Problemi in fermentazione

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Problemi in fermentazione
Dalla cantina
Problemi in fermentazione
Erwin Eccli, Centro di Sperimentazione Agraria di Laimburg
L
a fermentazione alcolica è il passo
produttivo più importante nella lavorazione del vino in cantina. Il lievito
enologico Saccharomyces cerevisiae
fermenta gli zuccheri del mosto trasformandoli in etanolo e producendo una serie di composti aromatici
che influenzano la qualità del vino
in modo molto marcato. In condizioni ottime per lo sviluppo dei lieviti, la
fermentazione procede normalmente
a termine senza difficoltà. Purtroppo,
nella pratica di cantina, ogni anno si
ripresentano costantemente dei problemi fermentativi con decorsi lenti o
stentati.
Le cause possibili
Solitamente è difficile attribuire una
singola e definita causa ad un problema fermentativo. A volte le origini
di una fermentazione stentata sono
da ricercare in operazioni enologiche
poco adatte oppure eseguite in modo
sbagliato. Alcune cause sono elencate
e spiegate in seguito.
Gradazioni zuccherine alte: più alto
è il grado zuccherino dell’uva, più difficile sarà per il lievito portare a secco
il mosto. Un rapporto sfavorevole tra
glucosio e fruttosio può rallentare notevolmente l’attività del lievito, in quanto l’utilizzo del fruttosio è sfavorito.
Torbidità: mosti troppo limpidi offrono al lievito pochi nutrienti, specialmente acidi grassi. Inoltre, la liberazione dell’anidride carbonica dal
mosto in fermentazione è inibita.
Azoto prontamente assimilabile
(APA) e micronutrienti: la carenza di
APA può compromettere lo sviluppo
dei lieviti. Una carica cellulare troppo bassa è spesso e ben volentieri la
causa diretta di un rallentamento fermentativo, specialmente verso la fine
del suo decorso.
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Temperatura: sbalzi di temperatura
oppure temperature troppo elevate
compromettono la vitalità delle cellule, il lievito muore.
Operazioni preventive
Per la reidratazione dei lieviti è consigliabile attenersi alle indicazioni riportate sulla confezione del preparato
commerciale. Utilizzando dell’acqua
troppo calda si rischia di uccidere le
cellule. Se invece l’acqua è troppo
fredda, la quantità di cellule riattivate sarà insufficiente. È utile rispettare
le tempistiche indicate, prevedendo
eventuali aggiunte di zucchero, mosto o coadiuvanti di reidratazione. Nel
caso che il mosto presenti carenza in
APA, è opportuno aggiungere sali ammoniacali all’inizio della fermentazione, arieggiando fortemente il mosto.
Durante la fermentazione si possono
aggiungere attivanti di fermentazione
combinati, costituiti da sali ammoniacali e scorze di lievito. La quantità complessiva ammessa di fosfato
biammonico è di 100 g/hl. Sfruttando
questo limite, l’APA del mosto ottiene
un incremento di ca. 220 mg/l. Per
raggiungere una carica cellulare di 60100 milioni per ml, è utile arieggiare
bene nelle prime fasi della fermentazione oppure avvalersi della macroossigenazione, dosando l’ossigeno
con bombole e appositi ugelli dosatori. È fondamentale un controllo giornaliero del mosto in fermentazione.
Annotando costantemente il decorso
fermentativo su un grafico, tramite la
misurazione rifrattometrica del decremento dei gradi Babo, si riesce a
cogliere in tempo eventuali rallentamenti. In questo modo è possibile
intervenire tempestivamente con dei
correttivi elencati in seguito. La conta
cellulare al microscopio è un’ulteriore
Mosti bianchi con problemi in
fermentazione (a sinistra: sviluppo
insufficiente dei lieviti).
informazione importante per poter valutare se la fermentazione ha buone
possibilità di terminare a secco.
Interventi correttivi
Nel caso di un rallentamento, la prima cosa da fare è l’impostazione della
temperatura del mosto in fermentazione tra 22 e 25 °C. Portando in
sospensione le fecce di lievito con un
agitatore, arieggiando e aggiungendo
di attivanti di fermentazione con pareti
cellulari, si riesce a riattivare la vitalità delle cellule. Se la fermentazione
è molto inibita, il migliore intervento
successivo è l’aggiunta di fecce di lievito fresche provenienti da fermentazioni perfettamente andate a secco e
da varietà compatibili, nell’ordine del
5 - 20% rispetto alla quantità di mosto
in fermentazione stentata. Con questa
operazione l’arricchimento della carica
cellulare è notevole. In questo caso è
consigliabile togliere prima il mosto
problematico dalle proprie fecce, travasandolo in un tino pulito. In assenza
di fecce fresche, si può provare con
un “pied de cuve”, utilizzando 50 g/
hl di lievito per rifermentazioni, in una
piccola parte del mosto problematico
arricchito con MCR. Il lievito reinoculato riesce ad adattarsi alle condizioni fermentative difficili. L’efficacia di
quest’ultimo intervento non è sempre
garantita ed è necessario un controllo
del mosto in fermentazione. Se il pH
del mosto in fermentazione stentata
è a livelli superiori a 3,5 è indicato
utilizzare 15-20 g/hl di lisozima per
prevenire fermentazioni malolattiche,
in quanto un rallentamento fermentativo con fermentazione malolattica
contemporanea può portare ad una
produzione di acido acetico a partire
dagli zuccheri residui.
Tradotto dall’Autore