Master in Didattica della Lingua Inglese
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Master in Didattica della Lingua Inglese
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PERUGIA FACOLTA‟ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE DIDATTICA DELLE LINGUE STRANIERE Prof. Luisa Benigni SISS 2006-07 1 Didattica delle lingue straniere (di Lucilla Lopriore) Obiettivi di apprendimento: capire le interazioni sottese ai processi di apprendimento e di insegnamento; comprendere le differenze tra i processi di apprendimento di una lingua madre e quelli di apprendimento di una seconda lingua; riconoscere le caratteristiche delle ipotesi innatiste sull'apprendimento; comprendere e valorizzare il ruolo dell'interlingua dell'apprendente; distinguere tra i diversi tipi di errore; comprendere l'importanza del riconoscimento e dell'analisi degli errori; distinguere tra i vari termini utilizzati nella didattica delle lingue; capire l'origine e le caratteristiche dell'approccio comunicativo; riconoscere e valorizzare i ruoli del docente e dell'apprendente; comprendere le caratteristiche e le finalità dei diversi metodi e approcci all'insegnamento delle lingue; identificare gli aspetti rilevanti, le potenzialità e le implicazioni future di alcuni metodi e approcci per l'insegnamento delle lingue 1. Processi di acquisizione, apprendimento e insegnamento di una seconda lingua In questa unità lezione si presentano alcune delle teorie sull'acquisizione e sull'apprendimento di una prima e di una seconda lingua riportandole nella cornice dei contesti educativi in cui il docente di lingue straniere si trova ad operare. 2 1.1 Interazione tra teoria e pratica Nella figura 1.1 sono rappresentate le relazioni che si intrecciano nel processo di insegnamento e di apprendimento di una lingua straniera determinandone successi o insuccessi. Nell'insegnamento infatti coesistono - influenzandosi reciprocamente - aspetti squisitamente teorici e pratiche didattiche. Tre sono gli elementi distintivi che insistono su ciascuno degli angoli del triangolo, immagine simbolica dei processi di insegnamento e di apprendimento e dell'interazione tra teoria e pratica: 1. la disciplina oggetto dell'insegnamento; 2. l'apprendente e il processo di apprendimento; 3. l'insegnante e il processo didattico da lui/lei messo in atto. Qualsiasi processo didattico intrapreso dovrà quindi tener conto del portato di ciascuno di questi tre elementi. Se si prende ad esempio in considerazione l'ambito disciplinare specifico, nel nostro caso la lingua, non ci si può infatti esimere dal considerare tutte le teorie relative all'evoluzione delle lingue e alla lingua sia come sistema complesso sia come sistema di comunicazione. Lo status teorico delle ricerche sulla lingua ne ha determinato la sua specificità a livello epistemologico. Lo studio e la conoscenza di tali teorie, e la loro elaborazione da parte nostra, sono infatti determinanti nell'impostare l'organizzazione e lo svolgimento del processo di insegnamento. 3 Le altre due punte del triangolo sono di tutt'altra natura e dinamicità, in quanto comprendono due processi alquanto complessi, quello di apprendimento e quello di insegnamento, che sono a loro volta determinati da individui, ovvero l'apprendente e il docente, e dai contesti sociali in cui essi si trovano ad operare. Nel processo di insegnamento, ad esempio, le scelte didattiche poste in atto dal docente si fondano a loro volta sulle conoscenze teoriche possedute dal docente sull'acquisizione di una seconda lingua e sulle ricerche fatte in questo campo, sulle personali convinzioni (ed esperienze) del docente su come si apprende una lingua straniera e sui problemi che tale apprendimento comporta per gli studenti. Un discorso a parte riguarda invece il contesto in cui il docente si trova ad operare, che è a sua volta determinato da condizioni socio-politiche, dagli equilibri e dalle dinamiche interne alla scuola di riferimento e da innovazioni educative1 che intervengono sostanzialmente sulla programmazione di interventi didattici e sulle loro modalità di attuazione. Infine, centrale nelle recenti teorie sull'apprendimento è l'apprendente stesso, con le sue caratteristiche, ovvero i suoi stili cognitivi, le sue competenze strategiche, le sue precedenti esperienze di apprendimento e i suoi successi o i suoi insuccessi, in breve tutto il suo portato. Nell'impostare il proprio programma di insegnamento, il docente dovrà quindi, inevitabilmente, tener conto di aspetti prettamente pedagogici, di quegli aspetti cioè che possono determinare il successo di un qualsiasi processo educativo, semplice o complesso che sia, di un qualsiasi processo di insegnamento in cui il ruolo dell'apprendente diventi centrale e determinante. È l'apprendimento che, comunque, condiziona il sistema educativo. Il successo o l'insuccesso di un gruppo classe, il raggiungimento degli obiettivi di un corso, 'visibili' o tramite i risultati a un esame certificatorio, ad esempio, o nella performance dei singoli e del gruppo nell'ambito di un progetto o di una ricerca, sono poi in grado di determinare eventuali cambiamenti o successive innovazioni sia a livello della singola classe sia a livello istituzionale. Alla base di qualsiasi riflessione che si faccia sul complesso processo di insegnamento e di apprendimento di una lingua straniera è necessario però comprendere uno dei processi più affascinanti sottesi a tutte le teorie sull'apprendimento linguistico, ovvero l'apprendimento della lingua madre. È infatti solo attraverso l'osservazione degli stadi di evoluzione che un bambino attraversa, a partire dalla sua nascita fino a quando è in grado di esprimersi compiutamente nella propria lingua per comunicare, che si possono formulare alcune ipotesi e trarre delle conclusioni su come si apprende un'altra lingua. È proprio su queste osservazioni che molte delle teorie linguistiche si sono susseguite fornendo indicazioni di ordine pratico a chi poi la lingua la insegna. 1.2 Apprendimento della lingua madre La caratteristica distintiva del processo di apprendimento della lingua madre è che tale processo procede contemporaneamente allo sviluppo cognitivo e sociale del bambino, mentre nell'apprendimento di una seconda lingua i presupposti cognitivi di base dell'apprendente sono già dati. Un bambino non procede infatti dalla lingua ai significati, ma dai significati, dalla comprensione di ciò che vuole dire, alla lingua: egli normalmente apprende le parole in base alle situazioni che comprende. Prima apprende l'elemento di significato, solo successivamente la parola. Il bambino impara davvero nel momento in cui la sua 4 comunicazione risulta efficace, nel momento in cui raggiunge lo scopo della sua comunicazione. Si pensi, a tal proposito, alla richiesta di cibo o di acqua, bisogno fondamentale che, una volta soddisfatto, consente al bambino di fissare le espressioni utilizzate che verranno successivamente ripetute. L'apprendimento della lingua madre avviene tramite un processo di riduzione della complessità, in cui il bambino non fa attenzione alla morfologia e utilizza parole di contenuto, formule e frasi fatte. La lingua viene appresa lentamente e tramite esperienze simili tra loro e fatte in interazione con parlanti più capaci. Inoltre, lo scambio, inizialmente semplificato e ridotto al minimo, diventa, proprio a causa dell'interazione con un adulto, gradualmente più complesso: la sintassi del linguaggio infantile si sviluppa infatti con il dialogo. 1.3 Apprendimento di una seconda lingua Il processo di apprendimento di una seconda lingua è un processo altamente complesso e molteplici sono i fattori che lo condizionano, ovvero: I motivi per cui si apprende una lingua; Le capacità linguistiche dei singoli apprendenti nella propria lingua madre; Le conoscenze linguistiche che l'apprendente possiede sia in lingua madre sia in lingua seconda; L'accesso alla lingua e il tipo di input che gli apprendenti ricevono, ambedue variabili dipendenti da contesti che sono comunque modificabili; L'età degli apprendenti; gli studi fatti hanno confermato che la non plasticità del cervello dopo i 7 anni di età non consente infatti di ritenere input in lingua straniera senza rallentamenti e forti interferenze della L1. Emerge quindi chiaramente la necessità, nell'insegnamento di una seconda lingua, di prestare particolare attenzione ai modi con i quali tale lingua viene presentata, oltre a ben calcolare i tempi di assimilazione necessari. Concludendo, è dunque possibile affermare che i processi di apprendimento di una prima lingua (L1) e quelli di una seconda lingua (L2) corrispondono? Seguono cioè la stessa evoluzione? Non sembra che sia proprio così, perché in realtà Questi due processi seguono solo in parte la stessa sequenza di apprendimento; La L1 e la L2 vengono apprese in situazioni e per ragioni profondamente diverse; I risultati finali sono decisamente diversi sia in termini di contenuti sia, soprattutto, in termini di qualità. We can no longer hypothesize similarities between L2 and L1 acquisition as we did at the outset of our investigations. Although both the L2and L1 learner reconstruct the language they are learning, it is intuitive to expect that the manner in which they do so will differ. Children learning a second language are usually older than L1 learners, they are further along their cognitive development, and they have experienced a language once before. These factors should combine to make the specific strategies of the creative construction process in L2 acquisition somewhat different for those of the creative construction process in L1 acquisition. (Dulay & Burt, 1974:225) 5 Apprendere una seconda lingua è un processo facilitato perché si tratta di imparare nuove parole, ma relativamente pochi nuovi concetti; se poi l'apprendente ha più di 12 anni, egli possiede già le operazioni logiche formali che gli consentono di analizzare una frase, ha già una competenza metalinguistica. Lo sviluppo della L1 ha inizio con l'uso libero, spontaneo del discorso e culmina nella realizzazione consapevole delle forme linguistiche; nella L2 lo sviluppo ha inizio con una realizzazione consapevole della lingua e culmina nel discorso spontaneo. Fra questi percorsi di sviluppo differenziati esiste un rapporto di dipendenza reciproca, così l'apprendimento consapevole di una lingua straniera risulta connesso in un rapporto di dipendenza al livello di sviluppo della lingua materna. L'unico fattore che, nel processo di apprendimento di una seconda lingua, rimane comunque modificabile è il tipo di input, sono le occasioni di comunicazione. E, comunque, occorre ricordare che essere esposti alla lingua non è simile all'essere esposti a un virus. Non la si apprende automaticamente. 2. Ipotesi sull'apprendimento di una seconda lingua In questa unità lezione si presenta una rapida sintesi di alcune delle ipotesi relative al processo di apprendimento di una seconda lingua. Tale presentazione segue la cosiddetta traccia delle ipotesi che tra gli anni sessanta e settanta hanno caratterizzato gli studi e le ricerche sulla seconda lingua. 2.1 Le ipotesi innatiste: l'ipotesi dell'identità Le cosiddette 'ipotesi innatiste' vedono la capacità che l'uomo ha di apprendere sia la madre lingua sia la seconda lingua come una capacità biologica. Un classico esempio è la teoria elaborata da Noam Chomsky (1969), il quale sostiene l'ipotesi dell'esistenza di uno speciale dispositivo interno, che si traduce nell'esistenza di universali, categorie sintattiche uguali per tutte le lingue che rendono l'apprendimento possibile. L'ipotesi dell'identità considera i due processi di apprendimento della L1 e della L2 sostanzialmente corrispondenti, salvo che quello della prima lingua avviene tramite processi naturali. L'aspetto interessante di questa ipotesi è il riconoscimento dell'esistenza di stadi di acquisizione nell'apprendimento, ma allo stesso tempo il fatto che il processo possa avvenire senza alcuna dipendenza dalla lingua madre (Dulay & Burt, 1974). 