AVIT la Nostra storia

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AVIT la Nostra storia
a Lucia
STORIA DI UN VIAGGIO
LUNGO SESSANT’ANNI
a cura di Martina Rini Cavalli
STORIA DI UN VIAGGIO LUNGO SESSANT’ANNI
Pubblicato in Italia nel 2010
da dolp_dove osano le parole
www.dolp.info
collana
monografie dolp
a cura di
Martina Rini Cavalli
con la collaborazione di
Anna Baldo
Gian Domenico Savio
fotografie tratte da:
Archivio AVIT
Archivio dolp
coordinamento editoriale
dolp_dove osano le parole
progetto grafico e impaginazione
dolp_dove osano le parole
con la collaborazione di
Claudia Cogato Lanza
stampa
Legatoria Olivotto S.p.A.
carta
GardaPat 13 KIARA 150 gr
Forest Stewardship Council (FSC)
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per i fotografi: © 2010 gli autori
per i testi: © 2010 gli autori
Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta,
trasmessa o memorizzata in qualsiasi forma o attraverso qualsiasi mezzo,
senza il permesso scritto di AVIT
ISBN 978-88-95685-03-8
Copia € 50,00
www.culturaimpresa.it
sommario
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PRELUDIO AL VIAGGIO
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ANNI CINQUANTA
LA SCOPERTA DEL PIACERE DI VIAGGIARE
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ANNI SESSANTA
GLI ITALIANI SCOPRONO LA STRADA
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ANNI SETTANTA
L’EPOCA DELLE RIVOLUZIONI
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ANNI OTTANTA
IL VIAGGIO È GRIFFATO
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ANNI NOVANTA
LO SVILUPPO DELLA LOW COST PHILOSOPHY
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DAL DUEMILA AD OGGI
GLI OBIETTIVI DEL NUOVO MILLENNIO
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POSTFAZIONE
1950, VEDUTA DEL PIAZZALE ANTISTANTE L’AGENZIA
PRELUDIO AL VIAGGIO
Nel 1949 la Seconda Guerra mondiale era terminata, ma l’Italia portava ancora i segni del conflitto. Tra l’aprile
1948 e il giugno 1951 il governo americano fornì all’Europa occidentale gli aiuti economici che costituirono le basi
dell’European Recovery Program, meglio conosciuto come Piano Marshall. La politica degli aiuti umanitari
d’oltreoceano permise all’Europa di risollevarsi dalle macerie e di arginare l’emergenza politica che si era andata
profilando nell’immediato dopoguerra. Prese così avvio la ricostruzione e furono indette le prime libere elezioni,
per delineare la nuova mappa politico-sociale. Il programma aveva anche l’obiettivo di finanziare le importazioni
di cui l’Europa necessitava e che eccedevano dalla sua capacità di pagamento; la conseguenza fu la creazione
di un nuovo ordine economico fondato sulla leadership americana. Questo stretto legame con l’America si dimostrò determinante non solo per la ripresa economica del paese, ma anche per permettere la diffusione, nei vari
paesi europei, di un’idea di “sano capitalismo” sulle cui fondamenta ancora oggi si poggia il mercato globale.
Il cosiddetto “Miracolo Economico” stava per iniziare e i segnali di questo agognato benessere non tardarono
a farsi sentire. Nelle case degli italiani fecero la loro apparizione i primi elettrodomestici, e i primi mezzi di trasporto privati si riversarono nelle strade. Ebbe inizio l’epoca dei blue jeans e della brillantina nei capelli, dei
maglioni e delle giacche in pelle, le donne si confezionavano gli abiti copiando i modelli delle nascenti case di
moda italiane: era il preambolo al consumismo di massa.
Il fascino dello stile di vita americano, che trovava centralità in una classe media caratterizzata da alti redditi e
da conseguenti proporzionati consumi, conquistò gli italiani. In breve tempo il modo di vestire, parlare, ballare
e cantare tipico dell’oltreoceano si impose tra i giovani, anche grazie al cinema e ai suoi miti. Esplose il fenomeno della televisione, che contribuì in maniera importante a comunicare l’immagine di un’Italia sorridente,
vincente e fiduciosa, anche grazie al successo di un programma a premi condotto da un giovane italo-americano che si presentava con il nome di Mike Bongiorno.
L’America, che già da decenni era mèta di emigrazione per i lavoratori italiani, divenne definitivamente il sogno,
il mito, punto di partenza o traguardo sia che si decidesse di tentare la propria sorte restando in Italia, sia che
si scegliesse di partire, alla ricerca del successo.
In questa clima di rinascita, di speranza e di forte dinamismo, si inserisce la storia di Lucia Fincato, una giovane donna nata nel 1920 ad Enego, un piccolo paese delle Prealpi Venete. Lucia Fincato era figlia di Giovanna
e di Ottavio, che per lavoro gestiva alcune corriere di linea tra Enego e la pianura. Assieme ai fratelli Renato e
Nerina, la giovane Lucia aiutava il padre. Abituata fin da piccola a guardare oltre l’orizzonte dei suoi monti,
decise presto di impostare la sua vita in un modo diverso rispetto alla maggior parte delle sue coetanee.
Conseguì un ambito diploma magistrale a Padova, fu una tra le prime donne in Italia ad ottenere la patente di
guida e successivamente scelse di iscriversi alla Facoltà di Lingue dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Ma il
sogno di laurearsi si infranse bruscamente nel 1943, quando il padre morì, investito da un camion delle truppe
tedesche.
Lucia si trovò costretta ad interrompere gli studi per proseguire, con i fratelli, l’attività paterna. La corresponsabilità della ditta “Eredi Fincato Autoservizi Pubblici” rappresentava un traguardo già molto importante per una
donna nell’immediato dopoguerra, ma non sufficiente ad appagare lo spirito di chi era cresciuto con l’abitudine di guardare il mondo da un punto di vista diverso. La curiosità di vedere oltre a ciò che appare restava viva,
lasciando spazio ad un’immaginazione quasi visionaria, creativa, che le permetteva di andare oltre i limiti del
contingente e di inseguire i suoi sogni fino a renderli reali.
Appena possibile, Lucia avviò la sua attività coinvolgendo anche alcune persone conosciute in terra veneziana. Nel settembre 1949 inaugurò a Vicenza la succursale di Sattis, un’agenzia di viaggi con sede a Venezia.
Ma il vero avvio della sua impresa avvenne solo qualche mese dopo, nel maggio 1950, quando costituì la
società AVIT, acronimo di Agenzia Vicentina Turismo, con sede in viale Roma 17.
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VETRINE SU VIALE ROMA
INTERNO E PRIME CABINE DEL TELEFONO PUBBLICO
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ANNI CINQUANTA
LA SCOPERTA DEL PIACERE DI VIAGGIARE
In un’intervista rilasciata ad un quotidiano locale,
Lucia Fincato rivelò che la spinta decisiva per iniziare un’impresa tutta sua le venne data anche dal
fatto che papa Pio XII avesse promulgato Anno
Santo il 1950. Era il primo Giubileo dopo il conflitto mondiale, ed il Pontefice lo inaugurò con un
radiomessaggio. Nel pieno della ripresa, in epoca
di vertiginoso sviluppo della mobilità delle persone e con un’attesa febbrile da parte dei fedeli, la
prospettiva di organizzare il viaggio ai pellegrini
vicentini le fece trovare il coraggio necessario.
Non secondario, fu il fatto che a quei tempi aprire
un’attività era diventata cosa piuttosto semplice e
fortemente caldeggiata. Chiunque poteva ambire
ad intraprendere un’attività economica. I requisiti
maggiormente necessari consistevano nel possedere idee valide e spirito d’iniziativa. Lucia poteva
contare inoltre su di un livello di formazione scolastica non comune ed un interessante spunto
imprenditoriale. Per essere agente di viaggi era
necessaria un’autorizzazione che veniva rilasciata, in forma discrezionale, dagli Enti Provinciali per
il Turismo. Dovendo scegliere la categoria in cui
operare, optò nella “A illimitata” perché era la più
completa e le consentiva di organizzare e vendere qualsiasi tipo di servizio turistico in Italia e
all’estero. Per aprire un’agenzia era obbligatorio
l’affiancamento di un direttore tecnico, con
un’esperienza di almeno cinque anni nel settore, e
la scelta ricadde su Antonio Spiller.
I pellegrinaggi erano però ancora esclusiva delle
organizzazioni cattoliche e lei non ottenne il successo immediato sperato. Questa donna intraprendente non si lasciò certo dissuadere dal
primo contrattempo e proseguì verso la sua intuizione, convinta che il peggio fosse passato e che
i vicentini, come il resto degli italiani, iniziassero
ad avvertire la necessità di viaggiare ed una gran
voglia di conoscere, di fare esperienze nuove e,
non ultimo, di divertirsi.
In questo decennio il trasporto avveniva per lo più
con i mezzi pubblici. Le auto circolanti in Italia
erano ancora poche, un quarto rispetto alla
Francia, un sesto rispetto all’Inghilterra, metà
rispetto alla Germania. Nel marzo 1955, la Fiat
presentò a Ginevra la Seicento, simbolo dell’urba-
nizzazione del paese che ben presto si impose
come uno dei beni più ambiti dagli italiani. Per la
maggior parte di essi, però, il trasporto privato era
ancora assicurato da veicoli a due ruote: è stato
stimato che in quegli anni vi fossero in circolazione otto milioni di biciclette e cinquantamila scooters, tra Vespe e Lambrette.
