le abilità di studio - Circolo Didattico di Guardiagrele

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LE ABILITÀ DI STUDIO:
UNA PROSPETTIVA TRANSDISCIPLINARE
Luciano Mariani
(Lingua e Nuova Didattica, Anno XVII, No. 3, 1988)
Premessa
Chi opera nel mondo della scuola ritiene spesso, anche se non dichiara
esplicitamente, che il “lavoro” dello studente richieda una serie di abilità
specifiche, distribuite su una gamma molto estesa: da capacità “pratiche”, come il
saper tenere un diario od organizzare efficacemente il proprio quaderno, a
capacità più “accademiche”, che implicano strumenti concettuali o operazioni
cognitive complesse, come il saper studiare un libro di testo prendendo appunti.
Che si tratti di “modi di fare” o di “modi di pensare”, si sottolinea comunque il
carattere operativo di queste abilità: si tratta infatti in ogni caso di capacità che
permettono allo studente di far fronte in modo positivo ai compiti che la scuola
inevitabilmente richiede.
Generalmente si ritiene che queste abilità siano non solo necessarie, ma anche
indispensabili. Spesso se ne discute quando ci si trova a constatarne la mancanza
o la carenza (in occasione, ad esempio, di operazioni di valutazione). Altrettanto
frequentemente si riconosce che si tratta di abilità di carattere trasversale, in
quanto sembrano attraversare il curricolo al di là e al di sopra dei compartimenti
stagni delle singole discipline.
Nonostante questa relativa, anche se a volte superficiale, consapevolezza di un
problema legato alle «abilità di studio», lo status di queste abilità rimane, nella
nostra situazione scolastica, paradossale, e per diversi motivi.
In primo luogo, la responsabilità per lo sviluppo di queste capacità viene spesso
spostata «all’interno», cioè verso il livello scolastico precedente: accade così che,
particolarmente negli stadi di passaggio da un ordine di scuola a quello superiore,
si lamenti la scarsa produttività del livello immediatamente precedente. La
responsabilità viene altrettanto spesso, e volentieri, delegata ad “altri” nel
curricolo, in particolare agli insegnanti di materie “umanistiche” o “accademiche”
che tradizionalmente sarebbero deputati a prendersi cura di questo aspetto della
vita scolastica. Questa delega di responsabilità non è che una faccia di un
problema più generale, e cioè la mancanza di programmazione, sia in verticale
(tra ordini di scuola) sia in orizzontale (tra gli insegnanti di un consiglio di
classe).
Un secondo paradosso che caratterizza lo status attuale delle abilità di studio
nella nostra scuola è la convinzione, radicata anche se non sempre esplicitamente
dichiarata, che queste capacità costituiscano un prodotto “naturale” e automatico
del frequentare una scuola per un certo numero di anni. Se ciò può apparire vero
per alcuni studenti (probabilmente coloro che otterrebbero comunque un risultato
positivo, grazie anche e soprattutto all’ambiente socioculturale di provenienza),
non è sicuramente vero per la grande fascia di studenti che mostrano chiare
difficoltà nel “produrre” a scuola, e che per questo vengono a volte addirittura
emarginati dal sistema scolastico.
Un terzo paradosso è costituito dal fatto che, mentre le abilità di studio vengono
sempre richieste dagli insegnanti, in modo più o meno esplicito, nel momento in
cui vengono proposti compiti di apprendimento, raramente queste stesse abilità
vengono insegnate, o comunque fatte oggetto di un’attenzione non episodica od
occasionale. Non fa parte della nostra tradizione scolastica e culturale l’includere
in un curricolo, in modo esplicito, specifico e sistematico, l’addestramento a come
si fa a studiare. Capita così che, di fronte a richieste a volte molto dirette e
precise da parte degli utenti (studenti e genitori) riguardo ai modi di migliorare il
proprio apprendimento, si risponda in modo generico, e qualche volta
semplicemente moralistico (.devi studiare di più», «deve migliorare il proprio
metodo di studio»).
