alessandrostazi - Clinica Madonna delle Grazie
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N. 1 - Anno III - Dicembre/Gennaio 2012 Registraz. Tribunale Roma n. 214/2010 ALESSANDROSTAZI Responsabile dell'Unità Operativa di Chirurgia della Casa di Cura Madonna delle Grazie N. 1 - Anno III - Dicembre/Gennaio 2012 Registraz. Tribunale Roma n. 214/2010 ALESSANDROSTAZI Responsabile dell'Unità Operativa di Chirurgia della Casa di Cura Madonna delle Grazie EDITORIALE 19 mesi d’informazione e prevenzione per la salute dei cittadini Roberto Scenna Biagioli Q Dott. ALESSANDRO STAZI Foto: Augusto Frascatani Direttore Responsabile Roberto Scenna Biagioli Redazione Piergiorgio P. Carbonelli - Katia Carlini Anna Paladino Francesco Randazzo Giuliano Valeri Direttore Editoriale Carmen Marini Hanno collaborato Dott. Francesco Candeloro Dott.ssa Tania Carlini Dott. Gianni Cimatti Dott.ssa Elisabetta Evangelisti Dott. Guido Migliau Direzione e Redazione Via R. Venuti 20 - 00162 Roma 3273898756 - Fax 06.62.27.65.58 [email protected] Pubblicità diretta RBS GROUP 330856354 [email protected] Progetto e impaginazione Palli Comunicazione srl - Roma www.pallicomunicazione.it Tipografia IGER & Partners srl Viale Liegi 7 - 00198 Roma Editore RBS GROUP Numero 1 - Dicembre/Gennaio 2012 Reg.Trib.di Roma n. 214/2010 del 23/05/2010 SalutePlus on line w w w. s a l u t e p i u . i t Le collaborazioni giornalistiche alla rivista sono da considerarsi ad esclusivo titolo gratuito, salvo accordi particolari con i singoli autori. Tutti i materiali giunti in redazione non verranno restituiti. E' vietata la riproduzione anche parziale di testi, grafica, immagini e spazi pubblicitari realizzati da SalutePiù. uasi due anni d’impegno che tutta la redazione del giornale ha dedicato per portare nelle famiglie romane un’informazione medica semplice e comprensibile soprattutto grazie alla collaborazione di eminenti specialisti di varie patologie mediche. L’obiettivo futuro e di espandere la Rivista anche in altre città italiane, anche se attualmente Salute più la si può leggere e stampare dal sito: www.salutepiu.it. Dal giugno del 2010, data d’inizio della Rivista abbiamo sentito subito il bisogno, oltre che parlare di patologie, cure e prevenzioni, di occuparci anche dei problemi sanitari istituzionali. In occasione del Sanit, 7° Forum Internazionale della Salute, tenutosi a Roma dal 22 al 25 giugno 2010, è stato organizzato dal nostro giornale il convegno “Una finestra sulla sanità Laziale. Questioni dimenticate, nuovi problemi e… qualche proposta”. I relatori sono stati: la Dott.ssa Carla Collicelli, vice direttore generale del Censis; il dott. Domenico Alessio direttore Generale del San Filippo Neri; il Dott. Riccardo Fatarella, responsabile Sanità Confindustria Lazio; il Dott. Alfredo Cesario, vice direttore scientifico dell’Irccs San Raffaele Pisana Roma; il Dott. Massimo Magnanti, responsabile Spes, medici professionisti dell’Emergenza. Questa occasione è stata definita dagli addetti ai lavori una sorta di “ laboratorio delle idee” dedicato alla politica, agli amministratori, ai politici, ai giornalisti di settore presenti per le rispettive testate: La Repubblica (Carlo Picozza), il Corriere della Sera (Francesco di Frischia), il Giornale (Antonella Aldrighetti), Libero (Giovanni Tagliapietra), alcuni politici: il senatore De Lillo, il senatore Lucio D’Ubaldo, e più alti dirigenti delle aziende sanitarie: Giancarlo Zotti già dg della Asl di Frosinone dirigente dell’Ime, Galbiati gd Asl Rm H e Rieti, Carlo Damiani, (Simfer), primario fisiatra Irccs San Raffaele Portuense. Siamo piccoli ma orgogliosi di aver contribuito a diffondere tutto quello che può aiutare i cittadini ad informarsi e capire la medicina e la sanità pubblica e privata. Oggi la crisi mondiale sta creando non pochi problemi a istituzioni e famiglie soprattutto per quanto riguarda il settore sanitario, comunque vogliamo segnalare innovazioni e nuovi servizi a portata di tutti per risparmiare tempo e denaro e dare la possibilità di usufruire di prestazioni migliori a tutti. Ricordiamo le maggiori novità che in questi 2 anni sono state introdotte dal Servizio Pubblico Nazionale. RIDUZIONE DELLE LISTE DI ATTESA: Da ottobre 2010 il Piano nazionale per le liste di attesa ha istituito un doppio binario per differenziare le prestazione urgenti da quelle preventive: per le prime c’è un tempo massimo di 72 ore, le altre vanno erogate entro 10 giorni. Le visite mediche differibili dovranno invece arrivare entro 30 giorni e gli accertamenti differibili in 60m giorni. Oltre 10 Regioni hanno varato un piano regionale che recepisce questa direttiva nazionale. FARMACIE: nuovi servizi socio sanitari. Partecipazione ai programmi di educazione sanitaria della popolazione. Prenotazioni di visite ed esami specialistici presso le strutture pubbliche e private convenzionate. Erogazione di servizi sanitari di secondo livello: misurazione della pressione, autovalutazione della glicemia, ecc. CERIFICATI MEDICI TELEMATICI: risparmio tempo e denaro in quanto non si deve più inviare le raccomandate con certificati di carta. TERAPIA DEL DOLORE e CURE PALIATIVE: per la prima volta farmaci antidolorifici possono essere utilizzati sia pere le cure paliative, al fine di dare sollievo ai malati terminali, sia per le malattie croniche, come terapia del dolore. Inoltre è riconosciuto il diritto a non soffrire anche ai bambini, che potranno accedere a queste terapie. Da questo numero la testata del nostro giornale è SALUTE PLUS periodico di informazione e prevenzione medica per dare una “plusvalenza” alla nostra salute. Questo vuol dire impegnarci sempre maggiormente nel nostro lavoro di documentazione proveniente dal mondo della ricerca medica per fornire una puntuale e accurata informazione ai nostri lettori. Da tutta la redazione i migliori auguri ai nostri sponsor e lettori per un prospero 2012. Dicembre/Gennaio 2012 1 Saluteplus è distribuito gratuitamente a Roma, Ostia e interland in: studi medici, centri diagnostici, Asl, case di cura, ospedali, centri benessere, ambulatori polispecialistici e farmacie Università: La Sapienza, Tor vergata, Roma Tre - Facoltà di Medicina Istituzioni: Ministero della Salute, Regione, Provincia, Comune PRIMO PIANO 4 STIPSI: diagnosi e cura Una delle patologie più “fastidiose” per milioni di persone. Affrontare e capire le parti terminali dell’intestino. Intervista al Dottor Alessandro Stazi Responsabile dell'Unità Operativa di Chirurgia della Casa di Cura Madonna delle Grazie di Roberto Scenna Biagioli 7 Casa di Cura Madonna delle Grazie ORTOPEDIA Casa di Cura Villa Valeria La Patologia meniscale del ginocchio Intervista al Dott. Andrea Grasso di Roberto Scenna Biagioli 11 INTERVISTA 16 MACULOPATIA cause, sintomi e trattamento Intervista al Prof. Jean Marc Vergati di Roberto Scenna Biagioli PREVENZIONE Le orticarie 20 Dott. Gianni Cimatti 19 ODONTOIATRIA La sindrome della bocca urente Dott.Paolo Colangelo PSICOTERAPIA Oraet LABORA Katia Carlini 21 OMEOPATIA Dalla semplice maternità alla piena fecondità della donna L'emancipazione femminile attraverso 22 un percorso interiore di riscoperta di sé Dott. Francesco Candeloro SPORT&SALUTE 25 BABY NUOTO Crescere con armonia Francesco Randazzo - Katia Carlini ANTROPOLOGIA CULTURALE Storia della medicina 9a puntata ALLE TERME PER RIMANERE SANI Giuliano Valeri 26 PREVENZIONE DENTALE 29 L’importanza di una buona endodonzia Dott. Luigi Scagnoli DIAGNOSTICA CARCINOMA OVARICO La diagnosi precoce può salvare e migliorare la qualità della vita Dott.ssa Drusiana Deluca 32 DIAGNOSTICA La diagnostica come prevenzione Dott. Francesco De Bella 31 PRIMO PIANO STIPSI: diagnosi e cura Una delle patologie più “fastidiose” per milioni di persone. Affrontare e capire le parti terminali dell’intestino. Intervista al Dottor Alessandro Stazi Responsabile dell'Unità Operativa di Chirurgia della Casa di Cura Madonna delle Grazie di Roberto Scenna Biagioli 4 Dicembre/Gennaio 2012 PRIMO PIANO A bbiamo incontrato il dott. Alessandro Stazi Responsabile dell'Unità Operativa di Chirurgia della Casa di Cura Madonna delle Grazie di Velletri per affrontare le nuove aspettative della chirurgia generale, ed in modo specifico del “Pelvic Center” da lui diretto con particolare attenzione alla colonproctologia e ad una delle patologie più comuni e fastidiose come la stipsi. Racconti e consigli sono argomenti di vita quotidiana e non risparmia nessuno, giovani vecchi, ricchi e poveri. Dalle cronache antiche questo disturbo ha interessato molti personaggi importanti tra questi sembra che Martin Lutero a causa della sua sofferenza di costipazione cronica passasse ore nel suo gabinetto e pare che in quelle ore scrisse le sue 95 tesi della controriforma. Dott. Stazi, oltre la chirurgia specialistica praticata nella Casa di cura Madonna delle Grazie, come vengono trattate le patologie che riguardano la Proctologia? Per iniziare la chirurgia generale del vecchio tuttologo non trova più spazi sia per spesa sanitaria che per ospedalizzazione. Oggi grazie alla concretizzazione dei Centri di eccellenza si è visto che la chirurgia compartimentale e la più qualificata in termini di riduzione della spesa sanitaria e nei risultati sui pazienti. Per fare un esempio abbiamo deciso nella nostra struttura di codificare un Ernia Center dove viene affrontata la patologia erniaria open e laparoscopica in regime Day Hospital e ordinario con un programma che va dalla diagnosi alla pre ospedalizzazione fino all’intervento chirurgico e alla dimissione a domicilio, la chirurgia della colecisti e della pelvi femminile per via laparoscopica con ricovero di due giorni, Centro VAAFT (Video Assisted Anal Fistula Treatment) per il trattamento endoscopico delle fistole perianali con tecnica mini invasiva ed il Pelvic Center che si occupa di tutte le patologie femminili riguardanti il pavimento pelvico, iniziando con una visita specialistica che può essere associata dal proctologo, urologo e ginecologo, oltre che approfondita mediante uno studio specialistico radiologico con ecografia transrettale con sonda rotante (Studio Bi e Tridimensionale), colpocistodefecografia, manometria anorettale cistografia minsionale endoscopia ed eventuale valutazione tac o rm. Questo per permettere di affrontare patologie dal punto di vista anatomico (prolasso vescicale uterino e rettale) e nello stesso tempo funzionale( incontinenza fecale e urinaria). Tutti questi interventi riparatori vengono affrontati in regime ordinario con due giorni di ricovero e con tecniche mini invasive fino ad arrivare in modo specifico alla colonproctologia che è quella branca della chirurgia che si occupa delle patologie del colon del retto e dell'ano sia dal punto di vista anatomico che dal punto di vista funzionale. Difatti, negli ultimi anni e grazie alla continua evoluzione tecnologica, l'intervento chirurgico può essere minimizzato quando questo viene preceduto da una fase diagnostica di elevata qualità. Nel nostro centro, riconosciuto SIUCP (Società Unitaria di Colon-Proctologia) vengono eseguiti, ambulatorialmente, oltre 100 screening colonrettali al mese. Nel nostro centro riconosciuto dalla SIUCP (Società Unitaria di Colonproctologia) vengono eseguite circa 100 visite ambulatoriali mensili con screening colonrettale. E stato istituito un servizio di endoscopia diagnostica ed operativa attivo tutti i giorni in collaborazione con l’attività chirurgica di sala operatoria dove e’ possibile eseguire anche trattamenti chirurgici miniivasivi per i tumori retto-colici allo stadio iniziale in regime dh. Dott. Stazi, cos’è la Proctologia? E’ una branca specialistica della chirurgia generale che si occupa delle patologie del colon-retto e della re- gione anale. Per meglio intenderci da tempi storici si fa riferimento all’ “Ars curandi” delle patologie anali, lo ritroviamo infatti su scritti degli antichi egizi dove venivano chiamati “Orificialisti” fino alla fine dell’Ottocento – primi del ‘900 dove la scuola inglese già praticava questa distinzione specialistica. Oggi in molti ospedali e case di cura esistono dei servizi specializzati nel trattamento diagnostico e terapeutico di queste patologie. Perche ci si rivolge al proctologo? I disturbi per i quali ci si rivolge allo specialista sono legati spesso alla perdita di sangue dall’anoretto per la malattia emorroidaria(emorroidi) che rappresenta la patologia più frequente. Altre patologie meno comuni per cui ci si rivolge al proctologo comprendono disturbi funzionali (stitichezza), ragadi anali, fistole e ascessi dell’ano e della regione perianale. Cosa è cambiato rispetto al passato? Prima di tutto possiamo dire che grazie all’idea del Prof. Longo e all’apporto dato dalla Società Italiana di Colon-Proctologia alla tecnica chirurgica che porta il suo nome, è cambiato il modo di approcciare con il paziente. Difatti gli studi hanno messo in evidenza che le semplici emorroidi, non sono altro che un epifenomeno di un prolasso rettoanale. Proprio per questo, molti disturbi della defecazione, sono da attribuire ad una ODS (che significa sindrome da ostruita defecazione), dove il primo dei sintomi è Dicembre/Gennaio 2012 5 PRIMO PIANO Il Dott. Alessandro Stazi con il DG Guido Ciranna la manifestazione di una crisi emorroSdaria o di una ragade, fino ad arrivare alle false incontinenze con perdite di materiale mucoso dall’ano retto che altro non sono che segni di una patologia funzionale dello stesso. Dott. Stazi, ci spiega in breve le principali patologie che riguardano la Stipsi, le emorroidi e l’incontinenza fecale? 