La nuova legge regionale proposta dalle famiglie dell`Umbria

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La nuova legge regionale proposta dalle famiglie dell`Umbria
RELAZIONE DELL’AVV. SIMONE PILLON
Ringrazio tutti voi, ringrazio gli organizzatori del convegno che hanno pensato di lasciare questo
momento anche specifico sulla realtà della regione Umbria. Ringrazio soprattutto i relatori che mi
hanno preceduto, particolarmente le relazioni di ieri e anche quella di questa mattina del prof.
Belletti, dalle quali attingerò e sulle quali anche fonderò una parte del discorso che voglio
presentarvi questa mattina. Poi cercherò di condire il tutto con alcuni dati statistici, perché alle volte
dire delle cose è difficile poi magari da credere, ma poi quando si vedono i numeri bisogna
arrendersi alla realtà dei fatti.
Il fatto che la famiglia oggi sia sotto attacco credo che non sia una verità che abbiamo scoperto solo
noi del Forum delle Associazioni familiari, ma tutti noi che abbiamo una famiglia lo possiamo
verificare ogni giorno.
Rifacendosi alla bellissima relazione di ieri della professoressa Siviglia, che ci ha dato delle
pennellate splendide su come la famiglia sia in fondo un‟icona della Trinità, per noi credenti è
un‟immagine della Trinità nel mondo, questi attacchi non ci devono meravigliare. Il fatto che noi –
nel momento in cui diventiamo famiglia, nel momento in cui quindi creiamo un progetto condiviso
con nostro marito, con nostra moglie, aperto alla generazione di figli – diventiamo parte di
quell‟economia della Trinità che abbiamo sentito benissimo ieri, ovviamente ci espone ad un
attacco, che è un attacco che viene dal maligno, è un attacco che viene dal male, che ovviamente
non può accettare, non può tollerare che ci sia nella nostra società un‟immagine della Trinità,
un‟immagine di Dio.
Però, in una qualche misura, anche noi siamo complici di questo attacco. Cioè anche al nostro
interno, quante volte nelle nostre famiglie ciascuno di noi si prende la responsabilità di voler andare
fino in fondo su una questione, di volere pretendere dalla moglie, dal marito, dai figli, dai genitori
un qualche cosa, di essere elemento di rottura all‟interno della famiglia.
E poi quante volte decidiamo di tacere davanti ad attacchi che vediamo si propongono,
specialmente contro le famiglie più in difficoltà.
Perché dico tutto questo? Io faccio, come ha detto mons. Peri, il lavoro dell‟avvocato, e ogni giorno
sono a contatto con una situazione in cui vedo le famiglie più deboli, più distrutte, più disastrate,
quelle toccate dalla separazione, quelle che giungono al divorzio, quelle che ormai hanno fallito –
ad occhi umani – il loro progetto. E questa cosa mi ha interrogato. Cioè com‟è possibile che due
persone che si erano promesse fedeltà, amore eterno, reciproco, che il giorno del matrimonio (e ci
son le fotografie) erano sorridenti, ecc., com‟è possibile che siano state macinate, distrutte, portate
dalla società o da loro stessi, al punto di dire no a tutto questo, al punto da arrivare a cattiverie
incredibili. Perché io lo dico sempre: ci sono dei demoni specializzati in diritto di famiglia: le
cattiverie che vedo, o che tentano di farsi o che si fanno, tra marito e moglie quando si arriva alla
separazione, non le vedo neppure nelle cause di diritto penale.
Ma perché? Perché questa cattiveria evidentemente non può venire dalle persone, ma – lo dicevo
prima – viene da una malvagità che ci supera.
Eppure, se ci pensiamo, tutti noi siamo permeati, nelle nostre relazioni, dal tipo di relazione che
abbiamo appreso nella famiglia; tutti noi, quando veniamo al mondo, instauriamo una relazione:
prima con la madre, immediatamente, ancor prima di nascere direi, poi con il padre, poi con i
fratelli…; impariamo, tutto il nostro essere è direi permeato dal modello relazionale che abbiamo
appreso nella famiglia. Quindi quanto danno può fare alle persone una crisi della famiglia? Il
vedere le famiglie che vanno in frantumi, ma anche il vedere una donna che decide di non mettere
al mondo un figlio, quanto danno fa anche a me, che semplicemente apprendo questa notizia,
quando nel mio interno, nel mio essere profondo sono intessuto, sono permeato – come abbiamo
sentito ieri – sono quasi stampigliato come un‟immagine, sul modello della Trinità?
Cercherò quindi questa mattina, insieme a voi, una breve disamina di questo attacco, anche per
capirlo, per comprenderlo, e poi per metterci in campo e vedere se possiamo fare qualche cosa.