L’evoluzione del mercato verso l’affermazione
delle quattro ruote trovò un parallelo significativo
nella vita privata di Lucia Fincato, così come nella
storia dell’agenzia. A quel punto, entrò infatti in
scena un’altra figura fondamentale, quella di Lino
Franceschetti. Rodigino di nascita, ma vicentino
d’adozione, il 14 novembre 1945 sposò Lucia.
Si erano conosciuti sulle piste da sci di Asiago
nel 1943, e da quel momento avevano intrecciato
le loro vite condividendo la passione per lo sport,
la seduzione per le automobili e l’attrattiva verso
un nuovo modo di intendere la conoscenza ed il
viaggio.
«I miei genitori avevano un’intesa molto profonda
- ricorda Daniela Franceschetti, attualmente titolare dell’agenzia AVIT - che li portava a confrontarsi su molti aspetti della loro vita. Erano due
persone forti ed indipendenti, ognuno di loro ha
voluto e ha saputo ritagliarsi un proprio spazio
personale, sempre però potendo contare sulla
collaborazione e sull’appoggio dell’altro».
Quando Lucia inaugurò l’agenzia in viale Roma,
Lino Franceschetti trasferì i punti vendita Alfa
Romeo e Piaggio, di cui era commissionario, dall’altra parte della strada. Aveva iniziato ad occuparsi di automobili nel 1945 vendendo ricambi
Maserati, ma per lui quello con i motori era molto
di più di un semplice rapporto di lavoro. Era una
passione profonda che affondava le radici nel suo
spirito di competizione e raggiungeva l’apice
durante le gare. Pilota audace ed esperto, corse
undici edizioni delle Mille Miglia portando a termine l’intero percorso per ben sei volte. Iniziò a
gareggiare nel 1948, come secondo di Guerrino
Faccioni su una Maserati A6GCS, ma corse già
come pilota nelle tre edizioni successive, con una
FIAT 1100. Dall’edizione del 1952 all’ultima del
1957 fu fedele ad Alfa Romeo, la casa automobilistica che per eccellenza aveva legato il suo nome
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al concetto di sportività. Corse con la 1900, con
la 1900 TI, con Giulietta Sprint e Giulietta Veloce.
La sua carriera automobilistica si allargò ad altre
competizioni quali Coppa delle Dolomiti, Stella
Alpina, nei Giri di Toscana, Sicilia e Umbria e nelle
prove di regolarità in salita. Nell’officina a fianco
del negozio, i suoi meccanici dedicavano lunghe
giornate alla preparazione delle auto con cui partecipava alle gare: aveva creato una fucina di abili
artigiani che adattavano le sportive alle sue esigenze e alla sua robusta corporatura, mentre
capannelli di appassionati e curiosi entravano a
commentarne i progressi.
Erano gli anni dei grandi duelli tra sfidanti su
quattro ruote come Tazio Nuvolari, Achille Varzi,
Ferdinando Minoia e Giannino Marzotto.
«A quel tempo, era consuetudine comperare il
mezzo con cui si correva, avere uno sponsor o
appartenere ad una scuderia era privilegio di pochi
- prosegue Daniela - e mio padre dedicava un
anno intero alla preparazione della sua autovettura.
Era un rapporto molto stretto quello che veniva a
crearsi tra pilota e macchina, e con il passare degli
anni questo si fece sempre più intimo.
La Mille Miglia era una corsa di velocità pura, si
facevano soste solo per i rifornimenti, vinceva chi
impiegava il minor tempo a completare il percorso.
Riuscire in questa impresa richiedeva competenza
su ogni aspetto: oltre alle prestazioni delle macchine si rendevano necessarie le straordinarie
capacità dei loro piloti, una non comune abilità di
guida e una spiccata resistenza fisica e psicologica.
Non dimentichiamo che la gara si disputava lungo
strade per la maggior parte non asfaltate. Mio
padre sopportava da solo i ritmi massacranti e si
imponeva pochissime soste per assicurarsi un
buon risultato, ma aveva un’unica, piccola debolezza. La corsa passava per Vicenza, e anche sotto
casa nostra, in Contrà Santi Felice e Fortunato. Ero
una bambina, con mia madre e mia sorella Paola
scendevo in strada immergendomi in un mare di
folla per assistere al passaggio di quelle macchine
leggendarie. Quando giungeva in prossimità della
nostra casa, mio padre compiva una brusca frenata per consegnare a mia madre il foulard di seta
con il percorso di gara, e poi ripartiva».
NEGOZIO DI RICAMBI MASERATI
LINO FRANCESCHETTI CON GAETANO MARZOTTO
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LINO FRANC ESCHETTI DURANTE UNA MILLE MIGLIA
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ESPOSIZIONE E RADUNO DI VESPE IN VIALE ROMA
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La passione e l’impegno di Franceschetti si concentrarono tuttavia anche sulla Vespa, progettata
nel 1946 dall’ingegnere Corradino d’Ascanio e
prodotta da Piaggio, destinata a modificare in
pochi anni le abitudini degli italiani. Si presentava
come una sorta di economica automobile a due
ruote, che induceva ad uno stile di guida completamente diverso da quello della classica moto,
permettendo di non sporcare gli abiti e adattandosi anche ad un pubblico femminile. Un mezzo di
trasporto che affascinò Franceschetti al punto tale
da convincerlo che quello fosse il prodotto giusto
su cui investire. Nel 1948 divenne quindi commissionario per Piaggio, e anche in questo caso non
si trattava per lui solamente di un buon investimento economico. L’immagine della Vespa si diffuse in città anche grazie ai convegni e ai raduni
vespistici di cui era organizzatore. Il 23 ottobre
1949 si trovava a Viareggio tra i ventinove delegati che fondarono il Vespa Club d’Italia, un’organizzazione amatoriale di appassionati che grazie alle
sue iniziative ha saputo trasformare un oggetto
industriale in un’icona di stile e di modo di vivere.
Andare in Vespa divenne sinonimo di libertà, di
fruibilità degli spazi, di più facili rapporti sociali.
Mentre il marito raccoglieva soddisfazioni nel suo
lavoro, Lucia otteneva i primi riconoscimenti pubblici, divenendo consigliere presso l’Ente Provinciale
Turismo, dell’A.T.U.V. Triveneta e dell’Ente Fiera di
Vicenza, fondata nel 1948 con un atto costitutivo
da parte del Comune di Vicenza, dell’Amministrazione della Provincia e dell’Ente Provinciale del
Turismo. Per sostenerne e promuoverne l’attività,
erano stati nominati Presidente Gaetano Marzotto
e vice Presidente Giacomo Rumor.
Parallelamente agli impegni pubblici, Lucia si
dedicava alla sua avventura imprenditoriale.
Al principio, l’agenzia AVIT si occupava della vendita di biglietti per autopullman di linea, treni e piroscafi, era un deposito bagagli cittadino e divenne
un punto telefonico, grazie al fatto di disporre di
uno dei pochi apparecchi pubblici della città.
Garantire una qualità nel servizio non era facile,
bisognava lavorare tutti i giorni dalle sei del mattino fino a sera inoltrata, ma il lavoro aumentava e di
conseguenza anche il gruppo di collaboratori.
CONCESSIONARIE ALFA ROMEO E PIAGGIO
GIOVANI VESPISTI DURANTE UN RADUNO
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“Il piacere di viaggiare!”, così esordiva un opuscolo
dedicato ai programmi di viaggi in autopullman
organizzati da Lucia Fincato e dal direttore Spiller
nella stagione 1951, dando voce al nuovo svago
che si stava imponendo sempre più tra i desideri
della nazione.
“Conoscere nuove regioni, altri costumi, l’anelito
di inseguire sempre nuove impressioni - proseguiva la presentazione - ha ovunque e in tutti i tempi
sedotto l’inquieto spirito umano. Il viaggio è una
fonte di idee nuove, di alternativi motivi di lavoro,
costituisce un passatempo intelligente ed istruttivo, e rappresenta una pausa di gioia alla routine
dell’operosità quotidiana”.
Per l’affezionata clientela, e puntando ad acquisirne di nuova, AVIT propose degli itinerari in Austria
e in Svizzera, per offrire al turista la possibilità di
visitare regioni note per le loro bellezze naturali ed
artistiche, anche con escursioni brevi e con una
spesa contenuta.
Le proposte, infatti, variavano dalla “Gita di due
giorni a Lugano” (quota di partecipazione Lire
9500) al “Viaggio alla scoperta dell’Austria”: otto
giorni tra Vienna, Linz, Salzburg, Innsbruck per un
totale di Lire 22.500, offerte appetibili e ritenute
accessibili a molti, tra impiegati, insegnanti, operai.
La quota comprendeva il viaggio in autopullman
“Gran Turismo” dotato di radio e poggiatesta, vitto
ed alloggio in ottimi alberghi, tasse e percentuali
di servizio per il personale degli alberghi e per la
guida turistica.
Per strutturare al meglio la sua offerta, Lucia
pensò di dotare l’agenzia di mezzi di proprietà, e
così acquistò un primo pullman, a cui se ne
aggiunsero ben presto altri sette, per soddisfare
le crescenti richieste dei clienti.
