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Giovedì 16 Febbraio 2017
G I U ST I Z I A E S O C I E TÀ
La Cassazione ha decretato legittimo l’agire dell’Agenzia dell’entrate verso i contribuenti
Accertamenti fiscali in agguato
La condotta commerciale anomala fa scattare il controllo
DI
DEBORA ALBERICI
In presenza di una condotta
commerciale anomala l’ufficio
delle Entrate, in barba agli
studi di settore e agli sconti
praticati dall’azienda, può
emettere un accertamento del
maggior reddito d’impresa.
Spetterà poi al contribuente
dimostrare che i ricavi sono
inferiori a quanto induttivamente stabilito dall’ufficio.
Lo ha sancito la Corte di
cassazione che, con la sentenza n. 3984 del 15 febbraio
2017, ha accolto, sul punto,
il ricorso dell’Agenzia delle
entrate.
Il caso. La vicenda riguarda
un autoricambi che aveva immotivatamente abbassato la
percentuale di ricarico, senza,
cioè una valida giustificazione sul piano commerciale. Per
questo l’ufficio delle Entrate
aveva spiccato un accertamento calcolando dei ricavi molto
più alti. La contribuente aveva
impugnato l’atto di fronte al
giudice tributario incassando
una riduzione del 50% rispetto a quanto in prima battuta
stabilito dall’amministrazione finanziaria. Contro questa
decisione l’Agenzia ha presentato con successo ricorso alla
Suprema corte.
Le motivazioni. La sezione tributaria ha accolto la
tesi della difesa erariale ricordando che in tema di accertamento delle imposte dirette,
la prova presuntiva dei maggiori ricavi, idonea a fondare
l’accertamento con il metodo analitico-induttivo di cui
all’art. 39, primo comma, lett.
d), del dpr 29 settembre 1973,
n. 600, può essere desunta da
una condotta commerciale
anomala. È infatti illegittima
una drastica riduzione della
percentuale di ricarico normalmente applicata nell’anno
precedente e in quello successivo, senza che tale anomalia
gestionale sia giustificata da
fenomeni di contingenza economica, determinati da calo
della domanda, difficoltà negli
approvvigionamenti o esigenze di smaltimento di magazzino del contribuente. Ciò anche
perché, ad avviso del Collegio
di legittimità, in caso di omessa presentazione del prospetto analitico delle rimanenze
iniziali e finali, l’ufficio può
procedere ad accertamento di
tipo induttivo, attraverso una
determinazione della percentuale di ricarico dei prezzi di
vendita rispetto a quelli di acquisito, purché questa sia fondata su un campione di merci
rappresentativo e adeguato
per qualità e quantità rispetto
al fatturato complessivo.
La sentenza sul sito
www.italiaoggi.it/
documenti
L’UHY PUBBLICA UNO STUDIO SUL LIVELLO DI TASSAZIONE IMMOBILIARE
Case di lusso, conviene l’Italia
Conviene comprare una casa di lusso in Italia
piuttosto che in Belgio. Il prezzo della tassazione per l’acquisto, nel Belpaese, è infatti
pari all’1,7%, rispetto al Belgio che fa pagare l’11,3% sul prezzo dell’immobile. Questo
quanto emerge da una ricerca condotta da
UHY (un network nazionale che raggruppa
società di consulenza fiscale, revisione e consulenza sul lavoro) e pubblicata in esclusiva su ItaliaOggi. Per
far capire meglio a quanto ammonti
la tassazione, l’indagine dell’UHY ha
preso in esame il caso di un immobile del valore di 1 milione di dollari.
Il Belgio, la maglia nera della tassazione immobiliare, fa pagare a un
potenziale acquirente una tassa pari
a 113 mila euro. In Italia, invece, la
tassa corrisponde a 16.713 dollari,
ben 96.287 dollari di differenza.
Meglio del Belpaese fanno solo l’Irlanda e la
Romania dove le tasse imposte sono rispettivamente pari all’1 e allo 0,2%. Se si estende
l’orizzonte di analisi fuori dal Vecchio continente le compravendite di abitazioni sono
soggette a tassazioni «elevate» in India (5%)
e Australia (4,8%), mentre valori medi si tro-
vano in Giappone e Cina (3 e 2,1%). Infine
gli acquisti più convenienti si possono fare in
Canada, negli Usa e in Russia dove le tasse
applicate sono rispettivamente l’1,8, lo 0,6 e
lo 0,3%. Considerando il rapporto tasse/pil,
l’analisi portata avanti dall’UHY (basata sui
dati dell’Ocse del 2012) ha evidenziato come
il complesso dei tributi sul mattone vede in
testa la Gran Bretagna dove il gettito tocca
il 3,4% del pil, seguito dalla Francia con un
2,6%, dall’Italia con l’1,5%, dalla Spagna con
l’1% e dalla Germania con lo 0,5%.