Voglio fare una premessa che è fondamentale, vedo qui appunto tanti amici che si occupano di
amministrazione, di salute, li ringrazio: quello che io dirò non vuole essere in alcun modo un
puntare il dito contro qualcuno o contro qualcosa. Il mio discutere insieme a voi oggi, con i dati che
adesso andremo a presentare, vuole essere semplicemente un prendere contatto con la realtà delle
cose, e poi, insieme a chi la pensa come noi, almeno in parte, partire per costruire qualche cosa di
più.
1) Penso che l‟attacco oggi alla famiglia abbia un primo aspetto, che è quello ideologico, che cerca
cioè di colpire la natura della famiglia in quanto tale. Fino a qualche anno fa non ci si poneva
neppure il problema su che cosa era la famiglia, su che cosa sia la famiglia. Oggi invece questo
attacco profondo e destrutturante, a mio avviso, è anche il più subdolo, perché poi è causa di
tutti gli altri, che andremo a vedere dopo, e pone l‟accento sulla natura stessa della famiglia.
Tant‟è vero che non si parla più di famiglia ma di famiglie, perché – in base a quello che io
ritengo, in base a come io la penso – posso costituire a mio piacimento un modello da gabellare,
da far passare come famiglia, che però non è quello della famiglia che ciascuno di noi porta in
sé.
2) Un secondo tipo di attacco è, direi, più pratico, è quello che accennavo prima, e cioè è un
attacco all‟unità della famiglia. Perché quando io riesco a disgregare l‟unità della famiglia – ci
ritorneremo poi su ognuno di questi punti – ho liberato delle energie negative fortissime, perché
tutto quanto l‟uomo porta in sé nel momento in cui si apre all‟amore, si apre all‟altro, si apre al
passare al diverso da sé, all‟altro da sé, che poi è la relazione appunto, quando viene deluso,
tradito, distrutto (usate la parola che volete) tutta questa potenzialità positiva diventa
potenzialità negativa, avvilisce la persona e la distrugge.
Molto semplicemente: tutti voi purtroppo – dopo vedremo le statistiche – avrete certamente in
famiglia, o tra amici, parenti, conoscenti, persone che hanno vissuto o che vivono la situazione
del disastro familiare, della divisione, e sapete di che cosa sto parlando, di quanto questo vada
davvero a colpire, lo ripeto, le corde più profonde dell‟essere umano. Ma questo ha delle
conseguenze sociali, e lo vediamo dopo.
3) Il terzo attacco è un attacco più aperto, di tipo economico: fare famiglia oggi costa tantissimo.
Non si capisce perché la gente ancora si ostini a sposarsi quando, stando semplicemente in una
situazione di convivenza, non si ha il cumulo dei redditi e la pressione fiscale è molto più bassa.
Quindi tutti coloro qui che sono sposati, fanno male ad essere sposati da un punto di vista
fiscale. Ve lo dico: separatevi. Me l‟ha detto il mio commercialista: „ma cosa sei sposato a fare?:
ti separi, fai una separazione fittizia, continui a stare con tua moglie, però intanto fiscalmente
siete due realtà distinte e pagate le tasse in modo diverso, e ne pagate molte di meno; la moglie
figura col figlio a carico, quindi riusciamo a iscrivere la bambina finalmente all‟asilo nido, ecc.‟.
C‟è tutta una serie di attacchi economici alla famiglia, per cui non conviene più!
4) Un quarto attacco – non sono in ordine ovviamente di importanza – è quello alla vita. La vita di
per sé è oggetto di un attacco anche a se stante, ma nella famiglia l‟attacco alla vita è anche in
questo caso devastante. Mi sto riferendo ovviamente al problema dell‟aborto, ma non solo:
stiamo già in preallarme per discutere del problema dell‟eutanasia, che è pure un problema di
attacco alla vita, ed è pure un problema che coinvolge la famiglia in prima persona.
Questa non è una statistica che posso presentarvi, perché non ha nulla di scientifico, ma in dieci
anni che mi occupo di Diritto di famiglia, dietro a otto separazioni su dieci, c‟è un aborto. Cioè
l‟attacco alla vita poi si riverbera anche come attacco alla famiglia.
5) Un quinto attacco, è un attacco direi sul fronte educativo. L‟ha detto bene Francesco Belletti
prima: c‟è quasi un rimpallare…: la scuola che dice: „i genitori non son più capaci di educare,
me ne occupo io‟, e quindi espropria; c‟è un‟espropriazione dei diritti di educazione che pure i
genitori hanno, in virtù del loro essere genitori, in vantaggio di altri soggetti. E come lo fanno?
Tutti noi abbiamo quotidianamente un milione e mezzo di cose da pensare, arriviamo a sera…
buttiamo la famosa borsa, come è stato detto prima, e vorremmo solo staccare la spina. No, non
staccate la spina, chiedete i quaderni ai vostri figli, andate a vedere che cosa insegnano ai vostri
figli. Perché guardate che c‟è un attacco furibondo su questo aspetto.
Ma adesso li esaminiamo tutti insieme.
