Acca Cop 127

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Acca Cop 127
N. 127 MAGGIO 2002
L'ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA
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FONDATA NEL 1953
DA ORIO VERGANI
e da: Luigi Bertett, Dino Buzzati Traverso, Cesare Chiodi, Giannino Citterio, Ernesto Donà dalle Rose, Michele Guido
Franci, Gianni Mazzocchi Bastoni, Arnoldo Mondadori, Attilio Nava, Arturo Orvieto, Severino Pagani, Aldo Passante,
Gian Luigi Ponti, Giò Ponti, Dino Villani, Edoardo Visconti di Modrone, con Massimo Alberini e Vincenzo Buonassisi.
PRESIDENTE RIFONDATORE GIOVANNI NUVOLETTI PERDOMINI
●
PRESIDENTE “AD HONOREM” GIOVANNI CAPNIST
N. 127, MAGGIO 2002 / MENSILE, SPED. ABB. POST. 45% - ART. 2, COMMA 20/B - L. 662/96 - FILIALE DI ROMA
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LETTERA DEL PRESIDENTE
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L’esempio di Singapore
(Giuseppe Dell’Osso)
EDITORIALE
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Il gusto innanzi tutto
(Gianni Franceschi)
CIVILTÀ DELLA TAVOLA
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Due attrezzi abruzzesi
(Carlo A. Marsilio)
Consulta di primavera
Viole e violette
(Carlo Greppi)
Global e antiglobal
(Roberto Restori)
Sicurezza e qualità
(Gabriele Gasparro)
Qualità e garanzia
(Enzo Lo Scalzo)
Televisione e gastronomia
(Guido Gianni)
Il polpo pronubo
(Sergio Corbino)
Il maiale antico e nuovo
(Sandro Bellei)
Per la Biblioteca nazionale
In copertina, copia da: “Natura morta
con vasellame, frutta, ortaggi,
insaccato e prosciutto” di Jacopo Da Empoli
olio su tela
(Marano di Castenaso, collezione Molinari Pradelli)
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Nelle osterie del Chianti
(Gian Paolo Brini)
L’alloro dal mito al tegame
(Amedeo Santarelli)
VITA DELL’ACCADEMIA
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Liguria
Lombardia
Veneto
Trentino-Alto Adige
Emilia Romagna
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Toscana
Marche, Umbria
Lazio
MAGGIO 2002 / N. 127
ANONIMO TOSCANO DEL TRECENTO, SERGIO BARGHINI,
SANDRO BELLEI, ANTONIO BIANCHI, GIAN PAOLO BRINI,
ANDREA CAMILLERI, MARCO TULLIO CICERONE, MARIO COLASURDO,
SERGIO CORBINO, FIAMMETTA FADDA, GABRIELE GASPARRO,
GUIDO GIANNI, ANGELO GNUDI, FERDINANDO GREGOROVIUS,
CARLO GREPPI, ENZO LO SCALZO, MAESTRO MARTINO DA COMO,
SANDRO MARATTA, CARLO A. MARSILIO, MASSIMO PISANI,
E. V. QUATTROVA, ROBERTO RESTORI, WALTER ROMANINI,
AMEDEO SANTARELLI, NICOLA SBISÀ, BARTOLOMEO STEFANI,
MARIO URSINO, ULISSE VIVARELLI.
DIRETTORE
GIOVANNI CAPNIST
DIRETTORE RESPONSABILE
GIANNI FRANCESCHI
SEGRETERIA DI REDAZIONE
TILDE MATTIELLO
DIREZIONE ARTISTICA
FRANCESCO RICCIARDI
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Molise, Campania
Puglia
Calabria
Sicilia
Sardegna, Europa
Nel mondo
LE RUBRICHE
Valle d’Aosta, Piemonte
IN QUESTO NUMERO SCRITTI E RICETTE DI:
Rivista associata
all’Unione Stampa
Periodica Italiana
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Calendario accademico
Le ricette d’autore
Carnet degli Accademici
Dalle Delegazioni
La voce degli altri:
“Non tutto il male…”
(Fiammetta Fadda)
Lettere al direttore
Notiziario
Accademici in primo piano
Biblioteca
Antologia minima (Marco Tullio
Cicerone, E. V. Quattrova,
Ferdinando Gregorovius,
Andrea Camilleri)
International Summary
PERIODICO MENSILE
REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI MILANO
IL 29-5-1956 CON IL N. 4049
SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE 45%
DIREZIONE E REDAZIONE:
20124 MILANO - VIA NAPO TORRIANI 31
TEL. 02/66987018 FAX 02/66987008
e-mail: [email protected]
www.accademiaitalianacucina.it
EDITORE: ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA
REALIZZAZIONE EDITORIALE:
STUDIO RICCIARDI & ASSOCIATI SRL
VIA DEL CASALE DI TOR DI QUINTO 1, ROMA
STAMPA: GRAFICA GIORGETTI SRL,
VIA CERVARA 10, ROMA
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I DELEGATI IN ITALIA
AGRIGENTO - CANICATTÌ (in attesa di nomina) ● ALBA LANGHE Piero Cornaglia ● ALESSANDRIA Vittorio Illario
● ALTAMURA Giacinto Moramarco ● ALTO MANTOVANO - GARDA BRESCIANO Alessandro Redaelli De Zinis ●
ANCONA Mauro Magagnini ● AOSTA Giuseppe Rivolin ● APUANA Paolo Maria Cattaneo ● AREZZO Guido Gianni ● ASCOLI PICENO Alberto Regno ● ASTI Giovanni Goria ● AVELLINO Mario De Simone ● BARI Nicola Sbisà
● BELLUNO - FELTRE - CADORE Corrado Bosco ● BENEVENTO Marcello D’Ambrosio ● BERGAMO Bonaventura
Grumelli Pedrocca ● BIELLA Carlo Greppi ● BOLOGNA Mario Stefanelli ● BOLOGNA DEI BENTIVOGLIO Raffaele Baroncini ● BOLZANO Sergio Coletti ● BORGO VAL DI TARO Giorgio Metra ● BRESCIA Costante Guerrini
● BRINDISI Antonio Carissimo ● CAGLIARI Mariangela Carta Ciani ● CAGLIARI CASTELLO Bruno Tomassini Barbarossa ● CALTANISSETTA Michele Macaluso ● CAMPOBASSO Antonio Vincelli ● CASERTA Wladimiro Abbate ●
CASTEL DEL MONTE Tommaso Jannuzzi ● CATANIA Mario Ursino ● CATANZARO Adriana Liguori Proto ● CENTO - CITTÀ DEL GUERCINO Francesco Lorenzoni ● CHIANCIANO Franco Tagliapietra ● CHIETI Mimmo D’Alessio ● CIOCIARIA - FROSINONE Valeria Marasca Mancini ● CIVITAVECCHIA Massimo Borghetti ● CORTINA
D’AMPEZZO Romano Scrocco ● COSENZA Giovanna Garrafa Matteoni ● CREMA Giorgio Barbesti ● CREMONA
Giorgio Fornasari ● CUNEO Francesco Bonamico ● CUSIO - VERBANO - OSSOLA Pier Carlo Lincio ● DESTRA
OGLIO Giuseppe Monici ● ELBA Stefania Pasella Pacini ● EMPOLI Franco Cocco ● ENNA Francesca M. Mattioli
Marletta ● FAENZA Giovanni Zauli ● FERRARA Michele Bonino ● FIRENZE Sergio Barghini ● FOGGIA Aurelio
Andretta ● FOLIGNO Marcello Ronconi ● FORLÌ Stelio Nanni ● GALLURA Marcello Bedogni ● GENOVA Paolo
Lingua ● GORIZIA Giorgio Rizzatto ● GUBBIO Gianfrancesco Chiocci ● IMOLA Gianni Carciofi ● ISERNIA Giavanna Maria May ● IVREA Giampiero Garelli ● L’AQUILA Luigi Marra ● LARIANA Gian Giuseppe Brenna ● LA
SPEZIA Roberto Frojo ● LATINA Benedetto Prandi ● LECCE Angelo Sticchi Damiani ● LECCO Riccardo Balbiani ●
LEGNAGO-BASSO VERONESE-POLESINE OVEST Orazio Sagramoso ● LIVORNO Sergio Gristina ● LODI Paolo
Marchetti ● LUCCA - GARFAGNANA Enrico Montauti ● LUNIGIANA Francesco Ruschi Noceti ● MACERATA Ugo
Bellesi ● MANDURIA Arcangelo Gabriele Liguori ● MANTOVA Maria Cristina Merciai Marenghi ● MAREMMA
Paolo Inaco Sauro Guerrazzi ● MARSALA Giacomo Pellegrino ● MERANO Mirto Bembo ● MESSINA Carmelo Picciotto ● MESTRE E TERRAFERMA Luigi Bevilacqua ● MILANO Carlos Victor Dana ● MILANO INTERNAZIONALE
Vincenzo Lo Scalzo ● MODENA Gian Paolo Artioli ● MONZA E BRIANZA Cente Lepori ● NAPOLI - CAPRI Massimo Pisani ● NAPOLI E ISCHIA Leonardo Bianchi ● NOVARA Costantino Tromellini ● NUORO Alfredo Pericciuoli ● ORISTANO Rosella Bisonti ● ORVIETO Costantino Bonifazi ● PADOVA Pietro Fracanzani ● PALERMO Lucio
Messina ● PARMA Vittorio Brandonisio ● PAVIA Giuseppe Trentani ● PENISOLA SORRENTINA Sergio Corbino ●
PERUGIA Renato Palumbo ● PESARO - URBINO Fiorenzo Giammattei ● PESCARA Vincenzo Angelozzi ● PESCARA ATERNUM Carmelo Paolucci Pepe ● PIACENZA Giovanni Cuminetti ● PINEROLO Franz Vogel ● PISA Umberto Moschini ● PISTOIA Paolo Pasticci ● PORDENONE Pierluigi Brunetta ● POTENZA Salvatore Laurini ● PRATO
Pietro Vestri ● RAGUSA Francesco Milazzo ● RAVENNA Maria Rosaria Monticelli Cuggiò ● REGGIO CALABRIA
Concetta Maria Princi Lupini ● REGGIO EMILIA Riccardo Barbieri Manodori ● RIETI Maria Giuseppina Truini Palomba ● RIMINI Fernando Santucci ● RIVIERA DEI FIORI Alessandro Mager ● RIVIERA VERONESE DEL GARDA
Piero Arvedi D’Emilei ● ROMA Giuseppe Gabriele Gasparro ● ROMA - APPIA Publio Viola ● ROMA - AURELIA
Giovan Battista Guerra ● ROMA - CASTELLI Bruno Cesaroni ● ROMA - EUR Maurizio Minotti ● ROMA - OLGIATA
- SABAZIA - CASSIA Giuseppe Menconi ● ROMA VALLE DEL TEVERE - FLAMINIA Francesco Zerbi ● ROVIGO ADRIA - CHIOGGIA Lucio Rizzi ● SALERNO Raffaele Martino ● SALSOMAGGIORE TERME Gino Del Boca ● SASSARI Luigi Azzena ● SAVONA Giuseppe Robatto ● SCIACCA Dino De Vita ● SIENA Giovanni Ginanneschi ● SIENA - VALDELSA Luciano Franchi ● SIRACUSA Pasqualino Corso ● SIRACUSA - VAL DI NOTO Serafina Planeta ●
SONDRIO Claudio Barlascini ● SPOLETO Pier Luigi Pecchioli ● SULMONA Antonio Cesare Pelino ● TARANTO
Luigi Rando ● TERAMO Luigi Marini ● TERMOLI Amedeo Santarelli ● TERNI Guido Schiaroli ● TIGULLIO David
Mario Bixio ● TORINO Paolo Bertani ● TRAPANI Pietro D’Alì Solina ● TRENTO Francesco Pompeati ● TREVISO Beppo Zoppelli ● TRIESTE Dario Samer ● UDINE Renzo Mattioni ● VALDINIEVOLE Guglielmo Maltagliati ● VALLI DELL’ALTO TEVERE Gianfranco Ciabocchi ● VARESE - BUSTO ARSIZIO Paolo Castellini ● VENEZIA SERENISSIMA Laura Ghittino Courir ● VERCELLI Amedeo Corio ● VERONA Bruno Marchioni ● VERSILIA Emilio Celli ●
VIBO VALENTIA Vito Teti ● VICENZA Giorgio Tassotti ● VIGEVANO Giovanni Canelli ● VITERBO Italo Arieti ●
VOGHERA - OLTREPÒ PAVESE Umberto Guarnaschelli ● VOLTERRA Gian Pietro Atti ● VULTURE Giancarlo Lanari
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L’ESEMPIO DI SINGAPORE
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ono appena tornato dal Sud-Est asiatico dove ho avuto il piacere e l’onore di assistere, a Singapore, alla
nascita della nuovissima Delegazione dell’Accademia con competenza territoriale anche su Malaysia e Indonesia. Per questa nuova
presenza in quell’importante area,
tutta l’Accademia deve essere
grata, come lo sono io, all’impegno diretto dell’ambasciatore d’Italia Guido Scalici e al Delegato di
Catania Mario Ursino, che è stato il
promotore di questa Delegazione.
E qui desidero sottolineare un elemento
che giudico molto importante: l’ambasciatore
Scalici, che ha accettato con entusiasmo il ruolo
di Delegato, è in assoluto il primo capomissione italiano in una sede estera che abbia assunto questo impegno. Circostanza di particolare importanza che s’inquadra perfettamente nei nuovissimi indirizzi in materia di attività diplomatica, intesi a far sì che ogni ambasciata, ogni
consolato siano altrettanti “testimonial” dell’immagine produttiva e culturale dell’Italia nel mondo. E a questo proposito voglio sottolineare anche l’importanza del protocollo d’intesa recentemente stilato tra l’Accademia e
la Farnesina per una collaborazione a largo raggio attraverso gli istituti italiani di cultura (vedere in proposito la “Lettera del Presidente” del numero scorso).
Oltre alla riunione conviviale d’inaugurazione, (vedi a
pagina 51) il neo-Delegato Scalici con la signora Silvana
hanno convitato nella residenza diplomatica, per una cena molto elegante, tutti gli Accademici, gli chef e i proprietari dei migliori ristoranti italiani dell’isola, assieme a
operatori economici come importatori e distributori di cibi e vini italiani.
L’occasione mi ha consentito di illustrare la natura e
gli obiettivi dell’Accademia e di porre soprattutto l’accento sulla nostra grande forza d’espansione che ci porta a essere capillarmente presenti (unico caso tra tutte le
organizzazioni similari) in tutti i continenti.
L’esempio di Singapore rappresenta un momento
importante che s’inquadra non solo nella personale
passione dei coniugi Scalici per la nostra cucina, ma
anche nel contesto istituzionale delle nostre rappresentanze diplomatiche.
La valorizzazione della cucina italiana all’estero costituisce infatti un elemento trainante nel quadro più
generale della presenza commerciale
italiana nel mondo. Il “made in Italy”
nella gastronomia, come già nel campo della moda, rappresenta per i
consumatori stranieri una scelta raffinata e prestigiosa, valida anche
per il benessere e la salute in virtù
della nostra dieta mediterranea.
Questo momento magico per la
civiltà della tavola italiana ha però
bisogno di un supporto intelligente
e costante che valorizzi i lati positivi
e salvaguardi la nostra immagine da
distorsioni e manipolazioni (spesso dettate da ignoranza o da miope calcolo economico) tali da pregiudicarla fortemente.
Il ruolo delle nostre missioni diplomatiche può
essere determinante, e l’ambasciatore Scalici ne ha
fornito un eccellente esempio andando ben al di là della consueta assistenza: egli saggiamente interviene in prima persona mediante le risorse strumentali e di prestigio
connesse all’alto incarico diplomatico. La residenza di
rappresentanza dell’ambasciatore, attraverso l’organizzazione di eventi e manifestazioni, con la partecipazione
diretta degli operatori del settore, costituisce a Singapore il principale punto di riferimento per un programma promozionale ambizioso, dettagliatamente elaborato
e accuratamente eseguito.
Tale “vetrina” è divenuta infatti un polo d’attrazione per le personalità di rilievo nel mondo politico, economico, culturale e sociale dell’isola. E il carattere conviviale
degli incontri rappresenta un intelligente messaggio per la
conoscenza dei prodotti italiani.
Il contributo che l’Accademia può dare a questa attività è molto importante, dato l’indubbio prestigio
internazionale della nostra istituzione. L’interesse per
il materiale editoriale da noi prodotto (la rivista, i quaderni, i ricettari, la guida) va infatti al di là del suo indubbio
valore culturale e rappresenta un importante collegamento
tra l’Italia e le Delegazioni all’estero.
Sono certo che la collaborazione con il Ministero
degli Affari esteri e con le nostre ambasciate sarà un
elemento assai valido rappresentando un’efficiente
sinergia per il raggiungimento dei comuni obiettivi.
L’esempio di Singapore diventa così emblematico.
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GIUSEPPE DELL’OSSO
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IL GUSTO INNANZI TUTTO
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o ha detto, in chiare lettere, il
ministro della Salute, Girolamo
Sirchia: “La malattia del secolo, l’obesità, costa allo Stato dieci
miliardi di euro all’anno”. E, di rincalzo, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi: “Le mamme ci rimpinzano perché ci vogliono bene in
carne. È l’unica cosa in cui hanno
sbagliato e sbagliano”. È accaduto
nel corso della presentazione del
piano sanitario nazionale, che indica, tra i dieci obiettivi prioritari, la
lotta all’obesità, specie quella giovanile. E il “Corriere della Sera”, per la
penna di Margherita De Bac, commenta: “Un tempo erano le mamme
che rimpinzavano i figli di cibo, nella convinzione che essere ben paffuti significasse salute. Il problema è
che avviene anche oggi in un Paese,
l’Italia, sempre più povero di smilzi
(tra le cause, l’abbandono della dieta mediterranea) e predisposto a
mettere su peso. Un bambino su
cinque è grasso oltre misura e il numero è destinato a crescere nei
prossimi anni… Presto nei programmi scolastici comparirà anche una
materia nuova: la scienza dell’alimentazione. Sull’ipotesi della
nuova materia sono al lavoro i
tecnici del Ministero della
Pubblica istruzione. Già pronto, invece, un libro elaborato
dal Ministero della Salute: si
tratta di una sorta di abbecedario del mangiar bene, nell’epoca di merendine e snack”.
In attesa di conoscere sia il
promesso “abbecedario” che
l’essenza dei programmi di
“scienza dell’alimentazione”, è
opportuno riflettere un momento sui risultati di un’inchiesta, promossa dalla rivista “Ristorando”, svolta nelle mense
scolastiche delle principali città
italiane e dalla quale è emerso tra
l’altro che i bambini rifiutano dal 30
al 50 per cento del cibo che viene loro proposto. E uno studio del Dipartimento di Scienze e tecnologie alimentari della Lombardia ha appurato
che, nelle mense scolastiche, ogni
giorno vanno a finire tra i rifiuti circa
la metà dei contorni, dal 70 all’80 per
cento del pane, grandi quantitativi di
frutta e, talvolta, anche la metà dei
primi e dei secondi piatti.
Dice il dottor Corrado Giannone,
esperto di una società di consulenza: “I menu vengono redatti da dietiste e esperti delle Asl che cercano
di fare quadrare i conti di calorie,
proteine e carboidrati senza conoscere le realtà di una cucina e senza
avere interpellato i diretti fruitori”. E
un gruppo di mamme appartenenti
a una “Commissione mensa” in una
scuola lombarda ribatte: “Quale è la
validità dei calcoli se poi i bimbi
non mangiano?”.
Questo è il triste risultato dell’assenza totale di quella educazione al
gusto da sempre propugnata dall’
Accademia. E c’è da augurarsi che la
ventilata introduzione di lezioni sul-
la “scienza dell’alimentazione” di cui
ha parlato il ministro Sirchia venga
intesa proprio come insegnamento
pratico ai ragazzi a riconoscere nei
cibi le sensibilità gustative prima ancora delle capacità nutritive.
Oggi nelle scuole elementari e
medie esiste, in modo assolutamente virtuale e non reale, una materia
d’insegnamento che si chiama
“educazione alimentare”, i cui programmi ricalcano gli orientamenti
delle dietiste: tante calorie, tanti
zuccheri, amidi, lipidi, protidi e così via. Ma non viene insegnato
nemmeno questo. Infatti la già citata ricerca della rivista “Ristorando”
ha accertato che salvo rare eccezioni queste lezioni non vengono
nemmeno sfiorate. Gli insegnanti
sostengono che i programmi da
svolgere sono già tali, tanti e complessi da non lasciare spazio a queste cose ritenute secondarie.
Un milione di bambini mangia regolarmente nelle mense scolastiche
e, come abbiamo visto, il rifiuto di
questo o quel piatto è pressoché generalizzato. I motivi sono tanti,
spesso vanno ricercati (e trovati)
nell’impreparazione, nella superficialità e nella colpevole
negligenza. Dicono le statistiche che nel corso del 2001 i
carabinieri dei Nas hanno controllato 1.443 mense scolastiche. Il risultato? Eccolo: cinque
cucine chiuse d’autorità, riscontrate 645 infrazioni di carattere penale (quasi la metà
delle mense ispezionate) con
la denuncia all’autorità giudiziaria di 477 persone.
Senza ulteriori commenti.
GIANNI FRANCESCHI
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DUE ATTREZZI ABRUZZESI
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osì diceva l’ottimo Luigi Braccili in un suo libricino di ricette abruzzesi, al capitolo dedicato ai
maccheroni: “Se fossimo chiamati a dare un simbolo alla cucina abruzzese, dovremmo per forza di cose
prendere una chitarra, non quella musicale, per carità,
ma «lu maccherunare» per alcuni e «lu carrature» per altri,
e metterlo su di un blasone”. Frase che può pienamente
condividersi, ma con una riserva, perché tra gli antichi
attrezzi da cucina va annoverato anche “lu rentrocele”
(o “lu rintroccele”, o “lu rintrocele”), che era e è rimasto
uno strumento usato in particolare nella zona del Frentano.
Bisogna dare atto che la chitarra è lo strumento attualmente più famoso e rimasto ancora in uso, tant’è che è
indicato anche sul “Grande dizionario della lingua italiana” come “un arnese costituito da fili metallici tesi su un
telaio, usato soprattutto in Abruzzo per tagliare da una
falda di pasta i cosiddetti spaghetti o maccheroni alla
chitarra” e che, pertanto, va per la maggiore. Ma ritengo
che l’altro strumento, “lu rentrocele”, abbia origini ben
più nobili e antiche, potendo essere classificato come
l’antenato o il precursore de “la chetarre”, nonché come
il primo attrezzo utilizzato per produrre i maccheroni,
L’AGENDA DEL PRESIDENTE
8 MARZO 2002
Bari
Riunione del Comitato regionale pugliese
(a pagina 40)
11 MARZO 2002
Londra
Riunione dell’Accademia Internazionale
13 MARZO 2002
Prato
Riunione del Comitato regionale toscano
(a pagina 32)
nella moderna accezione di “vermicelli”, se si escludono, ovviamente, le mani.
A tutti è ben noto che la pasta, nome di origine greca,
intesa come un impasto di farina di grano con acqua o
uova o altro liquido, era certamente una vivanda dei popoli mediterranei, i quali erano tutti grandi coltivatori e
utilizzatori di frumento, orzo e grano saraceno, e quindi
avvezzi a consumare quotidianamente le relative farine.
Anche i Romani ne erano ghiotti.
La pasta e i maccheroni hanno antichissima costumanza, ma ritengo che per lungo tempo la loro preparazione fosse affidata agli utensili più semplici, come il
coltello per tagliare la sfoglia e la manipolazione per
formare i maccheroni. Nel 1338 “mastro Barnaba de
Riatinis da Reggio di Modena” scrive nel suo “Compendium de naturis et proprietatibus alimentorum”, a proposito di paste alimentari, le già note differenziazioni
dei maccheroni, che venivano chiamati “a quibusdam
Vermicelli, ut a Thuscis, a quibusdam Orati, ut a Bononiensis, a quibusdam Minutelli, ut a Venetis, et a quibusdam Fermetini, ut a Regiensibus, et a quibusdam Pancardelle, ut a Mantuanis”; da ciò si rileva che già a
quell’epoca esistevano i vermicelli presso i toscani (tipo
20 MARZO 2002
Milano
Visita al “Cenacolo” di Leonardo
(a pagina 21)
21 MARZO 2002
Salsomaggiore Terme
Passaggio della campana
(a pagina 29)
21 MARZO 2002
Parma
Incontro per la scuola di Colorno
(a pagina 29)
23 MARZO 2002
Roma
Serata per la Biblioteca
(a pagina 68)
15 MARZO 2002
Montemerano
Consegna del simbolo “Magnifici del Presidente”
(a pagina 6)
2 APRILE 2002
Singapore
Inaugurazione della Delegazione
(alle pagine 3 e 51)
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di maccherone poi affermatosi soprattutto nel Napoletano) e i minutelli dei veneti (in vernacolo “menuèi”), come pure le pappardelle dei mantovani allora chiamate
“pancardelle”, nonché i formentini o fermentini dei reggiani, tipo di maccherone filiforme il cui uso si espande
in tutta Italia; invece, non è rintracciabile il termine
“orati” dei bolognesi, ma, essendo stati inclusi da Mastro Barnaba tra i maccheroni, è da ritenere che si trattasse di una pasta filiforme probabilmente della grandezza dei vermicelli.
Se, dunque, alla fine del Quattrocento l’uso dei maccheroni si è talmente diffuso da divenire opportuno e
conveniente farne commercio, ne consegue che devono
essere stati inventati degli attrezzi, degli “instrumenti”
per ottenerne una produzione massiva.
Io non credo che il primo attrezzo usato da quei neoartigiani per tagliare la sfoglia di pasta a strisce sottili sia
stato “un traliccio non molto diverso da quello che, a
tutt’oggi, negli Abruzzi si adopera per preparare la famosa “pasta alla chitarra”, come afferma E. Sereni in “Note
di storia dell’alimentazione nel Mezzogiorno”.
Dal “Vocabolario etimologico abruzzese – Area frentana” di Raffaele Pellicciotta alla voce “rintrocile” si dà
questa definizione: “mattarello, specie di cilindro di legno, dentato, per fare maccheroni di casa senza l’uso
della chitarra («maccarunare») ... Dal latino prefisso illativo «rin» e «rocile» – che rotola (da «rota», che è da «rotere»
= correre intorno)”; mentre, nello stesso vocabolario, alla voce “maccarunare” (detto anche “chetarre” o “catarre” o “carrature”) si legge: “attrezzo primitivo da cucina
per la confezione dei maccheroni o delle lasagne. È formato da un telaio rettangolare, fra le cui due testate regolabili corrono fili d’acciaio sottilissimi in grado di tagliare la pasta, quando su di essi viene stesa la «pizzella»
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(=sfoglia di pasta assottigliata) e compressa con «lu
cannèlle di li sàgne» – matterello”.
Dalla conformazione dei due attrezzi mi sembra di rilevare una notevole maggiore complessità di costruzione
della chitarra rispetto a “lu rintrocele”, il quale è un semplice matterello scanalato che, rotolato sulla sfoglia di pasta, la taglia in strisce più o meno sottili in relazione all’ampiezza delle scanalature, praticamente effettuando la
medesima operazione che si eseguirebbe con un coltello.
Infatti, nell’“Opera di M. Bartolomeo Scappi, cuoco secreto di Papa Pio V” (Venezia 1570), “con le figure che
fanno bisogno nella cucina, et alli Reverendissimi nel
Conclave”, al quinto libro dove “si contiene l’ordine di
far diverse sorti di paste, et altri lavori”, tra gli “instrumenti diversi”, non si osserva la chitarra o un attrezzo similare, ma, illustrato tra i “diversi coltelli”, tra i quali due
“coltelli da pasta”, si nota un certo “ferro da maccaroni”,
che è identico all’odierno “rentrocele” usato in Abruzzo,
nell’area frentana, anche se ora è costruito in legno.
Da ciò la conferma della primogenitura de “lu rentrocele” rispetto a “la chetarre”, anche per la esaustiva considerazione che se Mastro Bartolomeo Scappi avesse, nel
Cinquecento, conosciuto la chitarra l’avrebbe inclusa tra
i suoi “instrumenti”, magari insieme al “ferro da maccaroni”, ma non l’avrebbe certamente ignorata.
Come mai, poi, questo “ferro da maccaroni”, detto in
abruzzese “rentrocele”, sia diventato di legno e rimasto
in uso soltanto in una particolare area dell’Abruzzo, mentre la “chetarre” abbia avuto un’ampia diffusione in tutta
la regione e notorietà in tutta Italia, è un altro discorso.
CARLO A. MARSILIO
Accademico di Pescara
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CONSEGNATO AL RISTORANTE “CAINO”
IL SIMBOLO DEI MAGNIFICI DEL PRESIDENTE
Il Presidente dell’Accademia, Giuseppe Dell’Osso, ha
personalmente consegnato a Valeria e Maurizio Menichetti, titolari del ristorante “Caino” di Montemerano
(Grosseto), l’ambito simbolo dei “Magnifici del Presidente”. Si tratta di un prezioso piatto in puro cristallo
che reca inciso al centro il tempio accademico e, sul
bordo, la scritta “Magnifici del Presidente 2002”.
“È singolare che quasi tutti i ristoranti che si fregiano
di questo riconoscimento siano gestiti da una coppia”, ha detto Giuseppe Dell’Osso consegnando il simbolo a Valeria e Maurizio Menichetti. E ha proseguito: “La simbiosi affettiva, l’accordo spirituale sono
senza dubbio alla base di questi straordinari successi
in cucina, dove l’affiatamento è condizione essenzia-
le per bene operare in armonia”. Valeria e Maurizio
sanno interpretare con intelligenza e saggia misura
le ricette della cucina tradizionale toscana, tanto che
hanno saputo trasformare, con pazienza e diligenza,
il loro piccolo locale (appena 27 coperti) in un tempio della gastronomia. L’agnello, il capretto, la faraona, il coniglio, il vitello, il baccalà diventano qui i
protagonisti di una cucina saporita e convincente
che trae dal territorio gli aromi e i profumi della tradizione. La scelta dei formaggi e la ricchezza dei dessert dimostrano un’attenzione rara e sapiente. Ma
grande attenzione viene anche dedicata agli accoppiamenti cibo/vino, con il supporto di una cantina
ricca di ben 30.000 bottiglie.
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CONSULTA DI PRIMAVERA
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a tradizionale sessione primaverile della Consulta accademica nazionale si è svolta a Chieti in una simpatica atmosfera di amicizia e di impegno culturale. I lavori si sono svolti nell’ampio ridotto del “Teatro Marruccino”, autentico gioiello architettonico nel cuore della città.
Inaugurando questa Consulta di primavera, il Presidente Giuseppe Dell’Osso ha rivolto parole di compiacimento, per la perfetta organizzazione, al Delegato di
Chieti Mimmo D’Alessio e non ha mancato di ricordare
che il Consigliere di Presidenza Luigi Marra, Delegato
dell’Aquila, proprio in quel teatro svolge un’intensa attività culturale come presidente di un’accreditata filodrammatica. Dopo la verifica dei poteri da parte del Segretario della Consulta Enzo Lo Scalzo (Milano Internazionale) e accertata la validità dell’assemblea, il Presidente Dell’Osso ha svolto una lunga e documentata relazione che ha toccato vari punti dell’attività accademica. Particolare attenzione è stata dedicata al recente protocollo d’intesa tra l’Accademia e il Ministero degli Affari
esteri per un’attività comune attraverso gli istituti italiani
di cultura. “Già alcuni direttori di questi istituti - ha specificato il Presidente - hanno espresso la loro disponibilità, e tra questi Città del Messico, Parigi, Toronto e altri”. Largo spazio è stato poi riservato alla recentissima
costituzione della Delegazione di Singapore, con competenza territoriale anche su Malaysia e Indonesia (vedere anche la “Lettera del Presidente” a pagina 3).
Passando poi a parlare dei programmi e degli impegni
futuri, Giuseppe Dell’Osso ha sintetizzato l’azione accademica per grandi linee: “La nostra presenza sul territorio - ha detto tra l’altro - sta procedendo in modo altamente positivo e ciò dimostra che l’Accademia sta vivendo un momento di felice crescita numerica e qualitativa”. Per quanto concerne l’impegno culturale, il Presidente ha sottolineato il fervore che accompagna le celebrazioni di trentennali o quarantennali delle Delegazioni, accompagnate da convegni, tavole rotonde, pubblicazioni. Anche la “Giornata del cioccolato” ha rappresentato un importante momento di crescita culturale,
che l’Accademia ha voluto puntualizzare con la pubblicazione di due Quaderni, uno dedicato alle ricette, l’altro alle relazioni che hanno caratterizzato questo evento.
“La nostra rivista - ha poi detto Dell’Osso - ha un contenuto sempre più pieno, specchio di una vita associativa
più vivace. E anche la costituzione di nuove Delegazioni
aggiunge un grande valore alla nostra necessità di farci
conoscere e apprezzare sempre di più, di proiettarci autorevolmente verso l’esterno”.
Il Vice-Presidente dell’Accademia Giovanni Goria
(Asti) ha quindi esordito rilevando i grandi cambiamenti
che si sono verificati all’interno e all’esterno dell’Accademia negli ultimi anni. “Alla luce della mia quarantennale
esperienza di Delegato - ha detto - vedo con compiacimento che nel mondo attuale si dà finalmente importan-
CENA DI BENVENUTO
Ristorante “Casa di Filippo”
Ripa Teatina
19 aprile 2002
chef Filippo De Francesco
Accoglienza:
Bastardoni fritti
Polenta fritta
Cucchiarelle
Baccalà pastellato
Scaglie di pecorino di Atri
Olive in salamoia
Fiadoncini
In tavola
Maccheroni alla molinara
con braciola di castrato
Tortino di cicoria
con corona di verdure di campo
Porchetta alla ripese
Capriccio d’insalata
Pizza dolce
Dolcetti d’Abruzzo
I vini
Esmery’s spumante metodo tradizionale
(Az. agr. Sarchese Dora)
Cerasuolo d’Abruzzo Doc 2001 (Vigna Corvino)
Rosso di Macchia Montepulciano d’Abruzzo
Doc 1999
(Az. agr. Sarchese Dora)
Ratafià
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COLAZIONE “ACQUA E FARINA”
Museo “La Civitella”
Chieti
20 aprile 2002
Brigata di cucina del ristorante “Caminetto d’Oro”
chef Diego Santuccione
I primi piatti
Zuppa ortomare
Sagnette e ceci
Ravioli di ricotta al pomodoro fresco
Gnocchetti di patate all’ortolana
Pennette alla teatina
I dolci
Soffioni di ricotta
Dolce dei pastori
Parrozzo
Charlotte limone e Champagne
Mousse cioccolato e panna cotta
Bavarese vaniglia e fragola
Mousse cioccolato e gianduia
Mousse Kirsh
Torta cioccolata e pere
Torta mandorlata con scrucchiata
Millefoglie frutti di bosco
Millefoglie cioccolato
Pizzelle
Trionfo di frutta
I vini
Trebbiano d’Abruzzo doc
Cerasuolo d’Abruzzo Doc
Montepulciano d’Abruzzo Doc
Casa vinicola Roxan (Rosciano-Pe)
Cantina Tollo
Az. agr. Domenico Di Camillo Chieti
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za al buon mangiare, al ben mangiare. Anche se noi facciamo la parte più intellettuale, più culturale nella continuità, la nostra marcia verso il mangiar bene e verso il
mangiar meglio si presenta inarrestabile. Infatti siamo diventati una autentica voce ascoltata, apprezzata, convincente”. Concludendo il suo discorso, Giovanni Goria ha
poi detto: “Noi non siamo degli utopisti, le utopie sono
inutili; noi dobbiamo lasciare un segno e lo stiamo lasciando perché diciamo, facciamo e proponiamo delle
cose giuste”.
Il Segretario nazionale Severino Sani (Ferrara) ha brevemente esposto la situazione organizzativa dell’Accademia, rilevando come sia in atto la trasformazione di
molte Delegazioni “virtuali” in Delegazioni “reali”. E ha
constatato che viviamo in un momento in cui si parla
molto (forse troppo) di gastronomia, ma se ne parla, e
questo è anche merito dell’Accademia. Ha poi illustrato
per sommi capi i criteri della suddivisione del territorio
attraverso la delimitazione di confini chiari, e ha rilevato con soddisfazione l’altissima qualità dei nuovi Accademici, che si avvicinano all’Accademia e entrano a farne parte con grande convinzione e impegno.
Il Tesoriere Benito Fiore (Londra) ha esposto in sintesi
i dati del bilancio consuntivo per l’anno 2001, già distribuito a tutti i Consultori, esprimendo un giudizio positivo sul risultato e rilevando la perfetta coerenza tra costi
e ricavi. Invita quindi il Presidente del Collegio dei Revisori dei Conti, Michele Bonino (Ferrara) a leggere la relazione del Collegio. Bonino ne dà lettura, rimarcando
come il bilancio presentato corrisponda esattamente alle
scritture contabili esaminate dal Collegio.
Si procede quindi alla votazione, e il bilancio consuntivo per l’anno 2001 viene approvato all’unanimità.
Il Presidente Giuseppe Dell’Osso riprende quindi la
parola per affrontare altri temi, tra cui il progetto “Operazione giovani”. Egli ha ribadito il carattere assolutamente sperimentale dell’iniziativa: “Vedremo poi - ha
detto - e secondo i risultati ottenuti, come meglio istituzionalizzare questo progetto”. Dell’Osso ha ricordato
come un esperimento analogo sia stato messo in atto, e
con risultati altamente positivi, dal Delegato Bepi Tomé
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(Rodano, Svizzera) nelle Delegazioni di Ginevra e Losanna, dove i giovani Accademici si sono dimostrati
pronti per una loro autonomia. In Italia l’esperimento si
svolge inizialmente in Abruzzo, a Milano, a Parma, a
Treviso e in Calabria. “I giovani - ha concluso Dell’Osso
- rappresentano il futuro dell’Accademia e per questo
l’Accademia ne ha bisogno”.
Altro tema importante affrontato dal Presidente è stato quello delle celebrazioni per il cinquantenario dell’Accademia. “La nostra Accademia, come è noto - ha
detto - è nata a Milano il 29 luglio 1953 e è a Milano
che debbono svolgersi le celebrazioni, proprio dove è
nata. Per ovvi motivi di opportunità, dato il periodo
delle vacanze, non sarà possibile festeggiare l’evento il
medesimo giorno della fondazione. Pertanto, la grande
festa dell’Accademia si svolgerà nella prima metà di
giugno del prossimo anno. È in programma un incontro
accademico nel giardino dell’albergo «Diana», dove Orio
Vergani e gli altri Fondatori dettero vita a questa nostra
meravigliosa associazione”.
Il Presidente ha poi annunciato che nella medesima
circostanza si svolgeranno sia l’Assemblea dei Delegati che la sessione di primavera della Consulta accademica nazionale. A questo scopo, sarà necessario provvedere a un rinvio dell’approvazione del bilancio
consuntivo per l’anno 2002. Il Presidente dei Revisori
dei Conti, Bonino, interviene per specificare che secondo l’articolo 38 del nostro Regolamento il bilancio
deve essere approvato entro il mese di maggio dell’anno successivo, ma nel corso della prossima Consulta d’autunno sarà possibile approvare un’opportuna deroga a questa norma, come già avvenuto in altra
occasione.
A proposito della prossima sessione della Consulta, il
Presidente annuncia l’esistenza di due candidature per
la sede: Santa Margherita Ligure, patrocinata dal Delegato del Tigullio David Bixio, e Udine, sollecitata dal Consultore Giuseppe Di Lenardo, in occasione del quarantennale della Delegazione. David Bixio ritira la propria
candidatura, e la Consulta approva la sede di Udine per
la prossima sessione autunnale, da svolgersi dal 27 al 29
settembre 2002. Il Delegato di Mestre e Terraferma, Gigi
Bevilacqua, rammenta la candidatura della sua città,
avanzata da tempo, per una delle prossime sessioni.
Il Presidente Dell’Osso, a questo punto, annuncia che
Giuseppe Di Lenardo (Udine) è stato nominato Coordinatore regionale per il Friuli-Venezia Giulia, in sostituzione di Dario Samer (Trieste), che ha rinunciato all’incarico per motivi di lavoro. Dell’Osso ha quindi brevemente ribadito l’importanza, l’impegno e il ruolo del
Coordinatore regionale che ha così definito: “Ruolo impegnativo, diplomatico, determinante, indispensabile
per avere una visione globale del territorio”.
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Sono seguiti numerosi e puntuali interventi, che hanno espresso opinioni e pareri soprattutto a proposito
della “Operazioni giovani”. Hanno animato il vivace e
costruttivo dibattito Cettina Princi Lupini (Reggio Calabria), Luciano Franchi (Siena Valdelsa), Giuseppe Di Lenardo (Udine), Giuseppe Tomé (Rodano, Svizzera),
Nietta Bruno (Enna), Salvatore Laurini (Potenza), Ulisse
Vivarelli (Firenze). Il Presidente Dell’Osso ha risposto a
tutti chiarendo dubbi e specificando dettagli, quindi ha
concluso la sessione primaverile della Consulta ringraziando tutti gli intervenuti e Mimmo D’Alessio per la
perfetta organizzazione.
Il Delegato di Chieti ha infatti strutturato la sessione
primaverile della Consulta in maniera simpatica e origi-
CENA IN ONORE DEL PRESIDENTE
Museo Michetti
Francavilla a Mare
20 aprile 2002
Brigata di cucina del ristorante “Il Pettirosso”
chef Angelo Chiavaroli
Cocktail nel chiostro
Tartine al salmone affumicato
Tartelle di salmone fresco marinato
Tartine di polenta alla mousse
di baccalà mantecato
Choux alla mousse di tonno
Tartelle con scampi
Bavaresine di pesce
Crocchette di baccalà e patate
Frittelle di cozze e salvia
Seppioline fritte
Verdure pastellate
Nel museo
Quadrucci piselli novelli e seppioline
Chitarrine vongole dell’Adriatico e asparagi
Scaloppa di rana pescatrice al rosmarino
su pura di fave e cicoriella di campo
Calotta dedicata al corfinio
I vini
Prosecco Valdobbiadene (Vigna Dogarina)
Pecorino (Az. agr. Contesa)
Trebbiano d’Abruzzo Doc 2001 (Az. agr. Lepore)
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COLAZIONE DI SALUTO
Ristorante “Villa Maiella”
Guardiagrele
21 aprile 2002
Peppino e Angela Tinari
Accoglienza
Ventricina d’Abruzzo, bruschetta con lardo,
salumi e salsicce di carne e di fegato,
cuore di prosciutto di Guardiagrele
Fiore di carciofo con ricotta del parco
Brodo all’abruzzese
Chitarrina agli asparagi selvatici
Agnello alla brace con medaglione panato
Pizza e foje
Pecorini della Maiella
Semifreddo al torrone con sise delle monache
I vini
Prosecco Col de Salici (Antinori)
Yrnm 1998 Inzolia (Az. Conte Tasca d’Almerita)
Petrosa Cerasuolo Doc (Az. agr. Sarchese Dora)
Montepulciano d’Abruzzo Doc 1998 (Villa Medori)
Passito di Donna Fugata
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nale, all’insegna del “Mangiar per musei”. Infatti al termine dei lavori della Consulta c’è stata una colazione “Acqua e farina” all’interno del modernissimo e avvincente
museo archeologico “La Civitella”, mentre la cena in onore del Presidente si è svolta all’interno del Museo Michetti di Francavilla al Mare, in una sala dominata da due
grandissimi dipinti del grande pittore abruzzese Francesco Paolo Michetti, amico di Gabriele D’Annunzio. Da
segnalare la cena di benvenuto al termine della quale,
nella piazzetta antistante il ristorante “Casa di Filippo”, il
buio della notte è stato rischiarato dai fuochi d’artificio di
una singolare rappresentazione tradizionale, chiamata “La
Pupa”: si tratta di un simulacro di donna cavo, posto in
una gabbia di ferro, all’interno del quale un uomo muove passi di danza mentre dall’intelaiatura di ferro si sprigionano miriadi di lampi e comete colorate e piogge di
scintille. Uno spettacolo veramente d’altri tempi.
La conclusione della “tre giorni” di Chieti si è avuta la
mattina della domenica a Francavilla al Mare dove è stata inaugurata una piazza intitolata all’Accademia Italiana
della Cucina e al suo Fondatore Orio Vergani. Alla simpatica cerimonia ha partecipato il Presidente Giuseppe
Dell’Osso con numerosi Accademici, insieme al sindaco
di Francavilla, Roberto Angelucci, Accademico e promotore dell’iniziativa. Di questo evento parleremo diffusamente nel prossimo numero. (G.F.)
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CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI ACCADEMICHE
9 maggio
Delegazione di Cagliari
Trentennale della Delegazione
Tavola rotonda
sulla storia dell’alimentazione marinara
delle coste sarde
18-19 maggio
Delegazione di Catania
Tavola rotonda sulla gastronomia
della Sicilia orientale: “La rosticceria”
1 giugno
Delegazione di Varese-Busto Arsizio
(con le Delegazioni di Novara; Verbano-Cusio-Ossola;
Lariana; Lecco; Monza e Brianza; Svizzera Italiana)
Convegno su “L’Insubria a tavola”
16 giugno
Delegazione di Livorno
Quarantennale della Delegazione
27-29 settembre
Delegazione di Udine
Quarantennale della Delegazione
Consulta accademica nazionale
Convegno “Friuli cucina d’Europa”
30 settembre
Delegazione di Alessandria
Quarantennale della Delegazione
5 ottobre
Delegazione di Siracusa
Quarantennale della Delegazione
5-6 ottobre
Delegazione di Voghera
Convegno su “Il salame di Varzi e il vino dell’Oltrepò”
16 ottobre
Tutte le Delegazioni
Giornata della carne
31 ottobre/3 novembre
Delegazione di Reggio Calabria
Convegno “Nel giardino delle Esperidi”
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VIOLE E VIOLETTE
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i viole ce ne son tante: viola mammola (Viola
odorata), viola cornuta (Viola hirta), viola
gialla (Viola biflora), viola silvestre (Viola silvestris), viola del pensiero (Viola tricolor). Il dizionario dei simboli di Jean-Edoardo Circlot dice a proposito della viola del pensiero: “Questo fiore riceve il nome di pensiero proprio per simboleggiarlo a causa
della chiarezza del suo schema pentagonale”.
Questa delicata e graziosissima pianta erbacea perenne può vantare un pedigree di tutto rispetto, sia
dal punto di vista storico che mitologico. Secondo,
forse, solo a quello della rosa.
Giove, padre dell’Olimpo e suprema divinità della
mitologia greco-romana, dedicava
molto del suo tempo alla conquista
di ninfe e dee e, pur di raggiungere lo scopo, non andava per il sottile. Invaghito della ninfa fluviale
Io, onde evitare gli strali della gelosissima consorte Giunone, ebbe
la bella pensata di tramutarla in
una giovenca. Una gaffe incredibile, una mancanza, a dir poco, di
stile. Forse per riparare pensò di
creare per lei un pascolo di violette sempre rifiorenti.
Vulcano, signore del fuoco, non
aveva certamente un bell’aspetto. A
essere franchi era disgustoso. Di chi
si innamorò follemente? Di Venere, la
bellissima dell’Olimpo. Fece fiasco
ma Vulcano era decisamente un ottimista: ricorse alle viole con le quali compose una corona
e se ne adornò il capo. Misteri della psiche femminile, la
dea colpita e commossa da tanta ingenuità si concesse come sposa. Potenza di una coroncina di viole! Va però detto che i poeti greci, fra i quali Omero, Aristofane, Alceo,
nelle loro opere mettevano sempre le viole come elemento di suggestione romantica. Non potevano mancare, inoltre, nei monumenti dedicati ai grandi dell’epoca e Pindaro
ci ricorda il modo di dire “iostéphanoi Athenai” e cioè
Atene coronata di viole.
I Romani, gente pratica, anticipando i precetti della
Scuola salernitana recitavano: “Scaccia la crapula e il dolor di testa la viola purpurea, e il mal caduco”. Oggigiorno le si riconoscono le seguenti proprietà terapeutiche:
bechiche, pettorali, diaforetiche, balsamiche, emollienti,
lassative.
Ci sono anche delle curiosità enologiche. Nell’antichità
questi fiori erano generosamente profusi nelle sale dei
banchetti e miscelati al vino nella convinzione che potessero attutire gli effetti delle eccessive libagioni. Si usava un
miscuglio di olio bollito con viole, aggiungendo poi miele
e vino resinoso nella convinzione che ne risultasse un
prodotto energetico, afrodisiaco.
Un cenno doveroso agli inglesi che, sin dal Medioevo,
prediligevano questa Violacea. I cavalieri della Tavola
rotonda osservavano il numero e la disposizione dei
raggi che si dipartono dal centro del fiore e ne traevano
auspici sul proprio destino. La viola del pensiero è poi
la chiave di tutto lo scespiriano “Sogno di una notte di
mezza estate”.
Non possiamo però terminare questo brevissimo excursus violaceo senza citare due grandi appassionati:
Goethe e Napoleone. Il primo nel periodo weimariano, durante le sue lunghe passeggiate, portava sempre seco
dei semi di violetta che spargeva nella
campagna. Per quanto riguarda Bonaparte, si può affermare che tutta la sua
vita fu profumata dalle viole mammole. Le volle in tutti i suoi giardini, soprattutto nell’ultimo, quello dell’esilio
che fu la sua ultima, incredibile vittoria. Un angolo meravigliosamente fiorito in condizioni quanto mai difficili,
impossibili. Narra la leggenda che la
notte della sua morte si scatenò sull’isola una terribile tempesta che distrusse il giardino di Sant’Elena, unici superstiti: l’amata quercia
e il parterre di violette.
Si possono avere opinioni contrastanti su Napoleone
(dal punto di vista gastronomico, poi, è una figura per
nulla interessante) ma non si può che essere colpiti da
una sua lettera indirizzata a Maria Walewska: “Maria, mia
dolce Maria, accetta questo mazzolino di viole e possa diventare un misterioso legame fra noi, un vincolo segreto
in mezzo alla folla che ci circonda. Esposti agli sguardi altrui potremo così capirci: quando porrò la mano sul cuore
saprai che esso è tutto pieno di te e per rispondere tu premerai al seno i tuoi fiori. Amami, mia dolce Maria, e che
la tua mano non si stacchi mai più da queste violette”.
Grazie alla predilezione di questi due personaggi, la viola divenne, verso la metà del XIX secolo, la più conosciuta
pianta da serra.
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Certo la natura stessa dei fiori è quella di profumare, attirare con la loro magica bellezza, toccando le nostre corde più romantiche, ma qualcuno pensò che se è possibile
mangiare con gli occhi ciò che ci appare attraente, desiderabile, tanto valeva provarci con la bocca!
I fiori ebbero e hanno una importante funzione nella
cultura gastronomica. La viola del pensiero può dare un
tocco garbato e colorito alle foglie di una insalata o un
aroma delicato a sorbetti e marmellate. Per quanto riguarda le insalatine non bisogna impiegare condimenti dal tenore di acidità elevato che potrebbero scolorire, far appassire i petali e disturbare il meraviglioso aroma dei fiori che
comunque vanno aggiunti all’ultimo.
“Bianca delle conserve” (al secolo Zumaglini), suggerisce di fare una panna alla violetta per farcire e decorare
torte, soprattutto alla nocciola e cioccolato, o semplicemente da gustare coi nostri canestrelli. Potrete anche cimentarvi con una gelatina di viole del pensiero o iniziarvi
alla meravigliosa arte dei canditi, una antica e gustosa tradizione piemontese: i fiori veri venivano canditi (o meglio
cristallizzati e brillantati) e offerti coi marrons glacés: un
dolcissimo matrimonio d’amore.
Anche questa meraviglia sta scomparendo sostituita,
ma non è la stessa cosa, dalle violette artificiali di zucchero. Molto triste: consoliamoci con una minestra langarola di primavera fatta con uovo, pane grattugiato,
germogli di ortica, more selvatiche, papavero e violette. Non dimentichiamo, inoltre, l’impiego nelle frittate e
nei ripieni.
Tutte le volte che devo difendere la validità della cucina dei nostri vecchi e dimostrarne la genialità, l’arte
di aggiustarsi col poco e la meravigliosa fantasia cito
l’esempio del “ris e malastre” della nostra Alta Valle
Cervo. Il piatto quotidiano era, per l’inverno, latte, riso
e castagne. Gli alpigiani all’inizio della primavera sostituivano alle castagne le viole del pensiero di monte
preparando così una minestra che profumava di poesia e primavera. Veniva chiamata lassù “ris e malastre”,
dove malastra significa matrigna. Infatti gli alpigiani
vedevano nella composizione del fiore la figura di una
matrigna con ai lati le due figliole e, più sotto, la figliastra.