2.2 Le ipotesi innatiste: ipotesi del monitor L'ipotesi del monitor è l'ipotesi più nota tra le diverse ipotesi innatiste. Essa fu elaborata negli anni settanta da Stephen Krashen (1981; 1982; 1985), il quale postula l'esistenza di due processi per sviluppare la competenza in una lingua: l'acquisizione e l'apprendimento. L'acquisizione è quel processo inconscio, implicito, informale e centrato sul senso che caratterizza l'acquisizione della L1, in cui la comprensione di un significato nuovo, in un periodo di silenzio dell'apprendente (silent period), precede la fase dell'acquisizione 6 di una nuova struttura. L'apprendimento è invece uno sviluppo linguistico esplicito, formale, riflessivo che avviene soprattutto in ambito scolastico ed è centrato maggiormente sulla forma e sulla grammatica. I due processi sono posti da Krashen come relativamente indipendenti: l'acquisizione è ritenuto il più importante dei due in quanto governa la performance, mentre all'apprendimento è attribuito un ruolo limitato che si esplica maggiormente in un meccanismo di monitoraggio per il controllo e l'autocorrezione della produzione linguistica. L'input necessario per l'acquisizione è dato dal contesto linguistico informale, mentre un contesto formale come quello scolastico aiuta ad accrescere la conoscenza acquisita. Per Krashen esisterebbe un ordine naturale di acquisizione delle strutture grammaticali, per cui gli apprendenti elaborano un sistema acquisito in situazioni informali e spontanee, attraverso un processo di costruzione creativa e una continua sistematizzazione di ipotesi formulate dall'apprendente. In età scolare il bambino ha una conoscenza subconscia della lingua, non riferita a un sistema formale, che gli fa usare la lingua in maniera spontanea; l'adulto in seguito costruisce un sistema appreso in modo formale, che agendo come monitor interferisce con l'esecuzione resa possibile dal sistema acquisito. L'output e gli errori dipendono dall'attività del monitor che può funzionare a condizione che il soggetto conosca le regole, focalizzi la sua attenzione sulla correttezza formale, disponga di un tempo sufficiente per far funzionare il monitor. Krashen sostiene infatti l'esistenza di un filtro affettivo che si interpone tra i meccanismi di acquisizione e i dati semantici presentati all'apprendente. Questo filtro si compone di tre elementi: la motivazione, la fiducia in se stessi, l'assenza di ansia. Inversamente proporzionale al filtro affettivo è l'acquisizione: più basso è il filtro affettivo più forte è l'acquisizione. L'interesse del modello risiede nell'integrazione che propone nelle varie componenti identificabili nel processo di acquisizione di L2. 2.3 L'interlingua La lingua dell'apprendente negli anni settanta fu definita Interlingua, termine che ha suscitato numerose riformulazioni: sistemi approssimativi, sistemi intermedi, dialetti idiosincratici, grammatica interiorizzata o ancora lingua dell'apprendente. Questo cambiamento terminologico corrisponde ad un ampliamento dell'oggetto di studio, in quanto si è cercato di scoprire i sistemi transitori degli apprendenti, si sono confrontate le produzioni corrette con le produzioni devianti, analizzando così l'acquisizione della lingua a lungo termine. Le numerosissime ricerche svolte in questo campo hanno permesso di circoscrivere i principali tratti delle interlingue che si caratterizzano per il loro aspetto contemporaneamente sistematico e instabile poiché si tratta di sistemi evolutivi; la loro permeabilità; i fenomeni di semplificazioni e di complessità, ad esempio, l'ipergeneralizzazione delle regole, cioè l'utilizzo di un meccanismo al di là del suo campo d'applicazione; le forme di fossilizzazione (Selinker, 1972), ovvero i cosiddetti effetti di 'stagnazione' nell'apprendimento che viene segnato da errori stabili. 7 Nell'ambito degli studi sull'errore Seliger (1979: 71) sviluppa il concetto d'interlingua intesa come "ipotesi circa l'esistenza di un sistema linguistico a sé stante, identificato sulla base dell'output osservabile, risultato dal tentativo di produzione, da parte dell'apprendente, di una norma della lingua seconda". L'apprendente di L2 conserva molto spesso elementi della L1 e li fissa come se appartenessero strutturalmente al sistema della lingua appresa e, così facendo, commette errori di transfert. Ci sono cinque processi che possono determinare l'interlingua: Il transfert linguistico, ritenzione di elementi della prima lingua; Il transfert d'insegnamento, influenza del tipo di insegnamento e dei materiali usati; Le strategie d'apprendimento utilizzate dall'apprendente; Le strategie di comunicazione di una L2, modi seguiti dall'apprendente per comunicare nella L2 anche semplificando gli strumenti; L'ipergeneralizzazione, applicazione di regole della seconda lingua in modo troppo estensivo. Le interlingue sono delle lingue naturali, ma le loro grammatiche sono influenzabili e mutevoli, infatti la "grammatica" dell'apprendente si costruisce grazie ad un doppio processo d'accomodamento e assimilazione. La mutabilità dell'interlingua spiega il motivo per cui gli apprendenti possono trasferire proprietà grammaticali della loro lingua al sistema dell'interlingua. Il sistema interlinguistico è, in un certo senso, intermedio tra la prima e la seconda lingua. La lingua di chi apprende una seconda lingua (L2) è una forma difettosa, distorta e scorretta della lingua che si sta imparando, ma, anche se corretta, le frasi prodotte non saranno mai simili a quelle del parlante nativo della lingua-obiettivo. Gli apprendenti di lingue straniere non parlano la stessa interlingua, così come i bambini non parlano la stessa versione di linguaggio infantile. Le interlingue sono lingue naturali; esse pertanto contengono un sistema di regole linguistiche. A differenza degli altri sistemi linguistici naturali, nell'interlingua può avvenire un'infiltrazione di regole inappropriate alla sua sistematicità interna o l'ipergeneralizzazione o la distorsione di una regola. La proprietà delle interlingue che permette tale penetrazione è chiamata permeabilità dell'interlingua. 2.4 L'analisi dell'errore Nei primi studi sui processi di apprendimento e di insegnamento l'errore viene considerato frutto di interferenza negativa e anche un male da evitare, mentre più recentemente è emersa una visione diversa dell'errore che lo considera indicazione del grado e del livello di conoscenza raggiunti. L'errore è segno dello sforzo, da parte dell'apprendente, di ipotizzare una grammatica adatta a descrivere la seconda lingua, le regole della L2 osservate. L'errore serve all'insegnante per capire quali strategie di apprendimento il discente ha messo in atto per risolvere i propri problemi di comunicazione. Non tutti gli errori degli apprendenti di L2 sono dovuti solo all'interferenza della L1: a volte, per capire la struttura della lingua appresa, si commettono degli errori nel momento in cui si costruiscono le frasi. 8 Gli errori dell'apprendente sono importanti, in quanto forniscono ai ricercatori la prova di come la lingua è stata appresa o acquisita, quali strategie o procedure l'apprendente sta adoperando nella scoperta della lingua (Corder, 1967: 72). Scrive ancora Corder (1980: 13): Bisogna distinguere gli errori che sono dovuti al caso delle circostanze da quelli che si riferiscono ad un momento preciso della conoscenza latente, o come si potrebbe chiamare "competenza transitoria". Gli errori di realizzazione saranno per definizione non sistematici, e gli errori di competenza sistematici [...] Sarà anche comodo oramai chiamare "sbagli" gli errori di produzione, mantenendo il termine di 'errori' per gli errori sistematici degli apprendenti, quelli che ci permettono di ricostruire la loro conoscenza temporanea della lingua, cioè la loro competenza transitoria. Occorre quindi operare una distinzione fra i due termini comunemente utilizzati in inglese per parlare di errori: error e mistake. Mistake è riferito ad un errore di esecuzione: tutti facciamo dei mistakes in L1 o L2. I parlanti nativi sono normalmente capaci di correggere i mistakes o lapsus, che non sono il risultato di una deficienza nella competenza, ma il risultato di alcune imperfezioni nel processo di produzione del discorso; l'error, invece, è una deviazione dalla grammatica dei parlanti nativi, che riflette la competenza interlinguistica dell'apprendente. Il fatto che gli apprendenti facciano errori, e che questi possano essere osservati, consente lo studio degli errori degli apprendenti e di fare un'analisi dell'errore. L'analisi degli errori si sviluppa a partire dal 1970 e analizza gli errori grammaticali e le espressioni inappropriate usate da apprendenti di una lingua seconda. È proprio a partire dall'analisi degli errori che due protagonisti del processo di insegnamento, chi insegna e chi fa ricerca, hanno recentemente trovato un comune terreno di studio e di formulazione di ipotesi nella ricerca sui Learner Corpora, collezioni informatiche degli errori degli apprendenti, che sicuramente contribuirà a un'ulteriore innovazione nello studio delle lingue. 3.Metodi, approcci e tecniche A partire da alcuni chiarimenti terminologici, questa unità lezione si occupa in particolare dell'evoluzione delle teorie linguistiche e della metodologia degli insegnamenti linguistici 3.1 Distinguere i termini Allo scopo di costruire una condivisione terminologica, occorre preliminarmente fare alcune importanti distinzioni fra termini che occorrono sistematicamente negli studi sull'apprendimento di una seconda lingua. La prima distinzione è quella fra il termine metodo e il termine approccio. Different theories about the nature of language and how languages are learned (the approach) imply different ways of teaching language (the method), and different methods make use of different kinds of classroom activities (the technique). A way of teaching a language which is based on systematic principles and procedures, i.e., which is an application of views on how a language is best taught and learned. Different methods of language 9 teaching, such as the Direct method, the Audio-lingual method, the Audio-visual method, the Grammar Translation Method […] result from different views of: the nature of language the nature of language learning goals and objectives in teaching the type of syllabus to use the role of teachers, learners, and instructional materials the techniques and procedures to use. (Richards, Platt, Weber, 1985) Riassumendo, pertanto, si intende per approccio la teoria, o le teorie, sulla natura della lingua, su come si apprendono le lingue, ad esempio l'approccio comunicativo. L'approccio è una filosofia, un punto di vista. Si utilizza il termine metodo per definire i diversi modi - il piano di gradazione e presentazione di ciò che deve essere insegnato - con cui si insegna una lingua sulla base di determinate teorie (approccio): ad esempio il metodo diretto nell'insegnamento delle lingue. Il metodo è, in buona sostanza, una procedura. Con il termine tecnica ci si riferisce invece ai diversi modi di gestire una attività in classe sulla base dei metodi adottati. Ad esempio, nell'insegnamento delle lingue, il role-play. La tecnica è uno strumento operativo. La seconda precisazione che occorre fare è quella tra il concetto di 'competence' e quello di 'performance'; la terza ed ultima distinzione è, infine, fra i termini acquisizione e apprendimento così come la letteratura corrente sulle lingue straniere li continua ad usare; in tal senso, ci possono venire in aiuto le definizioni di alcuni degli studiosi che più si sono interessati ai processi di acquisizione di una lingua straniera, definizioni che, peraltro, rivelano quanto il dibattito sia ancora in corso. Con il termine 'competence' ci si riferisce alla conoscenza che il singolo