1) Stipsi: si definisce stipsi una condizione dell’alvo caratterizzata dalla emissione, con difficoltà e con frequenza ridotta, di feci e di piccolo volume. Si possono distinguere due tipi di stipsi: a) stipsi da causa organica o secondaria dovuta a patologie colo-retto-anali, di tipo neurologico e psichiatrico e sistemiche .b) stipsi da cause non organiche (dietetiche, psichiche o motorie): la cosiddetta stipsi idiopatica o primitiva. 2) Emorroidi: sono ectasie della rete venosa costituente il plesso emorroidario situato nel tessuto sottomucoso del canale anale. L’insieme dei segni e sintomi che possono causare questa patologia viene denominata sindrome emorroidaria. 3) Incontinenza fecale: consiste nella perdita della normale funzione di continenza degli sfinteri anali con conseguente incapacità a trattenere feci e gas. 6 Qual’è il modo migliore e più appropriato di approcciare il malato? Vuol dire innanzitutto studiare diversamente il paziente con indagini diagnostiche avanzate come la proctoscopia al momento della visita e non soltanto l’esplorazione rettale con il dito come fino a poco tempo fa (visita proctologica). Utilizzare sonde ecografiche che studiano a 360 gradi l’anatomia del canale anale e del retto soprattutto per le patologie tumorali, gli ascessi e le fistole perianali. Ed infine l’utilizzo della defecografia e della RM defeco grafia (esami radiologici) che permettono di valutare tutto quello che accade al momento della defecazione, valutandola morfologia ed il comportamento degli organi pelvici (utero, vagina, vescica). sive chirurgiche, permettono di eseguire gli interventi in regime di Day Hospital (in un solo giorno di ricovero). Un eventuale intervento chirurgico quanto è doloroso? Per quanto riguarda la patologia emorroidaria,e quindi il prolasso, la tecnica viene definita indolore in quanto tutti questi studi ci hanno portato a rispettare le emorroidi come parti anatomiche del canale anale con una loro funzione, ed intervenire sul prolasso rettale (asportandolo) risolvendo così la patologia a monte dell’ostruzione ricreando la normale anatomia e allo stesso tempo la funzione della defecazione che risulta normale, non andando a compromettere le fibre dolorose del margine anale come si faceva prima. Inoltre per le altre patologie sopra descritte l’uso di tecniche anestesiologiche e terapeutiche del dolore e mini inva- Infine vogliamo ricordare che il dott. Stazi è tutor nazionale ed europeo per il trattamento chirurgico del prolasso con suturatrice meccanica organizzando staging di formazione, inoltre dirige da circa 5 anni corsi di formazione in proctologia con cadenza trimestrale dove ospita corsisti italiani ed europei nella formazione e l’aggiornamento sulle nuove metodiche di approccio chirurgico nelle patologie colo retto anali (questo grazie anche alla collaborazioni di colonprotologi di fama nazionale ed internazionale che con lui cooperano) è inoltre nella faculty Europea del centro di addestramento per la VAAFT nuova tecnica chirurgica mini invasiva per il trattamento delle fistole perianali ideata dal prof. Piercarlo Meinero. Dicembre/Gennaio 2012 Per concludere, Dott. Stazi, come consigliare e tranquillizzare il malato? Ricordare a tutti i pazienti che si tratta sempre di patologie chirurgiche, suscettibili di un intervento, che è sempre una manovra invasiva, e che quindi va affrontato insieme con il chirurgo a cui ci si affida venendo anche informati sulle eventuali complicanze che possono ricorrere (come riportato in tutte le casistiche Internazionali), in modo tale di affrontare qualsiasi procedura chirurgica in maniera serena, ricetta essenziale per un ottimo risultato. PRIMO PIANO Una moderna struttura sanitaria sita nel comune di Velletri i cui servizi sono fruibili sia da utenti provenienti dall’area dei Castelli Romani che da tutto il territorio nazionale Casa di Cura Madonna delle Grazie L a struttura è stata edificata tra il 1970 ed il 1972 a seguito dell’intuizione imprenditoriale del Prof. Marcello Ilardi che, insieme ad alcuni soci fondatori, ha voluto dare vita a questo ambizioso progetto in risposta alla sempre crescente e specialistica domanda di salute della popolazione locale, con l’obiettivo di fornire un servizio di diagnosi e cura qualitativamente eccellente nel rispetto della vita e della dignità della persona. Inaugurata il 23 novembre 1972 e successivamente ampliata nei primi anni novanta conta 66 stanze di degenza per un totale di 136 posti letto 76 dei quali accreditati con il Servizio Sanitario Nazionale. Dispone di modernissimo reparto operatorio composto da cinque sale, una delle quali viene espressamente dedicata alla chirurgia oculistica, oltre che ad un’area espressamente dedicata al servizio endoscopico e di diagnostica dell’apparato digerente; di un reparto di chirurgia ambulatoriale che può ospi- tare contemporaneamente fino a 25 pazienti; di un reparto di Emodialisi con 14 poltrone; di un reparto di degenza in regime di Day Hospital in grado di gestire fino a 12 accessi quotidiani (di cui 10 per erogazione di prestazioni chirurgiche); dispone inoltre di un laboratorio analisi e RIA e di un reparto di Radiologia e Diagnostica per Immagini, tutti eroganti prestazioni in regime di convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale. Le prestazioni mediche sono erogate sia in regime di degenza che attraverso prestazioni ambulatoriali specialistiche quali: Ematologia, Angiologia, Chirurgia, Ginecologia, Endocrinologia, Neurologia, Neurochirurgia, Cardiologia, Gastroenterologia, Dermatologia, Oculistica, Otorinolaringoiatria, Ortopedia, Allergologia, Proctologia, Studio dei Disturbi dell’Alimentazione, Fisiatria, Nefrolo- Dicembre/Gennaio 2012 7 PRIMO PIANO gia, Urologia, Pneumologia ed Oncologia. La Casa di Cura Madonna delle Grazie è stata recentemente ristrutturata in adeguamento alle più recenti normative di legge in ambito di sicurezza e per migliorare la propria immagine e funzionalità. I servizi di diagnostica per immagini sicuramente all'avanguardia del proprio settore sono erogati, in coerenza con le procedure del sistema di qualità ISO 9002, mediante l’impiego di apparecchiature altamente tecnologiche tra cui TAC con ricostruzione delle immagini in 3D, Risonanza Magnetica Nucleare aperta, MOC per lo studio dell’osteoporosi e Scintigrafia Nucleare. A partire dal 2008 la Casa di Cura Madonna delle Grazie ha avviato un processo di riorganizzazione ed ammodernamento con l’obiettivo di posizionare la struttura ai vertici del- Il Direttore Generale della Casa di Cura, Guido Ciranna 8 l’offerta sanitaria regionale per qualità ed eccellenza del servizio offerto. Ecco alcuni degli obiettivi già raggiunti: • Settembre 2010: Avvio in esercizio il progetto Google Enterprise for MdG; un sistema di comunicazione e dematerializzazione dei supporti cartacei, presentato da Google Inc. al Forum PA 2011 come una delle migliori implementazioni di architettura Cloud in ambito healtcare. La stessa Google Inc. ha pubblicato il Case Study della soluzione sul proprio sito internet, annoverandola tra le proprie referenze; • Ottobre 2010: Installazione e messa in funzione del Microscopio Neurochirurgico Leica M525, dotato di un sistema basato su tecnologia ottica OptiChrome ed espressamente dedicato alla chirurgia spinale e cervicale; • Dicembre 2010: Inaugurato, alla presenza dei vertici del Governo Regionale, l’avvio in esercizio di una delle sette rivoluzionarie apparecchiature di medicina nucleare in vivo presenti nel mondo (la seconda in Italia) basate su tecnologia GE Alcyone; • Gennaio 2011: Sostituite integralmente le apparecchiature di chirurgia oculistica mediante l’adozione di microscopio Leica e facoemulsificatori Alcon Infinity di ultima generazione che hanno contribuito a rendere la Casa di Cura all’avanguardia nel settore della chirurgia oculistica. In questo ambito, a pochi mesi dall’avvio, all’Unità Operativa oculistica è stato riconosciuto un importante ruolo nel campo dei tra- Dicembre/Gennaio 2012 pianti di cornea; • Luglio 2011: Go-Live del progetto SAP-MdG, nuovo sistema informatico della Casa di Cura, totalmente integrato per coprire tutte le esigenze aziendali sia dal punto di vista clinico che amministrativo. Poggia interamente su piattaforma SAP AG ed ha permesso l’adozione di metodologie di gestione dei reparti secondo gli standard mondiali, sia in termini di completezza ed appropriatezza delle informazioni di carattere clinico, sia in termini di driver di gestione manageriale. Il progetto, basato sull’adozione dei moduli ERP di SAP tradizionali, si è arric- PRIMO PIANO chito dei moduli ISH ed ISH-Med di recente introduzione sul mercato mondiale, ponendo la Casa di Cura tra le prime realtà italiane ad adottarne le features; • Settembre 2011: Reenginering del Servizio Laboratorio Analisi che, sebbene tutt’altro che obsolescente, si è reso necessario per completare l’integrazione dei servizi diagnostici sulla piattaforma informatica SAP. Le attrezzature esistenti sono state sostituite od integrate con altre tecnologicamente più avanzate, col risultato di un ambiente operativo completamente automatizzato. La Casa di Cura ha stipulato negli anni diverse importanti convenzioni con Complessi Ospedalieri e poli universitari, nell’ambito della Chirurgia Generale ed Addominale, la Medicina Interna, la Cardiologia e l’impiantistica cardiologica, l’Endocrinologia, l’Oculistica e Ortopedia tra cui: - Convenzione con l'Università degli Studi di Tor Vergata per le branche di Chirurgia Generale, Plastica e Ricostruttiva; - Convenzione con il Dipartimento di Neurochirurgia del Complesso Ospedaliero San Giovanni Addolorata di Roma per l’effettuazione di interventi di neurochirurgia spinale e cervicale; - Accredito presso la Banca degli Occhi di Roma, per l’impiego di - lembi biologici ad uso trapianto di cornea; Già sede di una Scuola Infermieri che ha diplomato, in circa 25 anni di attività, ben 443 infermieri professionali e 371 Capo Sala; attualmente la Casa di Cura ospita gli allievi del corso di laurea in Scienze Infermieristiche del polo di Latina dell’ Università La Sapienza di Roma i quali svolgono le attività tirocinio, previste dal corso di laurea, all’interno dei vari reparti della struttura. Inoltre, fin dalla fondazione ha partecipato a ricerche internazionali, promosse da importanti Istituti Universitari, Case farmaceutiche e produttori. Attualmente, in compartecipazione con uno dei principali produttori mondiali di protesica in ambito ortopedico, si è qualificata come centro pilota per l’Italia del progetto avente come finalità l’implementazione di una nuovissima metodologia che prevede la realizzazione e l’impianto di protesi di ginocchio, realizzate negli Stati Uniti su misura per il paziente cui la protesi sarà destinata, grazie all’acquisizione preventiva - mediante TAC - delle immagini del ginocchio per cui, con la tecnica della ricostruzione 3D, successivamente vengono realizzate le maschere di taglio e la protesi da impiantare. Dicembre/Gennaio 2012 9 PRIMO PIANO 10 Dicembre/Gennaio 2012 ORTOPEDIA Trauma Sport Center La Patologia meniscale del ginocchio Patologia meniscale traumatica e patologia meniscale degenerativa Intervista al Dott. Andrea Grasso di Roberto Scenna Biagioli Dottor Grasso nel precedente incontro abbiamo affrontato in modo generico patologie e traumi articolari soprattutto causati da attività sportiva: ginocchio, spalla, anca e caviglia. Oggi in modo più approfondito vorremmo parlare di Patologia meniscale traumatica e patologia meniscale degenerativa. Molto spesso il dolore o i blocchi articolari del ginocchio possono dipendere da lesioni dei menischi mediale e laterale. Tali lesioni possono avere basi traumatica, degenerativa o dipendere da anomalie congenite. I menischi sono due strutture fibrocartilaginee di forma semilunare a sezione triangolare poste all’interno del ginocchio tra il femore e tibia. Il menisco mediale a forma di C è saldamente inserito lungo tutto il suo contorno alla capsula articolare specialmente a livello del corno posteriore. Il menisco laterale più largo, a forma di O è assai più mobile di quello mediale ed è meno suscettibile di lesione. La loro funzione è quella 1) migliorare la congruenza articolare tra tibia e femore,aumentando la superficie di distribuzione del carico, inoltre con un meccanismo a pompa facilitano la lubrificazione dell’articolazione facendo fluire il liquido sinoviale. 