1) Vorrei partire dall‟attacco ideologico, il primo che abbiamo esaminato, e vederne cause ed
effetti.
Il fatto di per sé di presentare modelli alternativi alla famiglia o di pseudofamiglia, cosa porta in
sé come prima conseguenza? Cioè la cosiddetta precarietà affettiva, il fatto che io mi sposo a
tempo, che sto insieme con una persona finché mi va. Di per sé, io non formulo alcun giudizio,
o non ho alcuna intenzione di puntare il dito contro questo o contro quello perché è andato a
convivere: scelta sua, nessuno deve mettere in discussione questo.
Ma è chiaro che – se io istituzionalizzo questo modello – sto proponendo alle giovani
generazioni una possibilità deresponsabilizzante. Cioè il fatto di fare famiglia non è più
quell‟impegno serio, profondo, pubblico, in cui la persona si espone. Il giorno del matrimonio
tutti noi che siamo sposati ci siamo esposti pubblicamente, davanti a un sacco di gente, ci
abbiamo messo la faccia, e abbiamo detto: “io resterò con questa donna finché morte non ci
separi”: è chiaro che è un impegno, forse è l‟impegno, quello più grande che ciascuno di noi ha
assunto nella sua vita, insieme all‟Ordine sacro – lo devo dire ovviamente, vista la folta
rappresentanza… Ma è chiaro: i due sacramenti della vocazione cristiana: il matrimonio e
l‟Ordine.
Se io vado a disinnescare questo, che è l‟ultimo direi dei riti di iniziazione che è rimasto anche
nella nostra società postmoderna, occidentale, ho tolto completamente alle giovani generazioni
la possibilità di farsi carico delle loro scelte, e sto dicendo alle nuove generazioni: quello che tu
scegli non è importante, le tue scelte non hanno nessuna importanza, perché tanto oggi la fai e
domani la disfi. Ma è chiaro che se stiamo parlando di coesione sociale, se stiamo parlando di
un tessuto sociale che deve reggere, questa ideologia mira esattamente a distruggere questo
tessuto sociale. Perché se le nostre famiglie, di noi che siamo qua oggi, 600/700 persone, non lo
so, 300 famiglie, fossero fondate sulla precarietà affettiva, avremmo probabilmente
600/700/1000 figli che sono a loro volte in una situazione di totale precarietà affettiva, e
avremmo un tessuto sociale in questa situazione.
Altra conseguenza, causa e conseguenza dell‟attacco ideologico, è la totale mancanza – anche
nella nostra regione Umbria, ma non è solo un problema umbro – di politiche familiari. Questo
non significa… lo preciso, perché i nostri amministratori non è che sono voglio dire dei…,
fanno il loro lavoro e cercano di farlo probabilmente al meglio. Il problema è che si fanno in
Umbria politiche sociali anche di qualità, ma la politica sociale ha come destinatario il singolo:
io tutelo il disabile, non mi occupo della famiglia del disabile, che porta il carico del disabile; io
tutelo l‟anziano e in quanto tale lo metto a Fontenuovo o non so dove, ma non mi occupo della
famiglia, che in quanto tale invece preferirebbe magari farsi carico lei dell‟anziano, essere
messa lei nelle possibilità di gestirselo e di tenerlo a casa: questa è politica familiare. La
differenza tra politica sociale e politica familiare è molto semplice: la prima ha come
destinatario il singolo, l‟individuo; la seconda ha come destinatario il nucleo familiare nella sua
soggettività pubblica.
Altra causa ed effetto dell‟attacco ideologico – in questo caso è più una causa direi che un
effetto – è la leggenda nera che è in circolazione sulle violenza in famiglia. Permettetemi, devo
dirlo, leggete i giornali: in prima pagina c‟è sempre il marito, il mostro, che uccide la moglie,
che eccetera eccetera. Sembra che la famiglia sia luogo della violenza, sembra che in famiglia
noi non passiamo altro che il giorno ad aspettare arrivar la sera per poter finalmente fare a botte
con la moglie o col marito, o per potere disintegrare i figli a calcioni: questo è quello che passa
nella mitologia, è quello che passa nella vulgata, nei mass media. Non sto dicendo che non
accadano fatti di questo tipo, ma sto dicendovi le percentuali, che sono guarda casa molto alte
nelle coppie conviventi o nelle coppie di separati o divorziati, e che sono nell‟ordine del 7,5%
nell‟ambito delle famiglie stabili, a fronte di un 36% nelle coppie conviventi, o nelle coppie
divorziate o separate. Il che vuol dire che la famiglia stabile protegge dalla violenza, ma queste
cose non ve le dice nessuno.