Una curiosità nella curiosità: in tedesco la viola del pensiero si chiama “Stiefmuetterchen”, ossia piccola matrigna.
Non si può pensare a una semplice coincidenza ma
piuttosto a una ulteriore prova di quanto afferma Sandro
Doglio: le Alpi non dividono bensì uniscono “favorendo il
nascere sugli opposti versanti di abitudini, costumi e modi
di vivere che presentano sorprendenti assomiglianze”.
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LE RICETTE D’AUTORE
DE’ PESELLI
Togli i pesi e poni a bullire con molta acqua, e riserva l’acqua nella quale tu possa fare suppa a
modo di Francia. E poni in padella cipolla con
oglio a soffriggere; e quando è soffritta, metti la
detta acqua nella detta padella, et allora togli pane, tagliato grosso mezzanamente, e poni in detta
acqua con spezie, e dentro vi si immolli. Poi togli i
pesi predetti, e poni a cuocere altra acqua con
oglio, sale e cipolla, e da’ a mangiare.
ANONIMO TOSCANO DEL TRECENTO
dal “Libro della cocina”
PISELLI FRICTI IN CARNE SALATA
Piglia i piselli con le scorze como stanno, et fagli
dare un boglio. E togli carne salata vergellata et
tagliala in fette sottili et longhe mezo dito et frigele
un pocho. Et dapoi mitti li ditti peselli accocere
con la ditta carne. Et ponevi un pocho de agresto,
un pocha de sapa, overo zuccharo, et un pocha di
canella. Et similemente se frigono li fascioli.
MAESTRO MARTINO DA COMO
Da “Libro de arte coquinaria” (1450)
TORTA DI PISELLI
Pigliarai quattro libre di piselli teneri; rifatti che
saranno, li pestarai nel mortaro, li passarai per setaccio, pigliarai once sei di condito, quattro once
di fior di cedro condito, e insieme vi mettarai quella polpa di piselli passati per setaccio, aggiongendovi un quarto di canella fina, sei once di butiro
fresco, sei rossi di ova, cascio parmegiano una libra, panna di latte una libra, mescolarai il tutto
insieme facendo un foglio di pasta frolla, ontarai
la padelletta proporzionata con butiro, mettendovi
il foglio, vi porrai sopra la preparata combinazione, e la coprirai di sopra con un altro foglio ben
onto di butiro, e sia intagliato con vaghi fogliami;
sia servita calda, con zuccaro sopra.
CARLO GREPPI
Delegato di Biella
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BARTOLOMEO STEFANI
Da “L’arte di ben cucinare” (1662)
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GLOBAL E ANTIGLOBAL
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l convegno internazionale sulla civiltà della tavola, tenuto un anno fa a Gubbio sul tema “Globalizzazione
alimentare e gastronomia”, ha aperto un dibattito che
si è poi protratto con interventi successivi su questa rivista.
Alcuni hanno espresso dubbi e timori o addirittura insicurezze. Taluni intravedono nella globalizzazione un’insidia per la civiltà della tavola, per cui si vagheggia un atteggiamento “antiglobal”, altri vedono la globalizzazione come propellente di alcune scienze e attività ritenute rischiose per la qualità e la sicurezza alimentare quali la chimica,
le biotecnologie, la genetica, l’industrializzazione della
agricoltura. Ma quello che in particolare colpisce è il quesito: la globalizzazione è necessaria o ineluttabile?
Che sia ineluttabile è una constatazione ma non è una
iattura; necessario è invece il controllo da parte delle nazioni e degli organi internazionali per evitare talune conseguenze negative. La globalizzazione è inevitabile perché è
connaturata all’uomo fin dalle sue origini e si è espressa
100.000 anni fa quando, già nelle condizioni di Homo
erectus da 1.400.000 anni e avendo realizzato il modo di
riprodurre il fuoco 350.000 anni prima, l’uomo iniziò a
diffondersi sul nostro globo acquisendo così la possibilità
di conoscere altre realtà e di scambiare conoscenze aumentandone il patrimonio.
Lo sviluppo delle conoscenze e delle tecniche procede
lentamente all’inizio e accelera sempre più parallelamente
all’evolversi dei mezzi che permettono e facilitano i contatti fra gli uomini: i trasporti, le telecomunicazioni e ultimamente la rete internet. Lo sviluppo ha un andamento
iperbolico e si accentua dalla fine del Medioevo con la
scoperta delle Americhe, ma l’impennata più significativa
si verifica nell’ultimo secolo.
La storia della gastronomia, fino alla metà del secolo
scorso, ha riguardato prima la nobiltà e poi la borghesia
ma certo non la grande massa della popolazione oppressa
dalla indigenza e dalla fame. Alla sconfitta della fame hanno largamente contribuito i nuovi ritrovati della scienza e
delle tecnologie che hanno permesso all’agricoltura di
produrre molto di più, riducendo i costi e rendendo così
le derrate alimentari accessibili alla totalità della popolazione. Le modifiche realizzate dalla moderna genetica non
sono che un proseguimento, su basi e con metodologie
più raffinate, di quello che già si faceva con metodiche
più pratiche nei secoli scorsi. L’uomo, da quando ha scelto
la vita stanziale dedicandosi all’allevamento del bestiame e
alla coltivazione della terra, ha sempre cercato di migliorare in modo profittevole il patrimonio animale e vegetale
attraverso gli incroci e le selezioni.
La fame resta ancora da sconfiggere in molti Paesi del
Terzo mondo e ancora una volta saranno le nuove tecnologie a contribuire decisamente alla soluzione del problema perché non è pensabile, e chi lo fa dà spazio alla
demagogia, che bastino soluzioni di emergenza. Occorre
aiutare le popolazioni ad avviare una agricoltura in aree
che, nello stato in cui si trovano, sono spesso inadatte alle coltivazioni e solo con l’apporto decisivo della genetica e delle biotecnologie si potranno individuare e realizzare colture adatte a quelle aree. Ora, di fronte a questa
prospettiva, non è certo “oscurantismo” invitare gli scienziati alla prudenza ma lo è certo cercare di ostacolarli
aprioristicamente.
Oggetto di intervento ricorrente è stata la cosiddetta “cucina globalizzata”, rappresentata quasi esclusivamente dai
fast-food della Mc Donald’s. Questa cucina è stata classificata come “satanica” e definita “diabolico laboratorio dell’alimentazione che genera un consumatore infraculturale”.
L’intervento successivo di un autorevole prelato sul giornale “Avvenire”, riportato su questa rivista, classifica “ateo”
l’hamburger, perché il suo consumo nei fast-food rappresenta la “completa dimenticanza della sacralità del cibo” in
quanto avviene al di fuori della convivialità.
I toni della critica a questo tipo di cucina sono esagerati
e hanno il sapore di un’arringa per la partenza dei crociati.
Il fenomeno dei fast-food è molto più semplice, e deve
certamente essere un argomento di discussione in Accademia, ma va oltre ai suoi scopi.
In questa società esiste un largo strato sociale composto
da persone con reddito molto basso: “poveri tradizionali”,
così definiti dai sociologi, con pensioni minime e un reddito mensile che non supera 700.000 lire; “nuovi poveri”,
con famiglia a carico, residenti in grossi centri urbani e
con un reddito mensile che non supera 2.000.000 di lire,
che non si percepiscono come poveri ma sono a forte rischio di diventarlo perché un imprevisto qualunque può
far saltare l’equilibrio; i giovani al primo impiego, per non
includere quelli in cerca di lavoro e che non possono contare su un reddito proprio, che sono da annoverare fra i
“nuovi poveri”. Dove possono queste persone soddisfare
la giusta aspirazione di mangiare fuori casa con gli amici a
un prezzo veramente contenuto? Il fast-food è il solo esercizio che possa esaudire questa esigenza offrendo un pasto bilanciato, anche se modesto, al prezzo di 5 euro, da
consumarsi seduti a un tavolo e, volendo, senza limiti di
tempo. Mc Donald’s e anche altri hanno individuato questa necessità di mangiare a basso costo, peraltro sempre
esistita, e si sono organizzati su larga scala per soddisfarla.
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Massimo Alberini, storico autorevole della gastronomia,
affrontò il tema dei fast-food all’ottavo convegno internazionale sulla civiltà della tavola tenuto a Venezia nel 1984,
in una relazione intitolata “Contraddizioni e concordanze”.
E concluse, sugli hamburger serviti in questi locali: “Alimentazione di emergenza, evoluzione «a caldo» del vecchio panino e di un antico simbolo della friggitoria romanesca, le patate a tocchetti: ma anche una risorsa per chi
non vuole rinunziare a «star con gli amici» tenendo le
gambe sotto il tavolo, sia pure sprovvisto di tovaglia e di
quella «mise en place» che contribuisce alla gioia del gastronomo”.
Altro punto dibattuto nel convegno (e rientrante nella
cornice della globalizzazione) è “l’ibridazione” della cucina italiana all’estero, però si fa riferimento non alla cucina
in genere ma a quella di basso profilo in competizione
con il fast-food tipo pizzeria, spaghetterie etc., che maggiormente subisce l’influsso locale sia negli ingredienti che
nella preparazione. Questa cucina deve fare i conti con i
costi e con i gusti dei clienti e un mercato come questo
non si può affrontare in altro modo. È infatti notizia di
questi giorni, riportata dai quotidiani, il progetto del gruppo alimentare Barilla per il suo ingresso in tempi brevi nel
business della ristorazione moderna “made in Italy” sui
mercati esteri, con una rete di strutture di vendita, a servizio veloce, di pasta e prodotti da forno. Molti popoli vicini, e ora anche lontani, si sono scambiati esperienze alimentari fondendo le rispettive ricette, e questo fenomeno
è sempre esistito. Tutto questo non è un problema che
tocchi profondamente l’Accademia perché è un tipo di ristorazione da tenere presente ma che non fa parte dei
suoi obiettivi. La situazione è ben diversa per la cucina italiana seguita dalle nostre Delegazioni all’estero: i ristoranti
italiani mantengono le loro tradizioni e gli influssi locali
sono molto contenuti.
In questo mondo che cambia vorticosamente la nostra
Accademia non può arroccarsi nel passato e guardare con
ostilità questa globalizzazione che l’uomo ha sempre cercato e che ha portato evoluzione in tutti i settori della sua
vita e in tutto il mondo che lo circonda, anche se non tutto quello che è stato portato era da ritenersi accettabile ed
è stato oggetto di correttivi, e così sarà in futuro e quindi
anche nella alimentazione. La nostra Accademia, che ha
un enorme patrimonio di esperienze accumulate, associati
qualificati, una presenza territoriale in Italia e all’estero
che non ha uguali, una organizzazione collaudata, una
pubblicazione mensile e una guida autorevole, deve intervenire in questa evoluzione per controllarla, indirizzarla e
talvolta condizionarla. In fondo, il diavolo non è brutto
come lo si dipinge.
ROBERTO RESTORI
Accademico di Parma
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IL CUOCO MESTIERE D’ARTE
Il cuoco è, fra i mestieri d’arte, una figura per certi
aspetti esemplare. Da una parte, infatti, è chiamato
a soddisfare il gusto rispondendo a criteri consolidati: di conseguenza non è possibile immaginare un
cuoco che non sia legato in misura cospicua a una
tradizione sperimentata. D’altra parte i mutamenti
sociali influiscono con particolare rapidità sulle forme e sui contenuti dell’alimentazione: il cuoco deve
perciò essere in grado di adeguarsi senza esitazione
a questi cambiamenti, interpretandoli di volta in
volta in base alle nuove esigenze. L’equilibrio fra tradizione e aggiornamento, che è uno degli elementi
caratterizzanti dei mestieri d’arte, trova dunque nel
cuoco un’incarnazione pressoché perfetta.
Particolarmente efficace risulta perciò la prospettiva
storica in cui alla Triennale di Milano (fino al 26
maggio), nel quadro di una mostra dedicata ai mestieri d’arte, una sezione è dedicata al cuoco. Questa
sezione è stata curata da Paolo Grandi, Delegato
della Svizzera Italiana, in collaborazione con Marta
Lenzi “Fondation B.IN.G.” (Bibliothèque Internationale de la Gastronomie di Sorengo-Lugano) e Claudio Riolo, editore e esperto di cucina.
Vengono presentati i grandi cuochi dei secoli passati
e i loro preziosi ricettari, ciascuno rappresentativo di
un’epoca caratterizzata da esigenze, gusti e vincoli
sociali differenti. Da Maestro Martino (XV secolo) ai
“cuochi segreti” delle corti rinascimentali (Cristoforo
Messisbugo, Bartolomeo Scappi), dalla cucina spettacolare del Seicento (Antonio Latini) a quella fortemente influenzata dal gusto francese del XVIII secolo (Vincenzo Corrado), si può seguire passo passo l’evoluzione di un mestiere d’arte fino alle soglie dell’età contemporanea.
L’ampia sezione dedicata al cuoco del XX secolo permette poi di apprezzare i risultati ultimi di questa
evoluzione, dalla ricerca delle identità regionali fino
ai trionfi del cuoco italiano del secondo dopoguerra,
interpretati da figure come Luigi Carnacina, Mario
Borrini e Gualtiero Marchesi.
Fra gli oggetti esposti figurano, oltre ai preziosi ricettari dei secoli XV-XVIII di proprietà della “Fondation
B.IN.G.”, la ricostruzione di un’intera cucina dell’Ottocento attraverso la preziosa collezione Medagliani di strumenti da taglio e di pentole di rame,
che comprende fra l’altro una brasiera di rame stagnato con coperchio a scatola del XVIII secolo, una
giamboniera di ferro stagnato per la cottura di un
prosciutto intero, un girarrosto di ferro del XIX secolo, con funzionamento a molla, macinacaffè di ferro e sorbettiere di rame rispettivamente del XVIII e
XIX secolo.
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SICUREZZA E QUALITÀ
LA GARANZIA DI UN MARCHIO
Brevetto della Real casa, Fornitore di Casa reale, Fornitore dei Palazzi apostolici, medaglie e attestati delle “Esposizioni universali”: queste erano le garanzie che, una volta,
rassicuravano il consumatore sulla qualità del prodotto.
Reali e papi se ne intendevano di buon bere e ben mangiare, si poteva stare tranquilli. Negli anni Trenta un alimento vitaminico era garantito dalla scelta di ben cinque
Case reali europee “che lo hanno adottato per i loro bambini”. I reali stanno scomparendo e i pochi che sono rimasti non garantiscono più, forse perché non danno ormai
troppa fiducia. In compenso esiste una miriade di marchi
di garanzia e di qualità che creano confusione e mancanza
di chiarezza, che frastornano e, quello che più è importante, non danno fiducia.
È difficile anche dare un’informazione esatta sull’argomento. Per cominciare, si può fare una distinzione fra i
marchi rilasciati in virtù di leggi nazionali o europee, e
altri d’origine privata o d’organizzazioni collettive che si
autocertificano. Fra i primi elenchiamo i Doc (denominazione d’origine controllata) e i Docg (denominazione
di origine controllata e garantita), che riguardano soltanto i vini e danno una garanzia sulla loro origine e tipicità, con una serie di disciplinari molto specifici. Si tratta
di una garanzia sulla produzione ma non sulla qualità:
per questo può accadere che un vino della sottocategoria, un Igt (indicazione geografica tipica), proveniente
da una zona determinata più ampia, sia anche migliore.
Addirittura, la categoria “minore”, quella dei “Vini da tavola”, conta le migliori produzioni vinicole italiane, che
hanno qualità e valore solo per il nome del produttore
e, pertanto, sono anche le più care. Ci sono poi i Dop
(denominazione d’origine protetta), che sono marchi per
tutti i prodotti diversi dai vini. È un riconoscimento assegnato dalla Commissione dell’Unione europea a quelle
produzioni di particolare qualità e che si riferiscono esclusivamente a una zona ben delimitata. L’Igp (indicazione
geografica protetta) è un’altra qualifica europea che si riferisce solo alla qualità della lavorazione del prodotto, ma
non all’origine della sua materia prima, che può venire anche da una zona diversa da quella di lavorazione.
Infine c’è un altro marchio europeo che si riferisce
esclusivamente alle modalità di lavorazione del prodotto e
non alla sua origine o zona di produzione. È la Stg (specialità tradizionale garantita). Per esempio un liquore d’erbe, il panettone ecc., prodotti fabbricati con specifiche
modalità e determinate materie prime.
Passiamo alla categoria tanto richiesta dal consumatore
attento alla salubrità dell’alimentazione: quella dei prodotti biologici. La produzione è disciplinata da norme nazionali e europee, che prevedono un sistema di controllo
e una marchio e assicurano modi di produzione o d’allevamento dove si limita al massimo il ricorso a sostanze
destinate a combattere parassiti o malattie. Per quanto riguarda i prodotti nazionali e europei questa garanzia è
affidabile. Non lo è altrettanto, come avverte l’Unione nazionale consumatori, per le produzioni di provenienza
extracomunitaria. Questo è l’elenco delle garanzie diremo “istituzionali”. Poi ci sono quelle offerte da marchi
collettivi, regionali o privati (che sono una infinità e di
lunga e difficile catalogazione).
In alcuni caso i marchi collettivi basati su un disciplinare
volontario, fornendo una serie d’indicazioni suppletive e
non previste dalla legge (come per esempio sulla materia
prima e sul sistema di lavorazione) informano più dettagliatamente il consumatore e lo tranquillizzano nella sua
scelta.
Se il tutto non appare chiaro, per la molteplicità delle disposizioni e delle offerte di garanzia, è invece certo che
esiste un’aspettativa da parte del mondo dei consumi di
essere tutelato e reso consapevole su quello che trova sul
mercato e sulla sua salubrità alimentare.
RIUSCIREMO A CAPIRE
IL COSTO REALE DI UN PRODOTTO?
Fra tutti gli elementi d’identificazione del prodotto in
vendita, il rapporto fra il peso o il volume con il prezzo
reale è uno dei più importanti. Recentemente il segretario
generale dell’Unione consumatori Vincenzo Donà ha lamentato la “giungla di pesi e volumi” che frastorna il povero consumatore, che dovrebbe aggirarsi fra gli scaffali
armato di calcolatrice, per confrontare i prezzi. Tutto ciò
dovrebbe finalmente essere terminato per sempre con
l’avvento dell’euro. Il decreto legislativo n. 84/2000 rende
obbligatoria, per tutti i negozi, l’indicazione sulle confezioni del prezzo al chilo o al litro, pena multe salate per il
negoziante. Il decreto è chiaro nello stabilire che l’obbligo
è per “tutti” i punti di vendita (finora era obbligatorio solo
per i supermercati) quindi anche per i negozi, i banchi dei
mercatini e ogni esercizio di vendita.
Riportando sulla confezione il prezzo per litro o per chilo, la valutazione del consumatore potrà essere più ragionata. Sul mercato abbiamo burro in panetti da 125 g, 250 g,
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fino ad arrivare a 500 g. Per la birra abbiamo lattine o bottiglie con un contenuto da 0,25, 0,33, 0,50, 0,75 e via, fino a
5 litri. Per tutti i prodotti confezionati, l’ampiezza della
gamma dei pesi e volumi non è da meno. La disposizione
riguarda anche le rosticcerie e le rivendite di pizza al taglio.
Resteranno esenti, naturalmente, i prodotti venduti in confezioni da un chilo o da un litro, i tramezzini, le paste e in
genere i prodotti in vendita al banco del bar e altri di varia
natura.
ARRIVANO LE VITI TRANSGENICHE
La Vitis vinifera, la vite che produce l’uva per fare il vino, ha una lunga storia millenaria, che ha attraversato fra
mille pericoli e malattie, che ha affrontato grazie alla cura
dell’uomo, il quale l’ha sempre considerata una componente essenziale della sua società. I tecnici ricordano le
lotte tremende contro i nemici che volevano distruggerla:
l’oidio, la peronospora e la terribile fillossera.
Quest’ultima era un piccolo afide che trovava le radici
delle viti europee completamente in sua balia e le viti morivano una dopo l’altra. La distruzione dei vigneti provocò
una crisi gravissima nelle campagne, anche se sviluppò le
viticolture delle nostre regioni meridionali che rifornivano
l’assetata di vino Francia, che aveva i suoi vigneti in gran
parte distrutti.
È noto che l’innesto sulla vite americana, immune dall’attacco della fillossera, risolse il grave problema e la viticoltura europea riprese vigorosa a produrre gli ottimi vini
che conosciamo. Ma i nemici della vite sono sempre in agguato e i tecnici studiano le possibilità di selezionare piante resistenti alle malattie, e, inutile negarlo, si stanno già
coltivando viti transgeniche. In questo campo gli Stati Uniti e l’Australia sono all’avanguardia, tanto che la cosa
preoccupa la vecchia Europa, patria dei migliori e più
commercializzati vini del mondo.
In sede di Unione europea, dove finora tali ricerche erano state bloccate, anche grazie all’intervento dell’allora ministro Pecoraro Scanio, si è reputato necessario non perdere terreno nel campo della ricerca e il Consiglio dei Ministri dell’Unione, il 14 febbraio scorso, ha approvato la direttiva 68/193, relativa alla moltiplicazione vegetativa della
vite, fissandone i parametri di ricerca.
Il mondo dei consumatori è entrato in fermento sull’eco
della stampa e non è per niente tranquillo della condizione prevista dal summensionato regolamento che richiede
“opportune misure atte a evitare rischi per la salute dell’uomo e dell’ambiente”.
Quindi anche sull’uva per il nostro vino comincia ad
aleggiare la sigla Ogm (organismo geneticamente modificato). Gli enologi nostrani, che sono sempre attenti al
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progresso nel settore, per i notevoli risvolti economici che
ne derivano, in sede di Consiglio nazionale, il 4 novembre dello scorso anno, hanno preso una decisa posizione
nella quale dichiarano di essere consapevoli dell’impatto
negativo verso il consumatore che hanno le modificazioni
genetiche delle viti. Tuttavia sono convinti che il progresso non si può fermare e che “più che condannare gli
orientamenti comunitari, si debba mirare a una ferrea regolamentazione delle procedure e a una sicura sperimentazione”.
Stiamo forse, ora, bevendo gli ultimi vini d’uve che provengono da viti naturali? La risposta ai posteri, noi lasciamoci trascinare dal fascino di questa bevanda compagna
della nostra vita.
LA MOZZARELLA DIVENTA “VERACE”
Nel numero di giugno dello scorso anno, alla pagina 59,
in questa rubrica, elencavamo le varie denominazioni che
le ultime disposizioni di legge riservavano alla nostra cara
vecchia mozzarella: di bufala campana, di latte di bufala,
“con” latte di bufala, tradizionale, fiordilatte.
Già il tutto non dava molta chiarezza al consumatore e
fummo facili profeti, nel concludere l’articolo, dicendo di
non poter essere esaurienti “considerato l’evolversi continuo della legislazione in materia”.
Puntuale arriva un altro proclama: sarà fra poco in vendita la “mozzarella verace”, vale a dire la “vera mozzarella”. Quindi gli altri tipi di mozzarella non sono veri?
Il decreto che stabilisce questa nuova denominazione è
uscito sulla “Gazzetta ufficiale” del 29 marzo e dice che la
mozzarella fatta con il sistema tradizionale deve essere ottenuta dal latte fresco di vacca con lattoinnesto naturale,
caglio bovino ecc. Deve, inoltre, avere un sapore fresco e
delicatamente acidulo. Porterà un marchio raffigurante un
sole blu e giallo, con la scritta all’interno “specialità tradizionale garantita”. Sull’incarto dovrà esserci la menzione
“garantita dal Ministero delle Politiche agricole e forestali
ai sensi dell’art. 14 del regolamento Cee 2082/92”.
Appositi organismi, l’Istituto Nord Ovest qualità e l’Istituto mediterraneo di certificazione, effettueranno i controlli
di legge per il rispetto del disciplinare che consente l’uso
della denominazione Stg (specialità tradizionale garantita).
Ho conosciuto un signore spagnolo che, importandole
dall’Italia, ha creato nelle Asturie un allevamento di bufale,
con il latte delle quali fa un’ottima mozzarella. Dovremo
andare nelle Asturie per ritrovare la mozzarella come eravamo abituati a conoscerla?
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GABRIELE GASPARRO
Delegato di Roma
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VALLE D’AOSTA
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Commenti: Incontro del
martedì di Carnevale con
piatti tipici di questa ricorrenza, tutti preparati e presentati molto bene. Il locale
è accogliente e il cibo è genuino. Il servizio ottimo e rapido. Una serata allegra e
ben riuscita con buona partecipazione di Accademici e familiari.
AOSTA
12 febbraio 2002
Trattoria “Praetoria”. Via S.
Anselmo 9, Aosta; 0165/
44356; coperti 100. ● Parcheggio incustodito; prenotazione consigliabile; ferie 15
giorni a febbraio e novembre;
giorno di chiusura giovedì.
●Valutazione 7,20; prezzo €
23; rustico, familiare.
Le vivande servite: pasta e
fagioli; arrosto di maiale al
latte; trippa; rolatine di coniglio; galletto; purè e verdure
miste al burro; bugie con
panna.
I vini in tavola: Bonarda Oltrepò Pavese 2000 (Conti di
Gambarano); Brachetto 2001
(Viticoltori dell’Acquese).
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8; prezzo € 35;
casa di campagna ristrutturata con bel panorama.
●Valutazione
Le vivande servite: uovo ripieno al tonno e capperi su
insalatina di campo; fegatini
di capretto all’aceto di Barbera; tagliatelle alla ortiche con
sugo alla contadina; capretto
al forno con patate; costine di
capretto impanate; fantasia di
frutta con gelato alla crema;
colomba e uovo di cioccolato
fondente.
I vini in tavola: Blangé di
Ceretto; Dolcetto Marchese di
Marenco; Moscato Scrapona
di Marenco; Barolo chinato di
Bava.
PIEMONTE
ALESSANDRIA
24 marzo 2002
Ristorante “Fausto” di Fausto
Ivaldi, fondato nel 2001. ●Via
Vallefrati 1, Cavatore (Alessandria); 0144/325387; coperti 60. ● Parcheggio sufficiente, comodo; prenotazione
consigliabile; ferie gennaio;
giorno di chiusura lunedì.
Commenti: Bella Domenica
delle palme, ideale per gli auguri di Pasqua. Dopo un momento religioso con la celebrazione della Santa messa e
successiva recita cantata della
passione di nostro Signore si
è passati in cantina per l’aperitivo e alle ore 13 al ristorante per la colazione. In apertura l’Accademico Carlo Bussolino, che lavora in un ente
spaziale, ha intrattenuto gli
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Accademici e ospiti sul cibo
per gli astronauti e i futuri navigatori spaziali. Applausi al
termine della brillante relazione. Colazione splendida servita dai coniugi Ivaldi, la moglie ai fornelli e Fausto in sala. Ogni cosa è stata gustata e
apprezzata dagli Accademici
che al termine si sono complimentati con i due giovani
protagonisti. Un grande uovo
offerto dall’Accademico Colombo ha concluso il pranzo
con allegria.
ASTI
12 febbraio 2002
Ristorante “Enoteca del
Rondò” di Francarlo Negro,
fondato nel 1998. ●Loc. Fausoni 7, Neive (Cuneo);
0173/679808, fax 0173/
677949; coperti 50. ●Parcheggio incustodito, sufficiente;
prenotazione necessaria; ferie
gennaio; giorno di chiusura
lunedì, martedì. ●Valutazione
non effettuata in quanto fuori
territorio; prezzo € 42; accogliente, rustico, caratteristico,
con possibilità di acquisto dei
vini degustati.
TANTO TUONÒ CHE PIOVVE…
Gli amanuensi irriducibili colpiscono ancora. Nelle pagine che seguono pubblichiamo 87 schede relative ad
altrettante riunioni conviviali che si sono svolte, nelle
varie Delegazioni, in Italia e all’estero. Di queste, soltanto 63 erano scritte, più o meno correttamente, a
macchina o al computer. Qualcuna (udite! udite!) è
stata persino inviata per e-mail.
Ma ben diciassette schede erano pervicacemente scritte
a mano. Alcune, è doveroso ammetterlo, scritte con cura, magari in tutto stampatello. Molte altre erano buttate giù alla brava, senza tener conto di chi, dopo, avrebbe dovuto, più che leggerle, interpretarle.
Diciassette schede su 87 corrispondono al 27 per cento.
Ancora troppo alto. Eccessivamente alto.
Persiste, poi, il fenomeno inspiegabile delle schede “miste”, cioè compilate metà a mano e metà a macchina.
Queste sono state, nel computo attuale, 7, con una percentuale di 11. Il che, facendo le somme, rivela che ben
il 38 per cento delle schede risulta di non facile lettura
e, talvolta, di complicata interpretazione.
Tutto questo va a discapito della celerità del lavoro, dell’esattezza dell’informazione, della correttezza (non solo grammaticale o calligrafica) dei testi.
E tutto questo malgrado i ripetuti, forse ossessionanti
(ma doverosi) appelli alla chiarezza e, soprattutto, alla
comprensibilità dei testi. È proprio il caso di dire: “Tanto tuonò che piovve”. Oppure, con il grande Achille
Campanile: “Nel Medioevo le piogge solevano raggiungere una particolare intensità anche a causa della
mancanza di ombrelli…”. E, nel caso, delle macchine
da scrivere!
LA REDAZIONE
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PIEMONTE segue
Le vivande servite: freschi
calici di Arneis con tartine di
“baríce” (acciughe sotto sale)
su burro di montagna e salumi di Valbormida: lardo, salame crudo e cotto; testa di
maiale in carpione tiepido; insalata di orecchie del medesimo; gran piatto di “masa-crin”
con “grive”, “flisse”, “capônet”
e polenta fritta; “tajarin” freschi all’uovo nel sugo di salsiccia e fegatini; zuppa di fagioli e ceci con lo zampino;
lonza di porco adulto con carote e topinambur al burro;
torta di pere con crema alla
vaniglia; bugie di Carnevale.
I vini in tavola: Arneis Giacosa (riserva 2000); Barbera
d’Asti, fresca della cantina;
Langhe Nebbiolo d’Alba 2000;
Barbaresco dell’Enoteca; Moscato d’Asti naturale del padrone di casa.
Commenti: Come ogni anno,
la Delegazione di Asti celebra
insieme il martedì grasso e il
sacrificio del “divin porcello”.
Questa volta l’onore e l’onere
sono toccati a Francarlo Negro dell’“Enoteca del Rondò”
di Neive. Gentiluomo di altri
tempi e accorto ricercatore di
ricette storiche e di materie
prime eccellenti, ma con un
suo “caratterino”, ha proposto
(con poche possibilità di modifica), un menu in cui comparivano anche le parti più
neglette dell’animale. Dopo
un aperitivo di biondo Arneis
con ottimo salame e lardo ecco la croccante insalata di
orecchie e il tiepido musetto
“al brusco”. Buone le tagliatelle (che un condimento più
fitto avrebbe ancor più esaltate) e la densa zuppa. Piacevole l’arrosto (ma l’atteso gateau
di patate dov’era finito?!). Ottimi i vini spillati direttamente
dalle botti, tranne, ovviamente, il Barbaresco. Alla fine
della cena, Ulisse Vivarelli ci
ha intrattenuti con una breve
ma esauriente chiacchierata
sulla porcineria toscana. Serata piacevole e rilassante in un
locale simpatico, con buona
cucina e forte spirito accademico.
ASTI
21 febbraio 2002
Ristorante “Vecchio Leon d’Oro” di Vittoria e Ilaria Arduino, fondato nel 1926. ● Via
Roma 12, Canale (Cuneo);
0173/979296, anche fax;
coperti 70. ●Parcheggio scomodo; prenotazione consigliabile; ferie agosto e dal 20
dicembre al 14 gennaio; giorno di chiusura lunedì. ●Valutazione non effettuata in
quanto fuori territorio; prezzo
€ 31; tradizionale, familiare,
accogliente, in albergo.
Le vivande servite: calici di
buon spumante con frittatine
casalinghe alle cipolle e agli
spinaci, salame cotto e crudo;
prosciutto cotto in casa; galantina artigianale; zampone
triangolare con purea di patate; finanziera rustico-borghese; taglierini freschi all’uovo
col ragù dei Roeri; zuppa di
ceci con le costine; gran scamone al forno con patate arrosto, carote, spinaci al burro;
piatto di formaggi di “nostra
terra”; “bonêt” al cioccolato e
pere della “Madernassa” al
forno; caffè e digestivi.
I vini in tavola: spumante
Enrico Serafino; Roero Arneis
“Bricco dei fossili”; Nebbiolo
Cantine Chicco.
Commenti: Cena per soli Accademici in questo locale
“d’antan”. Le due titolari, madre e figlia, signore garbate e
dinamiche, ristoratrici da sempre, ci hanno proposto una
cucina gustosa e tradizionale.
Facevano la parte del leone
gli insaccati prodotti all’antica
da un norcino del posto. Interessante e inusuale la finanziera, piatto che suscita o
grandi entusiasmi o gridolini
di orrore degli sfortunati che
non amano le frattaglie. Alla
buona zuppa avrebbe forse
giovato una più lunga cottura.
Nei fragranti tagliolini la ben
dosata presenza delle uova
faceva apprezzare gli aromi
del sugo. Notevoli i dessert.
Buoni i vini, efficiente il servizio, equo il rapporto qualità/prezzo. Da segnalare la
cortesia delle titolari che ai
pochi non amanti della finanziera hanno servito la più popolare, ahimè, insalata russa,
ma buona. E ci hanno fatto
assaggiare il Nebbiolo alla canalese, cioè leggermente frizzante, prodotto nelle loro terre. Un’atmosfera rilassante,
quasi una casa privata, con le
signore sempre presenti ai tavoli.
ASTI
7 marzo 2002
Ristorante “La Grotta” di Diego
Magnetti e Soci, fondato nel
1971. ●Corso Torino 366, Asti;
0141/214168; coperti 300.
●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie agosto; giorno di
chiusura lunedì sera, martedì.
●Valutazione 8; prezzo € 36;
tradizionale, accogliente.
Le vivande servite: calici di
spumante con crostoni di
paté dei fegati dei tre volatili;
salvia, olive e carciofi fritti;
torta salata di erbette e formaggi; galletti in agro; insalatina di “sarsètt”, uova in camicia e altre delizie; quadrelle
di pasta fresca in consommé
di gallina; antico risotto alla
gallina; capponi arrosto con
cipolline in agrodolce e spinaci all’agro; gran coppa di
frutta fresca con gelato alla
crema; caffè, grappe.
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I vini in tavola: Chardonnay
spumante Riccadonna Canelli;
Fiore di Bologna, Rocchetta;
Freisa della Cantina sociale di
Castelnuovo Don Bosco; Barbera d’Asti, Cantina sociale di
Vinchio e Vaglio Serra; Malvasia frizzante di Castelnuovo
Don Bosco.
Commenti: Serata culturalgastronomica dedicata al “Risorgimento” dei polli. Prima
la conferenza dei prof. Ballarini e Sarra, presentati da Giovanni Goria, poi, a tavola, il
saggio gastronomico eseguito
con la solita abilità dai cuochi. Ben tre portate (oltre ai
crostini dell’aperitivo) impostate sui tre prodotti della razza Tonchese: gallo, gallinella
e cappone. Questi pennuti allevati a terra e nutriti con
mais e soia non geneticamente modificati, hanno soddisfatto i commensali per la
compattezza e la sapidità delle carni. Il galletto, cucinato
all’agro, è risultato il piatto
migliore per il giusto equilibrio degli ingredienti. Il risotto era a perfetta cottura, ma
aveva qualcosa di troppo (la
scorza di limone non prevista
dalla ricetta) e qualcosa di
troppo poco (mancavano i
pezzettoni previsti). Ottimi i
vini: giusto il rapporto qualità/prezzo (tenendo conto
che la metà dei volatili è stata
omaggio dell’allevatore). Impeccabile il servizio. Bel menu di Guarene, che ha ritenuto opportuno parafrasare il
nostro concittadino Vittorio
Alfieri con “Polli, sempre polli, fortissimamente polli”.
CUNEO
6 febbraio 2002
Ristorante “Boccondivino”
dello Slow Food, osteria di recente fondazione. ●Via Mendicità Istruita 14, Bra (Cuneo); 0172/425674; coperti
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60. ● Parcheggio custodito;
prenotazione consigliabile; ferie luglio, agosto; giorno di
chiusura domenica e lunedì a
pranzo. ● Valutazione 7,50;
prezzo € 30; tradizionale.
Le vivande servite: carne
cruda e sformato di carciofi
con fonduta; tagliatelle al sugo di salsiccia di Bra; brasato
al Barolo con spinaci e patate; coniglio arrosto; panna
cotta e torta di frutta secca.
I vini in tavola: Dolcetto
d’Alba (Visa di Clerico
Monforte 2000); Dolcetto di
Dogliani (Cantine San Fereolo
Dogliani 2000); Barolo Chinato (Borgogno).
Commenti: La Consulta, steso il calendario degli incontri
della Delegazione per il
2002, ha proseguito la serata
presso questo noto locale.
Non essendo una serata organizzata ci siamo attenuti,
pur se con qualche variante,
al menu degustazione. Inizio
promettente: gustosa e consistente la carne cruda battuta
al coltello e altrettanto riuscito lo sformato di carciofi con
fonduta; tagliatelle ai 40 rossi
d’uovo, croccanti come sempre, ma nel complesso un
po’ sotto tono, a causa dell’eccessiva acidità e umidità
dei pomodori aggiunti alla
carne di salsiccia del sugo;
brasato generoso, nello spessore delle fette, nella consistenza e nel sapore, deludente il coniglio dal forte sapore
di “scaldato” e le patate arrosto di contorno non ben cotte. Bene i dessert. L’eccessiva
corposità e tannicità delle
due qualità di Dolcetto, il più
classico e diffuso dei vini locali, non hanno soddisfatto a
pieno la sete e la gola. Molte
luci, ma anche qualche ombra, forse causata dall’assenza per riposo settimanale del
capo cuoco.
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CUNEO
15 marzo 2002
Ristorante “Locanda della Posta” di Clara Allasia, fondato
nel 1930. ●Piazza Roma 32,
Marene (Cuneo); 0172/
742890; coperti 60. ● Parcheggio incustodito; prenotazione consigliabile; giorno di
chiusura martedì. ● Valutazione 7,50; prezzo € 29; tradizionale.
Le vivande servite: lardo;
salame allo “sleivo”; polpettine al Barolo e salsiccia; gran
fritto misto alla marenese
composto da venti portate
comprendenti: involtino di
asparagi e prosciutto, bistecchina di coniglio, polpetta di
verdura e carne, bracioletta di
maiale, suprême di pollo, salsiccia, fegato al burro, costine
di agnello, trota salmonata,
lumache, rane, semolino
bianco e al cioccolato, pavesini, amaretti, Ringo, pesca ripiena, albicocche, pere, prugne, frittelle di mele; formaggi misti; dolci misti; torta di
pere ricoperta, panna cotta alla menta, “bunet”, salame dolce, pesche ripiene.
I vini in tavola: Dolcetto
2000 (Cantine Patrizi Farigliano); Moscato 2000 (Cantine
Saracco).
Commenti: Nella cornice
semplice e assai linda di una
vecchia locanda rimodernata
da qualche anno e a conduzione familiare, mamma Clara
Allasia e la figlia Barbara, dopo un assaggio di salumi locali, tra cui un ottimo lardo,
ci hanno fatto gustare uno dei
piatti piemontesi più antichi,
ricchi e difficili: sua complicanza il grande fritto misto. In
dieci portate, con l’ovvia
esclusione di cervella e filoni,
nell’ordine riportato sopra,
sono stati serviti ben venti
pezzi di fritto, caldi, biondi,
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croccanti e asciutti, che hanno riscosso l’approvazione
degli Accademici e dei loro
ospiti. Unica nota non positiva, l’eccessiva abbondanza
delle porzioni. Il vino della
casa, un Dolcetto generoso e
assai beverino, poco tannico
e per nulla barricato, ha soddisfatto pienamente la sete
dei convitati. La prolusione
accademica, in tema con la
serata, è stata tenuta dal prof.
Augusto Sistri del Politecnico
di Torino, che in modo dotto
e arguto ha trattato la filologia
del friggere.
NOVARA
1 marzo 2002
Ristorante “Pinocchio” della
famiglia Bertinotti, fondato
nel 1955. ●Via Matteotti 157,
Borgomanero (Novara);
0322/82273; coperti 150.
●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie dal 15 al 30
agosto e 10 giorni a dicembre; giorno di chiusura lunedì. ● Valutazione 8,90;
prezzo € 50; elegante, tradizionale, accogliente.
Le vivande servite: aperitivo con scampi fritti, “batsoa”,
anelli di totano bolliti e fritti,
frittata rognosa, verdure fritte, calamari e bocconcini di
merluzzo fritti; cappesante in
vellutata di piselli; terrina di
fegato grasso d’anatra e coda
di bue con rape caramellate;
agnolotti alla piemontese;
petto d’oca rosato con purea
di mele e coscia d’oca con
verze croccanti; gelato e piccola pasticceria; caffè e “bicerin”.
I vini in tavola: spumante
Blanc de Blanc (Castello del
Poggio); Tocai friulano 1998
(Villa Russiz); Nebbiolo d’Alba
(riserva Occhetti 1998 Ratti);
Moscati d’Asti 2000 (Saracco).
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Commenti: Dopo il magnifico
pranzo degli auguri svoltosi a
Soriso, nostro faro della gastronomia in Piemonte e, perché
no?, in Italia, non potevamo
che optare per questo ristorante di elevato livello gastronomico con preparazioni eseguite dallo staff diretto da Piero
Bertinotti, educatore della buona tavola, creatore di convivi
di “grande cucina”, opera di
cuochi artisti. Il suo operato
realizza piatti di sublimi sapori
con accostamenti di sagge armonie, di estetica e fantasia
nella presentazione (vellutata
di piselli con capesante), di
freschezza nella qualità, di delicatezza dei gusti, di gradevole squisitezza, e i suoi aperitivi
sono sempre un piacere assoluto per il palato.
PINEROLO
8 marzo 2002
Ristorante “San Giovanni” di
Giacomo Moschetti, fondato
nel 1992. ●Piazza San Giovanni 10, Barge (Cuneo);
0175/346078, fax 0175/
346109; coperti 55. ●Parcheggio incustodito, sufficiente;
prenotazione consigliabile; ferie dal 20 agosto tre settimane, dall’8 gennaio due settimane; giorno di chiusura lunedì e martedì a mezzogiorno. ● Valutazione non effettuata in quanto fuori territorio; prezzo € 24; tradizionale.
Le vivande servite: filetto di
rombo e salsa d’acciughe;
quenelle al pollo e funghi
con salsa Mornay al rosmarino; tortino di radicchio con
pancetta arrotolata; risotto
mantecato al curry con pescatrice; bocconcini d’asino al vino Nebbiolo con polenta
morbida; tris di dolci della casa: semifreddo agli agrumi,
mousse di marroni, crostata
con marmellata di pere e
amaretti.
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PIEMONTE segue
I vini in tavola: Gavi di Gavi
Docg (Minaia Bergaglio);
Nebbiolo delle Langhe Doc
1999 (Produttori di Barbaresco); Moscato d’Asti Docg
2001 (Vignaiolo di Santo Stefano).
Commenti: In concomitanza
con la festa della donna - che
il Delegato ha onorato con un
omaggio floreale alle signore
presenti - la Delegazione ha
organizzato la seconda conviviale 2002 in trasferta, nel ristorante “S. Giovanni” a Barge
in provincia di Cuneo (ovviamente con il consenso del
Delegato locale), senza fare la
votazione a fine cena. Gli Accademici si sono dimostrati
più che soddisfatti dell’ambiente, della presentazione
dei piatti e dell’attento servizio in sala. Il menu concordato dall’Accademico Giorgio
Long è stato di buon gradimento dei partecipanti. In
particolar modo sono stati apprezzati i tre antipasti e il tris
di dolci. I vini di buona qualità, ben scelti per il menu
della serata. Infine il rapporto
prezzo/qualità merita un particolare riconoscimento.
TORINO
30 gennaio 2002
Istituto professionale di Stato
per i servizi alberghieri e della
ristorazione “G. Colombatto”.
● Via Gorizia 7, Torino;
011/3293993. ●Valutazione 7,70; prezzo € 15,49.
Le vivande servite: aperitivo
d’accoglienza; carpione di
trota salmonata al Riesling e
melagrana; sformatino di carciofi e pepe rosa con crema
di gorgonzola dolce; passata
di ceci e gamberi di fiume al
finocchietto selvatico; lunette
di castagne e salsiccia al burro aromatizzato; sella di vitello principe Orloff con bou-
quet di verdurine croccanti;
mousse agli agrumi.
LA SPEZIA
28 febbraio 2002
I vini in tavola: Roero Arneis
(La Villa 2001); Barbera d’Asti
(San Nicolao 2000); Nebbiolo
d’Alba (Malora 1999); Brachetto d’Aqui Docg (Conte di
Gropello). I vini sono stati selezionati dall’Istituto e offerti
da “Terre da vino”.
Ristorante “Paolino” di Orlando Strambi, fondato nel 1927.
● Via Gerini 50, Lerici (La
Spezia); 0187/967801; coperti 60. ●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione
consigliabile; ferie mai; giorno di chiusura lunedì. ●Valutazione 9; prezzo € 40; elegante, tradizionale.
Commenti: Nell’ambito dei
contatti stabiliti fra la Delegazione di Torino e l’Istituto alberghiero “Colombatto”, gli
Accademici di Torino sono
stati ospiti dell’Istituto in occasione della prima conviviale del 2002. Al loro arrivo gli
Accademici sono stati ricevuti con un ricco aperitivo d’accoglienza che ha contribuito
a stabilire da subito un’atmosfera di viva simpatia tra gli
ospiti, in altre occasioni considerati con apprensione come i detentori del sapere accademico, e i giovani, pieni
di entusiasmo, che si apprestano a essere i professionisti
della difficile arte della ristorazione del futuro. È seguita
una cena molto equilibrata
che ha messo in luce la serietà della preparazione alla
futura professione, la scelta
di prodotti di prima qualità,
il rispetto della cucina del
territorio unito alla giusta attenzione dedicata all’innovazione, nonché il corretto abbinamento fra i vini e le vivande. Punti di forza, secondo i voti degli Accademici,
gli antipasti e il dessert che
hanno sfiorato la media dell’otto. Discreti, non eccelsi i
vini. Apprezzatissimo anche
il servizio, molto professionale. In fine serata la preside
prof.ssa Vincenza Pisciotta e
il vice-preside prof. Carlo Di
Jacovo hanno presentato agli
Accademici tutti gli studenti
coinvolti nella cena, sia in
cucina che la ricevimento e
in sala.
LIGURIA
GENOVA
19 febbraio 2002
Ristorante “La Bitta” di Raffaele Balzano, fondato nel
1991. ●Via Casaregis 52, Genova; 010/588543; coperti
40. ●Parcheggio incustodito;
prenotazione consigliabile; ferie 20 giorni in agosto e 10
giorni in gennaio; giorno di
chiusura domenica sera e lunedì. ●Valutazione 8; prezzo
€ 46.50; raffinato.
Le vivande servite: brandade di stoccafisso con pesto;
condiglione con mosciamme
di tonno e bottarga; gnocchi
di patate e borragine con crema di pinoli; mosaico di pesce e salsa rivierasca alle olive verdi; parfait ai mirtilli in
fonduta di cioccolato; piccola
pasticceria; caffè.
I vini in tavola: vari drink
come aperitivo; Fiano di Avellino 2000; “Radici” Doc Mastroberardino.
Commenti: La serata è stata
caratterizzata dalla presenza
del Presidente nazionale Giuseppe Dell’Osso (vedi numero scorso) che ha assistito allo
scambio delle consegne tra il
Delegato uscente Giovanni
Gramatica e l’entrante Paolo
Lingua. Il Presidente Dell’Osso ha ribadito le linee-guida
dell’Accademia che deve conservare il suo prestigio e il
suo ruolo tradizionale, adeguandosi ai tempi e puntando
a fare opinione nei campi
della cultura e del costume.
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Le vivande servite: polpo al
vapore; acciughe di Monterosso al limone; triglie macerate in arance e Grand Marnier; frittelle di bianchetti; acciughe ripiene dorate; muscoli ripieni; penne saltate ai
frutti del mare; ravioli in sfoglia nera di seppie e branzino con crema di triglie; orata
di Sciabica alle olive nere e
vino bianco e gamberone
reale; profiteroles al cioccolato caldo.
I vini in tavola: Bianco di
Montecarlo; Moscato Fior d’Arancio.
Commenti: Serata all’insegna
dell’arte. Ottimi i piatti presentati da Orlando Strambi e
deliziosa la conferenza del vice-soprintendente dei Beni
culturali della Liguria, dott.
Piero Donati (responsabile
dei Beni culturali della Provincia), che ha illustrato i recenti restauri fatti nell’oratorio
di San Rocco. “Arte e cucina
della tradizione” era il tema
della serata, e i piatti hanno
rispecchiato in pieno quella
che è la cucina di Lerici. Orlando Strambi, già “cuoco
d’oro” negli anni Ottanta, forte della sua esperienza all’estero, ha voluto presentare
anche due piatti particolari, le
triglie macerate in arance e
Grand Marnier e i ravioli in
sfoglia al nero di seppie col
ripieno di branzino con crema di triglie. Gli Accademici
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e gli ospiti non potevano che
apprezzare. Il Delegato Roberto Frojo si è complimentato con tutto il personale per
la magnifica cena proposta.
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ta da un eccesso di peperone.
Vario il dessert e particolarmente apprezzata la “millefoglie” in presentazione napoletana.
TIGULLIO
22 marzo 2002
Ristorante “La Brocca” di Angela Mandato, fondato nel
1997. ●Via IV Novembre 237,
San Salvatore di Cogorno
(Genova); 0185/380569,
fax 0185/381458; coperti 38.
●Parcheggio sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie
dall’8 al 30 settembre e dal 7
al 31 gennaio; giorno di chiusura mercoledì. ●Valutazione
6,50; prezzo € 28; familiare.
Le vivande servite: aperitivo; frittelle di bianchetti; filetti di orate con pomodorini; filetti di tonno fresco in
salsa di capperi e olive; tortino di acciughe; paella straricca di freschissimi pesci e
crostacei; sorbetto al limone
o alla mela.
I vini in tavola: vino de “La
Brocca”.
Commenti: La trattoria sita
nell’immediato entroterra di
Lavagna, gestita con passione
da Angela Mandato, pratica
soprattutto cucina di pesce. I
numerosi Accademici hanno
molto apprezzato le saporite
frittelle di bianchetti calde e
fragranti; i filetti di tonno fresco marinato in salsa di capperi e olive; un ottimo tortino
di acciughe bene insaporito
dalla maggiorana e i freschissimi, teneri, sapidi filetti di
orata con contorno di dadolini di pomodoro. Il menu, che
non prevedeva primi piatti, è
proseguito con una coreografica paella (con richiami spiccatamente liguri), ricca di
buon pesce, di crostacei, di
molluschi, e un po’ sopraffat-
LOMBARDIA
BRESCIA
20 febbraio 2002
Ristorante “Noce” di Maria
Bariani. ● Via dei Gelsi 5,
Brescia; 030/3542008, anche fax; coperti 30. ●Parcheggio incustodito; prenotazione
non necessaria; ferie agosto;
giorno di chiusura sabato a
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mezzoggiorno e domenica.
● Valutazione 7; prezzo €
51,50; elegante, familiare.
Le vivande servite: stoccafisso mantecato al forno con
mediterranea al balsamico;
carpaccio di lingua di vitello
e barbabietole con olio allo
zenzero; tortelli di piccione,
fondo bruno e la coscetta arrostita; carré di coniglio, filetto, pancia ripiena del suo fegato, sedano e tartufo nero
pregiato di Norcia; semifreddo agli amaretti con frutta
stufata al vino rosso.
I vini in tavola: Franciacorta
Brut 93 (Casa Caterina); vino
bianco Poggio alle Gazze 99
(Tenuta Ornellaia); vino rosso
Capriano del Colle Tenuta
Anna 97 (Poli).
Commenti: Il contenuto tecnico della serata dedicata alla
discussione sui prossimi pro-
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grammi da attuare è stato arricchito enormemente dal
buon valore della cena. Infatti, la preparazione dei piatti,
accurata nella presentazione,
è risultata apprezzabile sia
per la fantasia che per la ricercatezza degli ingredienti. Il
locale si presenta elegante e
nello stesso tempo familiare.