All’interno di questa situazione, occorre però riconoscere che il problema
pedagogico e didattico posto dallo sviluppo di adeguate abilità di studio non è
questione di facile o rapida soluzione, trattandosi forse del problema di fondo di
qualsiasi intervento educativo. Poiché non sappiamo in che modo una persona
impari, ma procediamo per ipotesi e modelli, la messa a punto di strategie per
imparare ad imparare risulta doppiamente difficile: e in questo senso si spiega,
anche se forse non si giustifica, la riluttanza di molte situazioni educative ad
affrontare direttamente il problema.
In questo articolo vorrei sottoporre alla discussione alcuni elementi che possano
servire ad affrontare il problema delle abilità di studio in un’ottica il più possibile
“transdisciplinare”, trasversale dunque rispetto alle materie in cui si articola un
curricolo.
In primo luogo, cercherò di precisare meglio il contenuto del termine “abilità di
studio”. Proverò poi a rispondere ad alcune obiezioni di fondo sull’opportunità e
la possibilità di realizzare una strategia globale per le abilità di studio. Proporrò
quindi uno schema di itinerario di ricerca, articolato essenzialmente
sull’identificazione e l’analisi delle abilità. Concluderò illustrando alcuni criteri
per lo sviluppo di materiali e attività didattiche.
Il concetto di “abilità di studio”
Credo sia necessario approfondire il significato del termine “abilità di studio” per
tre ragioni principali:
a) per eliminare immagini generiche quanto fumose come quella del “metodo di
studio ideale”, che comprenderebbe tutte le possibili capacità e qualità di un
ipotetico studente perfetto;
b) per superare formulazioni teoriche interessanti ma scarsamente produttive sul
lato applicativo. Ad esempio, affermare che le abilità di studio si riferiscono a
quelle capacità inerenti l’acquisizione e l’uso di informazioni nei processi di
apprendimento è certamente una definizione esaustiva, ma difficile da riportare
poi alla concreta prassi quotidiana. Ciò di cui abbiamo bisogno è, come vedremo
più avanti, una mappa generale di esigenze di studio che siano effettivamente
attestate nel concreto delle nostre situazioni educative;
c) per ampliare l’orizzonte dei nostri interventi, non restringendolo soltanto ad
una serie di tecniche, per quanto utili ed efficaci. Il termine «abilità di studio»
rimanda immediatamente a pratiche frequenti come il saper consultare un
dizionario, il saper interpretare e costruire un grafico, il saper riassumere un testo
ecc. Esiste al proposito un’ abbondante letteratura didattica, proveniente in
particolare dai paesi anglosassoni, dove queste abilità sono spesso fatte oggetto di
attenzione specifica. È ovvio che la padronanza di tecniche e strumenti, sia di
carattere disciplinare che di tipo trasversale, sia una componente essenziale di
un’abilità di studio; tuttavia, credò che sarebbe illusorio sperare di risolvere una
problematica complessa e articolata, come quella più sopra abbozzata, con il
semplice ricorso a pratiche tecniche, sia pure di grande utilità.
Ritengo che un concetto come quello di “abilità di studio” comprenda invece più
dimensioni tra loro interagenti:
Capacità operative
Atteggiamenti nei
confronti
dell'apprendimento
Abitudini di lavoro
Questo schema ci permette di distinguere, innanzitutto, delle capacità operative,
che comprenderanno delle operazioni cognitive espresse tramite l’uso di
mediatori tecnici. Il saper rielaborare un testo dopo averlo letto, ad esempio,
presuppone la messa in opera di operazioni cognitive quali il selezionare e
riorganizzare le informazioni producendo una sintesi, ma anche l’utilizzo
concreto di un’adeguata strumentazione tecnica che faccia da supporto alle
operazioni della mente (ad es., la conoscenza e l’uso di schemi, diagrammi,
grafici; di simboli, sigle ed abbreviazioni; di modi per omettere parole o
condensare frasi; dei meccanismi di coesione lessicale e grammaticale per
produrre un testo di sintesi lineare come il riassunto ecc.).