È chiaro che ???Spaccino e la sua famiglia vanno in prima pagina e ci restano per dieci mesi,
non c‟è giorno che non ci sia questo processo sul giornale: è un fatto gravissimo, e ci
mancherebbe altro, ma il rischio è che anche noi cristiani ci facciamo da questo punto di vista
fregare e ci facciamo l‟idea che “bè sì, in effetti qui bisognerà fare una legge…”. Io c‟ero a
Firenze, alla Conferenza nazionale sulla famiglia, e mi sono messo volutamente nel gruppo di
lavoro sulla violenza endofamiliare: ero l‟unico maschio, c‟erano 200 donne, va bene?; e
quando io mi sono alzato e ho detto queste statistiche sono stato aggredito, proprio perché loro
dicevano: “la violenza in famiglia…”.
C‟era un‟associazione che si chiamava “mantide religiosa”, dico solo questo, per darvi
un‟idea… Immagino che lo scopo sociale fosse quello di fare fuori i mariti!
Ma guardate che purtroppo la vulgata che passa, anche nei nostri figli, è questa: che la famiglia
patriarcale, vecchio stampo, ecc., opprime la donna, che la donna si sposa per essere malmenata,
ecc., e che quindi l‟unica cosa saggia che ella può fare è quella di non sposarsi, oppure se è
sposata, e malauguratamente ha fatto un errore di tal genere, di divorziare immediatamente e di
fuggire.
Non sto dicendo che non succedano, ripeto, casi di violenza, sono ovviamente situazioni che
vanno seguite con attenzione, ma non è così, non è così. Queste donne, queste 200 donne hanno
teorizzato e hanno scritto sulla relazione finale… volevano addirittura togliere dal reato di
violenza sessuale il requisito della violenza o della minaccia: cioè qualunque donna che compie
un rapporto sessuale col marito è di fatto violentata. Voglio dire che mi sembra un po‟
eccessivo, e loro: „ma tu non capisci, sei un uomo…!‟. Va beh… Magari c‟è anche qualche
signora che gradisce che il marito la sera le faccia due carezze, non lo so… magari mi sbaglio!
Non lo so!
Un altro aspetto, sempre legato all‟attacco ideologico, è la legittimazione pubblica della
omosessualità. È un tema spinoso, anche qui voglio essere chiaro: non si tratta di attaccare le
persone che vivono questa situazione nella loro vita, non è questo. Anche perché –
consentitemelo, lo ripeto ogni volta che posso – l‟unica istituzione che sempre si è fatta vicino a
queste persone, senza cercare semplicemente di manovrarle per averne il voto, è la Chiesa
cattolica, dove queste persone sempre hanno potuto essere accolte, amate per come sono,
perdonate per così come sono, come tutti noi abbiamo bisogno di essere accolti, amati e
perdonati, nello stesso modo. Quindi quelli che all‟ultimo minuto si riscoprono paladini di
questa… come se fosse una categoria sociale, semplicemente per avere due o tre voti in più mi
fanno un po‟ innervosire.
Ma il problema non è questo, il problema è la legittimazione pubblica di questa cosa, quasi che
fosse una legittima e lecita e tranquilla e serena alternativa. Perché questo chi va a colpire?
Grazie a Dio non va a colpire l‟avvocato Pillon, che a trentasette anni ha fatto le sue scelte di
genere, ma va a colpire i più piccoli, i più giovani tra di noi. A me ha colpito, e vorrò parlarne
con Floriana Falcinelli: nella relazione di ieri cosa vi è sfuggito? C‟era un piccolo dato: i
bambini ripongono il 36% della fiducia negli omosessuali. Allora prima domanda è: perché
glielo abbiamo chiesto? Gli omosessuali non è che sono una categoria sociale verso la quale
chiederci se hai fiducia oppure no, primo punto. E secondo punto: non so se avete notato che
verso la parrocchia era 48%, verso gli omosessuali 36%: interessante questo, non credete? Cioè
guardate che c‟è un rischio che porta poi la società a destrutturarsi. Va beh, non vado avanti.
2) Il secondo punto: e cominciamo a vedere un po‟ di statistiche. C‟è un attacco – vado nell‟ordine
che vi ho detto prima – all‟unità.
Questo è il dato nudo, puro e crudo: nel 2006 in Umbria si sposano 3763 coppie, e tra
separazioni e divorzi – la rilevazione è del 2005, dell‟anno antecedente – ci sono 1753 coppie
che scoppiano. Prima è stato detto che è un quarto; in Umbria guardate il dato: è la metà! I figli
coinvolti, tra separazioni e divorzi, in totale sono 1779. Il che vuol dire che ogni anno –
considerando che il dato di sinistra è il dato di coppia – vivono in prima persona l‟esperienza
della separazione o del divorzio quasi 4000 persone, più i figli, che sono altri 1700: siamo a
quasi 5000-6000 persone. È giusto? Il che vuol dire che in dieci anni sono 50.000 le persone che
hanno vissuto questa esperienza in prima persona nella loro vita.
Questo che problema ci dà? Vediamolo il problema che ci dà, che ci viene dato.