2) Assorbire le sollecitazioni meccaniche a mo’ di cuscinetti elastici controllando i movimenti di rotazione dell’articolazione. La particolare vascolarizzazione fa si che la zona più centrale del menisco sia la meno irrorata e quindi più soggetta a fenomeni involutivi e degenerativi. La zona più periferica , definita come “Zona Rossa” , riceve, invece, una cospicua vascolarizzazione tramite arterie capsulari penetranti Per la loro particolare situazione anatomica nonché per la fisiologia articolare che porta i menischi a seguire il movimento del femore durante la flesso estensione del ginocchio ed a guidare in parte la rotazione automatica dello stesso i menischi sono soggetti a lesioni per meccanismi di Compressione e Torsione, trasmessi dai condili femorali alla superficie articolare tibiale attraverso i corpi vertebrali. Dalla classificazione di Groh abbiamo suddiviso le lesioni meniscali in 1) traumatica acuta 2) degenerativa secondaria 3) anomalie congenite LESIONE MENISCALE TRAUMATICA I meccanismi traumatici più frequentemente responsabili di lesioni meniscali sono i traumi distorsivi, l’estensione del ginocchio dalla posizione accovacciata ed i calci a vuoto. Le lesioni possono essere di tipo A) longitudinale (parallele all’asse maggiore del menisco), B) radiale (perpendicolari al medesimo asse) C) orizzontali(parallele al piano dei piatti tibiali) DEGENERATIVA SECONDARIA Sono colpiti pazienti di eta avanzata, soggetti giovani che praticano attività sportiva o intensa attività motoria. Le aree colpite sono corrispondono alle zone critiche e Dicembre/Gennaio 2012 11 ORTOPEDIA cioè a bassa vascolarizzazione.L’invecchiamento delle proprietà meccaniche del menisco conduce nel tempo al sommarsi di piccole lesioni che senza realizzare rotture meccanicamente importanti producono la cosiddetta MENISCOSI a cui si associano alterazioni osteocondrali, caratteristica del ginocchio artrosico. Possono coesistere lembi di fibrocartilagine distaccata dal bordo libero del menisco (Flap) che causano blocchi articolari o pseudo-blocchi della coscia. G li esercizi a catena chiusa sono validi e sicuri perché causano una minima traslazione anteriore della tibia, migliorano il controllo neuromuscolare e aumentano la stabilizzazione dinamica attraverso la contrazione simultanea dei muscoli posteriori della coscia e del quadricipite. ANATOMIA DEL GINOCCHIO ANOMALIE CONGENITE Menisco discoide. E’ una malformazione la cui genesi resta sconosciuta. Si riscontra più frequentemente in forma isolata a carico del menisco esterno. Non vi è incidenza maggiore in un sesso rispetto all’altro. L’età media in cui si manifesta è quella giovanile. Possiamo distinguere 1) menisco discoide totale, ricopre totalmente il piatto tibiale 2) menisco discoide sub totale 3) menisco anulare 4) Forme minori di alterazioni sono dovute ad iperplasia dei segmenti anteriore, posteriore o medio del menisco e pertanto avremo 5) 1)megacorno anteriore o menisco a virgola 6) megacorno posteriore o menisco a virgola invertita 7) La malformazione meniscale puo’ essere del tutto asintomatica o puo’ manifestarsi con una gamma di segni clinici che vanno da una vaga dolenza, fino al ginocchio a scatto ! Lesione LCA (legamento crociato anteriore); trattamento conservativo dopo la lesione LCA; rieducazione e riabilitazione. Dopo aver diagnosticato la lesione al LCA, il paziente, il medico, il terapista, il rieducatore del paziente devono scegliere il tipo di trattamento: chirurgico o conservativo. Il paziente ideale per l'intervento chirurgico è un soggetto giovane, motivato e che segue attività ad alto livello. Questo tipo di paziente è disposto ad affrontare i sacrifici necessari per completare con successo il programma di riabilitazione. L'approccio conservativo è indicato per le persone anziane e sedentarie, che farebbero troppa fatica a seguire un programma riabilitativo dopo un intervento chirurgico per la mancanza di motivazione e la poca assiduità a seguire un programma intensivo. Il paziente può immediatamente, dopo la lesione, iniziare a eseguire delle contrazioni del quadricipite e dei sollevamenti dell'arto inferiore con la gamba estesa sulla coscia. Si possono iniziare esercizi di mobilità, entro un arco di movimento privo di dolore. Si può lavorare al ciclo ergometro, con l'altezza della sella regolata in modo da consentire al ginocchio di effettuare la massima flessione tollerata. Al diminuire del dolore la mobilità migliora notevolmente e si possono compiere esercizi di flessione ed estensione isotonica a catena cinetica aperta; (è consigliabile limitare l'estensione tra 0 e 45° per le prime 8-12 settimane per limitare le sollecitazioni a livello del LCA). Gli esercizi per il potenziamento muscolare devono andare a sollecitare i muscoli gastrocnemio e posteriori 12 Dicembre/Gennaio 2012 Obbiettivo principale del rinforzo muscolare è quello di avere un rapporto di forza 1:1 tra i muscoli anteriori e quelli posteriori della coscia. Il quadricipite può essere riabilitato, senza sovraccaricare il ginocchio, attraverso varie tecniche: precoci contrazioni isometriche multiangolari (110°-50°); contrazioni quadricipite/flessori sia fuori che sotto carico; esercizi attivi, evitando di arrivare oltre i 45° di estensione; estensione contro resistenza, applicando il carico sulla regione prossimale della tibia. La contrazione eccentrica è utilizzata per il potenziamento dei muscoli ischiocrurali ( bicipite femorale, semitendinoso e semimembranoso). Si utilizzano a tale scopo macchine per il potenziamento isotonico a carico fisso per tutto l'arco del movimento, dinamometri isocinetici, esercizi controllati funzionali di accelerazione/decelerazione. Il metodo isocinetico (lavoro a velocità costante durante tutto l'arco del movimento) ottimizza il lavoro di rinforzo muscolare poiché consente una contrazione massimale per tutto l'arco del movimento. Inoltre fornisce una valutazione quantitativa dei deficit muscolari. Questi esercizi isocinetici vanno eseguiti evitando gli ultimi 20°40° di estensione per passare poi gradualmente ad un'escursione articolare completa con maggior numero ORTOPEDIA di ripetizioni, velocità inferiori e carichi massimali. Alla fine della rieducazione funzionale quando il paziente ha raggiunto adeguati livelli di forza eccentrica e di controllo dinamico dell'instabilità, per completare il tutto viene inserita la pliometria. Obiettivo della rieducazione è la riprogrammazione dell'esperienza percettiva del movimento. Si possono utilizzare a tal scopo, secondo la fase della riabilitazione, esercizi a catena cinetica aperta, come la cyclette con trascinamento passivo dell'arto infortunato; deambulazione precoce, con carico parziale; recupero degli schemi del passo (si possono fare anche in piscina)esercizi tecnici e di agilità, di corsa e di salto. L'uso di un tutore funzionale, sia per la lesione parziale che per quella totale del LCA, fornisce vantaggi incrementando il senso della posizione dell'articolazione attraverso la stimolazione dei propriocettori. Tuttavia può provocare diminuzione della massa muscolare dell'arto ed ulteriore riduzione delle proprie prestazioni funzionali. Per questo motivo occorre alternare l'uso del tutore durante gli esercizi. Terapie fisiche: Utilizzo del ghiaccio per 15-20 minuti al termine di ogni lavoro anche se non c'è alcun segno di tumefazione o edema. l’alleviare il dolore rispetto alle patologie meniscali. Un’artroscopia non potrà mai curare l’artrosi e quindi il recupero non può essere completo. I corpi mobili sono frammenti di cartilagine o osso fluttuanti all’interno dell’articolazione. Le cause sono molteplici e la rimozione avviene tranquillamente per via artroscopica. Il problema nell’immediato si risolve, ma la zona da cui si è staccato il frammento continua ad essere fonte di disturbi. Diagnosi di lesioni legamentose. In artroscopia si possono valutare perfettamente i legamenti presenti all’interno del ginocchio; grazie a questa tecnica è anche possibile eseguire le ricostruzioni di tali legamenti. Il dolore rotuleo viene inizialmente trattato da un fisioterapista; solo in caso di insuccesso di questa terapia conservativa si può ricorrere ad intervento chirurgico. In caso di artrosi l’artroscopia aiuta ad alleviare i sintomi solo parzialmente. Risulta più utile in caso di impedimenti meccanici (per esempio un blocco dell’articolazione, una sensazione di scatto all’interno del ginocchio). In Dottor Grasso, fino agli anni '70 il dolore-lesione del menisco imponeva quasi obbligatoria l'asportazione, l'intervento avveniva in artrotomia, dagli anni '90 ad oggi sono state messe in pratica tecniche all’avanguardia per curare le lesioni invece di asportare: ci parla della chirurgia artroscopica seguita nel suo Centro? L’artroscopia è la visualizzazione della cavità articolare mediante una piccola videocamera. L’immagine viene proiettata ingrandita su un monitor grazie ad un cavo a fibre ottiche. Le moderne tecniche permettono al chirurgo di osservare tutte le strutture interne del ginocchio, senza doverlo aprire. Nonostante l’esiguità delle incisioni chirurgiche, con questa tecnica è possibile trattare svariate patologie. Di solito, l’intervento in artroscopia non necessita di un ricovero ospedaliero. Le lesioni meniscali rappresentano la patologia più frequente. I menischi, tra le varie funzioni, agiscono all’interno del ginocchio come “ammortizzatori”. La parte lesionata del menisco può essere fonte di dolore e può causare dei danni cartilaginei all’interno del ginocchio. Tanto maggiore è la quantità di menisco asportata, quanto più alto sarà il rischio di sviluppare artrosi a lungo termine. Talvolta, in base al tipo di lesione, è possibile suturare il menisco, con ovvi vantaggi per la cartilagine articolare. In questo caso può rendersi necessaria un’incisione più lunga. Anche i tempi di recupero si allungano (fino a 6 mesi per un recupero completo), e può rendersi necessario un tutore. Il menisco gioca un ruolo molto importante all’interno dell’articolazione e, per questo motivo, cerchiamo di asportarne il meno possibile. La cartilagine articolare è quel rivestimento liscio che ricopre la parte articolare dell’osso. Grazie ad essa, le due ossa possono muoversi liberamente tra loro senza esercitare attrito o dolore. Se questa superficie diventa irregolare, può causare dolore e tumefazione. L’artroscopia può rallentare questo processo, ma è meno efficace nel- Dicembre/Gennaio 2012 13 ORTOPEDIA questi casi l’artroscopia può alleviare il dolore per un certo periodo di tempo, ma la soluzione definitiva è rappresentata dalla sostituzione protesica. Le complicanze in seguito all’artroscopia di ginocchio non sono frequenti, ma possono capitare. L’incidenza di complicanze varia dall’1.5 al 2% dei casi. La complicanza più frequente è l’emartro (cioè il