Un’altra componente essenziale di un’abilità di studio sarà però l’abitudine
all’uso dell’abilità, ossia la pratica concreta dell’abilità stessa nelle effettive
situazioni di lavoro. Poiché si tratta di abilità trasversali, quanto più l’utilizzo
concreto si estenderà a più ambiti disciplinari, tanto più l’abilità diverrà parte
integrante di un metodo di lavoro.
La messa in opera di un’abilità di studio dipende infine dal sistema di
atteggiamenti e valori con cui lo studente si pone in relazione con la scuola. Mi
riferisco qui al complesso problema della motivazione, ed in particolare alla
disponibilità, da parte dello studente, a considerare utili e significative le
esperienze di apprendimento proposte dalla scuola.
Le conseguenze di questa interpretazione del concetto di “abilità di studio” sono
molteplici, e tutte di grande rilevanza applicativa:
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un programma di abilità di studio non può essere ridotto ad un semplice elenco di
‘tecniche” atte a migliorare la produttività scolastica. E’ presumibile che una
maggiore familiarità con valide e sperimentate tecniche di studio apporti benefici
anche nell’ambito di una singola materia; tuttavia, il carattere “trasversale” di
molte abilità, se da una parte consente il trasferimento di conoscenze e
competenze da una disciplina ad un’altra, dall’altra parte richiede e presuppone
un più vasto piano d’azione, un approccio pedagogico-formativo globale, dunque
interventi di tipo trasversale;
per converso, però, queste “abilità di studio” non possono essere esercitate in un
“vuoto” disciplinare: la trasversalità di conoscenze e competenze, per
attualizzarsi, deve essere calata nella pratica effettiva delle singole discipline, in
modo tale che lo studente ne possa constatare la rilevanza e l’utilità. In tal modo i
“contenuti” disciplinari, lungi dal venire penalizzati da un programma asettico di
“strategie di apprendimento”, costituirebbero il campo effettivo di applicazione di
un metodo di lavoro;
se è importante la disponibilità dello studente, è altrettanto necessaria, da parte
dell’istituzione, un’atmosfera di lavoro che, piuttosto che una piatta trasmissione
unidirezionale di contenuti, privilegi la rielaborazione autonoma attraverso una
varietà di esperienze di apprendimento continuamente discusse e verificate;
in un’ottica di questo tipo, l’obiettivo educativo generale diventa la promozione
della responsabiizzazione, dell’autonomia, dell’organizzazione individuale da
parte dei singoli studenti e dei relativi gruppi-classe.
Alcune obiezioni di fondo
La prospettiva illustrata nella sezione precedente non è nuova, anzi costituisce un
tema ricorrente di discussioni e anche di polemiche tra gli operatori della scuola.
Spesso una programmazione «per abilità» (con o senza l’etichetta “di studio”)
viene contestata con alcune obiezioni che vale la pena di approfondire perché
rimandano a problemi reali e raramente avviati a soluzione.
1. Una programmazione che voglia favorire l’autonomia personale dello studente
si scontra inevitabilmente con un contrasto insanabile: se infatti le “strategie di
apprendimento” sono peculiari a ogni individuo, quale potrà essere il ruolo della
scuola, che lavora generalmente su “grandi numeri”?
Se accettiamo l’ipotesi che una metodologia di lavoro è il risultato di un lento,
graduale e spesso sofferto processo di scoperta e di maturazione individuali, il
ruolo della scuola, più che nel fornire una gamma, anche vasta, di soluzioni
predeterminate, potrà consistere soprattutto nel fornire occasioni di esperienze di
modi di apprendere, favorendo la messa in opera, il confronto e la scelta tra
strategie diverse e alternative. Questo principio non è senza conseguenze per la
realizzazione di materiali ed attività (vedi l’ultima sezione).
2. Il lavoro comunitario non richiede una serie di modelli e strategie
standardizzate, che fungano anche da sicuro punto di riferimento, in particolare
per studenti adolescenti?
