE
25
BABY NUOTO
Crescere con armonia
Francesco Randazzo - Katia Carlini
ANTROPOLOGIA CULTURALE
Storia della medicina
9a puntata ALLE TERME PER RIMANERE SANI
Giuliano Valeri
26
PREVENZIONE DENTALE
29
L’importanza
di una buona endodonzia
Dott. Luigi Scagnoli
DIAGNOSTICA
CARCINOMA OVARICO
La diagnosi precoce può salvare e migliorare la qualità della vita
Dott.ssa Drusiana Deluca
32
DIAGNOSTICA
La diagnostica come prevenzione
Dott. Francesco De Bella
31
PRIMO PIANO
STIPSI:
diagnosi e cura
Una delle patologie più “fastidiose”
per milioni di persone. Affrontare e
capire le parti terminali dell’intestino.
Intervista al Dottor Alessandro Stazi
Responsabile dell'Unità Operativa
di Chirurgia della Casa di Cura
Madonna delle Grazie
di Roberto Scenna Biagioli
4
Dicembre/Gennaio 2012
PRIMO PIANO
A
bbiamo incontrato il dott. Alessandro Stazi Responsabile dell'Unità Operativa di Chirurgia
della Casa di Cura Madonna delle
Grazie di Velletri per affrontare le
nuove aspettative della chirurgia generale, ed in modo specifico del “Pelvic Center” da lui diretto con particolare attenzione alla colonproctologia e
ad una delle patologie più comuni e
fastidiose come la stipsi. Racconti e
consigli sono argomenti di vita quotidiana e non risparmia nessuno, giovani vecchi, ricchi e poveri. Dalle cronache antiche questo disturbo ha
interessato molti personaggi importanti
tra questi sembra che Martin Lutero a
causa della sua sofferenza di costipazione cronica passasse ore nel suo gabinetto e pare che in quelle ore scrisse
le sue 95 tesi della controriforma.
Dott. Stazi, oltre la chirurgia specialistica praticata nella Casa di cura Madonna delle Grazie, come vengono
trattate le patologie che riguardano la
Proctologia?
Per iniziare la chirurgia generale del
vecchio tuttologo non trova più spazi
sia per spesa sanitaria che per ospedalizzazione. Oggi grazie alla concretizzazione dei Centri di eccellenza si è
visto che la chirurgia compartimentale e la più qualificata in termini di riduzione della spesa sanitaria e nei risultati sui pazienti.
Per fare un esempio abbiamo deciso
nella nostra struttura di codificare un
Ernia Center dove viene affrontata la
patologia erniaria open e laparoscopica in regime Day Hospital e ordinario con un programma che va dalla
diagnosi alla pre ospedalizzazione fino
all’intervento chirurgico e alla dimissione a domicilio, la chirurgia della colecisti e della pelvi femminile per via laparoscopica con ricovero di due
giorni, Centro VAAFT (Video Assisted
Anal Fistula Treatment) per il trattamento endoscopico delle fistole perianali con tecnica mini invasiva ed il
Pelvic Center che si occupa di tutte le
patologie femminili riguardanti il pavimento pelvico, iniziando con una visita
specialistica che può essere associata
dal proctologo, urologo e ginecologo,
oltre che approfondita mediante uno
studio specialistico radiologico con
ecografia transrettale con sonda rotante (Studio Bi e Tridimensionale), colpocistodefecografia, manometria
anorettale cistografia minsionale endoscopia ed eventuale valutazione
tac o rm. Questo per permettere di
affrontare patologie dal punto di vista
anatomico (prolasso vescicale uterino
e rettale) e nello stesso tempo funzionale( incontinenza fecale e urinaria).
Tutti questi interventi riparatori vengono affrontati in regime ordinario con
due giorni di ricovero e con tecniche
mini invasive fino ad arrivare in modo
specifico alla colonproctologia che è
quella branca della chirurgia che si
occupa delle patologie del colon del
retto e dell'ano sia dal punto di vista
anatomico che dal punto di vista funzionale. Difatti, negli ultimi anni e grazie alla continua evoluzione tecnologica, l'intervento chirurgico può essere
minimizzato quando questo viene preceduto da una fase diagnostica di
elevata qualità. Nel nostro centro, riconosciuto SIUCP (Società Unitaria di
Colon-Proctologia) vengono eseguiti,
ambulatorialmente, oltre 100 screening colonrettali al mese. Nel nostro
centro riconosciuto dalla SIUCP (Società Unitaria di Colonproctologia)
vengono eseguite circa 100 visite ambulatoriali mensili con screening colonrettale. E stato istituito un servizio di
endoscopia diagnostica ed operativa
attivo tutti i giorni in collaborazione
con l’attività chirurgica di sala operatoria dove e’ possibile eseguire anche
trattamenti chirurgici miniivasivi per i
tumori retto-colici allo stadio iniziale in
regime dh.
Dott. Stazi, cos’è la Proctologia?
E’ una branca specialistica della chirurgia generale che si occupa delle
patologie del colon-retto e della re-
gione anale. Per meglio intenderci da
tempi storici si fa riferimento all’ “Ars
curandi” delle patologie anali, lo ritroviamo infatti su scritti degli antichi
egizi dove venivano chiamati “Orificialisti” fino alla fine dell’Ottocento –
primi del ‘900 dove la scuola inglese
già praticava questa distinzione specialistica. Oggi in molti ospedali e
case di cura esistono dei servizi specializzati nel trattamento diagnostico
e terapeutico di queste patologie.
Perche ci si rivolge al proctologo?
I disturbi per i quali ci si rivolge allo
specialista sono legati spesso alla perdita di sangue dall’anoretto per la
malattia emorroidaria(emorroidi) che
rappresenta la patologia più frequente. Altre patologie meno comuni
per cui ci si rivolge al proctologo comprendono disturbi funzionali (stitichezza), ragadi anali, fistole e ascessi
dell’ano e della regione perianale.
Cosa è cambiato rispetto al passato?
Prima di tutto possiamo dire che grazie all’idea del Prof. Longo e all’apporto dato dalla Società Italiana di
Colon-Proctologia alla tecnica chirurgica che porta il suo nome, è cambiato il modo di approcciare con il
paziente. Difatti gli studi hanno messo
in evidenza che le semplici emorroidi,
non sono altro che un epifenomeno di
un prolasso rettoanale. Proprio per
questo, molti disturbi della defecazione, sono da attribuire ad una ODS
(che significa sindrome da ostruita defecazione), dove il primo dei sintomi è
Dicembre/Gennaio 2012
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PRIMO PIANO
Il Dott. Alessandro Stazi con il DG Guido Ciranna
la manifestazione di una crisi emorroSdaria o di una ragade, fino ad arrivare alle false incontinenze con perdite di materiale mucoso dall’ano
retto che altro non sono che segni di
una patologia funzionale dello stesso.
Dott. Stazi, ci spiega in breve le principali patologie che riguardano la
Stipsi, le emorroidi e l’incontinenza fecale?
1) Stipsi: si definisce stipsi una condizione dell’alvo caratterizzata dalla
emissione, con difficoltà e con frequenza ridotta, di feci e di piccolo
volume. Si possono distinguere due
tipi di stipsi: a) stipsi da causa organica o secondaria dovuta a patologie colo-retto-anali, di tipo
neurologico e psichiatrico e sistemiche .b) stipsi da cause non organiche (dietetiche, psichiche o
motorie): la cosiddetta stipsi idiopatica o primitiva.
2) Emorroidi: sono ectasie della rete
venosa costituente il plesso emorroidario situato nel tessuto sottomucoso del canale anale. L’insieme dei segni e sintomi che
possono causare questa patologia viene denominata sindrome
emorroidaria.
3) Incontinenza fecale: consiste nella
perdita della normale funzione di
continenza degli sfinteri anali con
conseguente incapacità a trattenere feci e gas.
6
Qual’è il modo migliore e più appropriato di approcciare il malato?
Vuol dire innanzitutto studiare diversamente il paziente con indagini diagnostiche avanzate come la proctoscopia al momento della visita e non
soltanto l’esplorazione rettale con il
dito come fino a poco tempo fa (visita proctologica). Utilizzare sonde
ecografiche che studiano a 360 gradi
l’anatomia del canale anale e del
retto soprattutto per le patologie tumorali, gli ascessi e le fistole perianali.
Ed infine l’utilizzo della defecografia e
della RM defeco grafia (esami radiologici) che permettono di valutare
tutto quello che accade al momento
della defecazione, valutandola morfologia ed il comportamento degli organi pelvici (utero, vagina, vescica).
sive chirurgiche, permettono di eseguire gli interventi in regime di Day Hospital (in un solo giorno di ricovero).
Un eventuale intervento chirurgico
quanto è doloroso?
Per quanto riguarda la patologia
emorroidaria,e quindi il prolasso, la
tecnica viene definita indolore in
quanto tutti questi studi ci hanno portato a rispettare le emorroidi come
parti anatomiche del canale anale
con una loro funzione, ed intervenire
sul prolasso rettale (asportandolo) risolvendo così la patologia a monte
dell’ostruzione ricreando la normale
anatomia e allo stesso tempo la funzione della defecazione che risulta
normale, non andando a compromettere le fibre dolorose del margine
anale come si faceva prima. Inoltre
per le altre patologie sopra descritte
l’uso di tecniche anestesiologiche e
terapeutiche del dolore e mini inva-
Infine vogliamo ricordare che il dott.
Stazi è tutor nazionale ed europeo per
il trattamento chirurgico del prolasso
con suturatrice meccanica organizzando staging di formazione, inoltre
dirige da circa 5 anni corsi di formazione in proctologia con cadenza trimestrale dove ospita corsisti italiani ed
europei nella formazione e l’aggiornamento sulle nuove metodiche di
approccio chirurgico nelle patologie
colo retto anali (questo grazie anche
alla collaborazioni di colonprotologi
di fama nazionale ed internazionale
che con lui cooperano) è inoltre nella
faculty Europea del centro di addestramento per la VAAFT nuova tecnica chirurgica mini invasiva per il trattamento delle fistole perianali ideata
dal prof. Piercarlo Meinero.
Dicembre/Gennaio 2012
Per concludere, Dott. Stazi, come consigliare e tranquillizzare il malato?
Ricordare a tutti i pazienti che si tratta
sempre di patologie chirurgiche, suscettibili di un intervento, che è sempre una manovra invasiva, e che
quindi va affrontato insieme con il chirurgo a cui ci si affida venendo anche
informati sulle eventuali complicanze
che possono ricorrere (come riportato in tutte le casistiche Internazionali), in modo tale di affrontare qualsiasi procedura chirurgica in maniera
serena, ricetta essenziale per un ottimo risultato.
PRIMO PIANO
Una moderna struttura sanitaria
sita nel comune di Velletri
i cui servizi sono fruibili
sia da utenti provenienti
dall’area dei Castelli Romani
che da tutto il territorio nazionale
Casa di Cura
Madonna delle Grazie
L
a struttura è stata edificata tra il
1970 ed il 1972 a seguito dell’intuizione imprenditoriale del Prof.
Marcello Ilardi che, insieme ad alcuni
soci fondatori, ha voluto dare vita a
questo ambizioso progetto in risposta
alla sempre crescente e specialistica
domanda di salute della popolazione
locale, con l’obiettivo di fornire un
servizio di diagnosi e cura qualitativamente eccellente nel rispetto della
vita e della dignità della persona.