«Per riuscire ad offrire servizi validi, mia madre
verificava in prima persona la qualità sia dei mezzi
di trasporto sia delle strutture ricettive che andavano a formare le loro offerte. Era molto scrupolosa, e per questo motivo viaggiava molto. C’è una
foto di mia madre ritratta sulla scaletta dell’aereo
prima della partenza per Parigi in cui sorride
radiosa. Conoscere diverse culture, vedere nuovi
paesaggi le era indispensabile come l’aria che
respirava».
AUTOPULLMAN GRAN TURISMO DELL’AGENZIA AVIT
1951, PROGRAMMI DI VIAGGIO IN AUTOPULLMAN
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INTERNI DEGLI AUTOPULLMAN GRAN TURISMO
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1957, VIAGGIO A PARIGI CON AIR FRANCE. LUCIA FINCATO È LA PRIMA A DESTRA
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Sempre nel 1951, AVIT fu tra le prime agenzie italiane ad ottenere la licenza IATA, l’abilitazione alla
vendita di biglietti aerei nazionali ed internazionali, che le permise di affinare ulteriormente l’offerta
puntando sia ai servizi di viaggio per le aziende fino ad affermarsi come punto di riferimento per
importanti realtà industriali del territorio - sia a
divenire fornitori di fiducia per la Caserma Carlo
Ederle, la base militare dell’Esercito degli Stati
Uniti situata a Vicenza.
Contemporaneamente ai bisogni dei sempre più
numerosi viaggiatori, vi erano ancora molte persone nella necessità di affrontare un viaggio con spirito completamente diverso: erano gli emigranti,
che comperavano un biglietto di sola andata per
paesi lontani. In quegli anni, il flusso migratorio
italiano era entrato nella sua cosiddetta quarta
fase, quella che dalla fine della Seconda Guerra
Mondiale agli anni Settanta registrò all’incirca
sette milioni di espatri. Le destinazioni principali
erano America Latina ed Australia, se decidevano
di non solcare l’Oceano emigravano in Francia,
Svizzera e Germania.
Per qualcuno di loro l’avventura iniziava proprio
dai banconi dell’agenzia e dal sorriso garbato di
Rosa Gentilini, incaricata della vendita dei biglietti
dei piroscafi per Italia - Società di Navigazioni, per
tutti la “Signorina Italia”. Dopo tanti anni, molti di
questi emigranti tornavano a salutarla, come se in
quelle attenzioni, in quel modo di sentirsi in certo
senso responsabile e partecipe del loro partire, si
celasse un po’ di quella fortuna trovata in altri luoghi lontani.
«Mia madre possedeva la capacità di intuire le esigenze e di leggere le potenzialità del mercato, e
questo le ha permesso di affrontare con successo
varie sfide. Era una donna propositiva, instancabile e dotata di un raffinato senso dello humour,
caratteristiche che mise a disposizione delle molteplici attività a cui si dedicava con impegno,
senza per altro trascurare il suo ruolo di moglie e
di genitore».
PUBBLICITÀ NEI PRESSI DELLA CASERMA DEGLI AMERICANI
LUCIA FINCATO DURANTE LA CONSEGNA DI ALCUNI PREMI E RICONOSCIMENTI
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AUTOSTRADA MILANO-LAGHI, 10 LUGLIO 1961.
Archivio della Gazzetta del Popolo. Su concessione dell'Archivio Storico della Città di Torino
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ANNI SESSANTA
GLI ITALIANI SCOPRONO LA STRADA
Il decennio compreso tra il 1960 e il 1970 si aprì
con un grande successo per l’economia italiana il 1960 è ricordato come l’anno del PIL più alto
della storia - e anche se questo risultato dipese
più dalle esportazioni che dai consumi interni,
ugualmente va sottolineato per spiegare il dinamismo e il fermento che attraversarono la nazione. Il
1960 fu anche l’anno delle Olimpiadi a Roma,
un’edizione importante anche perché, per la prima
volta, la RAI mise in onda più di cento ore di trasmissione sui giochi in tutta Europa, e la bellezza
della città di Roma si fece notare al grande pubblico. Le Terme di Caracalla ospitarono le gare di
ginnastica, la Basilica di Massenzio quelle di lotta,
mentre la maratona prese il via dal Campidoglio e,
dopo aver percorso l’Appia Antica, si concluse
sotto l’Arco di Costantino. Ad aumentare il fascino di quest’ultima gara ci fu la straordinarietà del
suo vincitore, l’etiope Abebe Bikila, che vinse la
competizione correndo a piedi nudi. Ad incantare
gli italiani e il resto del mondo con le bellezze di
Roma contribuì molto anche il genio di Federico
Fellini e la sua Dolce Vita, manifesto e profezia di
un cambiamento epocale in corso, vero e proprio
affresco dell’Italia del benessere e del miracolo
economico.
Le vacanze al mare degli italiani, negli anni
Sessanta, furono invece magistralmente descritte
da un altro capolavoro cinematografico, quale Il
Sorpasso, che presentava in tutta la loro integrità
le caotiche città per una volta all’anno lasciate
silenziose, in preda al soleggiato Ferragosto. La
pellicola di Dino Risi portò in primo piano la vera
protagonista del decennio, ovvero la strada, che
divenne l’emblema delle vacanze italiane. Nel film
si trattava della storica Appia, lungo la quale
migliaia di romani si dirigevano verso spiagge
popolari e centri turistici sempre più esclusivi.
Anche la scelta dell’automobile non fu casuale: la
Lancia Aurelia era un simbolo del successo e della
ricchezza che solo pochi si potevano permettere.
Dai jukebox delle spiagge, in cambio di una
monetina, Mina cantava Tintarella di Luna ed
Edoardo Vianello incitava all’amore con Pinne
Fucili ed Occhiali. Mentre nelle coste sarde iniziava a furoreggiare il côté chic di Gianni Agnelli e a
LUNGOMARE DI VIAREGGIO
TURISTI IN VISITA AL CAMPIDOGLIO, ROMA
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Capri si imponeva lo stile di Jackie Kennedy, una
vera e propria trasformazione urbanistica e sociale si stava compiendo lungo le coste adriatiche.
I residenti tra Milano Marittima a Cattolica, fino a
quel momento dediti quasi esclusivamente all’attività ittica, costruirono in pochi anni circa cinquemila alberghi e pensioni che, uniti a bagni, balere,
cabine e pedalò, divennero un’attività sempre più
redditizia.
Migliorò sensibilmente il tenore di vita dell’italiano
di ceto medio e medio-basso, tanto che con la
propria paga, spesso pagando a rate, un operaio
riusciva a realizzare qualche piccolo sogno come
l’acquisto del televisore, del frigorifero, della lavatrice e di una piccola utilitaria. Le vacanze al mare
divennero una vera e propria conquista sociale,
nella sensazione che nell’uniformità della spiaggia
le differenze si assottigliassero e si potesse diventare tutti più simili.
La famiglia tipo di quegli anni partiva tutta assieme per le vacanze - solitamente su un’auto carica
all’inverosimile di valigie che trovavano posto
anche sul tetto, legate da appositi elastici e
coperte da un provvidenziale foglio di plastica ed imboccava una delle nuove autostrade della
penisola; l’11 ottobre 1964 venne inaugurata
l’Autostrada del Sole, simbolo di un’epoca ed
esempio del cambiamento radicale della politica
dei trasporti.
L’esercito dei vacanzieri serpeggiava lungo la
penisola, solitamente tutto in un unico giorno, in
genere quello successivo alla chiusura delle fabbriche del Nord. I chilometri di coda facevano
parte del gioco, erano lo scotto da pagare per iniziare le tanto agognate ferie. Per lo più ci si
accontentava di mète poco lontane, i lavoratori
del Sud d’Italia facevano ritorno alle loro terre
d’origine, quelli del Nord si riversavano lungo i
litorali liguri, toscani, veneti e romagnoli.
«In quegli anni, la diffusione della Fiat 600 diede
inizio alla motorizzazione di massa e di conseguenza alle vacanze di massa - ribadisce Daniela
Franceschetti - tuttavia, se milioni di italiani si
spostavano con mezzi privati, in agenzia aumentavano le richieste di raggiungere mète più lontane,
con l’aereo o in nave».
BOEING 707 IN VOLO E RELATIVA CABINA PASSEGGERI
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Agli inizi degli anni Sessanta venne stimato che il
numero dei passaporti rilasciati superasse di poco
il milione e mezzo e che solo un quinto di questi
fossero stati richiesti per motivi turistici; ci si recava all’estero principalmente per lavoro e per motivi
familiari.
«Fu con l’introduzione del DC8, divenuto in pochi
anni il più utilizzato, che il mondo divenne improvvisamente più piccolo. La durata del viaggio si
abbreviò, le lussuose sale di ritrovo a bordo degli
aeroplani divennero inutili, al loro posto vennero
introdotti altri sedili a disposizione di una clientela
sempre più vasta».