sanguinamento all’interno dell’articolazione). L’infezione è molto rara, e si verifica in circa 1 artroscopia su 500. Anche le lesioni vascolari e nervose sono molto rare, ma possono capitare. I risultati di questa procedura dipendono dalla patologia. In caso di lesione meniscale senza danni aggiuntivi, i risultati sono molto buoni (bisogna tuttavia ricordare che ci sarà una certa predisposizione a sviluppare l’artrosi). I pazienti con un danno della cartilagine articolare continueranno ad avere gli stessi sintomi, a causa della natura stessa della patologia. Nei pazienti con artrosi è molto difficile riuscire ad eliminare i sintomi con l’artroscopia; in questi casi, infatti, l’artroscopia dà dei benefici in caso di rottura del menisco o di corpo mobile, ma non è in grado di influenzare positivamente la progressione della malattia. Le medicazioni dopo l’intervento possono essere fatte dopo circa 10 giorni dall’intervento per la desutura.. Solitamente la visita di controllo viene fissata dopo circa 1 mese dall’intervento. Prima dell’intervento può essere utile eseguire esercizi di rinforzo del muscolo quadricipite ed è molto importante eseguire questi esercizi anche nel post-operatorio. Se si eseguono questi esercizi fino al punto di lieve dolore, è molto difficile che si possa danneggiare il proprio ginocchio Durante la visita di pre-ospedalizzazione, vengono fatte domande relative alla storia clinica (anamnesi), all’assunzione di farmaci ed alla presenza o meno di allergie. E’ per noi utile che il paziente porti con sé una lista delle medicine assunte e delle eventuali allergie, che verrà consegnata all’anestesista prima dell’intervento. Sarebbe opportuno sospendere i farmaci anti-infiammatori quali l’Aspirina, l’Orudis, il Feldene, il Voltaren ed il Naprosyn 10 giorni prima dell’intervento, poiché possono aumentare il normale sanguinamento. Si può parlare di completo recupero quando si sarà ridotto il gonfiore ed il dolore e si saranno rinforzati i muscoli dell’arto. Il dolore post-operatorio nel ginocchio dipende principalmente dal voler utilizzare precocemente l’arto senza prima aver recuperato completamente il tono muscolare. Anche il gonfiore eccessivo può essere responsabile del dolore. Dopo l’intervento bisogna mantenere sollevato l’arto il più possibile, applicando una borsa del ghiaccio per 30 minuti per almeno 2-3 volte al giorno, in modo da ridurre il gonfiore ed il dolore; anche i farmaci anti-infiammatori possono ridurre il gonfiore. La borsa del ghiaccio deve essere posizionata sopra al bendaggio o, in alternativa, sulla cute, preoccupandosi sempre di interporre un panno, al fine di non provocare bruciature da ghiaccio. Il rinforzo del quadricipite è molto importante per recuperare la funzionalità del ginocchio. Per questo motivo consigliamo di eseguire un ciclo di fisiochinesiterapia in un centro specializzato di nostra fiducia, a partire dalla prima settimana dopo l’intervento. E’ molto importante sottolineare che la singola seduta quotidiana di 1 ora non aiuterà a risolvere i problemi legati all’intervento chirurgico; il paziente deve apprendere gli esercizi ed eseguirli con continuità presso il domicilio, anche per alcune settimane dopo l’intervento. Il/la paziente viene contattato/a dal Servizio di Ricovero della Casa Di Cura per eseguire la visita di preospedalizzazione, comprendente gli esami preoperatori di routine, l’ECG e la visita anestesiologica. L’artroscopia del ginocchio viene eseguita in regime di Day Surgery, ovvero senza degenza ospedaliera. L’ingresso avviene al mattino e la dimissione nel pomeriggio, se non vi sono complicanze. All’anestesista bisogna riferire di eventuali allergie a farmaci o di eventuali problemi con anestesie precedenti; al medico si possono fare domande circa il tipo di anestesia che verrà utilizzata, i suoi effetti collaterali e le complicanze. L’artroscopia viene solitamente eseguita in anestesia locale. Dopo l’intervento bisogna rimanere a riposo per alcuni giorni, camminando con 2 stampelle con carico sfiorante sull’arto operato per circa 1 settimana. Nei primi giorni dopo l’intervento bisogna evitare di flettere eccessivamente il ginocchio e di rimanere troppo tempo in piedi; bisogna mantenere elevata la gamba per il maggior tempo possibile. 14 Dicembre/Gennaio 2012 Ovviamente non è possibile tornare a casa autonomamente il giorno stesso dell’intervento; bisogna quindi provvedere al trasporto, con mezzi propri o con l’ambulanza. Si può tornare a guidare solo quando ci si sente perfettamente a proprio agio con il ginocchio e non si hanno impedimenti con le manovre da eseguire in macchina. Consigliamo di non fare lunghi percorsi in macchina o in aereo per 6 settimane, in quanto questi lunghi viaggi aumentano il rischio di sviluppare una trombosi. Si può ritornare a lavorare non appena il ginocchio migliori al punto da permettere le maggiori attività lavorative; pertanto, è intuitivo che questo dipende dal tipo di mansione svolta. Questo non vuol dire che il ginocchio sia perfettamente guarito; infatti, potrebbe persistere un certo grado di fastidio, soprattutto vicino alle incisioni chirurgiche, anche per alcune settimane. L’artroscopia del ginocchio è una procedura sicura ed efficace, i cui risultati sono, per alcuni tipi di patologia, anche migliori rispetto alla chirurgia “a cielo aperto” Casa di Cura Villa Valeria Piazza Carnaro 18 Roma Tel 06872721 – 068713735 Trauma Sport Center www.villavaleria.it RUBRICA Dicembre/Gennaio 2012 15 INTERVISTA MACULOPATIA cause, sintomi e trattamento Intervista al Prof. Jean Marc Vergati(*) di Roberto Scenna Biagioli C on il Prof. Vergati nei numeri precedenti di Salute Più abbiamo trattato argomenti molto importanti per la vista, dalla cataratta al glaucoma al laser per la miopia e le patologie degli occhi dei bambini. Oggi affrontiamo un argomento sempre importante ma meno facile da curare: la Degerazione Maculare. L'uomo occidentale moderno utilizza gli occhi con maggiori stimoli che nei secoli passati. Le nuove generazioni, anche perchè si vive più a lungo, dovranno prepararsi ad affrontare i problemi derivati da un numero maggiore di patologie legate all'invecchiamento quali appunto il glaucoma,la cataratta e la maculopatia degenerativa. Malattie che possono fortemente limitare l'autonomia dell'individuo. Prof. Vergati cos'è la Maculopatia? Innanzi tutto è bene specificare cosa sia la macula. La retina è la pellicola della macchina fotografica-occhio, essa è costituita, principalmente, da due porzioni: • retina periferica, costituita da cellule nervose denominate bastoncelli, che è la responsabile della visione periferica e di quella notturna, • retina centrale, o MACULA, in cui si trovano cellule altamente specializzate, i coni, responsabili della visione nitida e della percezione dei colori. Nelle maculopatie viene danneggiata proprio la porzione più importante e delicata della retina. Ho usato il termine plurale di maculopatie in quanto se ne riconoscono principalmente due tipi: • la Maculopatia secca o non vascolare • la Maculopatia essudativa o vascolare 16 Dicembre/Gennaio 2012 Rapidità di progressione, terapia e prognosi sono molto differenti in quanto una maculopatia secca può impiegare anni o decenni per manifestare i suoi danni mentre una maculopatia essudativa va affrontata come un'emergenza essendo in grado di portare ad una cecità centrale in poche settimane. Quali sono i sintomi? Per ciò che riguarda la forma secca l'individuazione del danno da parte dell'oculista (con l'esame del fondo dell'occhio) può precedere anche di anni la comparsa di disturbi visivi. Nella forma essudativa, invece, è il paziente a richiedere una visita d'urgenza in quanto nota la comparsa di visione distorta o di macchie centrali. Quali sono i maggiori fattori di rischio analizzando i principali? Le maculopatie hanno cause multifattoriali in cui la familiarità, il fumo, il diabete, l'eccessiva esposizione al sole, le miopie elevate, sono solo i più importanti tra i fattori predisponenti. Esistono, da pochi mesi, degli esami genetici che permettono l'individuazione dei soggetti con rischi ereditari; ciò è di grande importanza perchè ci consente un'azione di prevenzione con farmaci antiossidanti da assumenre prima della comparsa della malettia Cosa si può fare per ridurre i rischi di tali fattori? L'aspetto più importante è quello di sottoporsi, dopo i 50 INTERVISTA anni, periodicamente ad una visita oculistica che ci permetterà di individuare i primi segni retinici di invecchiamento; successivamente, in accordo con l'oculista andranno assunte terapie antiossidanti, andrà controllata la visione da vicino con un test di Amsler (un foglio a quadretti con un punto nero al centro), per individuare precocemente la distorsione delle immagini e si dovranno ridurre i fattori di danno quali il fumo, le dislipidemie, l'esposizione al sole (con l'utilizzo di lenti protettive) della retina ecc.. Ci spiega quale ruolo può avere una dieta appropriata e vitamine? La retina ha una intensa attività metabolica; ha, quindi,bisogno di sostanze che possano ridurre i danni legati a questa attività. Tra le sostanze più utilizzate a questo scopo abbiamo: • zeaxantina e luteina: forme di Vit. A che hanno lo scopo di ridurre i danni da raggi ultravioletti in quanto hanno la funzione di filtri naturali; • rame, selenio, omega 3, Vit C e Vit E vengono comunemente utilizzati come antiossidanti Quali sono le informazioni su le più recenti ricerche e sperimentazioni cliniche? Uno degli aspetti più recenti e rilevanti al fine di prevenire queste patologie è un esame che consente l'individuazione di quei geni ritenuti responsabili delle maculopatie; questo aspetto è estremamente importante in quanto permette di instaurare una terapia antiossidante prima dell'insorgenza del danno retinico. La Degenerazione Maculare Senile può portare alla cecità? Purtroppo si. É per questo che la prevenzione ed il precoce ricorso alla terapia sono fondamentali Grazie Prof. Vergati per la sua consueta chiarezza e disponibilità. Prof. JEAN MARC VERGATI (*) Medico Specialista in Oftalmologia Docente della S.I.O.R. (Società Italiana di Chirurgia Refrattiva) www.vergati.net Studio Ostia: Lidolaser Via Isole del Capoverde 308 - tel. 06.56339860 Studio Roma: Piazza Cola di Rienzo 86 - Roma - tel. 06.3207153 Ugenze: cell. 3337449368 Mensile di informazione e prevenzione medica Distribuito gratuitamente a Roma, Ostia e interland in: studi medici, centri diagnostici, Asl, case di cura, ospedali, centri benessere, ambulatori polispecialistici e farmacie Università: La Sapienza, Tor Vergata, Roma Tre - Facoltà di Medicina Istituzioni: Ministero della Salute, Regione, Provincia, Comune w w w. s a l u t e p i u . i t google: salutepiu.it Dicembre/Gennaio 2012 17 PREVENZIONE 18 Dicembre/Gennaio 2012 Anno I - n. 0 PREVENZIONE Le Orticarie Le Orticarie sono un gruppo di malattie cutanee caratterizzate da pomfi (manifestazioni simili a quelle provocate dalle punture di zanzara) pruriginosi e fugaci. Essi sono provocati dall'eccessiva liberazione nel derma di sostanze vasopermeabilizzanti (istamina, leucotrieni, prostaglandine, serotonina, citochine, etc) da parte di speciali cellule denominate mastociti. L'orticaria si chiama ACUTA se dura meno di 6 settimane e CRONICA se persiste oltre questo limite arbitrario. Quando ad essa si accompagna angioedema (edema delle mucose respiratorie, gastrointestinali o genito-urinarie) si parla di SOA = Sindrome Orticaria-Angioedema. In questi casi, ai tipici pomfi dell'orticaria, si associa un edema del tessuto connettivo lasso profondo, soprattutto a livello di palpebre e labbra; nei casi più gravi, l'edema può interessare anche la laringe, provocando fenomeni di soffocamento (edema della glottide di Quincke). Le orticarie possono talora esseretalora una spia di altre patologie associate, come nella sindrome di Muckle Wells (orticaria,sordità, amiloidosi), la sindrome di Hardy (orticaria, febbre, eosinofilia), la sindrome iper-IgE(orticaria, asma, anafilassi) ed alcune patologie tumorali (orticaria paraneoplastica). Le recidive di orticaria possono essere sia giornaliere (forma continua) che intermittenti (orticaria ricorrente). Si parla invece di orticaria-vasculite se i pomfi assumono un colorito purpureo e