ha di un sistema, di un evento o di un fatto, un'abilità non direttamente osservabile di fare, di mettere in atto qualcosa (cfr. Douglas Brown, 1987: 24); il termine 'performance' si riferisce invece alla manifestazione, alla realizzazione apertamente osservabile e concreta della 'competence', è il fare qualcosa. In riferimento alla lingua la 'competence' è la conoscenza sottesa di una lingua, delle sue regole grammaticali, del suo lessico, di tutte le sue componenti e delle loro interazioni. La 'performance' diviene, invece, la vera e propria produzione o comprensione degli eventi linguistici (op.cit., 25). Sulla distinzione, già accennata nell'unità precedente, tra acquisizione e apprendimento, si riportano qui di seguito le definizioni di Wilkins e di Holec. Il termine acquisizione è qui usato per il processo tramite cui una lingua viene imparata come risultato di una esposizione naturale ed in gran parte casuale, il termine apprendimento linguistico [per un processo] in cui l'esposizione è strutturata tramite l'insegnamento linguistico (Wilkins, 1974: 26). L'acquisizione è il processo tramite cui avviene l'interiorizzazione delle conoscenze e dei saper fare che costituiscono una competenza linguistica; un processo interno, in buona parte inconsapevole ed involontario. […] L'apprendimento è un processo volontario, cosciente ed osservabile. Esso si attua sotto forma di attività in cui il discente si impegna allo scopo di acquisire determinate conoscenze della L2. Esso ha infatti molto spesso luogo in situazione di insegnamento formalizzato. (Holec, 1990, cit. in Ciliberti, 1994) 10 3.2 Le teorie linguistiche e gli approcci La storia delle teorie linguistiche è, rispetto a molti altri campi, piuttosto recente. Fino agli anni sessanta l'insegnamento di una seconda lingua veniva impartito in modo molto tradizionale; la lingua veniva vista come un sistema fisso di regole e di lessico da apprendere, e l'apprendente come un contenitore di tali regole, la cui unica azione era la ripetizione continua e controllata dell'input fornito dal docente. La lingua straniera viene insegnata nella L1 dell'allievo e il materiale linguistico è costituito da frasi isolate in lingua madre, scelte in funzione dei contenuti grammaticali da insegnare, che vengono poi tradotte nella L2. Lo schema riportato qui di seguito riassume i tratti di uno dei metodi più diffusi fino agli anni settanta, il metodo grammaticale-traduttivo. Metodo grammaticale-traduttivo: Teoria: Lingua scritta e letteratura; latino come modello; grammatica prescrittiva. Obiettivi: scrittura formale e lettura di brani letterari. Sillabo: organizzato sulla grammatica, il lessico sugli argomenti. Attività: traduzione, esercizi grammaticali, memoria, composizioni scritte, riempimento di spazi. Apprendente: riceve le istruzioni dell'insegnante (vaso da riempire di nozioni). Insegnante: unica autorità. Materiali: grammatica e eserciziari; classici; semplificati. Lingua usata: quasi sempre L1. Valutazione: traduzione, composizione, riassunto, interrogazione. Errori: accuratezza e correttezza; correzione meticolosa. L'evoluzione delle teorie linguistiche è stata invece recentemente legata agli studi e alle ricerche fatte nell'ambito dell'acquisizione e dell'apprendimento della lingua madre e di una seconda o terza lingua, in quanto tali studi hanno, in parte, rivelato le modalità con cui l'apprendente elabora l'input linguistico sia in situazioni di apprendimento spontaneo sia in situazioni di apprendimento guidato. All'inizio degli anni settanta Lois Bloom sviluppò ulteriormente gli studi sul linguaggio dei bambini enfatizzando il valore dell'interazione tra lo sviluppo percettivo e cognitivo e gli eventi linguistici e non, che hanno luogo nell'ambiente in cui il bambino vive: "ciò che i bambini sanno determinerà ciò che apprendono sul codice che serve per parlare e per capire i messaggi" (Bloom, 1976: 37). Diventa, pertanto, fondamentale per gli studiosi analizzare tutta la parte che attiene alle funzioni della lingua - che vanno ben oltre il pensiero cognitivo e la struttura della memoria -, tutto ciò che riguarda in particolare le funzioni che consentono di comunicare. L'analisi dei processi comunicativi può essere fatta solo attraverso lo studio sistematico di tutti quegli elementi che compongono la comunicazione, l'evidenza dei quali può essere colta solo attraverso lo studio della conversazione e di ciò che la caratterizza. Paradossalmente, come fa rilevare giustamente Douglas Brown (1987: 24), gli studiosi ritornano ancora una volta ad interessarsi - come avevano fatto prima i comportamentisti, ma per tutt'altra ragione - di ciò che è direttamente osservabile: le 11 pause, le esitazioni, le parole usate, la costruzione della frase. L'approccio nozionale-funzionale-comunicativo, il cui carattere consiste nel valorizzare la comunicazione come funzione essenziale del linguaggio, è tra gli approcci più diffusi nelle scuole dalla fine degli anni settanta. L'approccio è definito funzionale perché la lingua è organizzata in funzione del suo uso concreto (presentarsi, chiedere per conoscere o per ottenere, accettare, rifiutare, eccetera). Al concetto di funzione si lega quello di nozione (intesa come categoria concettuale): i contenuti sono articolati secondo nozioni universali quali tempo, spazio, percezioni fisiche, parentele o altro, affinché l'alunno arrivi a comprendere l'universalità del fatto linguistico indipendentemente dalla lingua usata. Sul piano didattico la scelta di tale approccio comporta due conseguenze: i contenuti e le strutture da presentare all'alunno sono individuati in funzione della loro spendibilità in situazioni comunicative concrete; nelle attività didattiche si privilegiano situazioni in cui la lingua è effettivamente usata per comunicare. Ciò è reso possibile dal ricorso al principio del "vuoto informativo" (information gap): in ogni attività di conversazione, intervista, ascolto e così via, colui che parla veicola messaggi contenenti informazioni che gli ascoltatori non posseggono. 3.3 Dalla competenza comunicativa all'approccio comunicativo Nel 1972 Hymes introduce l'idea di una competenza comunicativa: a differenza della competenza linguistica - ovvero la conoscenza esperta di vocaboli e di strutture - è quella competenza in una lingua determinata, sì, anche da conoscenze linguistiche, ma che consiste soprattutto nella capacità di riconoscere e prendere parte ai cosiddetti atti comunicativi, nella capacità di usare la lingua in contesti comunicativi e di portare con successo a termine un'interazione comunicativa. La nozione di competenza comunicativa determina lo sviluppo di una serie di approcci all'insegnamento - approcci comunicativi - che tengono conto dei bisogni dei discenti, enfatizzano l'uso della lingua quotidiana e corrente, accettano la varietà linguistica di una lingua e considerano criterio di successo il fatto che gli studenti comunichino efficacemente ed in modo appropriato ai contesti (Nunan, 1988). The goal of teachers who use the Communicative Approach is to have one's students become communicatively competent […]. Communicative competence involves being able to use the language to a given social context. To do this students need knowledge of the linguistic forms, meanings and functions. They need to know that many different forms can be used to perform a function and that a single form can often serve a variety of functions. They must be able to choose from among these the most appropriate form, given the social context and the roles of the interlocutors. They must be able to manage the process of negotiating meaning with their interlocutors. (Larsen-Freeman, 1986: 131) Nell'approccio comunicativo, Gli apprendenti imparano una lingua usandola per comunicare; Obiettivo delle attività di classe è la comunicazione autentica e significativa; La fluenza è l'aspetto più importante della comunicazione; 12 Comunicare comporta l'integrazione tra le quattro abilità; Apprendere è un processo di costruzione creativa e comporta un continuo processo di prova ed errore. Gli ultimi decenni sono stati caratterizzati dall'evoluzione di teorie linguistiche che si fondano sulla nozione di competenza comunicativa e su un approccio che pone il discente al centro del processo di apprendimento e di insegnamento. Tali approcci hanno determinato sillabi che tengono conto degli stili individuali di apprendimento degli studenti, enfatizzano lo sviluppo delle strategie di apprendimento al fine di promuovere l'autonomia del discente, e tengono conto di quanto la psicologia umanistica e la pedagogia non direttiva (Rogers, 1975) indica al fine di favorire la crescita personale degli studenti. Riassumendo, i metodi e gli approcci si differenziano e si sviluppano a seconda se essi sono centrati sulla lingua, sull'insegnamento, sull'apprendente o sull'apprendimento. 3.4 Ruoli dell'insegnante e dello studente All'evoluzione dei metodi e degli approcci all'insegnamento delle lingue negli ultimi decenni è corrisposta un'inevitabile modifica dei ruoli dei docenti e degli apprendenti e delle loro relazioni all'interno della classe. Nella tabella seguente (Fig. 1.2) sono riportati nella prima colonna alcuni tra i principali metodi e approcci e, a titolo esemplificativo, si è cercato di definire il ruolo ricoperto rispettivamente dal docente e dallo studente. Se, ad esempio, uno dei primi metodi, l'Audio-lingualism, era fondato sul principio che la lingua si apprende soprattutto ripetendola e che il docente è l'unico riferimento certo della correttezza della lingua, l'apprendente non potrà che ripetere quanto gli viene presentato nella convinzione che in tal modo riuscirà ad imparare. Nell'approccio suggestopedico, invece, la riuscita dell'apprendimento dipende dalla capacità del discente di affidarsi totalmente al docente guida sia a livello cognitivo sia affettivo. 13 Le distinzioni tra i diversi ruoli del docente e del discente non sono gli unici criteri che ci consentono di classificare metodi e approcci, lo sono anche le diverse teorie psicologiche sull'apprendimento che hanno avuto un'evoluzione forte e consistente negli ultimi cinquant'anni. La tabella che segue (Fig. 1.3) riporta nuovamente alcuni metodi e approcci, distinti questa volta cronologicamente rispetto all'evoluzione delle teorie. 14 4. Metodi e approcci alternativi nell'insegnamento delle lingue L'insegnamento delle lingue straniere è stato più di altri contraddistinto da sperimentazioni metodologiche che si sono avvalse di stimoli e di suggestioni provenienti da aree disciplinari diverse. La sua configurazione come disciplina giovane rispetto ad aree disciplinari di origine più antica gli ha consentito di fare tesoro delle più recenti innovazioni educative. Altro aspetto caratterizzante la didattica delle lingue è il suo eclettismo; essa infatti attinge ad una varietà di ambiti, quali la linguistica, la psicolinguistica, la sociolinguistica, le scienze dell'educazione e la psicologia. Questo particolare aspetto le ha consentito nel corso del tempo di sviluppare proposte didattiche e approcci ricchi di potenziale interdisciplinare. Inoltre, il confronto continuo fra le teorie dell'apprendimento delle lingue e l'osservazione dei processi di apprendimento in classe, nonché l'enfasi posta sull'aspetto prettamente comunicativo dell'acquisizione di competenze in lingua straniera, hanno favorito lo sviluppo di diversi metodi, approcci e tecniche utilizzati parallelamente o in alternativa all'approccio comunicativo. La peculiarità di tali tendenze è data dal modo con cui esse affiancano o si sostituiscono agli approcci tradizionali facendo uso di tecniche o di metodologie prese in prestito da aree e campi disciplinari molto diversi tra loro. Elemento caratterizzante di tali metodi e approcci alternativi è il loro riferimento agli approcci di tipo umanistico (Rogers, 1962, 1969; Moskowitcz, 1978) e a un orientamento centrato sul discente, sulle sue individuali caratteristiche e sulle potenzialità delle interazioni che l'insegnante può sollecitare all'interno di una classe. All'infuori di quegli approcci che hanno posto l'accento sull'autonomia nell'apprendimento, approcci nati nell'ambito del CRAPEL (Centre de Recherches et d'Applications Pédagogiques en Langues) dell'Università di Nancy, Francia (Holec, 1981), la maggior parte di questi metodi alternativi sono stati elaborati negli Stati Uniti o in Canada, dove i problemi legati ai forti flussi migratori hanno sollecitato una maggiore riflessione sulle forme di insegnamento più idonee. A differenza dei contesti di insegnamento dell'inglese come lingua straniera, quali, ad esempio, i contesti europei, le metodologie e gli approcci alternativi si sono radicati in molti dei contesti dove l'inglese è insegnato come seconda lingua. Ciò nonostante, è opportuno riflettere sulle caratteristiche di alcuni di questi approcci, in quanto forniscono utili spunti e suggeriscono modalità che possono essere inserite anche all'interno di un approccio considerato più tradizionale. 