Anche se la necessità di aumentare l’occupazione
dei posti era sempre stata avvertita, le compagnie
aeree non avevano ancora così tanto l’assillo di
pareggiare i costi. Erano di proprietà statale, più
proiettate a curare l’immagine dell’azienda che i
suoi risultati economici, pertanto l’aereo continuava ad essere un mezzo di trasporto esclusivo
e privilegiato, e i biglietti venduti pochi. Con l’introduzione dei nuovi Boing 707, l’esigenza di
occupare i circa duecento posti disponibili si fece
sempre più pressante, e per rendere competitive
le tariffe aeree rispetto a quelle di altri mezzi si
rese necessaria l’introduzione di tariffe diverse
nel medesimo volo al fine di rendere appetibile
l’offerta. Vennero quindi introdotte le tariffe IT,
ossia Inclusive Tour, che oltre a rispondere in
un’unica soluzione ad una doppia necessità volo e soggiorno - permettevano un consistente
abbassamento del costo del biglietto aereo, grazie
al fatto che questo veniva necessariamente legato
all’altro servizio.
I pacchetti Inclusive Tour erano acquistabili solo
attraverso i canali delle agenzie di viaggio, che li
proponevano ai loro clienti tramite degli opuscoli.
Con l’obbligo di pubblicizzare queste offerte, iniziò
anche nelle agenzie di viaggi a farsi strada il concetto di marketing, anche sostenuto dalle campagne pubblicitarie delle compagnie aeree, incentrate
sulle assistenti di volo, figure femminili accattivanti
e professionalmente preparate. Le loro uniformi
rispecchiavano le tendenze del momento, e in
tutto ciò si venne a creare una forte commistione
tra moda, grafica e turismo.
PUBBLICITÀ DI COMPAGNIE AEREE AMERICANE
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Sempre sensibile alle riforme dei tempi, Lucia
Fincato entrò nel Consiglio Direttivo del neonato
Istituto Professionale Femminile di Stato
“Bartolomeo Montagna” di Vicenza, mettendo la
sua esperienza a disposizione delle studentesse
dell’indirizzo turistico ed offrendo loro la possibilità
di mettere in pratica quando appreso a scuola
facendo esperienza in AVIT.
«Quello di accompagnatrice turistica era un corso
triennale che prevedeva la formazione di figure
professionali da inserire negli organismi turistici
della provincia di Vicenza o della regione Veneto.
Erano richiesti presenza curata, comportamento
disinvolto, predisposizione alle relazioni sociali ma
soprattutto un’ottima dizione e la conoscenza di
almeno tre lingue e della Storia dell’Arte. L’Istituto
si proponeva di formare delle donne capaci di
lavorare fuori casa con una qualifica professionale,
ma di saper curare, al tempo stesso, la casa e la
famiglia, come riusciva a fare mia madre, del resto».
Lucia viaggiava molto, per arricchire sé stessa e
per trasferire le sue sensazioni al gruppo di lavoro, ma soprattutto per saggiare personalmente gli
itinerari che poi consigliava alla sua clientela, una
clientela culturalmente selezionata, composta
principalmente da professionisti, impiegati ed
insegnanti, desiderosi di conoscere il mondo oltre
i consueti confini. Tornava dai suoi viaggi sempre
arricchita di nuovi stimoli e preziose idee, con le
valigie cariche di oggetti a quel tempo introvabili,
testimonianze di terre lontane come l’Australia, il
Sud Africa e il Giappone.
Una particolare spinta al lavoro era stata data
anche dal nuovo direttore, Marcello Zucchetta.
Assieme organizzarono il primo volo charter a
Mosca per il Gruppo Marzotto di Valdagno, noleggiando come agenzia il velivolo che avrebbe trasportato dirigenti e maestranze dell’azienda in
questo viaggio alla scoperta della cultura sovietica. Fu il primo di una lunga serie, si andava delineando infatti una precisa strategia di marketing
che prevedeva la specializzazione nella preparazione di viaggi premio, sempre più vicini alle esigenze delle aziende.
Un’attenzione speciale veniva dedicata anche al
settore crocieristico, divenuto - con la riduzione dei
LUCIA FINCATO E MARCELLO ZUCCHETTA A ROMA
FRANCA C - COSTA CROCIERE
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flussi migratori verso le Americhe e l’affermarsi del
trasporto aereo - un settore d’élite.
La Costa Armatori, compagnia battente bandiera
italiana, nei suoi cantieri di Monfalcone concepì la
Eugenio C, varata nel 1964: era la “nave che anticipava il futuro”. Nel 1968 la Franca C - secondo
importante progetto della stessa compagnia
marittima - inaugurava la formula di viaggio “volo
più nave ai Caraibi”, destinata a cambiare completamente il modo di progettare la vacanza, proponendo crociere brevi all’altro capo del mondo,
ideali per chi aveva grandi ambizioni e poco
tempo a disposizione.
Nonostante i numerosi impegni, Lucia Fincato era
diventata anche consigliere e socia della Eckar
S.p.A. attraverso la quale sognava la nascita di un
turismo inver nale di qualità nell’Altipiano di
Asiago. Un amore per la montagna in inverno che
aveva trasmesso anche alle figlie Daniela e Paola,
le quali si distinsero nelle competizioni sciistiche
entrando a far parte della squadra azzurra e partecipando a numerose gare di carattere nazionale
ed internazionale dove collezionarono notevoli
successi nelle varie discipline.
«I miei genitori assunsero con impegno ed entusiasmo questa nuova sfida. Si sentivano molto
legati a quella terra di montagna e credevano che,
opportunamente attrezzata con stazioni ed
impianti turistici, avrebbe saputo scoprirsi agli
amanti dello sci, sia per la disciplina della discesa
che per il fondo. La zona era divenuta completamente accessibile grazie alla nuova rete stradale
di collegamento con la pianura; esistevano dunque tutti i presupposti per portare il comprensorio
ad un livello qualitativo alto».
Fu un’altra intuizione felice, una visione dello sviluppo del territorio che anticipava i tempi, ma che
sarebbe stata confermata dalla crescita di un turismo specializzato e di sempre maggiore qualità,
quale quello che ha caratterizzato l’Altipiano nei
decenni a seguire.
EUGENIO C - COSTA CROCIERE
25
1970, CONCORDE A FARNBOROUGH, AIR SHOW
26
GLI ANNI SETTANTA
L’EPOCA DELLE RIVOLUZIONI
Con l’avvento degli anni Settanta si profilò all’orizzonte un’epoca di grandi riforme che scardinerà
definitivamente il sistema di un’Italia conservatrice
e borghese a favore di un paese industrializzato e
creativo.
Nel 1975 la maggiore età venne fissata a 18 anni,
e non più a 21 come definiva la precedente giurisdizione. Il mutamento di una società in continua
evoluzione si fece sentire anche a tutti i livelli scolastici. Dalle classi primarie fino all’Università, si
assistette ad una serie ininterrotta di cambiamenti
sia per quanto riguarda le modalità di insegnamento sia per le nuove possibilità di accesso alle
istituzioni pubbliche. L’istruzione, simbolo fino a
quel periodo storico di un privilegio per pochi,
divenne finalmente accessibile a molti. Ciò consentì all’Italia di risollevarsi dalla condizione di
arretratezza che si trascinava dal dopoguerra, e di
affacciarsi al dialogo internazionale accanto ai
paesi più sviluppati del pianeta.
Segno dei tempi, la preferenza per la seconda lingua studiata in classe non andò più al francese,
come era stato per decenni, ma si diffuse l’inglese,
in sintonia con una crescente attenzione ad un
contesto globale, oltre i confini della vecchia
Europa.
Profonde riforme interessarono anche il complesso mondo del Diritto Civile, rivoluzionato da due
referenda popolari che introdussero una legge in
materia di divorzio, mentre con la Legge 194 del
1978 l’interruzione volontaria di gravidanza non fu
più considerata reato. Con il movimento femminista
si diffuse anche una nuova idea del ruolo della
donna: cambiò il diritto di famiglia e la moglie
conquistò gli stessi diritti del marito mentre, per la
prima volta in Italia, nel 1979 ci fu una donna
Presidente della Camera dei Deputati, con l’elezione dell’onorevole Nilde Jotti.
Cambiò radicalmente anche il Diritto del Lavoro,
con la firma, nel 1970, dello Statuto dei Lavoratori
da parte di sindacati, rappresentanti del Governo
e forza lavoro. In questo periodo l’Italia fu attraversata anche da grandi tensioni politiche che
raggiunsero il loro apice con il fenomeno del terrorismo, culminato nel sequestro ed omicidio di
Aldo Moro.
Fu un decennio di cambiamenti profondi, di avvenimenti sconvolgenti e di grandi innovazioni tecnologiche. L’occasione per mettere alla prova le
nuove scoperte arrivate dall’Oltreoceano venne
offerta dalle Olimpiadi del 1972, evento che inaugurò la stagione della grande sperimentazione
tecnologica nel campo della comunicazione di
massa, che confluirà nella nascita di radio e televisioni private e della successiva industria pubblicitaria italiana. Sull’onda di questo nuovo business, videro la luce alcuni tra i tuttora principali
quotidiani nazionali, risposta ad una crescente
richiesta di informazione e di pluralità di voci.
Agli italiani poteva sembrare che qualsiasi sogno
o desiderio potesse essere realizzato attraverso il
lavoro in cinque giorni la settimana, passati in fabbrica o dietro la scrivania di un ufficio. Era l’epoca
di una Italia giovane, dedita al lavoro ma anche al
divertimento; come quello delle vacanze nelle
quali spostarsi non più, solamente, alla volta delle
vicine coste, ma in viaggi alla scoperta degli
angoli più remoti della terra.
