IL NIDO TRA LE STELLE

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IL NIDO TRA LE STELLE
IL NIDO TRA LE STELLE
La su per bia del tuo cuore ti ha sedot to. .. Anche se, come aquila, riesci a porre in a lto
il tuo nid o, anche se lo collocassi tr a le s tell e, di lassù io ti farò precipitare. ( Ab dia
3-4)
«Dovunque egl i arrivi, il super bo si mette a sedere e tira fuori dalla valigia la
sua super iorità». Con ironia lo scrittor e ebr eo bulgaro-tedesco Elias Canetti, Nobel 19 8 1,
nel suo libr o Un regno di matite , dip ingeva questo che è il primo e fondamentale vizio
capitale che g ià alligna nel giardino dell’Eden: «Sarete come Dio» è, infatti, la promessa
che il tentatore f a al l’ orgoglio di Adamo . Questa attrazione perversa che fa dell’Io un dio
idolatrico è ra ff igurata i n modo folgo rant e an che dall’autore del più breve di tutti i lib ri
profetici, Abdia, il cui nome è un emb lem a, “ Se rvo del Signore”. Di lui non sappiamo nu lla
e l’unica pagina di 21 versetti di cui si comp one la sua opera echeggia eventi di difficile
decifrazione e coll ocazione cronologica.
Si pensi, poi, che quasi la met à di questa pagina (versetti 2-9) si ritrova anche
nel più lungo l ibro dell’Antico Testam ento , quello del profeta Geremia (49, 7-22), sia
pure con variazioni. Ma lasciamo agli eseget i di esercitarsi sull’enigma Abdia e puntiamo
sul fram mento che abbiamo scelto, rit agliandolo all’interno del suo canto polemi co –
dominante nel suo scritto – contro Edom , uno dei tradizionali nemici di Israele, un po polo
discendente da Esaù, il fratello maggio re di Giacobbe-Israele, da quest’ultimo inganna to
e quindi divenut o vi tt ima del suo odio ( Ge ne si 25, 19-34 e 27,1-46).
Un odio che era dil agato anche n ei lo ro discendenti e che è suggellato qui da Abdia
con la sua accusa nei confronti di Edo m, «in ga nnato dalla superbia del suo cuore». Que sta
nazione bell icosa del deserto che, co me d ice Abdia, «abita nelle caverne della roccia»,
un’allusione al la sua capitale, Ha-Sela ‘ ( 2 Re 14,7), forse l’attuale Petra in Giordan ia,
«dice in cuor suo: Chi potrà scagliarm i a t er r a? ». Ecco, allora, il severo giudizio divino che
umilia i superbi. La scena è molto vivida: l’aquila riesce a collocare il suo nido in altu re
irraggiungibili da piede umano e col suo vo lo m aestoso sembra mirare alle stelle.
È questo i l si mbolo più efficace pe r illust rare l’arroganza del superbo che vorrebb e
sfidare Dio, a scendendo verso il cielo, in u n atto blasfemo e dissacratorio. È quello ch e
Isaia rappresenta in una delle sue pag ine più potenti nella quale il profeta mette in sce n a
il gr ande “imperatore” di allora, il re di Babilonia, la superpotenza orientale. Il suo è
un sogno – che potremmo chiamare “ ap ot eosi” , usando una parola di origine greca che
designa la “ divinizzazione” – un sogno t ra tte gg iato appunto come un’ascensione cel este:
«Salir ò in cielo, sull e stelle di Dio innalze rò il mio trono, risiederò sul monte dell’assemb le a
divina… Salirò sulle regioni che sovra stano le nubi, mi farò uguale all’Altissimo» (Isai a 1 4 ,
13-14).
Ma su bit o dopo, proprio come n ella br eve e icastica finale del passo di Abdia,
anche Isaia introduce una svolta radica le: «E invece, sei stato precipitato negli in feri,
scaraventato nelle profondità degli ab issi» (1 4- 15). La meta del folle volo orgoglioso d el
re di Babel e di quello di Edom non è lo zen it divino ma il nadir infernale: l’ascension e
si trasfor ma in una discesa precipit e e ca tastrofica. È, questa, la lezione che il testo
del misterioso profet a che conosciam o co me Abdia ci lascia nel frammento della sua
brevissima profezia, siglata in finale da u na f rase netta e definitiva: «Il regno sarà del
Signore» ( versetto 21). Il pensiero cor re, allora, alle parole di Cristo: «Vedevo Sata na
cadere dal cielo come folgore» (Luca 1 0, 18).
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