Buoni anche i tempi di attesa.
Corrispondente al rapporto
qualità/prezzo.
CREMA
22 marzo 2002
“Enoteca Finzi” di Pierangelo
Franceschini. ●Piazza Finzi
1, Rivarolo Mantovano (Mantova); 0376/99656, fax
0376/959140; coperti 50.
●Parcheggio sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie
gennaio, luglio; giorno di
chiusura mercoledì. ●Valutazione non effettuata in quan-
GLI ACCADEMICI MILANESI IN VISITA
AL “CENACOLO” DI LEONARDO
La Delegazione di Milano ha realizzato
una riunione conviviale di grande valenza culturale, alla quale ha assistito
il Presidente dell’Accademia Giuseppe
Dell’Osso, con una visita alla chiesa di
Santa Maria delle Grazie per ammirare
il “Cenacolo” di Leonardo da Vinci,
con una visita guidata mirabilmente
da quel grande esperto che è Claudio
Benporat, storico e studioso di chiara
fama. Questo straordinario evento ha
quindi avuto la sua naturale conclusione accademica ai tavoli del vicino
ristorante “Orti di Leonardo”, scelto
non a caso, dove Claudio Benporat ha
illustrato con grande maestria i valori
artistici della straordinaria opera leonardesca, soffermandosi con particolare incisività su una precisa ricostruzione del periodo storico in cui l’opera si è
sviluppata. Di particolare interesse l’esame della mensa immaginata da Leo-
nardo, sulla quale appaiono residui di
cibo che hanno consentito al relatore
di soffermarsi su alcuni avvincenti dettagli sulla cucina del tempo.
Dopo alcune parole di ringraziamento del Delegato Victor Dana, il quale
ha anche espresso la propria soddisfazione, anche a nome degli Accademici, per la partecipazione del Presidente a questo importante evento culturale, Giuseppe Dell’Osso si è complimentato con il Delegato Dana e con il relatore Benporat e ha brevemente ribadito l’importanza degli obiettivi culturali che l’Accademia si pone. “La cultura, la civiltà della tavola, il retaggio
della conoscenza e della tradizione ha detto tra l’altro il Presidente Dell’Osso - costituiscono la base fondamentale, direi l’ossatura portante, del
nostro impegno accademico”.
(Mario Colasurdo)
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LOMBARDIA segue
to fuori territorio; prezzo €
50; accogliente.
Le vivande servite: pane tostato con prosciutto di Langhirano; frittata con cipollotti
e verdure; tarassaco selvatico
con lardo di conca; ravioli di
provolone e ricotta con burro
profumato alla cipolla; capretto in padella con carciofi e
pomodorini; spuma di torrone con cioccolato fondente
caldo; petite friandise; moka.
I vini in tavola: brut Contadi
Castaldi magnum; Valpolicella
Doc Le Pagose; Montepulciano d’Abruzzo Tonì Castaldi
Madonna Doc; Moscato Borgo Magliano 2001 Doc.
Commenti: In una limpida
sera del secondo giorno di
primavera, gli Accademici e
alcuni amici si sono ritrovati
nel Mantovano, fuori dal nostro territorio. Il Simposiarca
Carlo Ghelfi ha fatto trovare
un menu che prometteva bene, la cui attuazione, purtroppo, ha un po’ deluso. Di rilievo il prosciutto di Langhirano,
buono il capretto, non molto
apprezzato l’abbinamento del
tarassaco selvatico con il lardo di conca, buona la spuma
di torrone al cioccolato fondente caldo e i vini serviti. Il
servizio, pur attento, cortese e
puntuale, è stato giudicato da
tutti troppo lento nell’avvicendarsi delle portate. Nel
complesso la nostra visita non
è stata molto fortunata. Tuttavia è stato apprezzato l’impe-
gno della cucina e del personale di servizio che ci hanno
offerto una piacevole serata
di convivio amicale. Ovviamente non è stata data una
valutazione, trovandoci fuori
dal nostro territorio.
CREMONA
21 marzo 2002
Ristorante “Il Gabbiano” di
Giovanni Fontana, fondato
nel 1983. ● Piazza Vittorio
Veneto 10, Corte de’ Cortesi
(Cremona); 0372/95108;
coperti 60. ●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie fine
luglio-15 agosto; giorno di
chiusura giovedì. ●Valutazione 7; prezzo € 35; familiare,
accogliente.
Le vivande servite: aperitivi
e antipasti della casa; casoncelli alle erbette; risotto al radicchio rosso con scamorza;
faraona di nonna Bigina; capretto al forno; “bônet”; spuma di torrone; crema inglese.
I vini in tavola: Prosecco di
Valdobbiadene Doc superiore
di Cartizze (De Faveri); Colli
Piacentini Doc Gutturnio
(Azienda agricola La Stoppa);
Terre di Franciacorta Doc rosso (E. Gatti); Moscato d’Asti
Docg (Cascina Fonda).
Commenti: Una calda, quasi
estiva serata e un cielo stellato hanno fatto da cornice alla
conviviale prepasquale dei
numerosi Accademici che si
sono riuniti con familiari e
amici in una accogliente trattoria, nella campagna cremonese, in sponda d’Oglio. Particolarmente apprezzati il risotto, la faraona cucinata secondo una antica ricetta locale e i vini felicemente abbinati. Buoni anche i dolci, messi
un pochino in ombra da ottimi gelati presentati in coreo-
grafici gusci d’uovo di squisito cioccolato fondente, tutto
preparato e offerto con generosa signorilità dall’Accademico Angiolino Bettella. La piacevole serata si è conclusa
con alcune riflessioni sulle
tradizioni alimentari legate al
ciclo delle feste pasquali e lo
scambio degli auguri.
LECCO
23 febbraio 2002
Ristorante “Ca’ Bianca” di Irma Roscio, fondato nel 1980.
●Via Dante Alighieri 18, Oggiono (Lecco); 0341/260601,
fax 0341/578815; coperti 250.
●Parcheggio sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie 2
settimane ad agosto; giorno di
chiusura nessuno. ●Valutazione 7,30; prezzo € 43; tradizionale, con giardino e vista panoramica sul lago.
Le vivande servite: aperitivo
con piccole frivolezze; involtini di pesce spada con cime di
asparagi all’affiorato di oliva;
asparagi rosa con mousse ai
peperoni; risotto mantecato
con asparagi; vellutata di
asparagi con piccoli crostini;
lombata di vitello con fondo
bruno e flan di asparagi; sorbetto; frittelle di mela.
I vini in tavola: spumante
brut di Franciacorta 2001
(Monte Rossa); Pinot grigio
2000 (Villa Russiz); Merlot
1999 (Villa Russiz); Moscato
(Cantine Perduca).
Commenti: La voglia di primavera ha spinto il Simposiarca della serata (il Delegato
Balbiani) a organizzare una
conviviale sul tema dell’asparago, ortaggio tipico della tradizione milanese e diffuso in
tutta la regione, già conosciuto ai tempi di Giulio Cesare.
Il menu degustativo realizzato
dalla brigata di cucina di Jack
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(Giancarlo Longhi) ha riscosso il gradimento degli Accademici, che hanno espresso
valutazioni lusinghiere su tutti
i piatti presentati, con particolare apprezzamento per la
lombata di vitello con fondo
bruno e flan di asparagi (8) e
il risotto mantecato (7,50).
Buono l’ambiente (7,50), ottimi il servizio, l’abbinamento
cibi-vini e il rapporto qualità/prezzo (8).
MANTOVA
5 marzo 2002
Ristorante “Hostaria San Cataldo” di Cristiano Salardi,
fondato nel 1992. ●Fraz. San
Cataldo, San Cataldo Borgoforte (Mantova); 0376/
648085; coperti 70. ● Parcheggio sufficiente; prenotazione necessaria; ferie 3 settimane dal primo lunedì di
agosto; giorno di chiusura domenica. ● Valutazione 7,50;
prezzo € 25; rustico.
Le vivande servite: aperitivo
con antipasto a buffet; maccheroni al torchio con ragù,
pancetta e fagioli; cosciotto di
maiale al forno con patate arrosto e verdure alla griglia;
dolci mantovani con budino
al cioccolato e zabaione; caffè
e liquori.
I vini in tavola: vini della
casa.
Commenti: La Delegata Cristina Marenghi ha organizzato
una riuscita riunione conviviale, che ha visto come Simposiarca l’Accademico Andrea
Merelli che ha illustrato con
precisione il menu della serata. Molto apprezzato è stato il
ricco buffet degli antipasti seguito dai maccheroni al torchio con i fagioli e dal cosciotto di maiale al forno. I
dolci mantovani con lo zabaione e il budino al ciocco-
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lato hanno concluso la cena,
particolarmente apprezzata
anche per l’ottimo rapporto
qualità/prezzo.
MILANO
INTERNAZIONALE
28 febbraio 2002
Ristorante “Cracco - Peck” della Famiglia Stoppani, fondato
nel 2001. ●Via Victor Hugo 4,
Milano; 02/876774; coperti
70. ●Parcheggio custodito in
piazza Borromeo e in piazza
Diaz; prenotazione necessaria; ferie 3 settimane in agosto
e 3 settimane a dicembre;
giorno di chiusura domenica
e sabato a pranzo. ●Valutazione 8; prezzo € 75; cucina
creativa a opera di Carlo
Cracco; locale elegante con
aria condizionata.
Le vivande servite: aperitivo
con stuzzichini (viole del
pensiero, bastoncini fritti, raviolo fritto, uova di salmone e
crema di rafano, croquette
d’uovo su purea di asparagi)
(8,50); musetto di maiale tiepido in insalata (9 e lode); risotto con asparagi e tartufo
nero (7,20); filetto di vitello
gratinato alle erbe con puree
di patate e puntarelle (7,50);
midollo alla piastra con fave e
cioccolato (8,50); soufflé di ricotta con salsa di lamponi
(7,50); gelatina al caffè amaro
con zabaione al Rhum (8);
piccola pasticceria (7,50).
I vini in tavola: spumante
Metius riserva (Tn) 1995 (8);
Chardonnay Vie di Romans
1998 (8,40); Domus Caia, Sangiovese riserva, 1998 (Farucci) (7); Moscato naturale d’Asti, Cascina Fonda 2001 (8).
Commenti: Se fosse rimasto
nel menu anche il petto di
piccione con puré di cavolfiore e castagne sarebbe stato il
trionfo di “Cracco” nel mese
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della kermesse del Piatto d’arte. Le dimostrazioni di gradimento e più ancora alcune
pietanze e servizi “laudati” sono un riconoscimento che la
Delegazione ha espresso con
spontaneità alla nicchia eccellente che la città offre; si tratta di uno stile personale, che
si esprime soprattutto nell’accostamento a sapori oltre che
a consistenze e all’estetica, e
che costituisce un inno alla
buona cucina, all’esaltazione
del piacere a tavola. Alcuni
non sono dello stesso parere,
e vanno rispettati, ma uno o
due su venti non fanno statistica in una serie di gradimenti alti; nessuna espressione di semplice sufficienza a
servizio, ambiente e prestazione fa tacere tutti nell’apprezzamento di una valida
professionalità e accoglienza;
ricordiamo anche che i vini
sono stati generosamente offerti dalla proprietà agli Accademici. Un ampio confronto
sulla impostazione gastronomica di “Cracco” e la reazione
della clientela alla tecnica, alla sensibilità, alla qualità, alla
differenza tra Milano e altre
esperienze hanno fatto corona allo scambio di impressioni e del piacere della conviviale. Recenti argomenti di discussione sul potenziale di un
punto di incontro tra gli
obiettivi dei gastronomi e
quelli dei maestri di cucina
sono affiorati. Ambiente 8,50;
servizio 9 con lode; prestazione 8,50.
MILANO
INTERNAZIONALE
21 marzo 2002
Ristorante “Isola dei Sapori”
di Heros Pisu, Paolo Bassu e
Maurizio Atzeni, fondato nel
1999. ●Via Anfossi 10, Milano; 02/54100708; coperti
110. ● Parcheggio scomodo,
custodito, in via Anfossi 2;
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prenotazione consigliabile; ferie agosto, 10 giorni a Natale
e 4 giorni a Pasqua; giorno di
chiusura martedì e sabato a
mezzoggiorno. ●Valutazione
6,20; prezzo € 40; cucina
marinara di pesce e tradizionale, impronta sarda; in cucina Maurizio Atzeni; moderno, accogliente.
Le vivande servite: pesce
marinato (spada, salmone, alici; 6,50); piovra con rucola e
pomodorini (6,80); risotto con
scampi e fiori di zucca (-6);
“porceddu” al forno (6,50);
agnello con patate e carciofi
(6); sorbetto ai frutti di bosco,
al mirto (6,80); extra: moscardini con polenta.
I vini in tavola: Vermentino
di Sardegna Le Giare (6,50);
Monica di Sardegna Colle Moresco 2000 (6,50).
Commenti: Nessun sette e
una media mai raggiunta in
una riunione conviviale accademica, come la ristorazione proposta dalla città lascia a intendere. L’“Isola dei
Sapori” è un locale, dicono
alcuni Accademici, di buon
nome e buona cucina di pesce; condotto da sardi che
accettano la proposta su
prenotazione di menu di
cultura sarda. Quasi cinquanta persone stipate (ambiente 6,40) senza possibilità
di rendere un servizio degno
dei 40 euro della cena accademica (servizio 6,10) hanno
stimato il prezzo/prestazione
a una media di 6, appena
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sufficiente. I giovani proprietari, associati da tre anni,
stanno tuttavia raccogliendo
un successo testimoniato
dalla frequentazione del locale, completamente pieno.
L’informazione sull’Accademia era abbastanza lacunosa;
il confronto al termine della
conviviale metteva in luce
un’avventura commerciale
senza il supporto di una cultura specifica di formazione,
basata sulla scelta di materie
prime corrette (anche quelle
servite avevano questa caratteristica) cucinate con una
esecuzione sommaria, approssimata.
VIGEVANO
1 marzo 2002
Ristorante “Tago Mago” di Mps
srl, fondato nel 2000. ●Strada
San Marco 128, Vigevano (Pavia); 0381/348992, fax
0381/348977; coperti 60.
●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie dal 15 al 30 agosto;
giorno di chiusura martedì.
●Valutazione 8; prezzo € 35;
accogliente, caratteristico.
Le vivande servite: julienne
di faraona con soncino e crema di parmigiano; gnocchi
con loganica, cipolle di Tropea e crema di spinaci; controfiletto di fassone con rognone di vitello trifolato; fagioli di Vigevano e salsa di
Soveray; bavarese alla nocciola con crema di pistacchio e
frutti di bosco.
I vini in tavola: Freisa d’Asti Doc 2000 (Azienda agricola Marchesi di Barolo); Pinot nero Alto Adige 1998
(Cantina Colterenzio); Rosso
di Montalcino Doc 2000
(Azienda agricola Lisini di
Montalcino); Moscato d’Asti
Doc 2000 (Vignaioli di Santo
Stefano).
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LOMBARDIA segue
Commenti: A ridosso della
Statale da Vigevano a Mortara, aperto alla campagna, c’è
questo piccolo locale dove
due giovani ed entusiasti
chef, Roberto ed Edoardo,
sono alle prese con i fornelli
con risultati di classe. All’inizio intriganti golosità, a seguire gnocchi con crema di
asparagi dai netti sapori primaverili, dal gusto robusto e
ben abbinato con il rognone
il controfiletto di fassone e
alla fine una bavarese alla
nocciola da ricordare. Le
portate, presentate con attenzione, sono state accompagnate da vini di qualità:
Freisa, Pinot, Rosso di Montalcino, Moscato d’Asti. Il
servizio puntuale, rapporto
qualità/ prezzo buono. Il vo-
to espresso dimostra l’alto
indice di gradimento degli
Accademici.
VOGHERA
OLTREPÒ
22 febbraio 2002
Ristorante pizzeria “La Nuova
Fornace” di Marisa Moroni,
fondato nel 2001. ●Loc. Fornace 1, Codevilla (Pavia);
0383/77369; coperti 55+40
all’aperto. ●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione non necessaria; ferie
ultima settimana di agosto e
primo di settembre; giorno di
chiusura mercoledì sera e sabato a pranzo. ●Valutazione
6,30; prezzo € 25; pizzeria
alla buona.
Le vivande servite: affettato
misto; peperoni e acciughe;
involtino di carpaccio all’aceto balsamico; risotto con pasta di salame; tagliatelle al sugo di lepre; tagliata al coppo;
verdure grigliate; patate al
cartoccio; dolce della casa.
I vini in tavola: Bonarda e
Barbera “La Genisia” (Cantina
sociale Torrevilla); Moscato
(Cantina sociale Torrevilla).
Commenti: Serata “strana”
per gli Accademici vogheresi
in questo ristorante/pizzeria
decisamente spartano, sia come ambiente che come servizio. Il menu, accattivante sulla carta, lasciava alquanto a
desiderare in fase di realizzazione. A diversi convitati in-
fatti i primi piatti sono arrivati assolutamente freddi. Il risotto era anche passato di
cottura: peccato perché tutto
sommato era gradevole di sapore. Non male gli affettati,
soprattutto il salame, ma incomprensibile (anche nella
denominazione) l’involtino di
carpaccio condito con un improbabile aceto balsamico.
Veramente buona la carne:
tenerissima e cotta al punto
giusto. Anche la torta di mele
era buona. Magari sarebbe
stata migliore se servita da
sola, così com’era, semplice
e casalinga, o magari intiepidita e con l’aggiunta di una
pallina di gelato alla crema.
Inutile affogarla in quell’assurda salsa rosa ai frutti di
bosco.
INTITOLATO A MASSIMO ALBERINI
L’ISTITUTO ALBERGHIERO DI TREVISO
L’Istituto professionale di Stato per i servizi alberghieri e
della ristorazione di Treviso, con oltre 600 studenti,
trenta classi, tutta una serie di qualifiche, è stato intitolato a Massimo Alberini, il compianto Vice-Presidente
d’onore della nostra Accademia, scomparso due anni
fa. L’annuncio ufficiale è stato dato dal preside dell’istituto, professor Ilario Ierace, nel corso di un convegno
su “Ristorazione, risorse e territorio”, al quale sono intervenuti i rappresentanti delle amministrazioni provinciale e comunale, degli istituti alberghieri di tutto il
Veneto, alcuni esponenti di categorie professionali (Federcuochi, Fipe, Ais, Aibes, Amira, Arte in Tavola, Apt,
Federalberghi, Gruppo ristoratori della Marca ecc.),
docenti, moltissimi studenti e qualificati relatori. Significativa la presenza delle signore Luisa e Carla Alberini, commosse e emozionate.
La sessione antimeridiana del convegno è stata caratterizzata dagli interventi di Nemo Cuoghi, Coordinatore
regionale dell’Accademia per il Veneto, il quale ha ricordato con molto affetto l’amico Massimo Alberini delineandone con parole piene di pathos, oltre alle doti
umane, la grande dedizione alla causa della buona
cucina, l’importante produzione letteraria in un settore che ha una riconosciuta influenza culturale sulla
storiografia enogastronomica. Un altro notevole contributo lo ha offerto Luigi Marra, membro del Consiglio di
Presidenza dell’Accademia, relatore sul tema “La gastronomia tra passato e futuro nella salvaguardia della
tipicità”, che aveva avuto un’introduzione dotta e sicuramente ricca di segnali, diretti soprattutto alla ristorazione, da parte di Dino De Poli, presidente della Fondazione “Cassamarca”, raffinato gourmet e Accademico onorario. Marra ha tracciato un breve profilo dell’evoluzione della cucina italiana dalle sue origini ai
giorni nostri, con date, riferimenti, aneddoti, concludendo infine, rivolto agli studenti, con questa esortazione: “Siate fieri un giorno di poter dire: mi sono diplomato all’«Alberini»”.
Dell’intitolazione dell’Istituto alberghiero di Treviso a
Massimo Alberini, proposta avanzata da Carlo Mocci,
giornalista e Accademico trevigiano, ha parlato nella
sua prolusione il preside professor Ilario Ierace, che ha
aperto il convegno, incentrato sulla relazione di Alessandro Sensidoni dell’Università di Udine (“Biodiversità e difesa dei prodotti del territorio nella moderna ristorazione”) e su un intervento di Corrado Fasolato,
chef del ristorante “La Siriola” di San Cassiano in Badia (Bolzano), sul tema”Cucina creativa nel rispetto
del territorio e per la valorizzazione della tradizione”.
Fasolato, teorico della “cucina estrema”, non ha però
escluso, pur nelle sue provocazioni cucinarie, la validità dei piatti tradizionali. Molto apprezzata la rela-
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gliabile; ferie agosto; giorno di
chiusura lunedì sera. ●Valutazione 7,15; prezzo € 23;
caratteristico.
VENETO
LEGNAGO
BASSO VERONESE
E POLESINE OVEST
23 gennaio 2002
Trattoria “Le Marie” di Lorena
Vecchiato, fondata nel 1700.
●Via G. Matteotti 6, Pontepossero di Sorgà (Verona);
045/7325087; coperti 80.
●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consi-
Le vivande servite: rane fritte e grana; luccio in salsa; risotto col “pessin” (pesce piccolo d’acqua dolce); risotto
alla pilota; salamino sotto unto con polenta; mostarda e
grana.
I vini in tavola: Verde Piona
(Cantine A. Piona); Soave
classico 2000 (Domini Veneti); Rosso dei Concari (Azienda Lebovitz; Bardolino classico 2000 (Domini Veneti).
Commenti: La Delegazione
si è riunita in una trattoria
che risale al 1700. La riunione
zione, per forza riassuntiva, di Sensidoni che ha insistito sull’indispensabilità di un aggiornamento tecnologico che non contrasti assolutamente con il rigore della
cucina del territorio, anzi, meglio trattando i prodotti
ne aiuti la tutela e la valorizzazione.
Alla prima sessione dei lavori, durata l’intera mattinata, è seguito un ricco buffet preparato dagli studenti e
dai docenti di cucina.
Nella sessione pomeridiana, moderatore Bruno Brunello, presidente del Consorzio tra gli istituti alberghieri
del Veneto, sono state presentate altre due relazioni.
Una di Ubaldo Fanton, assessore provinciale all’Istruzione (“Il ruolo della formazione per lo sviluppo del settore agro-alimentare e la valorizzazione dei prodotti tipici”) e l’altra di Anna Comacchio, dell’Università di
Venezia (“Qualità del servizio, bisogni formativi e risorse umane”).
I lavori si sono conclusi con una tavola rotonda su: “Le
aspettative del mondo della ristorazione nei confronti
degli istituti alberghieri e della formazione professionale”. Sono intervenuti numerosi rappresentanti del mondo della gastronomia, tra cui il Delegato di Treviso dell’Accademia, Beppo Zoppelli (presente anche Laura
Ghittino, Delegato di Venezia Serenissima, Delegazione
a cui apparteneva Massimo Alberini), con osservazioni,
critiche e proposte certamente costruttive e da tenere in
considerazione perché l’intero discorso, fatto in occasione di un raro confronto fra protagonisti dell’universo
ristorazione, non finisca tra le belle cose dette nel corso
di un bel convegno.
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conviviale si è aperta con un
aperitivo di rane fritte alla
perfezione, croccanti e per
nulla unte. Si è poi proseguito con due risotti: uno di pesce (sempre fritto) piccolissimo che funge da condimento,
un secondo (alla pilota) che
risente un po’ della tradizione
della vicinissima Bassa mantovana. Come secondo piatto
è stato servito dell’ottimo salamino conservato sotto grasso. Il salame è fatto direttamente dai gestori che allevano i maiali necessari alla produzione. La cena si è conclusa con un ottimo dessert
composto da un buon grana
padano servito con una mostarda di mele di produzione
propria. La trattoria ha superato brillantemente la prova e
va sottolineato che i gestori
hanno saputo conservare i sapori e il modo di cucinare caratteristici della zona.
LEGNAGO
BASSO VERONESE
E POLESINE OVEST
14 febbraio 2002
Trattoria “Vecio Balilla” di
Flavio Renoffio, fondata nel
1976. ●Via C. Battisti 10, Isola della Scala (Verona);
045/7300840; coperti 70.
●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie una settimana a
gennaio e due variabili in luglio/agosto; giorno di chiusura domenica sera e lunedì.
●Valutazione 6,75; prezzo €
45; familiare.
Le vivande servite: verdure
di stagione in pinzimonio;
salmone, tonno e pesce spada affumicati; cocktail di gamberetti; insalata di mare tiepida al vapore; cappasanta con
panna e pinoli; tagliolini all’astice; risotto ai frutti di mare;
scampo e gamberone alla griglia; cappasanta, cappalunga,
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spiedino, fave e cozze al gratin; biscotto arrotolato ai frutti
di bosco; mandorlata alla ricotta.
I vini in tavola: Prosecco di
Valdobbiadene (Le Anfore);
Soave “Ca’ Visco” (Coffele);
Recioto di Soave (Coffele).
Commenti: La Delegazione,
in occasione della ricorrenza
di San Valentino, ha deciso di
organizzare la conviviale
mensile invitando le gentili
consorti. La serata si è tenuta
presso una trattoria che propone un menu a base di pesce di mare, cosa spesso difficile da gustare nella nostra
zona. La serata si è aperta
con un antipasto ben bilanciato cui sono seguiti due primi piatti entrambi a buon livello; va segnalato il risotto
che, poiché siamo nella patria
del vialone nano, presso i nostri ristoratori rappresenta
sempre una certezza. I secondi piatti hanno costituito una
buona selezione di crostacei
e “conchiglie”. Gli aspetti non
positivi sono stati il dessert
che non ha entusiasmato gli
Accademici ma, soprattutto, i
tempi di servizio che sono
stati decisamente troppo lunghi; forse a giustificazione del
gestore va ricordato che la
giornata era una ricorrenza
che molti festeggiavano e
quindi il locale era particolarmente affollato.
PADOVA
9 marzo 2002
Trattoria “Dotto di Campagna” di Ermomi Roverato,
fondata nel 1962. ●Via Randaccio 2, Ponte di Brenta
(Padova); 049/6254698932112; coperti 95. ● Parcheggio comodo; prenotazione consigliabile; ferie agosto e
dal 27 dicembre al 10 gennaio; giorno di chiusura do-
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VENETO segue
menica sera e lunedì. ●Valutazione 7,50; prezzo € 31;
elegante.
Le vivande servite: fritti misti di primavera (fiori di zucchine, schie) e bocconcini di
polenta con baccalà mantecato; risotto coi bruscandoli;
stinco di vitello al forno; costine di agnello; verdure di
campo in tegame; fragoline di
bosco; zabaione e biscottini
di credenza.
I vini in tavola: Colli Euganei Doc Novello (Parco del
Venda); Speaia Igt 2000; Colli
Euganei Moscato Fior d’Arancio passito (Villa Sceriman).
Commenti: Conviviale a
margine dell’Assemblea tutta
improntata a un ricettario
padovano, quella svoltasi nei
locali di “Dotto di Campagna” all’inizio del quarantunesimo anno di attività della
Delegazione. Gli Accademici
hanno particolarmente gradito i fritti misti, lo stinco e lo
zabaione con i biscottini di
credenza e, tra i vini, lo
Speaia, un uvaggio di Cabernet e Merlot molto interessante. Alla fine il Delegato
Pietro Fracanzani ha consegnato a Momi Roverato il diploma di “Buona cucina”,
elogiando oltre alle capacità
cucinarie della famiglia Roverato anche l’accoglienza
sempre improntata alla familiarità e al rispetto delle tradizioni.
PADOVA
23 marzo 2002
Ristorante “La Tavernetta” di
Ervino Mazza, fondato nel
1999. ●Via Cavour 7, Fontana Fredda – Cinto Euganeo
(Padova); 0429/644322,
anche fax; coperti 45. ●Parcheggio custodito; prenotazione consigliabile; ferie dall’1 al
20 agosto; giorno di chiusura
lunedì pomeriggio e martedì.
●Valutazione 7,30; prezzo €
34; tradizionale, faòiliare, accogliente.
Le vivande servite: fagottino
di pasta greca farcito con
punte di asparagi, prosciutto
crudo, formaggio asiago; risotto con carletti; capretto da
latte al forno; faraona di corte
con le noci; contorni assortiti;
colomba pasquale.
I vini in tavola: Sacranto riserva 1998 rosso Colli Euganei Doc (Azienda agricola
Riolite - Vò Euganeo); Moscato Colli Euganei Doc vendemmia tardiva Palazzo del Principe (Viticoltori riuniti dei
Colli Euganei - Vò Euganeo).
Commenti: Le erbine spontanee, i bruscandoli (nome
scientifico Humulus lupulus)
con i carletti (nome scientifico Silene vulgaris) rappresentano un ingrediente semplice ma prelibato per una
tavola primaverile. A questa
cucina dietetica e piacevole,
già esaltata dal poeta Francesco Petrarca nel Trecento e
dal medico Michele Savonarola nel Cinquecento, si è
ispirato lo chef Ervino Mazza, un trentino trapiantato
nei Colli Euganei, per imbandire un banchetto dell’equinozio di primavera nel
suo locale “La Tavernetta”,
situato nel cuore dell’acrocoro euganeo. Impeccabile è
risultato il risotto, mentre gli
Accademici e gli ospiti hanno pure apprezzato l’originalità del fagottino farcito con
punte di asparago, altra specie che come selvatica si trova tra i campi. Al levar delle
mense applausi alla famiglia
Mazza e al poeta accademico
Aldo Businaro che in vernacolo ha distillato versi carichi
di amore per la terra padovana.
RIVIERA
VERONESE DEL GARDA
12 marzo 2002
Ristorante “Stella d’Italia” di
Umberto Segattini, fondato a
fine Ottocento. ●Piazza Carlo
Alberto 25, Pastrengo (Verona); 045/7170034, fax 045/
6779399; coperti 70 interni,
50 esterni. ●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie agosto, gennaio; giorno di chiusura domenica sera e lunedì.
● Valutazione 7; prezzo €
61,97; raffinato.
Le vivande servite: leccornie
di verdura in pastella; luccio
del Garda in agrodolce con
polenta e peperoni grigliati;
bigoli al torchio al salmì di faraona o tortelli di pecorino,
ricotta e parmigiano; lumache
alle erbette in un nido di polenta o faraona arrostita al rosmarino; insalata di funghi;
patate; formaggio di Monte
Veronese; meringata con ananas; “fogassin sulla gradella”.
I vini in tavola: Brut di Lugana (Azienda agricola Otella); Bianco di Custoza (Lamberti); Bardolino Ca’ Bordeniss (Santi); Pinot nero Collio
(Conti Formentini); Recioto
della Valpolicella (Santi).
Commenti: Ottima presentazione di un grande tavolo
con appropriate stoviglie e un
centrotavola disposto con cura. Ottimo fritto servito con
spumante “Otella” metodo
champenois; buoni i bigoli al
sugo di faraona e ottima la
pasta dei tortelli apprezzata
dal nostro intenditore e Accademico Giovanni Rana, il
quale è stato presentato durante la serata agli Accademici. Buona la faraona arrosto,
appena sufficienti le lumache
in umido, mentre buone
quelle all’escargot. Ottimo il
formaggio di Monte e ci sia-
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mo meravigliati che un locale
così raffinato non abbia il carrello dei formaggi. Indovinata
la meringata e ottimo il tradizionale “fogassin sulla gradella”. I vini tutti della ditta Giv,
ottimi e indovinati nell’abbinamento coi cibi.
ROVIGO
ADRIA
CHIOGGIA
16 marzo 2002
Ristorante “Orient Express” di
Roberto Marcolin, fondato nel
1982. ● Viale Stazione 198,
Badia Polesine (Rovigo);
0425/51350; coperti 80.
●Parcheggio comodo; prenotazione consigliabile; ferie
prima metà di luglio; giorno
di chiusura martedì. ●Valutazione 7,30; prezzo € 22; familiare, tradizionale.
Le vivande servite: stuzzichini e piccole delizie (verdure fritte pastellate, frittata coi
bruscandoli, frittata con legumi e formaggio, cubetti di
mortadella, olive all’ascolana,
grissini con prosciutto crudo)
(7,50); pappardelle al salmì
di lepre (7,30); agnello al forno con patate (7,50); germano reale al forno (6,50); patate fritte, insalata mista (7);
coppetta di semifreddo della
casa (8).
I vini in tavola: Prosecco di
Valdobbiadene (Ruggeri); Cabernet “Piave” 2001 (Vigna
Dogarina); Moscato di Sicilia
“Grecale” 2000 (Florio) (7,50).
Commenti: L’affollamento
eccessivo e forse imprevisto
del locale ha provocato qualche inconveniente nel servizio e nei tempi di cottura di
qualche piatto ma non ha, nel
complesso, impedito ai soci
presenti e ai loro ospiti di apprezzare la qualità della cucina di questo ristorante a con-
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duzione familiare, già visitato
in passato dalla nostra Delegazione sempre con esiti più
che positivi. Tra i piatti del
menu scelto dai soci Bonazzi
e Golfetti, Simposiarchi della
cena, sono piaciuti particolarmente il buffet di antipasti,
l’ottimo e saporito agnello e il
semifreddo della casa a base
di mascarpone e cioccolato,
mentre qualche perplessità ha
suscitato la cottura del germano, che avrebbe dovuto essere il piatto forte della serata
in quanto costituisce da sempre una delle migliori preparazioni del locale. Buoni i vini
che hanno accompagnato le
varie portate, soprattutto il
Moscato finale. Onestissimo il
prezzo e giudizio finale ampiamente positivo, che premia i gestori di un ristorante
che da anni si distingue in
questa zona per una cucina
semplice e dignitosissima a
prezzi più che favorevoli.
TREVISO
1 marzo 2002
Antica osteria “Al Cavallino”
di Fernando Groppo, fondata
nel 1830. ●Borgo Cavour 52,
Treviso; 0422/412801; coperti 70. ● Parcheggio sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie dall’1 al 20 ottobre; giorno di chiusura martedì, mercoledì mattina. ●Valutazione 6; prezzo € 25; elegante.
Le vivande servite: “scopeton” e gamberetti in polentina
bianca; “sópa de çegole” e bigoli in salsa; “bisata del Sil in
umido co’ la polenta brustolada e radicio”; “formajo imbriago”; “zaléti fati in casa co’
la so crema”.
I vini in tavola: Prosecco
(Azienda agricola Campion)
Valdobbiadene (Treviso); Castel nero (Azienda agricola
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Buffon, Treviso); Prosecco
millesimato (Azienda agricola
Campion) Valdobbiadene-Treviso.
Commenti: Si inserisce nel
ciclo delle riunioni conviviali
riservate ai soli Accademici e
finalizzate alla riscoperta delle antiche osterie, la cena
quaresimale presso l’antica
osteria “Al Cavallino”, situata
a ridosso della cinquecentesca Porta Santi Quaranta,
storico monumentale varco
nel terrapieno delle mura. Di
certo uno dei più antichi posti di ristoro all’ingresso della città, nato nel 1830 come
punto di ritrovo dei patrioti
al tempo dei moti risorgimentali. È lo “scopeton”
(aringa affumicata) ad aprire
il quaresimale menu servito
con Prosecco di Valdobbiadene dell’Azienda agricola
Campion, seguito da gamberetti su un letto di polentina
bianca (purtroppo introvabili
nel pescato di giornata le
previste “schiéte” schille, un
tempo gamberi dei poveri).
Quindi due piatti di grande
tradizione: “sopa de çegole”
(minestra di cipolle), provocante invito alla vivace discussione tra gli Accademici,
e bigoli in salsa (tipico piatto
trevigiano da vigilia con sugo di cipolle e acciughe su
grossi spaghetti scuri) che
hanno avuto l’onore di parecchi bis. Entrambi accompagnati da un corposo Castel
nero, rimasto poi in tavola
anche per la saporita e delicata anguilla in umido (“bisata del Sil”) con polenta abbrustolita e radicchio, per
l’assaggio non previsto dal
menu della gustosa versione
trevigiana del baccalà alla vicentina e per il particolare
“formajo imbriago”. Per dessert, i tipici “záeti fati in casa” (rustici biscotti a base di
mais, frumento e uvetta) da
ammorbidire in una delicata
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crema. Infine il brindisi di
chiusura con Prosecco millesimato. Nel consegnare al
gestore Fernando Groppo il
guidoncino della Delegazione di Treviso con le firme di
tutti i commensali, il Delegato Beppo Zoppelli ha sottolineato l’importanza dei locali
che contribuiscono con i loro menu a tramandare gli
antichi sapori, magari ripescando vecchie e dimenticate ricette per adattarle, con
intelligenza, alle esigenze
delle nuove abitudini alimentari.
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seppioline al nero e per la
zappetta di scampi in crosta.
Buona la serie dei vini. Buono il servizio anche se reso
difficoltoso dall’affollamento
dei convitati, in parte intervenuti all’ultimo momento.
TRENTINO - ALTO ADIGE
VERONA
22 febbraio 2002
Ristorante “Adriano” di
Adriano Contesso, fondato nel
1996. ●Via Meschini 26, Verona; 045/913877, fax
045/8306056; coperti 100.
●Parcheggio sufficiente, incustodito; prenotazione consigliabile; ferie mai; giorno di
chiusura domenica, lunedì a
mezzoggiorno. ●Valutazione
7,20; prezzo € 40; elegante.
Le vivande servite: capesante al forno; seppioline al nero; ombrina su polenta; zappetta di scampi in crosta; ombrina alla brace con insalata
mista; gelato di vaniglia con
frutti di bosco.
I vini in tavola: Riesling italico spumante brut; Bianco Villa Matilde (Falanghina); Crema di mandorla vino liquoroso Igt (Pellegrino).
Commenti: La conviviale di
febbraio si è tenuta nell’elegante ristorante di Adriano
Contesso, situato in uno dei
più suggestivi angoli della
città. Numerosissimi gli Accademici presenti richiamati
dalla fama del locale. Buona
la serie dei piatti con una particolare sottolineatura per le
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BOLZANO
14 marzo 2002
Ristorante “Bellavista Marklhof” della Famiglia
Oberhofer, fondato nel 1960.
●Via Belvedere 14, Cornaiano
(Bolzano); 0471/662407,
fax 0471/661522; coperti 100
più 100 all’aperto. ●Parcheggio sufficiente; prenotazione
consigliabile; ferie dal 22 giugno al 10 luglio; giorno di
chiusura domenica sera e lunedì. ●Valutazione 8,50; prezzo € 38,70 (vini esclusi); tradizionale, accogliente, con panorama sulla valle dell’Adige.
Le vivande servite: filetto di
bue alla tartara; fegato grasso
d’oca con pere glassate in salsa di Amarone; ristretto con
coda di bue e verdure; tortellini ripieni di asparagi verdi;
denti di cane con parmigiano
e burro fuso; agnellino al forno con patate e rosmarino;
terrina di cioccolato e menta
con fragole e zabaione al Moscato.
I vini in tavola: aperitivo Talento Comitissa, brut riserva
(Cantina L. Martini – Cornaiano); vini tutti Doc: Termeno
aromatico “Lage Doss” 2000
(Cantina Niedermayr – Cor-
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TRENTINO-ALTO ADIGE segue
naiano); Pinot grigio Puiten
2000 (Cantina Colterenzio);
Blauburgunder Mazon 1999
(Cantina Gottardi – Egna);
Moscato rosa 1998 (Cantina
Gries – Bolzano).
Commenti: Dopo un lungo
lasso di tempo, gli Accademici sono ritornati al “Bellavista” (diploma di “Cucina
eccellente” nel 1993). Nelle
due romantiche stanze tirolesi, l’incontro è stato curato
dall’Accademico Raffaelli. Le
aspettative cucinarie hanno
ottenuto un’ampia conferma
nella valutazione finale: merito dello chef Andreas
Oberrauch che ha dato
un’ulteriore prova delle sue
notevoli capacità. Ottimi i
tortellini ripieni di asparagi
verdi e il contorno di denti
di cane (Taraxacum officinale: verdurina selvaggia
raccolta nei magnifici dintorni del ristorante). Di particolare interesse l’agnellino al
forno (siamo ormai vicini alla Pasqua) di squisita fattura.
A proposito delle numerose
portate, merita di essere ricordato il “modo” suggerito
dal nuovo Segretario e sommelier Perseghin: ciascuna
portata è stata appaiata al vino scelto col sistema del “vino al bicchiere” (di cui spesso si auspica l’uso nella nostra rivista). Questa iniziativa
ha riscosso un buon successo che presuppone peraltro
una capacità di scelta non
indifferente nella ricca gamma dei vini altoatesini e una
perfetta efficienza nel servi-
zio. Tra i vini, come detto
scelti attentamente e di ottima qualità, merita una particolare citazione il Blauburgunder 1999 di Mazon. Finale in bellezza con un’ottima
terrina di cioccolato (le raccomandazioni ricevute hanno il loro effetto!) accompagnata da un piacevole Moscato rosa.
MERANO
26 febbraio 2002
Ristorante “Gstoer” della Famiglia Tschenett, fondato nel
1930. ● Via Vecchia 40, Lagundo (Bolzano); 0473/
448555, fax 0473/448047; coperti 100. ●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie variabili; giorno di chiusura giovedì. ●Valutazione 6,50; prezzo € 41; familiare, rustico.
della casa Maffei, si fa notare
lo speck di propria produzione. Buono il carpaccio, specialmente quello di cervo.
Poi arriva il risotto, presentato in modo originale in una
corona di zucca, ma purtroppo era stato costretto a lasciare in fretta e furia la casseruola prima di poter raggiungere il giusto punto di cottura. Segue il boeuf Stroganov,
classico piatto della cucina
russa. Ottima la carne, grazie
alla vicina fonte, ma il conte
Stroganov avrebbe sicuramente avuto da discutere con
il cuoco su come costui ha
eseguito la famosa ricetta e
sul contorno scelto. Il dolce
era accompagnato da una
splendida vendemmia tardiva
di Kracher, grande stella del
firmamento dei vini da dessert, e numero uno in Austria
per questi vini.
Le vivande servite: tartine
assortite; carpaccio di filetto
di manzo e di sella di cervo
su rucola; risotto alla zucca
con semi di girasole arrostiti;
filetto alla Stroganov con tagliatelle al burro; vari dessert.
I vini in tavola: Chardonnay
1999 “St. Valentin” (Cantina
produttori San Michele Appiano); Lagrein riserva 1998
(Graf Kuenburg salegg caldaro); vendemmia tardiva “Beerenauslese cuvée” 2000 (Kracher Austria).
Commenti: Serata ben organizzata da Covi e Troger, incentrata sul passaggio della
campana. Si è svolta in un locale sempre molto frequentato, con annesso albergo e
macelleria, combinazione che
è una classica tradizione tirolese, e generalmente garanzia
di ottima materia prima. E infatti già nelle tartine, annaffiate da un ottimo spumante
EMILIA ROMAGNA
BOLOGNA
18 marzo 2002
Ristorante “Foresteria Cierrebi”
di Caribo, gestione dal 1999.
●Via Marzabotto 24, Bologna;
051/6141473; coperti 100.
●Parcheggio custodito; prenotazione necessaria (circolo privato). ● Valutazione 6,30;
prezzo € 31; elegante.
Le vivande servite: aperitivo con stuzzichini; risotto alla trevisana; gramigna alla
salsiccia; scaloppine con
punte di asparagi; patate di
Budrio al forno; carrello dei
dolci.
L ’ A C C A D E M I A 2 0 0 2 • N . 1 2 7 • PA G . 2 8
I vini in tavola: Prosecco dei
Valdobbiadene; Pignoletto dei
Colli Bolognesi; Lambrusco di
Sorbara.
Commenti: Un’animata cena, appendice della vivace
Assemblea. Signorile ambiente con sollecito servizio.
Dalla cucina: buoni i primi,
dignitoso il secondo, buoni i
dolci fatti dalla casa, discreti
i vini. In considerazione del
fatto che si tratta di una cucina di un club sportivo privato, il livello è buono.
BOLOGNA
DEI BENTIVOGLIO
7 marzo 2002
Trattoria “La Grotta” di Bruna Negri Funi, fondata nel
1918. ●Via Tignano 3, Mongardino (Bologna); 051/
6755110-291; coperti 70, 90
in terrazza. ●Parcheggio incustodito, sufficiente, comodo;
prenotazione consigliabile; ferie dal 27 dicembre al 13 febbraio; giorno di chiusura tutto mercoledì e giovedì a mezzoggiorno. ●Valutazione non
effettuata in quanto fuori territorio; prezzo € 35; accogliente, elegante.
Le vivande servite: affettato
misto; crescentine con cipolline; tortellini in brodo; tagliatelle al ragù; spalla di vitello
in crosta; fritto misto; zuppa
inglese.
I vini in tavola: Bignoletto
(Il Poggiolo Funi); Barbera
2000 (Funi); Cabernet-Sauvignon (Vallanis); Moscato.
Commenti: Successo di adesioni per una serata in collina
a 18 km da Bologna, grazie
alla perfetta organizzazione di
Maria Luisa Munn, Simposiarca di turno. Andrea Funi, lo
chef, è molto bravo nel proporre piatti di grande rilievo,
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PASSAGGIO DELLA CAMPANA A SALSOMAGGIORE TERME
Con una cena di gala alla “Locanda della Moiana” del
castello di Felino, la Delegazione di Salsomaggiore Terme ha festeggiato i primi dodici anni di vita. Fondata
da Antonio Battei questa Delegazione copre una zona
ricca di turismo non solo gastronomico, dove la ristorazione ha radici antiche protese sulle province di Parma
e di Piacenza. Oltre ai valori della tradizione, la cucina ha qui trovato un non sempre facile punto d’equilibrio in quella cucina internazionale che, fin dal momento in cui Salso si è trasformata da borgo del sale in
“ville d’eaux”, è entrata a far parte del patrimonio comune della zona.
La cena di gala è stata organizzata in onore del Presidente nazionale dell’Accademia Giuseppe Dell’Osso:
presenza che, oltre a suggellare più di due lustri di attività, è stata auspice dello scambio della “campana” tra
Antonio Battei e Gino Del Boca, che ha assunto la carica di Delegato. Dopo anni d’mpegno al servizio della
cultura e civiltà della cucina, a favore e difesa delle
tradizioni eno-gastronomiche legate al territorio, e dopo aver favorito una più capillare presenza e visibilità
dell’Accademia Italiana della Cucina nel segno di una
tavola che vuole unire piacevolmente uomini, idee e
culture, Battei lascia la guida della Delegazione a Gino
Del Boca, dopo dodici anni di lavoro testimoniati da
una rassegna stampa di decine e decine di pagine: un
corposo volume consegnato nelle mani del Presidente il
quale non ha mancato di rallegrarsi. Giuseppe Dell’Osso, nel suo articolato intervento, ha apprezzato la dinamicità della Delegazione e la sua precisa e puntuale
presenza sul territorio e ha tra l’altro affermato: “Questa è la strada giusta per una crescita che dia all’Accademia sempre maggiore autorevolezza”.
All’Accademico Marco Alessandrini è spettato il compito d’illustrare il luogo che ha ospitato il convivio. Una
serie di ricordi e fatti storici raccolti in un’elegante pubblicazione edita da Battei traccia una breve storia del
castello.
I festeggiamenti del dodicesimo anno di vita della Dele-
con attenzione particolare ai
prodotti del territorio. Eccellenti i tortellini e le tagliatelle,
notevole sia la spalla in crosta
di pane con le noci sia il fritto, leggerissimo. Buona e attenta la scelta dei vini, alcuni
di produzione della famiglia
Funi. In estate la grande terrazza invoglia alla frequentazione. Valutazione non eseguita perché fuori territorio. Il
commento generale è stato di
grande apprezzamento anche
per la qualità del servizio.
CENTO-CITTÀ
DEL GUERCINO
10 marzo 2002
Ristorante “La Pallida Luna”
di Emma Martinelli & C.,
fondato nel 1997. ●Via Moli-
gazione salsese sono stati inoltre l’occasione per presentare la plaquette “Salsomaggiore Terme: la cucina golosa nella ville d’eaux, a tavola con la regina” curata
dall’Accademico Roberto Tanzi e dedicata a Baldassarre Molossi.
Il menu preparato per l’occasione dallo chef Egidio
Manzini e dal maître Vincenzo Ecca, ha proposto alcuni classici del territorio come l’antipasto di salumi con
il prelibato culatello di Zibello, il dolcissimo prosciutto
di Parma e l’immancabile salame Felino. I primi hanno invece passato in rassegna le peculiarità del tortello
cucinato nei tre modi classici, dove al ripieno di erbette
è succeduto quello di zucca e poi quello di patate, mischiato al profumo del porcino di Borgotaro. Un crescendo che ha propiziato il filetto di porchetta alle nocciole accompagnato da patate al forno. Il tocco esotico
di un’insalata di ananas seguita da un biscotto intinto
nello zabaione ha concluso il convivio. I vini che hanno accompagnato i piatti sono stati un Lambrusco del
Castello 2000, un Conte del Becco 2000 e uno spumante Tenuta San Lorenzo del 1997.
La serata di gala è stata inoltre l’occasione per dare il
benvenuto a tre nuovi Accademici: Paolo Lunardi,
Marco Mazzoni, Franco Vincenzo.
Tra le autorità presenti: il questore di Parma dottor Raffaele Valentini, il pro-rettore professor Corrado Scaravelli e gli amici Delegati di Parma e di Destra Oglio Vittorio
Brandonisio e Giuseppe Monici. A tutti i doni offerti da
Barilla, Terme di Salso e Terme di Tabiano.
In occasione della sua visita a Parma, il Presidente
Giuseppe Dell’Osso e il Presidente del Centro studi
“Franco Marenghi”, Giovanni Ballarini, si sono incontrati con l’assessore provinciale all’Agricoltura e alimentazione, Albino Ivaldi Ganapini, per mettere a
punto la partecipazione e l’intervento dell’Accademia
nel quadro del grande progetto per una scuola internazionale di cucina che dovrà trovare sede nella
splendida cornice della reggia farnesiana di Colorno.
(Angelo Gnudi)
no 27, Molino Albergati (Ferrara); 051/6842107; coperti 40. ● Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione necessaria; ferie agosto; giorno di chiusura domenica, lunedì, martedì. ●Valutazione 8,50; prezzo € 31;
elegante.
Le vivande servite: bignole
di salsiccia con culaccia sta-
L ’ A C C A D E M I A 2 0 0 2 • N . 1 2 7 • PA G . 2 9
gionata in grotta e lardo di
Colonnata; piccole “spuntature” di maialino cucinate in
padella con Tocai friulano
servite in letto di salsa alla
cacciatora aromatizzata al timo fresco; riso mantecato alle
punte di asparagi verdi con
croccantini di guanciale e
fonduta di formaggio di fossa;
ruote di filetto di coniglio ripieno di frittata con lasagna
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EMILIA ROMAGNA segue
di patate, broccoli e uova di
quaglia al sapore di tartufo di
Norcia; tortino morbido di
cioccolata e mandorle con
crema pasticciera tiepida,
bucce d’arancia caramellate e
salsa di pistacchi verdi di
Bronte.
I vini in tavola: La Monella
(Braida); Pignoletto frizzante
(San Vito); Pinot bianco 2000
(Renato Keber); Cabernet
franc (Renato Keber).
Commenti: Nella raffinata ed
elegante cornice del locale
gestito con sapienza dai titolari, si è tenuta la conviviale
di primavera con grande partecipazione degli Accademici
e consorti. Dopo un gustoso
brindisi di benvenuto si è
passati a tavola, dove lo chef
Roberto ci ha entusiasmati
con la delizia dei suoi piatti
raffinati e ben presentati,
mentre Egidio ci ha gratificati
con una serie di vini eccezionali e ben accostati. Ormai
siamo certi che questo ristorante si possa annoverare fra i
migliori del nostro territorio
di competenza.
FORLÌ
22 marzo 2002
Ristorante “Vittorio” della Famiglia Boldrini, fondato nel
1992. ●Via Andrea Doria 3,
porto turistico, Cesenatico
(Forlì); 0547/672588; coperti 70+70 all’aperto. ●Parcheggio del ristorante; prenotazione consigliabile; ferie ultima settimana di maggio, ultima di settembre, e 3 settimane a Natale; giorno di chiusura martedì e mercoledì a mezzoggiorno. ● Valutazione 9;
prezzo € 55; tradizionale con
cucina marinara.
Le vivande servite: aperitivo
con crostini; bianchetti alla
griglia; misto di antipasti al
vapore; fritto dell’Adriatico; risotto bianco alle vongole; grigliata; dessert; ciambella;
caffè e digestivo.
I vini in tavola: Cuvée imperiale (Berlucchi); Pinot grigio
(Villa Russiz); Sauvignon (Jermann); Moscato rosa (Jermann).
