Mostra "Raffaello Gambogi: il tempo dell`impressionismo"

Transcript

Mostra "Raffaello Gambogi: il tempo dell`impressionismo"
Raffaello Gambogi: il tempo dell’impressionismo
mostra promossa dal Comune di Collesalvetti
con il contributo di Fondazione Livorno
a cura di Francesca Cagianelli
in collaborazione con Giovanna Bacci di Capaci
Pinacoteca Comunale Carlo Servolini, Collesalvetti
9 febbraio – 18 maggio 2017
Si inaugura giovedì 9 febbraio 2017 alle ore 17.00 alla Pinacoteca
Comunale Carlo Servolini l’importante mostra Raffaello Gambogi: il
tempo dell’impressionismo, promossa dal Comune di Collesalvetti, con
il contributo di Fondazione Livorno.
Curata da Francesca Cagianelli, in collaborazione con Giovanna
Bacci di Capaci, tale mostra mira alla valorizzazione di Raffaello
Gambogi, artista straordinariamente significativo nel vasto
panorama dell’Ottocento toscano e italiano, ma ancora
sostanzialmente marginalizzato in sede storiografica.
Il percorso espositivo, costituito da 40 dipinti, mira a ricongiungere
per la prima volta la stagione ottocentesca di Gambogi, con la sua
evoluzione novecentesca, storicizzandone tanto il contributo
impressionista nell’ambito della compagine dei postmacchiaioli tra
Livorno e Torre del Lago, quanto l’intimo raccoglimento espressivo
degli ultimi anni, quando la riflessione ottica al cospetto della costa
labronica diventa prioritaria rispetto al coordinamento con i
movimenti e gli stili del Novecento.
Si tratta della prima mostra antologica dedicata all’artista livornese,
corredata da un ampio catalogo, pubblicato da Pacini Editore, che
ospiterà un primo saggio monografico di Francesca Cagianelli su
Raffaello Gambogi, e un secondo saggio monografico di Giovanna
Bacci di Capaci su Elin Danielson Gambogi.
Si colma oggi con questa significativa antologica l’equivoco della
sfortuna dell’artista profilato da Bianca Flury Nencini, sulle pagine
di “Liburni Civitas” del 1931. Definito come “uno dei pittori
labronici più strani di atteggiamento e di consuetudini”, Gambogi,
sembra infatti dovere la sua mancata fortuna tanto alle “deficienze
del senso pratico della vita”, quanto alle “congenite fobie che ne
fecero ‘un tipo’ a tutti noto”.
Sarebbe fin troppo semplice tuttavia procedere ‘lombrosianamente’
alla rilettura della sua produzione artistica attraverso l’analisi
fornita dello scienziato Eugenio Tanzi, ma se la sua vita fu
“intessuta di incertezze, di ingenuità disinteressate, di rinuncie, di
entusiasmi, di abbandoni” e “qualunque impresa anche di minimo
momento, qualunque atto, anche il più dozzinale, che esca
dall’orbita della pittura o non sia inspirato da un movente
sentimentale, riscontra nel suo sistema nervoso inesplicabili e
insormontabili ostacoli per cui non può tradursi mai in atto
compiuto”, eppure l’artista fu più volte premiato a esposizioni
nazionali e internazionali.
Dall’exploit alla Festa dell’Arte e dei Fiori di Firenze del 1896-1897
con il dipinto All’ombra, celebrato da Ugo Matini, fino
all’Esposizione del Sempione del 1906, dove per la prima volta
viene esposto il capolavoro Fra le pazze, Gambogi si pone infatti in
linea con le più avanzate postazioni dell’impressionismo toscano.
Ma il 1910 è l’anno in cui Gambogi presenzia all’Esposizione
Internazionale di Roma con un’opera monumentale, Pescatori, oggi
dispersa, ma segnalata in catalogo come discrimine di quel
notturnismo fiammingo diffuso a seguito del dilagare delle mode
nordiche in Italia.
