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La riserva indiana di Pine Ridge (Sud Dakota),
teatro nel 1890 di un massacro di Sioux.
L’immagine è del fotografo gesuita Don Doll.
46 Popoli giugno-luglio 2014
Da Ignazio
a Francesco/6
Pionieri
del Nuovo mondo
Il cattolicesimo in Canada e Stati Uniti ha
le radici nelle missioni di gesuiti che furono,
fin dagli inizi, anche esploratori delle culture
indigene. Scuole e università testimoniano
ancora oggi un impegno della Compagnia
per lo sviluppo delle società nordamericane
André Brouillette SJ *
Québec (Canada)
D. DOLL SJ
I
gesuiti hanno messo piede per
la prima volta nell’America del
Nord nel 1611, inaugurando
un’epopea affascinante. In questo
«Nuovo mondo», i gesuiti nordamericani hanno svolto un ruolo
di primo piano nella formazione e
nello sviluppo della Chiesa e della
società, in Canada come negli Stati
Uniti. Come esploratori, missionari,
fondatori ed educatori, hanno lasciato la loro impronta nello spazio
di un continente.
I territori che Francia e Inghilterra
avevano colonizzato avevano uno
sviluppo demografico ed economico
molto più lento rispetto all’America
latina, colonizzata da Spagna e Portogallo. La popolazione autoctona
era dispersa e solo nel XVII secolo
furono create colonie stabili di popolamento. A Québec, fondata nel
1608, i gesuiti arrivarono nel 1625
e divennero presto i soli missionari.
La città serviva da base di partenza per le loro numerose missioni
di esplorazione ed evangelizzazione
nel cuore del continente. Le famose
Relazioni dei gesuiti - che erano
rapporti dei superiori della missione
nella Nuova Francia (come era allora
chiamato il Canada) sulla situazione
locale, i popoli, i costumi e l’evange-
lizzazione - suscitarono un grande
entusiasmo quando furono conosciute in Francia. Attraverso di esse
il pubblico europeo imparava a conoscere questo nuovo mondo. Il racconto degli sforzi compiuti in Nord
America dai missionari del Seicento
trovò un’eco molto favorevole, che
alimentava le aspirazioni più nobili di laici e religiosi. Galvanizzati
dall’esempio dei martiri nordamericani, alcuni futuri santi gesuiti
furono tuttavia invitati a lasciare da
parte il loro desiderio di andare in
Canada per dedicare il loro zelo alle
missioni interne, come nel caso di
san Jean-François Régis attivo nella
regione francese del Vivarais.
Nel Maryland come a Montréal i
gesuiti furono in prima fila nella
fondazione di nuove città. Nel 1634
i primi europei misero piede nella
futura colonia del Maryland, un
luogo in cui i cattolici erano benvenuti, contrariamente ad altre colonie britanniche in Nord America.
Alcuni gesuiti inglesi parteciparono
al viaggio inaugurale e celebrarono
la prima messa in quel luogo. Più a
nord, sotto la spinta della Société
Notre-Dame di Montréal - un gruppo composto da laici e chierici - organizzò in Francia il progetto di una
città dedicata a Maria e votata all’evangelizzazione degli amerindi della Nuova Francia. Il 17 maggio 1642
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storia
questo sogno vide la luce quando un
gruppo di coloni diretto da Pierre de
Maisonneuve arrivò alla località di
Ville-Marie. Il giorno dopo il gesuita Barthélémy Vimont celebrò una
messa solenne nella radura dissodata il giorno prima, predicendo che il
seme di una grande città era stato
piantato in quel giorno. Fu l’atto di
fondazione della città di Montréal,
grande metropoli canadese.
Parecchi gesuiti divennero così intrepidi esploratori. Padre Jacques
Marquette (1637-1675) accompagnò
Louis Jolliet, un ex alunno dei gesuiti, in una spedizione che nel 1673
fece loro scoprire la parte settentrionale del fiume Mississippi. Nel XIX
secolo padre
Pierre de Smet
Parecchi gesuiti
(1801-1873) si
divennero intrepidi
recò nell’Ovest
esploratori. Il
americano inpadre Jacques
contrando diMarquette
verse comunità
raggiunse con
amerinde i cui
una spedizione
territori erano
nel 1673 la parte
ancora poco
settentrionale
conosciuti dai
del fiume
bianchi. Padre
Mississippi
Nicolas Point
(1799-1968), artista dilettante, durante alcune spedizioni realizzò acquarelli e bozzetti che descrivono
la vita quotidiana di queste antiche
culture all’alba di grandi cambiamenti. Le relazioni di viaggio e di
missione di diversi gesuiti si rivelano essere preziose testimonianze
delle culture originarie e delle terre
vergini.