4.1 Total Physical Response Tra i metodi che sono stati definiti come o minori o alternativi alle forme tradizionali, uno si propone - per la fascia dei giovani apprendenti - l'attivazione fisica dei discenti: è il TPR (Total Physical Response, Risposta Fisica Totale). Elaborato dall'americano James Asher (Asher, 1982) e proficuamente utilizzato negli USA per l'insegnamento delle lingue straniere, si fonda sulla presentazione di comandi con difficoltà 15 opportunamente graduate, che richiedono l'esecuzione di attività fisiche. A partire dalla constatazione che i bambini cominciano a parlare dopo un lungo periodo di ascolto e che la reazione all'ascolto è legata a risposte di tipo fisico, Asher studiò il funzionamento dell'emisfero destro del cervello, parte preposta al controllo del comportamento non verbale. Asher si rese conto che la classe di lingua straniera era il luogo in cui maggiore era la concentrazione di situazioni ansiogene che ostacolano l'apprendimento. Occorreva quindi creare condizioni che consentissero agli studenti di diminuire l'ansia e di interiorizzare la lingua straniera senza esigere da loro che parlassero subito. Fondamentale diventa quindi il ruolo dell'insegnante, che ha il compito di dirigere il comportamento degli studenti dando una serie di comandi in lingua straniera, accompagnandoli con le azioni oggetto dei comandi e invitando la classe ad imitarlo (v. Fig. 1.2). Gli alunni 'rispondono' agendo, non parlando; spesso uno di loro assume la funzione di esempio, con ciò favorendo una maggiore partecipazione affettiva ed emotiva dei compagni. Quando, successivamente, gli studenti avviano la produzione orale, sostituiscono l'insegnante nel dare istruzioni. Il metodo di Asher si basa su due assunti: la capacità di comprensione precede quella di produzione; richiedere troppo presto ai discenti di parlare in lingua può creare frustrazioni e inibizioni. I risultati del TPR mostrano grandi benefici per i discenti in stadi precoci di apprendimento: il tempo inizialmente dedicato all'ascolto, oltre a favorire la comprensione orale, permette di iniziare la produzione con un numero minore di errori e con maggiore speditezza. Meaning in the target language can often be conveyed through actions. Memory is activated through learner response. Beginning foreign language instruction should address the right hemisphere of the brain, the part which controls nonverbal behaviour. The target language should be presented in chunks, not just word by word. The students' understanding of the target language should be developed before speaking. […] The way to do this, Asher believes, is to base foreign language learning upon the way children learn their native language." (Larsen-Freeman, 1986: 116) 4.2 Community Language Learning Il Counseling Learning e la sua diretta applicazione nel campo dello studio delle lingue straniere, il Community language learning, appartengono agli approcci non direttivi fondati sull'assunto che l'apprendente acquisisce graduale indipendenza, sicurezza di sé, ed è posto nelle condizioni di superare le difficoltà iniziali con l'aiuto di un docente che, per molti versi, assume un ruolo analogo a quello di un consigliere terapeutico (counsellor). L'insegnante opera per modificare in positivo le sensazioni negative che di solito si attivano nei primi stadi dell'apprendimento. L'apprendente è guidato in un processo che, stimolando gli aspetti affettivi e l'interazione con gli altri, facilita l'autostima e la crescita di valori e consente l'individualizzazione dell'apprendimento (v. Fig. 1.2). A partire dal 1959 Charles A. Curran, professore di Psicologia Clinica alla Loyola University di Chicago, rifacendosi alle idee di Carl Rogers sui gruppi e sulle potenzialità delle interazioni personali nei processi educativi, condusse una ricerca sull'apprendimento delle lingue straniere tramite il rapporto di counseling 16 terapeutico. Attività, tecniche e procedure derivate dai suoi lavori sono tuttora utilizzate in molte classi di lingua straniera. Il Community Language Learning (CLL) ha avuto una grande diffusione negli Stati Uniti e in Canada, all'interno delle comunità di immigrati che più si erano sottratte alla esposizione - e alla conseguente acquisizione - della lingua inglese. In particolare il CLL si è rivelato un efficace strumento con le donne di queste comunità che avevano ridotte opportunità di scambi sociali. Le caratteristiche di questo tipo di approccio sono riassunte da Curran nella frase "Learning is Persons": l'apprendimento consiste nelle persone che sono coinvolte in esso, perché il vero apprendimento richiede una forma di investimento su di sé e sugli altri. Il docente deve costruire un rapporto con gli studenti, ma anche tra gli studenti. Il docente offre costantemente al singolo studente l'opportunità di rivolgersi a lui o agli altri componenti del gruppo per chiedere aiuto, se necessario. In una delle attività solitamente proposte nel CLL, gli studenti sono invitati a sedersi in circolo intorno a un tavolo su cui è stato appoggiato un registratore. Il docente annuncia che gli studenti faranno una conversazione in lingua straniera con il suo aiuto, che la conversazione sarà registrata, e che lui interverrà solo per fornire l'equivalente in lingua della frase che ciascuno studente vorrà dire. Ciascuno studente che vuole fare conversazione con gli altri potrà chiamare il docente per farsi aiutare a dire la frase che vuole, facendosela ripetere fino a che non si sentirà sicuro di dirla. Alla fine sul registratore ci sarà l'intera conversazione che il docente farà riascoltare e trascriverà alla lavagna. Il docente chiederà poi ai partecipanti di raccontare le sensazioni provate durante tutta l'esperienza. Gli studenti hanno quindi prodotto un testo in lingua straniera solo nel momento in cui si sono sentiti sicuri senza interferenze dell'insegnante. È proprio su questo clima di reciproca fiducia e di costruzione di autostima che lo studente è in condizione di sviluppare una vera competenza comunicativa. Da un rapporto di totale dipendenza dal docente passerà a un rapporto di completa indipendenza. Secondo Curran, sei sono gli aspetti che caratterizzano questo tipo di apprendimento, detto 'non difensivo': la sicurezza, la capacità di affrontare una situazione nuova, l'attenzione ai singoli compiti attivati, la riflessione sulla lingua e sul proprio apprendimento, la memorizzazione dei nuovi elementi e, infine, la capacità di discriminare tra varie forme linguistiche. L'approccio è stato oggetto di molte critiche, soprattutto relative al lungo tempo impiegato per imparare, e alla necessità che il docente sia fluente nella lingua madre degli studenti. Permane comunque la certezza che l'approccio utilizzato serva a diminuire le resistenze emotive tipiche di un apprendimento di adulti. 4.3 The Silent Way L'approccio silenzioso, il Silent Way, è una modalità di insegnamento in cui il docente si limita a parlare nella lingua straniera solo nei momenti in cui fornisce agli studenti il primo stimolo uditivo sui suoni di base della lingua oggetto di studio, suoni considerati blocchi strutturali della lingua stessa. L'insegnante, nel presentare i diversi suoni, li associa ciascuno ad un colore diverso tra quelli raffigurati su un cartellone (Fidel Chart) appeso alla parete. Nel cartellone dal fondo scuro, bastoncini di colori e lunghezza diversi (Rods) - simili ai regoli di Binet - sono indicati a turno dal docente con una bacchetta di 17 metallo e associati in tal modo all'emissione del suono corrispondente. Questi bastoncini serviranno poi da struttura di partenza per la successiva costruzione di parole e di frasi da parte dello studente. L'insegnante, partendo da situazioni comunicative predeterminate, senza più parlare passerà ad indicare la scomposizione in lettere delle singole parole su altri cartelloni raffiguranti bastoncini di colori e di lunghezza diversi, e, in tal modo, solleciterà la produzione di interventi più o meno lunghi da parte degli studenti. Il silenzio è la chiave di volta di questo approccio elaborato da Caleb Gattegno negli anni settanta negli Stati Uniti. Il silenzio del docente attiva la produzione dell'apprendente, mentre il silenzio dello studente è un modo per consentirgli di sperimentare la lingua straniera e le sue strutture prima al proprio interno, e solo in una fase successiva esternamente. Secondo Richards e Rogers (1986: 99), l'approccio Silent Way si fonda sui seguenti presupposti teorici dell'apprendimento: L'apprendimento è facilitato se il discente apprende scoprendo o creando, piuttosto che tentando di ricordare e di ripetere; L'apprendimento è più efficace se fondato sulla risoluzione di problemi relativi a quanto si apprende; L'uso mediato di oggetti, come nel caso dei rods, facilita l'apprendimento. Secondo Gattegno solo il discente può 'fare' apprendimento: l'insegnamento è infatti subordinato all'apprendimento. L'insegnante si limita a indirizzare l'attenzione dello studente su alcuni suoni e su alcuni colori; sarà poi lo studente a costruire da questi stimoli una serie di combinazioni che gli consentiranno, dopo un primo momento di silenzio, di esprimersi con frasi complete e di farsi capire. Successivamente sarà compito dell'insegnante sollecitare riflessioni degli studenti, quasi sempre in lingua madre, sull'esperienza compiuta, in modo da superare i blocchi caratteristici della prima fase dell'apprendimento della lingua straniera. Silenzio, bastoncini colorati, associazioni visive e sonore, ritmicità data dalla scansione della bacchetta, costruzione per blocchi successivi, uso enfatizzato e ripetuto dei movimenti della mano dell'insegnante, utilizzo della madre lingua per le istruzioni iniziali e mai per le traduzioni, tutti questi elementi sono fondati su una visione dell'apprendente come soggetto attivo con ritmi e modalità individuali di assimilazione delle strutture della lingua. Gattegno sostiene che l'individuo, nel processo di conoscenza, ha bisogno di confrontarsi continuamente con nuovi limiti, ed è proprio in questa fase di 'sfida' ai propri limiti cha l'approccio silenzioso sollecita l'apprendente a operare una modificazione delle conoscenze pregresse. Gli studenti sono così impegnati in un continuo tentativo di approssimazione alla lingua con un costante alternarsi di tentativi e di errori. Gli errori vengono considerati parte indispensabile del processo di apprendimento, fase inevitabile nell'esplorazione che lo studente intraprende nel confronti della lingua. L'insegnante si dovrà quindi impegnare a creare situazioni in cui lo studente possa autocorreggersi. Il Silent Way, a dispetto dei successi riscontrati in tutte le esperienze fatte, non è molto diffuso nella pratica quotidiana, soprattutto perché il docente che lo utilizza deve avere una formazione ad hoc; viene invece molto spesso utilizzato nell'insegnamento precoce di una lingua straniera. 