Commenti: Il ristorante si è
dimostrato di prima qualità
e uno dei migliori della riviera romagnola. L’Accademia l’ha inaugurato dopo i
lavori che hanno riguardato
locali e arredamento. Si è
cominciato con la “sciccheria” di una squisita polpa di
granchio servita su crostini e
innaffiata da un Berlucchi
cuvée imperiale. La “sfilata”
degli antipasti è stata impeccabile e ben calibrata: dai
bianchetti alla griglia (deliziosi) a scampi, canocchie e
altre delizie presentati da un
servizio di sala impeccabile
ma non frenetico e quindi
accattivante. Il risotto bianco
aveva il profumo del mare e
il fritto dell’Adriatico ha riscosso un successo meritato:
croccante, su un “tappeto”
di carta gialla, è stato “spazzato” senza pietà dai commensali. E per finire un’ottima grigliata e la classica
ciambella romagnola. Il tutto
con vini di primo piano tra i
quali gli eccezionali Pinot
grigio Villa Russiz e Sauvignon Jermann. Al termine
applausi per tutti e in particolare per Alessandra che
dirige l’azienda, a suo tempo fondata dall’indimenticabile Vittorio. Al discorso del
Delegato Stelio Nanni è
spuntata una lacrima dagli
occhi di Alessandra, che era
di gioia e nello stesso tempo
di commozione.
anche il sassolino, anche se
per alcuni leggermente salato. Ottima valutazione anche
per il rapporto qualità/prezzo e per l’ambiente veramente caldo e accogliente
anche per gruppi di medie
dimensioni. Nel complesso
un ottimo mix sotto tutti gli
aspetti.
MODENA
25 febbraio 2002
Ristorante “La Contea di Montale” di Franco Manzo e Carlo
Caselgrandi. ● Via Vandelli
100/A, Montale Rangone (Modena); 059/531212; coperti
90. ●Parcheggio comodo, incustodito; prenotazione consigliabile; ferie da definire;
giorno di chiusura lunedì.
●Valutazione 6,97; prezzo €
30; raffinato, tradizionale.
Le vivande servite: tortellini
in brodo di cappone; tortelloni di ricotta e spinaci profumati al tartufo; sassolino (tipo
di zampone); purea e fagioli
borlotti in umido; dolci “Contea di Montale”.
I vini in tavola: Lambrusco
di Sorbara; Lambrusco Grasparossa di Castelvetro; Malvasia dei Colli Piacentini; Moscato di Pantelleria.
Commenti: Il ristorante, facilmente raggiungibile, è collocato all’interno di un casale di antica bellezza, rustico
e accogliente sia all’interno,
per l’inverno, che in estate,
grazie all’ampio portico e
parco alberato. La cucina
abitualmente proposta rimane legata alla tradizione locale, così come è stato in occasione della visita della nostra Delegazione. Gli Accademici hanno particolarmente apprezzato i tortellini in
brodo di cappone preparati
a mano dalla nonna Ada, così come i tortelloni al profumo di tartufo. Molto gradito
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RAVENNA
22 febbraio 2002
Ristorante “Caicco” di Caicco
sas di Buzzi Marco & C., fondato nel 2000. ●Viale Spalato
91, Marina di Ravenna (Ravenna); 0544/538080, anche fax; coperti 68 interni, 80
esterni. ●Parcheggio incustodito; prenotazione consigliabile; ferie gennaio; giorno di
chiusura lunedì sera e sabato
a pranzo (solo d’inverno).
●Valutazione 7; prezzo € 37;
accogliente.
Le vivande servite: gamberoni alla salsa rosa; pesce
spada; polpo e fagioli cannellini; olive in insalata; scampi
alla vinaigrette; cozze, cappesante e gamberoni gratinati;
risotto di pesce allo zafferano;
gnocchetti al pomodoro, calamaretti e rucola; fritto misto
di pesce; sorbetto al limone;
selezione di Rhum.
I vini in tavola: Rosso Fonte
del Re 2000; Lacrima di Morro
d’Alba Doc (Azienda Umani
Ronchi).
Commenti: Locale accogliente anche se un po’ rumoroso. Servizio molto efficiente. Piatti ben presentati
ma un po’ troppo salati e
conditi. Personale molto solerte. Il fritto misto di mare è
il piatto più riuscito. Ottima
selezione di vini e Rhum. Interessante punto di ritrovo
per degustazioni di pietanze,
vini e sigari.
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colata). Un plauso agli chef
del “Vascello” per il menu: da
segnalare il risottino con ostrica e fiori di zucca e il rombo
alle erbette aromatiche. Buono
il servizio. Il locale ben si presta a questo tipo di conviviali.
TOSCANA
APUANA
8 marzo 2002
Ristorante “Il Vascello” di
Marco Guidi, fondato nel
1997. ●Via Gramsci 6, Cinquale di Montignoso (Massa
Carrara); 0585/807792,
fax 0585/807791; coperti 70.
●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie nei mesi invernali; giorno di chiusura lunedì. ● Valutazione 7,17;
prezzo € 31; raffinato, elegante, tradizionale.
Le vivande servite: nuvoletta
di ricotta al timo; farfalla di
gambero su crostone toscano;
sfogliatella di verdura; rosetta
di salmone fresco; risottino
con ostrica e fiori di zucca;
mezzelune verdi con fondente
di pomodoro; rombo alle erbette aromatiche con canestrino primavera; torta Arlecchino.
I vini in tavola: Chardonnay;
Vernaccia di S. Gimignano.
Commenti: La Delegazione
Apuana ha celebrato l’antica
tradizione della “Pentolaccia”
nel complesso di Villa Undulna al Cinquale. Ospiti d’onore
il questore, Accademico Alfredo Pelle, il Vice-Delegato della
Delegazione di Pisa e il Delegato della Versilia. Nel corso
della serata sono stati consegnati due riconoscimenti alla
stampa: alla “Nazione” (per gli
articoli sul ruolo dell’Accademia) e ad “Antenna 3” (per il
servizio realizzato in occasione della conviviale sulla cioc-
APUANA
26 marzo 2002
Ristorante “Al Ponte Vecchio”
di Massimo Bonucelli. ●Viale
Colombo 2, Marina di Carrara (Massa Carrara); 0585/
780876; coperti 100. ● Parcheggio incustodito; prenotazione consigliabile; giorno di
chiusura lunedì sera. ●Valutazione 7,10; prezzo € 25;
tradizionale, accogliente.
Le vivande servite: antipasto
misto mare; tagliolini nei fagioli; agnello di Zeri; formaggi di latte crudo di pecora;
castagnaccio e focaccia dolce
carrarese.
I vini in tavola: “La Casella”
della Igt Val di Magra; Candia
di Cesare Della Tommasina;
Carmignano Villa Artimino;
Grecale della Florio.
Commenti: Riunione ben
riuscita della Consulta apuana. Eccellente l’agnello di Zeri sia per la qualità che per la
semplicità nella preparazione.
Piatto molto genuino che ben
delinea la caratteristica della
cucina del territorio.
CHIANCIANO
16 marzo 2002
Ristorante “Al Casale”, fondato
nel 1999. ●Via delle Cavine e
Valli 36, Chianciano Terme
(Siena); 0578/60501; coperti
70. ●Parcheggio incustodito;
prenotazione consigliabile; ferie gennaio; giorno di chiusura lunedì. ●Valutazione 7,30;
prezzo € 35; tradizionale.
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Le vivande servite: delizie
fritte dello chef; pecorino canestraio; stuzzichini; caciottina
fresca; soprassata di Trequanda; crostini di lardo di Colonnata; fagottini di pecorino e
zucchine; mezze maniche di
Gragnano al pomodorino secco e melanzane; faraona farcita al tartufo; porcellino da latte al girarrosto; insalate dell’orto e verdurine grigliate;
fantasia di crostate e dolcetti
della nonna; frutta in sorbetto.
I vini in tavola: spumante
Champenoise Gavioli; Rosso
toscano Avignonesi; Rosso di
Montalcino Avignonesi; Nobile di Montepulciano Avignonesi; Moscato d’Asti Enrico
Serafino.
Commenti: Il locale è molto
piacevole, i proprietari molto
attenti, la tavola molto ben
apparecchiata e i cibi della
tradizione della zona. È un ristorante da consigliare in particolare per la bella stagione,
per il bel giardino dove si
può cenare all’aperto.
EMPOLI
27 febbraio 2002
Ristorante “Vecchia Fornace”
di Olimpia Bottone, fondato
nel 2001. ●Via dell’Argine 1,
Santa Croce sull’Arno (Pisa);
0571/360523, fax 0571/
360508; coperti 90+40 in terrazza coperta. ● Parcheggio
incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie
agosto; giorno di chiusura lunedì. ● Valutazione 7,50;
prezzo € 34; familiare.
Le vivande servite: insalata di
polpo; paté di cernia; carpaccio di salmone, tonno e pesce
spada; zuppetta di moscardini;
risotto alla marinara; linguine
ai frutti di mare; branzino e occhiata all’acqua pazza con patate all’isolana; pastiera e babà.
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I vini in tavola: bianco Oliveto (Fattoria Oliveto spa, Castelfiorentino).
Commenti: La prima riunione
conviviale del 2002, Simposiarchi gli Accademici Persia e
Caponi, si è svolta in una atmosfera di grande cordialità e
partecipazione, in un locale di
recente apertura, specializzato
in pesce fresco e gestito con
amabilità e simpatia da un
gruppo familiare partenopeo
di consumata esperienza. Un
servizio efficiente e solerte ha
permesso ai commensali di
apprezzare senza attese i gustosi piatti che la signora
Olimpia ha preparato con perizia. Unanime il consenso per
gli antipasti, con particolare riferimento all’insalata di polpo
e al paté di cernia, vera gioia
per il palato e la vista. Risotto
alla marinara equilibrato e cotto giusto. Molto appetibili le
linguine ai frutti di mare. Partenopeo, ovviamente, il dessert di pastiera e babà sposato
con un delicato Limoncello e
un cremoso cioccolatello al liquore. Il convivio ha riscosso,
nel complesso, apprezzamento per una cucina marinara
genuina e presentata con fantasia. Adeguato il rapporto
qualità/prezzo. Locale consigliabile. Al termine, il Delegato Franco Cocco ha sottolineato l’importanza dell’azione accademica nell’opera di recupero e salvaguardia delle tradizioni cucinarie.
ELBA
28 febbraio 2002
Ristorante “Longone Inn” di
Guido Balacco e Ute Becher,
fondato nel 1986. ●Viale Europa 5, Porto Azzurro (Livorno); 0565/920298; coperti
70+50 all’aperto. ●Parcheggio
scomodo; prenotazione consigliabile; ferie novembre; giorno di chiusura lunedì. ●Valu-
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TOSCANA segue
tazione 7,80; prezzo € 27;
accogliente, rustico.
Le vivande servite: antipasti
vari; ravioli di asparagi con
sugo di piccione; gnocchi al
tartufo nero locale; bistecca
alla brace; coniglio al forno;
arrosto di capra; verdure di
campo con porri selvatici;
sorbetto e fragole.
I vini in tavola: Elba Doc
rosso Montefico.
Commenti: L’ubicazione del
locale non è certo panoramica, un incrocio alla periferia
del paese, ma si mangia bene,
l’atmosfera è cordiale, l’apparecchiatura colorata e di buon
gusto, con bellissime composizioni di frutta e verdura. La
cucina varia continuamente a
seconda del mercato e dell’estro del cuoco, con garanzia
di freschezza e genuinità. Apprezzatissimi il paté di fegato
con crostini caldi, l’arrosto di
capra, una bistecca eccezionale, entusiasmanti le erbe di
campo con i porri selvatici,
raccolte personalmente da
Ute, signora tedesca da quaranta anni sposata a Porto Azzurro, che cura il suo locale
con passione, entusiasmo e
competenza. Da qualche anno non tornavamo in questo
ristorante: è stata quindi una
piacevole riscoperta.
LUNIGIANA
16 marzo 2002
Ristorante “Maffei” di Corrado Maffei, fondato nel 1905.
●Via Provinciale 13, Molinello di Pontremoli (Massa Carrara); 0187/836620; coperti 65/70. ● Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie primi
15 giorni di luglio; giorno di
chiusura giovedì. ●Valutazione 7,53; prezzo € 20,66; familiare, tradizionale.
Le vivande servite: frittelle
di verdure varie; frittelle di farina dolce; torta d’erbi; crostini tipici; focaccette caserecce
calde; tortellini in brodo di cima; lasagne casalinghe di grano al sugo di pomodoro; cima di vitello e contorno di
verdura ripiena; fegatelli di
maiale e cavolo bianco all’agrodolce; “latte in piedi” aromatizzato con mandorle amare; caffè e alloro.
RIUNITO A VILLA SANTA CRISTINA
IL COMITATO REGIONALE TOSCANO
Il Comitato regionale toscano si è riunito a Prato alla
presenza, per la seconda volta, del presidente Giuseppe Dell’Osso, nella splendida Villa santa Cristina. La
riunione è stata organizzata e coordinata dal Delegato di Prato, Pietro Vestri. Erano presenti i seguenti
Delegati: Paolo Cattaneo (Delegazione Apuana, con
il Consultore Renato Iardella), Guido Gianni (Arezzo), Stefania Pasella Pacini (Elba), Franco Cocco
(Empoli), Sergio Barghini (Firenze), Sergio Gristina
(Livorno), Marcellino Mauri (Vice-Delegato della Lunigiana), Paolo Guerrazzi (Maremma, con il ViceDelegato Mario Fratini), Umberto Moschini (Pisa),
Paolo Pasticci (Pistoia), Pietro Vestri (Prato), Lorenzo
Nepi (Siena, con la Vice-Delegata Lorenza de Medici
di Ottajano), Luciano Franchi (Siena Valdelsa), Guglielmo Maltagliati (Valdinievole, con il Vice-Delegato
Roberto Doretti), Enrico Celli (Versilia). Assenti giustificate le Delegazioni di Lucca Garfagnana e Volterra.
I lavori sono stati aperti con un indirizzo di saluto
del Coordinatore regionale Ulisse Vivarelli. Il Presidente Giuseppe Dell’Osso ha quindi illustrato le iniziative in corso, a partire dalla sperimentazione, sull’intero territorio nazionale, di quella che è stata
chiamata “Operazione giovani”, nell’intento di dare
corpo alle ipotesi, da tanti Accademici e da tanto
tempo avanzate, per assicurare la continuità associativa attraverso un oculato e intelligente proselitismo.
Un altro tema importante affrontato dal Presidente
Dell’Osso è stato la nuova concezione della nostra
“Guida ai ristoranti”, con l’inserimento delle trattorie e delle imprese agrituristiche il cui ristorante sia
aperto anche a chi non sia ospite dell’azienda. Una
diversa e più chiara simbologia, maggiore inserimento dei Coordinatori regionali e, infine, la valutazione finale riservata esclusivamente al Presidente: ecco alcuni dei punti più qualificanti. Altri temi
affrontati dal Presidente sono stati la presenza dell’Accademia su Internet, il problema delle etichette
dei prodotti alimentari e infine i nuovi assetti regionali delle Delegazioni, sia per una maggiore collaborazione reciproca alle manifestazioni più importanti, sia con la creazione di nuove Delegazioni. Suggerimenti per una maggiore presenza sul
territorio sono stati avanzati dai Delegati di Empoli, Firenze, Livorno e Maremma, mentre i Delegati
di Arezzo e Siena hanno gettato le basi per una celebrazione comune della “Giornata della carne”
nel prossimo ottobre. Le Delegazioni Apuana e della Lunigiana si sono dichiarate disponibili per partecipare alla “Giornate dello spino fiorito” in programma il 18 e 19 maggio, mentre la Delegazione
di Livorno annuncia la sua partecipazione alla
manifestazione “Game fair” di Collesalvetti, in cui
gli antichi metodi di caccia (dal falcone alla balestra) rivivono permettendo anche la trattazione di
una cucina antica di cacciagione. Tutti sono stati
concordi nell’aderire a una riunione conviviale dedicata alla raccolta di libri per la Biblioteca nazionale accademica.
Un pranzo ben servito e ben cucinato ha completato
una giornata molto positiva sia per i temi trattati che
per le relative conclusioni. (Ulisse Vivarelli)
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I vini in tavola: bianco Gavi
di Gavi Docg (Bergaglio);
rosso Pollera Doc (Ruschi
Noceti).
Commenti: Ambiente simpatico e piacevole che ha
fatto apprezzare una cucina
casalinga, con ottima scelta
delle materie prime e una superba realizzazione di alcuni
piatti. Gli ingredienti naturali,
cucinati con semplicità e con
molta cura, hanno fatto riaffiorare nei ricordi gli odori
della nostra tradizione. Dalle
schede compilate dagli Accademici emerge l’entusiasmo
suscitato dai fegatelli di
maiale cucinati nella tipica
reticella e che sprigionano
aromi e sapori caratteristici.
Delicata è stata la realizzazione del dessert: il “latte in
piedi” ha piacevolmente sorpreso per la giusta consistenza e il profumo.
MAREMMA
16 febbraio 2002
Ristorante “Pantagruel” di
Sergio Maggini, fondato nel
1983. ●Via Bellini 5/A, Marina di Grosseto (Grosseto);
0564/34145; coperti 23.
●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie gennaio; giorno
di chiusura martedì. ●Valutazione 7,80; prezzo € 36; raffinato, familiare.
Le vivande servite: timballo
di scampi; tortiera di alici; fagottino di spigola; porro e
purea di pistacchi; risotto alla
pescatora; spaghetti all’astice
con profumo di grappa; filetto di pesce fresco all’acqua
pazza; insalata di mazzancolle
e zucchine; sorbetto al limone; tris di dolci.
I vini in tavola: vini bianchi
veneti selezionati: Bianco di
Franciacorta Bellavista; Char-
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donnay Ronchi di Manzano
Colli Orientali del Friuli; Moscato d’Asti Prunotto.
Commenti: La prima riunione annuale si è tenuta, con signore e ospiti, al ristorante
“Pantagruel” segnalato dall’Accademico Vittorino Zodio,
Simposiarca per l’occasione.
Dagli antipasti alla chiusura
della conviviale è stata tutta
una grande musica, come
quella di Verdi, dove non si
può scartare una nota. Bene
orchestrato il servizio condotto dallo stesso gestore Sergio
Maggini, ristoratore e sommelier da oltre venticinque anni,
con all’attivo molte vittorie in
concorsi gastronomici. Ottimo
il rapporto prezzo/qualità.
PISA
19 febbraio 2002
Ristorante “Lido” di Giovanna
Masi-Minuti e il figlio Alessandro, fondato nel 1961. ●Quattro Strade di Lavaino, Lari (Pisa); 0587/616020; coperti
180. ●Parcheggio sufficiente;
prenotazione consigliabile; ferie agosto; giorno di chiusura
lunedì sera e martedì. ●Valutazione 7,75; prezzo € 31;
elegante, accogliente.
Le vivande servite: calice di
benvenuto con stuzzichini rustici; paté di fegato guarnito;
zuppa gratinata (ottima); timballo di riso al piccione (eccellente); agnello al rosmarino con fagioli con l’occhio;
frittura di verdure; zuppa inglese (veramente perfetta) e
dolcetti di Carnevale.
I vini in tavola: Terlaner
2000 delle Cantine di Terlano;
Castellaccio 2000, bianco Itg
(Fattoria dell’Uccelliera di
Fauglia); Poggio Cosmiano
1999, rosso (Tenuta di Poggio
Cosmiano); Moscato passito
(Villa Monticelli).
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Commenti: Questa tornata
accademica ha fatto sosta in
uno dei “templi” della gastronomia della nostra zona. Infatti è il “regno” di Giovanna,
una cuoca di grande livello,
che ha ricevuto le massime
onorificenze del settore e che
ancora con tanto amore, passione e professionalità cucina
i suoi piatti. Anche i vini sposati sono stati del livello che
dovevasi esigere. Il Delegato
ha illustrato la storia del locale, che è interessante e in un
certo senso anche curiosa,
quindi al termine del convivio
un caloroso applauso ha accolto Giovanna che, vincendo
la sua naturale ritrosia, è venuta in sala con il figlio e la
nuora (che è un’ottima creatrice di dolci) e ha ricevuto il
ricordo accademico e la vetrofania.
PISTOIA
28 febbraio 2002
Ristorante “La Vecchia Ferriera” di Franco Nesti, fondato
nel 1984. ●Località Bussotto 8,
Candeglia (Pistoia); 0573/
46797. ●Parcheggio incustodito, sufficiente; giorno di chiusura martedì. ●Valutazione 7;
prezzo € 26.
Le vivande servite: il “carcerato”; insalata di coppa all’aceto balsamico; maccheroni sull’anitra muta; polpettone aglianese con contorno di
sedani; frittura dell’aia con
contorno di insalate; biscotti
alla mandorla; soufflé di
cioccolato.
I vini in tavola: Vernaccia di
San Gimignano; Chianti Spalletti; Vin santo Spalletti.
Commenti: Riunione conviviale dell’amicizia, incontro
tra le Delegazioni di Firenze e
Pistoia. Serata piacevolissima
caratterizzata dal feeling che
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subito ha unito gli Accademici delle due città. Così in una
atmosfera festosa si sono succedute le varie portate che
hanno riscosso un generale
consenso: ottimo il “carcerato”, piatto tipico pistoiese fatto con la rigaglia (intestino)
di vitello; eccellente l’insalata
di coppa; sufficienti i maccheroni sull’anitra muta; buoni i
secondi: polpettone aglianese
con sedani in umido e il fritto
misto. Buoni i biscotti, superbo il soufflé al cioccolato.
Sotto tono invece i vini, soprattutto il Chianti Spalletti.
Non impeccabile il servizio.
Complessivamente una bella
serata con gli amici fiorentini.
SIENA
22 marzo 2002
Osteria “Sosta di Violante”,
fondata nel 2001. ● Via di
Pantaneto 115, Siena; 0577/
43774; coperti 35. ●Prenotazione consigliabile; giorno di
chiusura domenica. ●Valutazione 7,71; prezzo € 28; in
centro storico.
Le vivande servite: mozzarelline fritte con marmellata
di cipolle e rustici caldi bagnati da spumante brut; zuppa di farro e legumi; tagliata
di vitello; capocollo alla griglia e agnello scottadito con
contorni di ceci e rapi; torta
di mele e noci “custard
cream”.
I vini in tavola: Chianti Colli
Senesi Docg 2000; Vin santo
toscano.
Commenti: Positivo il giudizio sui piatti espressi, ma ne
risente il servizio, troppo lento. Ambiente piacevole, ottimo per poche persone. La lista delle vivande si è ispirata
alla semplice cucina senese
arricchita da ghiottonerie negli antipasti e da un ricco,
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TOSCANA segue
forse troppo, secondo, con
tre varietà di carni. Il servizio
gentile e garbato ha risentito
della lentezza dei fornelli, soprattutto in presenza di un
nutrito gruppo, ma l’ambiente
informale ha messo a proprio
agio gli Accademici. Buona la
scelta dei vini e apprezzabile
l’offerta della casa. Un dolce
tradizionale senese, più da
colazione mattutina, è stato
adattato all’ora di pranzo da
una azzardata aggiunta di
“custard cream” che, comunque, ha riscosso un ottimo
successo.
VERSILIA
21 marzo 2002
Ristorante “Enoteca Marcucci”
della Famiglia Marcucci, fondato nel 1988. ●Via Garibaldi
40, Pietrasanta (Lucca);
0584/791962; coperti 70+30
all’aperto d’estate. ●Parcheggio
scomodo (in zona pedonale);
prenotazione necessaria; ferie
novembre; giorno di chiusura
lunedì. ● Valutazione 7,40;
prezzo € 33; caratteristico.
Le vivande servite: crostini
misti (pomodoro con basilico
e maggiorana, fegatini di pollo, formaggi alle erbe e altre
verdure); timballo di fagiolini
con salsa di asparagi, maggiorana, ricotta e formaggio; insalata di pere e caprino fresco; fragole; noci; rucola; uva
secca; pizzette grigliate di melanzana, pomodoro fresco,
origano e mozzarella; zuppa
d’orzo con seppioline e carciofi; maialino di cinta senese
alla brace; erbe di campo saltate in padella; fagiolini cannellini; mattonella ai fiori di
lavanda.
I vini in tavola: Vermentino
dei Colli di Luni (Fattoria Ottaviano Lambruschi, il migliore Vermentino rivalutato, prima raccolta 2001); Rosso del-
le Colline Lucchesi (Palistorti
1999, Tenuta di Valgiano);
Candia amabile (Fattoria Cima, il Candia è coltivato in
una ristretta zona di Massa).
Commenti: È stato veramente piacevole riscoprire i sapori della primavera. I vassoi
misti di antipasti con tutte le
verdure ed erbette fresche,
coltivate da babbo Giuseppe
nell’orto di casa, hanno incontrato il favore della maggioranza dei presenti, fra i
quali il sindaco di Pietrasanta,
il Vice-Delegato di Pisa e alcuni ospiti. Il primo nella tradizione, come ogni sera solo
zuppe di verdura; la zuppa
d’orzo con seppioline e carciofi era ben dosata con la
gran varietà delle erbe aromatiche: base di cipolla fresca,
pisellini, prezzemolo, basilico,
timo, alloro, scorza d’arancia,
semi di finocchio selvatico.
Apprezzato anche il maialino
di cinta senese alla brace.
Graditissimo il dessert ai fiori
di lavanda, guarnito di caramello e crema di miele d’acacia, pinoli e salsa di rabarbaro. Ottimo l’abbinamento dei
vini. Simposiarca della serata
è stato il nostro bravo Segretario Piero Maremmani.
MARCHE
ASCOLI PICENO
6 marzo 2002
Ristorante “Lo Scoglio” dei F.lli
Evangelisti, fondato nel 1990.
● Viale De Gasperi 33-Conc.
26, Grottammare (Ascoli Piceno); 0735/582533; coperti
60 interni, 60 esterni in estate. ●Parcheggio insufficiente;
prenotazione consigliabile; ferie ottobre e periodo natalizio;
giorno di chiusura martedì.
●Valutazione 7,50; prezzo €
44; chalet sul lungomare.
Le vivande servite: antipasti
(mazzancolle con lardo di Colonnata, crudità: ostriche,
pannocchie, scampetti); pesce
spada affumicato con cipolla,
alici e mazzoline scottadito;
guance di coda di rospo alla
cacciatora; occhiata fritta a
tranci ripassata in sugo di pomodoro, olive e sottaceti;
trippa di pescatrice; mezzemaniche allo scoglio (sugo
bianco di pesce); mazzolina
di grosse dimensioni (kg 3,5)
in forno con patate; pasticceria mignon secca e piccoli coni gelati misti.
I vini in tavola: Falerio 2000
Cantina sociale di Castignano
Doc; Gramelot (uve Trebbiano, Passerina e Pecorino –
Cantina sociale di Castignano
Igt); Mandolaia passito delle
Dolomiti.
Commenti: La costa dell’Ascolano è ricca di questi chalet in riva al mare, che da
qualche anno, e da un punto
di vista strutturale, e da un
punto di vista cucinario, sono
assurti alla dignità di ristoranti. “Lo Scoglio”, che ha ospitato la riunione di una consulta
“allargata”, è appunto uno di
questi chalet. Proposte cucinarie da un lato aderenti alla
tradizione (la trippa di pescatrice, le crudità, le guance di
pescatrice alla cacciatora),
dall’altro non prive di spirito
innovativo e di originalità
(occhiata a tranci fritta ripassata in sugo di pomodoro con
olive bianche e sottaceti, carpaccio di pesce spada affumicato con cipolla). Non sono
mancati sontuosi piatti della
tradizione marinara (grande
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mazzolina in forno con patate). Una annotazione particolare, per sapidità e originalità,
meritano le mazzancolle con
pomodorini e lardo di Colonnata. Una chicca infine le alicine fatte maturare nei barili
con il sale grosso che in questo chalet, come in molti altri
della costa, sono di produzione propria.
UMBRIA
FOLIGNO
9 febbraio 2002
Ristorante “Il Coccorone” di E.
Mondi. ● Largo Tempestivi,
Montefalco (Perugia); 0742/
379535; coperti 100. ● Parcheggio incustodito, comodo,
zona pedonale; prenotazione
consigliabile; giorno di chiusura mercoledì. ●Valutazione 6;
prezzo € 23,24; tradizionale.
Le vivande servite: pizza
con gli sfrizzoli; salumi; polenta con il sugo delle spuntature; arrosto misto di fegatelli, salsicce, costarelle; dolci
secchi e al cucchiaio.
I vini in tavola: Rosso di
Montefalco Cantina Caprai;
Sagrantino passito Cantina
Ruggeri.
Commenti: Riunione conviviale dall’argomento stuzzicante: “Il maiale a tavola”. La
folta Delegazione si è arrampicata sul colle della bella
“ringhiera dell’Umbria”, per
assaporare piatti della tradizione territoriale, di cui il
maiale rappresenta un ele-
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mento fondamentale: i nostri
nonni lo apprezzavano soprattutto “perché non si butta
via nulla!”. Per antipasto pizza
con gli sfrizzoli, invero poco
friabile e assai criticata, e salumi differenti tra cui spiccava il morbido ciauscolo, una
ottima polenta con il sugo
delle spuntature (le costine
del maiale) come primo piatto apprezzato, e arrosto misto
di fegatelli, salsicce, costarelle
per secondo piatto. Dolci secchi e al cucchiaio per chiudere. Gli Accademici non hanno
molto gradito la superficialità
della preparazione di alcuni
piatti, l’arrosto poco fragrante,
la fredda e routinaria accoglienza: sintomi preoccupanti
di uno scadimento nella qualità di un ristorante finora
molto apprezzato.
TERNI
23 marzo 2002
Ristorante “Villa Graziani” di
Paola Cavalieri e Silvia Luzzi,
fondato nel 1992. ●Villa Valle
11, Papigno (Terni); 0744/
67653; coperti 60. ●Parcheggio sufficiente; prenotazione
consigliabile; ferie dieci giorni
in agosto; giorno di chiusura
lunedì e domenica sera. ●Valutazione 8,50; prezzo € 32;
elegante, accogliente, in palazzo storico.
Le vivande servite: antipasto
pasquale; fricassea di asparagi
(8,50); pizza di Pasqua e lombello (7); piccolo supplì (8);
fiore di zucca (7,50); raviolone agli asparagi (8,50); pappardelle con pancetta croccante e chiodini di primavera
(8); filetto con carciofi su
schiacciatina di patate (7);
sfogliatina di mele con crema,
fragole e lamponi (8,50).
I vini in tavola: Chardonnay
“Zuc di Volpe” 1999 (Volpe
Pasini) Colli Orientali del
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Friuli (8); Lagrein Dunkel riserva 1999 (Josephus Mayr,
Erbhof Unterganzner, Bolzano) (8,50); Verduzzo di Ramandolo “Ronco Vieri” Colli
Orientali del Friuli 1997
(7,50).
Commenti: Per la conviviale degli auguri pasquali è ormai tradizione recarsi a “Villa Graziani” e affidare l’incarico di Simposiarchi a Giulio
Pallotta e a Enrico Cipiccia.
L’ambiente, residenza dei
conti Graziani, a due passi
dalla cascata delle Marmore,
è caldo e accogliente. Si è
iniziato con una fricassea di
asparagi selvatici praticamente perfetta, della giusta
altezza e non completamente rappresa, ovverosia “bavosetta” come da sempre prescritto per le frittate della
nostra zona. Normale, e non
potevamo pretendere altro, il
lombello accompagnato alla
classica pizza al formaggio,
caldi e fragranti appena usciti da ottimo olio il piccolo
supplì e il fiorellino di zucca. Miglior piatto della serata
il grande raviolo verde ricoperto da una splendida salsa
bianca: besciamella, formaggi e puntine di asparagi di
campo. Saporose e piccantine le grandi tagliatelle ai
chiodini di primavera e pancetta saltata al punto giusto.
Unico piatto leggermente giù
di tono il filetto, troppo basso e troppo cotto, su una
schiacciatina di patate al rosmarino. Perfetto, come al
solito e ce lo aspettavamo da
Silvia, il dessert fragrante:
una sfogliatina con una carezza di mela, crema vellutata e accanto fresca frutta di
bosco. Un ringraziamento a
Paola e Silvia per l’impegno
in cucina e in sala e per la
calda accoglienza riservata
alla Delegazione, i complimenti per la professionalità
dimostrata nella interpreta-
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zione e nell’esecuzione di
quanto era stato suggerito
nella cena di prova, a conferma delle loro capacità.
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co, l’insigne medico Annibale
Veronica. Per quanto sopra
detto, il locale “Charlie
Brown” ha superato la prova
in modo brillante.
ROMA
28 febbraio 2002
LAZIO
LATINA
22 febbraio 2002
Ristorante “Charlie Brown” di
Domenico Giudice. ●Via Garibaldi 43, Sermoneta (Latina); 0773/30144, anche
fax; coperti 120. ●Parcheggio
sufficiente; prenotazione consigliabile; giorno di chiusura
lunedì. ●Valutazione 8; prezzo € 21; rustico, caratteristico.
Le vivande servite: antipasto
“Charlie Brown”; timballo alla
Bonifacio VIII; zuppa di fagioli con funghi porcini; stinco di bufala al forno; bocconcini di cinghiale in umido;
contorni di stagione; torta di
ricotta; caffè.
I vini in tavola: Merlot e Cabernet del Collio.
Commenti: Pietro Bianchi,
come Simposiarca, ha sostituito degnamente l’amico P.I.
Amedeo Benatti assente per
motivi di lavoro. Il Simposiarca, dopo aver ricordato la
storia del paese e del locale,
ha illustrato il menu della serata. Fra i piatti presentati dal
ristorante è stato particolarmente gradito lo stinco di bufala al forno. I vini sono stati
di ottimo livello. Durante la
manifestazione è stato presentato un nuovo Accademi-
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Ristorante “La Fontana” di
Alessandro e Luigina Barone, nuova gestione da dicembre 2001. ● Via Liguria
36/E, Roma; 06/42020177,
fax 06/42000106; coperti
200. ● Parcheggio nelle strisce blu; giorno di chiusura
lunedì. ● Valutazione 7,90;
prezzo € 38.
Le vivande servite: aperitivo; polpettine di pesce con
fritti vegetali misti; raviolo fatto in casa con ricotta e spinaci; penne alle alici; spigola in
bellavista con patate saltate;
insalatina di campo, sorbetto
al mandarino; cannolicchi di
ricotta; caffè.
I vini in tavola: Prosecco di
Conegliano (Vazzoler); Chardonnay delle Venezie (Valdizze); Vin santo (Lungarotti).
Commenti: Seconda uscita
della “nuova” Delegazione di
Roma in un locale piacevole,
molto noto nei tempi della
“dolce vita” e ora in gestione
a una coppia di giovani ristoratori, con tanta buona
volontà. Fritti buoni, ma un
po’ freddi, spigola freschissima e buone sia le pennette
con alici che il raviolo (peccato che era uno solo, anche
se un po’ grande). Deliziosi i
cannoli alla siciliana in formato mignon. Il tutto preparato da uno chef, Sabatino
Pantalone, di lunga esperienza romana. Una sola lamentela: il servizio. Una pecca
un po’ giustificabile dal fatto
che la nuova gestione ha iniziato a lavorare da soli due
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LAZIO segue
mesi. Prezzo contenuto per
la zona (via Veneto). Nel
complesso una piacevole serata.
ROMA-EUR
21 marzo 2002
Ristorante “Lo Scopettaro” di
Tonino Fiorelli, fondato nel
1964. ●Lungotevere Testaccio
7, Roma; 06/5742408, fax
06/5757912; coperti 80.
●Parcheggio sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie
mai. ● Valutazione 7,50;
prezzo € 30; caratteristico.
Le vivande servite: lagne
con fagioli; rigatoni alla carbonara; mezze maniche all’amatriciana; petto di vitella alla fornara; trippa alla romana;
spuntature alla cacciatora;
bollito di manzo alla picchiapò; bocconcini di vitella
al pepe verde; paiata d’abbacchio; muscolo alla vaccinara; carciofi alla romana; patate al forno; cicoria saltata in
padella.
I vini in tavola: Romanelle
di Frascati; bianco e rosso di
Genzano.
Commenti: Ancora esistono
trattorie a Testaccio dove si
può apprezzare la vera cucina romana in un ambiente familiare e a un prezzo ragionevole. Oltre a una piccola
sala a livello strada, vi sono
due caratteristiche salette al
piano di sotto dove, dimenti-
chi del frastuono del Lungotevere, vengono serviti con
simpatia e gentilezza i piatti
della tipica cucina popolare.
Si può assaggiare tutto, ma
non perdere il bollito di manzo alla picchiapò, che è un
bollito ripassato in padella
con cipolla e pomodori, e il
muscolo di manzo alla vaccinara, cioè con sedano, carote
e pomodori, il tutto accompagnato da una grande simpatia per gli Accademici interessati ai sapori della vecchia
Roma.
ROMA-OLGIATA
SABAZIA-CASSIA
23 marzo 2002
Ristorante “Il Convivio” dei
F.lli Troiani, fondato nel
1990. ●Vicolo dei Soldati 31,
Roma; 06/6869432, anche
fax; coperti 60. ●Parcheggio
sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie una settimana
a Ferragosto. ● Valutazione
non effettuata in quanto fuori
territorio; prezzo € 87,80;
raffinato, elegante.
Le vivande servite: insalata di
polpo verace con fagioli cannellini e crostini alla bottarga;
candele di pasta alla pescatora
appena piccanti; tagliolini con
astice, pomodorini e basilico;
spigola di mare in salsa di yogurt, ostriche e limone; tortino
di mele e cocco con gelato di
cioccolato, salsa di cannella;
piccola pasticceria.
I vini in tavola: Frascati superiore Villa dei Preti 2000 (Villa
Simone); Franciacorta bianco
1998 (Gatti); Tocai friulano
1998 (Le Vigne di Zamò).
Commenti: Ritornati al
“Convivio” (dopo sei anni)
abbiamo trovato un ambiente accogliente, elegante e
pieno di promesse. Intrigante è il genio di Angelo, “jeu-
ne restaurateur d’Europe”
che ben interpreta e ravviva
la tradizione cucinaria italiana. Felici gli Accademici per
il suo menu, ancor più lo sarebbero stati se il coppiere
fosse stato meno parsimonioso e il sommelier meno
distratto.
ABRUZZO
CHIETI
27 febbraio 2002
Ristorante “Il Sestante” di
Gabriella Pantalone e Vasilios Vasilopoulos, fondato nel
1989. ●Via Marina 72, Ortona (Chieti); 085/9061878;
coperti 75. ●Parcheggio privato, comodo, sufficiente;
prenotazione consigliata; ferie prima quindicina di novembre; giorno di chiusura
lunedì. ● Valutazione 8;
prezzo € 35 (vini esclusi);
cucina locale mediterranea,
90% pesce, buona scelta di
vini abruzzesi, nazionali e
esteri.
Le vivande servite: freschezze di mare; papaline all’ortonese; chitarrina del pescatore;
l’Adriatico in acqua pazza;
frittura di paranza; nevole con
gelato.
I vini in tavola: Prosecco di
Valdobbiadene (Azienda Foss
Marai); Chardonnay Pietrosa
2001 (Azienda Sarchese Dora); Cerasuolo d’Abruzzo Doc
2001 (Vigna Corvino di Rocco
Pasetti); Suavis passito di
Montepulciano 2000 (Azienda
Sarchese Dora).
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Commenti: Riunione conviviale per Accademici e postulanti avente per tema la
funzione assunta dai mass
media nella divulgazione della giusta alimentazione. Illustre ospite relatore l’Accademico Fausto Celestini, già stimato direttore per lunghi anni della redazione Rai Tv regionale, nonché gastronomo
di chiara fama, il quale ha
acutamente ricostruito con
precisione storica le motivazioni che nel corso del tempo e con alterne vicende
hanno portato gli organi di
informazione a occuparsi
sempre più e meglio dell’alimentazione e della gastronomia intesa come cultura del
gusto. I piatti presentati dal
Simposiarca Nicola D’Auria,
naturalmente tutti a base di
pesce, vista la vocazione del
locale e la contiguità con il
porto di Ortona, hanno dunque trovato unanime consenso. La parte del leone l’hanno fatta le squisite crudità
proposte in numerose varianti, tutte piacevolmente confezionate e a sorpresa gradite
anche a coloro che a prima
vista avrebbero rifiutato di
nutrirsi di pesce rigorosamente crudo. Originale poi il
dolce di tradizione locale e
indovinati, infine, gli accostamenti dei vini ai piatti, né
poteva essere altrimenti, visto che sia il Simposiarca
D’Auria che l’Accademico
Rocco Pasetti, entrambi vignaioli ed enologi, hanno offerto ai commensali le loro
produzioni più recenti e apprezzate. La gestione del locale, affidata in cucina a una
brigata di provata esperienza
e curata personalmente dal
titolare nell’accurato servizio
di sala, ha contribuito a rendere ancor più riuscita la serata: si è di nuovo creato il
magico connubio tra piacere
del buon cibo e sereno ritrovarsi nella convivialità.
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L’AQUILA
7 marzo 2002
Ristorante “Il Caminetto” di
Vittorio Nuvolone, fondato nel
1960. ● S.S. 80, Cansatessa
(L’Aquila); 0862/311410
anche fax; coperti 200. ●Parcheggio incustodito, ampio;
prenotazione non necessaria;
ferie gennaio; giorno di chiusura lunedì. ●Valutazione 9;
prezzo € 30,99; tradizionale,
accogliente.
Le vivande servite: aperitivo
spumeggiante; frittelle e stuzzichini d’attesa; filetti di trota
olio e limone; acquadelle fritte; linguine al sugo di gamberi di fiume; persico al forno;
anguilla ai ferri; cipolline in
agrodolce; cicorietta di campo saltata; puntarelle romane;
composta di frutta.
I vini in tavola: Prosecco
Carpené Malvolti; Montepulciano d’Abruzzo della Cantina
di Tollo (Chieti).
Commenti: Il notaio Enzo
Galeota ha conquistato sul
campo la sua promozione,
appena comunicatagli dal
presidente Dell’Osso, a ViceDelegato della Delegazione
dell’Aquila. Dopo il trionfo
della serata dedicata al cioccolato, ecco che Enzo Galeota, di nuovo Simposiarca, è
salito sul podio per la perfezione con cui ha saputo costruire l’altrettanto difficile serata tutta dedicata al pesce di
acqua dolce. Avere al fianco
lo staff del “Caminetto” è certamente una garanzia, perché
con Anna Corsi e Contino
Giusti in cucina e Vittorio Nuvolone in sala si ha quanto
meno la certezza dell’alta professionalità e della meticolosa
cura nella preparazione di
ogni piatto, ma la difficile lista delle vivande poteva prestare il fianco alle critiche.
Così non è stato, e la serata è
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riuscita nel modo migliore,
con gioia del Delegato Luigi
Marra e di tutti i numerosi Accademici, tra i quali i nuovi
soci Vincenzo Marola e Maurizio Sbaffo accolti con tanto
calore. La cucina è stata all’altezza, e anche di più, del
compito assegnato, tanto che
non potremmo dire quale
piatto sia stato il migliore. Per
giudicare meglio, gli Accademici li hanno tutti... ripetuti,
ma alla fine non hanno saputo a chi assegnare il primo
premio. Forse un briciolo di
vantaggio lo hanno avuto le
linguine al sugo di gamberi e
il persico al forno. In apertura
di serata, il Delegato Luigi
Marra ha voluto ricordare un
grande aquilano da poco
scomparso, il generale Mario
Lolli, che in infinite occasioni
è stato vicino anche alla Delegazione, collaborando poeticamente agli importanti convegni organizzati. Quindi gli
attori e Accademici Rossana
Crisi e Franco Villani hanno
splendidamente interpretato
alcune delle poesie di Mario
Lolli, riscuotendo il migliore
dei successi. Erano presenti il
figlio e altri parenti di Mario,
tutti visibilmente commossi,
insieme agli Accademici, per
la bellezza del ricordo.
PESCARA
3 marzo 2002
Ristorante “Il Pettirosso” dell’hotel “Montinope” della Montinope R.H. srl, fondato nel
1995. ●Via Montinope, Spoltore (Pescara); 085/4962836,
fax 085/4962143; coperti 180.
●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; giorno di chiusura
lunedì. ●Valutazione 8; prezzo € 31; elegante, accogliente.
Le vivande servite: aperitivo di benvenuto (fritti di
zucchine, melanzane, moz-
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zarelline; tartine con prosciutto, mozzarelle e paté di
olive nere); antipasto di
quattro formaggi teneri
(mozzarella di bufala campana, con contorno di avocado, pomodorini e sedano;
“la Serena”, “Serra da Estrela” e “Banon”, con contorno
di puntarelle di cicoria alla
salsa di alici); raviolini e
maccheroni alla chitarra
mantecati al sugo delle tre
carni, spolverati con pecorino di Farindola; panzerottini
fritti di caciocavallo; caciocavallo stagionato podolico e
pecorino “Gransardo”, con
contorno di verdure pastellate fritte; gorgonzola naturale,
stilton blue e roquefort, con
contorno di crudità, pere e
miele di castagno; caffè e
carrello dei liquori.
In particolare, è stata confermata, nella comparazione
dei vari formaggi italiani e
stranieri somministrati con
maestria e eleganza dal ben
noto chef Angelo Chiavaroli,
la magnifica realtà, in questo
settore alimentare, della produzione italiana, che può
vantare soprattutto una qualità certamente tra le più alte, mentre la produzione casearia abruzzese, da sempre
molto apprezzata dagli estimatori, è stata classificata tra
le migliori del mondo, pur
restando, però, tra i prodotti
cosiddetti “di nicchia”, a causa della limitatezza quantitativa. Il generale apprezzamento della manifestazione
ha coronato una lodevole
iniziativa accademica.
I vini in tavola: Prosecco
“Sforsin” (Villa Dogarina); “Aldiano” Trebbiano Doc 2000
(Cantina Tollo); “Villa Gemma” Cerasuolo Doc 2000
(Azienda agricola Masciarelli);
“Contesa” Montepulciano d’Abruzzo Doc 1998 (Azienda
agricola Pasetti); Passito delle
Colline Pescaresi Igt 2000
(Azienda vinicola Zaccagnini).
SULMONA
22 marzo 2002
Commenti: Il “symposium”
dedicato al tema del formaggio ha visto la partecipazione, oltre che di varie autorità
cittadine, del Presidente nazionale Giuseppe Dell’Osso,
dei Delegati abruzzesi e di
numerosi Accademici e loro
ospiti. Due eccellenti relatori, Gianni Franceschi e Luigi
Marra, hanno curato gli
aspetti storiografici e aneddotici di questo antichissimo
alimento, mentre l’esperto di
formaggi Gianni Faieta ha illustrato le caratteristiche, i
sapori e gli abbinamenti dei
formaggi “Top ten”, scelti
per un menu particolare che
ha dimostrato nei fatti quanto affermato dai dotti oratori.
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Ristorante agriturismo “Il Leprotto” di Margherita Restaino. ● Contrada Conca, S.S.
17, Pettorano sul Gizio (L’Aquila); 0864/48310; coperti
40. ●Parcheggio comodo; prenotazione consigliabile; ferie
mai; giorno di chiusura dal
lunedì al giovedì. ●Valutazione 6; prezzo € 18,50; familiare.
Le vivande servite: affettati
misti della casa; carpaccio di
zucchine; fagioli con farro;
giardiniera con olive; orzo
perlato, farro e riso; fegatini;
trippa e mentuccia; bruschetta; tagliolini con porcini e tartufo; mezze maniche alla contadina; agnello e salsiccia alla
brace; coniglio alla cacciatora;
cervo al forno con patate; insalata di verdura cruda; crostata con marmellata fatta in
casa; tiramisu della signora
Margherita.
I vini in tavola: Montepulciano d’Abruzzo di fattoria.
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ABRUZZO segue
Commenti: Conviviale riservata ai soli Accademici, per
festeggiare, in un locale diverso e immerso nella natura,
la primavera. È stato scelto un
agriturismo per ampliare le
conoscenze della cucina semplice e genuina e assaporare
piatti gustosi tradizionali a un
prezzo onesto. Locale modesto che non brilla per fantasia
né per particolari qualità. È
indefinibile un giudizio avendo gli Accademici espresso
pareri discordanti e opposti.
Buone le mezze maniche alla
contadina. Come secondo apprezzabile il cervo al forno.
Ambiente casalingo certamente migliorabile. La riunione,
come ha ricordato Olindo Pelino, dà inizio alla nuova indagine della Presidenza nazionale sulle aziende agrituristiche presenti nell’ambito
della Delegazione di Sulmona, in applicazione di recenti
deliberazioni.
MOLISE
CAMPOBASSO
3 marzo 2002
Trattoria “Da Filomena” di Filomena Casale, fondata nel
1972. ●Via Colle Pignataro,
Bojano (Campobasso); 0874/
773078; coperti 70. ●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie
15 giorni in luglio; giorno di
chiusura lunedì. ●Valutazione
7,60; prezzo € 28,41; tradizionale, familiare.
Le vivande servite: alici,
baccalà e cavolfiori con pa-
stella; taccozze al pomodoro;
baccalà “arracanato” con patate al forno; trota salmonata
gratinata con verdure miste;
frutta di stagione mista; frappe e bignè; caffè.
I vini in tavola: Rosso di Cabernet e Chiaretto di Pinot
nero, prodotti e offerti dall’Accademico Alberto Battista.
Commenti: I partecipanti alla
riunione conviviale sul tema
“La Quaresima all’ombra del
Matese” si sono trovati a Bojano per una visita guidata alla
vecchia cattedrale; poi il trasferimento al laboratorio artigianale per prodotti al cioccolato
“Dolce Molise”, ove il proprietario ha illustrato il processo e
realizzato un uovo pasquale,
invitando tutti a degustare
cioccolato caldo e freddo. Alle
ore 13,30, nell’accogliente sala
della “Trattoria Filomena”, il
Delegato Vincelli, con qualche
rintocco della campana, dà il
benvenuto agli Accademici e
agli ospiti, quindi accenna brevemente ai piatti tradizionali
del periodo quaresimale che
saranno degustati e alla lunga
esperienza della titolare. Tra
un piatto e l’altro l’Accademico
Enzo Nocera disquisisce sul digiuno quaresimale dovuto, per
molti nel passato, sia all’osservanza di un precetto religioso
che alla mancanza reale di cibo. Parla dei vari piatti degustati, in particolare della “frùffela”, consistente in un minestrone di verdure lesse soffritte
in padella con aglio, olio e peperoncino, con l’aggiunta di
patate lesse e pizza di granturco frantumata ai piccoli pezzi
(alla pizza può sostituirsi il pane raffermo). Si tratta di elementi poveri per eccellenza,
ma che si trovano nella dieta
mediterranea: il pane, l’olio e
alcuni prodotti della terra che
variano secondo la stagione,
cioè verze, bietole, rape, scarola, lattuga, sedano e patate. A
conclusione le signore si esibiscono nel gioco delle pignatte
sospese con all’interno oggetti
di bigiotteria: pignatte da rompere, a occhi bendati, con un
bastone. Seguono, da parte del
Delegato, i ringraziamenti: alla
proprietaria del locale, con dono del gagliardetto della Delegazione; ai Simposiarchi Cicchese, De Franciscis, Lombardi
e Nocera, che si sono adoperati per l’organizzazione; all’Accademica Bianca Peracchi,
creatrice di un bell’esemplare
di bigiotteria per il gioco delle
pignatte; agli ospiti e a M. Cinone della consorella Delegazione di Isernia; all’Accademico di Campobasso Alberto Battista per aver messo a disposizione gli ottimi vini della sua
azienda.
gliaccio quaresimale (di Moccio); minicoppa di crema pasticciera con marroni al Cognac.
I vini in tavola: Falerno (Villa Matilde 1999).
Commenti: Locale molto accogliente e gradevole, al centro, vicino al Teatro Politeama.
Molto buoni e curati sia la cucina che il servizio in sala;
modesto il vino. Molto gradite
le carni alternative scelte dal
Delegato Leonardo Bianchi.
Menzione particolare per le
orecchiette alle cime di rape, il
carpaccio di manzo e l’arrosto
di struzzo. Numerosi gli Accademici intervenuti e molto
soddisfatti del menu scelto e
della postazione del ristorante.
Encomiabile l’attività della signora Dora che ha coordinato
l’intero servizio della sala.
NAPOLI-CAPRI
20 marzo 2002
CAMPANIA
NAPOLI
11 marzo 2002
Ristorante “Amici Miei” di Dora, Lucia e Renato Baldini srl,
fondato nel 1977. ●Via Monte
di Dio 4, Napoli; 081/
7646063, fax 081/2455995;
coperti 80. ●Parcheggio custodito; prenotazione consigliabile; ferie agosto; giorno di
chiusura domenica sera e lunedì. ● Valutazione 8,50;
prezzo € 31; accogliente.