Durante le grandi ondate migratorie
negli Stati Uniti e in Canada, soprattutto nell’Ottocento, i gesuiti, talvolta espulsi dai loro stessi Paesi, accompagnarono questo spostamento
ingente di popolazioni. Nella provincia canadese dell’Ontario si contano
a decine le parrocchie fondate da
gesuiti al seguito dell’avanzata della
ferrovia. Negli Stati Uniti alcuni
gesuiti hanno accompagnato questo
movimento verso l’Ovest e le nuove
frontiere. Alcuni gesuiti piemontesi,
ad esempio, hanno posto le basi della
presenza della Compagnia in California alla metà dell’Ottocento. Dopo
la seconda guerra mondiale, quando
la cortina di ferro divideva l’Europa,
gesuiti dei Paesi comunisti hanno accompagnato i loro compatrioti
nell’esilio nordamericano, fondando
parrocchie «etniche» per sostenere la
loro fede e la loro cultura.
AMERINDI, UN RAPPORTO
PRIVILEGIATO
L’impatto della missione dei gesuiti
in America del Nord ha lasciato una
traccia nella toponimia del continente, nei nomi di parrocchie, istituzioni, come pure nei nomi di strade, città, villaggi, regioni e perfino luoghi
naturali. Da Sant’Ignazio di Loyola a
Charlevoix o De Smet, passando per
i martiri nordamericani (Brébeuf,
Jogues, Garnier, Lallemant…), il
Priest’s Lake (in Idaho) o le devozioni predilette dai gesuiti (Loreto,
Sainte-Foy, Sainte-Marie), un vasto
ricamo di ispirazione gesuita ricopre
il Canada e gli Stati Uniti, memoria
di una presenza importante.
Il contatto dei gesuiti con le diverse
nazioni autoctone presenti nell’America del Nord si inscrive in una
lunga tradizione. Quei missionari
impararono dagli amerindi ad ad-
domesticare e a esplorare questo
nuovo continente e suoi rigidi inverni, sia con le racchette che con la
canoa! Hanno presentato la fede cattolica a questi popoli raccogliendo
la testimonianza delle loro culture
e tradizioni. In tal modo dizionari
delle lingue autoctone (algonchino,
outaouais, urone, ojibwé, irochese,
ecc.) che i missionari europei avevano compilato per aiutare i nuovi
arrivati a imparare gli idiomi locali
sono diventati oggi risorse su cui le
comunità amerinde si appoggiano
per ritrovare le loro lingue d’origine.
le parole dI papa FRANCESCO
C
hi lavora con i giovani non può fermarsi a dire cose troppo ordinate e
strutturate come un trattato, perché queste cose scivolano addosso ai
ragazzi. C’è bisogno di un nuovo linguaggio, di un nuovo modo di dire le cose. Oggi Dio ci chiede questo: di uscire dal nido che ci contiene per essere
inviati. [...] Il compimento del mandato evangelico “Andate in tutto il mondo e
proclamate il Vangelo a ogni creatura” (Mc 16,15) si può realizzare con questa chiave ermeneutica spostata nelle periferie esistenziali e geografiche. È
il modo più concreto di imitare Gesù, che è andato verso tutte le periferie.
Gesù è andato verso tutti, proprio tutti. Io non mi sentirei affatto inquieto andando verso la periferia: non sentitevi inquieti nel rivolgervi a chiunque. [...]
Mi vengono in mente le straordinarie avventure del gesuita spagnolo Segundo Llorente, tenace e contemplativo missionario in Alaska, che non solo ha
imparato la lingua, ma che ha appreso il pensiero concreto della sua gente.
Inculturare il carisma, dunque, è fondamentale, e questo non significa mai
relativizzarlo. Non dobbiamo rendere il carisma rigido e uniforme. Quando
noi uniformiamo le nostre culture, allora uccidiamo il carisma.
Dal colloquio di Papa Francesco con i Superiori generali, 27 novembre 2013.
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Da Ignazio
a Francesco/6
Washington (Usa): la Georgetown University,
fondata dai gesuiti nel 1789.