18 4.4 Suggestopaedia Il metodo Lozanov per l'apprendimento delle lingue straniere, altrimenti denominato 'Suggestopaedia', fu sviluppato per la prima volta in Bulgaria, alla fine degli anni sessanta, nell'Istituto di Suggestologia di Sofia da Georgi Lozanov, uno psicoterapeuta bulgaro, e dalla sua équipe. In quegli stessi anni il metodo si diffuse rapidamente in Ungheria, in Germania dell'est e in Unione Sovietica, dove fu oggetto di numerose ricerche. La Suggestopedia, facendo riferimento alla ricerca sovietica sulle percezioni extrasensoriali e ai principi di rilassamento dello yoga, si fonda su tre principi: l'apprendimento coinvolge contemporaneamente sia l'aspetto conscio sia quello inconscio del discente; si può apprendere molto più velocemente di quanto normalmente avvenga o si creda; l'apprendimento è fortemente condizionato, e pertanto rallentato o impedito, dalle regole e dalle limitazioni imposte dalla società in cui si vive. Occorre quindi che chi apprende si ponga in una situazione che gli consenta di 'desuggestionarsi' dalle precedenti influenze (suggestioni) negative che agiscono da barriere antisuggestive all'apprendimento. Tale condizione viene determinata dall'uso di musica barocca (Corelli, Vivaldi, Haendel, Bach), i cui movimenti lenti favoriscono quello stato di rilassamento e di meditazione (lo stato alpha) di cui si ha bisogno per assorbire i materiali linguistici a livello inconscio. Le procedure che il metodo Lozanov impiega per facilitare il processo di apprendimento sono legate al ciclo suggestopedico di lezioni intensive della durata di ¾ ore ciascuna, per una media di sei incontri settimanali. Durante tali incontri la disposizione e l'arredamento della classe, il ruolo dell'insegnante, le musiche e i ritmi utilizzati consentono una graduale 'infantilizzazione', ovvero un regresso del discente a quello stato di apertura mentale e di permeabilità alle nuove esperienze tipico dell'infanzia (v. nuovamente le Figg. 1.2 e 1.3). I materiali consistono in 10 unità, ognuna con 150 parole nuove che compaiono in dialoghi letti più volte dall'insegnante e su sottofondo musicale. Il gruppo classe è composto da 12 persone comodamente sedute in circolo in una stanza sulle cui pareti ci sono cartelli con immagini del paese di cui si studia la lingua e i testi dei dialoghi che vengono man mano presentati. L'insegnante è riconosciuto come autorità all'interno del gruppo e costruisce un rapporto di totale fiducia con i suoi studenti, incoraggiandoli a partecipare, ad usare anche identità diverse che consentano loro di intervenire senza correre rischi. La lingua madre viene spesso utilizzata nelle prime lezioni per tradurre quanto non viene compreso dei dialoghi. Il processo di apprendimento così attivato consentirà un maggior grado di memorizzazione di parole (hypermnesia). Esistono due versioni della Suggestopedia, una europea legata alla adesione rigorosa al modello elaborato da Lozanov, e una seconda, l'adattamento americano, in cui è stata operata una scelta su alcuni degli elementi che caratterizzano il metodo. Del modello originale, nelle versioni più comunemente utilizzate, rimangono: l'atteggiamento positivo del docente, l'enfasi sugli aspetti consci e inconsci dell'apprendimento e l'utilizzo di musiche e letture ritmate dei dialoghi per favorire il rilassamento e la 'desuggestione' graduale. È difficile infatti in un normale contesto scolastico seguire per intero il ciclo suggestopedico, disporre di classi a 19 numero fisso e con periodi così intensi di lezioni di lingua e avere a disposizione insegnanti di lingua preparati ad utilizzare anche tecniche di respirazione yoga e procedure di natura psicoterapeutica. Oltre ai problemi pratici, diverse sono state le critiche al metodo Lozanov in merito ai pretesi risultati, prima fra tutti la mancanza di dati attendibili sugli esperimenti effettuati e l'assenza di una correlazione diretta tra memorizzazione e acquisizione. A fronte delle critiche, è comunque degno di attenzione quanto afferma Earl Stevick (1976: 158) sulla Suggestopedia: che, pur se convenzionale nella sua visione della lingua rispetto ad altri approcci innovativi, offre comunque all'apprendente la possibilità di superare quelle difese e quelle barriere che solitamente ostacolano l'apprendimento. E questo è possibile grazie all'uso di un doppio intervento: quello conscio o verbale e quello inconscio o non verbale. 5. Metodi e approcci: uno sguardo al futuro Negli ultimi anni si sono sviluppati alcuni metodi, approcci e tecniche per l'insegnamento delle lingue straniere che hanno stentato ad attecchire, soprattutto a causa della mancanza di materiali didattici e libri di testo tarati su questi approcci. Alcune di tali tendenze dovrebbero essere invece osservate e seguite con molto interesse dai docenti di lingua perché sono ricche di implicazioni disciplinari e interdisciplinari. Parliamo di esperienze come il Lexical Approach, il Task-based Learning, il CLIL, il Cooperative Learning e, infine, la linguistica dei corpora. Ciascuno di tali approcci ha alle spalle un lungo e approfondito lavoro di ricerca e di sperimentazione, ed essi si pongono come aree di riferimento per il futuro della didattica delle lingue e la progettazione di percorsi didattici significativi. 5.1 Lexical Approach L'approccio lessicale (Lexical Approach) è il risultato di una serie di ricerche fatte nell'ambito dei lavori sui corpora linguistici, raccolte su computer di produzioni linguistiche sia scritte sia orali che possono essere rapidamente analizzate al fine di ricavarne indici di frequenza e collocazioni. La differenza tra l'approccio lessicale e quello comunicativo è il riconoscimento della sempre maggiore importanza del lessico nell'apprendimento di una lingua straniera. Alcuni dei principi sottesi a tale approccio sono: Language consists of grammaticalised lexis, not lexicalised grammar […]. Much language consists of multi-word chunks. A central element of language teaching is raising students' awareness of, and developing their ability to chunk language successfully. Collocation is integrated as an organising principle within syllabuses. Evidence from computational linguistics and discourse analysis, influence syllabus content and sequence. It is the co-textual rather than situational elements of context which are of primary importance for language teaching. (Lewis, 1993: vi-vii) 20 L'approccio lessicale, quindi, partendo dal presupposto che la lingua è composta da 'lessico grammaticalizzato' e non da 'grammatica lessicalizzata' pone l'accento sulla ricorrenza dei vari chunks, unità lessicali e fonologiche normalmente composte da più di una parola, in contesti combinati per produrre messaggi coerenti. I vocaboli infatti non sono normalmente utilizzati da soli, e l'esplorazione dell'ambiente in cui ricorrono, oltre a riunirli in combinazioni di utilizzo tipico, può stimolarne un uso probabile e generativo. Occorre infatti che la lingua sia esercitata su situazioni e su espressioni che vengono con maggiore probabilità usate nella vita quotidiana, piuttosto che su possibili combinazioni della lingua che si possono fare sulla carta a solo scopo esercitativi, come spesso invece accade in molte lezioni di lingua. Nei suoi due testi The Lexical Approach (1993) e Implementing the Lexical Approach (1997a), Michael Lewis identifica quattro tipi di chunks: Words, Collocations, Fixed Expressions e Semi-fixed Expressions, su cui il docente dovrebbe incentrare il suo intervento didattico. Esaminiamole nel dettaglio per identificarle e poterle quindi utilizzare in modo mirato nelle lezioni di lingua. Words Contractions: can't - don't; Polywords: Sentence adverbs: on the other hand, in some ways, by the way; Expressions of time: the day after tomorrow, every now and then, up to now; Prepositions of place: on either side of, upside down; Information content words: That's / That sounds / That must be / great, exciting, interesting, fun; Common words: mind, way, thing; De-lexicalised words: which, on, this, then, take (take your time), get, make (make up your mind), have (have a snack), keep, call. Collocations Con il termine collocations si intendono quelle combinazioni di vocaboli che ricorrono con una frequenza non casuale. Vengono anche chiamate word partnerships, e possono essere fisse, semi-fisse o aperte. Quando una parte delle 'words' della partnership appare in un messaggio, è lecito aspettarsi che l'altra o le altre parti la completino. Ecco alcuni esempi di tali combinazioni: Interested in…; A bar of…; We had a …time; She's good at…; It consists of…; Could I borrow your…, please? Fixed Expressions Le espressioni fisse sono di solito espressioni naturali simili a modi di dire, che si ritrovano nel linguaggio solo ed esclusivamente in quella forma. E' come se fossero una parola sola, ed hanno spesso un elevato potere evocativo. Esempi di espressione fissa sono: You can't miss it!, Take it or leave it! 21 Semi-Fixed Expressions Le espressioni semi-fisse invece permettono una certo grado di variazione al loro interno. Esempi di queste espressioni sono: Do you…? Did you…? Have you ever…? How (nice / wonderful / …)! Yours (sincerely …) Insegnare la lingua seguendo un approccio lessicale significa porre maggiore attenzione a: la ricorrenza dei chunks; le tecniche di ascolto; il confronto e contrasto tra la lingua madre e la lingua straniera; l'uso del dizionario come risorsa; la lingua probabile anziché quella possibile. Un simile approccio prevede dunque l'introduzione precoce di elementi linguistici, presentati appunto all'inizio come chunks of language e non necessariamente analizzati da subito in modo tradizionale. Ciò anche per sensibilizzare l'allievo a riconoscere - ad esempio - espressioni al passato o al futuro, senza dover aspettare per forza il modulo che presenta tali forme in modo sistematico. Risulta fondamentale in questo senso il riciclo e il progressivo approfondimento di strutture/funzioni/esponenti incontrati, con ampliamento e successiva riflessione analitica sul sistema linguistico della lingua straniera. 