In Italia non esistono studi specifici su questo argomento, ho fatto riferimento a uno studio
americano dello Stato dello Utah, dove – voi sapete – gli americani sono gente concreta; allora
han detto: „quanto ci costa il giochino?‟. Quanto costa in termini economici il giochino? Questo
è il costo diretto personale dei divorzi (là non c‟è la separazione), il semplice costo economico
dei divorzi nello Stato dello Utah a carico delle famiglie, e sono 116 milioni di dollari. Lo
vedete il dato finale? Il primo punto è per spese legali, poi spese per l‟educazione, spese per la
mancata produttività (voi sapete che la separazione e il divorzio sono la seconda causa di stress
per la persona, il che vuol dire depressione, vuol dire stare a casa dal lavoro, vuol dire costi
economici non indifferenti).
Poi quanto costa questo allo Stato dello Utah: 76 milioni di dollari; guardate le voci: aiuto ai
bambini, piano di assicurazione per i bambini, assistenza temporanea alle famiglie…: 76 milioni
di dollari.
E poi per lo Stato federale: quanto costa per lo Stato federale? Il totale del costo economico è
121 milioni di dollari. E andiamo a vedere le varie voci – sono simili: attenzione ai bambini,
ecc., minori entrate per il programma di assistenza delle famiglie dal punto di vista energetico,
ecc. Arrivo al dato finale: nello Utah ci sono 9735 divorzi durante il 2001, i costi complessivi
sono quelli che abbiamo visto prima, il costo totale di un singolo divorzio è 32.000 dollari!
Facciamo il rapporto con il dato italiano regionale umbro. Se volessimo rapportare questi costi,
scopriamo che, con il cambio attuale, 42 milioni di euro è quanto costa in tutto il nostro dato di
separazioni e divorzi alla regione Umbria. Va bene? 42 milioni di euro ogni anno, che
potrebbero essere spesi in ben altro modo! Considerate che questo dato non comprende il costo
sociale, è solo il costo economico.
Quanto sia danneggiata la psiche di un bambino, o quanto soffra una persona, una donna
lasciata sola con tre figli, questo non è quantificato. Qui stiamo parlando di 42 milioni di euro
all‟anno buttati via perché non si fanno politiche di attenzione a questi aspetti. Tant‟è vero che
nello Utah, quando hanno visto le somme, hanno detto: „fermi tutti, fermi tutti, dobbiamo
assolutamente mettere insieme un programma per aiutare le coppie in crisi a non separarsi, a
non divorziare‟... un programma di supporto.
Noi abbiamo, a Perugia, l‟esperienza della Casa della Tenerezza, che fa parte del Forum delle
Associazioni familiari: mi dicono che il 60% delle coppie che si rivolgono a loro non si separa
più, rientra la crisi. Il che vuol dire risparmiare qualche buon milione di euro alla fine dell‟anno.
Ecco cosa intendo io per politiche familiari. Cioè la regione Umbria dice: „no, mi costa molto di
più lasciare che le cose restino così, investo sulla famiglia, perché risparmio‟.
Non è vero che questa proposta di legge, nella quale noi abbiamo chiesto anche questo aspetto,
costa: questa proposta di legge fa risparmiare economicamente.
3) Veniamo all‟attacco economico. Anche qui ci sono delle slides interessanti. Le statistiche sono
del 2004 Istat. Queste sono le statistiche delle famiglie che dichiarano alcuni periodi dell‟anno
di non avere soldi per voci di spesa. E cos‟è che scopriamo immediatamente? Vedete il dato
evidenziato? Le famiglie che non hanno i soldi per il cibo sono quelle della prima colonna che
vedete. Capisci che se non hai i soldi per il cibo vuol dire che sei messo abbastanza male, perché
è chiaro che è il primo bisogno che viene soddisfatto dalla famiglia. Con il crescere del numero
dei figli vedete che cresce anche il dato. Soprattutto poi lo vediamo anche nella colonna delle
malattie: cioè le famiglie che non riescono ad avere sufficiente denaro per far fronte alla spesa
sanitaria personale aumentano con l‟aumentare del numero dei figli.
Cioè in buona sostanza fare figli significa scendere nei gradini della ricchezza familiare.
Interessante il dato che mi ha colpito, che vedete in basso a sinistra, e cioè le famiglie che hanno
due o più anziani in casa soffrono di meno. Cioè anziché il 5,5% che dichiara di non aver soldi
per il cibo se non ha alcun anziano, con due o più anziani scende al 3,6%. Interessante questo
dato: comunque l‟anziano, forse perché ha la sua pensioncina, forse perché dà una mano in casa,
forse…, però è una risorsa per la famiglia. È interessante.
Quello era il dato nazionale, questo è il dato scomposto per ripartizione geografica: non c‟è
l‟Umbria, c‟è il Centro. Qui vediamo che la situazione al Centro è intermedia, il Sud è messo
decisamente peggio; il Centro – quindi anche l‟Umbria – è in una situazione intermedia.