persistono ciascuno oltre le 24 ore. In base ai fattori scatenanti ricordiamo l'orticaria da farmaci, da alimenti, da additivi, da inalanti, da contatto, da agenti infettivi (es: helicobacter pylori, parassitosi intestinali, etc), da immunocomplessi e da punture da insetti (orticaria papulosa o strofulo). Esiste un vasto gruppo di orticarie cosiddette "fisiche" perchè scatenate da stimoli meccanici, termici o elettromagnetici. L’orticaria cronica viene attualmente classificata in orticaria fisica, in cui sono identificabili il 35% dei pazienti, orticaria autoimmune, categoria cui appartengono il 25% dei casi e orticaria cronica idiopatica, cui appartiene un altro 35% dei pazienti. I soggetti che presentano alla base dei loro disturbi una eziologia di tipo autoimmune risultano positivi all’intradermoreazione con siero autologo; tale condizione si associa alla presenza di anticorpi diretti nei confronti della catena alpha del recettore ad alta affinità per le IgE; una minoranza di questi pazienti, al contrario, risulta positiva al test cutaneo in quanto presenta anticorpi diretti contro le IgE. Allo stato attuale non vi è alcun test diagnostico di tipo qualitativo o quantitativo capace di individuare e/o dosare tali anticorpi. Diversi Autori hanno quindi valutato la possibilità di studiare il plasma dei pazienti affetti da orticaria cronica in ci- tometria a flusso, cimentandolo secondo un rapporto di 1 a 1 con il sangue di donotori sani ed atopici, osservando, in caso di orticaria cronica autoimmune, una attivazione dei granulociti basofili. Tale processo è facilmente monitorizzabile in citometria a flusso, attraverso l'utilizzo di alcuni marcatori immunologici. La più recente letteratura scientifica ha individuato due marcatori, il CD63 (glicoproteina associata alla membrana lisosomiale) e il CD203c (molecola transmembrana di tipo II, appartenente alla famiglia delle fosfodiesterasi e pirofosfatasi degli ectonucleotidi), quali validi marcatori dell'attivazione basofila. La tecnica prevede per ogni paziente l'utilizzo di sangue intero proveniente da due donatori differenti, di cui uno atopico, in modo da aumentare la sensibilità e la specificità della metodica stessa. Ogni esame prevede l'allestimento di un controllo negativo, in base al quale viene stabilita l'espressione basale dei marcatori di attivazione, un controllo positivo cui viene aggiunto un siero policlonale anti-IgE, in modo da valutare la responsività massima del campione, e, infine, un test dove come stimolo viene utilizzato il siero del paziente in esame come stimolo antigenico. Il confronto del test con il controllo positivo e quello negativo sarà in grado di dimostrare se è presente un processo di attivazione nei granulociti basofili e, al tempo stesso, dimostrerà, seppur in maniera indiretta, la presenza di anticorpi responsabili del carattere autoimmune dell'orticaria cronica In questo contesto, si inserisce un nuovo test diagnostico per valutare quelle che sono le reazioni di ipersensibilità allergica e non allergica che invece coinvolgono la popolazione dei granulociti basofili (Test di attivazione basofila-TAB). Questo test mette a contatto i diversi allergeni, in un ambiente a temperatura controllata, con i granulociti basofili, ottenuti da un semplice prelievo ematico e identificati attraverso una sofisticata procedura citofluorimetrica, che costituiscono la popolazione cellulare coinvolta in prima linea nelle reazioni di ipersensibilità. La lettura di alcuni parametri funzionali, attraverso la valutazione di operatori esperti, permette di stabilire l’attività funzionale di questa popolazione cellulare dopo l’esposizione ad uno specifico allergene. La risposta del test aiuterà lo Specialista di riferimento nel corretto processo diagnostico di identificazione della problematica riferita dal paziente o dal Medico curante, evidenziando ventuali alterazioni della risposta dei basofili rispetto ad uno stimolo neutro. Dott. GUIDO CIMATTI Patologo clinico Direttore Tecnico Dott. GABRIELE RUMI Specialista in Allergologia ed Immunologia Clinica Analisi Cliniche Cimatti Viale Angelico 39 - 00195 Roma tel. 06 3720322 e-mail: [email protected] web: www.analisicimatti.it Dicembre/Gennaio 2012 Dott. GIANNI CIMATTI Medico Chirurgo 19 Anno I - n. 0 ODONTOIATRIA Dott. PAOLO COLANGELO Medico Chirurgo Specialista in odontostomatologia La sindrome della bocca urente L a Sindrome della bocca urente o Burning Mouth Syndrome (BMS) o Stomatopirosi è una patologia inquadrata dal 1994 tra le algie croniche definita come: “dolore bruciante della lingua e della mucosa orale”. Questa patologia è abbastanza frequente 3% della popolazione con predilezione della fascia di età superiore ai 50 anni, mai nei bambini, con prevalenza nel sesso femminile nella fascia di età perimenopausale, ciò porterebbe a pensare ad una causa ormono dipendente. La BMS è caratterizzata da dolori e bruciori che si estendono dalla mucosa orale alla lingua, e i alcuni casi anche ai denti, generalmente la sintomatologia è assente la mattina per poi aumentare nel corso della giornata, si accompagna anche a glossopirosi (bruciore della punta della lingua), xerostomia (secchezza delle fauci) alterazione del gusto ed in caso di terapie odontoiatriche con particolare riferimento a quelle ortodontiche spiccata sensibilità dovuta al trauma meccanico. Possono anche coesistere anche patologie del tratto gastrointestinale come l’esofagite da riflusso, presenza dell’helicobacter pilori, gastriti, colon irritabile, meteorismo. Ed ancora fibromi algia del collo e delle spalle, nevralgia del trigemino, dismenorrea, prurito di causa incerta, tinnito e diabete. Si possono distinguere due tipologie della bocca urente: una primitiva che sembra essere correlata ad una alterazione del sistema nervoso centrale e periferico con alterazione dei nervi sensitivi (teoria neuropatica) che in molti casi è correlata con disturbi odontostomatologici come il dolore atipico faciale e l’odontalgia atipica. La sindrome secondaria è invece legata a numerose patologie preesistenti come: Sindrome di Sjorgren, micosi orali, lichen, lingua a carta geografica, deficit nutrizionali, alterazione ematologiche da mancanza di: ferro, folati, vitamine del gruppo B. Materiali alloplastici specialmente le resine acriliche da protesi e materiali per terapie conservative odontoiatriche. Farmaci antiipertensivi, ACE inibitori, alcool, sostanze irritanti, alcoolismo e tabagismo. Bruxismo. Squilibri ormonali post-menopausa, ipotirodismo. Diabete. La BMS viene anche classificata in relazione alla sintomatologia in tre classi: Tipo 1 - Aumento della sintomatologia nel corso della giornata Tipo 2 - Sintomatologia costante Tipo 3 - Sintomatologia alternata per intensità e durata. Spesso allla BMS primitiva sono associate alterazione dell’umore e del comportamento come l’ipocondria, la cancerofobia e le fobie in generale, aumento della sintomatologia dopo forti stress fisici e psichici. DIAGNOSI La diagnosi della BMS non è sempre facile, bisogna per prima cosa stabilire se si tratta di una sindrome primitiva o secondaria, pertanto verranno eseguiti esami per escludere le cause dalla BMS secondaria che generalmente sono: - Analisi del sangue di routine, test della funzionalità tiroidea, glicemia e curva glicemica e per la donna i dosaggi ormonali. - Esami culturali della bocca con particolare riguardo alla ricerca di forme fungine (micosi). - Test allergologici , anamnesi positiva a pregressa allergia. - Eventuali visite e test psicologici qualora si ravvisa la necessità. - Biopsia della mucosa orale o della lingua in caso di dubbio. Molti farmaci possono indurre xerostomia, che è uno dei sintomi molto frequenti nella BMS, pertanto è necessario ed importante accertarsi a quali terapie farmacologiche il pa- 20 Dicembre/Gennaio 2012 Anno I - n. 0 ziente è sottoposto con particolare riferimento ai farmaci che curano: la depressione, l’ipertensione, e il diabete. Si ricorda anche che la xerostomia è presente nei pazienti affetti dalla sindrome di Sjorgren. Solo quando possono essere escluse tutte le condizioni morbose che abbiamo considerato si potrà pensare ad una causa psicosomatica e/o porre diagnosi di BMS di tipo primitivo. TRATTAMENTO La complessità e la varietà della sintomatologia richiede un trattamento modulato in funzione delle cause primarie che hanno causato la stomatopirosi. Pertanto sarà necessario eseguire una terapia causale come nel caso di un’infezione fungina con farmaci antimicotici (chetoconazolo), nel caso di reflusso gastroesofageo l’utilizzo dei farmaci inibitori della pompa protonica (omeprazoli), nel caso di patologie sistemiche come la carenze dei folati o le anemie ferroprive, sarà compito dell’ematologo prescrivere la corretta terapia, lo stesso in caso di diabete. L’utilizzo di antistaminici e anestetici locali è indicato per ridurre la sintomatologia ma ovviamente non la causa. E’ importante studiare l’aspetto emotivo comportamentale del paziente specialmente nei casi di cancerofobia (ossessione di avere un cancro in bocca). La rassicurazione da parte del sanitario che non vi è nessuna patologia oncologica in atto servirà tantissimo a ridurre anche i sintomi della BMS, in ogni caso la somministrazione di farmaci ansiolitici (benzodiazepine) diminuirà tale sintomatologia. Talvolta anche gli antidepressivi possono migliorare il decorso clinico, da utilizzare solo se non vi è stato nessun miglioramento con le benzodiazepine. Poiché la BMS rientra tra le cosiddette “allodinie”, cioè quelle patologie che come abbiamo visto sono caratterizzate dalla comparsa di bruciore, dolore, prurito e formicolio, di conseguenza possono essere anche utilizzati i farmaci che inibiscono la trasmissione neurale bloccando i canali del sodio e del calcio come i topiramato (farmaco antiepilettico). PRINCIPALI CAUSE DI BMS - Xerostomia (assenza di saliva) - Sindrome di Sjogren - Lingua a carta geografica - Stomatite da contatto - Bruxismo (digrignamento dei denti) - Lichen - Micosi della bocca - Protesi e/o cure odontoiatriche non congrue - Farmaci antipertensivi - Reflusso gastroesofageo - Squilibri ormonali (menopausa e ipoparatiroidismo) - Diabete - Eccessivo utilizzo di colluttori specie quelle alcoolici - Tabagismo - Alcoolismo - Ansia e stress - Cancerofobia - Anemia - Carenza di vitamine del gruppo B PRINCIPALI SINTOMI DELLA BMS - Alterazione e perdita del gusto - Variazione della percezione del gusto (sapore metallico o amaro) - Secchezza delle fauci - Bruciore della lingua (specialmente nel dorso e alla punta) - Bruciore dell’intero cavo orale - Dolore del cavo orale con progressione durante la giornata. PSICOTERAPIA Oraet LABORA La dipendenza da lavoro S embra impossibile, ma spesso ci imbattiamo in persone talmente prese dal proprio lavoro tanto da dubitare se nascondono un vero e proprio interesse in ciò che fanno o una conclamata patologia. Il dubbio è lecito, soprattutto da quando è stata individuata una nuova dipendenza psicologica che si sta espandendo a macchia d’olio nei paesi industrializzati. Si tratta della dipendenza da lavoro o workaholic che sta diventando un vero problema sociale e sanitario. Le persone affette da tale disturbo quando si fermano si sentono svuotate e prive di energie per i figli, il partner e gli amici, tornando a casa hanno, infatti, bisogno solo di dormire e ricaricare le pile prima di ripartire. Le caratteristiche della dipendenza da lavoro Ciò che differenzia un normale lavoratore da chi nel lavoro vede la propria ragione di vita è sicuramente l’eccessivo tempo dedicato al lavoro. Chi ha un rapporto sano col proprio lavoro, ne viene stimolato e non si aspetta che esso lo riempia poiché ha già un integro senso di sé; dopo una giornata fitta di impegni è naturalmente stanco, ma questa stanchezza non è debilitante come quella del workaholic. Un workaholic riesce a lavorare oltre 60 ore a settimana o comunque a pensare al lavoro anche in vacanza o nel tempo libero arrivando anche a lavorare di nascosto. Si tratta quindi di uno stile di vita completamente incentrato sul lavoro con la tendenza a trascurare le relazioni interpersonali e un’incapacità a rilassarsi. Le conseguenze di queste malsane abitudini sono molteplici. Così se sul versante psicologico è facile