5.2 Task-based Learning Gli attuali studi sull'insegnamento delle lingue hanno sottolineato la rilevanza dell'utilizzazione di compiti non direttamente linguistici nell'insegnamento delle lingue. Si intende 'compito' qualsiasi azione con uno scopo preciso, ritenuta necessaria a raggiungere un determinato risultato nel contesto di un problema da risolvere, un obbligo da assolvere o un obiettivo da raggiungere. Apprendere per 'compiti' richiede l'uso di strategie sia nel comunicare sia nell'apprendere. Per svolgere un compito è necessario usare attività linguistiche, occorre saper utilizzare testi sia orali sia scritti. Alla nozione di compito viene dedicato l'intero capitolo 7 del Quadro di riferimento europeo delle lingue dove i compiti sono descritti come: a feature of everyday life in the personal, public, educational, or occupational domains. Task accomplishment by an individual involves the strategic activation of specific competences in order to carry out a set of purposeful actions in a particular domain with a clearly defined goal and a specific outcome. […] Tasks can be extremely varied in nature, and may involve language activities to a greater or lesser extent, for example: creative (painting, story writing), skills based (repairing or assembling something), problem solving (jigsaw, crossword), routine transactions, interpreting a role in a play, taking part in a discussion, giving a presentation…[…]. Communication is an integral part of tasks where participants engage in interaction, production, reception or mediation or a combination of two or more of these…" (Council of Europe, 2001: 157) 22 Completare un compito comporta l'attivazione strategica di competenze specifiche per portare a termine un insieme di azioni in un ambito particolare con uno scopo ben chiaro e con un risultato definito. La definizione della natura dei compiti e le loro caratteristiche sono stati centrali nel dibattito tra chi effettua ricerche sull'acquisizione di una seconda lingua e tra docenti e autori di materiali didattici e libri di testo. Se, in particolare, i ricercatori sono particolarmente interessati a comprendere quanto la strutturazione di un compito determini l'interlingua degli studenti, i docenti cercano di utilizzare compiti che aiutino gli studenti ad apprendere, ovvero che producano lingua che rimanga poi con loro, riutilizzabile in nuovi modi e contesti. Cosa si intende esattamente per compito (task) e in che modo è diverso da un esercizio o da un'attività? Rod Ellis (2003: 4) illustra alcuni dei maggiori studi sull'apprendimento per compiti (task-based learning) e fa una distinzione tra compiti che si possono portare a termine senza usare la lingua, ad esempio 'dipingere uno steccato', e compiti che hanno invece bisogno della lingua, come ad esempio 'prenotare un volo'. Per Ellis, al contrario degli esercizi, che si focalizzano soltanto sull'uso della lingua, i compiti sono attività che richiedono primariamente un uso della lingua focalizzato sul significato. Anche se lo scopo principale sia dei compiti sia degli esercizi è di apprendere una lingua, è il modo con cui questo scopo viene realizzato che fa la differenza. Per meglio comprendere il ruolo e la funzione di un compito, è necessario riflettere sulle diverse variabili che in esso occorrono, ad esempio le ragioni per la sua utilizzazione, il ruolo svolto dai partecipanti, il suo grado di autenticità, i processi cognitivi attivati e i risultati attesi. I compiti sono stati creati solo per trasmettere un messaggio o per produrre un esempio di lingua corretta? I partecipanti usano autenticamente la lingua o è stato loro richiesto, come avviene per gli esercizi, di dimostrare di aver appreso? Su cosa è concentrata l'attenzione dell'apprendente quando svolge un compito? Sull'uso della lingua o sull'accuratezza della sua performance? Cosa si intende per compiti „reali‟? Sono azioni che si svolgono nella vita quotidiana, ad esempio chiedere di dare delle istruzioni per montare un apparecchio o chiedere di discutere sull‟opportunità di andare o non andare a vedere un film. Questa definizione di compito, pertanto, escluderebbe compiti quali: “Descrivi questa figura” o “Individua le differenze”, compiti frequenti nei corsi di lingua? Anche se non autentici, questi tipi di compito hanno però il vantaggio di attivare performances linguistiche molto simili a quelle del mondo reale. Quando si costruisce un compito quale dovrebbe essere l'equilibrio tra la complessità del ragionamento che si richiede all'apprendente e la lingua che ci si aspetta egli produca? In che misura i docenti utilizzano il prodotto di un compito come indicatore della performance di un apprendente? I criteri centrali per sviluppare compiti significativi sono i seguenti (Ellis, 2003: 9): 1. Un compito costituisce un piano di lavoro per quella che sarà poi l'attività di uno studente. 2. Un compito impegna l'apprendente nell'uso pragmatico della lingua piuttosto che in una esibizione della lingua, comporta quindi una focalizzazione sul significato. 3. Un compito dovrebbe impegnare gli apprendenti in attività autentiche o che almeno riflettano i processi d'uso della lingua che avvengono nelle comunicazioni reali. 23 4. Un compito deve stimolare i processi cognitivi dell'apprendente, ad esempio operazioni come selezionare, classificare, valutare e simili. Tali processi infatti influiscono sull'uso della lingua e costringono l'apprendente ad operare scelte linguistiche. 5. Un compito può comprendere l'esercizio di più abilità linguistiche. 6. Un compito ha un risultato comunicativo; il risultato non linguistico di un compito è l'obiettivo dell'attività e ha la funzione di determinare il completamento o meno del compito. Concludendo e riportando il task-based approach in un contesto di progettazione didattica, Designing a task-based curriculum involves making decisions about what tasks learners will do (a question of selection) and, then, the order in which they will perform these tasks (a question of grading). Then, there are decisions to be made regarding the specific methodological procedures for teaching each task. Skehan (1998a) suggests that these can be organised in terms of pre-task, during-task, and after-task choices. (Ellis, 2003: 31) 5.3 Content and Language Integrated Learning - CLIL CLIL è l'abbreviazione di Content and Language Integrated Learning (in francese: EMILE: Enseignement d'une Matière par l'Intégration d'une Langue Etrangère), un approccio emerso in Europa in risposta alle crescenti richieste di migliorare la competenza degli studenti nelle lingue straniere. Il CLIL integra l'insegnamento della lingua con quello di contenuti non linguistici in un ambiente di apprendimento che è incentrato su un doppio obiettivo (apprendimento tramite la lingua di contenuti relativi ad altra disciplina). Sono ormai diversi anni che tale approccio viene utilizzato in alcune scuole europee (circa il 3%) per consentire agli studenti di terminare il percorso scolastico con una buona conoscenza di due lingue straniere, così come viene esplicitamente richiesto dal Consiglio d'Europa. Il summit europeo del marzo 2002 a Barcellona ha messo in evidenza l'importanza dell'apprendimento delle lingue straniere e, allo stesso tempo, del mantenimento delle diversità linguistiche in Europa, e ha sollecitato gli stati membri e la Commissione Europea a proporre interventi atti a migliorare la padronanza delle abilità di base dei cittadini europei, in particolare rendendo obbligatorio l'insegnamento di almeno due lingue straniere sin dai primi livelli scolastici. Il CLIL è emerso come una soluzione pragmatica proposta dall'Europa in risposta a un bisogno europeo di fornire ad ogni cittadino la conoscenza di due lingue oltre la propria lingua madre, nell'ottica di una politica incentrata sul plurilinguismo. In pratica si tratta di far insegnare a scuola una o più discipline direttamente in una lingua straniera; gli studenti apprendono contenuti del curricolo mentre contemporaneamente migliorano le loro competenze in lingua straniera. D'altronde, l'orario scolastico settimanale non può consentire di assegnare un numero superiore di ore alle lingue straniere rispetto alle altre materie del curricolo. Tale tipo di approccio è giustificato non solo perché il successo nell'apprendimento di una lingua straniera è in parte fondato su una maggiore esposizione alla lingua, ma anche perché: 24 I metodi tradizionali di insegnamento di una seconda lingua spesso scindono l'apprendimento dal contemporaneo sviluppo cognitivo; Si apprende più efficacemente una lingua se la si utilizza in contesti educativi significativi. CLIL allows focus to be placed on message orientation and this is possibly one of the most significant reasons for wishing to introduce it into the school curriculum. CLIL can be carried out by the foreign language teacher, just as it can be carried out by a non-language subject teacher, but both must accept a fundamental point, namely that CLIL is about integration of language and content to enhance certain aspects of language acquisition, and is far more than just using a foreign language. (Marsh & Nikula, in Marsh, Langé 1999: 16) L'integrazione tra lingua e contenuti fornisce una base solida per l'insegnamento di una lingua, in quanto l'apprendimento dei contenuti può fornire un sostegno all'apprendimento di una lingua sia in termini di motivazione sia a livello cognitivo. La lingua utilizzata per insegnare specifici contenuti disciplinari ha caratteristiche sia di genere sia di registro che potrebbero successivamente divenire un prerequisito per eventuali successive scelte formative (Marsh, 2001). Gli scopi del CLIL sono: dare agli studenti l'opportunità di apprendere in modo efficace una materia o alcuni contenuti tramite una lingua europea che non sia quella ufficialmente utilizzata a scuola; offrire agli studenti la possibilità di usare la lingua in una varietà di contesti al fine di avere esperienze di lavoro di successo in un'Europa plurilingue e pluriculturale; fornire agli studenti sostegno nello sviluppo di specifiche abilità interculturali, strategiche e linguistiche per agire autonomamente in Europa nell'ambito della mobilità dei lavoratori europei. Rimane comunque aperto il problema della formazione di insegnanti CLIL, che dovrebbe forse essere inserita nei corsi di formazione preservizio delle Scuole di Specializzazione all'insegnamento secondario. 5.4 Cooperative Learning Negli ultimi anni, come si è precedentemente osservato, l'insegnamento delle lingue è stato sempre più influenzato da altre discipline. L'eclettismo dell'insegnamento delle lingue straniere è stato sostenuto e arricchito dall'approccio comunicativo, dall'attenzione posta alla componente socio-affettiva, dalla specificità di una disciplina che aveva la lingua sia come oggetto di insegnamento sia come strumento. In questa cornice e nell'ambito degli approcci di tipo umanistico, tesi a sviluppare l'autostima attraverso attività collaborative, si diffonde e prende sempre più piede l'approccio cooperativo (Cooperative Learning) che consente agli studenti di interagire usando la lingua straniera in modo significativo. Cooperative Learning is group learning activity organized so that learning is dependent on the socially structured exchange of information between learners in groups and in which each learner is held accountable for his or her own learning and is motivated to increase the learning of others. (J. Winn Bell Olsen & S. Kagan, in Kessler, 1992). 25 Per il successo che ha avuto nelle sue applicazioni in contesti di disagio, questo approccio è definito come un metodo a mediazione sociale, per l'importanza che attribuisce al rapporto interpersonale nell'apprendimento. Elemento caratterizzante di questo approccio è il clima di collaborazione che si instaura nel contesto di apprendimento in cui viene adottato. Al centro dell'approccio cooperativo ci sono infatti gli allievi, considerati i protagonisti principali dell'apprendimento. L'apprendimento cooperativo è nato e si è diffuso negli Stati Uniti, in Israele e in Germania. Esso è un approccio all'apprendimento in piccoli gruppi in cui ogni studente è personalmente coinvolto e responsabilizzato su compiti specifici. A differenza del lavoro di gruppo tradizionale, i gruppi cooperativi sono organizzati in modo che ogni componente del gruppo abbia bisogno del contributo degli altri per portare a termine il proprio lavoro. E' fondato sull'interdipendenza positiva, sulla responsabilità individuale e di gruppo, sull'interazione positiva ed attiva, sulle abilità sociali o interpersonali, sulla valutazione fatta dal gruppo. L'approccio cooperativo si realizza quindi in piccoli gruppi. Lo scambio di informazioni dei singoli all'interno del gruppo e dei gruppi tra loro favorisce l'apprendimento e lo sviluppo sociale dei ragazzi. Infatti, in un'aula cooperativa ogni allievo è responsabile anche nei confronti dei compagni, impegnati come lui nell'esecuzione di un compito specifico assegnato dal formatore all'intero gruppo classe o ai singoli gruppi in cui è stata divisa la classe. Tuttavia, chiedere agli allievi di lavorare in piccoli gruppi su compiti specifici non significa automaticamente realizzare un approccio cooperativo. In sintesi, strutturare un'aula cooperativa richiede la presenza di almeno 5 elementi: l'interdipendenza positiva; la responsabilità individuale e di gruppo; l'interazione positiva tra i componenti di un gruppo; lo sviluppo di abilità sociali (rapporti interpersonali e di lavoro in piccoli gruppi); l'elaborazione di gruppo del lavoro svolto. Per applicare l'approccio