Questo è il dato poi più interessante: la famiglia che qui ha una percezione della propria
situazione economica. Cioè „come arrivi alla fine del mese?‟ è la domanda che è stata posta.
„Con grande difficoltà‟ vedete dal 16, 13, 16, 23,8%: cioè le famiglie numerose sono
decisamente svantaggiate, non c‟è alcun tipo di aiuto, di ammortizzatore sociale, di impegno
della mano pubblica per sostenere le famiglie che si aprono alla generazione di tre-quattrocinque figli. Questo è il dato dell‟Umbria. Sono le dinamiche reali; tra l‟altro la lavorazione è
proprio dell‟agenzia Umbria Ricerche, che è l‟agenzia regionale.
La linea blu che vedete è l‟investimento fisso, cioè quanto una regione crede in se stessa, per cui
per esempio diciamo che realizziamo una nuova struttura, un nuovo ospedale, una nuova
strada… Cioè quanto vogliamo investire sul nostro futuro. Se vedete il dato nazionale, è in
crescita (lo vedete, la linea blu sull‟Italia, l‟ultimo); la situazione in Umbria è addirittura fuori
grafico, la linea è uscita dal grafico, è andata giù, sotto il 2004 poi non son più riusciti a
scrivercelo, sono fuori dal foglio.
Mi interessano i consumi delle famiglie, la linea verde, che vedete, sia nelle Marche che nella
Toscana, che abbiamo messo come parametri di riferimento perché vicine, è in crescita, sia pur
di poco, e anche il dato italiano è in crescita, cioè le famiglie consumano. Questo che cosa vuol
dire? Se una famiglia consuma, l‟economia gira, un paese funziona, i soldi circolano. Se una
famiglia non consuma più, vuol dire che non ci arriva, non ce la fa, ma questo blocca tutto il
circuito. Anziché fare i finanziamenti alle imprese automobilistiche per vendere le auto, far
girare l‟economia significa aiutare le famiglie a consumare. E vedete che il dato umbro è l‟unico
in calo, sia pur leggero ma è in calo.
Cos‟è che colpisce? La spesa della pubblica amministrazione, che cresce, che è la linea
arancione. La vedete? La pubblica amministrazione ci costa sempre di più, non investe in
strumenti permanenti, per i quali i nostri figli potranno poi un giorno dire „ok, va beh, però
almeno c‟è…‟. E le famiglie consumano sempre di meno. Dobbiamo assolutamente invertire
questi indicatori.
Un‟altra statistica interessante – nella legge ne parliamo – è sul lavoro endofamiliare. C‟è un
problema ideologico su questo punto, io ho cercato di parlarne anche con gli amministratori ma
ci sono delle posizioni difficili da superare. Cioè secondo alcuni si ritiene che la donna che
decide liberamente, per scelta, di restare in casa e lavorare in casa per dare una mano ai figli, per
dare una mano magari alla nonna anziana, per dare una mano al disabile, ecc., sia un disvalore,
perché la donna in casa rischia di rimanere emarginata, sotto la cappa del marito che la mena,
ecc., siam sempre di lì. E quindi si vuole a tutti i costi che le donne escano di casa a lavorare.
Davanti a questa dinamica, il ministro francese per la famiglia rimase piuttosto interdetto e
disse: „ma scusate, voi italiani siete un po‟ particolari. Noi in Francia non ci poniamo il
problema se la donna o l‟uomo vogliono lavorare in casa o fuori casa, noi semplicemente
diciamo: se tu vuoi lavorare in casa, ti diamo una mano; se tu vuoi lavorare fuori casa, ti diamo
una mano a conciliare la famiglia con il lavoro, è molto semplice no?. No, in Italia c‟è una
condizione – non vi dirò mai chi l‟ha detto (un ministro del passato governo) ci disse: „ma dopo
le donne in casa vanno a fare equitazione, stanno dalla parrucchiera tutto il giorno…, è meglio
se le mandiamo a lavorare‟. Insomma, io pensavo alle mamme di quattro-cinque-sei figli, ma
anche di due o tre, e non mi sembra che siano tutte dal parrucchiere tutti i giorni o a fare
equitazione, però magari mi sbaglio, magari qui siete tutti iscritti al circolo ippico e quindi sto
dicendo qualche cosa…!
Perché ho fatto questa piccola presentazione? C‟è un dato, che mi interessa mostrarvi. Qui
proprio l‟Istat ha fatto un libro, che si intitola Conciliare lavoro e famiglia, che è fatto molto
bene, ve lo consiglio, lo trovate su Internet. Allora, qui è il dato: le donne non occupate, da 15 a
64 anni, per desiderio di lavorare. È stato chiesto alle donne: „tu adesso attualmente sei
casalinga; se domani ti diamo il lavoro, tu vuoi uscire e andare a lavorare fuori o vuoi restare
comunque in casa?‟. E questo è il dato: guardiamo quello del Centro, che ci interessa: „in ogni
caso continuerebbe a restare in casa?‟ – perché è brutto dire „non lavorerebbe‟, perché significa
che continuerebbe a lavorare in casa, però vedete che anche questo è interessante – il 75% delle
donne intervistate dice „no, io voglio continuare a fare quello che sto facendo‟. Cioè le donne
stesse dicono: „sto già facendo quello che mi piace, che sento buono, che sento bello,
semplicemente dateci una mano‟.