Le vivande servite: carpaccio di manzo; orecchiette alle
cime di rapa; risotto al petto
d’oca affumicato; girello di
bufala al latte; struzzo alla
brace con patate fritte; fegatelli all’alloro con friarielli; mi-
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Ristorante “Leon d’Oro” di
Antonio Esposito, fondato nel
1962. ●Piazza Dante 48, Napoli; 081/5499404, anche
fax; coperti 90. ●Parcheggio
incustodito; prenotazione
consigliabile; ferie dal 13 al
20 agosto; giorno di chiusura
lunedì. ● Valutazione 7,50;
prezzo € 25; familiare, accogliente.
Le vivande servite: tocchetti
di frittata di maccheroni in
bianco; tocchetti di pizza
Margherita; piccole fritturine;
candele al ragù; pasta e fagioli in assaggio; frittura di paranza con involtini di peperoni gratinati e tortino di melanzane; trofeo di frutta fresca
con vassoio di zeppoline.
I vini in tavola: Prosecco S.
Margherita; Rosso pompeiano
(Cantine Russo).
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Commenti: Nella rinnovata
piazza Dante, ancora non
inaugurata, gli Accademici si
sono riuniti per gustare un
menu squisitamente napoletano, dopo aver visitato il vicino conservatorio di musica
San Pietro a Majella e ascoltato un concerto. Il menu, particolarmente apprezzato per
la sua genuinità, è stato degustato in semplice e gioiosa armonia nella sala principale
del locale, appositamente riservata dal proprietario. Gli
Accademici hanno molto gradito la particolare pasta e fagioli e la frittura di paranza,
servita con pesce freschissimo
e profumato. Per l’occasione
è stata pubblicata una elegante brochure.
PENISOLA
SORRENTINA
22 febbraio 2002
Ristorante “Il Buco” di Giuseppe Aversa, fondato nel
1997. ●2a rampa di Marina
Piccola 5 (piazza S. Antonino), Sorrento (Napoli);
081/8782354, fax 081/
8782351; coperti 55+50 in
estate. ● Prenotazione necessaria; ferie dal 7 gennaio al
10 febbraio; giorno di chiusura mercoledì. ●Valutazione 8;
prezzo € 38,73; raffinato, elegante, accogliente.
Le vivande servite: panzerottino napoletano; cono di polpo con patate all’ovale sorrentino; seppie su listerelle di
carciofi spadellati; caponatina
di “Custrum” con caciottina di
primo sale con pomodorini,
acciughe salate, su insalatina
croccante; sposalizio di erbette ai tre brodi; paccheri di
Gragnano al ragù di pesce di
scoglio; filetto di pezzogna
(fragolino o pagello) in guazzetto con patate e capperi e
scarole stufate; provolone del
monaco con confetture di bo-
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sco; sorbetto alla mela verde;
pasticcino di crema e amarena
su salsa alla vaniglia.
I vini in tavola: Asprino di
Aversa 2000 (Cantina Caputo); Fiano di Avellino 2000
(Cantina del Barone); Taurasi
1995 (Cantina de Contrade);
liquori e rosoli della casa.
Commenti: Il ristorante è stato realizzato nella suggestiva
cantina del monastero di S.
Antonino. La aperta e signorile simpatia del proprietario è
in realtà una anticipazione di
come sarà il seguito della serata. Il servizio è molto veloce
e efficiente sotto la vigile e attenta supervisione del maître
“Savarese”. Le pietanze ben
guarnite e tutte ben riuscite.
La limitata dimensione del locale consente che ogni cosa
sia ben seguita. Al termine, la
brigata di cucina e quella di
sala sono state a lungo acclamate. Una breve illustrazione
della lasagna napoletana è
stata fatta dal Delegato, tra
una pietanza e l’altra, riscuotendo l’interesse degli intervenuti e degli altri ospiti del locale, estranei all’Accademia.
PUGLIA
CASTEL DEL MONTE
15 febbraio 2002
Ristorante “Antichi Sapori” di
Pietro Zito, fondato nel 1993.
●S.S. 96 per Montegrosso, Andria (Bari); 0883/569529,
anche fax; coperti 50. ●Parcheggio custodito, sufficiente;
prenotazione consigliabile; fe-
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rie dal 7 al 21 luglio e dal 7
al 20 agosto; giorno di chiusura lunedì. ● Valutazione
7,50; prezzo € 20,66; rustico.
Le vivande servite: antipasti
vari; orecchiette al pesto della
Murgia; filetto di maialino nostrano in salsa di erba spontanea; contorno di patate, lampascioni e pomodori secchi;
millefoglie di mele.
I vini in tavola: rosso Doc
(Azienda Spagnoletti Zeuli).
Commenti: Primo incontro
del 2002 in un ristorante già
visitato anni fa. Gli Accademici, numerosi, hanno confermato il giudizio positivo già
dato. I piatti di cucina creativa sono stati accompagnati da
un ottimo vino. Il Delegato
ha ringraziato lo chef per la
professionalità e l’accoglienza
riservateci.
FOGGIA
20 marzo 2002
Ristorante “Gargano” di Antonio Pesante, fondato nel 1959.
●Viale Beccarini 2, Manfredonia (Foggia); 0884/
587621; coperti 70. ●Parcheggio custodito; prenotazione
consigliabile; giorno di chiusura martedì. ●Valutazione 8;
prezzo € 33,60; elegante.
Le vivande servite: muscoli
fritti, zucchine fritte, olive
ascolane, frittelle di bianchetto, arancini di riso, scagliuzze,
casonzei; maccheroncini a
mano con gamberi e fagiolini;
spigola al forno con olive nere e patate; composta di frutta; pastiera della Pasqua.
I vini in tavola: Prosecco
Carpené Malvolti; Donna Marzia bianco.
Commenti: La riunione conviviale per lo scambio degli
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auguri pasquali si è svolta
presso il ristorante che ha
sempre dato e dà il massimo
affidamento alla Delegazione,
la quale, come al solito, ha
molto apprezzato le pietanze,
basate sul pesce profumatissimo del Golfo, servite in maniera eccellente da personale
sollecito e attento.
LECCE
28 febbraio 2002
Ristorante “Bolina” della
Swan srl, fondato nel 2001.
●Lungomare C. Colombo, Tricase Porto (Lecce); 0833/
775102, anche fax; coperti 45
e all’aperto 150. ●Parcheggio
comodo; prenotazione consigliabile; ferie mai; giorno di
chiusura mercoledì. ●Valutazione 7; prezzo € 38,73; caratteristico.
Le vivande servite: insalata
di seppia; fiori di zucca ripieni con code di rospo; caviale
di melanzane con gamberetti
al vapore; straccetta di semolino con crema di ceci e cernia; laganari con filetto di spigola e gamberi; scapoline di
dentice al limone; sfogliatina
calda di mele con gelato.
I vini in tavola: Bolina di
Calò.
Commenti: È un ristorante
con ubicazione particolarmente felice, con vista sul mare.
Gli chef Rosario Salvatore e
Antonio Fragola hanno saputo
valorizzare dell’ottimo pesce
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PUGLIA segue
con ricette tradizionali. Eccessiva ricerca dell’innovazione.
LECCE
2 marzo 2002
Ristorante “La Perla dello Jonio” di Salvatore Greco e
Claudio Solida, fondato nel
1999. ● Via Nazario Sauro,
Gallipoli (Lecce); 0833/
266447, anche fax; coperti 80.
●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie mai; giorno di chiusura martedì. ●Valutazione 7;
prezzo € 38,73; elegante.
Le vivande servite: purea di
fave con ricci e gamberi; insalatina calda di gamberetti e
carciofi con parmigiano; razza
su crema di fagioli e burro
dolce e cipollotto selvatico;
raviolone ripieno di scampi;
risotto ai frutti di mare; pesce
alla mugnaia con olive e carciofi; crostata di frutta.
I vini in tavola: Salento primitivo Tenuta Palese (Cooperativa agricola Salentina); Falanghina (Mastroberardino).
Commenti: È un ristorante
con una storia abbastanza recente, all’inizio dell’isola, decisamente accogliente e dove
lo chef Giuseppe Greco è riuscito a preparare un menu
molto interessante, con piatti
della tradizione cucinaria gallipolina reinterpretati in maniera molto gradevole. Il servizio è un po’ lento.
al 7 gennaio; giorno di chiusura domenica. ●Valutazione
6; prezzo € 33; tradizionale,
familiare, in albergo.
CALABRIA
CATANZARO
13 marzo 2002
Ristorante “Pollo d’Oro” di
Raffaele e Natalia Parrilla,
fondato nel 1965. ●Corso Garibaldi 87-89, Torretta di
Crucoli (Crotone); 0962/
34005, anche fax; coperti 60.
●Parcheggio custodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie dal 20 dicembre
Le vivande servite: antichi
sapori di casa Parrilla (salumi, conserve di mustica, di
ortaggi e verdure sott’olio e
sott’aceto); “sagna chjna”
(pasta al forno); girandole
con ricotta e spinaci; il “pollo d’oro” di don Raffaele;
salsiccia alla brace con patatine silane dorate in padella;
i dolci di Natalia: pan di Spagna decorato con frutta fresca, tenerezze di crema di ricotta con sciroppo di marroni, fagottini ripieni di crema
al limone.
I vini in tavola: Duca San
RIUNITO A BARI IL COMITATO REGIONALE PUGLIESE
Tappa a Bari del Presidente Giuseppe Dell’Osso per un
incontro con il Comitato regionale pugliese. Presenti,
col Delegato di Bari e Coordinatore regionale Nicola
Sbisà, i Delegati di Altamura (Giacinto Moramarco),
Brindisi (Antonio Carissimo), Castel del Monte (Tommaso Jannuzzi), Foggia (Aurelio Andretta), Manduria
(Gabriele Liguori) e Taranto (Luigi Rando). Assente per
impegni professionali il Delegato di Lecce, Angelo Sticchi Damiani. Dopo brevi relazioni dei Delegati sulle
più recenti iniziative locali (fra l’altro il Delegato di Altamura Moramarco ha distribuito una corposa brochure realizzata dalla sua Delegazione in occasione
della “Giornata del cioccolato”), il Presidente Dell’Osso
ha illustrato i rinnovati criteri per la prossima edizione
della “Guida” dell’Accademia, tenuto conto che in Puglia in particolare sono ormai da tempo presenti e operanti numerose e valide strutture di agriturismo.
Dopo aver ribadito l’opportunità di cooptare nelle Delegazioni elementi giovani e selezionati, peraltro ben
informati delle finalità accademiche, il Presidente ha
anche sottolineato la necessità di potenziare la nostra
presenza accademica sul territorio, e in Puglia in particolare, con la creazione di altre Delegazioni che consentano una presenza più concreta e capillare dell’Accademia.
Si è in merito accennato (sia pure a titolo di proposta)
alla possibilità di dare vita a una Delegazione “garganica” in provincia di Foggia e a una Delegazione che
riunisca alcuni centri delle province di Bari, Brindisi e
Taranto, presenti nella valle d’Itria, zona di crescente
sviluppo e attrazione turistica, grazie alla presenza di
trulli e grotte carsiche.
Il Presidente ha comunque rivolto ai Delegati un pressante invito a non limitare l’attività accademica alle
pur necessarie e tradizionali “visite” ai ristoranti, ma
anche a promuovere iniziative che tendano alla valorizzazione delle produzioni alimentari tipiche del territorio e che garantiscano all’Accademia una visibilità
esterna ancor più incisiva e feconda nella vita socioeconomica e culturale del territorio. Queste iniziative,
previa autorizzazione della Presidenza, possono coinvolgere anche altri enti e istituzioni locali.
In proposito il Presidente Dell’Osso ha rammentato il
successo ottenuto dal convegno internazionale recentemente svoltosi a Lecce, e realizzato in collaborazione
con l’Università salentina e con la Fondazione “Memmo” sui rapporti fra le cucine pugliese e greca, creatisi
e consolidatisi attraverso i secoli.
I suggerimenti del Presidente sono stati ripresi e discussi
dai Delegati in un ampio, articolato e cordiale dibattito
foriero di prossime concrete iniziative.
L’incontro si è concluso con una riunione conviviale in
casa del Delegato di Bari Nicola Sbisà, con un menu
pugliese-mediorientale, proprio in riferimento alla ricerca di contatti e rapporti gastronomici e culturali fra
le due sponde adriatiche. (Nicola Sbisà)
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Felice riserva 1997 Doc (Librandi-Cirò Marina-KR).
COSENZA
6 marzo 2002
Commenti: Sempre più
orientati alla rivalutazione della cucina popolare, di prerogativa della ristorazione a conduzione familiare, gli Accademici catanzaresi hanno visitato
il ristorante “Pollo d’Oro” di
Torretta di Crucoli, antico paesino del marchesato di Crotone, rinomato per la “mustica”,
una sorta di conserva molto
piccante a base di sardelline,
detta anche “caviale dei poveri”. Per quanto appaia sulle
guide Michelin, Veronelli,
Gambero Rosso e nel libro dei
365 migliori ristoranti d’Italia e
abbia ricevuto lusinghieri apprezzamenti da noti giornalisti
gastronomi, il ristorante non
ha incontrato i favori degli Accademici commensali della
Delegazione di Catanzaro, che
pure hanno trovato apprezzabile la celerità del servizio, anche se non del tutto corretto,
l’accuratezza dell’apparecchiatura della tavola e la genuina
bontà dei salumi di produzione propria. Buone la pasta al
forno e la salsiccia alla brace
eseguite secondo la ricetta originale. Poco esaltanti gli altri
piatti, di cui eccessivamente
speziate le girandole di pasta
fresca ripiene di ricotta e spinaci. Insignificanti i dolci. Diverse, comunque, le osservazioni che il Delegato, con
molta discrezione, ha fatto rilevare al gestore del ristorante
tra cui le eccessive porzioni
delle vivande, debordanti dai
piatti, non proprio consone allo stile dell’Accademia. I parametri di valutazione degli Accademici certamente, oltre che
sulla bontà delle vivande, si
basano anche su un insieme
di regole comportamentali e
su quella sensibilità del gusto
che sono segni distintivi di appartenenza alla cultura della
tavola, propria della nostra Accademia.
Ristorante “Il Giardino Interiore” di Daniela Falsetta, Eugenio Gambero, Adolfo Macinelli, fondato nel 2001. ●Via
Montegrappa 60, Cosenza;
0984/21708, fax 0984/
21159; coperti 40. ●Parcheggio insufficiente, scomodo;
prenotazione consigliabile; ferie agosto; giorno di chiusura
lunedì. ● Valutazione 7,25;
prezzo € 30; vegetariano.
Le vivande servite: bruschette di pane integrale biologico con salse di temori
(soia); radici piccanti allo
zenzero; frutta e foglie ai semi di papavero; foglie crude
ai germogli; girasoli di riso
(riso integrale con verdure di
stagione); sorprese interiori
(ravioli di farro con stracchino e rucola alla crema di loto); talee di loto (spiedino di
loto e verdure con salse di
soia e sesamo); seitan della
felicità (arrosto di seitan con
salsa tamari e bacche di rosa);
Nituké di erbette selvatiche;
vegetali al vapore con pistacchi; tris di dolci della casa.
I vini in tavola: birra biologica Rapunzel export; Aglianico del Vulture Paternoster Rotondo 1997; liquori: elisir, rosoli dei monaci trappisti.
Commenti: Gli Accademici si
sono ritrovati in questo locale
che è attualmente l’unico vegetariano in Calabria e di recentissima fondazione. L’ambiente si presenta molto caratteristico e suggestivo con
le sue sale di meditazione e
la peculiarità dei cibi serviti in
una atmosfera orientaleggiante. Purtroppo i titolari lamentano un aggravio di costi dovuto al fatto che, nonostante
la produzione di cibi biologici
sia molto diffusa in Calabria,
le aziende agricole le produ-
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cono per conto di ditte del
Centro-Nord (presso le quali
devono approvvigionarsi),
con evidente aumento dei costi per il trasporto.
SICILIA
CALTANISSETTA
27 febbraio 2002
Ristorante “Trattoria dell’Orso”
di Giuseppe Silitti, fondato nel
2001. ●Via Lazio 3, Caltanissetta; 0934/ 561323; coperti
50. ●Parcheggio incustodito;
prenotazione consigliabile; ferie settimana di Ferragosto;
giorno di chiusura lunedì.
●Valutazione 7,50; prezzo €
25,82; familiare, accogliente.
Le vivande servite: caponata
e calamaro; insalata di polpetti; tagliatelle con gamberoni e
carciofi; spiedini di spatola;
spigola all’acqua pazza con
puré e spinaci; pere al vino
bianco; torta mimosa.
I vini in tavola: Bianco di
Nera (Igt siciliana dell’Azienda agricola G. Milazzo di
Campobello di Licata).
Commenti: Il locale fa parte
di una recente fioritura di
nuovi ristoranti sorti in pieno
centro storico, che la Delegazione si prefigge di visitare.
Per non interferire con la cucina, di tipo familiare, abbiamo scelto le pietanze proposte dal menu presentato dal
giovane chef Matteo Maggio.
Il nostro intervento, per altro
assai discreto, è consistito in
qualche suggerimento, relati-
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vo alla presentazione delle
pietanze sotto il profilo estetico. In questo senso lo chef ha
dimostrato un’apprezzabile
professionalità. Il gusto e la
palatabilità delle vivande sono risultati soddisfacenti. La
caponata con calamaro ha restituito la pietanza alle sue
antiche origini di piatto marinaro, che la “caupona”, la taverna dell’antica Roma, serviva appunto agli avventori
prevalentemente pescatori.
Nel complesso le pietanze sono risultate gustose e esteticamente apprezzabili. Anche il
locale è risultato accogliente
e invitante alla confidenza. Il
servizio è stato ben curato dal
maître Michele Zappia, che
vanta al suo attivo periodi di
perfezionamento all’estero. Il
vino ha ottimamente accompagnato tutte le pietanze. La
serata trascorsa in letizia ha
stimolato l’intervento di numerosi Accademici su diversi
argomenti culturali di ampio
respiro, inerenti soprattutto la
realtà cucinaria nissena.
ENNA
3 marzo 2002
Trattoria “Villa Romana” di
Enrico Mantegna, fondata nel
1990. ● Viale Alcide De Gasperi 18, Piazza Armerina
(Enna); 0935/682911, anche fax; coperti 300. ● Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile;
ferie mai; giorno di chiusura
nessuno. ●Valutazione 8,50;
prezzo € 25; elegante.
Le vivande servite: “mirlinciani a’ sosizzedda” (involtini
di melanzane); “purpittuni di
sarchiteddi” (polpettone di
bietole); “frascatula fritta”
(polenta di grano e verdura);
“frittata di risu”; “pasta a’ maritata” (pasta con verdure miste); “baccalà o’ furnu”; “rollò
ccu i fungi” (rotolo con i fun-
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SICILIA segue
ghi); “finucchiddi sfiziusi”;
“‘nsalata gustusa”; frutta di
stagione; “risu ccu latti”.
I vini in tavola: vino rosso
della casa; Malvasia.
Commenti: Grazie all’encomiabile impegno della Delegata, l’incontro presso questo ristorante è stato uno dei più
riusciti di quest’anno accademico. Da molto tempo la Delegazione ennese non lo visitava
e il ritorno è stato molto felice.
Una sala preparata in modo
elegante con la tavola bellamente imbandita, un servizio
inappuntabile e un’ottima cucina. Il cuoco Gino Barbera e il
suo staff sono stati sapienti interpreti delle ricette proposte
dalla Simposiarca Edvige Posabella che, per la conviviale di
Quaresima, ha studiato un “ricco” menu di magro tratto dal
nostro patrimonio gastronomico popolare e composto pertanto tipicamente di materie
prime vegetariane. Gli Accademici hanno tributato entusiastici apprezzamenti a ogni pietanza ammannita, ma special-
mente alla nostra polentina di
grano e verdure, dalla consistenza perfetta, e ai quaresimali (biscotti di mandorle e pistacchi) dorati e friabili. La relatrice Graziella Cerina Puleo
ha intrattenuto gli ospiti con
una colta e simpatica conversazione sulle “Tradizioni religiose in Quaresima”, trattandone le origini, le commistioni
con il paganesimo e i rapporti
con le altre religioni monoteiste. In chiusura della conviviale il giudice Giovanni Marletta
ci ha fatto “gustare” una sua
deliziosa poesia vernacolare,
come di consueto cadenzata
sul menu della circostanza.
PALERMO
11 febbraio 2002
Ristorante “La Botte” di Salvatore Cascino, fondato nel
1958. ●Circonvallazione, Contrada Lenzitti 20, Monreale
(Palermo); 091/ 414051; coperti 80. ●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione
consigliabile; ferie dall’1 luglio
al 31 agosto; giorno di chiusu-
ra lunedì. ● Valutazione 8;
prezzo € 25; tradizionale.
Le vivande servite: aperitivo;
crocchette di carciofi; carciofini
fritti con Cynar; antipasto fantasia di carciofi al salmone; risotto primavera con carciofi;
sorbetto di mandarino; medaglioni di filetto con cuore di
carciofo e in salsa di carciofo;
contorno con frittella (piselli,
fave, carciofi in umido con cipolline scalogne); frutta e dolcetti cedrini di Monreale.
I vini in tavola: Cerasuolo di
Vittoria.
Commenti: La conviviale voluta dal Delegato Lucio Messina si è svolta in uno dei più tipici ristoranti del Palermitano,
gestito da un nome notissimo
appartenente alla famiglia Cascino, Salvatore, che è considerato fra i migliori cuochi siciliani. La serata è stata dedicata
ai carciofi, con numerosi Accademici e ospiti fra i quali alcuni giornalisti e operatori tv. Il
Delegato ha ampiamente illustrato le qualità e le proprietà
del carciofo, che può essere
variamente proposto sulle
mense e è un ortaggio a larghissima diffusione. Su questo
tema il Simposiarca, Antonio
Ravidà, ha approfondito le
scelte fatte con il menu concordato con lo chef, che è stato lungamente applaudito.
SIRACUSA
VAL DI NOTO
22 febbraio 2002
Ristorante “Villa La Favorita”
di Alfonso Amendola, fondato
nel 2000. ●Contrada Falconara, Noto Marina (Siracusa);
0931/812912, fax 0931/
812896; coperti 100. ● Parcheggio custodito; prenotazione necessaria; ferie dal 15 novembre all’1 dicembre; giorno
di chiusura domenica sera e
lunedì mattina. ●Valutazione
8; prezzo € 31; raffinato, accogliente, caratteristico.
Le vivande servite: panzotti
al pistacchio; risotto al nero di
seppia; timballetto di alici con
corona di cuore di carciofi;
PASSAGGIO DELLA CAMPANA A RAGUSA
Con la sobrietà che si addice a una Delegazione non
vecchia ma antica, con quanto di buono (e non è
poco) questo attributo è capace di evocare, si è svolto
a Ragusa il passaggio della campana (il primo dal
1967) tra il Delegato uscente Giovanni Japichino,
Accademico fondatore e già primario di chirurgia
vascolare in Vittoria, e il nuovo Delegato, Francesco
Milazzo, Accademico dal 1993, ordinario nell’Università di Catania ma saldamente legato a Modica,
sua città natale. Due generazioni anagrafiche ancor
prima che accademiche si sono date la mano in un
clima di generale riconoscenza e apprezzamento per
Giovanni Japichino e di convinta fiducia per Francesco Milazzo, che fra l’altro era entrato nella Delegazione di Ragusa proprio per le premure del vecchio Delegato.
Il ristorante “Le Magnolie” di Frigintini, ridente e operosa frazione rurale di Modica, ha dato il meglio di
sé per questa circostanza che ha visto la presenza di
numerosissimi Accademici e ospiti, tra i quali, accompagnato da donna Rosetta, il barone Mario Ursino, Delegato di Catania, che ha portato anche il saluto della Coordinatrice regionale Nietta Bruno, trattenuta a Enna da improvvisi imprevisti. Il neo-Delegato, leggendo il messaggio augurale fattogli pervenire dal Presidente nazionale prof. Dell’Osso, non ha
mancato di sottolineare, accanto agli indubbi meriti
del Delegato uscente, il ruolo discreto ma sempre partecipe della signora Elena Japichino. Un omaggio floreale a quest’ultima e un libro in tema di enocultura
al vecchio Delegato (ma con la promessa che la lettura non lo distragga dal continuare nell’impegno accademico, unanimemente richiesta a gran voce) sono stati i segni tangibili, seppur inadeguati, della
gratitudine di tutti, che ha offerto momenti di autentica commozione.
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sorbetto al limone; arista di
maiale alle erbe; puré di fave
fresche; puré di patate; cassatina siciliana con scorzette d’arancia glassate.
I vini in tavola: Prosecco Nerello Mascalese brut (Del
Murfo); bianco Colomba Platino (Corvo); rosso Cerasuolo di
Vittoria (Cortese); Moscato di
Noto (Cantina sociale di Noto).
Commenti: Il gestore del locale, signor Amendola, si è
prestato a realizzare alcune
vecchie ricette, molto semplici
ma purtroppo dimenticate, fornite dalla Delegata. Tra le varie
portate sono stati molto apprezzati i due primi; in modo
particolare è stato poi gustato
il timballetto di alici e carciofi,
pietanza passata in disuso ma
sempre valida e ben accolta. Il
dessert, classico della pasticceria conventuale siciliana, è stato un vero successo anche
perché accompagnato dalle
umili ma fragranti scorzette
d’arancia glassate di antichi ricordi familiari.
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prezzo € 41,32; elegante, con
sala riunioni e giardino.
Le vivande servite: tortino di
funghi con stoccafisso pastellato al limone e zafferano; capesante gratinate; “lorighittas”
con salsa selvatica; fregola
sarda con carciofi e scampi;
cosciotto di agnello e costolette dorate; carciofi alla giudea;
frutta fresca alla crema.
I vini in tavola: Nuragus
Selegas (Cantina Argiolas);
Monica Perdera (Cantina Argiolas).
Commenti: Per iniziare brillantemente il nuovo anno,
l’amico Carlo Pau in veste di
Simposiarca ha condotto gli
Accademici in uno dei templi
della ristorazione sarda: il ristorante “Da Renzo”. E anche
stavolta lo chef, Renzo Corona, non ha tradito le attese
presentando un menu ricco
di tradizione e creatività, il
tutto corredato da una sapiente ricerca di ingredienti
freschi e genuini, che ha raccolto consensi quasi plebiscitari. L’ottima selezione di vini
e il solito impeccabile servizio hanno contribuito a rendere la serata ancora più gradevole.
ORISTANO
2 marzo 2002
SARDEGNA
ORISTANO
19 gennaio 2002
Ristorante “Da Renzo” di Renzo Corona, fondato nel 1985.
●S.S. 131 Km. 99, Siamaggiore
(Oristano); 0783/33658; coperti 500. ●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie dal 20
dicembre al 5 gennaio; giorno
di chiusura domenica sera e
lunedì. ● Valutazione 7,50;
Ristorante “Al Marchi” di Raimondo Marchi, fondato nel
1989. ● Via Concezione 4,
Ghilarza (Oristano); 0783/
52280, anche fax; coperti
150. ●Parcheggio incustodito,
insufficiente; prenotazione
consigliabile; ferie dall’1 al 15
gennaio e dal 10 al 20 agosto;
giorno di chiusura lunedì.
●Valutazione 6,75; prezzo €
34; tradizionale, accogliente.
Le vivande servite: frittura
campagnola; fresa al pecorino
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e finocchietti; pomodori “casascedu”; zuppa di finocchietti selvatici; “craeddas” all’antunna e asparagi; ravioli porcini, radicchio e zafferano; capra con cardi; tagliata all’antunna; pinzimonio di verdure;
dolce della casa.
I vini in tavola: Perdera Monica (Cantina Argiolas); Costera Cannonau (Cantina Argiolas).
Commenti: Per l’occasione
del rinnovo delle adesioni,
siamo tornati, dopo vari anni,
al ristorante “Al Marchi” situato nel centro storico di Ghilarza. Il menu, improntato su
piatti della tradizione locale,
equilibrato e ben assemblato,
ha riscosso buoni consensi: in
particolare sono state apprezzate la zuppetta di finocchietti
selvatici e la capra ai cardi,
mentre ha lasciato perplessi il
dessert. Buoni i vini, il servizio accurato e cortese. La serata è trascorsa piacevolmente
in una sala a noi riservata.
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sottobosco; patate al forno;
sinfonia di dolci della casa;
caffè e digestivi.
I vini in tavola: Perdera;
Costera; Angialis (Cantina Argiolas).
Commenti: I Simposiarchi di
turno, Silvana Diana e Andrea
Tomiselli, hanno privilegiato
un menu tutto carne, peraltro
molto ricco e assai curato.
Poiché il costo della carne è
notoriamente inferiore a quello del pesce, ha stupito il
prezzo richiesto, il più alto
pagato finora per le conviviali
della Delegazione. La voce
“prezzo” ha pertanto influito
pesantemente sulla media
della valutazione finale che
non ha quindi premiato la cura nell’apparecchiatura, nella
presentazione dei piatti e nell’ottimo servizio. Tanto ha
sottolineato il Delegato nella
relazione finale al termine di
una animata discussione, alla
quale ha partecipato attivamente anche il gestore.
SASSARI
19 febbraio 2002
Ristorante “Liberty” di Gianni
Sini, fondato nel 1991.
● Piazza Nazario Sauro 3,
Sassari; 079/236361; coperti 70. ●Parcheggio incustodito, insufficiente, scomodo;
prenotazione consigliabile; ferie 10 giorni a Ferragosto;
giorno di chiusura lunedì.
●Valutazione 7,20; prezzo €
40; tradizionale, accogliente.
Le vivande servite: cestino
con pere e dolce sardo; carciofi in pastella; petto d’oca;
lardo di Colonnata; ricotta al
miele; insalata di funghi; mezze lune alla barbabietola, parmigiano e semi di papavero;
gnocchi verdi alla ricotta, salsiccia e finocchietti selvatici;
carré di vitello al profumo di
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EUROPA
FRANCIA
PARIGI
20 febbraio 2002
Ristorante “L’Enoteca” di R.
Ferrari, fondato nel 1990.
● 25 Rue Charles V, Parigi;
01/42789144, fax 01/
44593172; coperti 74. ●Parcheggio scomodo; prenotazione consigliabile; ferie 5 giorni
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FRANCIA segue
a Ferragosto; 1 Maggio e 31
dicembre; giorno di chiusura
nessuno (in agosto aperto solo
la sera). ● Valutazione 8;
prezzo € 60; caratteristico,
primo bar di vini italiani di
qualità a Parigi.
Le vivande servite: caprini
in crosta di speck dell’Alto
Adige profumati al tartufo; risotto ai porcini e germogli di
spinaci; guanciale di manzo
in “dolce-forte” con polentina; frutta caramellata allo zabaione; caffè.
I vini in tavola: degustazione tecnica di Nero d’Avola:
Santa Anastasia rosso 1987
(Lena), il Moro rosso 1999,
Morgante 2000, Don Antonio
1999; Prosecco di Valdobbiadene “Jeio” (Bisol); Barbera
dell’Oltrepò Pavese “Due
Draghi” Doc 2000 (La Cortaiola); Nebbiolo d’Alba Doc
1998 (Domenico Vaira); Sforzato della Valtellina Doc 1997
(Triaca); Moscato passito
“Fior d’Arancio” 1998 (La
Montechia).
Commenti: Il servizio è iniziato con alcuni stuzzichini, a
cui è seguito un antipasto di
notevole armonia e raffinatezza costituito da un ottimo abbinamento di formaggio di
capra e di speck dell’Alto
Adige profumati al tartufo, infine un ottimo risotto ai porcini. I piatti sono stati commentati dal signor Ferrari, titolare
del ristorante, che insieme al
Delegato ha collaborato atti-
vamente per la predisposizione del menu. Ottimo anche il
guanciale di manzo, mentre
mediocre è risultato il dessert.
I vini sono stati indiscutibilmente di ottimo livello e gli
abbinamenti con il menu
sempre perfetti. Va sottolineato l’ottimo servizio curato e
puntuale che ha determinato
un concorde giudizio molto
positivo della serata.
gusti e sapori quali si possono riscontrare in un piatto di
alta gastronomia. Modesto infine il dessert. Il servizio è
stato molto lento e su livelli
mediocri. Nel complesso il
giudizio è ampiamente sufficiente.
GERMANIA
COLONIA
16 marzo 2002
PARIGI
13 marzo 2002
Ristorante “Le Perron” di
Claudio Sammaone, fondato
nel 1993. ● 6 Rue Perronet,
Parigi; 01/45447151; coperti 42. ●Parcheggio scomodo; prenotazione necessaria;
ferie 3 settimane in agosto;
giorno di chiusura domenica.
●Valutazione 7; prezzo € 50;
familiare.
Le vivande servite: zuppetta
dell’Adriatico; sagne a pezzi
con funghi di bosco; porchetta al forno; torta di ricotta al
limone; caffè.
I vini in tavola: degustazione di vini Montepulciano d’Abruzzo; Prosecco Carpené
Malvolti; Trebbiano d’Abruzzo
Doc 2000 (Tocco); Montepulciano d’Abruzzo riserva Doc
1997 (Bosco).
Commenti: La zuppetta dell’Adriatico, preparata con una
ampia gamma di pesci mediterranei spinati in un brodetto
dal gusto sublime, è stato un
piatto di alto pregio con
un’armonia e dei sapori ben
pronunciati e squisiti. Su livelli mediocri il tipico piatto
di sagne con funghi che ha riscosso diverse critiche. Il porcellino al forno è stato particolarmente apprezzato in
quanto la delicatezza delle
carni sapientemente aromatizzate alle erbe ha sviluppato
Ristorante “Rossini” di Maria
Gregorio Acciaroli, fondato
nel 1993. ● Severinswall 35,
Colonia; 0221/317233; coperti 45. ●Parcheggio incustodito, sufficiente; ferie parallele
a quelle scolastiche; giorno di
chiusura sabato e domenica a
mezzoggiorno. ●Valutazione
6,50; prezzo € 35; accogliente, familiare.
Le vivande servite: carpaccio di tonno; pennette alla
Nazzareno; coniglio con polenta e finocchi; tiramisu.
I vini in tavola: Prosecco
Marsuret di Valdobbiadene;
bianco Lugana Doc 2001
(Azienda Cascina Maiolo);
Garda classico rosso Doc
2000 (Azienda agricola Provenza).
Commenti: Il ristorante si
trova nella parte sud di Colonia, nei pressi della Clodwigplatz, da dove inizia la Bonner Strasse, che una volta
portava diritta a Bonn, vecchia città universitaria e ex
capitale provvisoria tedesca.
La vita nel quartiere è influenzata dalla presenza dei numerosi studenti che frequentano
la vicina Accademia delle belle arti. È uno dei luoghi dove
continuano a sopravvivere le
antiche tradizioni del Carnevale renano, frequentato a
suo tempo dallo scrittore Luigi Pirandello che studiava
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nella vicina Bonn. In questo
clima Maria e suo marito Nazzareno si sono sempre sentiti
a loro agio, fedeli a un tipo di
gastronomia semplice e tradizionale, basata sui ricordi della loro casa marchigiana. Anche quando non possono evitare concessioni alle richieste
locali, sono sempre attenti a
non offendere e a non alterare i sapori genuini dei cibi. La
specialità di Nazzareno sono
le melanzane, che sa servire
nei modi più svariati e gustosi. Naturale quindi che i maggiori consensi siano andati al
piatto delle pennette con melanzane, che alcuni Accademici avrebbero gradito con
una vena più o meno marcata
di piccante. Non del tutto
convincenti il coniglio e la
polenta, soprattutto quest’ultima, che avrebbe avuto bisogno di una cottura più lunga.
Ottimo il Prosecco Marsuret
di Valdobbiadene con gli
stuzzichini e indovinato l’accoppiamento dei vini.
INGHILTERRA
LONDRA
19 febbraio 2002
Ristorante “Zafferano” di A to
Z Restaurants Ltd, fondato nel
1996. ● 15 Lowndes Street,
Londra; 020/72355800, fax
020/72351971; coperti 55.
●Parcheggio incustodito; prenotazione necessaria; ferie
Natale, Pasqua. ●Valutazione
7,60; prezzo € 81; elegante.
Le vivande servite: stuzzichini (calzoni, pizzette ecc.);
insalata di razza con rucola,
pinoli e melagrana condita
con aceto balsamico; ravioli
di fagiano con salsa al rosmarino; cosce di coniglio avvolte
in prosciutto di Parma con
polenta e insalatina di radicchio; semifreddo alla nocciola
con salsa al cioccolato.
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I vini in tavola: Prosecco
Ruggeri; Verdicchio Le Vaglie
(Santa Barbara 2000); Rosso
di Montalcino (Biondi Santi
1995); Capitelli Anselmi 1999.
Commenti: La scelta della
Simposiarca Silvia Mazzola,
esperta d’arte e quindi persona di grande gusto, non poteva cadere che su un ristorante
italiano di Londra tra i più celebrati dalla critica gastronomica e tra i più apprezzati dai
frequentatori. Il grande e rapido successo di questo locale si spiega con l’intelligente
visione della proprietà, l’attenta direzione di Vincenzo
Cassini e naturalmente con
l’impronta dello chef Giorgio
Locatelli che, pur restando
comproprietario, ha recentemente aperto a Londra un ristorante che porta il suo nome. Il menu di questa conviviale è stato concertato da Silvia con lo chef Valerio Darros, che ne ha egregiamente
curato la realizzazione, a cominciare dai piccoli, squisiti
calzoni e stuzzichini vari serviti con gli aperitivi (Prosecco
Ruggeri e cocktail Bellini). A
tavola è stata servita come antipasto un’insalata di razza
con rucola, pinoli e melagrana condita con aceto balsamico, di cui purtroppo non è
stata da tutti apprezzata l’interessante singolarità; a essa è
stato abbinato un Verdicchio
Le Vaglie. Grande successo
hanno avuto invece i ravioli
di fagiano con salsa di rosmarino cui hanno fatto seguito
cosce di coniglio avvolte in
prosciutto di Parma contornate da polenta e insalatina di
radicchio: un piatto squisito
che tuttavia, per il tipo di carne su cui si basa, non è stato
assaggiato da alcuni partecipanti alla conviviale. Gli è
stato egregiamente abbinato il
Rosso di Montalcino Biondi
Santi del 1995. La riunione
conviviale si è conclusa con
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un altro classico della carta di
“Zafferano”, il semifreddo alla
nocciola con salsa al cioccolato, abbinato al Capitelli Anselmi del 1999. Il servizio è stato
attento e rapido al tempo
stesso. Quanto all’ambiente,
sono noti la semplice eleganza e il comfort dei locali. È
stata decisamente una bella
serata per gli Accademici,
per lo staff del ristorante e
per Giorgio Locatelli, nelle
cui mani è stato consegnato
il diploma di “Buona cucina”
dell’Accademia.
NORVEGIA
OSLO
4 febbraio 2002
Ristorante “Statholdergaarden” di Bent Stiansen, fondato nel 1984. ●Rådhusgt. 11,
Oslo; 047/22418800, fax
047/22412224; coperti 140.
●Parcheggio sufficiente; prenotazione necessaria; ferie
Pasqua, giugno, Natale; giorno di chiusura domenica.
●Valutazione 8; prezzo corone 750 (€ 92,96); accogliente.
Le vivande servite: salumi
italiani e melone; prosciutto
di Parma con noci e tartufo;
cappuccino di funghi porcini;
crostini aglio, pomodoro,
maionese e tonno; carpaccio
di cervo, parmigiano e basilico; cipolline, peperoni e funghi marinati; insalata mista;
scampi alla griglia con pomodoro e basilico; taglierini con
crema di chitake trifolati; tacchino al forno con fagioli al
tegame; crema di spinaci; carote e patate alle erbe; panna
cotta con ananas; sorbetto di
lamponi; crème caramel al limone.
I vini in tavola: Soave classico superiore 1999; Canaletto
Montepulciano d’Abruzzo
1998.
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Commenti: È il secondo anno consecutivo che ci riuniamo, per il convivio prenatalizio, al famoso ristorante
“Statholdergaarden”. Serata
senza dubbio ben riuscita,
per la grande partecipazione
degli Accademici (37) e poi
per la cura con cui lo chef di
cucina è riuscito a preparare
un menu vario, ricco e tipicamente italiano. Ampia la soddisfazione da parte di tutti gli
Accademici e piacevole la
compagnia dell’amico “Padre
Pollestad”, che ci ha intrattenuto con uno dei suoi divertenti racconti. Il servizio, attento e cortese, ha compensato l’ambiente troppo rumoroso; ottimo il rapporto qualità/prezzo.
OSLO
11 febbraio 2002
Ristorante “Bagatelle” di Eyvind Hellstrøm, fondato nel
1982. ●Bygdøy Allée 3, Oslo;
047/22121440, fax 047/
22436420; coperti 90. ●Parcheggio sufficiente; prenotazione necessaria; ferie Pasqua, luglio, agosto, Natale;
giorno di chiusura domenica.
● Valutazione 8,50; prezzo
corone 750 (€ 92,96); raffinato, accogliente.
Le vivande servite: antipasti
misti; risotto ai funghi porcini;
merluzzo farcito; vitello al
forno; formaggi italiani; dessert.
I vini in tavola: Ca’ del Bosco; Soave Ca’ Rugate 2000;
Sangiovese di Romagna superiore Tremonti 2000; Moscato
d’Asti (Marchesi De Barolo).
Commenti: Serata di eccellenza per il primo convivio
dell’anno. Notevoli le aspettative alla vigilia, essendo il
ristorante “Bagatelle” uno
dei più noti e rinomati della
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Scandinavia, e altrettanto
ampia la soddisfazione finale
da parte dell’intera Delegazione. Piccole cose solo nel
nome: menu, ambiente, coreografia, servizio, tutto si è
dimostrato di altissimo livello. La cucina presentata non
è specificamente legata alla
tradizione del luogo, ma la
“squadra” del “Bagatelle” ha
dimostrato una preparazione
di rispetto ottenendo un
plauso veramente meritato,
che ne ha premiato originalità, sapienza di progetto e
ottima capacità esecutiva.
Più che per la maniacale cura dei particolari siamo rimasti incantati per l’eccellenza
dell’insieme, un concerto di
gusti, sapori e colori, in
un’atmosfera rilassata e con
un servizio attento e efficiente: impossibile avvertire note
stonate. Indirizziamo i nostri
più vivi e sentiti apprezzamenti allo chef di cucina e a
tutto il personale di sala, soprattutto per ringraziarli di
questo convivio che rimarrà
a lungo nei ricordi di tutti gli
Accademici presenti.
OLANDA
AMSTERDAM-LEIDEN
10 marzo 2002
Ristorante “A Tavola” di Gerardo Mazziotta (supervisione
della cucina) e Maurizio Errichello, fondato nel 1999.
●Kadijksplein 9, Amsterdam;
020/6254994; coperti 35.
●Parcheggio nelle vicinanze,
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OLANDA segue
senza problemi; prenotazione
necessaria; ferie dal 5 al 20
agosto e dal 24 dicembre al 2
gennaio; apertura per cena.
●Valutazione 7; prezzo € 65;
informale (senza tovaglia) e
accogliente. Domenica e lunedì il locale propone menu
fisso. La cucina è semplice e si
richiama alla più tradizionale cucina regionale italiana.
Le vivande servite: aperitivo
a base di Prosecco Bera; antipasto “tutto a tavola”; cavatelli al ragù d’anatra; filetto di
spigola al cartoccio; filetto di
manzo all’aceto balsamico e
cipollina; patatine al forno;
trittico di delizie.
I vini in tavola: Chardonnay
trentino Doc 2000 (Gaierhof);
Dolcetto d’Acqui Doc 1999
(Villa Sparina).
Commenti: La prima cena
del 2002 si è svolta presso
questo ristorante, di recente
apertura nel panorama gastronomico italiano di Amsterdam, che è già riuscito a
imporsi con successo all’attenzione del pubblico olan-
dese così sensibile e ben disposto verso la cucina italiana. Data la capienza contenuta, il locale risulta piuttosto rumoroso e non idoneo
a ricevere gruppi di medie
dimensioni, ma più adatto a
coppie o piccoli gruppi. Dopo un aperitivo con Prosecco e focaccina, è stato servito un antipasto misto tra cui
particolarmente apprezzate
sono state le verdure grigliate e la mozzarella di bufala.
All’antipasto ha fatto seguito
un primo di cavatelli fatti a
mano al ragù d’anatra (otti-
mo il condimento ma un po’
troppo al dente la pasta). Il
piatto più gradito è risultato
la spigola al cartoccio (con
frutti di mare). Buono anche
il filetto di manzo (molto tenero) all’aceto balsamico.
Un delizioso dessert composto da un trittico di delizie
della casa ha concluso il
menu. I vini si sono dimostrati all’altezza della cena.
Subito dopo il dessert, il
Simposiarca Maurizio Bertoli
ha intrattenuto i presenti
con una breve presentazione
del catering di bordo di pri-
L’ACCADEMIA SULLA STAMPA INTERNAZIONALE
Helsingin Sanomat
(quotidiano di Helsinki)
Harpers & Queen
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ma classe di Alitalia, con
particolare riguardo ai criteri
che sono alla base della
scelta del menu. Al termine
della serata e dopo aver sorseggiato caffè e digestivo,
l’allegra riunione conviviale
si è sciolta.
SPAGNA
BARCELLONA
21 marzo 2002
Ristorante “La Locanda” di
Daniela Casazza, fondato nel
1999. ●Calle Joaquin Pou 4,
Barcellona; 093/3174609;
coperti 60. ●Parcheggio custodito; prenotazione consigliabile; ferie agosto; giorno di chiusura lunedì. ● Valutazione
6,50; prezzo € 20; familiare.
Le vivande servite: pizze,
focacce e insalate; risotto ai
funghi porcini; tagliatelle al
nero con gamberoni; brasato
con verdure; gelato all’amaretto.
I vini in tavola: Rosso di
Montepulciano (riserva 96).
Commenti: Un posto semplice nel cuore di Barcellona,
dove le pizze e le paste sono
trattate bene. Ambiente familiare con i proprietari che servono loro stessi con molte attenzioni.
MADRID
11 marzo 2002
Ristorante “Da Claudia” di
Loredana Ferraro, fondato
nel 1996. ● Via Barbara de
Braganza 2, Madrid; 091/
3083796, anche fax; coperti
80. ●Parcheggio a 250 m, posteggiatore del ristorante; prenotazione consigliabile; ferie
mai; giorno di chiusura nessuno. ●Valutazione 8; prezzo
€ 54; raffinato, accogliente.
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Le vivande servite: foie
gras curato da Vincenzo con
insalatina di cuori di finocchio e arance; insalata belga
con salmone, salsa yogurth e
ragôut di zucchine a scapece; risotto con le barbabietole e gli spinaci; petto di faraona porchettata con taccole
e fagiolini; zuppa di frutta
fresca in crosta; caffè con
friandises.
I vini in tavola: Prosecco di
Valdobbiadene superiore di
Cartizze (Ruggeri); Verdicchio
“Podium” Castelli di Jesi classico Doc superiore; Valpolicella “Il Maso” classico Doc;
Grappa Nonino.
Commenti: La Delegazione
è tornata in questo ristorante
a un anno e mezzo dalla precedente visita sia per vedere
la riforma del locale (è stata
aggiunta una parte per soddisfare l’esigenza di quei clienti
che, specialmente a pranzo,
desideravano un menu informale), che per provare i piatti della nuova squadra, tutta
italiana, recentemente inserita
in cucina. Simposiarca della
serata Alberto Berti. Graditissima la presenza dell’ambasciatore in Madrid Paolo Pucci di Benisichi e del suo predecessore ambasciatore Raniero Vanni d’Archirafi. La titolare, Loredana Ferraro, ha
accolto i numerosi Accademici con affabilità e simpatia.
Il menu proposto dallo chef
Vincenzo Stamilla, ben coadiuvato dai signori Luca Marchesi e Antonio Greco, non
ha tradito l’aspettativa degli
Accademici presenti alla conviviale. Ottimi i due antipasti;
di sapore pieno e delicato il
risotto; il petto di faraona ha
suscitato qualche riserva perché a molti è apparso di gusto troppo forte. Ottimi i vini, bene il servizio in sala.
Serata piacevole, vivace e
ben riuscita.
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STATI UNITI
MIAMI
21 marzo 2002
Ristorante “Sapori di Roma” di
Michelle Malfon, fondato nel
1999. ●6984 Collins Avenue,
Miami Beach (Florida); 001/
305-8687001, fax 001/3058679001; coperti 70. ● Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile.
● Valutazione 7,01; prezzo
US$ 50; accogliente, rustico.
Le vivande servite: aperitivo
Prosecco di Conegliano; antipasto misto italiano e cozze al
vino bianco; ravioli, gnocchi e
fettuccine; agnello alla griglia o
cernia al vino bianco, contorni
di spinaci e insalata; tiramisu e
sorbetti al mandarino e limone.
I vini in tavola: rosso Mara
Cesare (Ripasso); Verdicchio.
Commenti: La serata è stata
piacevolissima. La proprietaria
e il cuoco sono romani. La
presenza del nostro Console
generale, buon amico di tutti i
partecipanti, ha reso l’ambiente simpatico e accogliente.
NEW JERSEY
19 febbraio 2002
Ristorante “Marcello’s Ho-HoKus Inn” di Marcello Russodivito e Franco Moretti, fondato
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nel 1998. ● 1 E. Franklin
Turnpike, Ho-Ho-Kus (New
Jersey); 973/4454115, fax
973/4459604; coperti 160.
● Parcheggio custodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie mai; giorno di chiusura nessuno. ● Valutazione
8,50; prezzo US$ 75; elegante,
caratteristico.
Le vivande servite: salmone
marinato con misticanza; risotto ai funghi e olio tartufato;
branzino con pomodoretti e
olio extravergine; sorbetto di
limone con Vodka e Prosecco;
medaglione di maiale in salsa
di gorgonzola con polenta;
dolce mille foglie; caffè
espresso.
I vini in tavola: Prosecco
Mionetto; Pinot grigio Zenato;
Montepulciano d’Abruzzo
Zaccagnini; Moscato d’Asti.
Commenti: Per questa conviviale il Simposiarca, Andrea
Codispoti, ha scelto un ristorante situato in un vecchio albergo originariamente adibito
a stazione di sosta per i ricchi
di New York quando, dalla
città, si recavano in carrozza
alle loro ville di campagna. Il
ristorante dell’albergo è passato, negli anni, da una cucina americana a una francese
fino ad arrivare, grazie al
“blasonato” proprietario attuale, Marcello, diplomato all’Istituto alberghiero di Montecatini e addirittura premiato in-
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STATI UNITI segue
sieme ad altri 12 chef internazionali nel 1997 dal presidente Luigi Scalfaro, a una cucina tipicamente italiana. Molto
bella e accogliente la nuova
sala messa a disposizione
della Delegazione con vista
sulla cantina del ristorante.
Eccellente il menu presentato, dagli antipasti vari e abbondanti al risotto ai funghi e
olio tartufato, apprezzato
moltissimo da tutti i commensali, al branzino con pomodoretti, per arrivare, dopo un
intermezzo con sorbetto al limone con Vodka e Prosecco,
al medaglione di maiale in
salsa di gorgonzola. Buoni gli
abbinamenti dei vini alle pietanze, eccellente il servizio.
NEW YORK
25 febbraio 2002
Ristorante “Il Gattopardo” di
Gianfranco Sorrentino, fondato nel 2001. ●33 West 54th
Street, New York (NY);
212/246-0412, fax 212/
246-3332; coperti 72. ●Parcheggio comodo, garage di
fronte; prenotazione consigliabile; ferie 4 luglio, Thanksgiving, Natale e Capodanno;
giorno di chiusura sabato a
pranzo e domenica. ●Valutazione 8,50; prezzo US$ 70.
Le vivande servite: antipasto
d’arancini di riso; bruschettine
al pomodoro e basilico; ciliegine di bufala; polenta fritta
con parmigiano; polpettine di
melanzane e ricotta di bufala
con salsetta piccante; paccheri
alla genovese; tagliata di branzino in salamandra con insalatina croccante; stinco d’agnello brasato con patate al forno
e spinaci saltati; pastiera con
Limoncello; espresso.
I vini in tavola: Prosecco
“Colonnara”; Pinot grigio “I
Santi” 2000; Chianti classico
“Riseccoli” 1997.