cooperativo è necessario innanzitutto modificare i ruoli del docente e degli allievi rispetto all'approccio di insegnamento tradizionale. Nella lezione tradizionale, solitamente il docente trasmette contenuti a tutti gli allievi senza considerare il ritmo e le modalità di apprendimento individuali, ignorando tempi di apprendimento e eventuali difficoltà dei singoli. In genere, è l'insegnante a svolgere la maggior parte del lavoro e gli apprendenti devono adattarsi al suo stile di comunicazione e di trasmissione dei contenuti. Il modello offerto dall'insegnamento tradizionale prevede, cioè, un clima di apprendimento fortemente competitivo e individualistico. A causa di questo clima, in aula si stabiliscono facilmente rapporti negativi (interdipendenza negativa). In tale situazione, si verifica un'assenza di interdipendenza o collaborazione, e ognuno cerca di raggiungere esclusivamente il proprio scopo. Al contrario, nella struttura cooperativa l'allievo condivide successi e insuccessi con i compagni, e non si sente responsabile di un eventuale fallimento, anzi, coglie il valore del proprio contributo al successo del gruppo. Nel lavoro di gruppo i partecipanti si uniscono per raggiungere un obiettivo e tra loro si crea una relazione 26 positiva e di motivazione al lavoro (interdipendenza positiva). I componenti del gruppo devono raggiungere due obiettivi strettamente legati tra loro: 1. raggiungere i risultati previsti; 2. imparare a lavorare insieme agli altri. Imparare a collaborare con gli altri non è semplice. Infatti le competenze sociali necessarie, come saper comunicare, gestire conflitti, risolvere problemi, prendere decisioni devono essere apprese e sviluppate. Nell'approccio cooperativo, il docente deve fare attenzione: alle modalità di apprendimento dei ragazzi e non solo ai contenuti dell'apprendimento; alle modalità di relazione con gli allievi considerati soggetti attivi del proprio apprendimento; alle capacità di guidare rapporti sociali costruttivi e produttivi all'interno del gruppo di apprendimento. Le attività cooperative devono essere predisposte in modo tale da prevedere la partecipazione dei singoli allievi a tutto lo svolgimento dell'attività, sia come singoli sia come parte di un gruppo, favorendo la comunicazione tra i componenti dei vari gruppi. Di fatto, nei lavori cooperativi l'efficacia complessiva del gruppo è superiore alla somma di quella delle sue parti: tutti gli allievi ottengono risultati migliori di quelli che avrebbero ottenuto lavorando da soli. Nella lezione cooperativa il docente prende le decisioni preliminari, definisce gli obiettivi e decide la dimensione e la composizione dei gruppi, organizza gli spazi e i materiali, spiega il compito o i compiti, stabilisce i tempi di esecuzione, avvia le attività, controlla l'andamento del lavoro dei gruppi e assegna i ruoli a ciascuno studente Ad esempio, qualcuno dovrà controllare il tempo e assicurare che si arrivi alla fine dell'attività entro i limiti stabiliti, qualcuno dovrà svolgere i ruolo di segretario del gruppo e prendere appunti che saranno utilizzati nel rapporto finale, qualcun altro dovrà assicurarsi che tutti intervengano e che nessuno venga interrotto mentre parla. Gli allievi, una volta assegnato loro un compito specifico, diventeranno personalmente responsabili del suo svolgimento e del rispetto dei tempi. Alcuni di questi ruoli consentono lo sviluppo di abilità di lavoro in gruppo o in squadre. Nell'apprendimento delle lingue straniere, l'attenzione posta dall'approccio cooperativo sulla significatività delle operazioni garantisce la maggiore motivazione degli studenti e un ampliamento dei momenti di interazione. A second language is learned when there is an emphasis on meaning-making in the context of purposeful activity, as well as the presence of learning language, learning through language, and learning about language (Halliday, 1973). Alcuni studi (Bejarano, 1987) hanno dimostrato che l'uso di tecniche e di modalità di lavoro cooperativo nella classe di lingua straniera ha migliorato i risultati delle prestazioni degli studenti, confermando così la stretta relazione tra l'approccio comunicativo e l'apprendimento cooperativo. Il coinvolgimento in un contesto di comunicazione reale e l'assolvimento di compiti specifici sostanzia di fatto un insegnamento non di sole strutture grammaticali, ma lo orienta anche allo sviluppo di competenze comunicative e di abilità sociali. 27 5.5 La linguistica dei corpora Negli ultimi vent'anni gli studi sulla lingua sono stati sempre più studi su come la lingua è usata da chi parla e da chi scrive in testi quotidiani e autentici. L'analisi dell'uso della lingua va al di là della tradizionale descrizione della grammatica; indaga invece ad esempio le ragioni per cui la lingua ha così numerose strutture simili per significato e per funzione. Ci sono molti fattori da considerare a tale proposito; per esempio i modelli ricorrenti nell'uso della lingua, le caratteristiche della lingua utilizzata da autori diversi, le varietà che noi usiamo, i diversi registri utilizzati nella conversazione, nei quotidiani o nei notiziari radiofonici. Per poter approfondire lo studio dei modelli ricorrenti o tipici dell'uso della lingua, la quantità della presenza di tali modelli o i fattori che ne influenzano la varietà, non si può contare solo sull'intuizione che potremmo avere, piuttosto si devono analizzare quantità di lingua molto più ampie. L'approccio basato sui corpora ha indicato un modo efficiente per indagare sull'uso della lingua ed ha, allo stesso tempo, favorito lo sviluppo di nuove ricerche fornendo una nuova prospettiva all'insegnamento. Un corpus è una selezione molto ampia e sistematizzata di testi naturali, ovvero autentici, o di espressioni rappresentative di una lingua, raccolta in un database elettronico e utilizzata per effettuare analisi di tipo linguistico. Un programma di concordanza è un programma informatico che, applicato a un testo o a un corpus, consente di ottenere una concordanza delle sue parole. Nel prospetto che si ottiene con tale programma le parole del testo sono elencate in ordine alfabetico al centro dello schermo, e ogni esempio di occorrenza di una parola è preceduto e seguito dal suo immediato contesto, come nell'esempio che segue che mostra le prime 15 occorrenze di 'PLEASE' nel corpus di lingua parlata del British National Corpus. 28 Come si può vedere una tabella di questo genere può sollecitare la riflessione di chi apprende sull'uso reale della lingua, sulle più probabili occorrenze della lingua d'uso, sulle collocazioni più frequenti, anziché limitarsi ad indicare come e quando alcune espressioni devono essere usate. Numerosi sono stati gli studi della lingua fondati sui corpora che hanno fornito enormi database di lingua scritta e di lingua orale organizzati per poter essere consultati sia da studiosi sia da apprendenti, come sono appunto il COBUILD Bank of English Corpus, il Cambridge International Corpus e il British National Corpus. I vantaggi dell'uso dei corpora nell'insegnamento di una lingua straniera sono legati all'idea che lo studente diventi ricercatore della lingua, cominciando così a formulare ipotesi e a verificarle sulla base dei dati forniti dai corpora con un approccio pedagogico legato alla scoperta personale. Anziché fornire esempi artificiali, la lingua viene insegnata esponendo gli allievi alle sue reali occorrenze. The rationale behind employing corpus data for teaching purposes follows from the view that learners would be able to reproduce authentic language behaviour from naturally occurring texts. The larger the amount of naturally occurring texts, the better the evidence for a more accurate description of the characteristic features of language. […] The implications of using large amounts of corpora for language teaching is that learners can use the evidence in corpora for introspection. Introspection is seen to be a behaviour desired from learners where learners are viewed as active participants of language from a textual and discoursal perspectives. (Tan, 2002: 3) 29 Glossario Abilità: Si intendono le abilità linguistiche di base: lettura, scrittura, ascolto, parlato. Ambiti: Il termine si riferisce agli ampi settori di vita sociale in cui operano gli agenti sociali. Nel Quadro di Riferimento Europeo delle Lingue sono presenti gli ambiti dell'istruzione, del lavoro, del pubblico e del privato. Acquisizione: il processo tramite cui avviene l'interiorizzazione delle conoscenze e dei 'saper fare' che costituiscono una competenza linguistica; un processo interiore in buona parte inconsapevole e involontario. Apprendimento: processo volontario, cosciente ed osservabile. Esso si attua sotto forma di attività in cui il discente si impegna allo scopo di acquisire determinate conoscenze della L2. Esso ha infatti luogo molto spesso in situazione di insegnamento formalizzato. Apprendimento cooperativo: metodologia di apprendimento in piccoli gruppi, organizzata in modo tale che l'apprendimento avvenga e sia ottimizzato in virtù di uno scambio combinato di informazioni tra i singoli componenti di un gruppo e tra i gruppi stessi. Approccio: una teoria che descrive la natura della lingua e il modo con cui un allievo apprende. Approccio per progetti: Lavorare per progetti (Project Work) è un modo per motivare e coinvolgere gli studenti in attività in cui sono essi stessi i diretti protagonisti e in cui utilizzano la lingua per portare a termine compiti significativi tramite procedure di tipo euristico e di problemsolving. I progetti sono un modo per ampliare le pareti della classe e collegarsi al mondo esterno, attivando e facendo leva sulle conoscenze e le esperienze che i nostri studenti hanno al di fuori della scuola. La abilità messe in gioco durante lo svolgimento di un progetto non sono solo quelle linguistiche ma sono anche quelle cognitive, strategiche e sociali, in quanto gli studenti devono insieme trovare soluzioni, pianificare percorsi, negoziare decisioni interagendo con gli altri, con tipologie testuali differenziate e utilizzando strumenti e canali comunicativi diversi. Il prodotto finale - un poster, un video, una registrazione, uno spettacolo, un giornalino, una visita guidata, la presentazione di una scuola eccetera - è solo una parte del percorso e consente agli studenti di 'rendere proprio' un percorso didattico. Lavorare per progetti può mettere in gioco tutte le intelligenze di cui parla Howard Gardner (1983, Multiple intelligences, trad. italiana Formae Mentis, 1986): dalla intelligenza interpersonale a quella linguistica a quella matematica, favorendo tutti gli stili di apprendimento. I progetti favoriscono i collegamenti interdisciplinari e preparano il passaggio ad altri tipi di scuole. Attività comunicative: L'esercizio della propria competenza comunicativa in un ambito specifico nel processare (in modo ricettivo e produttivo) uno o più testi in modo da svolgere un compito. Esse sono legate alla ricezione, alla produzione, all'interazione e alla mediazione sia orale sia scritta. Autovalutazione: valutazione delle conoscenze e delle competenze effettuata dallo stesso apprendente al di fuori della valutazione del docente, sulla base di specifici criteri e di griglie redatte in modo da consentire il riconoscimento delle singole competenze linguistico-comunicative nei vari contesti d'uso e di individuare i propri punti di forza e di debolezza. L'autovalutazione può focalizzarsi su capacità anche extralinguistiche e configurarsi sotto forma di questionari, diari, schede di osservazione eccetera. Capacità: rielaborazione critica, significativa e responsabile di determinate conoscenze e competenze anche in relazione e in funzione di nuove acquisizioni. Le capacità implicano il controllo intelligente di ciò che si conosce e si sa fare. (Margiotta) Certificazioni linguistiche: esami per l'attestazione del livello di competenza