osservare, in coloro che abusano di lavoro, stati ansiosi, tendenza al perfezionismo, senso di vuoto ed inutilità quando “staccano” dal lavoro, autostima legata alla quantità o al successo lavorativo, sensi di colpa, atteggiamento ossessivo-compulsivo nei confronti del lavoro, disturbi del sonno e alimentari, isolomento, scarsa assertività, atteggiamento sprezzante nei confronti di chi riesce a godersi la vita, problematiche familiari legate al troppo lavoro, sul versante fisico non mancano disturbi cardiocircolatori, emicranie, problemi gastrointestinali, dolori muscolari, malattie psicosomatiche, abuso di sostanze come alcol, nicotina,caffeina e stimolanti. Quando la società non aiuta: complicazioni della dipendenza da lavoro Come per qualsiasi altra dipendenza, chi è colpito dalla sindrome del super lavoro non si rende conto di esagerare e anche se si lamenta delle tante ore trascorse in ufficio in verità non prova un vero e proprio disagio. Il lavoro diventa infatti uno stimolo continuo, una sfida eccitante che dona senso all’esistenza ma anche un delirio del fare che porta all’impossibilità di ascoltare se stessi, il proprio corpo e i veri e più profondi bisogni. È vero, infatti, che cogliere i campanelli d’allarme non è semplicissimo anche se fondamentale per la salute di chi investe tanto nell’attivismo. A rendere la faccenda ancora più complicata è il fatto che se i familiari e gli amici si lamentano della scomparsa affettiva e relazionale del super lavoratore, la società e l’ambiente di lavoro creano modelli di lavoratori dipendenti trascurando il benessere sia dell’individuo sia delle sue persone care che infatti a lungo andare si sentiranno tradite e impotenti di fronte a un’ossessione così forte. Come uscirne Se il primo passo da compiere per uscire dalla morsa del lavoro è comprendere di esserci cascati, lo step successivo è quello di una psicoterapia volta alla riscoperta del sé e alla crescita personale. Ma è normale immaginare come di fronte a un fenomeno così complesso, le strategie di intervento possano assumere forme diverse. Oltre alla psicoterapia individuale è infatti raccomandata anche un intervento familiare o la partecipazione a gruppi terapeutici. Giova molto a tali individui una psicoterapia di gruppo in cui vengono condivise le esperienze personali attraverso le storie individuali, dando l’opportunità di identificare e riconoscere i propri comportamenti nelle proprie storie e in quelle degli altri. Questo implica la creazione di un setting accogliente, protetto, in cui è garantito l’anonimato e l’elaborazione di programmi di lavoro ovvero di una guida al lavoro quotidiano che stabilisce dei confini e conduce il workaholic verso una vita più equilibrata. Katia Carlini Psicologa e Psicoterapeuta Dicembre/Gennaio 2012 21 Anno I - n. 0 Dalla semplice maternità alla piena fecondità della donna L'emancipazione femminile attraverso un percorso interiore di riscoperta di sé Dott. Francesco Candeloro (*) N egli ultimi anni assistiamo, con sempre maggior frequenza, al riscontro di casi di infertilità, o meglio sub-fertilità, della coppia, dove spesso indagini mediche anche approfondite non riescono ad evidenziare condizioni patologiche tali da giustificare questa condizione. Eppure ci troviamo a vivere in una società apparentemente evoluta, se non altro da un punto di vista tecnologico, che come tale promette di poter soddisfare al meglio le necessità umane, e farsi così garante della miglior stabilità sociale, che dovrebbe a sua volta favorire fecondità e prosperità, in maniera illimitata, alla specie umana. Questa condizione di apparente stabilità sociale, unitamente anche alla possibilità di soddisfare al meglio, al- 22 meno nelle società economicamente più opulenti, e fin dalla più tenera età, i fabbisogni nutritivi in grado di garantire anche il corretto accrescimento fisico della persona, appaiono quasi in contrato alla sempre più ricorrente condizione di sub-fertilità della coppia, tanto che la tecnologia e l’evoluzione del pensiero medico sono sempre più protesi a trovare alternative alla procreazione naturale, che è anche la più auspicabile. Bisognerebbe a questo punto soffermarsi su altri aspetti, forse più psicologici, alla base di questa condizione sempre più frequente, e cominciare a considerare come potenziali responsabili di tutto ciò i cambiamenti sociali degli ultimi anni, che hanno visto la donna emanciparsi dal ruolo femmi- Dicembre/Gennaio 2012 Anno I - n. 0 nile di sola casalinga e principale tesoriera e artefice dell’educazione filiale, arrivando così ad assumere un ruolo sociale sempre più preminente, andatosi affermando, però, proprio a discapito di quello familiare, fino a sconfinare in un’assurda contesa con l’uomo anche in occupazioni lavorative fino a poco tempo fa di esclusiva pertinenza maschile, come quella militare, ad esempio, in cui la maggior prestanza fisica sembrava giocare il ruolo principale nella diversificazione dei ruoli sociali. E già, perché questa perdita di fecondità della coppia, se da un lato forse ha una sua fisiologia, tipica delle società economicamente più ricche - dove storicamente la natalità tende a ridursi rispetto a quelle economicamente più OMEOPATIA gno di emergere, di proclamare con autorevolezza il giusto rispetto e la complementarietà con quello maschile, ma che, in una inevitabile conflittualità, portata forse all’estremo, però, ha finito per sovrastare e inglobare anche la mascolinità, facendo perdere alla coppia il necessario incontro armonico di quelle due parti, da sempre destinate a contenere naturalmente, e piacevolmente, la vita e il suo più fisiologico divenire. In effetti proprio chi, come omeopata, che cioè, quasi quotidianamente si confronta con la realtà umana nella sua interezza e nella sua dinamica esistenziale con il circostante, sempre più spesso si trova a fronteggiare persone di sesso femminile che hanno assunto un ruolo a volte aspramente dominante e poco incline alla pazienza, alla tolleranza, alla mitezza e alla solidarietà, qualità queste squisitamente femminili, nonché aspetti essenziali su cui deve forgiarsi l’uomo, affinché la coppia possa raggiungere quell’armonia di intenti che le permetterà di garantire alla prole la giusta crescita non soltanto fisica ma anche e soprattutto spirituale, in una fertilità allora sì pienamente feconda, in quanto riproduttrice e custode della vita nel senso più elevato che le compete. povere, anche per una crescita interiore della persona, che impara sempre meglio a governare i propri istinti, pervenendo così ad una più razionale regolamentazione delle nascite, al servizio non solamente del principio di conservazione della specie, ma anche di quello di fecondità e prosperità di tutto il creato, troppo frequentemente dilapidato e saccheggiato da un essere umano ancora tristemente sottomesso alla sua insaziabile avidità - d’altro canto, però, questa sub-fertilità, che noi medici osserviamo ormai sempre più spesso, è ben lontana da una maniera più ordinata di pro-creare, ed è, forse, proprio la conseguenza, almeno in parte, della perdita del ruolo femminile nella società. Un ruolo che certo sentiva forte il biso- E’ tuttavia proprio questo, forse, il tempo più propizio in cui, superato il maschilismo più sfrenato di tempi addietro, ma trovato anche il giusto equilibrio femminile all’antagonismo con la parte maschile, i due esseri riscoprano prima di tutto loro stessi e poi la bellezza di una vita condivisa, dove ognuno arrivi addirittura a precedere i desideri altrui e a sentire propri i patimenti dell’altro, in un reciproco e scambievole dono d’amore che sarà sempre in grado di riportare il giusto calore in un animo umano troppo spesso saccheggiato, anch’esso, del suo senso originario. E in questo ritrovarsi, prima di entrambi i singoli, e poi del senso coniugale della convivenza, proprio dalla donna può venire un contributo essenziale: proprio colei che è al vertice della creazione, infatti, seconda solo a quel divino che non può che abbracciare entrambi, e del quale è interlocutrice prediletta, proprio la donna è chiamata a ripartire dal dolore di un’esistenza che la vede sfregiata nella sua femminilità e troppo spesso sottomessa all’arroganza altrui, ma anche premurosamente invitata ad abbeverarsi per prima alla fonte della Vita, da cui trarre la necessaria tenacia per ricondurre le sorti del mondo al loro incantevole destino. La donna, dunque, arriva ad emanciparsi pienamente solo quando è la prima creatura a riscoprire il senso naturale della propria esistenza e orientarlo così, in un’attesa operosa, a trasformare e ricreare a sua volta l’uomo, senza volerlo dominare o sottomettere a sua volta, ma arrivando ad amarlo nella sua primordiale naturalezza che è dissolvenza di quell’asprezza di modi e maniere, che ben poco hanno a che fare con un sincero e delicato, ma al contempo intenso e forte, rapporto di vero amore. Baluardo, così, indispensabile, a protezione della vita umana e terrena, il suo ruolo di difesa di questa non prevede di armarsi contro il nemico, ma di custodire gelosamente le armi, che solo a lei appartengono, e che sono al servizio di un’esistenza che mai potrà morire, naturale passaggio, di generazione in generazione, della parte migliore di un noi, che continuerà ad esistere, semmai, anche solo nei nostri sogni. E così, feconda a se stessa, tornata amica dell’uomo, custode prediletta della vita e della sua infinita rinascita, la donna si riscoprirà centro essenziale di tutto il creato, tornando così a sentire, per se stessa, quella giusta considerazione – a tratti venerazione - che naturalmente avverte appartenerle per indissolubile prossimità con il divino. (*) Dott. FRANCESCO CANDELORO Dopo la laurea in Medicina e Chirurgia, ed i successivi perfezionamenti in Medicina Generale e Medicina Interna, ha approfondito lo studio dell’Omeopatia presso la scuola del prof. A. Negro. Da alcuni anni insegna Omeopatia, più volte ha preso parte a trasmissioni televisive come esperto della materia e, sempre come omeopata, è frequente autore di articoli e conferenze a carattere scientifico-divulgativo. Studio Privato - Montesacro Via di Sacco Pastore 37 ROMA Telefono: 0686210943 Cell: 3476219978 Sito: http://www.omeopata.org Nuova Medica Flaminia - Corso Francia Via Cassia Nuova 48 ROMA Telefono: 0636382176 Unilo - Parioli Via Michele Mercati 38 ROMA Telefono: 063232574 Dicembre/Gennaio 2012 23 Anno I - n. 0 Anno I - n. 0 SPORT&SALUTE BABYNUOTO Crescere con armonia D a anni ricercatori scientifici, esperti di neonatologia e ostetriche professionali invitano a portare entro il primo anno di vita i bambini a fare corsi di baby nuoto. Non è semplicemente un consiglio ma qualcosa di più, un vero invito a impegnarsi nell’aiutare i propri figli ad avere uno sviluppo armonico non solo fisico ma anche psicologico. Si sa, infatti, che il bambino proprio nei suoi primissimi mesi di vita ha delle facoltà che perde poi col tempo e che magari inizialmente possono aiutarlo a gestire meglio i suoi primi rapporti con l’ambiente esterno. In effetti per mesi egli è rimasto all’interno della madre avvolto in una sacca liquida che ne ha preservato la sopravvivenza. L’ambiente “acquatico” è un dejà vu per il bambino, un’esperienza già provata e dalla quale si è sentito separare attraverso l’evento “traumatico” della nascita. A quella esperienza egli dunque “ritorna” volentieri nella sensazione di poter rivivere quegli istanti che ne hanno caratterizzato il ciclo vitale iniziale. In genere, il consiglio degli esperti è di portare il bambino in piscina dopo il terzo mese di vita. Superata infatti la fase delle vaccinazioni e delle prime importanti visite di routine che ne attestino la perfetta salute fisica (a tal riguardo bisogna assolutamente assicurarsi che il bambino abbia svolto esami diagnostici al cuore e alle anche, affinché non si corra il rischio di insufficienze o malformazioni che ne mettano in pericolo la salute se non addirittura la vita) si può portare il proprio figlio in una piscina che abbia attivato questo tipo di attività per neonati e bambini. In fondo, il baby nuoto consiste in una serie di corsi incentrati sulla volontà di mantenere i bambini in quello che per nove mesi è stato il loro habitat naturale. In questi anni, grazie