«Anche se lo stereotipo del viaggio anni Settanta
è racchiuso nell’immagine di un hippie che gira il
mondo facendo autostop - ricorda Daniela - nacque
nella maggioranza degli italiani l’esigenza di partire
per capire come fosse il resto del mondo e, attraverso il viaggio, capire sé stessi. Se negli anni
Sessanta la nuova frontiera innovativa dei viaggi
aerei si era profilata, fu solo negli anni Settanta
che una reale rivoluzione del trasporto aereo favorì
l’avvio di una fase di internazionalizzazione.
In questo decennio, sempre più turisti europei e
americani di tutte le classi sociali si diressero
verso altri continenti, favorendo la nascita di quello
che in seguito verrà denominato turismo globale».
Nel 1970 entrò in servizio il primo Boeing 747
soprannominato Jumbo, ogni aeroplano trasportava quattrocento persone, con un ampio spazio a
disposizione di bagagli, merce e posta.
L’intrattenimento a bordo diventò uno dei punti di
forza delle compagnie: ad allietare il lungo viaggio
vi erano films, una ristorazione sempre più curata
e le sempre affabili assistenti di volo. Gli anni di
femminismo e di conquiste sociali permisero tuttavia anche a loro di ottenere una serie di diritti
27
per lungo tempo negati: nel 1971 fu abolita la
regola che impediva ad un’assistente di volo di
essere assunta in caso di matrimonio, nel 1974
una delle maggiori compagnie aeree venne
costretta ad aumentare lo stipendio delle donne
per portarlo al pari di quello degli uomini e nel
1975 l’associazione delle assistenti di volo americane ottenne l’abolizione del divieto di maternità.
Nel giro di un decennio, le hostesses si erano
evolute da ragazze copertina a competenti donne
in carriera in un settore in continua evoluzione.
«Una delle compagnie maggiormente in vista in
quegli anni era Air France - ricorda Daniela – che
nel 1976 propose i primi voli sul Concorde, l’aereo
supersonico che nella sua innovazione e nel trattamento extralusso riservato ai passeggeri racchiudeva la quintessenza di quel periodo. Ebbi il
privilegio di volare su quell’aereo straordinario, e
nelle tre ore di viaggio non riuscii mai a staccarmi
dal finestrino, affascinata dallo spettacolo che
rivelava: l’aereo raggiungeva un’altezza di crociera
tale che l’orizzonte terrestre appariva nella sua
sfericità. La compagnia francese fu anche la
prima a proporre la business class, nel 1978,
subito imitata da quasi tutte le compagnie aeree
concorrenti. In questo scenario di forte diffusione
del concetto del volo aereo, si moltiplicarono le
proposte “volo e pernottamento” verso nuove
destinazioni dove l’estate durava tutto l’anno, e
tra queste si privilegiarono le isole Canarie ed
alcune località del Mediterraneo».
L’AVIT si mise prontamente al passo con i tempi
installando nell’agenzia, capofila nel Veneto, il
sistema automatico Arco di Alitalia, un collegamento telematico che oltre a permettere prenotazioni aeree immediate nella rete Alitalia, ATI e in
tutte le compagnie aeree internazionali affiliate
alla IATA, era in grado di gestire una vasta gamma
di servizi, dalle prenotazioni alberghiere fino al
noleggio di vetture in tutti gli aeroporti. I numerosi
viaggiatori che per affari o per turismo si rivolgevano ad AVIT, potevano così contare su una prestazione particolare che prevedeva la registrazione
di un codice accanto al nome e al numero del volo
prescelto; tutti i dati rimanevano memorizzati fino
al rientro del passeggero.
28
PREMIAZIONE E LETTERA DI CONFERIMENTO
A CAVALIERE AL MERITO DELLA REPUBBLICA
nella pagina a fianco
CONCORDE SUPERSONIC, 1970’s STYLE
ARTICOLO DEL GIORNALE DI VICENZA
Questo permetteva la creazione di una sorta di
“mappa” del viaggio, con la quale l’agenzia assicurava la massima assistenza e qualità del servizio.
Per utilizzare al meglio i nuovi terminali IBM, alcuni
dipendenti dell’agenzia seguirono un apposito
corso di formazione a Roma.
Anche in questo AVIT si distingueva tra le attività
imprenditoriali vicentine del settore, e i suoi meriti non mancarono di essere riconosciuti, attraverso onorificenze importanti. A riconoscimento dell’impegno profuso, nel 1975 l’agenzia conseguì
un riconoscimento dalla Compagnia di Bandiera
che la premiò con il “Timone d’Oro Alitalia” e il 28
luglio 1978 Lucia Fincato venne insignita del titolo
di Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana.
In quegli anni si radicò un profondo legame tra
AVIT e le principali aziende del territorio, tanto che
l’agenzia divenne punto di riferimento nella vendita
di servizi a dipendenti e managers. L’obiettivo
aziendale era semplificare e razionalizzare il business travel aiutando le imprese a gestire ed ottimizzare gli spostamenti dei propri dipendenti tramite un flusso accurato di informazioni. Vicenza
stava assumendo le attuali caratteristiche industriali e AVIT, anticipando lo scenario, soddisfaceva
le nascenti esigenze degli operatori economici.
29
VILLAGGIO TURISTICO A ZANZIBAR
30
GLI ANNI OTTANTA
IL VIAGGIO È GRIFFATO
La giusta distanza che ci separa oggi dagli anni
Ottanta è tale da permetterci di considerarli storia
recente, ma pur sempre storia che possiamo
guardare in prospettiva, come a qualcosa di cui
siamo in grado di mettere in relazione antefatti e
conseguenze. Il decennio viene da molti considerato una fase di transizione tra due mondi socioculturali diversi tra loro, che ha vissuto la sovrapposizione di fenomeni novecenteschi in dissoluzione e stimoli del secolo che stava per aprirsi.
Sono stati anni di forte accelerazione, in direzione
di una modernizzazione economica e sociale che
ha portato a forme di sviluppo più vicine alla
nostra contemporaneità.
Se negli anni Settanta nell’interesse delle persone
era centrale la politica, gli anni Ottanta videro un
ripiegarsi della società sulla dimensione privata:
una sfera fatta di famiglia, lavoro - inteso come
carriera e possibilità di avanzamento sociale - ma
anche divertimento e cura di sé. Si affermò il mito,
ancora una volta di ascendenza americana, del
successo economico e professionale che reclamava di essere ostentato attraverso lo stile di vita.
La ricerca della libertà individuale e la realizzazione professionale andarono di pari passo con la
crisi delle grandi ideologie politiche, fino ai crolli
esemplari quali quello del Muro di Berlino, del 9
novembre 1989, successivo allo smantellamento
della cosiddetta “cortina di ferro”. Si assistette
alla fine concettuale della classe operaia, sostituita
dall’ascesa di una neo-borghesia imperniata sul
desiderio di acquisti sempre più accessori e su
una corsa al consumo percepito come manifestazione positiva di benessere.
Furono gli anni della diffusione dei personal
computer e della competizione tra Apple e
IBM/Microsoft, della nascita delle emittenti televisive e delle radio commerciali destinate a scalfire
il monopolio RAI, e dell’ascesa dei grandi marchi
della moda italiana, sinonimi di lusso e qualità.
In questo scenario, per la prima volta, la griffe
divenne un valore fondamentale anche per la
vacanza. Si affermarono così i grandi tour operators, tra cui Club Vacanze - il primo a fare il suo
esordio in Italia sulla scia dell’esperienza internazionale del francese ClubMed - Francorosso,
Valtur e Alpitour, veri e propri produttori dei pacchetti di viaggio venduti in agenzia. Si diffuse il
concetto della multiproprietà, un settore turisticoimmobiliare che attualmente è invece in forte
declino. Esplosero letteralmente i villaggi turistici,
inedita tipologia di offerta turistica e di vacanza.
Il boom venne documentato anche da alcuni film
cult di grande diffusione popolare, quali
“Professione vacanze” con protagonista Jerry Calà,
e “Vacanze di Natale” di Carlo Vanzina, con
Christian De Sica, primo esempio della longeva
serie dei cosiddetti Cinepanettoni.
«Furono proprio gli anni - ricorda Daniela - dei
primi grandi tormentoni pubblicitari, come quello
che compiangeva il malcapitato “turista fai da te”,
ed in effetti quelli che si avventuravano in un viaggio senza il supporto dell’agenzia erano davvero
pochi. Il turista voleva assolutamente la formula
“all inclusive” che permetteva di delegare in toto
l’organizzazione del viaggio e del soggiorno. AVIT
lavorava tantissimo, proponendo i cataloghi dei
“brands della vacanza” più gettonati. Il cliente di
quei tempi aveva le idee chiare sulle destinazioni,
e veniva chiedendo i pacchetti turistici, alla ricerca
della vacanza perfetta, e garantita dai marchi dei
tour operator e dall’agenzia che li vendeva».