nelle lingue straniere svolti da enti certificatori riconosciuti a livello internazionale. In Italia alcuni di questi enti hanno siglato un protocollo d'intesa con il MIUR per il riconoscimento di tali certificazioni in termini di crediti a livello sia scolastico sia universitario. Competenza: l'insieme delle capacità sottese che permettono di agire in modo efficace su dati, informazioni, modelli e procedure rispetto a un contesto specifico. Le azioni possono essere poste a obiettivo dell'apprendimento e in questo senso sono definibili in termini operativi verificabili, misurabili e certificabili. (D. Bertocchi, 2000) Ci sono più significati: da 'ciò che compete' a una determinata persona, a quello di saper fare (essere competente, essere in grado di) a quello di 'concorrere con', e infine - quasi come metacompetenza l'insieme dei comportamenti che il soggetto adotta nella scelta e nella organizzazione responsabile ed originale delle conoscenze e delle competenze necessarie ad affrontare una situazione problematica e nel risolverla. Non tutte le competenze possono essere accertate in un ambito scolastico dove l'esame 30 ha sempre un carattere individualizzato, mentre sarebbe opportuno creare situazioni di interazione. Utilizzazione delle conoscenze acquisite per eseguire dati compiti e/o risolvere situazioni problematiche. E' l'applicazione concreta di una o più conoscenze. (Tiriticco) Un comportamento che permette un'efficace interazione con l'ambiente, quando l'allievo esplicita, esercita, contestualizza in ambienti diversi le personali conoscenze sviluppate durante il percorso di apprendimento. "Sa, sa fare, e sa anche come fare" (Margiotta) E' nel raggiungimento di competenze durevoli (nella vita personale e professionale) che sono da definire gli obiettivi di apprendimento degli allievi, i metodi didattici per conseguirli, i contenuti disciplinari e multi/pluridisciplinari attraverso cui ottenerli. Un sistema integrato di obiettivi da far raggiungere all'allievo, concretati in un saper fare sulla base di un sapere strutturato intorno ai nuclei concettuali che ciascuna disciplina e/o area disciplinare individuerà come essenziali. (FORUM delle Associazioni Disciplinari della Scuola, 2000) Competenze generali: possono consolidarsi anche fuori della scuola (ad esempio svolgere una ricerca necessaria alla propria professione procurandosi le informazioni, selezionando i dati e così via). Si costituiscono non solo con le discipline ma con i modi d'essere della scuola; non vanno confusi con le competenze quelli che sono scopi (o finalità) dell'educazione: avere il gusto di leggere è certamente un obiettivo (nel senso di scopo, non di obiettivo verificabile e certificabile), è una finalità importante, ma non è una competenza. Competenza comunicativa: la capacità del parlante di selezionare, nell'ambito di tutte le espressioni grammaticali a sua disposizione, quelle forme che riflettono in modo appropriato le norme sociali che governano il comportamento in situazioni specifiche (Hymes, 1972). La competenza comunicativa è linguistica, sociolinguistica e pragmatica. Competenza parziale: una competenza che, pur se imperfetta, va vista come parte significativa di una competenza multipla plurilingue e pluriculturale, funzionale ad obiettivi specifici. (Q.C.E.R., 1998: 7.1) Competenza socioculturale: la conoscenza della società e della cultura della/e comunità in cui si parla la lingua. Comprende pertanto la conoscenza delle convenzioni, dei valori, degli atteggiamenti, degli aspetti paralinguistici della comunicazione, della vita di ogni giorno. Compito: qualsiasi azione con uno scopo preciso, ritenuta necessaria a raggiungere un determinato risultato nel contesto di un problema da risolvere, un obbligo da assolvere o un obiettivo da raggiungere. Richiede l'uso di strategie sia nel comunicare sia nell'apprendere. Nella misura in cui per svolgere un compito è necessario usare attività linguistiche, occorre processare testi sia orali sia scritti. Compito esperto: prevede una serie di operazioni e l'esercizio di un quadro di abilità; successivamente una revisione del compito al fine di formalizzare le procedure e i concetti su cui si è operato. L'allievo è attivo sia verso gli oggetti della conoscenza sia verso i suoi processi cognitivi e metacognitivi. (Margiotta) Conoscenze: l'insieme dei contenuti disciplinari e anche interdisciplinari e trasversali appresi e acquisiti dagli studenti. Contenuti: una serie di elementi cognitivi, di maggiore o minore ampiezza e complessità (teorie, principi, concetti, termini, tematiche, argomenti, regole, procedure, metodi e così via). Articolazione dei nuclei concettuali di una disciplina. Descrittori: Categorie di singoli comportamenti rappresentativi che gli studenti mostrano quando raggiungono un traguardo formativo. (Pre-K to twelve ESL Standards, TESOL, 2000) Si tratta di affermazioni che descrivono il livello di performance richiesto ai candidati in ciascuno dei punti di una scala di proficiency. I descrittori fanno di solito riferimento al livello di abilità linguistica richiesto (ad esempio il livello di accuratezza grammaticale, l'ampiezza del lessico), alle abilità produttive (ad esempio la fluenza e l'intellegibilità), ai tipi di funzioni che i candidati svolgono (ad esempio chiedere, dare info. personali), o al contenuto del messaggio (ad esempio rilevanza dell'info., organizzazione delle idee). Finalità: soggetto delle finalità è l'istituzione: le finalità rappresentano ciò che la scuola, il CdC, l'insegnante vogliono e pongono come scopo dell'istruzione e formazione. Le finalità generali di una disciplina fanno parte del suo statuto epistemologico e vanno esplicitate all'allievo perché sappia a che scopo studia una scienza sperimentale, una lingua e così via (FORUM delle Associazioni Disciplinari, 2000). 31 Indicatori: Elementi osservabili, mezzi per fornire informazioni sullo stato di un sistema educativo o sociale, strumenti che permettono comparazioni tra obiettivi attesi e risultati raggiunti e tra diversi sistemi scolastici (Nuttall, 1994; Domenici, 1993) Un buon indicatore ha caratteristiche di validità e attendibilità, è rappresentativo dei sistemi, permette descrizioni qualitative, fornisce di un sistema un 'profilo al primo sguardo' (Wyatt, 1994). Gli indicatori sono di risultato, di contesto e di processo. Indicatori di progresso: attività valutabili e osservabili che gli studenti potrebbero eseguire per dimostrare un progresso nel raggiungimento di un determinato traguardo formativo. (Pre-K to twelve ESL Standards, TESOL, 2000) Interdisciplinarità: si ha quando esperti di discipline diverse concorrono lavorando su campi contigui, interagendo nelle strategie e nei metodi e dando luogo a quadri concettuali nuovi. Si hanno relazioni interdisciplinari quando la collaborazione effettiva tra discipline diverse porta a vere interazioni, cioè a scambi reciproci. Questo può avvenire solo se si arrivano a cogliere rapporti di omogeneità formale tra le strutture sottostanti ai fenomeni descritti. (Piaget) Livelli: anche band=fascia, una misura o la descrizione della proficiency o abilità di chi fa un test, normalmente descritto su una sorta di scala e determinato in base alla performance. Mediazione: Svolge una parte consistente del normale funzionamento linguistico della società. E' un modo di processare le informazioni e stabilirne il significato. Necessita di strategie di pianificazione e di tecniche per evitare ambiguità e interruzioni nel processo comunicativo. Metodo: modi diversi di insegnare una lingua Modulo: parte significativa, altamente omogenea ed unitaria di un esteso percorso formativo disciplinare o pluridisciplinare programmato per assolvere specifiche funzioni e per perseguire obiettivi specifici, verificabili, documentabili e capitalizzabili. (Domenici, 1989) Multidisciplinarità: si hanno relazioni multidisciplinari là dove la soluzione di un problema richiede l'apporto di informazioni ricavate da ambiti scientifici diversi. (Piaget) Nuclei concettuali: concetti e nodi metodologici che strutturano la disciplina. Essi sono essenziali nel senso di irrinunciabili. Sono spesso inestricabilmente legati ai metodi di lavoro o di ricerca. (FORUM delle Associazioni Disciplinari della Scuola, 2000) Obiettivo: soggetto dell'obiettivo è l'allievo: l'obiettivo è quello che l'allievo deve (se si tratta di obiettivi minimi) o può (se si tratta di più elevati) raggiungere. Competenze espresse come prestazioni verificabili e certificabili. (FORUM delle Associazioni Professionali della Scuola, 2000) Padronanza: quando l'allievo è capace di ricostruire, giustificare, rivedere e valutare criticamente il lavoro svolto, quando attribuisce significatività a tutto ciò che ha imparato a conoscere e quando riesce ad orientare le proprie esperienze di apprendimento. (Margiotta) Performance: L'applicazione delle competenze e delle conoscenze delle regole della lingua alla comunicazione. Il comportamento esibito da un candidato nel completare un compito particolare, un 'campione' valutabile di lingua. Un test che richiede ai candidati di svolgere compiti che replicano quelle cose che saranno loro richieste in particolari contesti sono performance test. Pluridisciplinarità: quando esperti di discipline diverse concorrono, ciascuno per la sua parte, a risolvere un problema. Relazioni transdisciplinari: quando i legami tra diversi ambiti scientifici sono collocati all'interno di un sistema globale senza frontiere precise tra le discipline. Situazioni: categorie di eventi di vita quotidiana condizionati dal contesto in cui si svolgono, da fattori sociali, fisici e di tempo. Sono caratterizzati dal numero di persone che vi partecipano, dall'ambiente, dalle operazioni che si svolgono eccetera. Stili di apprendimento: Lo stile è una categoria concettuale, è l'approccio generale e preferito da parte di un individuo, il suo modo tipico e relativamente stabile di percepire, eseguire e valutare i compiti di apprendimento. (Mariani, Portfolio, 2000: 15) Strategie di comunicazione: una qualsiasi linea d'azione organizzata, con uno scopo specifico, scelta da un individuo per svolgere un compito che si è prefisso o con cui si confronta. Strategie di apprendimento: Azioni specifiche messe in atto da un discente per rendere l'apprendimento più facile, veloce, piacevole, autodiretto, efficace e trasferibile a nuove situazioni. (Oxford, R., Language Learning Strategies, New York, Newbury House, 1990) Tecnica: diversi tipi di attività di classe utilizzati da metodi diversi. Testo: na qualsiasi sequenza o discorso (parlato o scritto) relativo a un ambito specifico e che, nel corso dello svolgimento di un compito, diviene occasione di attività linguistica, come sostegno o come obiettivo, come prodotto o come processo. 32 Traguardo formativo: risultato atteso in riferimento a singole competenze, di tipo qualitativo. (GISCEL, 2000) Trasversalità: sono trasversali quei contenuti che non derivano da studi propriamente disciplinari, ma implicano elaborazioni concettuali, processi e strategie cognitive, che impegnano il soggetto in operazioni di analisi o di sintesi, in ipotesi progettuali, nonché in scelte e decisioni che lo richiamano a una responsabilità personale. Valutazione: Raccolta di dati e di informazioni che permette la comprensione di determinati processi di apprendimento e di insegnamento e, di conseguenza, di prendere decisioni (individuali/collettive) volte al positivo cambiamento di quei processi. 33 Bibliografia Balboni, P., Tecniche didattiche per l'educazione linguistica, Torino, UTET, 1998. Bettoni, C., Imparare un'altra lingua, Roma, Laterza, 2002. Brown, H.D., Principles of Language Learning and Teaching, Englewood Cliffs, Prentice-Hall International, 1987. Chomsky, N., The Acquisition of Syntax in Children from 5 to 10, Cambridge(Ca), MIT Press, 1969. 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