Inaugurata il 23 novembre 1972 e successivamente ampliata nei primi anni
novanta conta 66 stanze di degenza
per un totale di 136 posti letto 76 dei
quali accreditati con il Servizio Sanitario Nazionale. Dispone di modernissimo reparto operatorio composto da
cinque sale, una delle quali viene
espressamente dedicata alla chirurgia oculistica, oltre che ad un’area
espressamente dedicata al servizio
endoscopico e di diagnostica dell’apparato digerente; di un reparto di
chirurgia ambulatoriale che può ospi-
tare contemporaneamente fino a 25
pazienti; di un reparto di Emodialisi
con 14 poltrone; di un reparto di degenza in regime di Day Hospital in
grado di gestire fino a 12 accessi quotidiani (di cui 10 per erogazione di prestazioni chirurgiche); dispone inoltre di
un laboratorio analisi e RIA e di un reparto di Radiologia e Diagnostica per
Immagini, tutti eroganti prestazioni in
regime di convenzione con il Servizio
Sanitario Nazionale. Le prestazioni mediche sono erogate sia in regime di
degenza che attraverso prestazioni
ambulatoriali specialistiche quali:
Ematologia, Angiologia, Chirurgia, Ginecologia, Endocrinologia, Neurologia,
Neurochirurgia, Cardiologia, Gastroenterologia, Dermatologia, Oculistica,
Otorinolaringoiatria, Ortopedia, Allergologia, Proctologia, Studio dei Disturbi
dell’Alimentazione, Fisiatria, Nefrolo-
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PRIMO PIANO
gia, Urologia, Pneumologia ed Oncologia.
La Casa di Cura Madonna delle Grazie è stata recentemente ristrutturata
in adeguamento alle più recenti normative di legge in ambito di sicurezza
e per migliorare la propria immagine e
funzionalità. I servizi di diagnostica per
immagini sicuramente all'avanguardia del proprio settore sono erogati, in
coerenza con le procedure del sistema di qualità ISO 9002, mediante
l’impiego di apparecchiature altamente tecnologiche tra cui TAC con
ricostruzione delle immagini in 3D, Risonanza Magnetica Nucleare aperta,
MOC per lo studio dell’osteoporosi e
Scintigrafia Nucleare.
A partire dal 2008 la Casa di Cura Madonna delle Grazie ha avviato un processo di riorganizzazione ed ammodernamento con l’obiettivo di
posizionare la struttura ai vertici del-
Il Direttore Generale della Casa di Cura,
Guido Ciranna
8
l’offerta sanitaria regionale per qualità
ed eccellenza del servizio offerto.
Ecco alcuni degli obiettivi già raggiunti:
• Settembre 2010: Avvio in esercizio
il progetto Google Enterprise for
MdG; un sistema di comunicazione e dematerializzazione dei
supporti cartacei, presentato da
Google Inc. al Forum PA 2011
come una delle migliori implementazioni di architettura Cloud in
ambito healtcare. La stessa Google Inc. ha pubblicato il Case
Study della soluzione sul proprio sito
internet, annoverandola tra le proprie referenze;
• Ottobre 2010: Installazione e messa
in funzione del Microscopio Neurochirurgico Leica M525, dotato di
un sistema basato su tecnologia
ottica OptiChrome ed espressamente dedicato alla chirurgia spinale e cervicale;
• Dicembre 2010: Inaugurato, alla
presenza dei vertici del Governo
Regionale, l’avvio in esercizio di
una delle sette rivoluzionarie apparecchiature di medicina nucleare in vivo presenti nel mondo
(la seconda in Italia) basate su tecnologia GE Alcyone;
• Gennaio 2011: Sostituite integralmente le apparecchiature di chirurgia oculistica mediante l’adozione di microscopio Leica e
facoemulsificatori Alcon Infinity di
ultima generazione che hanno
contribuito a rendere la Casa di
Cura all’avanguardia nel settore
della chirurgia oculistica. In questo ambito, a pochi mesi dall’avvio, all’Unità Operativa oculistica
è stato riconosciuto un importante ruolo nel campo dei tra-
Dicembre/Gennaio 2012
pianti di cornea;
• Luglio 2011: Go-Live del progetto
SAP-MdG, nuovo sistema informatico della Casa di Cura, totalmente integrato per coprire tutte
le esigenze aziendali sia dal punto
di vista clinico che amministrativo.
Poggia interamente su piattaforma SAP AG ed ha permesso
l’adozione di metodologie di gestione dei reparti secondo gli standard mondiali, sia in termini di
completezza ed appropriatezza
delle informazioni di carattere clinico, sia in termini di driver di gestione manageriale. Il progetto,
basato sull’adozione dei moduli
ERP di SAP tradizionali, si è arric-
PRIMO PIANO
chito dei moduli ISH ed ISH-Med di
recente introduzione sul mercato
mondiale, ponendo la Casa di
Cura tra le prime realtà italiane ad
adottarne le features;
• Settembre 2011: Reenginering del
Servizio Laboratorio Analisi che,
sebbene tutt’altro che obsolescente, si è reso necessario per
completare l’integrazione dei servizi diagnostici sulla piattaforma informatica SAP. Le attrezzature esistenti sono state sostituite od
integrate con altre tecnologicamente più avanzate, col risultato di
un ambiente operativo completamente automatizzato.
La Casa di Cura ha stipulato negli anni
diverse importanti convenzioni con
Complessi Ospedalieri e poli universitari, nell’ambito della Chirurgia Generale ed Addominale, la Medicina Interna, la Cardiologia e l’impiantistica
cardiologica, l’Endocrinologia, l’Oculistica e Ortopedia tra cui:
- Convenzione con l'Università degli
Studi di Tor Vergata per le branche
di Chirurgia Generale, Plastica e
Ricostruttiva;
- Convenzione con il Dipartimento
di Neurochirurgia del Complesso
Ospedaliero San Giovanni Addolorata di Roma per l’effettuazione
di interventi di neurochirurgia spinale e cervicale;
- Accredito presso la Banca degli
Occhi di Roma, per l’impiego di
-
lembi biologici ad uso trapianto di
cornea;
Già sede di una Scuola Infermieri
che ha diplomato, in circa 25 anni
di attività, ben 443 infermieri professionali e 371 Capo Sala; attualmente la Casa di Cura ospita gli allievi del corso di laurea in Scienze
Infermieristiche del polo di Latina
dell’ Università La Sapienza di
Roma i quali svolgono le attività tirocinio, previste dal corso di laurea, all’interno dei vari reparti
della struttura.
Inoltre, fin dalla fondazione ha partecipato a ricerche internazionali, promosse da importanti Istituti Universitari,
Case farmaceutiche e produttori. Attualmente, in compartecipazione con
uno dei principali produttori mondiali
di protesica in ambito ortopedico, si è
qualificata come centro pilota per
l’Italia del progetto avente come finalità l’implementazione di una nuovissima metodologia che prevede la
realizzazione e l’impianto di protesi di
ginocchio, realizzate negli Stati Uniti
su misura per il paziente cui la protesi
sarà destinata, grazie all’acquisizione
preventiva - mediante TAC - delle immagini del ginocchio per cui, con la
tecnica della ricostruzione 3D, successivamente vengono realizzate le
maschere di taglio e la protesi da impiantare.
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PRIMO PIANO
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Dicembre/Gennaio 2012
ORTOPEDIA
Trauma Sport Center
La Patologia
meniscale
del ginocchio
Patologia meniscale
traumatica
e patologia meniscale
degenerativa
Intervista
al Dott. Andrea Grasso
di Roberto Scenna Biagioli
Dottor Grasso nel precedente incontro abbiamo affrontato in modo generico patologie e traumi articolari soprattutto causati da attività sportiva: ginocchio, spalla,
anca e caviglia. Oggi in modo più approfondito vorremmo parlare di Patologia meniscale traumatica e patologia meniscale degenerativa.
Molto spesso il dolore o i blocchi articolari del ginocchio
possono dipendere da lesioni dei menischi mediale e laterale. Tali lesioni possono avere basi traumatica, degenerativa o dipendere da anomalie congenite.
I menischi sono due strutture fibrocartilaginee di forma
semilunare a sezione triangolare poste all’interno del ginocchio tra il femore e tibia. Il menisco mediale a forma
di C è saldamente inserito lungo tutto il suo contorno alla
capsula articolare specialmente a livello del corno posteriore.
Il menisco laterale più largo, a forma di O è assai più mobile di quello mediale ed è meno suscettibile di lesione.
La loro funzione è quella
1) migliorare la congruenza articolare tra tibia e femore,aumentando la superficie di distribuzione del carico, inoltre con un meccanismo a pompa facilitano la
lubrificazione dell’articolazione facendo fluire il liquido sinoviale.
2) Assorbire le sollecitazioni meccaniche a mo’ di cuscinetti elastici controllando i movimenti di rotazione dell’articolazione.
La particolare vascolarizzazione fa si che la zona più
centrale del menisco sia la meno irrorata e quindi più
soggetta a fenomeni involutivi e degenerativi. La zona
più periferica , definita come “Zona Rossa” , riceve, invece, una cospicua vascolarizzazione tramite arterie
capsulari penetranti Per la loro particolare situazione
anatomica nonché per la fisiologia articolare che porta
i menischi a seguire il movimento del femore durante la
flesso estensione del ginocchio ed a guidare in parte la
rotazione automatica dello stesso i menischi sono soggetti a lesioni per meccanismi di Compressione e Torsione, trasmessi dai condili femorali alla superficie articolare tibiale attraverso i corpi vertebrali.
Dalla classificazione di Groh abbiamo suddiviso le lesioni meniscali in
1) traumatica acuta
2) degenerativa secondaria
3) anomalie congenite
LESIONE MENISCALE TRAUMATICA
I meccanismi traumatici più frequentemente responsabili di lesioni meniscali sono i traumi distorsivi, l’estensione
del ginocchio dalla posizione accovacciata ed i calci a
vuoto.
Le lesioni possono essere di tipo
A) longitudinale (parallele all’asse maggiore del menisco),
B) radiale (perpendicolari al medesimo asse)
C) orizzontali(parallele al piano dei piatti tibiali)
DEGENERATIVA SECONDARIA
Sono colpiti pazienti di eta avanzata, soggetti giovani
che praticano attività sportiva o intensa attività motoria.
Le aree colpite sono corrispondono alle zone critiche e
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ORTOPEDIA
cioè a bassa vascolarizzazione.L’invecchiamento delle proprietà meccaniche del menisco conduce nel tempo al sommarsi di piccole
lesioni che senza realizzare rotture meccanicamente importanti producono la cosiddetta MENISCOSI a
cui si associano alterazioni osteocondrali, caratteristica
del ginocchio artrosico. Possono coesistere lembi di fibrocartilagine distaccata dal bordo libero del menisco
(Flap) che causano blocchi articolari o pseudo-blocchi
della coscia. G li esercizi a catena chiusa sono
validi e sicuri perché causano una minima traslazione anteriore della tibia, migliorano il controllo neuromuscolare e aumentano la stabilizzazione dinamica attraverso la contrazione simultanea dei
muscoli posteriori della coscia e del quadricipite.
ANATOMIA DEL GINOCCHIO
ANOMALIE CONGENITE
Menisco discoide. E’ una malformazione la cui genesi resta sconosciuta. Si riscontra più frequentemente in forma
isolata a carico del menisco esterno. Non vi è incidenza
maggiore in un sesso rispetto all’altro. L’età media in cui
si manifesta è quella giovanile. Possiamo distinguere
1) menisco discoide totale, ricopre totalmente il piatto
tibiale
2) menisco discoide sub totale
3) menisco anulare
4) Forme minori di alterazioni sono dovute ad iperplasia
dei segmenti anteriore, posteriore o medio del menisco e pertanto avremo
5) 1)megacorno anteriore o menisco a virgola
6) megacorno posteriore o menisco a virgola invertita
7) La malformazione meniscale puo’ essere del tutto
asintomatica o puo’ manifestarsi con una gamma di
segni clinici che vanno da una vaga dolenza, fino al
ginocchio a scatto !
Lesione LCA (legamento crociato anteriore); trattamento conservativo dopo la lesione LCA; rieducazione
e riabilitazione.
Dopo aver diagnosticato la lesione al LCA, il paziente, il
medico, il terapista, il rieducatore del paziente devono
scegliere il tipo di trattamento: chirurgico o conservativo.