Il modello del villaggio si impose quasi come una
filosofia, concepita inizialmente per una clientela
giovane che come prima esigenza aveva l’intrattenimento, il divertimento concentrato negli spazi e
nei tempi di una vacanza a metà tra il relax e l’attività ricreativa. In pochi anni però questo modello
venne apprezzato da una fascia sempre più ampia
di pubblico, anche grazie a strutture sempre più
curate, contesti che favorivano la socializzazione
e formule innovative. A decretare il successo dei
villaggi turistici contribuirono le figure degli animatori, professionisti incaricati di occuparsi del
divertimento e della cura degli ospiti, puntando al
loro coinvolgimento totale, fino a farli divenire i
veri protagonisti degli spettacoli.
La permanenza all’interno del villaggio divenne in
questo modo un’esperienza esclusiva, di grande
impatto emotivo ma anche totalizzante, dal
momento che l’intera vacanza si svolgeva entro i
confini fisici della struttura.
31
«Iniziai a lavorare in agenzia proprio in quegli anni
- prosegue il racconto Daniela - ricordo bene questa nuova fase del turismo che se da un lato peccava per la sua standardizzazione, dall’altro permise di trasformare il viaggio in un’esperienza alla
portata di tutti. Erano vacanze molto modulari,
strutturate su periodi di almeno una settimana, in
modo da consentire un’organizzazione ottimale
anche dei voli charter che viaggiavano a pieno
carico portando gruppi di turisti in andata e in
ritorno dalla destinazione di viaggio».
I tour operators si impegnarono sempre di più nel
creare una rappresentazione coerente con le
caratteristiche della località, puntando sulle tipicità
e sulle tradizione culturali ma, al tempo stesso,
nell’isolare il fruitore del villaggio dall’ambiente
circostante, per preservarlo da una serie di realtà
che potevano arrecare danno alla vacanza quali
malattie, microcriminalità o tensioni politiche.
«Quello della vacanza esotica fu un vero e proprio
mito. Seychelles e Maldive diventarono il sogno di
moltissimi italiani, attirati dai mari tropicali e dal
servizio “tutto compreso” che semplificava note-
LUCIA FINCATO DURANTE ALCUNE PREMIAZIONI
32
volmente il soggiorno. Henry Miller sosteneva che
la destinazione di un viaggio non è mai una località ma piuttosto un modo di vedere le cose.
Parafrasando lo scrittore americano, mi sento di
dire che negli anni Ottanta la tipologia della
vacanza fu lo specchio di un modo di vivere.
Furono gli anni in cui vigeva il motto “dimmi dove
vai, e ti dirò chi sei”, quasi a sottolineare la corrispondenza tra scelta del viaggio e appartenenza
sociale».
Il viaggiare dunque, più che risposta ad un desiderio di esperienze e di conoscenza di luoghi e
culture lontani, nasceva dall’esigenza di dimostrare
l’appartenenza ad un gruppo sociale; si collezionavano mète sempre più distanti ed esclusive
anche per il piacere di stupire il proprio entourage.
Tuttavia, se per molti questo genere di vacanza
rappresentava un obiettivo, per altri rappresentava l’antitesi del viaggio e il lavoro dell’agenzia
consisteva anche nel proporre delle offerte in linea
con le aspettative di questi clienti.
I riconoscimenti non tardarono ad arrivare, furono
gli anni dei numerosi consensi da parte dei clienti
e dei successi pubblici, come quello insignito
dalla Camera di Commercio, che premiò AVIT nel
1985 con la Medaglia d’Oro per il progresso economico. Un premio che ogni anno, dalla fine degli
anni Quaranta, viene assegnato a quattro imprese
per ciascuno dei settori produttivi di agricoltura,
artigianato, commercio, industria, turismo e servizi,
oltre a cooperazione sociale e credito.
Nello stesso anno, l’agenzia vicentina venne riconosciuta da Alitalia come “Migliore Agenzia
Viaggio delle Tre Venezie”, e per questo si aggiudicò il premio “Leonardo”.
Seguirono poi analoghi riconoscimenti, per la
qualità del servizio offerto, da parte di TWA,
Lufthansa, British Airways, Pan Am, Varig,
Meridiana e Touring Club. Del 1986 fu il Premio
Regionale per il Progresso Economico. Il decennio
si chiuse con un’ulteriore riconoscimento da parte
della Camera di Commercio, che il 22 ottobre
1989 consegnò a Lucia Fincato Franceschetti il
Premio “Maestro del Commercio”, un segno tangibile che anticipò i festeggiamenti dei quarant’anni
di attività nel settore.
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IMMAGINE PROMOZIONALE DI LUFTHANSA CITY CENTER
34
ANNI NOVANTA
LO SVILUPPO DELLA LOW COST PHILOSOPHY
L’ultimo decennio del Novecento non si aprì sotto
i migliori auspici; il 17 gennaio 1991 le truppe
americane, supportate dai contingenti della coalizione, penetrarono in territorio iracheno dando inizio ad una serie di operazioni di terra ed aria
denominate Operation Desert Storm. I missili della
Guerra del Golfo colpirono anche il turismo di
tutto il mondo. Paura di volare, timore del terrorismo, crisi economica minacciavano di far crollare
tour operators, compagnie aeree, albergatori e
villaggi vacanze.
Se il conflitto aveva significato il tracollo del turismo nei paesi confinanti con il teatro bellico o
nelle mète lontane, di contro si avviò un inaspettato rilancio del turismo interno e tra paesi limitrofi,
considerato un modo di viaggiare più tranquillo e
sicuro. I viaggiatori italiani cominciarono a considerare con occhi diversi località del nostro paese
o europee, e chi aveva il polso della situazione in
quel periodo ipotizzò addirittura un ritorno alle
vacanze in automobile, verso destinazioni raggiungibili in poche ore.
Parallelamente ai grandi avvenimenti internazionali, iniziò a svilupparsi un atteggiamento critico
nei confronti del turismo di massa e sebbene, fortunatamente, i timori del 1991 non presero forma
e le persone ripresero a viaggiare, qualcosa era
irrimediabilmente cambiato. Gli anni Novanta avevano posto il mondo occidentale di fronte ad
un’innegabile crisi economica, che si dimostrerà
straordinariamente lunga e complessa. Lo stile di
vita degli anni Ottanta venne messo in discussione a vantaggio di un altro, più propenso alla parsimonia; il futuro non appariva più così roseo e si
cominciava a correre ai ripari anche introducendo,
nelle proprie scelte quotidiane, il concetto del
risparmio.
Si fecero dunque spazio alcune iniziative strutturate per rispondere a questo nuovo trend di mercato, e prime fra tutte attecchirono quelle relative
al low cost.
Inizialmente, il termine low cost fu coniato per
identificare prodotti proposti al pubblico ad un
costo particolarmente basso. Si trattava di beni e
servizi di qualità inferiore, grezzi oppure semplicemente venduti senza servizi accessori.
La filosofia del low cost si trasformò in un vero e
proprio segmento di mercato quando la catena di
mobili Ikea la adottò per vendere in tutto il mondo
le proprie soluzioni “fai da te”, prive di assistenza
al montaggio e al trasporto. Iniziò quindi ad
espandersi trasversalmente anche nei nuovi mercati liberalizzati, come quello del trasporto aereo,
favorita anche dalle trasformazioni del mercato
del lavoro, dalla rinascita di una cultura del viaggio
e dall’avvento di Internet.
Pioniere di questo trend fu Tony Ryan che con la
compagnia Ryanair, impose un nuovo concetto del
volo che prevedeva un vasto ridimensionamento
dei servizi a bordo con la conseguente diminuzione
del costo del biglietto.
«In pochi anni - ricorda Daniela Franceschetti questa voluta disattenzione verso ogni esigenza
del passeggero, che esulasse dall’essere trasportato da una parte all’altra del mondo a prezzi
stracciati, si dimostrò più che vincente, tanto da
innescare un fenomeno che ha rivoluzionato il
modo di viaggiare. Un po’ come accadde in Italia
negli anni Sessanta e con il boom della motorizzazione di massa, i vettori low cost hanno battezzato
al volo migliaia di nuovi passeggeri».
Sulla falsariga di RyanAir nacquero numerose
compagnie a basso costo, e tutte proponevano i
medesimi standard di servizi e le stesse strategie
di gestione, come ad esempio il multiruolo dei
propri assistenti o l’operatività su aeroporti
secondari, in grado di offrire condizioni più vantaggiose.
«Quando il mezzo per raggiungere la mèta non
costituì più il problema principale, la low cost philosophy iniziò ad interessare anche gli altri settori
del viaggio, primo fra tutti quello ricettivo in cui
alcuni servizi, prima considerati standard, si trasformarono in optionals.
Il nuovo obiettivo dei viaggiatori era dunque quello di rinunciare al superfluo e riuscire a realizzare
un buon viaggio spendendo poco. Il concetto di
“giusto prezzo”, in ogni caso, dipendeva da una
serie di fattori strettamente legati alle aspettative
personali di ogni singolo viaggiatore, e così
l’agenzia si strutturò per offrire proposte su misura,
impegnandosi a costruire un prodotto flessibile ed
35
VOLO DEL BOEING 747 CON LE FRECCE TRICOLORI
ALA DI UN AEROMOBILE (BOEING 747) DELLA COMPAGNIA ALITALIA
36
adattabile a qualsiasi tipo di richiesta, comunicando correttamente al cliente che cosa implicasse
ciascuna scelta, in termini di servizi messi a
disposizione. Diventò essenziale una completa
condivisione di ogni progetto di viaggio, che
doveva sempre più essere dettagliato in ogni sua
caratteristica».