Gli uroni e i mohawk sono state le
prime nazioni amerinde con cui è
stata scritta la storia dei missionari. Jean de Brébeuf, Isaac Jogues
e i loro compagni hanno subito il
martirio a metà del Seicento, chi per
mano di mohawk, nemici degli uroni
che stavano evangelizzando, chi per
mano di dissidenti. Dopo una quindicina di anni di evangelizzazione
gli uroni, violentemente braccati dai
loro nemici, lasciarono la missione
di Santa Maria tra gli uroni (oggi
Midland, foto in basso), dopo la
morte di Brébeuf, accompagnati da
alcuni gesuiti, e si recarono nella
capitale della colonia, Québec, dove
vivono ancora oggi. Ma quegli sforzi
dei missionari non furono vani poiché frutti di santità sono maturati
tra gli amerindi convertiti. Ad esempio, una giovane mohawk, Kateri
Tekakwitha (1657-1680), scelse di lasciare il suo villaggio natale e unirsi
a una missione, Kahnawake, fondata
vicino a Montréal dai gesuiti sotto
la protezione di Francesco Saverio.
Desiderava poter vivere pienamente
la sua fede. Kateri morì giovanissima
dopo una vita di carità, castità e santità. È stata canonizzata da Benedetto XVI nel 2012 ed è la prima santa
indigena dell’America del Nord.
Nei secoli seguenti i gesuiti hanno
continuato nei loro sforzi missionari.
Oggi diversi di loro prestano servizio in comunità autoctone nell’isola
Manitoulin, in Ontario, nel Midwest
degli Usa - dove operano in diverse
parrocchie -, come pure in Alaska.
1753 ed era stato testimone, durante della città, ma in conformità con
la sua formazione in Europa, della la loro tradizione per la quale non
soppressione dell’Ordine. Di ritorno accettano questo genere di onore, i
nel suo Paese natale, si assicurò che gesuiti avevano piuttosto spinto per
il gruppo dei vecchi gesuiti potes- la nomina di un loro ex alunno al
se proseguire nella sua
collegio di La Flèche.
missione ecclesiale in Durante le
Monsignor Laval arrivò
modo strutturato. Nel grandi ondate
a Québec nel 1659, fa1805, quando la Com- migratorie negli
cendo della chiesa prinpagnia fu in parte rico- Stati Uniti e in
cipale della città, di cui
stituita, ottenne l’auto- Canada,
aveva la responsabilità
rizzazione perché i suoi i gesuiti, talvolta
la Compagnia di Gesù,
confratelli americani espulsi dai loro
una parrocchia, poi la
potessero nuovamen- stessi Paesi,
sua cattedrale. Egli si
te pronunciare i propri accompagnarono ispirò al modello misvoti religiosi. Essendo le nuove
sionario dei gesuiti per
nel frattempo diventato popolazioni
stabilire un’associaziovescovo, egli non poté
ne di preti che sarebfarne parte.
bero stati mobili, dato
Molto vicino alla capiche il territorio della
tale federale, a Georgetown, John diocesi era immenso e poco popolaCarroll aveva fondato un collegio, to. Si appoggiò ai gesuiti anche per
che di primo acchito aveva voluto assicurare la formazione dei futuri
affidare ai gesuiti. Oggi è l’Univer- sacerdoti del seminario di Québec.
sità Georgetown, il più antico ateneo
gesuita degli Stati Uniti e la prima I SUCCESSI NELL’EDUCAZIONE
istituzione cattolica del Paese.
Quando si guarda al lavoro dei geL’onore di essere il primo vescovo suiti oggi nell’America del Nord, è
a nord del Messico tocca però a evidente l’importanza del ministero
François de Laval (1623-1708), ca- educativo. Diverse decine di scuole
nonizzato nell’aprile 2014 da papa secondarie e università di qualità
Francesco. Al momento della nomi- sono gestite dalla Compagnia. Nel
na di monsignor de Laval, i gesuiti 1635 fu fondato il primo istituto
formavano il gruppo principale di scolastico a nord del Messico, un
preti a Québec. Si era pensato di anno prima della fondazione del
fare di un gesuita il primo vescovo collegio di Harvard College, il colIl sito storico della missione di Santa Maria
tra gli uroni (Ontario, Canada).
IL PRIMO ATENEO
In Canada come negli Stati Uniti
i gesuiti furono dei pionieri della
Chiesa locale. John Carroll (17351815), nominato vescovo di Baltimora nel 1789, fu il primo vescovo
cattolico degli Stati Uniti. Figlio di
una famiglia benestante (suo cugino
Charles Carroll fu l’unico firmatario
cattolico della Dichiarazione d’indipendenza americana), John era
entrato nella Compagnia di Gesù nel
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storia
Studenti della scuola Cristo Rey
di Minneapolis (Usa).
legio dei gesuiti di Québec. Questa
scuola formò per più di un secolo la
gioventù della Nuova Francia. Interruppe la sua missione, sostituito
in questo dal seminario di Québec,
a seguito della cessione della Nuova Francia all’Inghilterra nel 1763.