alla forte sensibilizzazione in atto presso la nostra società, il numero di baby frequentatori di tali corsi è cresciuto in maniera esponenziale e molte sono le esperienze positive raccolte dai centri specializzati. In verità, il dato più importante, è che 7 bambini su 10 migliorano il ritmo del sonno soprattutto nelle immediate ore successive allo sforzo fisico fatto. I corsi sono tenuti da personale altamente specializzato che in molti casi proviene dalla Scuola Nazionale di Educazione Acquatica Infantile la quale si occupa della formazione delle figure professionali atte a garantire sicurezza e dimestichezza con queste pratiche che vedono coinvolti soggetti particolarmente sensibili come neonati in età di allattamento. Tali istruttori devono possedere una qualifica specifica, oltre a quella normale per ogni istruttore di nuoto (brevetto F.I.N.) anche una particolare per bambini che vanno da 0 a 3 anni. Il Baby nuoto si pratica generalmente in piscine piccole, dove l’acqua raggiunge al massimo il bacino d’una persona adulta in piedi ma non è raro trovare anche piscine più grandi dove comunque un’area viene adibita a spazio “bimbi”. L’accesso alla piscina è consentito generalmente a entrambi i genitori che così si alternano nel seguire da vicino il neonato che si vede rassicurato dalla loro presenza e con i quali instaura un rapporto di sguardi e sintonia. Per i genitori, il momento potrebbe rappresentare altresì una pausa piacevole all’interno di una giornata faticosa nella quale si è totalmente dipendenti dalle esigenze del neonato. In genere, prima del primo anno di vita il neonato è in grado di nuotare seppur talvolta ciò non accada nell’immediato. Molto dipende infatti dalle abilità del bambino, dalla sua forza muscolare e soprattutto dai suoi riflessi psicologici. Alcuni supporti al nuoto vengono forniti di tanto in tanto dall’istruttore che può proporre per le esercitazioni salvagenti a forma di ciambelle, elementi gommosi galleggianti, pupazzi di gomma, palline colorate, libricini plastificati con immagini a tema, secchielli ecc. Molti bambini, soprattutto nei primi mesi di vita dove i colori hanno una importanza fondamentale, interagiscono con grande interesse agli stimoli provenienti da tali oggetti e alcuni giocano con vero piacere. Tuttavia, non bisogna mai costringere il bambino a farsi andar bene questo tipo di salutare “svago”. Per quelli che denotano una particolare intolleranza a tale attività il consiglio è di posticiparne l’interesse. Scopo del baby nuoto: Uno degli obiettivi principali è quello di rendere il bambino consapevole di comprendere la sua capacità di galleggiamento, la sua capacità di trattenere il fiato se dell’acqua si avvicina alla bocca e riuscire a farlo muovere a pelo d’acqua. Tutti gli esercizi, avvertiti dal bambino come un gradevole gioco da fare con i genitori e un simpatico istruttore, spianano di fatto la strada alla sua “consapevolezza” di vita. Katia Carlini Francesco Randazzo Dicembre/Gennaio 2012 25 Anno I - n. 0 ANTROPOLOGIA CULTURALE Storia della Medicina di Giuliano Valeri 9a puntata ALLE TERME PER RIMANERE SANI G li Antichi Romani disponevano di 856 “BALINEA” (bagni privati a pagamento) e di ben 12 terme pubbliche con una disponibilità di 992.200 m3 d’acqua giornalieri portati da 10 grandi acquedotti. L’abitudine di immergersi nell’acqua e/o di farsela versare addosso dalla schiava o dallo schiavo personale, ha origini antichissime, molto al di là della nascita di Roma, fissata tradizionalmente nell’anno 753 a.C.. Si bagnavano gli abitanti della Mesopotamia, gli “inquilini” dei palazzi di Cnosso, di Festo, di Haghia Triada, di Tirinto nonché di Ebrei ed i soliti Egiziani. Peraltro è certo che le città greche fossero dotate di bagni pubblici e bagni privati. In quelli pubblici i probabili precursori delle Terme dei Romani, i Greci ci passavano interi pomeriggi combinando appuntamenti, parlando di politica, promuovendo affari, unendo, in pratica, igiene personale e vita mondana. Qui i bagnanti venivano introdotti in una tinozza e sommersi da secchiate di acqua calda gettata loro addosso dal personale di servizio. Il sapone, ancora illustre sconosciuto, era sostituito da varie sostanze digrassanti come ad esempio la “soda” e la “lisciva” o da una terra detersiva (Cimolo). Al bagno seguiva un momento di relax e subito dopo un energico massaggio poteva rappresentare la conclusione della giornata. Prevalentemente pastori, i Romani degli inizi, cioè i primi abitanti dei 7 colli, non amavano né avevano molto tempo da dedicare all’acqua ma, col passare del tempo, rimasero impressionati dall’uso che, al contrario, ne facevano gli abitanti dei paesi dell’Oriente Mediterraneo. Così, poco alla volta, il bagno diventò sempre più popolare e apprezzato in ogni strato sociale. Chi ne aveva la possibilità lo faceva installare all’interno della sua “Domus”, come il ricco proprietario della villa della Pisanella presso Boscoreale (oggi visibile a Pompei), realizzato con tutti gli accorgimenti possibili; caldaia in piombo (praefurnium) rivestita in muratura; vasca dell’acqua fredda; condutture in piombo e rubinetti per regolare l’afflusso dell’acqua da riscaldare. Per tutti gli altri, cioè la maggioranza della popolazione, 26 Dicembre/Gennaio 2012 Anno I - n. 0 funzionavano le Terme pubbliche (balneae thermae), veri e propri centri benessere dotati di bagni caldi e freddi, piscine, palestre, giardini, musei e biblioteche. Le Terme dei Romani si componevano di 4 zone essenziali: lo spogliatoio (apodyterium); la sala tiepida (tepidarium) di forma rettangolare con volta a “botte” dove i bagnanti venivano spalmati d’olio e di profumi dal personale (in genere si trattava di schiavi); la sala per i bagni freddi (frigidarium); la sala riscaldata (caldarium), quasi sempre di forma circolare con volta a cupola. In genere si usava passare da un locale all’altro varie volte fino ad ottenere un completo benessere facilitato da relax, frizioni e massaggi di varie tipologie. Ogni utente portava da casa tutto l’occorrente che riteneva necessario per lui: olio, strigili (ferri o legni arcuati usati per detergere il corpo dal grasso), soda (aphronitrum), utilizzata come sapone; panni per asciugarsi, diversi per l’uso che si voleva farne (faccia, faciale; piedi, pedale). Ai più ricchi veniva consentito loro di farsi accompagnare dal bagnino privato (balneator), dal massaggiatore (unctor, aliptes o iatraliptes, tre figure specializzate nelle varie parti del corpo umano) e da una guardia privata (alipilus). Chi non aveva schiavi a disposizione, cioè la maggioranza, doveva rivolgersi ai “masseurs” e depilatori, sempre numerosi, o dei “balneator” o “capsarius”; addetti alla sorveglianza degli oggetti personali (i furti erano frequenti). Ad ogni modo, fino all’epoca di Augusto (63 a.C. - 14 d.C.) Roma non ebbe uno stabilimento termale degno della sua importanza. Le prime vere Terme romane furono costruite a Roma a Campo Marzio da Agrippa (63 - 12 a.C.) con grande dispendio di mezzi ed ingegnosi ritrovati tecnici per i quattro settori sopradescritti. Al centro c’era la sala circolare (i resti ancora visibili a Roma vengono chiamati Arco della Ciambella) del diametro di ben 25 metri coperta a volta, con un foro al centro e 4 nicchie semicircolari ai lati. Ma le più efficienti, le più attrezzate e grandiose di Roma ANTROPOLOGIA CULTURALE darium” (la nostra sauna) smisurati depositi di legna garantivano il regolare funzionamento dei forni. Peraltro una fitta rete di tubature di vario tipo e dimensioni, installata all’interno delle pareti e sotto i pavimenti, distribuiva acqua e calore ai numerosi locali esistenti nel grande complesso. Dai resti degli acquedotti ancora visibili, sappiamo che per i Romani l’acqua non era più un problema, visto che ogni giorno in città ne arrivavano 992.200 m3. Verso la fine del I secolo d.C. la decina di acquedotti funzionanti, ivi compreso quello più antico costruito da Appio Claudio Cieco nel 312 a.C. lungo sedici chilometri, davano la possibilità ai Romani di poter disporre di ben 900 lt. d’acqua a persona. Alle Terme di Caracalla ed a quelle di Diocleziano (Stazione Termini) potevano essere “servite” contemporaneamente fino a 1.600 persone per un totale di ben 5.000 al giorno, più 10.00 schiavi addetti ai vari servizi. Con la caduta dell’Impero Romano nel 476 d.C. ed il contestuale abbattimento degli acquedotti ad opera dei barbari, si ebbe il completo disfacimento degli edifici termali e la loro utilizzazione come cave di materiale per la costruzione di palazzi di papi, cardinali e nobili vari (Barberini, Farnese, Colonna, Orsini, Borgia, Caetano ecc.). Fu così che per oltre 600 anni nessuno parò più di terme e/o di massaggi del corpo (toccarlo era diventato peccato) e l’unica acqua utilizzata divenne quella dei pozzi e/o del Tevere. A far riscoprire l’acqua, i bagni caldi e freddi, i massaggi del corpo rilassanti furono quei “diabolici” dei Crociati che, vedendo in Oriente in funzione le loro terme, tornarono in Europa e illustrarono a tutti la magnificenza dei “Bagni-Turchi”! Così oggi noi conosciamo come bagno-turco quello che in realtà è stata una invenzione dei Romani. Terme di Diocleziano sono state le Terme di Caracalla della famiglia dei Severi (211 - 217 d.C.). Basti pensare che i corridoi sotterranei erano larghi quasi come l’odierna Cristoforo Colombo tanto da permettere il passaggio contemporaneo di due carri stracolmi di legna, di biancheria e attrezzatura necessaria al funzionamento dell’intero complesso. Le scale di servizio, ricavate all’interno delle mura, permettevano al personale di recarsi in ogni locale senza farsi vedere né disturbare i bagnanti mentre sotto il “cal- LIBERA ASSOCIAZIONE UTENTI GIUSTIZIA settore H Invalidità e Handicap u DOMANDE DI INVALIDITà CIVILE IN VIA TELEMATICA (Accompagno, Pensione, Assegno indennità di frequenza, Legge 104/92) u RILASCIO CERTIFICATO MEDICO TELEMATICO u Consulenza e Assistenza legale per ricorsi avverso mancato riconoscimento dei propri diritti il u Invalidità INPS, INAIL, INPDAP u Consulenza medica e previdenziale u Danni da emotrasfusioni Sede centrale: Viale Libia, 58 - 00199 Roma - tel. 06/83396850/1, aperta dal lunedì al venerdì ore 10.00 – 12.00 15.00-18-00 Sportelli zonali: Via Magrini 9 (Marconi) scala c int.1 p. rialzato, aperto ogni lunedì ore 16.00-19.00 Via E. D’onofrio 9 (ang. Viale P. Togliatti1544), aperto ogni martedì ore 16.00-19.00 Via Bernardino Telesio 16 (Piazzale le degli Eroi) int.2 p. terra aperto ogni mercoledì ore 16.00-19.00 Via Enea 77 (Furio Camillo) int.4/A p. secondo aperto ogni venerdì ore 16.00-19.00 Viale dei Caduti nelle Guerre di Liberazione 186 (Eur-Spinaceto) ogni venerdì ore 11.00-13.00 Per fissare un appuntamento presso la sede più vicina chiamare il numero unico 06/83396851 Dicembre/Gennaio 2012 27 Anno I - n. 0 Anno I - n. 0 PREVENZIONE DENTALE L’importanza di una buona endodonzia P arlare di prevenzione in odontoiatria è sempre un tema attuale e di fondamentale valore sociale ed economico. Troppo spesso, ancora oggi, noi odontoiatri ci troviamo ad affrontare situazioni a dir poco drammatiche in soggetti di giovane età, proprio perché i messaggi di controlli periodici e regolari non vengono recepiti o trasmessi nella giusta maniera. Di contro esiste anche una poca preparazione di base o anche malafede da parte degli stessi professionisti che porta, con estrema facilità, a sostituire, mediante impianti endossei, elementi dentari che potrebbero essere più o meno comodamente recuperati. Personalmente svolgo la mia attività professionale limitatamente all’endodonzia, che è quella disciplina dell’odontoiatria che si occupa del trattamento dei canali radicolari di denti affetti da patologia pulpare, dovuta a carie, o a quelli che vengono chiamati ritrattamenti e cioè il rifacimento di trattamenti endodontici incongrui in precedenza eseguiti con conseguente presenza di una patologia infiammatoria cronica periradicolare, il granuloma. Il granuloma non è una malattia grave ed incurabile del dente, ma solamente la reazione da parte dell’organismo a circoscrivere una reazione infiammatoria dovuta alla presenza batteri contenuti all’interno degli spazi vuoti dei canali radicolari a causa di otturazioni canalari incomplete, perforazioni, canali