L’esperienza ci dice che è la sensibilità dell’insegnante a determinare, a seconda
dell’età e del livello cognitivo/affettivo raggiunto dalla propria classe, il grado di
“standardizzazione” dei procedimenti di apprendimento presentati agli studenti.
Mentre determinati momenti della vita scolastica possono suggerire l’adozione di
soluzioni predeterminate (anche se non per questo necessariamente “imposte”), la
dinamica stessa della classe, costituita sempre da individui in costante
maturazione, consente una graduale introduzione di esperienze di scelta personale
di strategie di lavoro (purché questa introduzione sia parte integrante degli
obiettivi educativi esplicitamente perseguiti).
3. Le “abilità dl studio” non sono spesso già intuitivamente possedute dal nostri
studenti? Non si rischia, in altre parole, di insegnare l’ovvio (con relativa
dispersione di tempo ed energie per tutti)?
A questa obiezione abbiamo in parte già risposto, postulando che un metodo di
lavoro non è, o comunque non è sempre e per tutti, un’acquisizione spontanea e
naturale. Ma l’obiezione è fondata se si riferisce alla necessità di una valutazione
concreta delle situazioni di partenza delle singole classi, condizione d’altronde
necessaria in ogni processo di programmazione. Si tratta in effetti di stabilire se
una determinata gamma di abilità di studio debba essere considerata come
prerequisito, quindi già posseduta dagli studenti, o piuttosto come obiettivo da
fare oggetto di intervento didattico. La frequente compresenza nelle classi di
individui a livelli diversi di maturazione e consapevolezza rimanda, inoltre, alla
problematica dell’individualizzazione dell’apprendimento, con logiche
implicazioni importanti per la realizzazione di materiali e attività.
4. Le “abilità di studio” non sono, di fatto, abilità più o meno strettamente
linguistiche (e, come tali, di competenza più che altro dell’insegnante di Italiano,
o, al massimo, di lingua straniera)?
Se esaminiamo, anche superficialmente, la gamma di abilità coinvolte nella
definizione di un metodo di lavoro, ci rendiamo subito conto della presenza di
linguaggi diversi (grafico-visivi, matematico-informatici...), e di abilità pratiche e
capacità organizzative generali che implicano obiettivi cognitivi/affettivi e
conoscenze/competenze di portata più vasta del settore linguistico, con il
corollario che discipline diverse possono e devono portare contributi anche molto
specifici. E vero, tuttavia, che il linguaggio verbale rimane centrale
nell’acquisizione e nell’uso di informazioni per l’apprendimento. Se è lecito
attendersi dagli insegnanti di educazione linguistica, più che da chiunque altro,
una competenza tecnica o specialistica più precisa, è pur vero che rimane compito
di tutti gli insegnanti trasferire, applicare e attualizzare le competenze linguisticocomunicative all’interno e secondo le modalità dei propri specifici campi
disciplinari (si pensi all’area lettura-studio dei libri di testo).
5. La cronica mancanza di tempi, spazi, risorse umane e materiali non rende di
fatto inattuabile una programmazione «per abilità», specialmente laddove essa si
ponga in contrasto o in alternativa allo svolgimento del «programma» di
contenuti disciplinari?
L’obiezione è importante perché evidenzia, al di là delle carenze strutturali del
nostro sistema scolastico, la preoccupazione, da parte degli operatori, di non
aumentare ulteriormente la complessità e la dispersione della propria attività.
Ogni proposta innovativa, da questo punto di vista, deve tendere alla massima
semplicità ed “economia” possibili.