D’ora in avanti la mostra illustra il dispiegarsi del sondaggio
luminoso dipanato dall’artista a partire dall’84°edizione della
Mostra internazionale degli “Amatori e Cultori” di Roma, fino
all’Esposizione Livornese “Pro-Soldato” del 1917, dove dipinti quali
La Pineta, Di Luglio, Vecchi bagni e Una via presso Montenero,
consolidarono la sua fama nel segno di “una specie d’impeto lirico
individuale”.
Già negli anni Venti il percorso di Gambogi sembra essere
scandagliato dalla critica nel suo orizzonte di solitudine rispetto a
colleghi quali Angiolo Tommasi, i cui Vecchi cenci restavano
comunque un parallelo efficacissimo rispetto a un capolavoro di
Gambogi esposto in mostra, il monumentale Cacciatore del 1891,
conservato presso la Camera di Commercio di Livorno.
Gambogi sembra infatti connotarsi sempre più pervasivamente
come colui che più di ogni altro è in grado di “vedere la natura
sotto il velo pacato del silenzio pieno del mistero”.
Ed ecco le numerose visioni della costa labronica, da Chioma a
Quercianella, di cui in mostra compaiono alcuni esemplati storici,
tra cui Riflessi sul mare, presentato a “Bottega d’Arte” nella personale
del 1928, quando Carlo Giorgio Ciappei definisce egregiamente la
tempra lirica dell’artista, in continuità e al contempo in controluce,
rispetto alla stagione macchiaiola, se è vero che “gli impasti gustosi
e le velature morbide tolgono a questa pittura, formatasi su i
Maestri Macchiaioli, la cruda e spesso pesante solidità che attenua
tante volte il modesto e chiuso senso di poesia nelle opere di quella
scuola”.
Sboccia dunque “il nucleo lirico” delle visioni di Gambogi lungo la
costa, recando “quel nobile accento accorato che vela di
inesprimibile malinconia le visioni più appassionate”.
Si gioca quindi esclusivamente sul nesso della musicalità e della
poetica degli stati-d’animo l’enigma dell’uniformità del lessico di
Gambogi nel corso degli anni Venti, quando vince il monocromo e
la visione si avvicenda secondo impercettibili varianti di punti di
vista: è questo il senso delle ultime visioni luminose radunate nel
percorso finale della mostra.
Sembra dunque necessario rileggere l’ultima fase della riflessione
dell’artista nei termini individuati da Llewelyn Lloyd, tanto nella
sua
Pittura italiana dell’Ottocento (Firenze 1929), quando lo definisce “un
verista preciso ed accurato, di colorito diafano, arioso, di buon
sentimento poetico”, quanto nei suoi Tempi andati, quando invece,
più acutamente, ne storicizza la personalità come artista “d’una
natura che stava tra Fattori e Angiolo Tommasi; allievo un po’
dell’uno e un po’ dell’altro”, per poi procedere verso altri raffronti,
stavolta di ambito internazionale, come nel caso dell’Autoritratto al
sole con il cappello, “con la stessa proiezione d’ombra sul volto
come quello di Kroyer”.
In mostra figurano alcuni capolavori dell’ultimo decennio
dell’Ottocento, tra cui Cantiere (1897), appartenente alla raccolta
della Fondazione Cassa di Risparmio di Tortona, La mattina del
giorno di festa (1899), cortesemente reso disponibile da 800/900
ARTSTUDIO, Livorno/Lucca, Ritratto della moglie (1905),
conservato presso il Museo Civico G. Fattori, Livorno, l’Autoritratto
(1895-1899), proveniente dalle collezioni della Fondazione Livorno.
La mostra verrà affiancata da un inedito calendario di iniziative
culturali sugli artisti dimenticati dell’800-900.
Ingresso gratuito
Visite guidate gratuite a cura di Francesca Cagianelli
orari: tutti i giovedì: 15.30-18.30
fino al 18 maggio 2017
0586 980256 e 980255
[email protected]
www.comune.collesalvetti.li.it