Il paziente ideale per l'intervento chirurgico è un soggetto giovane, motivato e che segue attività ad alto livello. Questo tipo di paziente è disposto ad affrontare i
sacrifici necessari per completare con successo il programma di riabilitazione.
L'approccio conservativo è indicato per le persone anziane e sedentarie, che farebbero troppa fatica a seguire un programma riabilitativo dopo un intervento chirurgico per la mancanza di motivazione e la poca
assiduità a seguire un programma intensivo.
Il paziente può immediatamente, dopo la lesione, iniziare
a eseguire delle contrazioni del quadricipite e dei sollevamenti dell'arto inferiore con la gamba estesa sulla coscia. Si possono iniziare esercizi di mobilità, entro un arco
di movimento privo di dolore. Si può lavorare al ciclo ergometro, con l'altezza della sella regolata in modo da
consentire al ginocchio di effettuare la massima flessione tollerata.
Al diminuire del dolore la mobilità migliora notevolmente
e si possono compiere esercizi di flessione ed estensione
isotonica a catena cinetica aperta; (è consigliabile limitare l'estensione tra 0 e 45° per le prime 8-12 settimane
per limitare le sollecitazioni a livello del LCA).
Gli esercizi per il potenziamento muscolare devono andare a sollecitare i muscoli gastrocnemio e posteriori
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Dicembre/Gennaio 2012
Obbiettivo principale del rinforzo muscolare è quello di
avere un rapporto di forza 1:1 tra i muscoli anteriori e
quelli posteriori della coscia.
Il quadricipite può essere riabilitato, senza sovraccaricare
il ginocchio, attraverso varie tecniche: precoci contrazioni isometriche multiangolari (110°-50°); contrazioni
quadricipite/flessori sia fuori che sotto carico; esercizi attivi, evitando di arrivare oltre i 45° di estensione; estensione contro resistenza, applicando il carico sulla regione prossimale della tibia.
La contrazione eccentrica è utilizzata per il potenziamento dei muscoli ischiocrurali ( bicipite femorale, semitendinoso e semimembranoso). Si utilizzano a tale scopo
macchine per il potenziamento isotonico a carico fisso
per tutto l'arco del movimento, dinamometri isocinetici,
esercizi controllati funzionali di accelerazione/decelerazione.
Il metodo isocinetico (lavoro a velocità costante durante tutto l'arco del movimento) ottimizza il lavoro di rinforzo muscolare poiché consente una contrazione massimale per tutto l'arco del movimento. Inoltre fornisce
una valutazione quantitativa dei deficit muscolari. Questi esercizi isocinetici vanno eseguiti evitando gli ultimi 20°40° di estensione per passare poi gradualmente ad
un'escursione articolare completa con maggior numero
ORTOPEDIA
di ripetizioni, velocità inferiori e carichi massimali.
Alla fine della rieducazione funzionale quando il paziente ha raggiunto adeguati livelli di forza eccentrica e
di controllo dinamico dell'instabilità, per completare il
tutto viene inserita la pliometria.
Obiettivo della rieducazione è la riprogrammazione dell'esperienza percettiva del movimento. Si possono utilizzare a tal scopo, secondo la fase della riabilitazione,
esercizi a catena cinetica aperta, come la cyclette con
trascinamento passivo dell'arto infortunato; deambulazione precoce, con carico parziale; recupero degli
schemi del passo (si possono fare anche in piscina)esercizi tecnici e di agilità, di corsa e di salto.
L'uso di un tutore funzionale, sia per la lesione parziale
che per quella totale del LCA, fornisce vantaggi incrementando il senso della posizione dell'articolazione attraverso la stimolazione dei propriocettori. Tuttavia può
provocare diminuzione della massa muscolare dell'arto
ed ulteriore riduzione delle proprie prestazioni funzionali.
Per questo motivo occorre alternare l'uso del tutore durante gli esercizi.
Terapie fisiche: Utilizzo del ghiaccio per 15-20 minuti al termine di ogni lavoro anche se non c'è alcun segno di tumefazione o edema.
l’alleviare il dolore rispetto alle patologie meniscali.
Un’artroscopia non potrà mai curare l’artrosi e quindi il recupero non può essere completo.
I corpi mobili sono frammenti di cartilagine o osso fluttuanti all’interno dell’articolazione. Le cause sono molteplici e la rimozione avviene tranquillamente per via artroscopica. Il problema nell’immediato si risolve, ma la
zona da cui si è staccato il frammento continua ad essere fonte di disturbi.
Diagnosi di lesioni legamentose. In artroscopia si possono valutare perfettamente i legamenti presenti all’interno del ginocchio; grazie a questa tecnica è anche
possibile eseguire le ricostruzioni di tali legamenti.
Il dolore rotuleo viene inizialmente trattato da un fisioterapista; solo in caso di insuccesso di questa terapia conservativa si può ricorrere ad intervento chirurgico.
In caso di artrosi l’artroscopia aiuta ad alleviare i sintomi
solo parzialmente. Risulta più utile in caso di impedimenti
meccanici (per esempio un blocco dell’articolazione,
una sensazione di scatto all’interno del ginocchio). In
Dottor Grasso, fino agli anni '70 il dolore-lesione del menisco imponeva quasi obbligatoria l'asportazione, l'intervento avveniva in artrotomia, dagli anni '90 ad oggi
sono state messe in pratica tecniche all’avanguardia
per curare le lesioni invece di asportare: ci parla della
chirurgia artroscopica seguita nel suo Centro?
L’artroscopia è la visualizzazione della cavità articolare
mediante una piccola videocamera. L’immagine viene
proiettata ingrandita su un monitor grazie ad un cavo a
fibre ottiche. Le moderne tecniche permettono al chirurgo di osservare tutte le strutture interne del ginocchio,
senza doverlo aprire. Nonostante l’esiguità delle incisioni
chirurgiche, con questa tecnica è possibile trattare svariate patologie.
Di solito, l’intervento in artroscopia non necessita di un ricovero ospedaliero.
Le lesioni meniscali rappresentano la patologia più frequente. I menischi, tra le varie funzioni, agiscono all’interno del ginocchio come “ammortizzatori”. La parte
lesionata del menisco può essere fonte di dolore e può
causare dei danni cartilaginei all’interno del ginocchio.
Tanto maggiore è la quantità di menisco asportata,
quanto più alto sarà il rischio di sviluppare artrosi a lungo
termine. Talvolta, in base al tipo di lesione, è possibile suturare il menisco, con ovvi vantaggi per la cartilagine articolare. In questo caso può rendersi necessaria un’incisione più lunga. Anche i tempi di recupero si allungano
(fino a 6 mesi per un recupero completo), e può rendersi
necessario un tutore. Il menisco gioca un ruolo molto importante all’interno dell’articolazione e, per questo motivo, cerchiamo di asportarne il meno possibile.
La cartilagine articolare è quel rivestimento liscio che ricopre la parte articolare dell’osso. Grazie ad essa, le due
ossa possono muoversi liberamente tra loro senza esercitare attrito o dolore. Se questa superficie diventa irregolare, può causare dolore e tumefazione. L’artroscopia
può rallentare questo processo, ma è meno efficace nel-
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ORTOPEDIA
questi casi l’artroscopia può alleviare il dolore per un
certo periodo di tempo, ma la soluzione definitiva è rappresentata dalla sostituzione protesica.
Le complicanze in seguito all’artroscopia di ginocchio
non sono frequenti, ma possono capitare. L’incidenza di
complicanze varia dall’1.5 al 2% dei casi. La complicanza più frequente è l’emartro (cioè il sanguinamento
all’interno dell’articolazione). L’infezione è molto rara, e
si verifica in circa 1 artroscopia su 500. Anche le lesioni
vascolari e nervose sono molto rare, ma possono capitare.
I risultati di questa procedura dipendono dalla patologia.
In caso di lesione meniscale senza danni aggiuntivi, i risultati sono molto buoni (bisogna tuttavia ricordare che
ci sarà una certa predisposizione a sviluppare l’artrosi).
I pazienti con un danno della cartilagine articolare continueranno ad avere gli stessi sintomi, a causa della natura stessa della patologia. Nei pazienti con artrosi è
molto difficile riuscire ad eliminare i sintomi con l’artroscopia; in questi casi, infatti, l’artroscopia dà dei benefici in caso di rottura del menisco o di corpo mobile, ma
non è in grado di influenzare positivamente la progressione della malattia.
Le medicazioni dopo l’intervento possono essere fatte
dopo circa 10 giorni dall’intervento per la desutura.. Solitamente la visita di controllo viene fissata dopo circa 1
mese dall’intervento.
Prima dell’intervento può essere utile eseguire esercizi di
rinforzo del muscolo quadricipite ed è molto importante
eseguire questi esercizi anche nel post-operatorio. Se si
eseguono questi esercizi fino al punto di lieve dolore, è
molto difficile che si possa danneggiare il proprio ginocchio
Durante la visita di pre-ospedalizzazione, vengono fatte
domande relative alla storia clinica (anamnesi), all’assunzione di farmaci ed alla presenza o meno di allergie.
E’ per noi utile che il paziente porti con sé una lista delle
medicine assunte e delle eventuali allergie, che verrà
consegnata all’anestesista prima dell’intervento.
Sarebbe opportuno sospendere i farmaci anti-infiammatori quali l’Aspirina, l’Orudis, il Feldene, il Voltaren ed
il Naprosyn 10 giorni prima dell’intervento, poiché possono aumentare il normale sanguinamento.
Si può parlare di completo recupero quando si sarà ridotto il gonfiore ed il dolore e si saranno rinforzati i muscoli dell’arto.
Il dolore post-operatorio nel ginocchio dipende principalmente dal voler utilizzare precocemente l’arto senza
prima aver recuperato completamente il tono muscolare. Anche il gonfiore eccessivo può essere responsabile
del dolore.
Dopo l’intervento bisogna mantenere sollevato l’arto il
più possibile, applicando una borsa del ghiaccio per 30
minuti per almeno 2-3 volte al giorno, in modo da ridurre il gonfiore ed il dolore; anche i farmaci anti-infiammatori possono ridurre il gonfiore. La borsa del ghiaccio deve essere posizionata sopra al bendaggio o, in
alternativa, sulla cute, preoccupandosi sempre di interporre un panno, al fine di non provocare bruciature da
ghiaccio.
Il rinforzo del quadricipite è molto importante per recuperare la funzionalità del ginocchio. Per questo motivo
consigliamo di eseguire un ciclo di fisiochinesiterapia in
un centro specializzato di nostra fiducia, a partire dalla
prima settimana dopo l’intervento. E’ molto importante
sottolineare che la singola seduta quotidiana di 1 ora
non aiuterà a risolvere i problemi legati all’intervento
chirurgico; il paziente deve apprendere gli esercizi ed
eseguirli con continuità presso il domicilio, anche per alcune settimane dopo l’intervento.
Il/la paziente viene contattato/a dal Servizio di Ricovero
della Casa Di Cura per eseguire la visita di preospedalizzazione, comprendente gli esami preoperatori di routine, l’ECG e la visita anestesiologica. L’artroscopia del
ginocchio viene eseguita in regime di Day Surgery, ovvero senza degenza ospedaliera. L’ingresso avviene al
mattino e la dimissione nel pomeriggio, se non vi sono
complicanze. All’anestesista bisogna riferire di eventuali
allergie a farmaci o di eventuali problemi con anestesie
precedenti; al medico si possono fare domande circa il
tipo di anestesia che verrà utilizzata, i suoi effetti collaterali e le complicanze.
L’artroscopia viene solitamente eseguita in anestesia
locale.
Dopo l’intervento bisogna rimanere a riposo per alcuni
giorni, camminando con 2 stampelle con carico sfiorante sull’arto operato per circa 1 settimana. Nei primi
giorni dopo l’intervento bisogna evitare di flettere eccessivamente il ginocchio e di rimanere troppo tempo in
piedi; bisogna mantenere elevata la gamba per il maggior tempo possibile.