In Canada l’attività educativa dei
gesuiti riprese dopo il loro ritorno con la fondazione del collegio
Sainte-Marie nel 1848 a Montréal,
la prima di una serie di istituzioni
di questo tipo.
Negli Usa la crescita concomitante
dei gesuiti e della popolazione cattolica a partire dalla metà dell’Ottocento portò con sé la creazione di
parecchie scuole secondarie e università. Poiché il cattolicesimo era
stato emarginato in diversi Stati,
i gesuiti svolsero un ruolo pionieristico nella creazione di università dalla solida
identità cattoQuando si guarda
lica. A fronte
al lavoro dei
di un insegnagesuiti oggi
mento univernell’America del
sitario segnato
Nord, è evidente
dal protestanl’importanza
tesimo e nel
del ministero
quadro di una
educativo in
Chiesa in pieno
decine di scuole
sviluppo, ma
secondarie e
ancora strutuniversità
turalmente
fragile, i gesuiti americani sposarono la causa della formazione universitaria con notevole successo.
All’Università Georgetown, si aggiunsero l’Università St. Louis nel
1832, la Fordham a New York nel
1841, l’Università di San Francisco
nel 1859, il Boston College nel 1863,
la Creighton a Omaha nel 1879, la
Marquette a Milwaukee nel 1881
e altre ancora a Chicago, Detroit,
New Orleans, Santa Clara, Los Angeles, Seattle, ecc. Fatto unico nella
storia della Compagnia di Gesù, la
rete di istruzione accademica conta
oggi negli Usa 28 università i cui
studenti e laureati sono centinaia
di migliaia.
50 Popoli giugno-luglio 2014
NON SOLO ÉLITE
L’impegno nell’istruzione dei gesuiti
nordamericani non si è tuttavia limitato a studenti della classe media
o superiore. Di fronte alle difficoltà
scolastiche vissute dalle popolazioni urbane emarginate, composte in
gran parte da immigrati ispanofoni
o da afroamericani, due iniziative
innovatrici hanno visto la luce nel
XX secolo. Nel 1971 veniva aperta
la scuola elementare Nativity a New
York per servire con una pedagogia
adatta la popolazione sfavorita del
Low East Side e dare l’opportunità
a quei ragazzi di integrarsi meglio
nella società. L’interesse suscitato
da questa iniziativa portò alla creazione, a partire dagli anni Ottanta,
di una decina di scuole «Nativity»
ispirate a quel modello. Sulla stessa scia, a Chicago, i gesuiti hanno
sviluppato un modello di scuola
secondaria che unisce un preciso
piano di studi ed esperienza di lavoro in impresa. Nel 1996 ha aperto i
battenti la prima scuola secondaria
«Cristo Rey» , subito seguita da altre. Queste iniziative arricchiscono
la grande tradizione educativa dei
gesuiti, integrando nella loro missione la promozione della giustizia
sociale, così come la collaborazione
con altri religiosi e laici.
La Compagnia di Gesù ha conosciuto in terra nordamericana uno
sviluppo prodigioso tra l’Ottocento
e il Novecento, dopo un XVII secolo
eroico. Pur in un contesto dove il
cattolicesimo era minoritario e non
godeva di un sostegno statale, gli
Stati Uniti arrivarono ad avere per
parecchi decenni il contingente nazionale di gesuiti più consistente al
mondo. Ai missionari europei sono
seguiti grandi nomi nordamericani
di influenza internazionale, tra cui i
teologi John Curtney Murray, Avery
Dulles o Bernard Lonergan, mezzi
di comunicazione influenti, come la
rivista America, grandi università,
parrocchie, centri spirituali, opere
sociali.
Come segno di riconoscimento del
ruolo storico dei gesuiti nell’America del Nord, si possono visitare
a Washington, presso il National
Statuary Hall, due statue di gesuiti
selezionate da alcuni Stati americani: Eusebio Kino per l’Arizona e
Jacques Marquette per il Wisconsin.
Il padre Marquette è stato anche
scelto, in compagnia di Jean de
Brébeuf, tra i 22 personaggi storici
che adornano la facciata dell’Hôtel
du Parlement di Québec. Sono silenziosi testimoni della storia della
missione nordamericana dei figli di
Ignazio di Loyola.