POSTA ELETTRONICA
PER L’ACCADEMIA
Sono già operativi i seguenti indirizzi di posta
elettronica dell’Accademia, opportunamente differenziati per facilitare tutto il sistema di comunicazione:
e-mail per il Presidente Dell’Osso:
[email protected]
e-mail per la Segreteria nazionale:
[email protected]
e-mail per la redazione della rivista:
[email protected]
Commenti: Serata particolarmente simpatica in questo
nuovo ristorante italiano,
che ha debuttato nel panorama gastronomico di New
York solo cinque mesi fa a
opera di Gianfranco Sorrentino, già titolare del ristorante
del Moma. “Il Gattopardo”,
sotto la sapiente direzione
dello chef Vito Gnazzo di
Paestum (Salerno), offre una
cucina d’impostazione mediterranea che molto punta
sulla qualità e freschezza dei
prodotti utilizzati. Particolarmente apprezzata dai conviviali la tagliata di branzino in
salamandra servita “tipo carpaccio” su di un letto di insalata verde: piatto leggero e
salutare ben presentato e di
ottimo gusto. Buoni i paccheri alla genovese, forse un
pochino troppo dolci, a detta di alcuni conviviali, per la
quantità di cipolla utilizzata
che però il cuoco, a fine serata, ha confermato parte determinante della ricetta. Ottimi i vini, soprattutto il rosso.
La serata è stata onorata dalla presenza dell’Accademico
onorario Giorgio Radicati,
console generale d’Italia, che
con simpatia e impegno segue l’attività accademica della Delegazione di New York.
Nel corso della serata il Delegato Alessandro di Giovanni ha invitato a intervenire
l’amico di lunga data Luigi
Marini, ospite della conviviale e Delegato di Teramo, il
quale ha portato i saluti della sua Delegazione e ricordato gli anni passati a Londra
(ove era Accademico) e New
York, quale rappresentante
della Banca d’Italia. Simposiarca della serata è stata
Francesca Baldeschi, che con
la sua usuale “verve” ha introdotto i commensali al menu della serata.
WASHINGTON
5 marzo 2002
Ristorante “Galileo” di Roberto Donna, fondato nel 1984.
●1110 21st Street, N.W., Washington (D.C.); 202/2937191; coperti 125. ●Parcheggio custodito; prenotazione
consigliabile; ferie Natale, Capodanno, 4 Luglio. ●Valutazione 9; prezzo US$ 85; raffinato.
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Le vivande servite: stuzzichini: cucchiaio ripieno di
crema alle cipolle e funghi,
arancini con salsa all’aglio,
rotolo di salmone affumicato;
fettuccine al cacao con salsa
di speck; filetto di branzino
cileno con croccante ai semi
di sesamo e cioccolato; cervo
al forno con salsa di amarene
e cioccolato, purea di patate,
cipolline e fagioli al cacao;
melanzane alla napoletana
con cioccolato e salsa di frutti
della passione; bomboloni.
I vini in tavola: Prosecco di
Conegliano (Canella); Pinot
grigio 1999 (Azienda agraria
Sant’Elena, Gradisca d’Isonzo); Collio Sauvignon 2000
(Mario Schioppetto); Amarone della Valpolicella 1997
(Brigaldara); Malvasia di Casorzo (Cantina sociale di Casorzo).
Commenti: La conviviale del
cioccolato si è svolta nel cuore del ristorante “Galileo”,
nella seducente cornice del
“Laboratorio di Galileo” di
Roberto Donna, lo chef più
conosciuto di Washington. È
stata la collaborazione dello
chef con la Simposiarca, Gabriella Cantoni, che ha creato
un menu “storico” che rifletteva le meravigliose e complesse sfumature del cioccolato. Le fettuccine al cacao
servite a forma di nodo coperte di salsa di speck, il
croccante ai semi di sesamo e
cioccolato sopra al branzino
cileno, il ricco e vario piatto
di cervo e le melanzane profumate al sugo dei frutti della
passione, esaltavano “la divina decadenza del cibo degli
dei” e il suo potere gastronomico e nutritivo. I vini, scelti
con particolare attenzione e
sensibilità, evitavano di sopraffare il gusto del cioccolato e accompagnavano con
eleganza questo delizioso
banchetto.
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NUOVI ACCADEMICI
EMILIA ROMAGNA
PIEMONTE
Bologna dei Bentivoglio
contessa Ginevra Cavina
Boari
dott. Piero Gennari
dott. Giovanni Ravazzolo
Torino
dott. Gianpiero Mosca
Maner Palma
avv. Luciano Savio
prof.ssa Silvana Schembari
Sardo
Vercelli
prof. Nanni Lenzi
Guido Franchi
LIGURIA
Savona
gr. uff. Salvatore Basile
Fulvio Cerulli
Ferrara
Stefano Lolli
dott. Italo Nenci
dott. Piero Rosati
Rimini
Franco Arduini
Salsomaggiore Terme
dott. Franco Vincenzo
rag. Marco Mazzoni
LAZIO
LOMBARDIA
Bergamo
Franco Fassi
Ezio Ruggeri
Brescia
Pierangelo Gramigna
Marialuisa Scaroni
Varese-Busto Arsizio
dott. Nicola Canziani
Giovanni Praderio
Civitavecchia
rag. Giovanni Domenico
De Paolis
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Salerno
geom. Vincenzo Cimmino
dott. Giuseppe Giuffrida
dott. Giuseppe Normando
FRANCIA
PUGLIA
GERMANIA
Manduria
dott. Carlo De Pace
dott. Antonio Di Comite
Giuseppina Caridi Dragone
dott.ssa Cira Caforio
Perrone
Francoforte
dott. Luigi Braghieri
rag. Michele Polidori
SICILIA
Catania
rag. Vincenzo Avolio
Maria Angelica Barletta
Consoli
dott. Giuseppe Riggio
Bordeaux
prof.ssa Raffaella Orlando
MESSICO
Città del Messico
Gerlando Falasco
NORVEGIA
Oslo
dott.ssa Dana Semerak
Siracusa-Val di Noto
dott. Saro Di Trapani
SVEZIA
UMBRIA
SARDEGNA
Stoccolma
S.E. Giulio Cesare Vinci
Gigliucci (Accademico
Onorario)
Perugia
prof. Giovanni Minniti
Cagliari
dott. Aldo Caddori
avv. Gianfranco Carboni
prof.ssa Paola Quesada
Strinna
SVIZZERA
CAMPANIA
VENETO
Napoli
dott. Diego Forquet
Fabrizio Knight
Verona
geom. Giorgio Campagnola
dott. Anita Conforti
Napoli-Capri
dott.ssa Rosalba Cerqua
dott.ssa Carla Natali Bruni
Nuoro
dott. Tomaso Cadeddu
dott. Giannetto Congiu
prof.ssa Lucia Angela Dessì
prof.ssa Maria Ausilia Fadda
dott.ssa Maria Gabriella
Guiso
prof.ssa Maria Elisabetta Tola
ARGENTINA
Buenos Aires
avv. Cristian Maldonado
avv. Horacio Humberto
Savoia
FINLANDIA
Helsinki
dott. Andrea Larsen
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Suisse Romande
dott. Gennaro Caracciolo
Di Vietri
dott.ssa Liliane Meyer
Nina Savoretti
NUOVE DELEGAZIONI
CAMPANIA
Campi-Isole Flegree
Delegato
prof.ssa Germana Militerni
Nardone
Accademici
cav. Bruno Bruno
ing. Gian Gualberto Chiesi
dott. Antonio Coppolino
Elena Di Gennaro
dott. Carmelo Fisichella
prof.ssa Annamaria Gentile
prof.ssa Giuseppina Iossa
prof.ssa Dina Morra Fulgeri
C A R N E T
dott. Carmine Perasole
marchese Pierluigi Sanfelice
di Bagnoli
SICILIA
Caltagirone
Delegata
contessa Gaetana Bartoli
Gravina
Accademici
dott.ssa Domenica Alba
dott. Domenico Amoroso
prof.ssa Mariella Amoroso
Concetta Bonomo Milazzo
dott. ssa Fulvia Branciforti
dott.ssa Francesca Cafiso
dott. Gaetano Cardiel
avv. Colomba Cicirata
avv. Giuseppe Giaconia
prof. Vincenzo Gravina
dott. Agostino Lauretta
prof.ssa Francesca
Marziani
dott. Maurizio Pedi
dott.ssa Luigia Polizzi
prof.ssa Valeria Pompeo
prof.ssa Concetta
Saccuzzo
avv. Marilena Samperi
n.h. ing. Italo Maurizio
Santocanale de’ Baroni
della Celsa Reale
prof.ssa Anna Scillamà
Maggiore
dott. Giovanni Sciré
prof.ssa Maria Flavia Spadaro
di Passanitello
prof.ssa Giovanna Traversa
Vittorio Traversa
dott. Stefano Viola
D E G L I
SPAGNA
Valencia
Delegato
dott. ing. José Colomer
Ferràndiz
Accademici
Honorato Boscà
dott. Leonardo Carbone
Pedro Luis Catalan Aznar
ing. Pedro Coca
arch. Alfonso Ferrada
dott. ing. Ricardo Insa
ing. Julia Real
ing. Vicente Serrano
dott. Manuel Vilanova
Donata Volpi
STATI UNITI
Miami
Delegato
ing. Bruno Carlo
Gagliani
Accademici
dott. Giovanni Grimaldi
Clementina Misciatelli
della Ripa
Anna Laura Morelli
dott. Pier Ludovico Pavoni
Roberta Price
dott. Giulio Vergani
A C C A D E M I C I
dott. Aldo Clementi
Ivo Covi
dott. Heinrich Plunger
dott. Ottokar Polasek
Karl Putz
comm. Walter Seibstock
Ferdinando Tessadri
(Segretario)
avv. Stefan Thurin
avv. Gaetano Marano
dott. Antonio Ravidà
dott. Antonino
Saporito
Segretario Tesoriere
comm. dott. Vincenzo
Amoroso Librino
TRASFERIMENTI
LAZIO
LAZIO
Roma Castelli
Vice-Delegati
dott. Mario Spanu
dott. Roberto Galasso
Consultori
geom. Silvano Rocca
(Segretario)
geom. Tullio Nicola
Sorrentino
(Tesoriere)
Roma
dott. Alessio Ponz de Leon
Pisani (dalla Delegazione
di Stoccolma)
Roma Castelli
dott. Roberto Galasso (dalla
Delegazione di Roma)
NON SONO PIÙ TRA NOI
CAMPANIA
VENETO
Caserta
Segretario
ing. Giovanni Setaro
Belluno-Feltre-Cadore
dott. Enrico Osti
avv. Agostino Perale
dott. Luigi Perissinotto
SICILIA
MARCHE
VARIAZIONE INCARICHI
TRENTINO-ALTO ADIGE
Merano
Consultori
dott. Hugo Agostini
Palermo
Delegato
dott. Lucio Messina
Vice-Delegato
prof. dott. Giuseppe
Barbagallo Sangiorgi
Consultori
prof. Beniamino Macaluso
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Ancona
prof. dott. Vittorio Mioli
Aggiornamenti a cura di
CARMEN SOGA (Italia)
e ILENIA CALLEGARO (estero)
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ZURIGO
ALLA “CANTINETTA
ANTINORI”
Per una riunione conviviale
siamo ritornati, dopo diverso
tempo, alla “Cantinetta Antinori” e alla sua cucina toscana.
Il gestore Pedro Ramos, spagnolo, con il cuoco Devis dal
Degan, vicentino, ha sempre
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molto curato che i piatti rispettino la tradizione e il locale mantenga l’atmosfera
piacevole e familiare che è
sua peculiarità da sempre. Alcuni ospiti, aspiranti Accademici, hanno molto apprezzato
la serata.
Per antipasto un’insalatina di
asparagi (i primi sul mercato),
poi zuppa di farro, capretto al
forno con fagiolini e patatine
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novelle e, per finire, semifreddo all’amaretto con spicchi di
arancia fresca.
Ha accompagnato gli asparagi
un fresco Vermentino di Bolgheri, tenuta Guado del Tasso
2000, buono, e il secondo un
Chianti, tenuta Marchese Antinori, del 1998, di media statura.
Gli asparagi erano freddi, la
zuppa di farro acquosa e priva di sapore; il secondo era
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invece buono, all’altezza del
locale, la carne cotta a puntino e giusta di aromi. Il dessert
buono, anche se non molto
originale.
Nel complesso ci aspettavamo
qualcosa di meglio, nonostante che su servizio e cordialità
non ci fosse niente da eccepire. Del resto ci sono piatti che
mantengono ancora il loro livello.
INAUGURATA A SINGAPORE LA PRIMA DELEGAZIONE DEL SUD-EST ASIATICO
Il Presidente dell’Accademia, Giuseppe Dell’Osso, accompagnato dal Delegato di Catania, Mario Ursino, ha
inaugurato a Singapore una nuova Delegazione che
già si configura come importante elemento propulsore
in un’area quanto mai interessante. Infatti la nuova
Delegazione, guidata in prima persona dall’ambasciatore d’Italia a Singapore, Guido Scalici (vedere anche
la “Lettera del Presidente a pagina 3), ha competenza
territoriale anche sulla Malaysia e l’Indonesia.
Singapore è un crocevia di grande rilievo internazionale: è infatti al centro di tutte le vie che collegano il
mondo occidentale e quello orientale. Si tratta di un
Paese a economia avanzata, emporio di grande rilievo
dove sono di casa l’alta moda e l’alta gastronomia.
Molti i ristoranti italiani, di tutti i livelli, molti ottimi. Le
specialità alimentari italiane sono molto apprezzate e
ricercate, anche i nostri vini stanno conquistando buone posizioni.
L’inaugurazione della Delegazione si è svolta nel ristorante “Paolo e Judy”, di ottimo livello, dove la Simposiarca, Silvana Lo Giudice Scalici, aveva preordinato
un menu preparato in modo eccellente nel quale, tra le
altre portate, hanno spiccato le fettuccine alle vongole e
asparagi, i ravioli al brasato, la costoletta di agnello al
tartufo e il sorbetto Campari. Ben coordinato l’accostamento vino/cibo, dal Prosecco dell’aperitivo al Gavi
Marchesi di Barolo, poi il Müller Thurgau Hofstatter, il
“Mille e Una Notte” Donnafugata, il Cabernet Ronco
dei Roseti e altre etichette non meno prestigiose. Al dessert, uno splendido Vin santo Poggio Salvi.
Consegnando all’ambasciatore Scalici, come Delegato,
la campana accademica, il Presidente Dell’Osso ha voluto illustrare ai nuovi Accademici, tutti entusiasti e
motivati, gli obiettivi e gli scopi dell’Accademia, che rivestono una particolare importanza proprio in terra
straniera per la valorizzazione e la tutela dell’immagine, oggi tanto apprezzata, della cucina tradizionale
italiana. “A voi l’impegno e il merito - ha detto loro Dell’Osso - di portare anche in questo territorio i valori del-
la civiltà della tavola italiana, valori di cultura e di tradizione”.
Il giorno successivo, un gruppo di operatori finanziari
italiani attivi a Singapore ha invitato il Presidente
Dell’Osso, l’ambasciatore e gli Accademici nell’esclusivo “Tower Club” per gustare un pranzo cinese di
straordinaria qualità, preparato dal rinomato chef
Wan Chung Hang. Apprezzate tutte le specialità tra
cui un sorprendente budino freddo di mango. Anche
a loro il Presidente Dell’Osso ha illustrato in modo
semplice e incisivo le finalità culturali e sociali dell’Accademia.
La serata conclusiva è stata uno straordinario evento
gastronomico, con la cena nella residenza dell’ambasciatore Scalici, che ha visto una serie di italianissime
portate preparate con grande sapienza e accuratezza:
pizzocheri alla valtellinese, timballo di penne alla Norma, cuscus trapanese, maialino arrosto e arrosto di filetto di vitella con rosette di patate, salmone in salsa di capperi di Pantelleria e, al dessert, apprezzatissimi il gelato
di mandorle tostate e il gelato di cioccolata al Rhum. Eccellenti i vini: Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene e
Merlot “Ai Palazzi” offerti dalla ditta Masottina.
La cena, in onore del Presidente Dell’Osso, ha visto la
presenza di numerosi e qualificati operatori economici
di Singapore, attivi nella ristorazione, nell’industria alberghiera, nella finanza e nelle catene di distribuzione
commerciale. Il Presidente Dell’Osso, dopo aver ringraziato l’ambasciatore e la signora Silvana per la squisita
accoglienza, si è rivolto agli operatori presenti con una
raccomandazione: “Se vogliamo che la cucina italiana
sia veramente all’altezza della sua meritata fama e delle sue tradizioni, dobbiamo ricordare sempre che solo
una cucina italiana realizzata con prodotti italiani
potrà essere sempre all’altezza della situazione. L’uso di
prodotti estranei, e ancor peggio l’adattamento dei nostri sapori, aromi e profumi tradizionali ai gusti locali,
rappresentano più che un tradimento un imperdonabile e colpevole autolesionismo”. (Mario Ursino)
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È un locale su cui dovremo
lavorare un po’ perché merita
incoraggiamento e sostegno.
Il suo caffè è comunque fra i
migliori a Zurigo.
PARIGI
INCONTRO
CON LA TAVOLA
ABRUZZESE
Una serata è stata dedicata alla cucina dell’Abruzzo e la
scelta del locale è caduta sul
noto ristorante “Le Perron” il
cui chef e proprietario Claudio Sammarone, dalle profonde radici abruzzesi, ha preparato dei piatti caratteristici di
questa regione.
Il locale, molto apprezzato,
ha avuto recentemente numerose recensioni sulla stampa
locale e nazionale ed è stato
menzionato con note di merito da numerose guide gastronomiche, che lo hanno annoverato tra i ristoranti italiani
più in voga a Parigi, ove si
può gustare una cucina genuina fatta con buoni prodotti
dai sapori netti. Si può parlare di cucina caratteristica regionale ai cui piatti non vengono concessi francesismi di
alcun genere.
Considerato l’interesse manifestato in precedenti occasioni, abbiamo fatto precedere la
cena da una degustazione tecnica che non poteva che ricadere sul vitigno più diffuso e
conosciuto nella regione: il
Montepulciano d’Abruzzo.
Non avendo il ristorante un
sommelier in grado di poter
affrontare con la necessaria
competenza una presentazione tecnica dei vini il Delegato
e Simposiarca della serata,
che ha curato con lo chef il
menu e gli accoppiamenti
enologici, si è fatto carico di
presentare i vini selezionati
avviando un simpatico dibattito sulla viticoltura regionale e
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sulle caratteristiche e potenzialità dei vini ottenuti dalla
vinificazione in purezza del
vitigno Montepulciano.
Dopo la parentesi enologica
la serata è proseguita con la
cena, iniziata con una serie di
stuzzichini con prodotti tipici
serviti sia caldi che freddi,
adatti per metterci nelle migliori condizioni per poter assaporare i piatti del menu.
MARSALA
SCAMBIO
DEGLI AUGURI
Approfittando della tradizionale processione del Giovedì
santo, che a Marsala acquista
una particolare connotazione
in quanto viene svolta con attori che impersonano la Via
crucis, il Delegato Giacomo
Pellegrino ha invitato a casa
propria gli Accademici marsalasi e alcuni amici, per lo
scambio degli auguri di Pasqua.
Nella cornice sfarzosa di casa
Pellegrino, si sono dati appuntamento anche il sottosegretario agli Interni sen. Antonio d’Alì, il sindaco di Marsala
Eugenio Galfano e l’assessore
ai Lavori pubblici Angelo Fici,
tutti Accademici.
La signora Pellegrino, da perfetta padrona di casa, ha intrattenuto gli ospiti in maniera
deliziosa.
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qualità. Era pertanto indispensabile poter legare a una
cena di alto livello realizzata
dallo chef Andrea Tronchero,
dalle ben note tradizioni piemontesi, una selezione di alto pregio. Poiché ci trovavamo in un’enoteca, abbiamo
iniziato la nostra serata con
una degustazione tecnica di
4 vini ottenuti dal vitigno Nero di Avola vinificato in purezza.
La degustazione, condotta
con grande esperienza dal
sommelier Christophe Gillon,
aveva lo scopo di approfondire le conoscenze su questo
vecchio vitigno autoctono siciliano che è stato rivalorizzato negli ultimi anni e sta fornendo dei prodotti di grande
pregio con caratteristiche di
grande qualità.
Si è trattato di una iniziativa
che ha riscontrato un notevole successo e che in molti
hanno chiesto di poter ripetere.
La serata è proseguita con la
cena avvenuta nella confortevole sala del primo piano,
dove gli Accademici sono
stati accolti in modo molto
cordiale. Il locale è molto caratteristico e dai connotati tipici degli edifici del Marais
adiacente a place des Vosges, uno dei luoghi più belli
e suggestivi della capitale
francese.
NUORO
PARIGI
ALL’“ENOTECA”
CON DEGUSTAZIONE
Una serata accademica si
svolta in un tempio dell’enologia italiana a Parigi, “L’Enoteca”, un locale caratteristico
nel quartiere del Marais con
un passato circa ventennale,
ove si può gustare una grande varietà dei nostri vini di
IL CIOCCOLATO
A RAI TRE
La serata, organizzata presso
l’hotel “Paradiso”, in una sala
elegantemente predisposta si tratta dell’unico ristorante
della zona che ha dato la
propria disponibilità per cimentarsi in un tipo di cucina
pressoché sconosciuta nella
nostra realtà-, Simposiarca il
Delegato Alfredo Pericciuoli,
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ha riscosso un enorme successo, curiosità e apprezzamento tra gli Accademici e i
numerosi ospiti.
Della serata è stato dato risalto dalla stampa regionale, i
quotidiani “La Nuova Sardegna” e “L’Unione Sarda” hanno riportato l’avvenimento ma
soprattutto l’emittente televisiva “Rai Tre” ha dedicato uno
splendido servizio nell’edizione del telegiornale regionale.
Ci preme sottolineare la disponibilità e la professionalità
della titolare della struttura
che ci ha ospitato, la dottoressa Franca Bosu, con la quale
il Simposiarca è riuscito a proporre un menu internazionale.
Un vivo ringraziamento anche ai Consultori Pasquale
Merlini e Dario Marchi che
con la loro competenza hanno saputo abbinare con sapienza i vini delle singole
portate.
L’AQUILA
SETTIMANA BIANCA
A CORTINA
Dal 17 al 24 marzo la Delegazione dell’Aquila si è riunita a Cortina d’Ampezzo per
stare insieme in serenità e
amicizia con la scusa di una
“settimana bianca”, che in
verità, almeno per l’impegno
sulle piste innevate, è stata
tale solo per pochi. Per tutti,
invece, splendide gite e passeggiate sulle montagne dolomitiche, ed eccellenti incontri a tavola nel ristorante
dell’ottimo albergo “Splendid
Venezia”, ben diretto da
Francesco Monaco.
Una cucina molto curata in
ogni particolare, sempre variata nella lista delle vivande, e
ancor più (potrebbe sembrare
strano per una cucina d’albergo) assai rispettosa delle tradizioni gastronomiche locali,
così che il cliente può cono-
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scere a fondo, anche attraverso il cibo, la vera anima del
centro che lo accoglie. Molto
curate anche la sistemazione
logistica (forse sarà rimasto
l’unico albergo a 4 stelle a effettuare, la sera, il “ripasso”
delle camere) e l’accoglienza
nei luoghi comuni, compreso
un fornitissimo bar dove un
bravissimo Luigi e il suo staff
rendono più piacevole la sosta dopo cena.
Il Delegato Marra ha anche
partecipato a una simpatica e
ottima cena accademica organizzata dalla Delegazione di
Cortina d’Ampezzo per gli
auguri di Pasqua, con Romano Scrocco perfetto padrone
di casa. Altro incontro con la
più raffinata gastronomia ampezzana Maria Pia e Luigi
Marra, grazie a Luigino e Silvana Grasselli, anfitrioni d’eccezione, hanno potuto ampiamente godere al ristorante
“La Terrazza” dell’hotel “Cristallino”.
Insomma una “settimana
bianca”, quella della Delegazione aquilana, tutta da ricordare, e ciò grazie soprattutto
all’impegno di Laura e Settimio Olivieri che hanno spinto
gli Accademici a partecipare,
unendoli alla perfetta organizzazione della “settimana del
bridge”.
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LATINA
SERATA
A SERMONETA
Gli Accademici pontini con i
loro ospiti si sono riuniti per
un convivio di valutazione
presso il ristorante “Charlie
Brown” di Sermoneta.
Dopo il saluto del Delegato
Benedetto Prandi ha preso la
parola l’Accademico Pietro
Bianchi in sostituzione del
Simposiarca designato, Amedeo Benatti, assente per improrogabili motivi di lavoro.
Pietro Bianchi, dopo aver
fatto la storia di Sermoneta,
ha ricordato le origini del ristorante: nato come discoteca nel 1970, quattro anni dopo è diventato anche punto
di ristorazione con il nome
di “Il Salotto della Scimmia”,
dalla riproduzione della
scimmia di Porta Annibaldi
scolpita al suo interno. Nel
1979 è stato rilevato da Domenico Giudice e da allora il
locale pian piano ha raggiunto un alto grado di apprezzamento ed è divenuto
sinonimo di genuinità, cordialità e raffinatezza; il fuoco
acceso nel grande camino richiama alla memoria quello
spirito di familiarità, di spensieratezza e di festa proprio
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delle antiche famiglie patriarcali.
Fra i piatti presentati, tutti di
ottimo livello, lo stinco di bufala al forno è stato particolarmente gradito; analogo apprezzamento è stato espresso
per i vini.
Il discorso di presentazione è
stato brillantemente tenuto dal
presidente del Tribunale di
Latina, dott. Bruno Raponi.
TERNI
PASQUA
A VILLA GRAZIANI
La villa è antica, risale al Settecento; arrampicata a un costone di roccia, fa la guardia
a quel solco nel massiccio di
calcare che il fiume Nera si è
lentamente scavato nei millenni.
In decadimento durante il periodo dell’industrializzazione a
causa della vicinanza di una
fabbrica di concimi chimici, è
tornata alla vita dopo la chiusura di quest’ultima e in particolare dopo che il paesino di
Papigno è diventato l’Hollywood italiana con grandi
studi cinematografici.
Dagli anni Sessanta è di proprietà della famiglia Luzzi che
l’ha trasformata in ristorante,
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elegante e accogliente, e nelle
cui sale la Delegazione di Terni ha organizzato la riunione
conviviale degli auguri pasquali.
Da molto tempo proponiamo
nei nostri incontri abbinamenti motivati con vini di pregio,
illustrati di volta in volta dal
Vice-Delegato Mario Guerra,
approfittando dell’incarico di
Simposiarca conferito a Enrico
Cipiccia e Giulio Pallotta, noti
cultori di vino.
Conclude la riunione conviviale il Delegato Guido Schiaroli, leggendo una poesia dialettale che dice: “La festa pe’
esse ben riuscita de vinu
dev’esse ‘nfracicata”; dissentiamo dalla quantità, è la grande
qualità a piccole dosi che, come nel cibo così nelle bevande, pretendiamo sulla mensa
accademica.
ANCONA
RICORDO
DI VITTORIO
MIOLI
Vittorio Mioli era entrato in
Accademia da soli tre anni ma
aveva subito ottenuto le simpatie di tutti gli Accademici
per il suo carattere allegro,
gioviale e per la sua parteci-
IL PIATTO D’ARGENTO DELL’ACCADEMIA
La Presidenza dell’Accademia, sensibile alle richieste di numerosi Delegati di poter disporre di
un oggetto simbolico da offrire in dono alle personalità più in vista ospiti dell’Accademia nei convegni o
alle riunioni conviviali, oppure ai proprietari dei ristoranti
visitati che si siano particolarmente distinti, ha fatto produrre da un rinomato laboratorio artigiano di argente-
ria un piatto di grande formato, in silver plate,
con la riproduzione laser, sul fondo, del tempietto accademico. I Delegati possono ordinare questo piatto alla Segreteria nazionale di Milano. Il costo di
ciascun pezzo è di 10 euro più
le spese di spedizione. Per ordinazioni di almeno cinque
piatti, ovviamente, le spese di
spedizione saranno notevolmente ridotte.
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pazione con entusiasmo e
passione alle conviviali, nelle
quali non mancava mai un
suo intervento preciso, saggio
e di ottimo conoscitore della
cucina italiana.
Di origine bolognese, la sua
figura di primario per tanti
anni di Nefrologia all’ospedale di Ancona e di professore
universitario era molto conosciuta, così come il suo bel
carattere.
Di recente era andato in pensione e sperava così di poter
essere più attivo nella vita accademica; la sua scomparsa è
avvenuta a pochissimi giorni
da un impegno preso per il
rilancio della Consulta del
Verdicchio, associazione che
tanti anni fa operò parallelamente alla nostra Accademia,
per il lancio del nostro buon
vino.
La sua saggezza, la sua allegria ci mancheranno molto.
SIENA
ALLA “SOSTA
DI VIOLANTE”
Per valorizzare un gruppo volenteroso di giovani che, dopo il lavoro e lo studio, gestiscono insieme un piccolo e
simpatico locale nel centro
della città, gli Accademici di
Siena hanno visitato l’osteria
detta “Sosta di Violante”.
La conviviale si è aperta nel
raccoglimento in memoria
del prof. Marco Biagi. Fare
Accademia significa seguire
e partecipare a tutti gli avvenimenti che accompagnano
lo studio di ogni materia, anche quando gli eventi sono
drammatici. La Delegazione
di New York si è riunita poco dopo l’attentato alle Torri
gemelle per condannare il
terrorismo sia con la presenza che con le parole; a Siena
il ricordo del giuslavorista,
riformatore convinto, strap-
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pato alla vita da mano assassina, ha segnato l’inizio della
conviviale.
SALSOMAGGIORE
TERME
LA TRATTORIA
DEL TRIBUNALE
Piccole stanze linde disposte
su tre piani: in ingresso, a destra (di rigore) la macchina
per l’espresso e un piccolo
bar. In fondo la cucina, cuore
pulsante di questa caratteristica trattoria, “Il Tribunale”, la
più antica di Parma, vicina,
naturalmente, al Tribunale.
Quasi nascosta sotto un voltone che collega strada Farini e
il piazzale ove si cerca giustizia, la trattoria ha proposto
agli Accademici di Salso, in
piacevole trasferta cittadina,
una serata senza sbavature.
Francesco ama usare prodotti
di alta qualità secondo stagione, scegliendo quello che la
nostra terra, di volta in volta,
suggerisce: cucina in modo
semplice con profumi e aromi
di un tempo che non dobbiamo assolutamente dimenticare. Scelta ragionata delle vivande da un cartoncino e da
una lavagna appesa al muro
o, meglio ancora, piacevolmente raccontate da Ida, moglie di Francesco, che riceve
gli ospiti con un bel sorriso
che ben predispone a accomodarsi in questo locale rustico e simpatico. Anolini e tortelli senza paragoni con una
pasta tirata a mano che cela
un ripieno secondo tradizione, salumi stagionati come
Dio comanda: e a Parma, come si sa, non si possono sbagliare gli anolini e i tortelli alle erbette, come quelli di zucca o di patate. Si è gustato un
prosciutto di Parma dolce e
profumato avvolto su un grissino appositamente preparato
privo di sale e di grassi. Poi
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una polentina con tartufo nero di Fragno, un piccolo assaggio di una zuppetta ai funghi porcini di Borgotaro, un
ottimo culatello di Zibello dal
profumo persistente così come il sapore, rigorosamente
tagliato e servito al momento,
un salame di Felino dei bei
tempi e un parmigiano reggiano da applauso. Massima attenzione all’abbinamento del
vino e del pane, una torta di
mele servita tiepida appena
sfornata da Francesco. Ospiti
il questore di Parma e gentile
signora che, unitamente agli
Accademici al gran completo
e alle consorti, hanno a lungo
applaudito Francesco e Ida.
VERSILIA
NEL CENTRO STORICO
DI PIETRASANTA
Il Delegato Celli ha voluto dare
a questa prima riunione conviviale dedicata al territorio di
Pietrasanta una veste ufficiale
invitando il sindaco, dott. Massimo Mallegni, sensibile a tutto
quanto può essere incentivazione al turismo, e interessato
a conoscere la nostra attività.
L’“Enoteca Marcucci”, il locale più famoso della città, vanta frequentazioni prestigiose
di attori e artisti (in particolare scultori) di tutto il mondo
e è posta nel centro storico
di Pietrasanta (la piccola Atene), in un vecchio palazzo
che mostra ancora il portale
del 1400 con fiancate che riportano motivi di colonne
classiche.
Il Delegato, nel porgere il saluto di tutti gli Accademici agli
ospiti e al sindaco (accompagnato dal presidente del Consiglio comunale, dott. Franco
Casini), ha riassunto in pochi
minuti quelli che sono gli scopi, le finalità e il “modus operandi” dell’Accademia e quindi della Delegazione, preci-
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sando che la nostra opera di
collaborazione e di sostegno
alla ristorazione deve essere
un incentivo a un turismo attento a una cucina regionale o
locale legata ai valori della
tradizione.
Al termine della riunione
conviviale il Delegato ha ringraziato il sindaco per la sua
particolare attenzione alla nostra attività e a ricordo gli ha
fatto dono del piatto dell’Accademia, di una “Guida ai ristoranti” e di uno degli ultimi
numeri della rivista dell’Accademia, donato anche al dott.
Casini.
Applaudita è stata la signora
Franca per la sua cucina.
La riunione conviviale è stata
preceduta, nel tardo pomeriggio, da una visita al Museo dei
bozzetti, guidata con competenza dall’architetto Chiara Celli, che ha allestito il museo
stesso. Il Museo dei bozzetti
(unico in Italia nel suo genere)
è una raccolta di gessi che documentano l’attività dei laboratori artistici versiliesi; i bozzetti
(in scala ridotta) e i modelli (in
dimensioni reali) che appartengono a artisti di tutto il
mondo, rappresentano la loro
idea originale prima della traduzione in marmo o in bronzo, realizzata nei laboratori e
nelle fonderie della zona.
BOLOGNA
VIAGGIO A VIENNA
GASTRONOMICO
E GOLOSO
Alcuni Accademici della Delegazione di Bologna, guidati
da Romano Bonaga, hanno
fatto un viaggio eno-gastronomico alla scoperta di sapori e
profumi legati a un romantico
passato.
Si sono incontrati a Vienna,
presenti Delegazioni di altri
Paesi europei, tra cui Francia
e Germania.
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Nei quattro giorni trascorsi a
Vienna gli Accademici hanno
visitato, con la preziosa e sapiente guida del signor Peter
Kremslehner, proprietario dello storico hotel “Regina” e
presidente della appena costituita sezione austriaca dei locali storici, la città, i suoi monumenti, i suoi musei e, non
poteva essere diversamente, i
suoi storici caffè e ristoranti.
Con i consigli dei signori
Smalzi, del caffè “Giubbe Rosse” di Firenze, e Pellegrini del
“Caffè Greco” di Roma, sono
stati visitati lo storico “Caffè
Sacher” e i non meno famosi
“Demel” e “Landtmann” con
l’assaggio della pasticceria
viennese, dell’immancabile
Torta Sacher e, su suggerimento della signora Silvi Bonaga della pasticceria “Atti” di
Bologna, delle sue diverse e
sempre ottime varianti. Con la
consulenza dei signori Gioco
del ristorante “Arche” di Verona, Platino dell’“Onkel Taa” di
Merano e della signora Carbone del ristorante “Manuelina
di Recco”, nello storico ristorante dell’antica Vienna “Griechenbeisl”, tra i tradizionali
piatti che il menu offre, quelli
che hanno riscontrato il maggior interesse sono stati il Tafelspitz (bollito di manzo), la
Kartoffel Suppe (zuppa di patate), la Palatschinken (sottile
omelette ripiena di marmellata
di albicocche).
Il soggiorno è proseguito con
la visita, sulle colline che accompagnano il Danubio nel
suo lento scorrere, di una caratteristica cantina con la degustazione dei celebri vini
bianchi, che sono stati serviti
poi nel tipico locale “Alten
Zechhaus”, per innaffiare un
sontuoso Schweinssulze (testa, piedini e cotica di maiale)
con Kartoffelsalat (insalata di
patate) e, non poteva mancare, la famosa Wiener Schnitzel
(la nostra cotoletta alla milanese, con il dilemma irrisolto
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se sono stati i milanesi i primi
a farla o gli austriaci con la loro presenza a farla conoscere
e diffonderla in Lombardia).
Dopo il pieno appagamento
dello spirito e del corpo con
questi percorsi culturali e gastronomici, il viaggio viennese ha avuto il suo clou e la
sua conclusione con la partecipazione, quali ospiti d’onore, alla Hofburg (la residenza
imperiale di Vienna), in serata
di gala, al gran ballo degli
Storici caffettieri viennesi.
L’immancabile nostalgia nei
giorni successivi al ritorno, è
stata addolcita dalla scorta di
torte, fatta dai partecipanti alla
piacevole gita, che hanno
riempito le valigie a scapito
dei normali souvenir.
BORGOTARO
OMAGGIO
A SUA MAESTÀ
IL MAIALE
Anche quest’anno la Delegazione borgotarese ha reso
omaggio, con un’apposita seduta conviviale fuori le mura,
a sua maestà il maiale, un
animale che veniva allevato,
per il suo alto valore economico e per la duttilità d’impiego delle carni, fin dall’antichità. È arcinoto il vecchio
detto: “Del maiale, non si butta via niente”.
L’incontro, che ha visto una
folta partecipazione, si è svolto a Cereseto, un pugno di case nel comune di Compiano,
assurto, diversi anni fa, a notorietà nazionale proprio per
la gastronomia, grazie alle felici intuizioni del compianto
cavalier Giovanni Solari, un
autentico pioniere della ristorazione locale. Fu il primo, infatti, a capire che la ristorazione intelligente, genuina e tradizionale poteva avere un peso determinante nell’economia e nel turismo della zona.
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Oggi che la sua cordialità e il
suo sorriso sono solo un ricordo, la moglie Maria e la figlia Paola, pur laureata in Psicologia, hanno preferito proseguire l’attività familiare.
Il maiale è stato proposto agli
Accademici in tutti i modi
possibili: il già lunghissimo
menu (una ventina di portate)
è stato addirittura integrato
con altri piatti a sorpresa. Ottima è stata anche la scelta dei
vini. Su invito del Delegato
Giorgio Metra, ha preso la parola il Vice-Delegato Giovanni
Spartà, il quale ha illustrato gli
scopi dell’incontro.
RIVIERA VERONESE
DEL GARDA
DALLE CANTINE
ALLA “STELLA D’ITALIA”
Gli Accademici si sono recati
a visitare la cantina di imbottigliamento del Gruppo italiano
vini (Giv) a Pastrengo, ospiti
dell’Accademico Emilio Pedron.
Tutti siamo stati colpiti dalle
magnifiche attrezzature viste,
dal sistema computerizzato di
imbottigliamento e di spedizione (siamo convinti che sia
l’unico in Europa, senz’altro
fra i primi del mondo); la tecnica, la pulizia, l’ordine regnano sovrani.
Siamo poi passati a visitare la
struttura adibita a uffici, ricavata da una vecchia villa che
domina il lago, in mezzo a 24
ettari di oliveto; anche questa
un fiore all’occhiello. Tutti
questi complessi fanno onore
alla produzione dei vini italiani con grande merito, naturalmente, del nostro Accademico
Pedron, che con sagacia e
esperienza ha diretto e costruito tutto questo.
Siamo poi passati nel rinnovato locale del vecchio ristorante “Stella d’Italia” e abbiamo
degustato l’ottima cena, appo-
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sitamente preparata per onorare la carica di Pastrengo della Benemerita.
MILANO
INTERNAZIONALE
SUCCESSO
DEL PIATTO
D’ARTE
Quindici ristoranti, quindici
chef, quindici artisti, trentacinque Accademici hanno sviluppato un piano inventato, proposto e suggerito dalla Associazione artistica culturale, al
settimo anno di attività a Milano, che si sta aprendo ad altre
esperienze dopo vari successi,
tra cui la presenza sulla scena
de “Le Cirque” a New York, in
occasione della serata accademica dedicata al cioccolato.
A Milano il rapporto con la
Delegazione è particolarmente stretto e l’ultima manifestazione ha costituito la base di
ulteriore divertimento.
Più di quindici riunioni conviviali “preordinate” dai gruppi
hanno caratterizzato la manifestazione, con costi dai 30 ai 65
euro, con una partecipazione
media di due e più dozzine di
Accademici e artisti, con menu
improntati a una posizione di
antagonismo alla cultura della
tavola (il caso del movimento
futurista di Caputo di Roccanova) o di spiccata rappresentazione di opera e di ricetta
(per esempio la “Tavola alimentare n. 3” di Paolo Barlusconi proposta con fedele rappresentazione estetica nella
“Crema di zucca con crostini”
da Gagliardi alla “Rampina”).
Il tema dell’anno per gli artisti
era “Acqua, alimento e elemento ambientale” e il riso ne
è per tradizione convinta un
figlio naturale come lo sono i
pesci. Ricchissimi e intriganti
tutti i menu. È stata una kermesse che ha consentito una
visione panoramica a spettro
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abbastanza largo della professionalità della ristorazione,
della celata voglia di un accostamento culturale, di disponibilità a dare spazio anche a artisti e alla cultura, e ha permesso agli stessi artisti di avere un contatto con la ristorazione mediato dalla componente accademica.
NOVARA
TRADIZIONE
E NOVITÀ
DA “PINOCCHIO”
La nostra meravigliosa avventura accademica, iniziata quasi
mezzo secolo fa, prosegue
con sempre crescente successo grazie all’impegno degli eccellenti chef e alla nostra
competenza e autorità.
Il ristorante “Pinocchio” della
famiglia Bertinotti, attivo da
circa mezzo secolo, opera ormai al servizio della collettività non solo in Italia ma molto spesso in grandi città sparse tra America, Africa e Asia,
come veicolo di cultura e di
civiltà.
Piero Bertinotti fa sì che i sapori perfetti, la grande qualità
degli ingredienti, le colture
appropriate arrivino al piacere
del palato e colgano il godimento della gola dei gastronomi più raffinati.
Oggi, nella sua cucina, assistiamo a mutamenti dei piatti
tradizionali, a evoluzioni necessarie e irrinunciabili, che
però non presentano il pericolo della perdita di certe produzioni tipiche, della scomparsa e del disuso di certe
squisitezze tradizionali. L’Accademico evoluto deve godere ambedue le cucine, quella
dei ricordi e quella delle nuove emozioni che offre sorprese gastronomiche sapienti,
con sapori di eccelso livello
estremamente equilibrati: e
questo fa Piero Bertinotti.
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In questo convivio abbiamo
gustato, dopo un sontuoso
aperitivo, raffinato cibo tradizionale (agnolotti) e nuove
realizzazioni di qualità con
materie prime eccezionali. Sapori di ricordi (agnolotti alla
piemontese, dalla pasta sottile
sfuggente, dal ripieno saporoso dei tre arrosti; petto d’oca
con purea di mele e coscia
d’oca con verze croccanti) e
di ricercate elaborazioni creative (vellutata di piselli con su
adagiate cappesante; terrina di
coda di bue e fegato grasso di
anatra con rape caramellate).
Sapori di ricordi e di ricercate
elaborazioni creative. Il “bicerin”, accostamento amoroso di
cioccolato bollente, caffè ristretto e Rhum, lo consumava
la borghesia in epoca sabauda, all’ora del tè (si può trovare ancora in qualche tradizionale vecchio caffè di Torino).
Di questo raffinato convivio
dobbiamo rendere merito a
Piero e al suo abile staff, educatori alla buona tavola e
creatori di convivi che diventano “grande cucina”, concessa agli Accademici.
RAGUSA
DAL CAFFÈ AL MAIALE
Gli ultimi due pranzi della
Delegazione di Ragusa sono
stati preceduti da altrettante
tappe di un tour accademico
attraverso realtà aziendali
iblee nel campo alimentare.
La prima visita ha riguardato
la Moak di Giovanni Spadola, che a Modica tosta, miscela e confeziona caffè da trentacinque anni, ovvero dai
tempi della tostatrice con capacità di carico di 15 kg e
due dipendenti (1967) alle
due macchine che tostano
1.500 kg di caffè all’ora e ai
trenta dipendenti di oggi,
con una presenza che copre
quasi per intero il territorio
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nazionale e è da considerarsi
ormai stabile nel Centro Europa e negli Usa. Sotto la
competente guida del consulente chimico dell’azienda,
dottor Emanuele Spadola, gli
Accademici hanno prima effettuato un significativo percorso didattico negli ampi e
tecnologici spazi della Moak
e quindi, nella sala riunioni,
hanno ascoltato una conversazione, illustrata da diapositive su storia e itinerari del
caffè. Quasi superfluo aggiungere che, dalle stesse
mani dell’ospitale titolare e
del figlio, gli Accademici sono stati gratificati dell’inebriante prodotto, signorilmente offerto non solo per il
consumo in loco ma anche
per quello domestico.
Dopo il caffè è stata la volta
del maiale e dei salumi. Non
già a tavola, s’intende, ma nell’escursione agroalimentare
degli Accademici iblei che in
quattro settimane li ha portati
nell’Alta Valle dell’Irminio, in
quel di Giarratana, a visitare
gli stabilimenti della Ta.Vi.Italia, un modernissimo complesso di respiro europeo che,
pur avvalendosi di sofisticata
tecnologia, mantiene con il
marchio “Salumi Caravello” le
antiche tradizioni locali della
lavorazione tipica artigianale,
fra cui, in primo luogo, il controllo totale della filiera dovuto alla connessione con un vicino allevamento suinicolo
ove da venticinque anni si selezionano capi destinati all’alimentazione. Uno dei titolari, il
dottor Giovanni Caravello,
con cortese ospitalità e sicura
competenza, ha portato gli
Accademici in visita all’azienda (dalle stalle di sosta e primo controllo dei suini ai terminali d’imbarco per il trasporto), illustrando le diverse
fasi della lavorazione (abbattimento, fiammatura e lavaggio,
controllo sanitario, eviscerazione e lavorazione, separa-
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zione delle frattaglie, selezionamento, stoccaggio e congelamento elettronico, stagionatura computerizzata). Soddisfatti gli Accademici per quanto sentito e non solo per questo. La pulizia dei locali, constatata direttamente, l’ha detta
lunga sugli standard igienici
aziendali. La degustazione,
preparata da Giovanni Caravello, è stata pertanto ancora
più gradita e convinta.
TORINO
BORSA DI STUDIO
PER GLI ALLIEVI
DEL “COLOMBATTO”
Da quest’anno la Delegazione
di Torino, per adempiere a
uno dei fini istituzionali dell’Accademia, ha stabilito di
istituire una borsa di studio
per il migliore allievo dell’Istituto professionale di Stato per
i servizi alberghieri e della ristorazione “G. Colombatto” di
Torino, da utilizzare per uno
stage formativo presso uno
dei più qualificati ristoranti
italiani.
La scelta del vincitore della
borsa di studio avverrà con la
collaborazione dei docenti
dell’istituto, che segnaleranno
per la prova finale gli otto migliori allievi del 5° anno scolastico. La giuria, molto qualificata, sarà formata da cuochi,
giornalisti enogastronomici,
docenti dell’istituto e Accademici di Torino.
Nell’ambito dei contatti stabiliti per concordare questa iniziativa con il “Colombatto”, gli
Accademici di Torino, in occasione della riunione conviviale tenutasi presso l’istituto
stesso, hanno avuto modo di
scoprire un mondo fino a ieri
poco conosciuto e certamente
degno della massima considerazione.
La serata ha avuto un brillante
successo grazie alla nutrita
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partecipazione degli Accademici con familiari e ospiti e,
soprattutto, alla calorosa accoglienza loro riservata dagli
studenti, attori della serata,
egregiamente guidati dai loro
docenti.
Il “Colombatto” festeggia quest’anno il suo quarantennale e
è guidato con passione dalla
preside prof. Vincenza Pisciotta e dal vice-preside prof.
Carlo Di Jacovo.
L’istituto è una vera piccola
azienda con bilancio plurimilionario (in euro), che vede
impegnati oltre 150 professori e 60 addetti ai servizi ausiliari per la preparazione di
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1.400 allievi, divisi in quasi
70 classi.
Fra le altre attività la scuola
promuove corsi di orientamento effettuati nelle scuole
medie, volti a illustrare agli
allievi della scuola dell’obbligo le possibilità di lavoro offerte dalla industria turisticoalberghiera e dalla ristorazione e le vie per ottenere le
necessarie qualifiche professionali, nonché scambi formativi di studenti con analoghi istituti esteri (al momento
Francia, Ungheria, Svezia).
L’istituto è anche presente nel
campo dell’impegno sociale
con molte iniziative, fra le
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quali fa piacere ricordare la
manifestazione “Un dolce per
la vita” che si tiene tutti gli
anni in maggio, in occasione
della Festa della mamma, e
nel corso del quale si offrono
all’asta i dolci preparati dagli
studenti, devolvendo il ricavato ai piccoli ricoverati nel reparto oncologico dell’ospedale infantile “Regina Margherita” di Torino.
CAPPON MAGRO
SENZA CAPPONE
Nel fascicolo di marzo 2002
della rivista, a pagina 20,
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nelle “note e commenti” di
un riunione conviviale della
Delegazione del Tigullio, è
malauguratamente saltato un
“non” che ha cambiato il
senso della frase.
È apparso infatti che “nonostante il nome il cappon
magro prevede l’impiego
del cappone propriamente
detto”.
Niente di più sbagliato. Infatti andava scritto: “Nonostante il nome non prevede
l’impiego del cappone propriamente detto”. Ce ne scusiamo con il Delegato (e con
i capponi, magri o grassi che
siano...).
VISITA AL CONSERVATORIO DI NAPOLI CON LE RICETTE MUSICALI
Una folta rappresentanza degli Accademici di Napoli-Capri guidata dal Delegato Massimo Pisani, si
è recata a visitare il conservatorio di San Pietro a
Maiella, che ha la sua sede nell’ex-monastero dei
celestini dove visse Vincenzo Corrado; circostanza
che è stata segnalata da Lejla Mancusi Sorrentino
al direttore del conservatorio, padre Enzo De Gregorio. Motivo dell’evento era prendere conoscenza
di alcune interessanti ricette della “Bonne cuisine
française” musicate da Leonard Bernstein. Dopo
un breve ma entusiasmante concerto del giovane e
validissimo pianista maestro Amedeo Salvato, gli
Accademici sono stati accompagnati da padre De
Gregorio alla scoperta dei tanti tesori e curiosità là
raccolti. Infatti il conservatorio di San Pietro a
Maiella non è un semplice liceo musicale, come ve
ne sono tanti in Italia, ma è qualcosa di unico al
mondo. Secoli fa, a Napoli vi erano quattro conservatori, poi a mano a mano che venivano soppressi,
tutto il materiale veniva trasferito nei superstiti:
l’ultimo rimasto, appunto San Pietro, ha quindi
ereditato un patrimonio non solo di grande valore
venale, ma insostituibile sul piano storico. Di recente è stata completata l’opera di catalogazione e
copiatura informatica di tutta la biblioteca, unica
nel suo genere, dove sono conservati, oltre a molte
migliaia di volumi, spartiti musicali scritti a mano
e alcuni autografi. Anche la semplice catalogazione è stata un’impresa, infatti mentre in Italia vi sono validissimi bibliotecari, mancano persone capaci di catalogare spartiti. Si è dovuto cominciare col
fare un corso di formazione da cui attingere una
cinquantina di giovani per eseguire l’incombenza.
Nel conservatorio vi sono oggetti di valore inestimabile come un’arpa, esemplare unico al mondo, fabbricata da Stradivari. E poi cimeli e reliquie dei
tanti musicisti che hanno operato a Napoli, città
che nel Settecento era una delle capitali musicali
d’Europa e dove nacque un nuovo genere musicale,
l’opera buffa. Così vi è il calco della mano di Liszt e
una ciocca di capelli di Donizetti. Inoltre sono conservati tutti i registri contabili relativi alla vita quotidiana dell’istituzione, attingendo dai quali sono
state mostrate agli Accademici alcune chicche di
interesse gastronomico. Per esempio risulta che nell’Ottocento il pasto dei convittori era spesso a base
di maccheroni, 150 grammi a testa per i grandi e
poco più di 100 per i piccoli, e carne al ragù.
Un’altra curiosità è che nel Settecento per ogni convittore veniva stanziata una certa somma; ma se il
giovane allievo rinunciava a parte della razione,
gli veniva assegnato l’equivalente in denaro. Così
nel registro del 1765 è annotato che all’allora sedicenne Domenico Cimarosa, che aveva rinunciato
alla razione di vino, era stata liquidata una piccola somma.