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Ovviamente non è possibile tornare a casa autonomamente il giorno stesso dell’intervento; bisogna quindi
provvedere al trasporto, con mezzi propri o con l’ambulanza.
Si può tornare a guidare solo quando ci si sente perfettamente a proprio agio con il ginocchio e non si hanno
impedimenti con le manovre da eseguire in macchina.
Consigliamo di non fare lunghi percorsi in macchina o in
aereo per 6 settimane, in quanto questi lunghi viaggi aumentano il rischio di sviluppare una trombosi.
Si può ritornare a lavorare non appena il ginocchio migliori al punto da permettere le maggiori attività lavorative; pertanto, è intuitivo che questo dipende dal tipo di
mansione svolta. Questo non vuol dire che il ginocchio
sia perfettamente guarito; infatti, potrebbe persistere un
certo grado di fastidio, soprattutto vicino alle incisioni chirurgiche, anche per alcune settimane.
L’artroscopia del ginocchio è una procedura sicura ed
efficace, i cui risultati sono, per alcuni tipi di patologia,
anche migliori rispetto alla chirurgia “a cielo aperto”
Casa di Cura Villa Valeria
Piazza Carnaro 18 Roma
Tel 06872721 – 068713735
Trauma Sport Center
www.villavaleria.it
RUBRICA
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INTERVISTA
MACULOPATIA
cause, sintomi
e trattamento
Intervista
al Prof. Jean Marc Vergati(*)
di Roberto Scenna Biagioli
C
on il Prof. Vergati nei numeri precedenti di Salute
Più abbiamo trattato argomenti molto importanti
per la vista, dalla cataratta al glaucoma al laser
per la miopia e le patologie degli occhi dei bambini.
Oggi affrontiamo un argomento sempre importante ma
meno facile da curare: la Degerazione Maculare.
L'uomo occidentale moderno utilizza gli occhi con maggiori stimoli che nei secoli passati. Le nuove generazioni,
anche perchè si vive più a lungo, dovranno prepararsi
ad affrontare i problemi derivati da un numero maggiore
di patologie legate all'invecchiamento quali appunto il
glaucoma,la cataratta e la maculopatia degenerativa.
Malattie che possono fortemente limitare l'autonomia
dell'individuo.
Prof. Vergati cos'è la Maculopatia?
Innanzi tutto è bene specificare cosa sia la macula.
La retina è la pellicola della macchina fotografica-occhio, essa è costituita, principalmente, da due porzioni:
•
retina periferica, costituita da cellule nervose denominate bastoncelli, che è la responsabile della
visione periferica e di quella notturna,
•
retina centrale, o MACULA, in cui si trovano cellule
altamente specializzate, i coni, responsabili della visione nitida e della percezione dei colori.
Nelle maculopatie viene danneggiata proprio la
porzione più importante e delicata della retina.
Ho usato il termine plurale di maculopatie in
quanto se ne riconoscono principalmente due tipi:
•
la Maculopatia secca o non vascolare
•
la Maculopatia essudativa o vascolare
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Rapidità di progressione, terapia e prognosi sono molto
differenti in quanto una maculopatia secca può impiegare anni o decenni per manifestare i suoi danni mentre
una maculopatia essudativa va affrontata come
un'emergenza essendo in grado di portare ad una cecità centrale in poche settimane.
Quali sono i sintomi?
Per ciò che riguarda la forma secca l'individuazione del
danno da parte dell'oculista (con l'esame del fondo dell'occhio) può precedere anche di anni la comparsa di disturbi visivi. Nella forma essudativa, invece, è il paziente
a richiedere una visita d'urgenza in quanto nota la comparsa di visione distorta o di macchie centrali.
Quali sono i maggiori fattori di rischio analizzando i principali?
Le maculopatie hanno cause multifattoriali in cui la familiarità, il fumo, il diabete, l'eccessiva esposizione al
sole, le miopie elevate, sono solo i più importanti tra i fattori predisponenti.
Esistono, da pochi mesi, degli esami genetici che permettono l'individuazione dei soggetti con rischi ereditari;
ciò è di grande importanza perchè ci consente un'azione
di prevenzione con farmaci antiossidanti da assumenre
prima della comparsa della malettia
Cosa si può fare per ridurre i rischi di tali fattori?
L'aspetto più importante è quello di sottoporsi, dopo i 50
INTERVISTA
anni, periodicamente ad una visita oculistica che ci permetterà di individuare i primi segni retinici di invecchiamento; successivamente, in accordo con l'oculista andranno assunte terapie antiossidanti, andrà controllata la
visione da vicino con un test di Amsler (un foglio a quadretti
con un punto nero al centro), per individuare precocemente la distorsione delle immagini e si dovranno ridurre i
fattori di danno quali il fumo, le dislipidemie, l'esposizione al
sole (con l'utilizzo di lenti protettive) della retina ecc..
Ci spiega quale ruolo può avere una dieta appropriata
e vitamine?
La retina ha una intensa attività metabolica; ha,
quindi,bisogno di sostanze che possano ridurre i danni legati a questa attività.
Tra le sostanze più utilizzate a questo scopo abbiamo:
•
zeaxantina e luteina: forme di Vit. A che hanno lo
scopo di ridurre i danni da raggi ultravioletti in
quanto hanno la funzione di filtri naturali;
•
rame, selenio, omega 3, Vit C e Vit E vengono comunemente utilizzati come antiossidanti
Quali sono le informazioni su le più recenti ricerche e
sperimentazioni cliniche?
Uno degli aspetti più recenti e rilevanti al fine di prevenire queste patologie è un esame che consente l'individuazione di quei geni ritenuti responsabili delle maculopatie; questo aspetto è estremamente importante in
quanto permette di instaurare una terapia antiossidante
prima dell'insorgenza del danno retinico.
La Degenerazione Maculare Senile può portare alla cecità?
Purtroppo si. É per questo che la prevenzione ed il precoce ricorso alla terapia sono fondamentali
Grazie Prof. Vergati per la sua consueta chiarezza e disponibilità.
Prof. JEAN MARC
VERGATI (*)
Medico
Specialista in
Oftalmologia
Docente della S.I.O.R. (Società
Italiana di Chirurgia Refrattiva)
www.vergati.net
Studio Ostia:
Lidolaser
Via Isole del Capoverde 308 - tel. 06.56339860
Studio Roma:
Piazza Cola di Rienzo 86 - Roma - tel. 06.3207153
Ugenze: cell. 3337449368
Mensile di informazione e prevenzione medica
Distribuito gratuitamente a Roma, Ostia
e interland in:
studi medici, centri diagnostici, Asl, case di
cura, ospedali, centri benessere, ambulatori
polispecialistici e farmacie
Università: La Sapienza, Tor Vergata, Roma
Tre - Facoltà di Medicina
Istituzioni: Ministero della Salute, Regione,
Provincia, Comune
w w w. s a l u t e p i u . i t
google: salutepiu.it
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PREVENZIONE
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Anno I - n. 0
PREVENZIONE
Le Orticarie
Le Orticarie sono un gruppo di malattie cutanee caratterizzate da pomfi (manifestazioni simili a quelle provocate
dalle punture di zanzara) pruriginosi e fugaci. Essi sono provocati dall'eccessiva liberazione nel derma di sostanze vasopermeabilizzanti (istamina, leucotrieni, prostaglandine,
serotonina, citochine, etc) da parte di speciali cellule denominate mastociti. L'orticaria si chiama ACUTA se dura
meno di 6 settimane e CRONICA se persiste oltre questo limite arbitrario. Quando
ad essa si accompagna angioedema (edema delle mucose respiratorie, gastrointestinali o genito-urinarie) si parla
di SOA = Sindrome Orticaria-Angioedema. In questi casi, ai
tipici pomfi dell'orticaria, si associa un edema del tessuto
connettivo lasso profondo, soprattutto a livello di palpebre
e labbra; nei casi più gravi, l'edema può interessare anche
la laringe, provocando fenomeni di soffocamento (edema
della glottide di Quincke). Le orticarie possono talora esseretalora una spia di altre patologie associate, come
nella sindrome di Muckle Wells (orticaria,sordità, amiloidosi), la sindrome di Hardy (orticaria, febbre, eosinofilia), la
sindrome iper-IgE(orticaria, asma, anafilassi) ed alcune patologie tumorali (orticaria paraneoplastica). Le recidive di
orticaria possono essere sia giornaliere (forma continua)
che intermittenti (orticaria ricorrente). Si parla invece di
orticaria-vasculite se i pomfi assumono un colorito purpureo
e persistono ciascuno oltre le 24 ore. In base ai fattori scatenanti ricordiamo l'orticaria da farmaci, da alimenti, da
additivi, da inalanti, da contatto, da agenti infettivi (es: helicobacter pylori, parassitosi intestinali, etc), da immunocomplessi e da punture da insetti (orticaria papulosa o
strofulo). Esiste un vasto gruppo di orticarie cosiddette "fisiche" perchè scatenate da stimoli meccanici, termici o
elettromagnetici. L’orticaria cronica viene attualmente
classificata in orticaria fisica, in cui sono identificabili il 35%
dei pazienti, orticaria autoimmune, categoria cui appartengono il 25% dei casi e orticaria cronica idiopatica, cui
appartiene un altro 35% dei pazienti. I soggetti che presentano alla base dei loro disturbi una eziologia di tipo autoimmune risultano positivi all’intradermoreazione con siero
autologo; tale condizione si associa alla presenza di anticorpi diretti nei confronti della catena alpha del recettore
ad alta affinità per le IgE; una minoranza di questi pazienti,
al contrario, risulta positiva al test cutaneo in quanto presenta anticorpi diretti contro le IgE. Allo stato attuale non
vi è alcun test diagnostico di tipo qualitativo o quantitativo
capace di individuare e/o dosare tali anticorpi.
Diversi Autori hanno quindi valutato la possibilità di studiare il plasma dei pazienti affetti da orticaria cronica in ci-
tometria a flusso, cimentandolo secondo un rapporto di 1
a 1 con il sangue
di donotori sani ed atopici, osservando, in caso di orticaria
cronica autoimmune, una attivazione dei granulociti basofili. Tale processo è facilmente monitorizzabile in citometria a flusso, attraverso l'utilizzo di alcuni marcatori immunologici. La più recente letteratura scientifica ha
individuato due marcatori, il CD63 (glicoproteina associata
alla membrana lisosomiale) e il CD203c (molecola transmembrana di tipo II, appartenente alla famiglia delle fosfodiesterasi e pirofosfatasi degli ectonucleotidi), quali validi marcatori dell'attivazione basofila. La tecnica prevede
per ogni paziente l'utilizzo di sangue intero proveniente da
due donatori differenti, di cui uno atopico, in modo da aumentare la sensibilità e la specificità della metodica stessa.
Ogni esame prevede l'allestimento di un controllo negativo,
in base al quale viene stabilita l'espressione basale dei
marcatori di attivazione, un controllo positivo cui viene aggiunto un siero policlonale anti-IgE,
in modo da valutare la responsività massima del campione, e, infine, un test dove come stimolo viene utilizzato
il siero del paziente in esame come stimolo antigenico. Il
confronto del test con il controllo positivo e quello negativo
sarà in grado di dimostrare se è presente un processo di attivazione nei granulociti basofili e, al tempo stesso, dimostrerà, seppur in maniera indiretta, la presenza di anticorpi
responsabili del carattere autoimmune dell'orticaria cronica In questo contesto, si inserisce un nuovo test diagnostico per valutare quelle che sono le reazioni di ipersensibilità allergica e non allergica che invece coinvolgono la
popolazione dei granulociti basofili (Test di attivazione basofila-TAB). Questo test mette a contatto i diversi allergeni,
in un ambiente a temperatura controllata, con i granulociti
basofili, ottenuti da un semplice prelievo ematico e identificati attraverso una sofisticata procedura citofluorimetrica,
che costituiscono la popolazione cellulare coinvolta in
prima linea nelle reazioni di ipersensibilità. La lettura di alcuni parametri funzionali, attraverso la valutazione di operatori esperti, permette di stabilire l’attività funzionale di
questa popolazione cellulare dopo l’esposizione ad uno
specifico allergene. La risposta del test aiuterà lo Specialista di riferimento nel corretto processo diagnostico di identificazione della problematica riferita dal paziente o dal Medico curante, evidenziando ventuali alterazioni della
risposta dei basofili rispetto ad uno stimolo neutro.