* Gesuita del Canada francofono
La serie «Da Ignazio a Francesco»
è iniziata nel numero di gennaio di
Popoli e continuerà per tutto il 2014.
Da Ignazio
a Francesco/6
Gesuiti oggi
Michael Schultheis
Enrico Casale
l’assoluta mancanza di politici preparati).
l Sud Sudan è lo Stato più gio- Consapevoli di questa necessità,
vane dell’Africa. L’indipendenza già nel 2007 i vescovi cattolici inufficiale dal Sudan è stata ot- cominciano a pensare a strutture
tenuta il 9 luglio 2011 a seguito di educative che formino i giovani del
un referendum, ma già prima della nascente Sud Sudan. L’idea è quella
formale secessione da Karthoum la di creare una università cattolica a
società civile ha iniziato a lavorare Juba (quella che poi sarebbe divenper costruire dalle fondamenta una tata la capitale del nuovo Stato) con
nazione uscita distrutta da due facoltà umanistiche e scientifiche.
guerre civili che hanno causato Il progetto viene presentato al mimigliaia di morti. Mancavano (e nistero dell’Educazione, Scienza e
mancano) le infrastrutture: ponti, Tecnologia di Karthoum, che nel
strade, uffici pubblici, ecc. Erano 2008 dà il suo assenso. Il primo
quasi inesistenti (e lo sono tutto- corso prende il via nel settembre
ra) i sistemi sanitario e scolasti- 2008 con 45 studenti che frequenco. Ma, soprattutto, era necessario tano le lezioni della facoltà di Arti
creare una classe dirigente slegata e Scienze sociali. E quattro anni
dalle dinamiche etniche e in gra- dopo, il 5 ottobre 2012, 25 di loro
ricevono il diploma di
do di guidare il Paese
laurea.
attraverso una politica Dietro la nascita
Dietro la nascita di
attenta alla redistribu- dell’università
questa istituzione c’è
zione delle ricchezze del Sud Sudan
Michael Schultheis.
derivanti dalle risorse c’è Michael
Gesuita statunitense,
petrolifere (la nuova Schultheis. 82
82 anni, economista
guerra civile scoppia- anni, gesuita
di formazione, è stato
ta nel 2013 confermerà nato negli Usa,
I
economista di
formazione, dagli
anni Settanta
lavora in Africa
responsabile del Center of Concern
di Washington, un think tank cattolico per lo sviluppo internazionale. Dagli anni Settanta lavora in
Africa prima nell’ambito del Jesuit
Refugee Service e poi come docente. Insegna in Tanzania, Uganda,
Mozambico e Malawi. Nel 2002
viene nominato rettore dell’Università cattolica del Ghana. Nel
2007 è inviato in Sudan e gli viene
affidato il progetto dell’Università
cattolica del Sudan. «In realtà spiega padre Schultheis -, l’Università cattolica è un sogno che, per
anni, è stato rimandato. La Conferenza episcopale del Sudan avrebbe
voluto creare l’ateneo già nel 1956,
al momento dell’indipendenza del
Paese dalla Gran Bretagna. Nel
1983 l’allora presidente del Sudan,
Jaafar Nimeiri, parlò di questo a
papa Giovanni Paolo II durante la
sua visita a Roma».
Oggi l’università è una realtà. Alla
prima sede di Juba, se n’è aggiunta
una seconda a Wau e alla prima facoltà si è aggiunta quella di
Agraria e Scienze ambientali. «Al
quinto anno accademico - continua
Schultheis - si sono iscritti a Juba
582 studenti (dei quali 183 ragazze)
e 180 a Wau (dei quali 29 ragazze).
Un dato positivo che segna un incremento del 50% nelle iscrizioni
rispetto al 2012».
Nonostante la guerra civile scoppiata nel dicembre 2013 abbia causato la morte di almeno quattro
studenti e abbia costretto almeno
cento di essi a lasciare il Paese per
rifugiarsi all’estero, padre Schultheis, che a maggio si è trasferito
in Nigeria per seguire un altro
progetto educativo, spera che il
progetto non si fermi. «Il conflitto
non fermerà l’università - conclude
-, appena possibile verranno ampliate le strutture a Juba e a Wau.
C’è inoltre un progetto per dar vita
a una facoltà di Ingegneria a Wau
e una Scuola di alti studi (inizialmente in Economia) a Juba».
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