Terminata la visita gli Accademici, ai quali si era
unito ospite graditissimo padre Enzo De Gregorio,
si sono trasferiti per una cena conviviale al ristorante “Leon d’Oro”, nella vicina, rinnovata piazza
Dante. A ricordo della serata artistico-gastronomica ai partecipanti è stata consegnata una raffinata
brochure con i testi delle ricette messe in musica e
il menu della cena. (Massimo Pisani)
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QUALITÀ E GARANZIA
L’
Istituto Parma Qualità e l’Istituto Nord-Est Qualità
hanno organizzato a Langhirano, in provincia di
Parma, unitamente all’Associazione stampa agroalimentare, un workshop sul controllo e la certificazione
di conformità di prodotti alimentari a denominazione, indicazione e designazione protetta, nel campo della filiera
della carni suine e in particolare dei prosciutti. Attualmente gli istituti sono preposti al controllo diretto della
Dop e Igp “Prosciutto di Parma”, “Prosciutto di Modena”,
“Culatello di Zibello”, “Prosciutto di San Daniele”, “Prosciutto veneto, berico-euganeo”, “Speck dell’Alto Adige”,
“Mortadella di Bologna”, “Cotechino di Modena”, “Zampone di Modena” e del “Lard d’Arnad” valdostano. Inoltre i due istituti collaborano come organismi di controllo
per altre Dop e Igp registrate e in corso di registrazione
e autorizzazione ministeriale e europea.
La qualità delle informazioni è stata encomiabile e superiore a ogni aspettativa, anche tenuto conto delle tendenze ripetutamente emerse da Bruxelles e delle piu recenti applicazioni di metodologie e criteri operativi di
istituti di controllo europei indipendenti.
Soprattutto se vista nell’ottica di informazione ai consumatori e alla clientela finale la comunicazione di
quanto si va facendo in quest’ambito per chi acquista e
consuma è in effetti di straordinaria importanza: oltre
che integrarsi con convinzione nel piano strategico della
Comunità europea si evita di disperdere un patrimonio
di garanzia costruito faticosamente e costosamente con
l’esperienza e la ricerca e che rappresenta un valore aggiunto molto competitivo, destinato a diventare prestigioso se si riesce a renderne più diffusa sia la conoscenza che la credibilita. L’attività si completa con l’obiettivo
di promuovere la comunicazione al grande pubblico
dell’intero processo di tracciabilità e di certificazione
messa in atto dalla produzione relativamente ai citati beni alimentari. Il servizio di monitoraggio del prodotto è
ben più di un insieme di regole produttive di igiene,
prevenzione del rischio alimentare, controllo e conformità alla qualità; consente di garantire e stabilizzare le
differenze qualitative fra i prodotti d’origine certificata e
gli altri articoli presenti sul mercato; afferma la supremazia e il distacco alimentare della tradizione controllata
con criteri di indagine postmoderni; giustifica un prezzo
che deve essere adeguatamente spiegato e compreso.
Il commissario Byrne della Comunità europea, nell’ultimo anno, ha affrontato ripetutamente il tema dell’alta
qualità gastronomica del cibo raccomandandone il controllo con standard rigorosi, compresi anche criteri di
etica ricavabili solo da una tradizione perfettamente monitorata attraverso la convalida in appropriati laboratori
di riferimento. Date le difficoltà a fare intendere al vasto
pubblico le prerogative di superiorità di un prodotto servito a tavola fondamentalmente sfuso, scarsamente protetto, non facilmente riconoscibile dall’utente, la comunicazione deve assumere il ruolo di movimento di opinione, rifacendosi - per esempio - al lento ma efficace percorso fatto dall’olio d’oliva e dall’extravergine italiano o
a quello ben piu complesso del vino.
La nostra Accademia sostiene da molti anni la cultura
dell’informazione dai campi alla tavola, parallelamente
al “Libro bianco sul cibo”, e l’accessibilità ai prodotti di
nicchia dei territori. La salvaguardia di prodotti tradizionali di nicchia rappresenta un giacimento di valore inestimabile per la civiltà della tavola e l’Accademia deve
essere un alleato naturale di ogni iniziativa in questo
ambito.
Interessante rilevare un ulteriore segnale: il consumatore italiano ha solo una discreta fiducia nella capacità
degli enti ufficiali di proteggere la sua salute alimentare
(il 44% di fiducia contro un valore medio in Europa del
56%) e chiede pertanto una maggiore informazione. In
confronto alle informazioni che gli provengono da alcuni operatori egli ritiene di trovare maggiori garanzie all’estero (57%, degli italiani contro una media europea limitata al solo 31%).
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ENZO LO SCALZO
Delegato di Milano Internazionale
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Duomo e Battistero di Parma
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TELEVISIONE E GASTRONOMIA
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iù si guardano le trasmissioni televisive che parlano di gastronomia e più ci si rende conto che, in
fondo, la gastronomia deve aver fatto grossi torti
alla televisione. Ricordo che quando ancora facevo quel
mestiere, dico il mestiere del televisivo, avevo più volte
richiesto di fare una trasmissione sulla gastronomia. Allora una trasmissione del genere non c’era, tranne due
timidi tentativi fatti più per compiacere un importante
personaggio al quale non si poteva dire di no. Ogni volta che ci provavo la risposta era sempre negativa, perché prima o poi si sarebbe finito col parlare di frodi alimentari. Io allora cercavo di spiegare che la gastronomia è storia della civiltà dell’uomo, è sociologia, è gusto
estetico, è educazione alimentare, è insomma tante cose
messe insieme che ne fanno il fascino e anche, perché
no, la scusante per qualche ghiottone. Mi convincevo
però sempre di più che, capi o no, non avevano la più
pallida idea di cosa fosse veramente la gastronomia. Sono passati tanti anni da quei giorni e mi accorgo che
non è cambiato niente.
Le trasmissioni che ora appaiono nel palinsesto di tutte le reti televisive, siano esse pubbliche o private, grandi o piccole, non fanno mai della gastronomia. Stanno
alla moda corrente, niente di più. Si limitano a fare una
piccola gara tra due cuochi o vanno in casa di qualcuno
a preparare un pranzetto, fanno finta di mettere insieme
un menu con quel che hanno trovato nel frigorifero e
tutto finisce lì.
Chi sono poi i conduttori di queste piccole tragedie
cucinarie? Una conduttrice più o meno bella, più o meno
petulante o un conduttore che fa dello spirito su cose
che invece sarebbero da prendere sul serio. Basterebbe
pensare alla fame che ha spinto la gente a cucinare
spendendo sempre meno e ottenendo gusti sempre più
graditi al palato. Fare da mangiare con tanta roba in casa
non è un problema. In questo caso il problema è, diceva Vincenzo Corrado, dare da mangiare a chi non ha fame. La gastronomia invece, a parte gli equilibrismi della
grande cucina, a parte gli show dei professionisti, è una
cosa terribilmente seria. Terribilmente seria perché è, e è
vero, la storia dei piaceri della gola, lo specchio dei costumi di un’epoca ma anche della grande fame e, purtroppo, pure delle guerre che hanno cambiato gli assetti
mondiali. Alludo alla battaglia per introdurre in Europa il
pomodoro o la patata, alludo alla tassa sul tè che ha fatto perdere all’Inghilterra la colonia americana. Alludo alle battaglie, anche cruente, per la conquista dello spazio
di pesca del merluzzo sui banchi di Terranova.
Ma lasciamo da parte tutti questi argomenti che sono
lontani mille miglia dalla mente di chi è preposto a preparare i palinsesti televisivi. Se passo velocemente in
rassegna i programmi attualmente in corso su questo argomento (a parte quello del “Gambero Rosso” che si
può considerare un programma specializzato, che però
rende forse un po’ troppo verso l’enologia, grande amore e passione di uno dei direttori, piuttosto che verso la
gastronomia) non vedo altro.
Alle volte mi domando perché l’amico e Accademico
Beppe Bigazzi lasci che il suo valore si perda in mezzo
alla confusa preparazione di prodotti gastronomici molto spesso anche fuori stagione, permettendo così di lasciarsi relegare in un angolo del programma invaso da
ricette e ricettine che non valgono niente per la storia
della gastronomia e servono solo a incuriosire qualche
casalinga che cerca un palcoscenico privato, senza accorgersi così di essere sempre più trascinata a capire
sempre di meno cosa è il gusto, perché un piatto è nato, quali sono i momenti felici e quelli meno felici che
sono dietro a molte preparazioni gastronomiche, insomma che cosa è veramente la gastronomia. È vero che la
gente vuole questo ma lo vuole perché nessuno fa almeno intravedere panorami diversi e, certamente, più
appassionanti. Un’eccezione c’è. È un barlume di quello
che dovrebbe essere, ma è già qualcosa. È la trasmissione di Fabrizio Del Noce, “Linea Verde”. In quello spazio,
sia pure in maniera più che telegrafica, si tenta di presentare la cucina di un territorio (ma adesso, con il nuovo incarico a Fabrizio Del Noce, in che mani cadrà la
trasmissione?). Gli specialisti durano fatica a rubare
qualche notizia in più ma, almeno per chi non conosce
la materia, serve a aprire una finestrina piccola piccola
sul problema. La gastronomia, signori della televisione,
non merita di essere tratta così. Vi siete mai accorti che
è entrata anche nelle università?
Non servono belle e petulanti donnine o cappellini
colorati o battute di spirito. Servono serietà, informazione, cultura. Anche divertente ma anche intrigante e che
lasci qualcosa nel telespettatore. Deve insomma insegnare a mangiare alla gente; a mangiare bene, però, e in
maniera salutare e, per di più, con il piacere di sapere
che cosa c’è e cosa c’è stato dietro quel piatto, magari
umile, che si gode in famiglia o in una tavolata di amici.
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GUIDO GIANNI
Delegato di Arezzo
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IL POLPO PRONUBO
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a guerra era terminata da qualche anno, ma il mio
rendimento scolastico negli anni del conflitto era
stato molto scarso e quindi in terza media, all’età di
tredici anni, fui obbligato a prendere delle lezioni di ripetizione di matematica da un professore che si trovava
a Bagnoli, altro quartiere della città, costringendomi così
ogni settimana a viaggiare sia all’andata che al ritorno su
uno di quei vecchi asmatici torpedoni sopravvissuti alle
distruzioni e adibiti a autobus di linea.
Ero fermo sul mezzo allo stazionamento, dopo essermi sorbito una noiosa lezione, e comodamente seduto
aspettavo il momento della partenza, quando sul sedile
avanti al mio si sedette, a fianco del finestrino, una piacente signora di mezza età, con un ridicolo cappellino
ornato di fiori e frutta artificiali; dopo un paio di minuti
salì un grasso signore, sedendosi al suo fianco, il quale
sistemò sulla reticella in alto un involto di carta di giornale e subito si appisolò ronfando, per la grande calu-
ra. L’autobus lentamente si era appena avviato, quando
il mio sguardo fu attratto dal pacco sulla reticella, perché con la coda dell’occhio mi era sembrato di scorgere uno strano movimento al suo interno. Estremamente
incuriosito tentai nei minuti successivi di indovinare
cosa mai fosse contenuto nell’involucro, pensai perfino
a un serpente, ed ecco spuntare una sottile estremità di
un tentacolo a doppia fila di ventose (era quindi un
polpo verace) che tastava alternativamente ora la rete,
ora il vuoto, per poter capire dove mai si trovasse. Io
ghignavo e stavo zitto e, dando uno sguardo in giro,
mi accorsi che nessuno aveva ancora notato nulla. Si sa
che i ragazzi hanno sempre una punta di cattiveria in
alcuni loro comportamenti e io, che non ero dissimile,
mordendomi la lingua rimasi in silenzio, quasi trattenendo il respiro. Mi divertiva troppo questa evasione e
ovviamente facevo il tifo per il polpo.
Un secondo tentacolo era ormai fuori e poi un terzo e
LE LINGUINE COL POLPO IN UMIDO
Dose per 4 persone: 4 polpi da gr 250/300,
veraci (con doppia fila di ventose) e freschi; linguine gr 500; polpa di pomodoro gr 450; cipolla gr 250;
vino bianco secco cc 150;
olio d’oliva extravergine
6 cucchiai; prezzemolo
1 ciuffo; aglio 1 spicchio.
Procedimento: Eliminate le interiora, gli
occhi e il becco a ogni
polpo, lasciandolo intero. Affettate a velo la cipolla, mettetela in un
largo tegame con olio e
fatela imbiondir e a
fuoco dolce. Dopo dieci
minuti unitevi i polpi
interi, mettete il coperchio, alzate il fuoco a metà
fiamma e rigirateli un paio di
volte per farli rosolare su ogni lato. Trascorsi altri
cinque minuti aggiungetevi il vino e continuate la
cottura fino a farlo evaporare. Togliete il tegame dal
fuoco e con una forbice, aiutandovi con una forchetta, tagliuzzate a piccoli pezzi ogni mollusco, sia la testa che i tentacoli (ora che sono
quasi del tutto cotti noterete che si tagliano molto più facilmente). Aggiungete
la polpa dei pomodori, il prezzemolo
e l’aglio tritati e cuocete ancora
per 15 minuti a fuoco medio senza coperchio, rigirate e
eventualmente aggiustate di sale, se necessario.
Togliete dal fuoco. Al
momento di andare a
tavola riscaldateli a
fuoco dolce, mentre
si cuociono le linguine in abbondante
acqua salata. Scolatele ben al dente, conditele con il sugo e con i
polpi a pezzetti e servitele in piatti preriscaldati in
forno. Se lo gradite, a inizio cottura potrete aggiungere la metà di un peperoncino forte, però poi ricordatevi di toglierlo! Ma niente pepe, potrebbe modificare i profumi!
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L’ACCADEMIA SULLE PAGINE DELLA RIVISTA “A TAVOLA”
La bella rivista mensile “A Tavola”, diretta da Germano Pellizzoni, è una delle più quotate e interessanti
pubblicazioni del settore gastronomico, a larga diffusione. Iniziando dal fascicolo di gennaio 2002, questa rivista si occuperà ogni mese, su due pagine, dell’attività della nostra Accademia, con articoli firmati
dal nostro direttore, Gianni Franceschi. L’Accademia, in tal modo, si affaccia su un mondo vario e
numeroso, illustrando la propria attività e i propri
obiettivi. L’iniziativa s’inquadra perfettamente nelle
direttive del Presidente Dell’Osso intese a far conoscere l’Accademia a un pubblico sempre più vasto e più
attento.
Nel suo numero di maggio 2002 la rivista “A Tavola”
pubblica un articolo di Gianni Franceschi dedicato
un quarto. Ora il mollusco era quasi del tutto sospeso
in aria e finalmente, a uno scossone dell’autobus, scivolando dolcemente si lasciò cadere sul cappellino della
donna, la quale esplose in un urlo di terrore toccando
con la mano qualcosa di freddo e viscido. Il signore al
suo fianco si voltò, vide l’oggetto del suo pranzo e tutto
in un fiato disse: “Gesù ‘o purpo mio!” e allungando
una mano tentò di strapparlo dal cappello della donna.
Mentre la donna si sforzava di riprendere il suo ridicolo
copricapo dalle mani dell’uomo e l’animale aveva per
sua naturale difesa spruzzato tutt’intorno il nero, l’uomo
irato si volse di nuovo alla signora dicendo: “Ve site arrubbate vuie chell’ato purpo? (Vi siete appropriata voi
dell’altro polpo?)”. “Ma vuie site pazzo” – rispose la
donna tirando un sonoro schiaffone all’uomo -. Di
qual’ato purpo jate parlanno? (Di quale altro polpo andate parlando?)”. E in quel momento il secondo animale, seguendo la stessa via del compagno, atterrò a sua
volta sulla testa della donna, provocando un secondo
urlo, tra le risate di tutti i passeggeri. L’autista aveva intanto fermato l’automezzo, minacciando di non muoversi fino a che la calma non fosse tornata e così finalmente i due fecero la pace, scusandosi l’un l’altra, e riprendemmo il cammino.
Il proprietario dei due polpi si volse allora verso di
me apostrofandomi con fare accusatorio: “Ma tu che stavi dietro, non te ne sei accorto che quello stava per
alle verdure e alla frutta di stagione maturate al sole,
grande patrimonio gastronomico da riscoprire nei
suoi sapori e nei suoi profumi, proprio mentre i mercati sono inondati da prodotti agroalimentari “fuori
stagione”, provenienti da Paesi lontani e maturati artificialmente, oppure coltivati in serra con l’ausilio
della chimica e della genetica.
La rivista “A Tavola” concede agli Accademici uno
specialissimo abbonamento annuale a 20 € (invece
di 49,56). Basta scrivere o telefonare a: redazione “A
Tavola”, via Santa Sofia 27 - 20122 Milano - Tel.
02/58431536, fax 02/58431571.
scappare?”. E io con un’aria candida risposi in un forbito
italiano: “Signore mi deve perdonare, ma dormivo già
prima che l’autobus si muovesse! Sa, mi sono svegliato
al grido della signora; ma posso permettermi di dare un
suggerimento?”
“Sentiamo, cosa hai da dire?” rispose lui sgraziatamente. E io con una faccia d’angelo continuai: “Se invita a
pranzo la sua vicina di posto, lei sarà certo più portata a
perdonarla e così potrete meglio vendicarvi dei polpi
mangiandoli insieme! Non le pare?”.
Al che la signora imbarazzata rispose non più in dialetto: “A casa ho un pacco di linguine e una treccia di
pomodori; non ho altro, sono vedova di guerra da cinque anni e ormai vivo da sola!”.
E l’omone di rimando: “Guagliò, ma tu quanno sì
grande ai ‘a fa ‘o ruffiano! (Ragazzo, quando sarai cresciuto, dovrai fare il ruffiano!)”. E quindi rivolto a lei:
“Signò, pur’io so’ sulo, muglierema se n’è fujuta cu nu’
sergente americano! Jammece a magnà ‘e purpetielli, ma
‘i ccucino io, avite capito o no?!”.
E non appena terminò la corsa, scesi dall’autobus, tutti si precipitarono al più vicino banco del lotto, a giocarsi i numeri!
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SERGIO CORBINO
Delegato della Penisola Sorrentina
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NON TUTTO IL MALE...
Non tutto il male, si dice, vien per nuocere. Fiammetta
Fadda, Accademica di Milano e direttrice della bella rivista di alta gastronomia “Grand Gourmet”, esamina in
un suo recentissimo editoriale quella che è l’eredità della
“nouvelle cuisine”, concludendo che se da un lato essa è
stata una moda effimera, dall’altro occorre riconoscere
che alcune regole rappresentano ancor oggi un elemento
fondamentale per quell’arte in continuo divenire che è la
gastronomia. E non solo nella presentazione dei piatti,
ma anche per una più attenta valutazione del gusto che
si è evoluto, raffinato, educato. Il titolo dell’editoriale di
Fiammetta Fadda è “L’indelebile eredità della fu nouvelle cuisine” che, per brevità grafica, abbiamo per così dire
“condensato” in “Non tutto il male…”.
O
ggi bisogna stare attenti a parlare di “nouvelle cuisine” per definire lo stile gastronomico di un locale dove si fa cucina creativa. C’è il rischio di vedersi guardati con divertito stupore. Dove si sono passati
gli ultimi dieci anni? Alle Galapagos, nelle foreste del Borneo, tra i dinosauri di Jurassic Park? Tutti sanno ormai che
la “nouvelle cuisine” è un fatto superato, morto e sepolto,
una moda effimera, nata trent’anni fa dalla fantasia di alcuni cuochi ricchi di immaginazione, gonfiata da giornalisti
in cerca di scoop, coltivata da minoranze agiate e disappetenti, ma che finalmente ha fatto, con sollievo unanime, il
suo tempo.
Non a caso basta pronunciare il nome di Gualtiero Marchesi per sollevare un coro di “per carità, dopo siamo dovuti andare in pizzeria perché avevamo una fame spaventosa”. E tutti possiedono qualche funesto e incancellabile
ricordo di pietanze sconcertanti, vere accozzaglie di ingredienti e sapori, assemblate da improvvisati seguaci della
nuova filosofia gastronomica.
È come se la “nouvelle cuisine” fosse diventata un evento improprio in senso clintoniano, uno sgradevole incidente di percorso da archiviare definitivamente per concentrarsi sul fenomeno oggi di massima portata, e cioè la difesa e la valorizzazione delle cucine locali con le loro specialità confezionate sui dettami della tradizione. E infatti
sono sempre più numerosi i carbonari del gusto che si
scambiano gli indirizzi segreti dove si possono ancora trovare le trenette al pesto, la coda alla vaccinara, il bottaggio
di maiale e d’oca “come una volta”.
Peccato che questi “laudatores temporis acti” non si rendano conto di mangiare in realtà, pure lì, “nouvelle cuisine”. Difatti anche chi con intelligenza ha capito che trasformare una trattoria a conduzione familiare in un risto-
rante “creativo” sarebbe stata un’impresa pressoché impossibile, ha fatto suoi alcuni dei postulati di base di quella filosofia cucinaria. Primo tra tutti la consapevolezza di una
“ecologia degustativa” che è diventata un’esigenza primaria di gradimento per il palato: è una cucina fatta con cibi
freschi e di qualità, seducente, digeribile, depurata da sapori odori e ingredienti grevi; una cucina con le stesse caratteristiche che contraddistinguevano una volta quella aristocratica, la quale esibiva connotazioni di urbanità e raffinatezza nelle tecniche di cottura e di assemblaggio degli
ingredienti prima ancora che nella loro preziosità.
Neanche i ghiottoni più irriducibili, quelli che giustamente invocano il risotto con il midollo e la finanziera con tutte
le canoniche rigaglie, oggi vorrebbero vedersi servire una
cucina “vintage”, a base di scaloppine emergenti da un laghetto di burro, trenette con pesto incendiario, tagliolini
annegati nella panna. Basta leggere le prime edizioni del
“Talismano della felicità”, bibbia della cucina della nuova
padrona di casa affluente del dopoguerra, per capire come
e quanto il nostro palato sia cambiato credendo di restare
uguale. Grazie al cielo adesso è davvero difficile che capiti
quello che solo una decina d’anni fa è successo a me in un
famoso albergo veneziano dove, chiedendo allo chef de
rang quanto burro a testa calcolasse per il suo risotto con
gli scampi, mi sono sentita rispondere con orgoglio: “Mezzo panetto a testa, signora, perché per fortuna la Casa è
ricca”. E alzi la mano chi oggi, in nome di una ruspante autenticità, sdegnosa di composizioni estetizzanti, ama il cibo
debordante dal piatto, le sbavature di grasso, la sciatteria
della presentazione. Sicché una buona parte delle regole
espresse nel loro decalogo da Gault e Millau non si è dimostrata una moda effimera, ma l’avanguardia di un cambiamento di proporzioni più vaste. Anzi, semplificata e liberata da alcune connotazioni snobistiche, la “nouvelle cuisine” è il fondamento necessario dell’esperanto cucinario in
via di formazione. Senza segno di vecchiaia.
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FIAMMETTA FADDA
(da “Grand Gourmet”)
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IL MAIALE ANTICO E NUOVO
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ella Pianura Padana, per millenni, l’allevamento suino, insieme
con l’agricoltura, è stato l’unico
sostentamento delle popolazioni residenti fuori delle mura cittadine. La carne dei maiali era lavorata per il consumo locale, ma anche per rifornire l’esercito romano eternamente in marcia
per allargare e difendere i confini
dell’impero. Varrone racconta che le
legioni partivano per le lunghe campagne di guerra con enormi quantità
di carne suina salata e coi prosciutti
della Pianura Padana. Si sa che Annibale, dopo la vittoria sul Trebbia del
217 a. C., entrò a Parma per godersi un
meritato riposo e, durante i festeggiamenti, banchettò con cosce salate di
maiale. Polibio annota che nella
Gallia Cisalpina si allevavano grandi mandrie di porci la cui carne,
messa sotto sale, era particolarmente apprezzata a Roma. Massimo Montanari, nelle fondamentali
pagine del suo “L’alimentazione contadina nell’alto Medioevo”, ricorda che i coloni carpigiani allevavano nelle
vicinanze di Migliarina almeno 4.000 suini.
Questa carne era consumata da tutti, ricchi e poveri,
grazie alla relativa facilità dell’allevamento. Per un maiale bastavano una piccola stalla e un’alimentazione senza
troppe cure. La carne, macellata nel periodo invernale,
avrebbe garantito la sopravvivenza almeno per un anno.
Il maiale era consumato soprattutto bollito e l’usanza
restò radicata almeno sino all’inizio del XIX secolo,
quando l’arrosto si diffuse come piatto di massa. Nel
Medioevo, il maiale abbandonò la mensa dei ricchi che,
sull’esempio francese, si gettarono sulla più raffinata selvaggina e su una cucina fatta di salse e sapori molto forti. Il maiale restò sulla tavola dei poveri, che neanche
successivamente persero l’abitudine invernale della macellazione, per riempire la dispensa di prosciutti, salami,
salsicce, lardo, coppe, ciccioli e carne fresca, unica sicurezza alimentare in grado d’allontanare la sempre incombente minaccia della fame. Zampone e cotechino
meriterebbero un capitolo a parte. Il primo è specialità
solo padana, di Modena in particolare, mentre il secondo, sebbene con varie dimensioni, è prodotto in tutta la
vasta area padana. Lo zampone sarebbe nato nel 1511,
durante l’assedio delle truppe di un papa
guerriero, Giulio II, alle mura di Mirandola. Secondo la leggenda, lo
zampone sarebbe stato “inventato”
per la necessità di non lasciare in
mano al nemico la carne dei maiali
uccisi dai mirandolesi in vista della
resa alle truppe franco-papaline.
Un cuoco anonimo ma di grande
intuizione, prolungandosi l’assedio
e non riuscendo a conservare la
carne dei maiali, ebbe la grande
idea di usare la pelle delle loro
zampe anteriori come contenitore
della carne, che, opportunamente
tritata, speziata e salata, si conservava più a lungo. Il cotechino, invece, parente povero dello zampone
(conteneva, come dice il nome stesso, molta più cotenna che carne), è
oggi, in pratica, una variante sul tema dei numerosi insaccati da cuocere che si possono confezionare
con la carne suina.
L’antropologo francese Jean François Revel ha scritto
che in Francia, nel Cinquecento, il maiale era l’alimento
della povera gente, ma chi si distingueva un poco nella
gerarchia sociale voleva mangiare nei giorni di festa carne d’agnello, di capriolo o addirittura pernici. Nella pianura padana, invece, ogni famiglia aveva il “suo” maiale. Per “famiglia”, ovviamente, s’intende anche un gruppo di parenti consorziati per allevare un animale, che li
avrebbe messi in condizione di guardare all’immediato
futuro alimentare senza preoccupazione. A riprova dell’enorme diffusione di quest’allevamento, in sostanza
domestico, stanno alcune “gride” del XVI secolo, con le
quali il governatore dell’epoca (una è datata “17 dixembro” e è firmata da Francesco Guicciardini) minaccia
multe a chi non pulisce le strade dai “ledami”. Nel 1540
a Modena, che contava 17.000 anime, si macellarono
ben 2.400 suini, come dire circa il doppio di quelli che
dovevano essere all’epoca i nuclei familiari; insomma,
un modenese su due aveva ammazzato il maiale.
Il prosciutto si trova nominato in vecchi documenti
modenesi sin dal XVI secolo, ma la preparazione delle
carni fresche di maiale risale a molto prima. Si desume,
per esempio, da una vivace scena cittadina nella commedia degli “Ingannati” (1536): un oste di nome Agiato,
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nell’illustrare ai clienti le sue specialità (“Guardate che
prosciutto, se non pare un cremisi!”), fa capire che per i
modenesi non era una novità. Nelle carte della Camera
ducale estense c’è un lungo elenco di rifornimenti della
cucina del cardinale Rinaldo (1670), in cui compare addirittura la raffinata distinzione fra “prosciutti di montagna” e “prosciutti nostrani”.
La diffusione della carne suina è sempre stata enorme,
ma nonostante ciò il maiale ha continuato a lungo a
avere, come si dice oggi, cattiva stampa. Qualche religioso sparse la voce che la sua carne procurava malattie
innominabili; la scuola ippocratica sconsigliava i salumi
perché “arrestano la crescita e disseccano i succhi, riducono la forza dello sperma in un corpo debole, bruciano
gli occhi e provocano noiosi pruriti”. Persino il Platina
sentenziò senza appello che “la carne suina, tanto fresca
quanto salata, sebbene solletichi il gusto, è perniciosa a
causa del suo cattivo umore”. Luoghi comuni, in qualche caso semplici esagerazioni che la scienza moderna,
fortunatamente, ha spazzato via.
Restiamo alla storia della tradizione emiliana. In
campagna, anche oggi, c’è chi ammazza personalmente
il maiale o lo fa ammazzare dal norcino. Il rito avviene
comunemente all’alba, d’inverno, fra novembre e dicembre. La nebbia che galleggia a qualche centimetro da
terra si confonde con il vapore dell’acqua bollente preparata per lavare la carcassa del suino, cui è già stato
fatto pelo e contropelo. Il fiato degli uomini si frantuma
nel crocchio dove si lavora con veloci gesti professionali. Il maiale, di solito un maschio fra i 130 e i 180 kg,
che un tempo era ucciso in modo barbaro (sgozzato e
lasciato morire per dissanguamento affinché la carne re-
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stasse più tenera), oggi è tutelato dalla legge che impone l’uso di una pistola veterinaria che provoca una morte istantanea e indolore.
Il maiale, dicono a Parma (dove, con gran saggezza, è
chiamato “al nimèl”, l’animale per eccellenza), è cibo
nobile come il prosciutto o il culatello e popolare come
gli zampetti. E vale la pena di ricordare il “Testamentum
porcelli” di Vincenzo Tanara, che del maiale, con puntiglio notarile, enumera le innumerevoli qualità che, alla
sua morte, lascia all’umanità. Con le sue carni, dopo
averci salvato dalla fame per 9.000 anni (da quando,
cioè, è stato addomesticato dall’uomo) ci delizia con
prelibatezze che vanno dal morbido, burroso, guanciale
al saporito, sebbene indigesto, codino, attraversando tutta una serie d’affettati che solo dalle sue carni si possono ricavare.
Ma il maiale moderno non è nemmeno lontano parente di quello di un tempo, che pesando a volte anche più
di tre quintali, era sì un’esplosiva “bomba” di colesterolo
ma, anche, un’enorme riserva di grasso e quindi d’energia calorica. Oggi l’ingegneria genetica ha creato il maiale magro, il suino “light”. La sua carne ha poco più lipidi
di quella bovina. Mangiarne non presenta più controindicazioni, come quando se n’abusava per 365 giorni
l’anno. Il fatto è che, come dice l’antico proverbio, “il
troppo stroppia”. Ci si ammala, infatti, anche esagerando
con la carne bovina. Di gotta. E il maiale, almeno per
ora, non è pazzo.
SANDRO BELLEI
Accademico di Modena
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LA DISFIDA DI MANTOVA TRA ACCADEMIA E “CALIERON”
Propiziata dalla proverbiale ospitalità e dall’impegno
della Delegata di Mantova Maria Cristina Merciai
Marenghi, che ha messo a disposizione la sua casa di
campagna, si è tenuta alla “Corte La Pila” a Maglio
di Goito una simpatica disfida cucinaria, combattuta nello spirito accademico, teso a valorizzare e difendere la tradizione gastronomica italiana. Protagonisti alcuni Accademici di Mantova e i soci della
Confraternita del calieron, un gruppo di amici veneti
che si riuniscono per elaborare antiche ricette e sperimentare nuovi piatti.
Lo scontro fra i fornelli si è trasformato in un’allegra
riunione conviviale fra contendenti che hanno cucinato, gomito a gomito, e hanno proposto piatti prelibati, tipici delle rispettive regioni e confezionati con
grande professionalità.
I cuochi si sono impegnati fin dal primo mattino e
hanno preparato due menu ricchissimi, di grande
pregio per la maestria con cui sono stati cucinati e
presentati i piatti, il cui valore è stato riconosciuto
cavallerescamente da entrambi gli avversari.
Alla colazione ha partecipato anche Germano Pellizzoni, direttore della rivista “A Tavola”.
Al termine del “cimento”, che si è risolto senza vinti
né vincitori, tutti gli ospiti hanno ascoltato i commenti della padrona di casa, Cristina Marenghi, di
Nicola Chiatante, Delegato di Roma - Valle del Tevere, di Cesare Doria, amministratore delegato di Valsoia, di Paolo Della Rosa, esperto enologo, di Claudio
Ades presidente della Confraternita del Calieron.
Gli amici si sono lasciati col proposito di rinnovare
quanto prima il piacevole incontro.
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ANTONIO BIANCHI
Accademico di Mantova
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DAGLI USA A FERRARA
Caro Direttore,
in occasione di un recente
viaggio a Ferrara ho avuto il
piacere di incontrare il Delegato Michele Bonino che, con
squisita ospitalità, ha organizzato una cena presso il ristorante “Provvidenza”, alla quale
ha partecipato un folto gruppo
di Accademici. Il menu ci ha
condotti attraverso i piatti ferraresi più caratteristici quali i
cappelletti in brodo, i cappellacci alla zucca, la salama da
sugo, il piatto degli arrosti e infine la zuppa inglese. Una piacevolissima serata durante la
quale si sono scambiate esperienze di vita accademica e
considerazioni gastronomiche.
Presente pure il collega della
Delegazione di Washington
Marino De Medici, attualmente
in Italia per un anno sabbatico.
Un affettuoso ringraziamento a
tutto il gruppo ferrarese e un
rinnovato invito a permettermi
di ricambiare qualora visitassero San Francisco.
WALTER ROMANINI
Delegato di San Francisco
La convivialità, l’amicizia, lo
spirito accademico si manifestano anche in questa accoglienza gastronomicamente
preziosa. Sono questi incontri
a cementare maggiormente i
vincoli che già ci uniscono.
RISPOSTA
A UN MILANESE
DI OGGI
Caro Direttore,
a proposito di una mia timida
incursione in un territorio che
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“Et de hoc satis”, dicevano
saggiamente i Romani, quelli
antichi.
LA RIBOLLITA
FIORENTINA
sapevo sicuramente minato
avevo premesso al pezzetto,
in corsivo, queste poche righe,
conscio che avrei incontrato
sul mio cammino qualche attento notomizzatore di parole
e concetti: “Una piccola premessa quasi a mo’ di scusa
per tentare di occupare, non
so con quanta ragione, il territorio degli altri. Mia nonna era
milanese e mia mamma bergamasca”. Penso che, giustamente, hai ritenuto opportuno, per
ragioni di spazio, di non pubblicare quelle poche righe e
ora devo affrontare la fatica di
far smettere i gran rumori
ovattati di antichi milanesi e
moderni cultori di quella cucina. Non ce ne dovrebbe essere un gran bisogno perché il
rumore dell’intenso traffico di
quella città sicuramente cancellerebbe le antiche voci e
forse, chissà, anche quelle dei
moderni cultori.
Premesso che nella storia della gastronomia si è detto di
tutto e il contrario di tutto,
aggiungendo anche che la
memoria orale può giocare
brutti scherzi e finendo col
dire che, compreso naturalmente anche il sottoscritto, si
può sbagliare, consiglio all’Accademico Gianni Staccotti,
che si è sentito tanto toccato
dalla mia timida, ripeto timida, incursione fuori dal mio
territorio, di dare un’occhiata
a “Il ghiottone lombardo”,
edizioni Brabante (1964).
Mentre io mi riservo, naturalmente con il beneficio del
dubbio, anche di rispettare la
memoria orale di mia nonna
milanese.
Caro Direttore,
mi spiace tornare sull’argomento “ribollita” ma per correttezza debbo intervenire su
quanto esposto in proposito
dall’Accademico Righi Parenti
di Siena nella sua lettera pubblicata sul numero di febbraio
della nostra rivista.
Per la verità ti confermo che la
ricetta codificata dalla nostra
Delegazione non è frutto di
fantasia, bensì di uno studio
svolto attraverso numerosi ristoranti e trattorie fiorentine.
Ritengo sbagliato sostenere
che la ribollita sia toscana e
che andrebbe codificata da
tutte le Delegazioni toscane.
Ogni zona ha la sua zuppa,
ci mancherebbe altro che si
codificasse una ribollita “toscana”! Per esempio, a Lucca
la ribollita non sanno neppure cosa sia. E poi che c’entra?
Noi abbiamo codificato la ribollita fiorentina e l’abbiamo
fatto, come già detto, dopo
lunghe e minuziose ricerche.
L’altro errore di Righi Parenti
è sull’uso della nepitella al
posto del timo; a Firenze
nessuno azzarderebbe un tale abbinamento. La nepitella
si mette nei funghi, nelle
zuppe si mette il timo o “pepolino”. Con questo chiudo e
non tornerò più su questo
argomento.
Con tutta franchezza debbo
dirti che trovo questi interventi
poco in linea con l’immagine
GUIDO GIANNI
Delegato di Arezzo
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delle nostre Delegazioni che
lavorano con serietà e dedizione per il conseguimento dello
scopo accademico.
Un cordiale saluto,
SERGIO BARGHINI
Delegato di Firenze
La ribollita, lo dice il termine,
bolle e ribolle. E la “vexata
quaestio” continua infatti a far
ribollire gli animi. Ma non bisogna farla ribollire troppo, altrimenti perde gusto, sapore e
consistenza. È giunto il momento di toglierla dal fuoco e
lasciarla raffreddare. (G.F.)
CINQUE SECOLI
DI CACAO
La prof.ssa Elena Massimo,
autrice di un bel saggio,
“Cinque secoli di cacao”,
pubblicato sul numero di febbraio 2002 di questa rivista,
lamenta l’omissione della bibliografia da lei peraltro apposta in calce al testo. Per
scelta editoriale e per non
creare antipatiche disparità
tra un testo e l’altro (non tutti
gli autori indicano le fonti),
questa rivista non pubblica
mai le referenze bibliografiche. Per ovviare al disappunto della prof.ssa Massimo, comunque, ecco le fonti da lei
citate: Paolo Emilio Taviani:
“I viaggi di Colombo. La
grande scoperta” (De Agostini, Novara, 1986); S.E. Morison e M. Obregon: “The Caribbean as Columbus saw it” (Boston-Toronto 1964); Giovanni
Canelli: “Giornata accademica del cioccolato” (Casonato,
Vigevano, 2001).
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CIBO E SALUTE
SULLO SCILIAR
La rassegna di cucina naturale
che si tiene a Fiè allo Sciliar in
giugno è stata ideata dagli
chef dei migliori ristoranti del
luogo, vero maestri della gastronomia del più celebre altopiano delle Dolomiti. L’appuntamento offre l’ormai raro
piacere di un cibo sano ma
prelibato, fatto di verdure e
frutta freschissime, cereali integrali, latte e formaggi Doc.
LA SAGRA
DELL’AGLIO
Il 20 e 21 luglio 2002, Voghiera, cittadina in provincia di
Ferrara, celebra l’originalissima sagra dedicata al prodotto
che l’ha resa famosa: l’aglio,
che qui assume carattere di
unicità: è bianchissimo, a
spicchio grande e si conserva
a lungo nel tempo. Lo produce un consorzio di giovani soci su una superficie di 35 ettari e con un raccolto di circa
3.500 quintali l’anno.
A FORLIMPOPOLI
RITORNA
IL PREMIO “MARIETTA”
Torna a Forlimpopoli il premio “Marietta” intitolato alla
mitica governante di Pellegrino Artusi. Molte le novità nell’edizione 2002, tra esse il fatto che la finale si svolgerà sotto gli occhi del pubblico. Le
ricette vanno inviate entro l’1
giugno al Comune di Forlimpopoli. E per il vincitore un
doppio premio: 600 euro, e la
possibilità di vedere la propria
ricetta inserita nel menu di
una catena di ristoranti della
grande distribuzione. Una sfida per chi ama destreggiarsi
fra fornelli e pentole a tutto
beneficio di familiari e amici:
sottoporre la propria creatività
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gastronomica all’esame di
esperti, con la possibilità di
condividere la ribalta con
grandissimi chef della cucina
internazionale. Infatti il vincitore del “Marietta” sarà premiato nel corso della stessa
cerimonia che incoronerà i
premi “Artusi” 2002.
PEDALANDO
PER TROVARE
I PRODOTTI TIPICI
Si chiama “PedalarGustando”
il “ciclotour” organizzato dal
Consorzio della strada dei vini
e dei sapori delle colline di
Scandiano e Canossa che porterà, attraverso i paesaggi del
Reggiano, alla scoperta delle
bellezze naturali e artistiche
del territorio, ma anche a
quella di agriturismi, aziende
vitivinicole, cantine, caseifici
che hanno reso leggendari
quei luoghi della memoria e
che oggi rinnovano per il turista sportivo tutte le loro attrattive. Si degusta, si assaggia il
meglio della cucina emiliana e
della saggezza produttiva di
queste genti operose e geniali.
CANTINE
APERTE
NEL VICENTINO
È iniziata la stagione degli appuntamenti golosi, promossi
dall’Azienda della Camera di
commercio “Vicenza qualità”
per far conoscere al grande
pubblico le produzioni tipiche
e di qualità del territorio vicentino.
Tra le tante manifestazioni in
programma nel corso dell’anno, un posto di riguardo spetta sicuramente a “Cantine
aperte”, in programma domenica 26 maggio. La manifestazione, che nelle precedenti
edizioni ha saputo riscuotere il
consenso di un gran numero
di appassionati, celebrerà nel
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migliore dei modi le tante produzioni vinicole Doc del Vicentino e darà modo al pubblico di visitare le cantine della provincia che hanno aderito
all’iniziativa, per vedere di
persona come nascono i vini
vicentini e naturalmente imparare a conoscerli attraverso le
immancabili degustazioni.
IL LAMBRUSCO
IN MOSTRA
A MODENA
Dall’11 al 13 maggio prossimi,
a Modena, presso il Quartiere
fieristico, si terrà la seconda
edizione della manifestazione
“Lambrusco mio”, importante
evento che si propone di promuovere l’immagine del Lambrusco sviluppandone una
più ampia e migliore conoscenza tra gli operatori, sia a
livello nazionale che internazionale, favorendone la giusta
valutazione da parte di ristoratori italiani, importatori stranieri e giornalisti specializzati,
anche esteri.
L’iniziativa è realizzata dalla
Camera di commercio di Modena e dal Consorzio marchio storico dei Lambruschi
modenesi.
A TAVOLA
CON GLI ASPARAGI
La manifestazione “Superbe”
dedicata all’asparago bianco
di Cimadolmo (Igp) e alle erbette di campo è promossa da
più di vent’anni da un dinamico gruppo di ristoranti della
Marca trevigiana con degustazioni in speciali serate-evento
di una cucina leggera e delicata. In occasione della manifestazione, viene indetto un
concorso per le migliori ricette con asparagi bianchi e erbette rivolto agli studenti del
quarto e quinto anno degli
istituti alberghieri del Veneto: i
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vincitori, chiamati a turno a
mettere in opera le loro creazioni durante le serate della
manifestazione, sono premiati
con una borsa di studio.
NATA NEL MUGELLO
LA PRIMA “OLEOTECA”
È nata a Vicchio sul Mugello
la prima “Oleoteca” del mondo, creata da Paolo Pasquali
nella sua proprietà di Villa
Campestri, dimora storica trasformata in albergo sulle colline di Firenze. L’“Oleoteca” si
propone come luogo particolarissimo di cultura dell’olio:
storia, tradizione, scienza, mito e gastronomia formano una
inesauribile fonte di informazione. Le eccezionali virtù dell’olio, tante etichette di prestigio, antichi orci e oggetti d’arte di rara bellezza. Una biblioteca con 110 volumi dedicati
all’olio d’oliva, una stupenda
fontana che eroga olio extravergine e mille altre cose per
chi vuole sapere davvero tutto
sull’alimento che accompagna
da sempre la vita dell’uomo.
L’ATELIER
INTERNAZIONALE
DELLA COMUNICAZIONE
Aprirà i suoi battenti il 18 maggio e proseguirà per tutta l’estate fino al 21 settembre il primo “Atelier internazionale della ristorazione”, raffinato percorso eno-gastronomico alla riscoperta della migliore tradizione cucinaria, che proporrà,
per ognuna delle 108 serate, le
ricette di rinomati cuochi accompagnate dalla degustazione dei più pregiati vini italiani.
LA SPAGNA
AL CIBUS DI PARMA
La Spagna è presente al “Cibus” di Parma (9-13 maggio)
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con i sapori ricchi e irresistibili dei suoi prodotti alimentari. Il padiglione ufficiale di
Spagna, coordinato dall’Istituto spagnolo per il commercio estero, si sviluppa su
uno spazio espositivo di 500
mq con una serie di prodotti
tutti da scoprire. Accanto al
rinomato “jamon ibérico”, alle acciughe del Mar Cantabrico, al tonno “bonito del
norte”, agli oli extravergini,
alle olive, vengono proposti
anche numerosi prodotti dolciari, tra cui la cotognata e le
“maddalene”.
VINO ITALIANO
IN EUROSTAR
A bordo di tutti i treni Eurostar Italia, nelle confortevoli
carrozze ristoranti dove è
presente il servizio Chef express, si può scegliere di degustare, dalla cantina di bordo, anche 2 vini tipici veronesi, prodotti dalla Pasqua
Vigneti e Cantine, apprezzati
a livello internazionale: il
Soave e il Valpolicella. Gli
stessi vini con cui la Pasqua
ha partecipato quale fornitore ufficiale alla manifestazione “Capri-Hollywood 2001 W il cinema italiano” che si
è tenuta nella splendida cornice dell’isola di Capri dal 27
dicembre al 2 gennaio 2002.
“EUROCHOCOLATE”
A ROMA
LA SCIENZA
DEL CIOCCOLATO
La manifestazione “Eurochocolate”, nata a Perugia, è approdata a Roma e l’Associazione delle industrie dolciarie
italiane le ha dato il proprio
patrocinio. Nel suo ruolo istituzionalmente volto alla diffusione della conoscenza e
della cultura del cioccolato,
ha organizzato un program-
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ma di eventi a carattere culturale di grande interesse per
la stampa, per gli operatori
del settore e per il pubblico
che vuole saperne di più sul
“cibo degli dei”. A via Veneto
è stato riproposto il connubio
perfetto tra “dolce vita” e “vita dolce”.
LA DIETA MEDITERRANEA
ALL’UNIVERSITÀ
“LA SAPIENZA”
Con la partecipazione del ministro delle Politiche agricole,
on. Gianni Alemanno, si è
svolto nell’aula magna dell’università romana “La Sapienza” un importante convegno
sulla dieta mediterranea e le
sue componenti economiche.
Moltissimi gli interventi, tutti
di alto livello. È stato sottolineato che il settore agroalimentare, uno degli elementi
di successo del “made in
Italy” nel mondo, è il primo
anello di una catena di valori
che chiude il proprio ciclo
con l’anello vincente, cioè
l’offerta enogastronomica che
rappresenta una delle massime espressioni dello stile italiano.
A FERMO
UN LABORATORIO
DEL GUSTO
Si è svolta a Fermo (Ascoli
Piceno) una interessante rassegna gastronomica, denominata “Tipicità” e dedicata ai
prodotti tipici delle Marche,
all’interno della quale è stato
organizzato uno stimolante
“Laboratorio del gusto” che
ha ospitato una serie di degustazioni guidate, con momenti di studio e di sperimentazione pratica. Le lezioni di questo laboratorio si sono svolte all’interno della
“Enoteca delle Marche” che
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ospitava una rassegna completa della produzione vinicola regionale.
CONVEGNO
SULLA TIPICITÀ
ALIMENTARE
Un convegno nazionale in
collaborazione con Unioncamere, sul tema “Territori, tipicità e tradizioni”, si è svolto a
Rimini nel quadro della Mostra internazionale dell’alimentazione. L’appuntamento
è stato preceduto dalla presentazione di una prima colazione a buffet realizzata in
collaborazione con l’“Antica
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Locanda Viganò” che si è avvalsa della consulenza esterna
del “Grand Hotel Principe di
Savoia” di Milano e del contributo degli chef Mauro Civiero
e Alberto Bocelli. Sono state
presentate alcune specialità
come il: “Grancosciotto” (prosciutto cotto), “Brianzetta”
(cotto in morbida pancetta),
“Antico Viganò” (salame della
tradizione), “Gran riserva capriccio di Viganò” (prosciutto
cotto di suino italiano garantito). Le specialità dell’“Antica
Locanda Viganò” sono state
servite in bellavista, ma anche
calde e come ingredienti per
la creazione di piatti semplici
o molto elaborati.
ACCADEMICI IN PRIMO PIANO
L’Accademico Oddone Fausto Celestini, della
Delegazione di Chieti, ha ricevuto dall’Ordine nazionale dei giornalisti una targa d’argento per gli
oltre 45 anni di attività giornalistica.
L’Accademico Dario De Cherchi, della Delegazione di Cagliari Castello, ha ricevuto una medaglia d’oro da parte dell’Ordine degli ingegneri di
Cagliari per i suoi cinquant’anni di attività professionale. Il suo nome è stato anche iscritto nell’Albo
d’oro dell’ordine.
L’Accademica June Di Schino, della Delegazione
di Roma, ha ricevuto il prestigioso “The Sophie
Coe Prize in Food History” per il suo volume dedicato ai banchetti di Cristina di Svezia al suo arrivo a Roma, frutto di un’attenta e scrupolosa ricerca storica e d’archivio.
L’Accademico Alberto Gamaleri Calleri Gamondi, della Delegazione di Alessandria, è stato ammesso alla Reale e nobile arciconfraternita dei
Santi Maurizio e Lazzaro presso la Basilica Magistrale di Torino.
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PER LA BIBLIOTECA NAZIONALE
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LA C U
Tito Trombacco (Accademico di Bologna)
Alberto Gamaleri Calleri Gamondi
(Accademico di Alessandria)
● Giovanni Battista Guerra
(Delegato di Roma-Aurelia)
● Gianni Muscardini
(Accademico di Roma-Aurelia)
● A. Mario Ramazzotti
(Accademico di Roma-Aurelia)
● Antonio Marchese
(Accademico di Roma-Aurelia)
● Giorgio Fanfani (Accademico di Roma-Aurelia)
● Raffaele Martino (Delegato di Salerno)
● Carlo Picciotti (Delegato di Messina)
● Maria Monica Martino (Accademica di Salerno)
● Gianni Franceschi (Accademico di Reggio
Emilia: 187 titoli tra volumi, opuscoli e brochure)
● Giovanni Ballarini (Accademico di Parma)
● Nemo Cuoghi (Accademico di Padova)
● Antonietta Boggi Mariacher
(Accademica di Padova)
● Antonello Vodret (Accademico di Sassari)
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QUARTO ELENCO DEI DONATORI
culturale che ogni Accademico porta con sé,
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verrebbe da dire nel
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proprio patrimonio genetico.
Significativamente, il
Presidente dell’Accademia, Giuseppe Dell’Osso, ha partecipato a una
riunione conviviale dedono di
dicata appunto alla raccolta di volumi per la
nostra biblioteca. La
scelta è caduta, e non a
caso, su una Delegazionumero
ne nuovissima, nata di
recente dalla suddivisione articolata del territorio della capitale: la Delegazione di Roma-Aurelia.
La riunione conviviale si è svolta nel ristorante “Paris”
di piazza San Calisto, nel cuore di Trastevere, uno dei
luoghi deputati della grande ristorazione tradizionale romana.
Il Delegato Giovanni Battista Guerra, dopo aver ricordato che il menu tipicamente pasquale intendeva solennizzare questa ricorrenza cristiana tanto legata anche alla
gastronomia, ha illustrato l’iniziativa accademica di raccogliere volumi per la biblioteca, sottolineando il valore
culturale e l’intenso spirito accademico che animano
questo importante impegno culturale.
Il Presidente dell’Accademia Giuseppe Dell’Osso ha ribadito il preminente interesse culturale dell’azione accademica, e ha voluto ricordare che la presenza, all’interno dell’Accademia, di una biblioteca ricca e valida può
essere un importante veicolo di comunicazione verso
l’esterno. “Il grande lavoro di catalogazione, già iniziato
- ha detto Giuseppe Dell’Osso - viene effettuato in via
informatica e ci auguriamo che presto il catalogo della
Biblioteca accademica nazionale sia disponibile su Internet, a disposizione di tutti gli studiosi e del grande numero di appassionati, anche al di fuori della nostra Accademia”.
Il Presidente Dell’Osso ha quindi personalmente ringraziato gli Accademici Giovanni Battista Guerra, Gianni
Muscardini, A. Mario Ramazzotti, Antonio Marchese e
Giorgio Fanfani per i volumi donati all’Accademia in
questa circostanza.