Dott. GUIDO CIMATTI
Patologo clinico
Direttore Tecnico
Dott. GABRIELE RUMI
Specialista in Allergologia ed
Immunologia Clinica
Analisi Cliniche Cimatti
Viale Angelico 39 - 00195 Roma
tel. 06 3720322
e-mail: [email protected]
web: www.analisicimatti.it
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Dott. GIANNI CIMATTI
Medico Chirurgo
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ODONTOIATRIA
Dott. PAOLO COLANGELO
Medico Chirurgo
Specialista in odontostomatologia
La sindrome
della bocca urente
L
a Sindrome della bocca urente o Burning Mouth Syndrome (BMS) o Stomatopirosi è una patologia inquadrata dal 1994 tra le algie croniche definita come: “dolore bruciante della lingua e della mucosa orale”.
Questa patologia è abbastanza frequente 3% della popolazione con predilezione della fascia di età superiore ai 50 anni,
mai nei bambini, con prevalenza nel sesso femminile nella fascia di età perimenopausale, ciò porterebbe a pensare ad
una causa ormono dipendente.
La BMS è caratterizzata da dolori e bruciori che si estendono
dalla mucosa orale alla lingua, e i alcuni casi anche ai denti,
generalmente la sintomatologia è assente la mattina per poi
aumentare nel corso della giornata, si accompagna anche a
glossopirosi (bruciore della punta della lingua), xerostomia (secchezza delle fauci) alterazione del gusto ed in caso di terapie
odontoiatriche con particolare riferimento a quelle ortodontiche spiccata sensibilità dovuta al trauma meccanico. Possono anche coesistere anche patologie del tratto gastrointestinale come l’esofagite da riflusso, presenza dell’helicobacter
pilori, gastriti, colon irritabile, meteorismo. Ed ancora fibromi algia del collo e delle spalle, nevralgia del trigemino, dismenorrea, prurito di causa incerta, tinnito e diabete.
Si possono distinguere due tipologie della bocca urente: una
primitiva che sembra essere correlata ad una alterazione del
sistema nervoso centrale e periferico con alterazione dei nervi
sensitivi (teoria neuropatica) che in molti casi è correlata con
disturbi odontostomatologici come il dolore atipico faciale e
l’odontalgia atipica. La sindrome secondaria è invece legata
a numerose patologie preesistenti come: Sindrome di Sjorgren, micosi orali, lichen, lingua a carta geografica, deficit nutrizionali, alterazione ematologiche da mancanza di: ferro, folati, vitamine del gruppo B.
Materiali alloplastici specialmente le resine acriliche da protesi e materiali per terapie conservative odontoiatriche. Farmaci antiipertensivi, ACE inibitori, alcool, sostanze irritanti, alcoolismo e tabagismo. Bruxismo. Squilibri ormonali
post-menopausa, ipotirodismo. Diabete.
La BMS viene anche classificata in relazione alla sintomatologia in tre classi:
Tipo 1 - Aumento della sintomatologia nel corso della giornata
Tipo 2 - Sintomatologia costante
Tipo 3 - Sintomatologia alternata per intensità e durata.
Spesso allla BMS primitiva sono associate alterazione dell’umore e del comportamento come l’ipocondria, la cancerofobia e le fobie in generale, aumento della sintomatologia dopo forti stress fisici e psichici.
DIAGNOSI
La diagnosi della BMS non è sempre facile, bisogna per
prima cosa stabilire se si tratta di una sindrome primitiva o secondaria, pertanto verranno eseguiti esami per escludere le
cause dalla BMS secondaria che generalmente sono: - Analisi del sangue di routine, test della funzionalità tiroidea, glicemia e curva glicemica e per la donna i dosaggi ormonali.
- Esami culturali della bocca con particolare riguardo alla ricerca di forme fungine (micosi). - Test allergologici , anamnesi
positiva a pregressa allergia. - Eventuali visite e test psicologici
qualora si ravvisa la necessità. - Biopsia della mucosa orale o
della lingua in caso di dubbio.
Molti farmaci possono indurre xerostomia, che è uno dei sintomi molto frequenti nella BMS, pertanto è necessario ed importante accertarsi a quali terapie farmacologiche il pa-
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Dicembre/Gennaio
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Anno I - n. 0
ziente è sottoposto con particolare riferimento ai farmaci
che curano: la depressione, l’ipertensione, e il diabete. Si ricorda anche che la xerostomia è presente nei pazienti affetti
dalla sindrome di Sjorgren. Solo quando possono essere
escluse tutte le condizioni morbose che abbiamo considerato
si potrà pensare ad una causa psicosomatica e/o porre diagnosi di BMS di tipo primitivo.
TRATTAMENTO
La complessità e la varietà della sintomatologia richiede un
trattamento modulato in funzione delle cause primarie che
hanno causato la stomatopirosi. Pertanto sarà necessario
eseguire una terapia causale come nel caso di un’infezione
fungina con farmaci antimicotici (chetoconazolo), nel caso
di reflusso gastroesofageo l’utilizzo dei farmaci inibitori della
pompa protonica (omeprazoli), nel caso di patologie sistemiche come la carenze dei folati o le anemie ferroprive, sarà
compito dell’ematologo prescrivere la corretta terapia, lo
stesso in caso di diabete. L’utilizzo di antistaminici e anestetici
locali è indicato per ridurre la sintomatologia ma ovviamente
non la causa. E’ importante studiare l’aspetto emotivo comportamentale del paziente specialmente nei casi di cancerofobia (ossessione di avere un cancro in bocca). La rassicurazione da parte del sanitario che non vi è nessuna patologia
oncologica in atto servirà tantissimo a ridurre anche i sintomi
della BMS, in ogni caso la somministrazione di farmaci ansiolitici (benzodiazepine) diminuirà tale sintomatologia. Talvolta
anche gli antidepressivi possono migliorare il decorso clinico,
da utilizzare solo se non vi è stato nessun miglioramento con
le benzodiazepine. Poiché la BMS rientra tra le cosiddette “allodinie”, cioè quelle patologie che come abbiamo visto sono
caratterizzate dalla comparsa di bruciore, dolore, prurito e
formicolio, di conseguenza possono essere anche utilizzati i
farmaci che inibiscono la trasmissione neurale bloccando i
canali del sodio e del calcio come i topiramato (farmaco antiepilettico).
PRINCIPALI CAUSE DI BMS
- Xerostomia (assenza di saliva)
- Sindrome di Sjogren
- Lingua a carta geografica
- Stomatite da contatto
- Bruxismo (digrignamento dei denti)
- Lichen
- Micosi della bocca
- Protesi e/o cure odontoiatriche non congrue
- Farmaci antipertensivi
- Reflusso gastroesofageo
- Squilibri ormonali (menopausa e ipoparatiroidismo)
- Diabete
- Eccessivo utilizzo di colluttori specie quelle alcoolici
- Tabagismo
- Alcoolismo
- Ansia e stress
- Cancerofobia
- Anemia
- Carenza di vitamine del gruppo B
PRINCIPALI SINTOMI DELLA BMS
- Alterazione e perdita del gusto
- Variazione della percezione del gusto (sapore metallico o amaro)
- Secchezza delle fauci
- Bruciore della lingua (specialmente nel dorso e alla punta)
- Bruciore dell’intero cavo orale
- Dolore del cavo orale con progressione durante la giornata.
PSICOTERAPIA
Oraet LABORA
La dipendenza da lavoro
S
embra impossibile, ma spesso ci imbattiamo in persone talmente prese dal proprio lavoro tanto da dubitare se nascondono un vero e proprio interesse in
ciò che fanno o una conclamata patologia. Il dubbio è
lecito, soprattutto da quando è stata individuata una
nuova dipendenza psicologica che si sta espandendo a
macchia d’olio nei paesi industrializzati. Si tratta della dipendenza da lavoro o workaholic che sta diventando un vero problema sociale e
sanitario. Le persone affette da tale disturbo quando si fermano si sentono svuotate e prive di energie per i figli, il
partner e gli amici, tornando a casa
hanno, infatti, bisogno solo di dormire e
ricaricare le pile prima di ripartire.
Le caratteristiche della dipendenza
da lavoro
Ciò che differenzia un normale
lavoratore da chi nel lavoro
vede la propria ragione di vita
è sicuramente l’eccessivo
tempo dedicato al lavoro.
Chi ha un rapporto sano col proprio lavoro, ne viene stimolato e non si aspetta che esso lo riempia poiché ha già
un integro senso di sé; dopo una giornata fitta di impegni
è naturalmente stanco, ma questa stanchezza non è debilitante come quella del workaholic. Un workaholic riesce
a lavorare oltre 60 ore a settimana o comunque a pensare al lavoro anche in vacanza o nel tempo libero arrivando anche a lavorare di nascosto. Si tratta quindi di
uno stile di vita completamente incentrato sul lavoro con
la tendenza a trascurare le relazioni interpersonali e un’incapacità a rilassarsi. Le conseguenze di queste malsane
abitudini sono molteplici. Così se sul versante psicologico
è facile osservare, in coloro che abusano di lavoro, stati
ansiosi, tendenza al perfezionismo, senso di vuoto ed inutilità quando “staccano” dal lavoro, autostima legata
alla quantità o al successo lavorativo, sensi di colpa, atteggiamento ossessivo-compulsivo nei confronti del lavoro, disturbi del sonno e alimentari, isolomento, scarsa assertività, atteggiamento sprezzante nei confronti di chi
riesce a godersi la vita, problematiche familiari legate al
troppo lavoro, sul versante fisico non mancano disturbi
cardiocircolatori, emicranie, problemi gastrointestinali,
dolori muscolari, malattie psicosomatiche, abuso di sostanze come alcol, nicotina,caffeina e stimolanti.
Quando la società non aiuta: complicazioni della dipendenza da lavoro
Come per qualsiasi altra dipendenza, chi è colpito dalla
sindrome del super lavoro non si rende conto di esagerare
e anche se si lamenta delle tante
ore trascorse in ufficio
in verità non prova un
vero e proprio disagio. Il lavoro
diventa infatti uno stimolo continuo,
una sfida eccitante che dona
senso all’esistenza ma anche un
delirio del fare che porta all’impossibilità di ascoltare se stessi,
il proprio corpo e i veri e più
profondi bisogni. È vero,
infatti, che cogliere i campanelli d’allarme non è
semplicissimo anche se
fondamentale per la salute di chi investe tanto
nell’attivismo. A rendere la faccenda
ancora più complicata è il fatto che se i familiari e gli
amici si lamentano della scomparsa affettiva e relazionale
del super lavoratore, la società e l’ambiente di lavoro
creano modelli di lavoratori dipendenti trascurando il benessere sia dell’individuo sia delle sue persone care che
infatti a lungo andare si sentiranno tradite e impotenti di
fronte a un’ossessione così forte.
Come uscirne
Se il primo passo da compiere per uscire dalla morsa del lavoro è comprendere di esserci cascati, lo step successivo
è quello di una psicoterapia volta alla riscoperta del sé e
alla crescita personale. Ma è normale immaginare come
di fronte a un fenomeno così complesso, le strategie di intervento possano assumere forme diverse. Oltre alla psicoterapia individuale è infatti raccomandata anche un intervento familiare o la partecipazione a gruppi terapeutici.
Giova molto a tali individui una psicoterapia di gruppo in
cui vengono condivise le esperienze personali attraverso le
storie individuali, dando l’opportunità di identificare e riconoscere i propri comportamenti nelle proprie storie e in
quelle degli altri. Questo implica la creazione di un setting
accogliente, protetto, in cui è garantito l’anonimato e
l’elaborazione di programmi di lavoro ovvero di una guida
al lavoro quotidiano che stabilisce dei confini e conduce
il workaholic verso una vita più equilibrata.