Ecco qui le ragioni per le quali non andrebbero a lavorare: il 33% dice „perché voglio accudire
io stessa i miei figli‟, il 10% „perché voglio accudire altri familiari‟, oppure „per altri motivi
familiari‟ 7,4%; questi sono i dati più rilevanti.
L‟altro dato al contrario, e cioè le donne che desiderano lavorare ma non possono farlo per
inadeguatezza dei servizi. Di quel 25% di donne che invece vorrebbero lavorare, però
comunque ce n‟è una parte che non riesce a farlo. E qual è la ragione? La ragione è che non c‟è
una adeguatezza dei servizi: quello che noi chiediamo nella legge regionale. E cioè: mettiamo
realmente la scelta in mano alle famiglie, e quindi aiutiamo chi decide di lavorare a casa,
aiutiamo chi decide di lavorare fuori casa, tutto qui. Si tratta di creare quindi, attraverso una
politica a costo zero: premiare fiscalmente le aziende per esempio che propongono il part time,
premiare fiscalmente le aziende che propongono asili nido aziendali, premiare le aziende che
danno dei congedi parentali di un certo tipo, che consentono di conciliare le cose.
4) L‟attacco alla vita. È sempre l‟Istat che parla. Questo è un dato carino: è il numero dei figli
atteso dalle madri, cioè quanti figli vorrebbero le mamme. E quello è il dato nazionale, lo vedete
il totale?: 2,19 figli. Cioè ogni madre vorrebbe almeno avere 2,19 figli. Il “,19” mi crea qualche
problema, ma…!
„Perché non posso averne?‟. State attenti al punto: vedete come sono messe le statistiche, cioè il
primo figlio, il secondo, il terzo e più. I motivi economici sono la seconda causa dopo „è
soddisfatta‟, ma la soddisfazione ovviamente cresce con il numero dei figli: cioè il 58% delle
donne che hanno tre figli dicono „basta‟. Il 44% di quelle che ne hanno due dicono „basta‟, il
25% di quelle che ne hanno uno.
Ma i motivi economici sono la seconda colonna e sono molto interessanti, cioè addirittura già al
primo figlio, che è la colonna nera, il 20% delle donne dice „non ce la faccio più per motivi
economici‟. Questo perché manchiamo completamente di un tipo di società life friendly, amica
della vita. Oggi fare un figlio è un problema personale della famiglia: se lo vuoi fare lo puoi
fare, se non lo vuoi fare non ci interessa.
Ma guardate dove conduce questa politica: questa è la situazione attuale. Vedete la fascia più
ampia, quella a metà?: quella è la generazione che attualmente sta lavorando e che sta
sostenendo economicamente, con i propri contributi sta pagando le pensioni di quelli che stanno
sopra: dai 65 anni in poi vedete come il fungo si restringe. Quindi la base larga sta pagando le
pensioni alla base più stretta, che c‟è sopra. Ma poi si invecchia grazie a Dio, il che vuol dire
che quelli che vedete giù in basso, che adesso hanno da 0 a 4 anni, tra vent‟anni saranno
chiamati a pagare le pensioni di quelli che attualmente stanno sui 40, il che vuol dire che crolla
l‟edificio, perché le fondamenta non sono più in grado di sostenerlo. Questo è il tipo di
problema!
Abbiam detto: le donne vorrebbero avere 2,19 figli. Sapete quanti ne hanno oggi? Ve lo dico
subito: 1,33, quello è il dato dell‟Umbria. La cosa interessante è che il dato già comprende
anche le straniere:. La cosa ancor più interessante è che se noi rapportiamo con altre regioni, per
esempio il Veneto, il Trentino, scopriamo che noi riusciamo a far fare meno figli non solo alle
italiane ma anche alle straniere, che in altre regioni continuano a essere più prolifiche. Cioè ci
impegniamo per questo!
Il dato sull‟interruzione di gravidanza. L‟Umbria è al secondo posto in Italia, lo vedete là in
fondo. L‟Umbria ha un tasso di abortività… cioè su 1000 donne fertili, 11,88% nel 2004 hanno
abortito: siamo al secondo dato dopo la Campania. Anche questa è una cosa interessante:
scopriamo che siamo tra le regioni con il più alto tasso di abortività tra le minori: 15-19 anni:
8,61 per 1000; gli altri dati sono quasi tutti più bassi, ce n‟è solo uno più alto, che è quello del
nord-ovest.