dimenticati ,alterazioni morfologiche dell’anatomia iniziale dell’apice radicolare. La mancanza di un sigillo che impedisce la comunicazione tra endodonto, che è lo spazio canalare originariamente occupato dalla polpa dentaria, e parodonto che è il supporto del dente, fa si che le tossine prodotte dai batteri vadano a contaminare i tessuti circostanti la radice stimolando da parte dell’organismo la formazione di un tessuto di reazione infiammatorio. Una buona endodonzia può quindi rendere al giorno d’oggi prevedibile e predicibile il risultato a medio lungo termine tanto quanto l’implantologia, con la sola differenza del mantenimento dell’elemento dentario. Quindi per prevenzione oggi si intende avere come obiettivo primario il mantenimento dell’elemento naturale e non il farsi trasportare dalla moda, da una scarsa conoscenza della materia, dal più facile e maggior guada- gno ed estrarre con estrema facilità e superficialità i denti per poi sostituirli con degli impianti. L’implantologia deve essere considerata l’alternativa all’elemento naturale quando questo non può essere recuperato, ma non un’alternativa terapeutica di fronte ad una difficoltà che non può essere gestita dal dentista generico ma risolta dallo specialista del caso. Come in ogni disciplina medica esistono delle super specializzazioni che consentono la gestione del caso particolare, prevedendo l’approfondimento della materia stessa e l’utilizzo di tecniche e strumentario specifico per risolvere problematiche complesse. L’introduzione dell’uso del microscopio operatorio in endodonzia, ad esempio, permette oggi di rimuovere strumenti fratturati all’interno dei canali radicolari, risolvere danni di natura iatrogena o affrontare il caso anche chirurgicamente, utilizzando un ingrandimento ed un’illuminazione concentrata sul campo operatorio, tale da consentire al professionista di mettere in evidenza situazioni critiche e strutture anatomiche difficilmente visibili con una luce ed un mezzo ingrandente convenzionale. Concludendo noi professionisti non dobbiamo considerare una “diminutio” inviare un caso ad un collaboratore esterno che può risolvere, nel modo migliore e più conservativo, il problema. Sicuramente acquisiremo maggior fiducia e collaborazione da parte del paziente che vedrà in noi una professionalità rivolta solamente a gestire nel modo migliore la salute della sua bocca. Dott. LUIGI SCAGNOLI Medico Chirurgo Specialista in odontostomatologia Studio privato via di Novella 18 00199 roma tel. 068607899 Dicembre/Gennaio 2012 29 Anno I - n. 0 RUBRICA 30 Dicembre/Gennaio 2012 Anno I - n. 0 DIAGNOSTICA CARCINOMA OVARICO La diagnosi precoce può salvare e migliorare la qualità della vita Il carcinoma ovarico, secondo il Rapporto sui Tumori 2008 dell'Oms (World Cancer Report 2008), è risultato al sesto posto fra i tumori più diffusi nella popolazione di sesso femminile ed è considerato una delle neoplasie maligne ginecologiche più letali perché spesso silente sino al raggiungimento di uno stadio avanzato della malattia. La diagnosi precoce di questo tumore è pertanto un elemento essenziale per ridurre la prognosi infausta e migliorare la qualità di vita della paziente. Ia glicoproteina CA-125 è attualmente il marcatore sierico utilizzato di routine nel protocollo diagnostico per il tumore ovarico. La determinazione dei livelli sierici di CA-125 non è però utilizzabile come unico metodo di screening a causa della bassa specificità e sensibilità: non si ha aumento dei livelli di CA-125 nelle fasi precoci di una neoplasia ovarica in circa il 50% dei casi ed inoltre i suoi livelli aumentano anche in corso di malattie benigne come endometriosi, fibromi uterini, policistosi ovarica, malattia infiammatoria pelvica. Il CA-125 è invece considerato il "gold standard" nel monitoraggio terapeutico post operatorio delle pazienti colpite da tumore. Recentemente è stato scoperta una glicoproteina denominata HE4 (acronimo di Human Epididymis Protein 4) presente normalmente nell'apparato riproduttivo femminile ma over-espressa solo nelle cellule del cancro dell’ovaio, questo la elegge a probabile marker sierologico di questa neoplasia. La proteina HE4 risulta avere elevata specificità, determinata dall’aumento della sua concentrazione esclusivamente in presenza di neoplasia ovarica, e sensibilità migliore rispetto a quella del CA-125 anche negli stadi precoci della malattia. L’HE4 è stato suggerito come marker complementare al CA125 nella valutazione del rischio di malignità delle neoplasie ovariche. La determinazione dei livelli sierici di entrambe le proteine (HE4 + CA125) permette di aumentare la sensibilità rispetto alla sola HE4 e/o sola CA125, aumentare la sensibilità nella sorveglianza delle recidive e migliorare il monitoraggio dell’effetto della terapia. Il dosaggio dell'HE4 congiunto a quello del CA-125 aiuta ad ottenere una miglior specificità nella fase di screening del tumore ovarico identificando con maggiore accuratezza i soggetti a rischio da sottoporre ad ulteriori esami. Si tratta di un aspetto molto importante, se consideriamo che nella maggioranza dei casi, il tumore dell'ovaio, per l'assenza di sintomi specifici nelle prime fasi del suo sviluppo, viene scoperto troppo tardi quando le possibilità di guarigione sono ormai limitate. Cancer Res 2005; 65:2162-2169 Ronny Drapkin, Hans Henning von Horsten, Yafang Lin, et al. Endometrioid Ovarian Carcinomas Glycoprotein that Is Overexpressed by Serous and Human Epididymis Protein 4 (HE4) Is a Secreted Cancer Res 2003; 63:3695 The HE4 (WFDC2) Protein Is a Biomarker for Ovarian Carcinoma 1 Ingegerd Hellström2, John Raycraft, Martha HaydenLedbetter, Jeffrey A. Ledbetter, Michèl Schummer,Martin McIntosh, Charles Drescher, Nicole Urban, and Karl Erik Hellström DOTT.SSA DRUSIANA DELUCA biologa Ambulatorio Polispecialistico Preneste Via Prenestina 240 Largo Preneste 50 - 00176 Roma Tel. 0621702033 e-mail: [email protected] Dicembre/Gennaio 2012 31 Anno I - n. 0 DIAGNOSTICA La diagnostica come prevenzione Appare sempre più frequentemente, al giorno d’oggi, il richiamo al concetto di prevenzione. Ne sono testimonianza evidente i continui riferimenti che giornalmente appaiono sui media di qualsiasi tipo e genere, volti prevalentemente a sottolinearne l’importanza e a consigliare, per così dire, una sorta di “orientamento” nella poliedricità di aspetti che la caratterizzano. Ne deriva che da più parti ormai si assiste all’offerta di servizi in questo ambito, proposti principalmente da realtà sanitarie dove l’imperativo comune è quello di venire il più possibile incontro alle esigenze dell’utenza, specialmente quando si considerino i ritmi di vita imposti dalla società attuale. Questo aspetto può essere analizzato da varie prospettive. La prima è senz’altro quella del “tempo”. La “mancanza di tempo” è infatti la causa più comunemente lamentata, che trasferisce in secondo piano molti accertamenti preventivi. Numerose persone riferiscono di non aver avuto tempo e modo di organizzare dei controlli personali per motivi tra i più disparati, lavorativi, familiari, tutti assolutamente riconducibili a carenze di tempo e collegate, magari, a difficoltà nel fissare gli appuntamenti, a disponibilità delle strutture o dei sanitari in giorni difficili o impegnati per altre necessità, ad incompatibilità di alcune preparazioni per determinati accertamenti diagnostici con esigenze lavorative e così via. Altro, non trascurabile, aspetto è proprio quello “orientativo” cui si faceva riferimento prima: spesso l’utente, a meno che non abbia precisa idea per specifiche problematiche personali e/o su base familiare, non è a conoscenza di quali possano essere le indagini necessarie per una corretta prevenzione, evenienza, questa, che può tradursi nell’esecuzione di esami talora superflui tralasciandone, al contrario, di fondamentali. Non ultimo è l’aspetto “economico” del discorso: l’esecuzione di visite o accertamenti diagnostici, specie quando non rimborsabili dal Servizio Sanitario Regionale, comporta ovviamente un rilevante dispendio economico, specialmente perché le lunghe liste di attesa nelle strutture pubbliche spingono, per le motivazioni discusse in precedenza, ad orientarsi presso strutture private dove non tutte le prestazioni sono erogabili in regime di accreditamento provvisorio col S.S.R. Da questa disamina nasce quindi l’esigenza di fornire un servizio di Medicina preventiva quanto più adeguato e rispondente alle necessità dell’utenza, basato su standard attuali ed al passo con i tempi, volto a minimizzare il più possibile i disagi che inevitabilmente comporta. Ai fini pratici, un completo check-up preventivo può essere organizzato in un’unica giornata, richiedendo all’utente l’arrivo presso la struttura la mattina a digiuno, per poter eseguire il prelievo ematico ed eventualmente effettuare ecografie particolari che richiedano il digiuno da almeno 8 ore (es. ecografie addominali). L’iter prevede lo svolgersi successivo di tutti gli accertamenti sulla base di orari predefiniti, garantendo la contemporanea presenza in sede di più Medici, così da poter assicurare un approccio quanto più completo e multispecialistico nei tempi strettamente necessari per lo svolgimento. 32 Dicembre/Gennaio 2012 Anno I - n. 0 Per quanto riguarda la tipologia degli esami da eseguire, nell’ottica di ottimizzazione dei tempi cui si accennava prima, è possibile prevedere dei “pacchetti” predefiniti differenziati in base a caratteristiche “ordinarie”, quali, ad esempio, età e sesso. In questo caso è l’utente stesso a scegliere il profilo che ritiene più adatto alle proprie necessità, scegliendo semplicemente la data in cui desideri effettuare le indagini in esso previste. E’ altresì possibile, in tempi precedenti allo svolgimento del check-up, effettuare un colloquio preliminare con Medico dedicato, in cui l’utente possa esporre le proprie problematiche personali, eventuali patologie preesistenti, descrivere le proprie abitudini di vita. Il Medico potrà, quindi, predisporre un adeguato elenco di indagini e approfondimenti che risultano, a questo punto, praticamente “su misura” e che verranno prenotati dal personale di segreteria, nei tempi e nei modi più favorevoli all’utente, immediatamente al termine della visita preliminare. A completamento di questo percorso di indagine, condizione valida anche per i check-up predefiniti, è previsto un colloquio finale con il Medico. Quest’ultimo valuterà gli esiti degli accertamenti effettuati, discutendone i risultati con l’utente, potrà prescrivere opportune terapie, fornire adeguate indicazioni di comportamento, volte a migliorare abitudini e stile di vita, od anche a suggerire ulteriori approfondimenti diagnostici che si mostrino necessari, nonché consigliare eventuali periodicità di ripetizione del check-up stesso. Per quanto riguarda l’aspetto economico, presso la Data Medica, che fin dalla sua fondazione è stata particolarmente attiva nell’ambito della Medicina preventiva, le varie indagini diagnostiche, le visite e gli accertamenti di laboratorio vengono offerti, nell’ambito del pacchetto, a prezzi inferiori rispetto a quanto previsto dai tariffari in vigore presso la struttura, garantendo per l’utenza un’assoluta convenienza rispetto alla prestazione eseguita singolarmente. Questo rappresenta decisamente un lato non trascurabile della situazione e viene comunque offerto nel rispetto della professionalità del sanitario che fornisce la prestazione e senza minimamente sminuire la qualità della stessa. Riteniamo opportuno sottolineare come, alla luce di tutte le problematiche discusse finora, un’offerta di servizi come quella appena descritta possa rappresentare, a nostro parere, una valida ed utile opportunità per l’utenza attuale, finalizzata all’ottenimento dei risultati migliori nei tempi strettamente necessari, senza trascurare alcun aspetto delle richieste che da più parti ormai si palesano, valorizzando gli aspetti fondamentali che sono insiti nel concetto di prevenzione in Medicina, garantendo la piena soddisfazione, in termini di conoscenza e risultati, da parte del cittadino. Dott. FRANCESCO DE BELLA Direttore Sanitario della Data Medica s.r.l. via Ennio Quirino Visconti 4 00193 Roma Tel 063213944 Fax 063213245 E-mail: [email protected]