Katia Carlini
Psicologa e Psicoterapeuta
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Anno I - n. 0
Dalla semplice maternità
alla piena fecondità
della donna
L'emancipazione femminile
attraverso un percorso interiore
di riscoperta di sé
Dott. Francesco Candeloro (*)
N
egli ultimi anni assistiamo, con
sempre maggior frequenza, al
riscontro di casi di infertilità, o
meglio sub-fertilità, della coppia, dove
spesso indagini mediche anche approfondite non riescono ad evidenziare condizioni patologiche tali da giustificare questa condizione.
Eppure ci troviamo a vivere in una società apparentemente evoluta, se non
altro da un punto di vista tecnologico,
che come tale promette di poter soddisfare al meglio le necessità umane, e
farsi così garante della miglior stabilità
sociale, che dovrebbe a sua volta favorire fecondità e prosperità, in maniera illimitata, alla specie umana.
Questa condizione di apparente stabilità sociale, unitamente anche alla
possibilità di soddisfare al meglio, al-
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meno nelle società economicamente
più opulenti, e fin dalla più tenera età,
i fabbisogni nutritivi in grado di garantire anche il corretto accrescimento fisico della persona, appaiono quasi in
contrato alla sempre più ricorrente
condizione di sub-fertilità della coppia,
tanto che la tecnologia e l’evoluzione
del pensiero medico sono sempre più
protesi a trovare alternative alla procreazione naturale, che è anche la più
auspicabile.
Bisognerebbe a questo punto soffermarsi su altri aspetti, forse più psicologici, alla base di questa condizione
sempre più frequente, e cominciare a
considerare come potenziali responsabili di tutto ciò i cambiamenti sociali
degli ultimi anni, che hanno visto la
donna emanciparsi dal ruolo femmi-
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Anno I - n. 0
nile di sola casalinga e principale tesoriera e artefice dell’educazione filiale, arrivando così ad assumere un
ruolo sociale sempre più preminente,
andatosi affermando, però, proprio a
discapito di quello familiare, fino a
sconfinare in un’assurda contesa con
l’uomo anche in occupazioni lavorative fino a poco tempo fa di esclusiva
pertinenza maschile, come quella militare, ad esempio, in cui la maggior
prestanza fisica sembrava giocare il
ruolo principale nella diversificazione
dei ruoli sociali.
E già, perché questa perdita di fecondità della coppia, se da un lato forse ha
una sua fisiologia, tipica delle società
economicamente più ricche - dove storicamente la natalità tende a ridursi rispetto a quelle economicamente più
OMEOPATIA
gno di emergere, di proclamare con
autorevolezza il giusto rispetto e la
complementarietà con quello maschile, ma che, in una inevitabile conflittualità, portata forse all’estremo,
però, ha finito per sovrastare e inglobare anche la mascolinità, facendo
perdere alla coppia il necessario incontro armonico di quelle due parti,
da sempre destinate a contenere naturalmente, e piacevolmente, la vita
e il suo più fisiologico divenire.
In effetti proprio chi, come omeopata,
che cioè, quasi quotidianamente si
confronta con la realtà umana nella
sua interezza e nella sua dinamica esistenziale con il circostante, sempre più
spesso si trova a fronteggiare persone
di sesso femminile che hanno assunto
un ruolo a volte aspramente dominante e poco incline alla pazienza, alla
tolleranza, alla mitezza e alla solidarietà, qualità queste squisitamente
femminili, nonché aspetti essenziali su
cui deve forgiarsi l’uomo, affinché la
coppia possa raggiungere quell’armonia di intenti che le permetterà di
garantire alla prole la giusta crescita
non soltanto fisica ma anche e soprattutto spirituale, in una fertilità allora sì
pienamente feconda, in quanto riproduttrice e custode della vita nel senso
più elevato che le compete.
povere, anche per una crescita interiore della persona, che impara sempre meglio a governare i propri istinti,
pervenendo così ad una più razionale
regolamentazione delle nascite, al servizio non solamente del principio di conservazione della specie, ma anche di
quello di fecondità e prosperità di tutto
il creato, troppo frequentemente dilapidato e saccheggiato da un essere
umano ancora tristemente sottomesso
alla sua insaziabile avidità - d’altro
canto, però, questa sub-fertilità, che noi
medici osserviamo ormai sempre più
spesso, è ben lontana da una maniera
più ordinata di pro-creare, ed è, forse,
proprio la conseguenza, almeno in
parte, della perdita del ruolo femminile
nella società.
Un ruolo che certo sentiva forte il biso-
E’ tuttavia proprio questo, forse, il
tempo più propizio in cui, superato il
maschilismo più sfrenato di tempi addietro, ma trovato anche il giusto equilibrio femminile all’antagonismo con la
parte maschile, i due esseri riscoprano
prima di tutto loro stessi e poi la bellezza di una vita condivisa, dove
ognuno arrivi addirittura a precedere i
desideri altrui e a sentire propri i patimenti dell’altro, in un reciproco e
scambievole dono d’amore che sarà
sempre in grado di riportare il giusto
calore in un animo umano troppo
spesso saccheggiato, anch’esso, del
suo senso originario.
E in questo ritrovarsi, prima di entrambi
i singoli, e poi del senso coniugale della
convivenza, proprio dalla donna può
venire un contributo essenziale: proprio
colei che è al vertice della creazione,
infatti, seconda solo a quel divino che
non può che abbracciare entrambi, e
del quale è interlocutrice prediletta,
proprio la donna è chiamata a ripartire
dal dolore di un’esistenza che la vede
sfregiata nella sua femminilità e troppo
spesso sottomessa all’arroganza altrui,
ma anche premurosamente invitata
ad abbeverarsi per prima alla fonte
della Vita, da cui trarre la necessaria
tenacia per ricondurre le sorti del
mondo al loro incantevole destino.
La donna, dunque, arriva ad emanciparsi pienamente solo quando è la
prima creatura a riscoprire il senso naturale della propria esistenza e orientarlo così, in un’attesa operosa, a trasformare e ricreare a sua volta l’uomo,
senza volerlo dominare o sottomettere
a sua volta, ma arrivando ad amarlo
nella sua primordiale naturalezza che è
dissolvenza di quell’asprezza di modi e
maniere, che ben poco hanno a che
fare con un sincero e delicato, ma al
contempo intenso e forte, rapporto di
vero amore.
Baluardo, così, indispensabile, a protezione della vita umana e terrena, il suo
ruolo di difesa di questa non prevede di
armarsi contro il nemico, ma di custodire gelosamente le armi, che solo a lei
appartengono, e che sono al servizio di
un’esistenza che mai potrà morire, naturale passaggio, di generazione in generazione, della parte migliore di un noi,
che continuerà ad esistere, semmai, anche solo nei nostri sogni.
E così, feconda a se stessa, tornata
amica dell’uomo, custode prediletta
della vita e della sua infinita rinascita, la
donna si riscoprirà centro essenziale di
tutto il creato, tornando così a sentire,
per se stessa, quella giusta considerazione – a tratti venerazione - che naturalmente avverte appartenerle per indissolubile prossimità con il divino.
(*) Dott. FRANCESCO CANDELORO
Dopo la laurea in Medicina e Chirurgia, ed i successivi perfezionamenti in Medicina Generale e
Medicina Interna, ha approfondito lo studio dell’Omeopatia presso la scuola del prof. A. Negro.
Da alcuni anni insegna Omeopatia, più volte ha
preso parte a trasmissioni televisive come esperto
della materia e, sempre come omeopata, è frequente autore di articoli e conferenze a carattere
scientifico-divulgativo.
Studio Privato - Montesacro
Via di Sacco Pastore 37 ROMA
Telefono: 0686210943 Cell: 3476219978
Sito: http://www.omeopata.org
Nuova Medica Flaminia - Corso Francia
Via Cassia Nuova 48 ROMA
Telefono: 0636382176
Unilo - Parioli
Via Michele Mercati 38 ROMA
Telefono: 063232574
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Anno I - n. 0
SPORT&SALUTE
BABYNUOTO
Crescere con armonia
D
a anni ricercatori scientifici, esperti di neonatologia
e ostetriche professionali invitano a portare entro il
primo anno di vita i bambini a fare corsi di baby
nuoto. Non è semplicemente un consiglio ma qualcosa di
più, un vero invito a impegnarsi nell’aiutare i propri figli ad
avere uno sviluppo armonico non solo fisico ma anche
psicologico. Si sa, infatti, che il bambino proprio nei suoi
primissimi mesi di vita ha delle facoltà che perde poi col
tempo e che magari inizialmente possono aiutarlo a gestire meglio i suoi primi rapporti con l’ambiente esterno. In
effetti per mesi egli è rimasto all’interno della madre avvolto in una sacca liquida che ne ha preservato la sopravvivenza. L’ambiente “acquatico” è un dejà vu per il
bambino, un’esperienza già provata e dalla quale si è
sentito separare attraverso l’evento “traumatico” della
nascita. A quella esperienza egli dunque “ritorna” volentieri nella sensazione di poter rivivere quegli istanti che ne
hanno caratterizzato il ciclo vitale iniziale. In genere, il
consiglio degli esperti è di portare il bambino in piscina
dopo il terzo mese di vita. Superata infatti la fase delle
vaccinazioni e delle prime importanti visite di routine che
ne attestino la perfetta salute fisica (a tal riguardo bisogna
assolutamente assicurarsi che il bambino abbia svolto
esami diagnostici al cuore e alle anche, affinché non si
corra il rischio di insufficienze o malformazioni che ne mettano in pericolo la salute se non addirittura la vita) si può
portare il proprio figlio in una piscina che abbia attivato
questo tipo di attività per neonati e bambini. In fondo, il
baby nuoto consiste in una serie di corsi incentrati sulla volontà di mantenere i bambini in quello che per nove mesi
è stato il loro habitat naturale. In questi anni, grazie alla
forte sensibilizzazione in atto presso la nostra società, il
numero di baby frequentatori di tali corsi è cresciuto in
maniera esponenziale e molte sono le esperienze positive
raccolte dai centri specializzati. In verità, il dato più importante, è che 7 bambini su 10 migliorano il ritmo del
sonno soprattutto nelle immediate ore successive allo
sforzo fisico fatto. I corsi sono tenuti da personale altamente specializzato che in molti casi proviene dalla
Scuola Nazionale di Educazione Acquatica Infantile la
quale si occupa della formazione delle figure professionali
atte a garantire sicurezza e dimestichezza con queste pratiche che vedono coinvolti soggetti particolarmente sensibili
come neonati in età di allattamento. Tali istruttori devono possedere una qualifica specifica,
oltre a quella normale per ogni
istruttore di nuoto (brevetto
F.I.N.) anche una particolare per bambini che vanno da
0 a 3 anni. Il Baby nuoto si pratica generalmente in piscine
piccole, dove l’acqua raggiunge al massimo il bacino
d’una persona adulta in piedi ma non è raro trovare anche piscine più grandi dove comunque un’area viene
adibita a spazio “bimbi”. L’accesso alla piscina è consentito generalmente a entrambi i genitori che così si alternano nel seguire da vicino il neonato che si vede rassicurato dalla loro presenza e con i quali instaura un
rapporto di sguardi e sintonia. Per i genitori, il momento potrebbe rappresentare altresì una pausa piacevole all’interno di una giornata faticosa nella quale si è totalmente
dipendenti dalle esigenze del neonato. In genere, prima
del primo anno di vita il neonato è in grado di nuotare seppur talvolta ciò non accada nell’immediato. Molto dipende infatti dalle abilità del bambino, dalla sua forza muscolare e soprattutto dai suoi riflessi psicologici. Alcuni
supporti al nuoto vengono forniti di tanto in tanto dall’istruttore che può proporre per le esercitazioni salvagenti
a forma di ciambelle, elementi gommosi galleggianti, pupazzi di gomma, palline colorate, libricini plastificati con
immagini a tema, secchielli ecc. Molti bambini, soprattutto
nei primi mesi di vita dove i colori hanno una importanza
fondamentale, interagiscono con grande interesse agli
stimoli provenienti da tali oggetti e alcuni giocano con
vero piacere. Tuttavia, non bisogna mai costringere il bambino a farsi andar bene questo tipo di salutare “svago”.