C‟è, sull‟attacco alla vita, anche un altro tipo di aspetto, che non è segnalato dalle statistiche, e
che è la mentalità contraccettiva, che di per sé apre a un‟idea di poter gestire, controllare, di
poter manipolare l‟aspetto della vita. E le famiglie, in una qualche misura, sono costrette,
arrivano per forza di cose a dover fare i conti anche con la contraccezione per le ragioni che
abbiamo visto prima, cioè da un punto di vista ideologico ma anche e soprattutto economico, se
è vero – come abbiamo visto adesso – che il numero di figli voluto è il doppio del numero dei
figli che attualmente riusciamo ad avere.
Noi abbiam messo in campo una serie di possibili risposte, ma le vediamo dopo.
5) L‟ultimo attacco: l‟attacco educativo, che già è stato trattato molto bene da Francesco Belletti.
Io mi limito a un aspetto, che è quello del fatto che abbiamo pochissimo tempo da passare coi
nostri figli. Già ho detto del rischio di espropriazione da parte della scuola, ma questo da dove
deriva? Dal fatto che la scuola si trova a dover supplire ad una situazione che diversamente non
ha altre alternative. Allora il conciliare il lavoro con la famiglia ha molto a che fare con l‟aspetto
educativo.
E poi la scelta della scuola ha molto a che fare con l‟aspetto educativo, ma se la mia scelta è
vincolata da ragioni economiche è chiaro che il passaggio non si può fare.
Va bene, dovevo dirvi altri aspetti, ma arrivo direttamente alle conclusioni.
Immagino che tutti noi abbiamo due risposte da dare: una su un piano personale, un piano di fede,
cioè l‟essere viene prima dell‟operare, l‟abbiamo detto ieri, ed è stato detto molto bene. Penso che
le famiglie debbano essere consapevoli di essere come l‟albero, l‟albero del granellino di senapa,
che diventa un albero grande sul quale gli uccelli del cielo possono trovare rifugio (Mt 13,31-32).
Oppure come le stelle del cielo – lo sentiremo oggi, le stelle del cielo nel canto dell‟Alleluia – cioè
essere una mappa, una guida: questo è un po‟ quello a cui siamo chiamati. Ma questo da un punto di
vista ecclesiale.
Un esempio pratico lo vedete già nelle vostre famiglie: le famiglie in difficoltà quanto spesso si
appoggiano sulle famiglie invece solide, quanto spesso tutti noi siamo chiamati ad accogliere
magari il figlio della famiglia che è un po‟ in difficoltà, oppure la famiglia in crisi che s‟appoggia…
Questa è un po‟ la chiamata che abbiamo.
Il secondo punto è: non restare soli. La famiglia che resta sola oggi, in questa società che è
ferocemente contraria all‟idea della famiglia, cede, crolla, non ce la fa. Ed ecco quindi, come già è
stato detto: fare rete, restare insieme, restare uniti, attraverso i movimenti, i gruppi, le associazioni,
la parrocchia… quello che vi pare, ma non restate da soli. E soprattutto non gestite la crisi da soli,
perché il rischio è davvero quello di venire meno.
Poi gli strumenti che la Chiesa ci dà: la preghiera, l‟educazione alla fede dei figli, la preghiera in
famiglia, l‟evangelizzazione delle famiglie con le famiglie. Ma questi sono gli aspetti più di fede.
In ambito politico. Beh, noi in ambito politico abbiamo elaborato una risposta, che è questa: la
proposta di legge regionale per la famiglia. Ne ho parlato mille volte, quindi non ve ne parlo più.
Gli articoli li trovate su questo volantino (che trovate distribuito), che vogliono essere una risposta
puntuale a tutti questi problemi che abbiamo sottolineato. Questi problemi sono un dato di fatto,
sono colpa di qualcuno non lo so, non mi interessa. Il punto è: trovare, elaborare insieme una
proposta per venire incontro a questa situazione problematica. Questo è un po‟ l‟atteggiamento con
il quale abbiamo presentato questa proposta di legge, che non vuole essere un dire „buoni e cattivi‟,
non vuole essere un dire „chi è con noi e chi è contro di noi‟, ma è la società che noi costituiamo e
della quale vogliamo far parte che offre all‟amministrazione pubblica una proposta, una proposta da
valutare insieme, io credo per il bene di tutti.
Concludo con un dato così, se mi permettete anche personale: dobbiamo noi in prima persona,
famiglie, ricordarci, ricordare a noi stessi e ricordare agli altri, quanto è un‟avventura meravigliosa
fare famiglia, quanto è bello, quanto ci crediamo, quanto – ancora oggi quando io vedo le coppie
anche coi capelli bianchi – quanto ci vogliamo ancora bene, quanto il Signore ci ha accompagnato
e ci accompagna, quanto è bello aprirsi ai figli, quanto è bello ed è un‟esperienza veramente
straordinaria passare la vita in comunione con altre persone.
Grazie.