Quando viaggiare divenne accessibile a tutti,
cambiò di conseguenza anche l’approccio con il
viaggio. Se negli anni Ottanta la maggior parte dei
turisti si recava in un luogo solo perché era di
moda, negli anni Novanta si fece strada la consapevolezza che ormai il mondo era alla portata di
tutti, bastava solo decidere dove voler andare. Nel
giro di pochi anni si impose anche un altro genere
di offerta, quella del last minute.
«I viaggi last minute furono possibili con l’avvento
di Internet. La modalità prevista da questa nuova
tendenza - l’accettazione all’ultimo momento di
pacchetti di viaggio - aggiunse un’altra fetta
importante all’offerta turistica. Sebbene il pacchetto venisse inserito direttamente in Internet
dagli operatori turistici, la nostra mediazione di
agenzia risultava importante per affiancare il cliente nella scelta e per verificare l’effettiva qualità
dell’offerta».
La formula del last minute è proseguita inalterata
fino ad oggi, radicandosi talmente nelle scelte dei
viaggiatori fino a divenire, per alcuni di essi, un
vero e proprio modo di viaggiare. Sulla scia del
last minute, giunsero altre tendenze come quella
del last second, che accorcia ulteriormente il
lasso di tempo tra il lancio dell’offerta e la data di
partenza. In perfetta antitesi con queste modalità
di prenotazione, si è sviluppata poi l’offerta
advance booking, che consiste nella pianificazione
delle vacanze con mesi di anticipo per ottenere
condizioni convenienti.
«Per rispondere a richieste sempre più articolate,
l’agenzia indirizzò sempre di più il proprio ruolo
verso la consulenza, per garantire al cliente un
“valore aggiunto” rispetto alle offerte a portata di
qualunque computer. Questo avvenne soprattutto
nel segmento del business travel, dove vigono
dinamiche diverse, e per certi versi più complesse,
rispetto al leisure travel. L’imprenditore del nostro
territorio aveva infatti maturato l’esigenza di viaggiare, e aveva colto la sfida sia della delocalizzazione sia dell’internazionalizzazione; necessitava
perciò di servizi sempre più personalizzati».
Il legame di AVIT con il mondo imprenditoriale
vicentino, già realtà consolidata, in quegli anni
divenne un pilastro portante dell’attività. L’agenzia
si strutturò, di conseguenza, investendo molto
nell’offrire un servizio mirato a chi si muoveva per
lavoro e si specializzò nella capacità di intervento
per il problem-solving. L’impegno profuso nella
personalizzazione del business travel, l’esperienza
storica, l’eccellenza qualitativa dei servizi, la formazione permanente e l’investimento costante in
risorse umane e innovazioni hanno permesso ad
AVIT di essere riconosciuti da Lufthansa City
Center - il migliore network globale specializzato
nel travel corporate e nei costs management come un partner di qualità e di essere inseriti nel
suo prestigioso gruppo.
Nel 1991, assieme ai principali enti pubblici e
organismi privati, AVIT partecipò alla costituzione
del consorzio Vicenza è, che attraverso i suoi soci
coordina la promozione, la commercializzazione, la
formazione professionale e l’accoglienza turistica.
Con la partecipazione a fiere specializzate,
workshop ed Educational Tour, tramite il consorzio
AVIT iniziò a proporre soluzioni di turismo incoming a tour operator italiani e stranieri, finalizzate
alla promozione del territorio veneto e di Vicenza
come sede congressuale e di manifestazioni turistiche, occupandosi inoltre dell’accoglienza e
gestione degli ospiti.
La crescente specializzazione di AVIT in movimenti
incoming e outgoing le permise di essere ancora
una volta riconosciuta come un partner qualificato
e affidabile anche dalle più importanti imprese e
realtà associative del territorio.
37
DANIELA FRANCESCHETTI NEL SUO UFFICIO
38
DAL DUEMILA AD OGGI
GLI OBIETTIVI DEL NUOVO MILLENNIO
Il passaggio del Millennio venne festeggiato con un
viaggio assieme a tutti i componenti dell’agenzia,
come già era successo per quello dei quaranta,
solo che in questo caso si svolse a Berlino.
«Questo modo di festeggiare - racconta Daniela è diventato una vera tradizione di AVIT, anche il
recente sessantesimo della fondazione ha fornito
l’occasione, per titolari e collaboratori, di condividere momenti sereni a bordo di una crociera MSC.
Abbiamo sempre voluto conferire importanza ai
traguardi raggiunti coinvolgendo i nostri collaboratori, e non avrebbe senso fare diversamente
perché i successi raggiunti dall’agenzia sono il
frutto di un lavoro di squadra e di una passione
condivisa». Lucia Fincato, pur diradando la sua
partecipazione alla gestione dell’agenzia, era
costantemente presente nel suo ufficio, con i suoi
consigli e il suo esempio.
AVIT si preparava inoltre ad affrontare il terzo
cambio generazionale; sotto la direzione di
Daniela iniziavano a muovere i primi passi le sue
figlie Francesca e Valentina, nonché Vittorio,
attualmente responsabile dell’agenzia.
«Mia madre era molto orgogliosa di quanto aveva
costruito - sottolinea Daniela - ed era felice che il
suo lavoro proseguisse attraverso di me e i suoi
nipoti. Ci ha lasciato nel 2007, donandoci, come
eredità, una grande lezione di vita. Ha attraversato
quasi un secolo di storia, affrontando la vita con
grinta inesauribile e una sconfinata curiosità.
L’entusiasmo con cui ha affrontato le sfide e i
momenti difficili, che non sono certo mancati,
continuano ad essere di esempio per tutti noi.
Donna esigente, ma anche molto generosa, ha
saputo creare un gruppo affiatato dando un imprinting indelebile allo stile di lavoro dell’agenzia».
Nel 2004, in occasione del World Travel Market di
Londra, lo stile e la competenza di AVIT venne
riconosciuta attraverso il “Crystal Award” - ambito
premio assegnato alle migliori quattro agenzie
scelte a livello mondiale da una giuria intercontinentale.
L’esordio del nuovo millennio non fu tranquillo;
l‘attentato dell’11 settembre 2001 aveva compromesso pesantemente il mercato del turismo
internazionale, e un ulteriore scossone venne dai
successivi attacchi terroristici ai paradisi delle
vacanze, nel 2002, quando furono colpiti, a breve
intervallo, l’isola di Bali ed il Kenya. Per AVIT fu un
momento particolarmente delicato.
«Per almeno due mesi dopo l’attentato di New
York - ricorda Daniela - i telefoni dell’agenzia
quasi non squillarono. Era una situazione al limite
dell’assurdo, pareva che tutto il mondo si fosse di
colpo fermato, ma a poco a poco la paura scemò,
e il mondo ricominciò a viaggiare. Il primo a
riprendere fu il settore leisure travel, seguito dal
business travel».
In quegli anni nacquero due marchi che indicavano
un’ulteriore specializzazione dell’agenzia: AVIT
Congressi e AVIT Incentives, attraverso i quali
l’agenzia mise a disposizione delle imprese tutte
CON LE FIGLIE FRANCESCA E VALENTINA
ALLA CONSEGNA DEL CRYSTAL AWARD, LONDRA, 2004
39
le competenze necessarie a studiare, progettare,
realizzare e gestire un evento, quale un congresso, un meeting aziendale, un seminario, oppure
occupandosi di viaggi premio, viaggi per il lancio
di prodotti ed eventi sociali. Di diversa natura, ma
con caratteristiche ben complesse ed articolate, è
la specializzazione nei servizi relativi al matrimonio. Andando ben oltre la semplice lista nozze,
che in quegli anni vedeva l’affermarsi della moda
di includere anche il viaggio di “Luna di miele”
nell’elenco dei regali agli sposi, AVIT iniziò ad
occuparsi della gestione di tutta la parte logistica
legata alla cerimonia.
«Iniziò ad essere importante mettere a disposizione
un’esperienza professionale per curare la scelta
della location, o la sistemazione per gli ospiti, fino
ad arrivare ad organizzare eventi molto particolari,
in linea con le richieste sempre più singolari degli
sposi, desiderosi di alternative sui generis e fuori
dall’ordinario per quello che sarebbe diventato,
davvero, “il giorno più bello della loro vita”».
Il percorso di AVIT proseguì quindi nella direzione
di un impegno costante nell’affiancare il cliente
nelle sue scelte, proponendo percorsi e soluzioni
sempre più cuciti addosso, e seguendo ogni progetto con la cura di un artigiano, nel desiderio di
creare sempre più viaggiatori e meno “turisti”.
Nacquero così i viaggi ideati da AVIT stessa, che
ne cura ogni dettaglio e ne testa direttamente la
qualità, presentando ai clienti le nuove proposte in
serate di presentazione.
«Prima di ogni viaggio - spiega Daniela - teniamo
degli incontri in agenzia per far conoscere la storia,
la cultura e le tradizioni dei luoghi che si visiteranno, in modo da far entrare il cliente nello spirito
del viaggio».