Per quelli che denotano una particolare intolleranza a
tale attività il consiglio è di posticiparne l’interesse.
Scopo del baby nuoto: Uno degli obiettivi principali è
quello di rendere il bambino consapevole di comprendere
la sua capacità di galleggiamento, la sua capacità di trattenere il fiato se dell’acqua si avvicina alla bocca e riuscire
a farlo muovere a pelo d’acqua. Tutti gli esercizi, avvertiti
dal bambino come un gradevole gioco da fare con i genitori e un simpatico istruttore, spianano di fatto la strada
alla sua “consapevolezza” di vita.
Katia Carlini
Francesco Randazzo
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ANTROPOLOGIA CULTURALE
Storia della Medicina
di Giuliano Valeri
9a puntata
ALLE TERME PER RIMANERE SANI
G
li Antichi Romani disponevano di 856 “BALINEA”
(bagni privati a pagamento) e di ben 12 terme
pubbliche con una disponibilità di 992.200 m3
d’acqua giornalieri portati da 10 grandi acquedotti.
L’abitudine di immergersi nell’acqua e/o di farsela versare addosso dalla schiava o dallo schiavo personale, ha
origini antichissime, molto al di là della nascita di Roma,
fissata tradizionalmente nell’anno 753 a.C..
Si bagnavano gli abitanti della Mesopotamia, gli “inquilini” dei palazzi di Cnosso, di Festo, di Haghia Triada, di Tirinto nonché di Ebrei ed i soliti Egiziani.
Peraltro è certo che le città greche fossero dotate di bagni pubblici e bagni privati. In quelli pubblici i probabili
precursori delle Terme dei Romani, i Greci ci passavano
interi pomeriggi combinando appuntamenti, parlando
di politica, promuovendo affari, unendo, in pratica,
igiene personale e vita mondana.
Qui i bagnanti venivano introdotti in una tinozza e sommersi da secchiate di acqua calda gettata loro addosso dal personale di servizio.
Il sapone, ancora illustre sconosciuto, era sostituito da varie sostanze digrassanti come ad esempio la “soda” e la
“lisciva” o da una terra detersiva (Cimolo).
Al bagno seguiva un momento di relax e subito dopo un
energico massaggio poteva rappresentare la conclusione della giornata.
Prevalentemente pastori, i Romani degli inizi, cioè i primi
abitanti dei 7 colli, non amavano né avevano molto
tempo da dedicare all’acqua ma, col passare del
tempo, rimasero impressionati dall’uso che, al contrario,
ne facevano gli abitanti dei paesi dell’Oriente Mediterraneo.
Così, poco alla volta, il bagno diventò sempre più popolare e apprezzato in ogni strato sociale.
Chi ne aveva la possibilità lo faceva installare all’interno
della sua “Domus”, come il ricco proprietario della villa
della Pisanella presso Boscoreale (oggi visibile a Pompei),
realizzato con tutti gli accorgimenti possibili; caldaia in
piombo (praefurnium) rivestita in muratura; vasca dell’acqua fredda; condutture in piombo e rubinetti per regolare l’afflusso dell’acqua da riscaldare.
Per tutti gli altri, cioè la maggioranza della popolazione,
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funzionavano le Terme pubbliche (balneae thermae),
veri e propri centri benessere dotati di bagni caldi e
freddi, piscine, palestre, giardini, musei e biblioteche.
Le Terme dei Romani si componevano di 4 zone essenziali: lo spogliatoio (apodyterium); la sala tiepida (tepidarium) di forma rettangolare con volta a “botte” dove
i bagnanti venivano spalmati d’olio e di profumi dal personale (in genere si trattava di schiavi); la sala per i bagni freddi (frigidarium); la sala riscaldata (caldarium),
quasi sempre di forma circolare con volta a cupola.
In genere si usava passare da un locale all’altro varie
volte fino ad ottenere un completo benessere facilitato
da relax, frizioni e massaggi di varie tipologie.
Ogni utente portava da casa tutto l’occorrente che riteneva necessario per lui: olio, strigili (ferri o legni arcuati
usati per detergere il corpo dal grasso), soda (aphronitrum), utilizzata come sapone; panni per asciugarsi, diversi per l’uso che si voleva farne (faccia, faciale; piedi,
pedale).
Ai più ricchi veniva consentito loro di farsi accompagnare dal bagnino privato (balneator), dal massaggiatore (unctor, aliptes o iatraliptes, tre figure specializzate
nelle varie parti del corpo umano) e da una guardia privata (alipilus).
Chi non aveva schiavi a disposizione, cioè la maggioranza, doveva rivolgersi ai “masseurs” e depilatori, sempre numerosi, o dei “balneator” o “capsarius”; addetti
alla sorveglianza degli oggetti personali (i furti erano frequenti).
Ad ogni modo, fino all’epoca di Augusto (63 a.C. - 14
d.C.) Roma non ebbe uno stabilimento termale degno
della sua importanza.
Le prime vere Terme romane furono costruite a Roma a
Campo Marzio da Agrippa (63 - 12 a.C.) con grande dispendio di mezzi ed ingegnosi ritrovati tecnici per i quattro settori sopradescritti.
Al centro c’era la sala circolare (i resti ancora visibili a
Roma vengono chiamati Arco della Ciambella) del diametro di ben 25 metri coperta a volta, con un foro al
centro e 4 nicchie semicircolari ai lati.
Ma le più efficienti, le più attrezzate e grandiose di Roma
ANTROPOLOGIA CULTURALE
darium” (la nostra sauna) smisurati depositi di legna garantivano il regolare funzionamento dei forni.
Peraltro una fitta rete di tubature di vario tipo e dimensioni, installata all’interno delle pareti e sotto i pavimenti,
distribuiva acqua e calore ai numerosi locali esistenti nel
grande complesso. Dai resti degli acquedotti ancora visibili, sappiamo che per i Romani l’acqua non era più un
problema, visto che ogni giorno in città ne arrivavano
992.200 m3.
Verso la fine del I secolo d.C. la decina di acquedotti funzionanti, ivi compreso quello più antico costruito da Appio Claudio Cieco nel 312 a.C. lungo sedici chilometri,
davano la possibilità ai Romani di poter disporre di ben
900 lt. d’acqua a persona.
Alle Terme di Caracalla ed a quelle di Diocleziano (Stazione Termini) potevano essere “servite” contemporaneamente fino a 1.600 persone per un totale di ben
5.000 al giorno, più 10.00 schiavi addetti ai vari servizi.
Con la caduta dell’Impero Romano nel 476 d.C. ed il
contestuale abbattimento degli acquedotti ad opera
dei barbari, si ebbe il completo disfacimento degli edifici
termali e la loro utilizzazione come cave di materiale per
la costruzione di palazzi di papi, cardinali e nobili vari (Barberini, Farnese, Colonna, Orsini, Borgia, Caetano ecc.).
Fu così che per oltre 600 anni nessuno parò più di terme
e/o di massaggi del corpo (toccarlo era diventato peccato) e l’unica acqua utilizzata divenne quella dei pozzi
e/o del Tevere.
A far riscoprire l’acqua, i bagni caldi e freddi, i massaggi
del corpo rilassanti furono quei “diabolici” dei Crociati
che, vedendo in Oriente in funzione le loro terme, tornarono in Europa e illustrarono a tutti la magnificenza dei
“Bagni-Turchi”!
Così oggi noi conosciamo come bagno-turco quello
che in realtà è stata una invenzione dei Romani.
Terme di Diocleziano
sono state le Terme di Caracalla della famiglia dei Severi
(211 - 217 d.C.). Basti pensare che i corridoi sotterranei
erano larghi quasi come l’odierna Cristoforo Colombo
tanto da permettere il passaggio contemporaneo di
due carri stracolmi di legna, di biancheria e attrezzatura
necessaria al funzionamento dell’intero complesso.
Le scale di servizio, ricavate all’interno delle mura, permettevano al personale di recarsi in ogni locale senza
farsi vedere né disturbare i bagnanti mentre sotto il “cal-
LIBERA ASSOCIAZIONE UTENTI GIUSTIZIA
settore
H
Invalidità e Handicap
u DOMANDE DI INVALIDITà CIVILE IN VIA TELEMATICA
(Accompagno, Pensione, Assegno indennità di frequenza, Legge 104/92)
u RILASCIO CERTIFICATO MEDICO TELEMATICO
u Consulenza e Assistenza legale per ricorsi avverso
mancato riconoscimento dei propri diritti
il
u Invalidità INPS, INAIL, INPDAP
u Consulenza medica e previdenziale
u Danni da emotrasfusioni
Sede centrale:
Viale Libia, 58 - 00199 Roma - tel. 06/83396850/1, aperta dal lunedì al venerdì ore 10.00 – 12.00
15.00-18-00
Sportelli zonali:
Via Magrini 9 (Marconi) scala c int.1 p. rialzato, aperto ogni lunedì ore 16.00-19.00
Via E. D’onofrio 9 (ang. Viale P. Togliatti1544), aperto ogni martedì ore 16.00-19.00
Via Bernardino Telesio 16 (Piazzale le degli Eroi) int.2 p. terra aperto ogni mercoledì ore 16.00-19.00
Via Enea 77 (Furio Camillo) int.4/A p. secondo aperto ogni venerdì ore 16.00-19.00
Viale dei Caduti nelle Guerre di Liberazione 186 (Eur-Spinaceto) ogni venerdì ore 11.00-13.00
Per fissare un appuntamento presso la sede più vicina chiamare il numero unico 06/83396851
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PREVENZIONE DENTALE
L’importanza
di una buona endodonzia
P
arlare di prevenzione in odontoiatria è sempre un
tema attuale e di fondamentale valore sociale ed
economico.
Troppo spesso, ancora oggi, noi odontoiatri ci troviamo
ad affrontare situazioni a dir poco drammatiche in soggetti di giovane età, proprio perché i messaggi di controlli periodici e regolari non vengono recepiti o trasmessi
nella giusta maniera.
Di contro esiste anche una poca preparazione di base
o anche malafede da parte degli stessi professionisti
che porta, con estrema facilità, a sostituire, mediante impianti endossei, elementi dentari che potrebbero essere
più o meno comodamente recuperati. Personalmente
svolgo la mia attività professionale limitatamente all’endodonzia, che è quella disciplina dell’odontoiatria che
si occupa del trattamento dei canali radicolari di denti
affetti da patologia pulpare, dovuta a carie, o a quelli
che vengono chiamati ritrattamenti e cioè il rifacimento
di trattamenti endodontici incongrui in precedenza eseguiti con conseguente presenza di una patologia infiammatoria cronica periradicolare, il granuloma.
Il granuloma non è una malattia grave ed incurabile del
dente, ma solamente la reazione da parte dell’organismo a circoscrivere una reazione infiammatoria dovuta
alla presenza batteri contenuti all’interno degli spazi vuoti
dei canali radicolari a causa di otturazioni canalari incomplete, perforazioni, canali dimenticati ,alterazioni
morfologiche dell’anatomia iniziale dell’apice radicolare. La mancanza di un sigillo che impedisce la comunicazione tra endodonto, che è lo spazio canalare originariamente occupato dalla polpa dentaria, e parodonto
che è il supporto del dente, fa si che le tossine prodotte
dai batteri vadano a contaminare i tessuti circostanti la
radice stimolando da parte dell’organismo la formazione
di un tessuto di reazione infiammatorio.