Ritengo che per rispondere a questa obiezione si debbano tenere presenti alcuni
principi:
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le caratteristiche delle singole classi, ad esempio il “peso relativo” che
l’acquisizione di specifici contenuti disciplinari possiede nelle diverse situazioni
(si pensi alla differenza tra biennio e triennio superiore);
la necessità, proprio per ottimizzare gli investimenti di tempo ed energie, di
evidenziare le esigenze più urgenti nelle specifiche situazioni: si tratta in altre
parole di fare una scelta motivata di priorità, rinunciando magari a progetti
ambiziosi per concentrarsi su aree di maggiore rilevanza e urgenza;
la ricerca di modi concreti ed efficaci, da una parte, di calare lo sviluppo di abilità
di studio all’interno del proprio “programma” di lavoro (integrazione), e dall’altra
parte, di condividere le responsabilità in modo il più possibile “collegiale”
(transdisciplinarità). Proprio da queste esigenze di fondo parte la proposta di
itinerario di ricerca che verrà illustrata nella sezione successiva.
Una proposta di itinerario metodologico
Un piano di lavoro che si proponesse di rendere più esplicito, sistematico e
specifico lo sviluppo di “abilità di studio” all’interno di un curricolo potrebbe
passare per le seguenti fasi:
1.identificare, a grandi linee, le abilità tipiche e/o necessarie in ogni contesto
disciplinare;
2.se possibile, confrontare le “mappe” di abilità così ottenute tra colleghi di
discipline diverse; stabilire comunque le priorità di intervento nelle specifiche
situazioni;
3.analizzare la/le abilità scelta/e in modo da individuarne le componenti
operative;
4.sviluppare materiali e attività disciplinari (“integrazione nel proprio
programma”); se possibile, verificare i punti di contatto trasversali e sviluppare
materiali e attività paralleli (“intervento transdisciplinare”).
Come si vede, per rimanere nel concreto delle nostre situazioni scolastiche, si
propone, all’interno di questo piano di lavoro, un itinerario “forte” (caratterizzato
da una collaborazione tra colleghi di discipline diverse), e un itinerario “debole”
(basato essenzialmente su un lavoro disciplinare). Anche se la prospettiva
trasversale rimane decisiva nell’approccio sin qui illustrato, mi sembra
importante non escludere subito e completamente tutte quelle situazioni (forse la
maggioranza) in cui una collaborazione tra colleghi risulta difficile o magari
realisticamente impossibile: in questi casi, credo sia utile e produttivo che anche
il singolo insegnante possa percorrere un itinerario di ricerca, purché sin
dall’inizio, e in ogni sua fase, orientato verso possibili sviluppi trasversali.
Inoltre, un itinerario di lavoro realistico deve potersi rendere disponibile non solo
nelle situazioni di cooperazione “ufficiale”, sanzionata magari a livello
istituzionale, ma anche in tutte quelle situazioni di collaborazione informale e, per
così dire, “sommersa”, tra due o più colleghi di discipline diverse.
Vediamo ora di definire meglio le fasi di questo itinerario.
L’identificazione delle aree di abilità di studio tipiche di ogni contesto
disciplinare potrebbe essere effettuata raccogliendo semplicemente i dati nelle
situazioni effettive di classe: si tratta di osservare attentamente le situazioni di
apprendimento in cui quotidianamente vengono a trovarsi gli studenti per
esplicitare:
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i compiti che gli studenti devono assolvere in risposta a quanto viene loro,
implicitamente o esplicitamente, richiesto di fare (ad es. studiare a casa un
argomento già spiegato in classe dall’insegnante);
i materiali e te tecniche didattiche adottate dall’insegnante o inglobate nei
materiali stessi (ad es. il libro di testo o una dispensa, con il loro corredo di
domande, esercizi, schede da compilare ecc.);
le abilità specifiche che gli studenti devono possedere per utilizzare al meglio i
materiali e le tecniche didattiche, in modo da far fronte positivamente al compito
loro richiesto (ad es., saper realizzare una lettura-studio efficace del proprio libro
di testo).
Naturalmente questa raccolta di dati tramite osservazione empirica può essere
facilitata dall’utilizzo di griglie già predisposte (vedi l’Appendice), le quali,
tuttavia, non devono impedire la messa a fuoco delle abilità che emergono dalle
effettive situazioni di insegnamento/apprendimento. Le righe di puntini nella
griglia vogliono appunto stimolare il lettore a “integrare” una proposta con
aggiunte, cancellazioni e cambiamenti derivati dalla sua effettiva esperienza di
classe.