Giorgia Pacione Di Bello
© Riproduzione riservata
La Cassazione decide in merito alla cessione di quote aziendali
Contraddittorio preventivo
tassa di registro esclusa
N
DI
DIEGO CONTE
essun contraddittorio preventivo
per l’imposta di registro. L’imposta
di registro si applica, infatti, sulla
sostanza dell’operazione effettuata
e non sulla forma degli atti che la realizzano
e, pertanto, non solo è fuori luogo l’invocazione dell’istituto dell’abuso del diritto ma è
anche inapplicabile tutta la disciplina che lo
caratterizza. Con questo principio la recente
sentenza n. 3562/2016 della Suprema corte ha
confermato, seppur modificandone la motivazione, la sentenza n. 91/31/2013 con cui la Ctr
Lombardia aveva confermato un avviso di liquidazione con cui l’Agenzia delle entrate aveva riqualificato un’operazione di conferimento
d’azienda e cessione di quote in mera cessione
d’azienda. La questione, tutt’altro che nuova,
è particolarmente attuale, perché porta a ragionare nuovamente sui limiti della sentenza
n. 24834/2015 con cui le Sezioni unite della
Corte di cassazione hanno escluso l’esistenza
di un diritto/obbligo generale al contraddittorio preventivo in materia tributaria. Secondo
la sentenza n. 3562 l’art. 20, dpr 131/1986 impone che l’imposta di registro sia applicata
secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti registrati e si pone così su un
piano completamente diverso da quello su cui
opera la disciplina dell’abuso del diritto, oggi
codificata nell’art. 10-bis, Statuto del contribuente: mentre questo presuppone una «mancanza di causa economica», ulteriore rispetto a
quella fiscale, e porta non alla riqualificazione
dell’atto bensì all’inopponibilità all’Erario dei
vantaggi tributari ottenuti con esso, l’art. 20
impone di accantonare le modalità concrete
in cui l’operazione tassata è stata realizzata
e di guardare esclusivamente alla natura effettiva dell’operazione stessa. Nell’imposta di
registro, quindi, non si tratta di valutare la
legittimità del risparmio fiscale ottenuto, ma
di capire l’intrinseca natura dell’operazione
realizzata, tanto che non si può negare allo
stesso contribuente la riduzione dell’imposta
se la tassazione della sostanza porta a un tributo inferiore rispetto alla tassazione della
forma. Da tali considerazioni è stata tratta
l’inevitabile conseguenza di escludere nell’attività di accertamento ex art. 20 le garanzie
previste dallo Statuto del contribuente per gli
accertamenti da abuso del diritto e, in particolare, l’obbligo di contraddittorio preventivo
che caratterizza proprio l’art. 10-bis.
Paradossalmente la correttezza «formale»
della recente pronuncia sottolinea l’irragionevolezza dell’interpretazione restrittiva delle
Sezioni unite, che porta a un ingiustificabile
peggioramento sia della situazione difensiva
del contribuente che della stessa istruttoria
procedimentale, ciò che è reso particolarmente
evidente proprio dalle garanzie previste quando è contestato l’abuso del diritto: se è vero,
infatti, che in tal caso il contraddittorio è necessario perché funzionale a fare emergere
le valide ragioni economiche giustificatrici
dell’operazione accertata, conoscibili solo dai
contribuenti stessi, non si vede proprio come
si possa ritenere lo stesso contraddittorio superfluo nel caso dell’imposta di registro, dove
si accantona l’evidenza dell’atto scritto per
svelare la reale (e nascosta) natura dell’operazione ovvero, in definitiva, la reale volontà
delle parti. È chiaro che se non si ammette la
partecipazione all’istruttoria procedimentale
del contribuente, si finisce per affidarsi a infiniti pregiudizi.
BREVI
È stata pubblicata,
nella sezione «Normativa
e prassi» del sito internet
dell’Agenzia delle entrate, la risoluzione n. 20/E
di ieri, che istituisce la
causale contributo per
la riscossione, tramite
modello F24, dei contributi da destinare al
finanziamento dell’Ente
bilaterale del terziario.
Infatti, in seguito alla
convenzione, stipulata
il 21 dicembre 2016, fra
l’Ebilter e l’Istituto nazionale previdenza sociale, è
quest’ultima a occuparsi
della riscossione.
Con l’ordinanza n. 499
del 9 febbraio, la V sezione del Consiglio di stato,
in via cautelare, sospende lo «sfratto» dell’accademia nazionale delle
scienze dal villino rosso
di Villa Torlonia, sede
storica dell’archivio e
della biblioteca. La decisione della V Sezione,
che ribalta la pronuncia
cautelare del Tar Lazio,
è motivata «in ragione del preponderante
interesse generale alla
fruizione del patrimonio culturale dell’accademia nazionale delle
scienze, che avrebbe subito un evidente vulnus
dall’esecuzione dell’atto
impugnato». Il comune
di Roma, alla scadenza
della concessione aveva
ordinato che l’immobile
gli venisse riconsegnato,
con la conseguenza della possibile cessazione
delle attività di archivio
e biblioteca, aperte al
pubblico.
È la dichiarazione
di successione, che da
quest’anno viaggia anche
online, il tema dell’esposizione storico-documentaria dal titolo «Chiamati all’eredità. Dalla carta
al digitale. L’evoluzione
della dichiarazione di
successione», inaugurata ieri presso la sede
dell’Archivio di Stato di
Roma nella Sala Alessandrina del Complesso
di Sant’Ivo alla Sapienza. La mostra, promossa
dall’Agenzia delle entrate in collaborazione
con l’Archivio di Stato
di Roma e il Consiglio
nazionale del notariato,
con il patrocinio del
Ministero dell’economia
e del Ministero dei beni,
delle attività culturali e
del turismo, ripercorre la
storia del tributo legato
alla successione.