In sessant’anni di attività, l’agenzia si è evoluta
sino a diventare un operatore completo del turismo, che fonda la sua specificità sulla cura del
servizio e sulla qualità totale delle proposte, per
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Ebbero inizio i Grand Tour, la cui tendenza andò
scemando alla fine dell’Ottocento a favore del concetto moderno di vacanza. Fu un certo Thomas
Cook che riconobbe la necessità di creare la prima
agenzia in grado di organizzare viaggi di svago.
Che nasca dal desiderio di migliorare sé stesso, da
semplice irrequietezza o dal bisogno di conoscere
luoghi diversi, di certo viaggiare migliora la sensibilità di ognuno di noi, nella misura in cui permette
di confrontarsi con il diverso e di sviluppare la
capacità di rispondere ai cambiamenti e ciascuno
di noi può considerarsi turista o viaggiatore.
Ogni forma di viaggio, dall’antica e perigliosa traversata per mare fino al nuovo “navigare” in
Internet è una rappresentazione della ricerca di
una felicità che fa parte della natura umana, una
passione che divora ed arricchisce allo stesso
tempo. Come diceva Oscar Wilde «C’è solo una
cosa peggiore del viaggiare, ed è il non viaggiare
affatto».
rispondere ad un bisogno, quello di viaggiare, che
è connaturato all’uomo, e che lo accompagna da
sempre. Tra le infinite motivazioni che spingono le
persone verso terre sconosciute possiamo immaginarne una comune, riconducibile al puro piacere
di viaggiare. Specie migrante e nomade, sin dalla
preistoria l’uomo ha compiuto grandi spostamenti,
motivati innanzitutto da necessità primarie, ma poi
anche dal commercio, dalle conquiste e le esplorazioni, fino alle esigenze religiose, che diedero
vita ai pellegrinaggi.
L’arretratezza di mezzi e la scarsità di conoscenze non ha mai impedito ai viaggiatori di intraprendere imprese incredibili. Con il miglioramento
della tecnica e delle condizioni di trasporto, e con
l’accrescere delle conoscenze specifiche - che
portarono allo sviluppo di carte geografiche e
guide di viaggi - nel XVII secolo l’aristocrazia iniziò a vedere nella pratica del viaggio un motivo di
elevazione sociale.
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VITTORIO CARTA E DANIELA FRANCESCHETTI
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POSTFAZIONE
di Vittorio Carta
Solo da pochi anni sono entrato a far parte del gruppo di lavoro che ha fatto crescere l’agenzia di famiglia.
Il tema del viaggio da sempre accompagna la mia esperienza personale, di vita, ancor prima che professionale.
Il presente del mondo del turismo, e dell’agenzia di viaggio, si chiama Internet. Né strumento miracoloso, né tantomeno concorrente, il web è complementare al lavoro dell’agenzia che è fatta, con sempre maggiore contrasto
con un mondo di tecnologia friendly, di rapporti personali, di un “software umano” sempre più insostituibile.
Internet è freddo, è oggettivo e funzionale; il viaggiatore italiano, turista o business, chiede invece la consulenza,
la personalizzazione, il servizio completo e su misura, un tipo di conoscenza delle preferenze che eccede i
sistemi di CRM (Customer Relationship Management), su cui pure si basa.
“Il piacere di viaggiare” inizia proprio in agenzia, con il confronto, la discussione, la ricerca e la scelta della
vacanza che si sta profilando nell’immaginazione del cliente e a cui l’agente di viaggio dà un contributo professionale. Internet permette di conoscere, di arrivare in agenzia preparati, ma d’altra parte lascia sempre un
dubbio sulle fonti da cui si attingono le referenze relative ad una destinazione. L’agente di viaggio ha il compito
di portare in equilibrio le molte informazioni che si raccolgono, bilanciandole con la conoscenza non mediata dei
gusti del viaggiatore.
Per questo, da molto tempo, e con sempre maggiore enfasi, in AVIT chiediamo un feedback al cliente tornato
da un viaggio. Non è solo una normale azione di post-vendita, è il momento di verifica, di conoscenza e approfondimento dei gusti, dei desideri e delle aspettative del nostro interlocutore. Ogni viaggio terminato rappresenta un’esperienza vissuta, e valutata, che ci permette di aggiungere un tassello in più al mosaico del suo
gusto, per poter dare consigli sempre più appropriati nelle proposte successive.
Accompagnare il viaggiatore nell’organizzazione e nello svolgimento del viaggio significa per noi prenderci cura
di ogni sua necessità, anticipando le opzioni e le possibili soluzioni, restando sempre a disposizione per dare
risposte anche agli imprevisti. Un rapporto diretto, su cui costruiamo l’autorevolezza del nome AVIT.
Oltre la programmazione dei tour operators, AVIT costruisce alcuni viaggi esclusivi che vengono proposti per
piccoli gruppi e presentati con serate su invito. Ogni catalogo è semestrale ed include una decina di viaggi.
Quella del viaggio in gruppo è una tendenza, o forse una contro-tendenza, del periodo più recente che va nella
direzione opposta alla filosofia Internet. La tecnologia ti rende indipendente, forse troppo. Non facilita la condivisione che invece è un obiettivo fondamentale per quanti si organizzano per partecipare ad un viaggio in
compagnia. Ci pare, in questo, di leggere un desiderio di aggregazione, sulla base del comune interesse per
la vacanza o per la destinazione, che contrasta con un contesto sociale dominato da relazioni one-to-one, e
da legami familiari meno solidi di un tempo.
A questo ambito si dedicano cinque persone del nostro gruppo di lavoro, mentre otto si occupano del turismo
classico e altre sette sono specializzate nel business travel, un settore di punta che si basa sulla storia dell’agenzia e sulla reputazione ultradecennale. In questo settore è fondamentale l’orientamento al servizio, caratteristico dello stile AVIT che gestisce l’intera trasferta “da casa a casa” occupandosi di ogni segmento del viaggio e seguendo il cliente come presenza costante, su cui fare affidamento in ogni circostanza.
Per fare questo sono necessarie una grande flessibilità, da parte nostra, per affrontare ogni cosa in tempi brevi
e con efficienza, e una padronanza delle tecnologie di comunicazione mobile, come gli smartphones, che permettono di mantenersi in contatto costantemente. AVIT è Lufthansa City Center (LCC), un marchio di qualità
che certifica uno standard condiviso, di altissimo livello, per l’assistenza del viaggiatore business, attraverso
servizi online, hotline telefonica in ogni momento, e la consulenza degli account managers specializzati.
A consolidare la nostra posizione di prestigio, il 26 novembre 2010 abbiamo conseguito il premio “Omaggio al
Lavoro e al Progresso Economico” indetto dalla Camera di Commercio di Vicenza.
La sfida più impegnativa oggi è quella contro il tempo, un fattore determinante e sempre meno controllabile. In
questo mondo rapido, la tecnologia ci è alleata, ma non sostituisce il contatto diretto tra le persone.
Ecco perché si viaggia ancora molto, anche nel business. La necessità di incontrarsi è connaturata all’uomo.
E ancor oggi è importante scoprire, una volta in più, il piacere di viaggiare.
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ANNIVERSARI AVIT: 40° LONDRA, 1990 - 50° BERLINO, 2000 - 60° CROCIERA MSC, 2010
I successi ottenuti nel corso di questi primi sessant'anni sono il frutto di un lavoro di squadra costante e di
un'unica passione, condivisa insieme.
Un particolare ringraziamento a:
Antonio Spiller, Rosa Gentilini, Luciana Bottazzi, Oscar Gardin, Leda Fanin, Isidoro De Rugna, Pino Conte,
Maria Marangoni, Loretta Gobbo, Gabriella Rigon, Renato Agostini, Lorenza Fincato, Rossella Bartolomeo,
Daniela Bonetto, Marcello Zucchetta, Alberto Zucchetta, Francesca Schiavo, Patrizia Dei Tos, Paola Rubin,
Paola Alessio, Annalisa Ponchia, Nicoletta Mazzoretto, Monica Vaccari, Maria Grazia Gatto, Roberta Toth,
Monica Perotti, Enrico Taglieri, Maurizio Castagna, Sabrina Scavazza, Cinzia Brescelli, Monica Lotto, Fabio
Bortolozzo, Elena Zoggia, Luca Roncari, Francesca Caneva, Marina Paola Dalla Pozza, Stefania Solacini,
Michela Dalla Pozza, Stefania Adami, Anna Carlassara, Roberta Costantini, Silvia Fornaini, Hirono Konishi,
Barbara Zanguio, Marianna Dal Zovo, Gabriella Dalla Riva, Alessia Maistro, Gloria Broggiato, Elena Zanella,
Azalea Carollo, Maurizio Busato, Silvia Ciman, Annarita Zaro.
La vita di Lucia Fincato e Lino Franceschetti è stata un viaggio, un bel viaggio vissuto insieme.
Negli anni Sessanta, Lino Franceschetti divenne concessionario del marchio Renault e trasferì la sede da Viale
Roma ai locali appena costruiti vicino a Ponte Alto, dove l'attività prosegue ancora oggi grazie alla figlia Paola
con il marito Fabio Rigoni e i loro figli.
Per poter raccontare una parte della loro storia, in questa occasione Daniela e Paola hanno condiviso nuovamente le due realtà.
grazie al contributo di
Concessionaria Renault
Rigoni - Franceschetti
Vicenza Thiene