Una buona endodonzia può quindi rendere al giorno
d’oggi prevedibile e predicibile il risultato a medio lungo
termine tanto quanto l’implantologia, con la sola differenza del mantenimento dell’elemento dentario. Quindi
per prevenzione oggi si intende avere come obiettivo
primario il mantenimento dell’elemento naturale e non
il farsi trasportare dalla moda, da una scarsa conoscenza della materia, dal più facile e maggior guada-
gno ed estrarre con estrema facilità e superficialità i
denti per poi sostituirli con degli impianti.
L’implantologia deve essere considerata l’alternativa
all’elemento naturale quando questo non può essere recuperato, ma non un’alternativa terapeutica di fronte
ad una difficoltà che non può essere gestita dal dentista generico ma risolta dallo specialista del caso.
Come in ogni disciplina medica esistono delle super specializzazioni che consentono la gestione del caso particolare, prevedendo l’approfondimento della materia
stessa e l’utilizzo di tecniche e strumentario specifico per
risolvere problematiche complesse. L’introduzione dell’uso del microscopio operatorio in endodonzia, ad
esempio, permette oggi di rimuovere strumenti fratturati
all’interno dei canali radicolari, risolvere danni di natura
iatrogena o affrontare il caso anche chirurgicamente,
utilizzando un ingrandimento ed un’illuminazione concentrata sul campo operatorio, tale da consentire al
professionista di mettere in evidenza situazioni critiche e
strutture anatomiche difficilmente visibili con una luce ed
un mezzo ingrandente convenzionale.
Concludendo noi professionisti non dobbiamo considerare una “diminutio” inviare un caso ad un collaboratore
esterno che può risolvere, nel modo migliore e più conservativo, il problema. Sicuramente acquisiremo maggior
fiducia e collaborazione da parte del paziente che vedrà in noi una professionalità rivolta solamente a gestire
nel modo migliore la salute della sua bocca.
Dott. LUIGI SCAGNOLI
Medico Chirurgo
Specialista in
odontostomatologia
Studio privato
via di Novella 18
00199 roma
tel. 068607899
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RUBRICA
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DIAGNOSTICA
CARCINOMA OVARICO
La diagnosi precoce può salvare
e migliorare la qualità della vita
Il carcinoma ovarico, secondo il Rapporto sui Tumori
2008 dell'Oms (World Cancer Report 2008), è risultato al
sesto posto fra i tumori più diffusi nella popolazione di
sesso femminile ed è considerato una delle neoplasie
maligne ginecologiche più letali perché spesso silente
sino al raggiungimento di uno stadio avanzato della malattia. La diagnosi precoce di questo tumore è pertanto
un elemento essenziale per ridurre la prognosi infausta e
migliorare la qualità di vita della paziente.
Ia glicoproteina CA-125 è attualmente il marcatore sierico utilizzato di routine nel protocollo diagnostico per il
tumore ovarico. La determinazione dei livelli sierici di
CA-125 non è però utilizzabile come unico metodo di
screening a causa della bassa specificità e sensibilità:
non si ha aumento dei livelli di CA-125 nelle fasi precoci
di una neoplasia ovarica in circa il 50% dei casi ed inoltre i suoi livelli aumentano anche in corso di malattie benigne come endometriosi, fibromi uterini, policistosi ovarica, malattia infiammatoria pelvica. Il CA-125 è invece
considerato il "gold standard" nel monitoraggio terapeutico post operatorio delle pazienti colpite da tumore.
Recentemente è stato scoperta una glicoproteina denominata HE4 (acronimo di Human Epididymis Protein 4)
presente normalmente nell'apparato riproduttivo femminile ma over-espressa solo nelle cellule del cancro
dell’ovaio, questo la elegge a probabile marker sierologico di questa neoplasia. La proteina HE4 risulta avere
elevata specificità, determinata dall’aumento della sua
concentrazione esclusivamente in presenza di neoplasia
ovarica, e sensibilità migliore rispetto a quella del CA-125
anche negli stadi precoci della malattia.
L’HE4 è stato suggerito come marker complementare al
CA125 nella valutazione del rischio di malignità delle
neoplasie ovariche. La determinazione dei livelli sierici di
entrambe le proteine (HE4 + CA125) permette di aumentare la sensibilità rispetto alla sola HE4 e/o sola
CA125, aumentare la sensibilità nella sorveglianza delle
recidive e migliorare il monitoraggio dell’effetto della
terapia.
Il dosaggio dell'HE4 congiunto a quello del CA-125 aiuta
ad ottenere una miglior specificità nella fase di screening
del tumore ovarico identificando con maggiore accuratezza i soggetti a rischio da sottoporre ad ulteriori
esami. Si tratta di un aspetto molto importante, se consideriamo che nella maggioranza dei casi, il tumore dell'ovaio, per l'assenza di sintomi specifici nelle prime fasi
del suo sviluppo, viene scoperto troppo tardi quando le
possibilità di guarigione sono ormai limitate.
Cancer Res 2005; 65:2162-2169
Ronny Drapkin, Hans Henning von Horsten, Yafang Lin, et al.
Endometrioid Ovarian Carcinomas Glycoprotein that Is
Overexpressed by Serous and Human Epididymis Protein
4 (HE4) Is a Secreted
Cancer Res 2003; 63:3695
The HE4 (WFDC2) Protein Is a Biomarker for Ovarian Carcinoma 1
Ingegerd Hellström2, John Raycraft, Martha HaydenLedbetter, Jeffrey A. Ledbetter, Michèl Schummer,Martin McIntosh, Charles Drescher, Nicole Urban, and Karl
Erik Hellström
DOTT.SSA DRUSIANA DELUCA
biologa
Ambulatorio Polispecialistico Preneste
Via Prenestina 240
Largo Preneste 50 - 00176 Roma
Tel. 0621702033
e-mail: [email protected]
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DIAGNOSTICA
La diagnostica come
prevenzione
Appare sempre più frequentemente, al giorno d’oggi, il
richiamo al concetto di prevenzione. Ne sono testimonianza evidente i continui riferimenti che giornalmente
appaiono sui media di qualsiasi tipo e genere, volti prevalentemente a sottolinearne l’importanza e a consigliare, per così dire, una sorta di “orientamento” nella poliedricità di aspetti che la caratterizzano.
Ne deriva che da più parti ormai si assiste all’offerta di
servizi in questo ambito, proposti principalmente da realtà sanitarie dove l’imperativo comune è quello di venire il più possibile incontro alle esigenze dell’utenza,
specialmente quando si considerino i ritmi di vita imposti dalla società attuale.
Questo aspetto può essere analizzato da varie prospettive.
La prima è senz’altro quella del “tempo”. La “mancanza
di tempo” è infatti la causa più comunemente lamentata, che trasferisce in secondo piano molti accertamenti preventivi. Numerose persone riferiscono di non
aver avuto tempo e modo di organizzare dei controlli
personali per motivi tra i più disparati, lavorativi, familiari,
tutti assolutamente riconducibili a carenze di tempo e
collegate, magari, a difficoltà nel fissare gli appuntamenti, a disponibilità delle strutture o dei sanitari in giorni
difficili o impegnati per altre necessità, ad incompatibilità di alcune preparazioni per determinati accertamenti
diagnostici con esigenze lavorative e così via.
Altro, non trascurabile, aspetto è proprio quello “orientativo” cui si faceva riferimento prima: spesso l’utente, a
meno che non abbia precisa idea per specifiche problematiche personali e/o su base familiare, non è a conoscenza di quali possano essere le indagini necessarie
per una corretta prevenzione, evenienza, questa, che
può tradursi nell’esecuzione di esami talora superflui tralasciandone, al contrario, di fondamentali.
Non ultimo è l’aspetto “economico” del discorso: l’esecuzione di visite o accertamenti diagnostici, specie
quando non rimborsabili dal Servizio Sanitario Regionale,
comporta ovviamente un rilevante dispendio economico, specialmente perché le lunghe liste di attesa nelle
strutture pubbliche spingono, per le motivazioni discusse
in precedenza, ad orientarsi presso strutture private dove
non tutte le prestazioni sono erogabili in regime di accreditamento provvisorio col S.S.R.
Da questa disamina nasce quindi l’esigenza di fornire un
servizio di Medicina preventiva quanto più adeguato e
rispondente alle necessità dell’utenza, basato su standard attuali ed al passo con i tempi, volto a minimizzare
il più possibile i disagi che inevitabilmente comporta.
Ai fini pratici, un completo check-up preventivo può essere organizzato in un’unica giornata, richiedendo all’utente l’arrivo presso la struttura la mattina a digiuno,
per poter eseguire il prelievo ematico ed eventualmente
effettuare ecografie particolari che richiedano il digiuno
da almeno 8 ore (es. ecografie addominali). L’iter prevede lo svolgersi successivo di tutti gli accertamenti sulla
base di orari predefiniti, garantendo la contemporanea
presenza in sede di più Medici, così da poter assicurare
un approccio quanto più completo e multispecialistico
nei tempi strettamente necessari per lo svolgimento.
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Per quanto riguarda la tipologia degli esami da eseguire,
nell’ottica di ottimizzazione dei tempi cui si accennava
prima, è possibile prevedere dei “pacchetti” predefiniti
differenziati in base a caratteristiche “ordinarie”, quali,
ad esempio, età e sesso. In questo caso è l’utente stesso
a scegliere il profilo che ritiene più adatto alle proprie necessità, scegliendo semplicemente la data in cui desideri
effettuare le indagini in esso previste. E’ altresì possibile, in
tempi precedenti allo svolgimento del check-up, effettuare un colloquio preliminare con Medico dedicato, in
cui l’utente possa esporre le proprie problematiche personali, eventuali patologie preesistenti, descrivere le proprie abitudini di vita. Il Medico potrà, quindi, predisporre
un adeguato elenco di indagini e approfondimenti che
risultano, a questo punto, praticamente “su misura” e
che verranno prenotati dal personale di segreteria, nei
tempi e nei modi più favorevoli all’utente, immediatamente al termine della visita preliminare.
A completamento di questo percorso di indagine, condizione valida anche per i check-up predefiniti, è previsto un colloquio finale con il Medico. Quest’ultimo valuterà gli esiti degli accertamenti effettuati, discutendone
i risultati con l’utente, potrà prescrivere opportune terapie, fornire adeguate indicazioni di comportamento,
volte a migliorare abitudini e stile di vita, od anche a suggerire ulteriori approfondimenti diagnostici che si mostrino necessari, nonché consigliare eventuali periodicità di ripetizione del check-up stesso.
Per quanto riguarda l’aspetto economico, presso la
Data Medica, che fin dalla sua fondazione è stata particolarmente attiva nell’ambito della Medicina preventiva, le varie indagini diagnostiche, le visite e gli accertamenti di laboratorio vengono offerti, nell’ambito del
pacchetto, a prezzi inferiori rispetto a quanto previsto dai
tariffari in vigore presso la struttura, garantendo per
l’utenza un’assoluta convenienza rispetto alla prestazione eseguita singolarmente. Questo rappresenta decisamente un lato non trascurabile della situazione e
viene comunque offerto nel rispetto della professionalità
del sanitario che fornisce la prestazione e senza minimamente sminuire la qualità della stessa.
Riteniamo opportuno sottolineare come, alla luce di
tutte le problematiche discusse finora, un’offerta di servizi come quella appena descritta possa rappresentare,
a nostro parere, una valida ed utile opportunità per
l’utenza attuale, finalizzata all’ottenimento dei risultati migliori nei tempi strettamente necessari, senza trascurare
alcun aspetto delle richieste che da più parti ormai si palesano, valorizzando gli aspetti fondamentali che sono insiti nel concetto di prevenzione in Medicina, garantendo
la piena soddisfazione, in termini di conoscenza e risultati,
da parte del cittadino.
Dott. FRANCESCO DE BELLA
Direttore Sanitario della
Data Medica s.r.l.
via Ennio Quirino Visconti 4
00193 Roma
Tel 063213944
Fax 063213245
E-mail:
[email protected]