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ono molte le Delegazioni che già hanno indetto la
riunione conviviale dedicata al potenziamento della
Biblioteca accademica nazionale. E parecchi sono
anche gli Accademici che hanno inviato volumi di indubbio interesse editoriale e, sia storici che scientifici,
tutti legati alla gastronomia e alla civiltà della tavola. La
nostra biblioteca, iniziata per volontà del nostro Fondatore Orio Vergani con le sue prime donazioni di libri, arricchita nel tempo con apporti di vario carattere, si avvia
dunque a diventare il più importante centro “privato” di
cultura dedicato alla civiltà della tavola che esista nel
nostro Paese.
In questa pagina pubblichiamo un ulteriore elenco di
donatori. È un segno importante, che indica l’interesse
ex libris
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NELLE OSTERIE DEL CHIANTI
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icevo lettere, spunti e comunicazioni da un importante Accademico che mi confida le sue ambasce, lui che da oltre trent’anni scrive, pubblica
e è considerato il riferimento della cucina tradizionale:
forse per l’indifferenza ricevuta, dopo avere ripetuto
per giorni, settimane, mesi, anni e, ultimamente, millenni (che evaporano come la forma del pecorino nelle mani dell’amiatino sceso in Maremma), di non
sciacquarsi la bocca con tradizioni cucinarie in stato
d’acuta sofferenza giacché i “big” della cucina, anche
attraverso il video, continuano a ciabattare su aglio
crogiato al tartufo e su bistecche alla fiorentina di 200
grammi, oliate prima della brace.
Forse l’amico vuole che io testimoni su quest’ultimo
scempio perpetrato nel luogo ove tanti forestieri impararono a non sgomentarsi di fronte alla troneggiante
fiorentina, ma ne assaporarono il primo boccone croccante di grasso, per poi gustare il secondo, pieno del
sapore di una carne che sfuma dal grigio abbrustolito
al rosa umido di sangue.
È vero, mi è successo poco tempo fa con quattro
amici seduti a un tavolo che una volta faceva “Sostanza” (è il nome della trattoria detta anche del “Troia”,
locale mitico negli anni Sessanta) nella Firenze prima
dell’alluvione, a chiedere tutti e quattro la classica fiorentina, ma ricevere lo stesso trattamento dei più, come se anche noi avessimo gli occhi a mandorla e non
aspirassimo, mai, la “c”: quattro tristi piatti con quattro
braciole adorne di un osso neonato. Spessore un centimetro e mezzo.
Una volta si affermava che la cucina dei futuristi era
uno schifo balzano ma oggi, udite! udite!, c’è il peperoncino piccante insaporito con tartufo bianco sopra
fettoline di petto di pollo gineprate, coperte da cupolette di zucchero filato. Che dovremmo dire? Dopo la
“nouvelle cuisine” procediamo con la “cucina creativa”
dal nome cangiato, ma col medesimo condimento. Sarebbe opportuno indagare sulla “grammatica dei sapori” e seguirla come un tempo lo Zenoni ci accompagnava, riga per riga, con il latino, per tornare finalmente a quella buona antica cucina fuori dai travagli
messi a punto da speculatori e chiacchieroni che vivono sulla cretineria degli ignoranti.
Lo sfogo dell’Accademico “di classica scuola”, così
come lui stesso si definisce, è di qualche settimana addietro, ma oggi colgo occasione e spunto da una serata di Consulta passata in osteria a Castelnuovo Berardenga per segnalare qualcosa di piacevole e, allo stes-
so tempo, rispondere all’appello lanciato dall’amico
Giovanni Righi Parenti.
La vecchia bottega, una volta piccolo ristoro di trecconi e boscaioli, si è adeguata al mutare dei tempi e
ha allargato il retro con una scintillante cucina a cavallo di due sale da pranzo. Oggi è meta di rappresentanti e viticoltori del Chianti, ma anche di buongustai
che apprezzano la varietà dei piatti semplici, sempre
legati alla tradizione e alla raccolta di prodotti locali.
È una garanzia la pasta al “sugo finto”: sino a oggi
nessuna multinazionale ha inscatolato le verdure dell’orto, solo quelle di stagione, per tritarle in un composto di sapori ove sedano e cipolla si confondono col
profumo di piccole foglie aromatiche e indicano il tratto toscano di un ragù appena segnato dal rosso della
conserva di pomodoro, ma del tutto privo di carne.
La “Trattoria della Berardenga” era sfuggita all’attenzione degli Accademici di Siena forse per quel suo
presentarsi più come bottega sulla strada che osteria,
IL SUGO FINTO
DELLA BERARDENGA
Preparare un battuto di sedano, carota, cipolla,
prezzemolo e aglio facendo attenzione che il colore predominante sia il verde (più sedano, più
prezzemolo, meno carota). Soffriggere il tutto mescolando sino a fare brunire.
Per oltre 6 - 8 persone occorre circa mezz’ora, badando che il fuoco non sia troppo alto. Dosi minori non sono consigliabili e il sugo è ottimo anche il giorno dopo.
Poi aggiungere vino rosso, poco pomodoro (salsa
o concentrato) e tenere il bollore basso per un’altra mezz’ora. Se il sugo tende a ritirarsi troppo aggiungere acqua. Fare riposare dopo la cottura.
La ricetta è semplice, ma il risultato non lo è sempre. Per ottenere il giusto sapore occorre una leggera predominanza di sedano, e che sia ben curato il colore che deve essere, a fine cottura, brunito dalla cipolla che nel soffritto, a mano a mano, copre il colore verde degli altri ingredienti.
Mestolo di legno, pignatta di coccio e una buona
pasta al dente completano l’opera. Qualcuno spolvera di formaggio (orrore!): bisogna saperne fare
a meno. Accompagnare con un Chianti giovane.
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ANTROPOLOGIA DEL PEPERONCINO
Nella cultura gastronomica il peperoncino ha,
storicamente, svolto un complesso di funzioni,
andando ben oltre il ruolo di ravvivante del
gusto delle pietanze. La presenza del peperoncino ha sempre avuto vari significati: igienici, estetici, apotropaici, etnici.
Il peperoncino è un disinfettante e un antiparassitario, è utile come conservante delle
pietanze, ma anche per la profilassi delle
malattie dell’apparato digerente. In
questa funzione igienica - a differenza del suo apparente parente, anch’esso di origine orientale, il pepe
- il peperoncino non ha controindicazioni e non nasconde pericoli
reconditi per la salute di chi l’assume; al contrario è un tonificante per il sistema circolatorio e
per quello respiratorio.
Il peperoncino ha sempre svolto il
compito di gratificare il senso estetico, oltre che il gusto; il suo colore
rosso è evocativo, richiama il fuoco, e la
sua forma è effettivamente quella di una lingua di
fiamma.
Il peperoncino evoca il colore e il conforto del fuoco,
in modo peculiare e rassicurante, senza connotazioni distruttive, diventando perciò un ornamento
della casa, un simbolo di gioia conviviale e un invito a rasserenare l’umore. Intrecciati con i significati
igienici e estetici vi sono i significati magici. “Magi-
ma già da tempo era giunta a livelli di eccellente cucina con una buona scelta di vini, rigorosamente locali.
Siamo nel territorio del Gallo nero.
Un gruppo ospitale e simpatico si alterna tra il banco di bottega e la sala da pranzo, ruoli che si scambiano talvolta anche in cucina per le frettolose ferie di
Carlo Fregoli e fanno di Adriana Dragoni e compagni
l’esempio di come è possibile mantenere la tradizione
senza approfittare del portafoglio dei turisti o fidare
nell’ignoranza di chi si siede a tavola.
Questa è la mia risposta alle domande del Righi Parenti, anche al suo recente interrogativo sulla ribollita,
se fiorentina o toscana.
Consola che qualche cucina, peraltro senza esose
pretese, usi sempre erbe di stagione, ovverosia ciò che
si ha, più facilmente, sotto mano. Il successo del piatto
non è dato solo dagli ingredienti, bensì dal modo con
cui sono trattati, o riciclati come nel caso delle zuppe,
poveri avanzi di una altrettanto povera cucina, trasfor-
co” non nel senso volgare di fattucchieristico e superstizioso, ma nel senso nobile
di espressione e mediazione delle energie del Cosmo, la cui legge suprema
d’armonia è l’affinità, il ciclo delle rassomiglianze e delle ricorrenze tra fenomeni più diversi. Il peperoncino somiglia
al fuoco, ha il colore del fuoco e brucia
come il fuoco, ma del fuoco ha solo gli effetti benefici, quindi può evocare e richiamare le energie positive e protettive del
Cosmo, indirizzandole allo scopo di prevenire tutte le insidie della cattiva sorte.
Il peperoncino è anche senso estetico,
senso cioè del riconoscerci come figli
della stessa terra e della stessa cultura.
Le genti meridionali, pur tra le differenze delle loro gastronomie, hanno individuato nel peperoncino una sorta di
esperanto e di lingua franca, ovvero di
tratto comune e accomunante.
Al tempo stesso, i popoli meridionali
hanno avuto però il gusto di differenziarsi tra loro nei vari modi che hanno
escogitato per trattare il peperoncino,
conservarlo e utilizzarlo, modi che caratterizzano le varie contrade e ne costituiscono elemento di distinzione.
SANDRO MARATTA
Accademico di Napoli e Ischia
mati dalle abili mani della massaia in un piatto ancor
più appetitoso della sua base di partenza.
Giovanni Righi Parenti sia soddisfatto se tutto quel
suo predicare, scrivere e borbottare qualche volta riceve risposte non evasive e non me ne voglia la redazione della rivista se critico il passo in cui dice “che la ribollita sia toscana o fiorentina poco importa”. Importa,
eccome, perché è fiorentina, senese, chiantigiana, aretina, maremmana o lucchese, ma sempre eccellente risultato, di basso costo e proveniente dalle zuppe, in
generale.
La risposta va oltre il numero di repertorio e di raccolta notarile; la si trova nelle botteghe, nelle osterie e nei
ristoranti di un vasto territorio ove qualcuno pone, ancora, attenzione e entusiasmo alla preparazione dei piatti.
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GIAN PAOLO BRINI
Accademico di Siena
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L’ALLORO DAL MITO AL TEGAME
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econdo una leggenda dell’antico mondo grecoromano, un giorno Dafne, figlia della Terra e del
fiume Ladone, per sfuggire alle ostinate avance
del bellissimo Apollo si mise a correre e quando il
pertinace corteggiatore stava per raggiungerla, per
non cadere nella concupiscenza del Dio, si tramutò in
un lauro frondoso e lussureggiante. Addolorato, ma
ancora più commosso dalla castità di Dafne, Apollo
pensò di cingersi il capo con fronde della pianta appena spuntata dalla Terra. Da quel momento il lauro
divenne emblema della gloria, in particolare di quella
riportata nel campo delle lettere, delle scienze e
dei trionfi militari e sportivi. Tra le opere artistiche che ricordano il mitico amore di Apollo
per la casta Dafne, campeggia il gruppo
marmoreo del Bernini, scolpito nel 1622,
che può ammirarsi presso il Museo Borghese di Roma. Nella sua “Naturalis historia”, Plinio, invece, narra che Giove mandò dal cielo il lauro
espressamente per incoronare gli imperatori. I sommi
poeti però li seguirono subito a ruota, tanto che Francesco Petrarca definisce l’alloro “Arbor vittorioso,
trionfale/onor d’imperatori e di poeti”. Nel mondo antico dal lauro si traevano presagi; ci ricorda infatti Tibullo che se, bruciandolo, crepitava, era di buon augurio: “Et succensa sacris crepitet bene laurea flammis/omine quo felix et sacer annus erit/Laurus ubi bona signa dedit, gaudete coloni”.
Gli antichi indovini aggrappavano ai rami “chiaroveggenti” dell’alloro i loro azzardati presagi.
Nacquero nel Medioevo le parole “laurea” e “laureato”, proprio perché la corona per cingere il capo ai
giovani dottori, simboleggiando il proficuo coronamento degli studi, doveva essere di lauro. Altra credenza
nel mondo antico era quella che faceva ritenere l’alloro
albero celestiale, capace di preservare dai fulmini che,
pur abbattendosi irriguardosamente su chiese, campanili e torri, avevano una particolare venerazione per il
lauro, toccato dalle saette solo eccezionalmente, quando le divinità dovevano preannunziare disgrazie o
grandi mali. Nella Atena antica, dire: “Porto un bastone
di alloro” equivaleva ad affermare di essere al riparo
da ogni maleficio. Ma veniamo al ricorrente impiego
del lauro un cucina.
L’uso cucinario dell’alloro compare come una delle
prime citazioni nel “De re rustica” di Catone (III-II sec.
a.C.) dove, al capitolo 121, si parla dettagliatamente
del “pasticcio al vino dolce” che prevede “una grattatu-
ra di legno d’alloro” e la cottura
del tutto su “un letto di foglie dello
stesso albero”.
Una ricetta del genere, decisamente
anacronistica per la cucina dei giorni
nostri, dimostra però che nell’antichità il potere aromatizzante del lauro era stato ben individuato e valorizzato, fino al punto di predisporre ricette che non
potevano fare a meno della sua essenza. Ancora parzialmente attuale, con qualche variazione sul tema, il
“porcellum laureatum” descritto da Apicio nel suo
trattato gastronomico “De re coquinaria”, dove il
maialetto viene prima lessato e poi imbottito di alloro
e arrostito. Nella cucina odierna le foglie di lauro restano tra le più usate sostanze aromatizzanti. Il loro
impiego si rende indispensabile in moltissimi arrosti.
Tipici sono i fegatelli di maiale che, prima di essere
avvolti nella rete (omento) per cuocerli, vengono letteralmente rivestiti di foglie di alloro. Ma oltre che
per gli arrosti, le foglie di alloro hanno impiego nei
lessi e nella marinatura di alimenti, nonché per conservare funghi, formaggi e salsicce sott’olio. L’uso di
foglie di alloro nella conservazione dei fichi secchi risale agli antichi Romani, i quali però facevano forse
ricorso a questo arbusto più per il suo significato di
pianta beneaugurante che di essenza aromatizzante.
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AMEDEO SANTARELLI
Delegato di Termoli
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L’AMBROSIA ARABICA
di Giancarlo Roversi
Arnaldo Forni editore
€ 19,63
Quell’intelligente e curioso ricercatore che è Giancarlo Roversi ha trovato, rovistando in
chissà quali archivi o biblioteche, un prezioso volumetto
secentesco dedicato a una bevanda che allora, in Europa,
era appena agli albori: il caffè.
Si tratta del trattatello “L’ambrosia arabica”, scritto dal medico bolognese Angelo Rambaldi, e stampato nella città
delle due torri nel 1691 con
tanto di imprimatur ecclesiastico.
Dell’autore non si sa nulla, è
come un’evanescente immagine uscita dalle pagine di quel
trattatello che occupa la seconda parte del libro in nitida
ristampa anastatica (Arnaldo
Forni è maestro di queste avventure editoriali); ma Giancarlo Roversi, nella lunga introduzione, illustra i primi
passi del caffè a Bologna e in
Italia con dovizia di informazioni, seguita da un interessante “commento scientifico”
di Paolo Puddu.
“L’ambrosia arabica” vera e
propria, dopo un breve excursus storico sulle origini del
caffè (non poteva mancare la
leggenda del guardiano di capre yemenita), illustra con dovizia di particolari il modo di
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preparare il caffè scegliendo i
chicchi migliori, come torrefarli e macinarli, e infine come
ridurli in bevanda. Poi, tutta
una serie di considerazioni di
carattere medico e scientifico
sui benefici per l’uomo di
questa “ambrosia”.
Un volume interessante, un
capitolo inedito nella cospicua
storia del caffè.
SCIENZA
E TECNOLOGIA
DI SORBETTI,
GRANITE E DINTORNI
di Luca Caviezel
Chiriotti editori, Pinerolo
€ 46,00
Un autentico trattato storicoscientifico sull’arte del gelato, dovuto a un esperto di
grande capacità, docente di
tecnica della gelateria, specialista di fama europea. Dopo una prima parte di carattere storico, che riporta ricette e prescrizioni tratte dai più
accreditati testi di cucina dal
Seicento all’Ottocento, l’autore nella seconda parte illustra
le tecniche più antiche e anche le più avanzate per la
preparazione di gelati, sorbetti, granite. Interessante la
riproduzione anastatica di un
antico ricettario manoscritto,
dal titolo “Per tirare sorbetti”,
della casa dei principi Alliata,
risalente al 1853 (l’autore,
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svizzero di origine, lavora e
risiede a Catania).
LA CUCINA
TRADIZIONALE
VENETA
di Dino Coltro
Newton Compton editori,
Roma
€ 7,99
Un ampio ricettario pubblicato in edizione economica dalla casa editrice romana, che illustra una cucina varia e diversificata come quella veneta, che va dalle montagne al
mare. Il testo è impreziosito
da una serie di “inserti” con
lunghe riproduzioni di testi
del Cervio, dello Spolverini,
del Castelvetro e altri. Queste
inserzioni arricchiscono il volume dandogli un piglio antologico di elevato valore culturale. Interessanti molte illustrazioni (altre, purtroppo, risentono del “déja vu”).
IL PASTICCIOTTO & C.
di Vittorio Accardi
Grimaldi & C. editori, Napoli
€ 25,82
Vittorio Accardi, Accademico
di Napoli-Ischia e gustoso
scrittore di cose gastronomiche partenopee, ha messo il
naso curioso tra i propri ricor-
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di d’infanzia per risentire il
profumo dei “pasticciotti” che
usciva, specialmente di domenica mattina, dopo la messa,
dalle porte spalancate delle
pasticcerie. E spiega che il
“pasticciotto” non è un dolce
ben definito, ma serve a definire una serie di dolciumi uno
più dolce, più profumato, più
gustoso dell’altro. E ne fornisce un’ampia antologia di ricette, condite da simpatici
aneddoti, richiami e ricordi.
C’ERANO UNA VOLTA
VECCHI MESTIERI
di Carlo G. Valli
Cierre edizioni,
Sommacampagna (Verona)
€ 14,50
L’autore, Accademico di Milano e attento studioso di usi e
costumi del passato, passa in
rassegna quelli che definisce
“mestieri di strada”, che vanno dallo spazzacamino all’ombrellaio, dal carbonaio al
cantastorie. Un ampio capitolo è dedicato ai “Mangiari
venduti per via” in cui vengono tratteggiate le figure
(non del tutto scomparse) del
caldarrostaio, del peracottaro,
del poliparo, del maccaronaro, del trippaio, del porchettaro e dei venditori di dolciumi nelle fiere paesane. Un libro interessante, che si legge
d’un fiato.
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RACCONTARE
I SAPORI
a cura di Gigi Azzena
Ediz. Provincia di Sassari
Fuori commercio
Questi itinerari eno-gastronomici della Sardegna settentrionale vedono la luce grazie all’iniziativa dell’assessore al
Turismo di Sassari Giannetto
Satta, che ha chiamato a collaborare a questa realizzazione
due Accademici di valore: il
Delegato sassarese Luigi Azzena e l’Accademico Antonello
Vodret. Si tratta di una interessante carrellata sui prodotti tipici, i piatti tradizionali, le coltivazioni, il vino, i formaggi,
l’olio. Completano il volume,
riccamente illustrato, una scelta di ricette tipiche e l’indicazione di ristoranti caratteristici
e di aziende produttrici di
prodotti locali.
RICETTE IN SOFFITTA
di Tito Trombacco
Atesa editrice, Bologna
€ 16,80
L’autore, Accademico di Bologna, raccoglie in questo interessante volume tutta una
serie di ricordi d’infanzia e
adolescenza (ma anche più
in là), lungo il filo sottile ma
ben solido dei ricettari di famiglia ritrovati in un fondo a
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un vecchio baule. Rivivono
così le antiche ricette dei
nonni, delle zie, delle mamme: preparazioni spesso
semplici, talvolta più elaborate e importanti, seguendo
l’andamento della tavola familiare nella sua quotidianità
ma anche attraverso le occasioni importanti. Ogni ricettario, ogni trascrizione è accompagnata da simpatiche
note che fanno rivivere quello che si è convenuto chiamare “il buon tempo antico”.
Un bel libro, accademicamente corretto, e soprattutto
scritto più con il sentimento
che con il computer.
LA CUCINA
MEDITERRANEA
SENZA CARNE
di Carla Barzanò
Ediz. Tecniche nuove, Milano
€ 7,75
È una via di mezzo tra il manuale vegetariano (che però
ammette il pesce nei menu) e
il ricettario. Tabelle sui valori
nutrizionali accompagnano il
lettore alla comprensione delle circa cento ricette che chiudono il volume. Il ricettario
porta con sé un innegabile
pregio: per ogni piatto consiglia la stagione in cui prepararlo, secondo la presenza di
prodotti freschi sul mercato.
Un’attenzione senza dubbio
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utile in un’epoca in cui i prodotti vegetali freschi fuori stagione sono ormai all’ordine
del giorno.
LE TRADIZIONI
DELLA TAVOLA
a cura di Alfredo Pelle
e Franca Periz Cavallone
Ediz. Azienda di promozione
turistica di Vicenza
Fuori commercio
Un bell’opuscolo, tutto a colori, di ben 72 pagine in grande
formato, dedicato ai gioielli
della tavola vicentina. Gianni
Capnist, nostro Presidente “ad
honorem”, nella prefazione
afferma, giustamente, che “la
gastronomia può avvicinarsi a
una fisiologia o filosofia del
gusto e del saper vivere”. Seguono uno scritto di Virgilio
Scapin, autorevole gran maestro della Confraternita del
baccalà (gioiello e vanto della
tavola vicentina) e i testi di
due autorevoli Accademici,
Alfredo Pelle e Franca Periz.
Infine, un ricettario di quella
che può essere definita la cucina della civiltà contadina,
dagli antipasti ai dolci, in cui
compaiono ingredienti un
tempo ritenuti poveri e occasionali come funghi porcini,
spugnole e finferli, le rane, le
erbe di montagna, le lumache,
i bruscandoli, le trote. Un testo interessante, “a futura me-
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moria” in un mondo, come dice Scapin, dominato dagli
hamburger, con la speranza di
un “rinsavimento” che appare,
sebbene pallido, all’orizzonte.
ZEPPOLE, STRUFFOLI
E CHIFFON ROSSO
di Cecilia Coppola
Nicola Longobardi editore,
Castellammare di Stabia
(via Napoli 201)
€ 16,00
Un ricettario partenopeo intervallato da arguti capitoli, frutto di una attenta e convinta ricerca presso le famiglie di origine contadina e marinara del
Golfo, da Pozzuoli a Positano
e Amalfi. I primi piatti e le
pietanze già mettono l’acquolina in bocca, ma è la terza
parte, quella dedicata ai dolci,
a solleticare non solo il palato
ma il profondo dell’anima.
Struffoli, pastiere, sfogliatelle,
zeppole, sosamielle, roccocò,
raffaioli: una grande sinfonia
di dolci sapori tutti caratteristici, tutto autoctoni e irripetibili
altrove. Non mancano le ricette per i liquori casalinghi: limoncello, ovviamente, e nocillo, ma anche il liquore di
erba luigia, raro e delicato.
Altra preziosità la serie di
commenti, più o meno estesi,
che accompagnano quasi tutte
le ricette indicandone l’origine
e, spesso, la storia.
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ANNUARIO
DEI MIGLIORI
VINI ITALIANI 2002
di Luca Maroni
Edizioni LM, Roma
€ 49,06
L’atteso annuario di Luca
Maroni, senza dubbio il più
severo e accreditato, presenta quest’anno 472 vini selezionati su 8.939 degustazioni. Una selezione all’insegna
dell’accuratezza, eseguita
con intelligenza e soprattutto
grazie a una solida competenza che fa oggi di Luca
Maroni il maggiore esperto
italiano (se non europeo)
nel delicatissimo e purtroppo inflazionato settore della
degustazione e del giudizio
enologico. Le schede compilate con cura, quasi con pignoleria, illustrano e giustificano, con sintetiche ma
esaurienti motivazioni, le
singole valutazioni. E questo
è segno di trasparenza.
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IN CUCINA CON I GEORGOFILI
Come è ormai consuetudine nell’ambito delle manifestazioni annuali per la “Settimana della cultura scientifica” nel 2001 l’Accademia dei Georgofili, attingendo al suo prezioso archivio, ha allestito
una mostra dedicata agli alimenti, pietanze e ricette fra Settecento e Ottocento. Dalla mostra è nata una bella pubblicazione, anche come veste tipografica, curata da Lucia e Luciana Bigliazzi. Il libro ha capitoli dedicati alla castagna, alla patata,
al vino, all’olio e anche alle sostanze zuccherine e
cioè ai dolci, sciroppi o confetture. C’è anche un
piccolo capitolo dedicato alla carne. Piccolo come
si conviene al poco spazio che a questa era riservato sulla tavola di quei secoli. Ricco di preziose notizie il libro si legge in un soffio. Alla pubblicazione,
il tutto raccolto in un’unica custodia, sono allegate 109 schede con ricette in parte note, come quelle
di Vincenzo Corrado, ma anche di autori meno
conosciuti tipo Menabuoni o Carradori. Peccato
che non sia in vendita. (Guido Gianni)
I SALUMI
Atlante
dei prodotti tipici
di autori vari
Edizioni Agra-Rai-Eri, Roma
(via Nomentana 257)
€ 30,99
Dopo il pane e i formaggi,
l’Istituto nazionale di sociolo-
gia rurale, diretto da Corrado
Barberis, pubblica questo
denso atlante dedicato ai sa-
lumi italiani. In quasi 700 pagine sono illustrati, e quasi
vivisezionati, 309 salumi con
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schede analitiche ed esaurienti. Molto interessante la
storia della salumeria italiana, scritta dal Barberis, che
in 25 pagine esaurisce in felice sintesi un argomento incredibilmente vasto. L’atlante, poi, non si limita alla salumeria suina ma illustra anche quella bovina ed equina,
come la bresaola di bue o di
cavallo (quest’ultima molto
rara) e i cacciatorini di asina,
e il salame d’oca.
I DOLCI:
BISCOTTI E TORTE
di Giuseppe Coria
Cavallotto editore, Catania
(corso Sicilia, 89-91)
€ 5,00
Prosegue la pubblicazione dei
volumetti (minimi di formato
ma densi di contenuti) che
l’Accademico ragusano Giuseppe Coria va pubblicando.
Si tratta di una golosa raccolta
di ricette, ciascuna accompagnata da una premessa che
ne rievoca la storia, le origini
e le caratteristiche, l’etimologia, accompagnate spesso da
interessanti squarci aneddotici
e di costume. L’autore dimostra anche in questa sua ennesima fatica gastronomicoletteraria la passione per lo
studio delle tradizioni della
sua terra e della civiltà della
tavola isolana.
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LETTERA A LUCIO PAPIRIO PETO
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i dispiace che tu abbia cessato d’andare a cena in casa d’amici: ti sei privato d’un grande e
squisito piacere. E temo anche (lasciami dir la
verità) che tu debba perdere quel certo “non so che”
ch’è l’arte delicata con cui si rende amabile una cenetta. Già quando avevi in questo genere ottimi maestri,
tu non profittavi molto: e che farai dunque ora? Spurinna, cui raccontavo la cosa e rammentavo la vita che
tu facevi in altri tempi, mi dimostrava quanto pericolo
ci fosse per la repubblica se tu allo spirar di Favonio,
non ritornassi alle tue vecchie abitudini. In questa stagione non c’è da temere il freddo, se è il freddo che
tu non puoi sopportare. Ma, per Ercole, scherzi a parte, ti consiglio, o mio Peto, se vuoi viver bene, di viver con gente buona, allegra e affezionata a te. Non
c’è di meglio per campare molto: e non c’è di meglio
per campar bene. Non mi riferisco tanto alle raffinatezze del piacere, quanto a quel piacere più sano ch’è
nella socievolezza della mensa e della vita, in quel fiorito riposo dell’anima che si ottiene soprattutto con
l’amichevole conversazione e che è dolcissimo nei
conviti, per cui i nostri sono stati anche più delicati
dei Greci. Essi infatti non hanno altri vocaboli che
esprimono soltanto l’idea materiale del bere e mangiare in compagnia; mentre noi abbiamo creato il vocabolo “convivium” per fare sentire che il banchetto è
l’atto sociale per eccellenza, la prova più alta del saper vivere in comune. Vedi come io cerco di ricondurti alle cene a forza di filosofia? Cerca di star sano: e
andando e cenando qua e là piacevolmente, ti sarà
molto facile ottener ciò.
gerà svogliatamente, con grave danno dello stomaco e
poca soddisfazione del palato.
Per di più gli antipasti sono abitualmente formati da
cibi pesanti, difficili a digerirsi, e, salvo eccezioni, subiscono prima di venire in tavola una lunga manipolazione il cui risultato non è mai del tutto igienico.
E chi ancor ci può dire qual mistero si nasconda nell’origine di una fetta di salame o di mortadella?
Un antipasto di tipo leggero (caviale, o prosciutto, o
verdure) sarà ancora concesso per una colazione, facendolo precedere da un buon consommé che predisponga
bene lo stomaco; ma assolutamente nessun antipasto mai
per un pranzo. L’unico modo razionale di iniziare il rito
del pasto secondo tutte le regole della logica e dell’igiene, è una buona minestra calda, la cui costituzione può
variare dall’evanescenza di un aromatico consommé, alla
solida mole del classico minestrone di pasta e fagioli.
Lasciando andare le infinite varietà di minestre di riso e
pasta più o meno asciutta, di cui in Italia si fa tanto uso
anche per ragioni economiche, poiché niente può meglio
sanamente calmare gli appetiti della figliolanza all’ora del
pasto: indico qui invece delle ottime minestre un po’ meno comuni, e, per di più, un po’ meno... opprimenti.
MARCO TULLIO CICERONE
(traduzione di Eugenio Giovannetti)
Dare un pranzo significa per una coscienziosa padrona di casa affrontare il problema più delicato, più complesso e più interessante del suo ménage.
Più che una scienza fatta di regole, si tratta di un’arte
tutta di sfumature.
Quattrova esce della cucina per dirvi: non crediate
che rimpinzare elegantemente i vostri ospiti sia l’unico
compito che vi si impone. Sta a voi comporre quell’armonia in cui la preparazione della tavola, la scelta del
menu, i fiori, le luci, la competenza avrebbero certo gradito di provare le sconosciute emozioni e gli sfuggenti
inafferrabili spaghetti.
Una volta trovata l’intonazione del vostro pranzo, dovete stabilire l’ordine dei piatti.
L’aforisma di Brillat-Savarin: “L’ordre des comestibles
est des plus substantiels aux plus légers” è ormai superato. Poteva avere un significato quando il numero dei
DETTATO CONTRO GLI ANTIPASTI
IN FAVOR DELLE MINESTRE
L’idea di mettersi con appetito a tavola di fronte a
quell’allettante ma velenosa miscellanea di piatti freddi che si chiama antipasto - è una cosa assolutamente barbara sotto tutti i punti di vista.
Stuzzicati dalla grande varietà dei sapori e dalla raffinatezza delle preparazioni, si finirà col mangiare molto
più del necessario; e dopo un principio così saporoso e
piccante, il vero pranzo che seguirà, sarà male accolto,
sembrerà sbiadito, il sapore ne sarà attenuato; e si man-
E.V. QUATTROVA
(da “La cucina elegante” ovvero “Il Quattrova”,
Domus 1931)
DEL CONVITARE
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piatti era interminabile e non si poteva perciò presentare
un porchetto arrosto come settima portata. Ma oggi vi
consiglio di portare subito la vostra attenzione sul piatto
di centro. Sia questo il punto culminante, l’oggetto delle
vostre cure speciali. A esso intonate ciò che precede e
ciò che segue. Gli altri piatti ne saranno la preparazione
o il seguito in un completamento d’armonia. Non dimenticate però che nell’arte del menu l’armonia generale è fatta di contrasti.
Tranquillizzata la vostra coscienza per ciò che riguarda la cucina, preoccupatevi della preparazione della tavola. Procurate di adattare tovaglie e guarnizioni all’intonazione della sala. Come in ogni altro campo ormai
anche nel gusto della casa si ritrova la ricercatezza degli
accessorii e dell’armonia dei toni che si pretende per
l’eleganza delle signore. Ho visto a un pranzo in un palazzo a Venezia, tra gli ori e gli specchi di una sala Settecento, la tovaglia di merletto appoggiare su un fondo
di lamé d’oro.
In un ambiente moderno sarà più facile seguire la pratica moda inglese che elimina la tovaglia: un bel tavolo
di noce lucidissimo darà risalto ai merletti dei sottopiatti
e dei sottobicchieri. Disapprovo invece per quest’uso il
tavolo di marmo: risparmiamo alle braccia nude delle signore brividi di freddo sconfortanti; a meno che non sia
ideato un sistema di tubi d’acqua riscaldante, nel quale
caso il tono dell’allegria non subirà delle spiacevoli modificazioni, e lo sfondo del marmo potrà creare degli effetti nuovi e interessantissimi.
Molto consigliabile l’uso parigino della tovaglia in tessuto di raffia finissima che segua esattamente il piano
della tavola.
Il centro ricamato è cosa sepolta. Molte vecchie signore si desoleranno di dover mettere definitivamente a riposo tutti i loro tesoreggiati ricordi in punto inglese di
affezionate nipoti, ma non è lecito prender così alla leggera la parte più nobile della tavola: o disponete di artistico centro antico o moderno, oppure potrete più modestamente formare delle cose deliziose con pochi rametti di fiori e molto buon gusto.
L’illuminazione ha la sua importanza: un tono di luce
crea un ambiente d’intimità, un altro crea lo sfarzo.
Adorabile la luce delle candele che oltre a avere un
valore decorativo soprattutto intonato alle tavole senza
tovaglia, ha il vantaggio di poter rendere morbido, caldo, rosato, vellutato, trasparente il teint della signora
meno attraente. Ma non esageriamo: c’è il pericolo che
nello sforzo di ricercare l’espressione dei vicini di destra
e sinistra la conversazione si renda un po’ incerta, e
mangiare il pesce o scarnificare un piccione diventi un
problema.
I lampadarii con la luce rivolta in alto sono i meno
logici per l’illuminazione falsa e senza rilievo che dan-
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no sui piatti; sarà bene in questo caso aggiungere un
impianto di lampadine appoggiate direttamente sulla
tavola.
L’ideale è rappresentato dall’illuminazione moderna a
luci riflesse, purché queste siano studiate in modo che
non si sbattano troppo violentemente sulle facce delle
signore, ottenendo dei lugubri effetti da “Cabaret du
Néant”.
Per ciò che riguarda il servizio durante il pranzo sia
che si tratti di un cameriere di stile come di una servetta
alle prime armi, dovete ottenere che tutto proceda come
se i movimenti fossero regolati da macchine e non da
volontà e intelligenze. Il vostro cameriere muto, eviti
qualsiasi esito inutile; agisca senza incertezze, cammini
come se non avesse piedi; che sia da per tutto e non si
sappia come: non sia un uomo che vi serve, ma uno
spettro; pensate che crollo sarebbe alla dignità del vostro pranzo lo snervante cigolìo delle scarpe di un cameriere ebete e affannato.
Un punto molto delicato da osservare è l’etichetta dell’ordine di servizio, poiché non sempre è facile stabilire
una gerarchia tra i convitati.
Oggi che si tende a ridurre ogni sperpero di energia
e di tempo, i passi inutili che un cameriere deve compiere per andare da un capo all’altro della tavola possono essere considerati un assurdo. Oggi che una signora quasi non più si distingue da una signorina, sia
nella truccatura come nei gioielli, nei décolletés e nelle conversazioni, e che una donna è più lusingata che
offesa se un uomo non le cede il posto in tram, non è
più assolutamente né sbagliato né scorretto né indelicato che il servizio proceda seguendo l’ordine in cui si
è seduti. Anche qui naturalmente con le debite eccezioni: attenti alle signore anziane. Ci sarà chi prende la
cosa con spirito, ma ci saranno le suscettibili; sta a voi
giudicare col vostro tatto: se vedete delle chiome non
recise e nessuna traccia di rosso sulle labbra, pensateci
bene prima di far servire dei tipi così rispettabili dopo
un uomo qualunque; potreste avere delle seccature.
Non voglio scoraggiarvi, eppure è certo che quand’anche vi sederete a tavola avendo la coscienza d’aver agito
con spirito d’organizzazione da generale, gusto da artista, intuizione da psicologo, tatto da diplomatico, ci saranno ancora molte cose che al momento non andranno
bene. Per carità non traditevi; non richiamate con una
smorfia l’attenzione dei vostri ospiti su ciò che ha messo
voi alle spine; riservate per allora l’argomento più brillante e con disinvoltura sappiate raccogliere tutti gli
sguardi su di voi. Siate capaci di mascherare l’angoscia
del momento sotto il più ingenuo, più serafico, più incantevole dei vostri sorrisi.
E.V. QUATTROVA
(“La cucina elegante” ovvero “Il Quattrova”, Domus 1931)
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PRANZO ALLA CERTOSA
La Certosa di Trisulti si trova sul largo altipiano delle
magnifiche montagne che le si raggruppano intorno.
Uno splendido bosco di querce mi toglieva ancora la vista del convento. Andando avanti vidi da lontano due
frati vestiti di bianco che passeggiavano su e giù nella
fresca ombra di quegli alberi maestosi, e invidiai la
quiete filosofica che sembravano godere (...).
Mi avvicinai a un frate presentandomi come viaggiatore e gli chiesi ospitalità per una notte. Il frate ben pasciuto, dall’aspetto imponente, m’indicò il convento e
mi disse che dovevo presentarmi al guardiano. Dopo un
breve tratto di strada attraverso al bosco la Certosa si
presentò al mio sguardo.
Il guardiano, uomo alto e serio con una lunga barba
ondeggiante, mi accolse cortesemente alla porta del vestibolo e mi disse di presentarmi al superiore che avrebbe poi dato l’ordine che fossi ricevuto.
Indi venni condotto nel vasto cortile interno di forma
quadrata, circondato dai diversi fabbricati del convento
e dalla facciata della chiesa (...).
Mi fu assegnata una buona camera vicino al refettorio.
Un letto pulito, cambiato di fresco prometteva un buon
riposo e il cameriere, un giovane scelto, che era stato
garzone d’albergo in diverse città, e ora era addetto alla
foresteria, mi dette la consolante notizia che all’ora prescritta dalle regole sarebbe stata servita la cena nella sala attigua (...).
Il refettorio, in cui si vede una pittura adattata al luogo, rappresentante il miracolo della moltiplicazione dei
pani e dei pesci, è una sala molto spaziosa. Qui i fratelli
nei giorni di festa si riuniscono a una mensa comune,
perché negli altri giorni la regola prescrive a ognuno il
pasto solitario nella cella. Mi fecero vedere anche la cucina brillante di pulizia e il forno dove si prepara in
grande abbondanza un pane gustoso di due qualità una
fina e l’altra più ordinaria. Un bacino d’acqua da cui
sbocca un canale, mette in moto il mulino posto in un
cortile (...).
Quando il servitore mi annunciò che la cena era pronta, l’appetito e la curiosità erano ugualmente grandi. Nel
convento non si mangia carne e anche l’ospite deve sottomettersi alla regola, invece si può avere olio e aceto a
piacere. La mia cena era così composta: maccaroni all’olio, senza formaggio, cucinati alla perfezione insieme
con erbe squisite cresciute in quei monti, fagioli verdi,
freddi, conditi con olio e aceto, un fiasco di vino, più
che mediocre con una punta di aceto, e per finire un
pezzo di torta cotta coll’olio. Quantunque cercassi di fare onore ai miei ospiti potei mangiare ben poca di questa roba e mi contentai dei maccheroni e del pane eccellente. Appena mangiato uscii per vedere come fosse
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stata trattata la mia guida, e mi disse che gli avevano dato del pesce freddo e una pagnotta di pane (...).
Lasciai il convento senza poter ringraziare il superiore,
perché non vidi anima viva, all’infuori del portinaio e
del servitore della foresteria che si scusò di non potermi
portare il caffè, che mi aveva promesso la sera prima,
perché la regola prescrive un’ora fissa anche per la colazione. Questa notizia mi fece molto dispiacere, perché
la strada attraverso i monti fino a Veroli è lunga e noi
uomini civilizzati ci sentiamo raramente disposti a un assoluto digiuno alla mattina. Francesco mi consolò con
un pezzo di pane, che aveva portato con sé, e le più saporite more mi furono offerte, con ospitale gentilezza,
da un cespuglio nelle vicinanze del monastero.
FERDINANDO GREGOROVIUS
(da “Sulle tracce dei Romani”)
IL COLORE DELL’ORO VECCHIO
Il giorno avanti si fa un aggrassato di vitellone e di
maiale in parti uguali che còciri a foco lentissimo per
ore e ore con cipolla, pummadoro, sedano, prezzemolo
e basilico. Il giorno appresso si pripara un risotto, quello che chiamano alla milanisa (senza zafferano, pi carità!), lo si versa sopra a una tavola, ci si impastano le
ova e lo si fa rifriddàre. Intanto si còcino i pisellini, si fa
una besciamella, si riducono a pezzettini ‘na poco di fette di salame e si fa tutta una composta con la carne aggrassata, triturata a mano con la mezzaluna (nenti frullatore, pi carità di Dio!).
Il succo della carne s’ammisca col risotto. A questo
punto si piglia tanticchia di risotto, s’assistema nel palmo d’una mano fatta a conca, ci si mette dentro quanto
un cucchiaio di composta e si copre con dell’altro riso a
formare una bella palla. Ogni palla la si fa rotolare nella
farina, poi si passa nel bianco d’ovo e nel pane grattato.
Doppo, tutti gli arancini s’infilano in una padeddra
d’oglio bollente e si fanno friggere fino a quando pigliano un colore d’oro vecchio.
Si lasciano scolare sulla carta. E alla fine, ringraziannu
u Signiruzzu, si mangiano.
ANDREA CAMILLERI
(da “Gli arancini di Montalbano”, ediz. Mondadori)
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A LETTER FROM THE PRESIDENT
see page 3
THE EXAMPLE OF SINGAPORE
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have just returned from
South East Asia where I
had the pleasure and the
honour of witnessing in
Singapore the birth
of the
Accademia's
newest
Delegation,
which also
covers
Malaysia
and
Indonesia.
The entire
Accademia must
be grateful, as I am
grateful, to the efforts of
Italian Ambassador, Guido
Scalici, and the Catania
Delegate, Mario Ursio, who
was the instigator of this
Delegation in such an
important region of the
world.
Here I would like to
underline an aspect which I
consider especially important.
Ambassador Scalici, who has
enthusiastically agreed to be
the Delegate, is without
question the first Italian Head
of Mission in a foreign
posting to take on this role.
This fits in perfectly with our
new diplomatic initiative,
which aims to make each
Embassy and Consulate act
as "testimonials" to the
cultural and production levels
of Italy throughout the world.
It is in this context that I want
also to underline the
importance of the protocol
agreed by The Foreign
Ministry and the Accademia
to collaborate on a wide
spectrum via the Italian
Cultural Institutes (please see
the "President's Letter" in the
previous issue).
In addition to the
inaugural dinner
(see page 51)
the new
Delegate
Scalici,
together
with his
wife,
Silvana,
invited all local
Accademia
members, the chefs
and the owners of the best
Italian restaurants on the
island as well as members of
the business community
engaged in importing and
distributing italian food and
wines to an elegant dinner at
their official residence.
The occasion gave me the
opportunity to illustrate the
background and objectives of
the Accademia and to
emphasise our great
expansion drive which will
result in our having a
capillary presence throughout
the world and make us
unique amongst other similar
organisations.
The example of Singapore
represents an important
development, which is
reflected not only in the
personal passion of
Ambassador and Mrs Salici
for our national gastronomy,
but also in the institutional
context of our diplomatic
missions abroad.
The safeguarding of Italian
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food abroad represents in
fact a significant step forward
in the larger picture of Italy's
commercial presence
throughout the world. "Made
in Italy" in gastronomy as in
the world of fashion,
represents for foreign
consumers a refined and
prestigious choice, which
also contributes to general
wellbeing and health as a
result of the merits of the
"Mediterranean diet".
This magic moment for the
civilisation of the Italian table
needs to be supported in an
intelligent and continuous
manner to promote the
positive aspects and
safeguard our image from
distortions and manipulations
(often dictated by ignorance
and short sighed economic
calculations) so that it isn't
put at risk.
The role of our diplomatic
missions can be essential,
and Ambassador Scalici has
given us an excellent
example which goes well
beyond the usual level of
support: he is wisely
becoming involved in the first
person utilising the resources
and the prestige connected to
his high ranking diplomatic
position. As a result of its use
for the organisation of events
and exhibitions attended by
business representatives from
the various sectors, the
Ambassador's residence in
Singapore represents the
principal point of reference
for an ambitious promotional
programme, which is
detailed, elaborate and
accurately carried out.
This "showcase" has become
in fact a catalyst in attracting
important personalities from
the worlds of politics,
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finance, culture, and society
on the island. The social
aspect of the Accademia's
dinners provides an
intelligent means of
conveying the message about
Italian products,
The contribution that the
Accademia can provide in
this field is extremely
important, given its
undoubted international
prestige as an institution.
Interest in the editorial
information we have
produced (the magazine,
notebooks, pamphlets,
guidebooks) goes beyond
their undoubted cultural
value and represents a major
link between Italy and the
foreign Delegations.
I feel certain that our
collaboration with the
Ministry for Foreign Affairs
and our Embassies will be a
major element, providing as it
does, worthwhile synergies to
assist in achieving our mutual
goals.
The example of Singapore
thus takes on an emblematic
significance.
EDITORIAL
TASTE ABOVE ALL ELSE
see page 4
"The illness of the century is
obesity, which especially
affects children", declares the
Minister for Health, Sirchia,
who has promised that a
new subject will be included
in school curricula: "the
Science of Nutrition". As the
Accademia has always
maintained, it is important
that there be an "education
of taste" even before
teaching about nutrition.
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KITCHEN EQUIPMENT
FROM ABRUZZO
see page 5
The symbol of cooking in
Abruzzo is by definition the
"chitarra" and "lu
maccherunare". Carlo A.
Marsilio, Accademia member
from Pescara, maintains that
another tool, "lu rentrocele",
has more noble and antique
traditions because it was the
first to be used to produce
"maccheroni" and therefore
older than the "chitarra".
THE NATIONAL BOARD'S
SPRING MEETING
see page 7
The traditional spring
meeting of the National
Board of the Accademia took
place in Chieti, in the "Teatro
Marruccino", an architectural
jewel in the centre of the
city. President Dell'Osso
gave a long and welldocumented report on the
activities of the Accademia.
VIOLETS
see page 11
Carlo Greppi, the Delegate
from Biella, after a short
introduction about the
various species of violets,
explained the role this flower
has played in history and
mythology, starting with Jove
and ending with Goethe and
Napoleon. The violet has
also had an important
function in gastronomy: it is
used to perfume salads,
desserts and soups.
GLOBAL
AND ANTIGLOBAL
see page 13
Roberto Restori, Accademia
member from Parma, writes
his views about one of the
most controversial issues of
the moment, globalisation.
Mr Resorti believes that
globalisation is inevitable as
it has been in the nature of
man since his origins and,
therefore, in this fast
changing world the
Accademia cannot live in
the past and continue to
treat this world-wide
phenomenum with
hostility.
QUALITY
AND GUARANTEES
see page 58
Enzo Lo Scalzo, the Delegate
of Milano Internazionale,
advises that the "Parma
Qualità" Institute and the
"Nord Est Qualità" Institute
have organised a workshop
about the controls and
conformity certification of
denominated and protected
designation foods, in this
case, pork meats and in
particular "prosciutto". The
workshop will be held at
Langhirano, in the province
of Parma.
S U M M A R Y
TELEVISION
AND GASTRONOMY
see page 59
Guido Gianni, Delegate from
Arezzo, gives some advice
about how television
programmes should present
gastronomy. What is needed
is seriousness, information
and tradition, teaching the
audience how to eat well
and in a healthy manner and
including the pleasure of
knowing how to prepare
certain dishes and all about
their history.
Editor of the attractive
magazine dedicated to
gastronomy, "Grand
Gourmet", in one of her
recent editorials considers the
heredity of "nouvelle cuisine"
and concludes that if, on the
one hand, it represented an
ephemeral fashion, on the
other, it must be recognised
that a few of its rules still
remain today as fundamental
elements in the constantly
evolving art of gastronomy.
This relates not only to the
presentation of dishes but
also to achieving a better and
more accurate appraisal of
taste, which has evolved and
become more refined and
educated. Fiammetta Fadda's
editorial is entitled" The
Indelible Heredity of
Nouvelle Cuisine", which we
have "condensed" in the
interests of literary brevity
into "Not everything evil is
sent to hurt us.."
THE OCTOPUS
see page 60
Sergio Corbino, Delegate
from the Sorrento Peninsula,
tells a funny anecdote from
his youth. The protagonists
were two octopus, which
started out in a sack on a
rack in a bus but ended up
on the head of an elegant
passenger, to the great
amusement of everyone else.
WHAT THEY ARE SAYING
NOT EVERYTING EVIL
IS SENT TO HURT US…
see page 62
THE OLD AND
THE MODERN PIG
see page 63
Not everything evil is sent to
hurt us, as the saying goes.
Fiammetta Fadda, Accademia
member from Milan, and
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The raising of pigs was for
thousands of years the sole
sustenance of the people
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who lived outside of the
cities and today, in the
countryside in the North of
Italy, there are still those
who raise them and
slaughter them themselves.
The modern pig, however,
according to Sandro Bellei,
Accademia member from
Parma, is not even related to
those pigs of the past who
had enormous reserves of fat
and caloric energy.
IN THE INNS
OF THE CHIANTI AREA
see page 69
Gian Paolo Brini, Accademia
member from Siena, suggests
visiting an inn in Berardenga
to get away from the places
which serve Tuscan food that
is not really traditional. This
old inn has been restored
and enlarged and now offers
two dining rooms where
special dishes linked to local
traditions and locally grown
products can be enjoyed
LAUREL - THE MYTH
AND THE POT
see page 71
Amedeo Santarelli, the
Delegate from Termoli, tells
the story of laurel, starting
with the myth of Daphne
who transformed herself into
LIFE IN THE ACCADEMIA
see page 17
any changes to the Italian and foreign
Delegations.
This section covers the Accademia’s
activities in Italy and abroad and lists all
restaurant visits by Accademia members
and their reports. The latter includes the
different courses served, dishes chosen,
wines etc. together with any special
features of the restaurant including
address, prices, opening days, parking
facilities and so on.
NEWS FROM THE DELEGATIONS
see page 51
LIST OF ACCADEMIA MEMBERS
see page 49
NEWS see page 66
This section updates the Accademia’s
grey booklet by providing information
about new Accademia members and
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This heading covers the activities other
than restaurant outings of the
Accademia Delegations in Italy and
abroad such as meetings, conferences,
conventions relating
to the world of gastronomy.
Special and unusual news about
events in the food world such as fairs,
shows, competitions, prizes,
conventions etc. “News” is a section
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a laurel bush to escape the
amorous attentions of Apollo
up to its use in the kitchen.
In ancient times, as a result
of its strong aroma, laurel
was indispensable in many
recipes and today it is still
used for roasts, marinades
and conserves.
Translated by
SIDNEY CELIA ROSS
Summarized by
FEDERICA GUERCIOTTI
detailing special happenings
connected with the world of good
eating and drinking and summarises
interesting articles from the
gastronomic press.
LIBRARY see page 72
Specialising in reviews
of books about historical
or practical matters on cooking,
this section gives prominence
to works written by Accademia
members and to those which relate to
the main interests of the Accademia
Italiana della Cucina,
such as the valiant defence
of traditional cookery and the
so-called “civilisation of the table”.
N. 127 MAGGIO 2002
L'ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA
IN
D
CA
LA C UC
E MI A
EL
FONDATA NEL 1953
DA ORIO VERGANI
e da: Luigi Bertett, Dino Buzzati Traverso, Cesare Chiodi, Giannino Citterio, Ernesto Donà dalle Rose, Michele Guido
Franci, Gianni Mazzocchi Bastoni, Arnoldo Mondadori, Attilio Nava, Arturo Orvieto, Severino Pagani, Aldo Passante,
Gian Luigi Ponti, Giò Ponti, Dino Villani, Edoardo Visconti di Modrone, con Massimo Alberini e Vincenzo Buonassisi.
PRESIDENTE RIFONDATORE GIOVANNI NUVOLETTI PERDOMINI
●
PRESIDENTE “AD HONOREM” GIOVANNI CAPNIST
N. 127, MAGGIO 2002 / MENSILE, SPED. ABB. POST. 45% - ART. 2, COMMA 20/B - L. 662/96 - FILIALE DI ROMA
I
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