Proprio perché l’identificazione di grandi “aree” di abilità di studio mette in luce
la vastità dei problemi sottesi alla costruzione di un metodo di lavoro da parte
degli studenti, risulta necessario passare ad una fase di selezione, in cui, sulla
base della distinzione già citata tra prerequisiti ed obiettivi, si individuino le
abilità più urgenti, in modo da concentrare su di esse il lavoro, poniamo, di un
mese, di un quadrimestre, odi un intero anno scolastico. Quanto più questa
selezione sarà il frutto di un confronto tra le “mappe” di abilità prodotte da
insegnanti di discipline diverse, tanto più ricche, come si è visto, saranno le
opportunità di applicazione ed effettivo sviluppo per gli studenti.
Sin qui l’itinerario di lavoro avrà prodotto soltanto una lista di aree di priorità. La
messa in atto di interventi didattici richiede però, come sappiamo, che obiettivi
ancora di carattere generale (come, ad es., il «saper leggere un capitolo di un libro
di testo rielaborandone i contenuti») siano analizzati in componenti operative,
cioè in operazioni cognitive sostenute come si è detto da mediatori tecnici
(strumenti), che lo studente possa mettere in atto per esercitare e costruire
gradatamente l’abilità complessiva. Così, ad esempio, l’abilità della lettura-studio
dovrà portare a una specificazione di operazioni più “fini” come la lettura
anticipatoria/orientativa, la lettura intensiva, la rielaborazione, la revisione e/o
memorizzazione. E queste operazioni dovranno essere meglio specificate,
distinguendo, ad esempio, per la rielaborazione, come selezionare e riorganizzare
le informazioni, come produrre sintesi lineari (riassunti, relazioni) e non lineari
(appunti, schedature), scegliendo gli opportuni strumenti. È soltanto in seguito a
un’analisi dettagliata delle singole abilità che si potranno delineare obiettivi
sufficientemente operativi da poter costituire la base di materiali e attività
integrati nei contenuti disciplinari. E ancora questa analisi che permetterà, nelle
situazioni in cui ciò risulti possibile, uno sviluppo parallelo di operazioni
cognitive e/o di mediatori tecnici nell’ambito di due o più discipline (si pensi, per
tornare all’esempio della lettura-studio, alle esercitazioni per abituarsi a
distinguere le informazioni principali da quelle accessorie, le categorie dagli
esponenti, i fatti dalle opinioni, i processi dai loro stadi ecc.; per stabilire una
gerarchia tra le informazioni, cancellando, unificando, sostituendo unità
informative con altre di carattere più generale (realizzando cioè una sintesi); per
imparare a interpretare e costruire tabelle, grafici, diagrammi con l’utilizzo di
simboli e abbreviazioni; tutte operazioni che, dal punto di vista dei contenuti
disciplinari, possono trovare in molti casi agevoli applicazioni).
Alcuni criteri per lo sviluppo di materiali e attività
Sia che si decida di realizzare interventi transdisciplinari, sia che il programma
coinvolga, magari solo come momento di avvio e di stimolo iniziali, una sola
disciplina, il passaggio alla fase di progettazione e realizzazione di materiali e
attività costituisce un momento delicato, soprattutto perché è a questo livello che
devono essere prese in considerazione alcune implicazioni fondamentali (cui si è
già accennato nelle risposte ad alcune obiezioni di fondo: vedi sopra). Ritengo
che nello sviluppo di abilità di studio i materiali e le attività debbano soddisfare,
se non sempre in modo puntuale, almeno in linea di massima, alcuni criteri-base:
a) la presa di coscienza, da parte dello studente, dei problemi esistenti e della loro
esatta natura in quanto problemi di apprendimento. Se avere un problema non
sempre significa esserne coscienti e/o saperlo descrivere, una fase di autoconsapevolezza costituisce un punto di partenza da privilegiare. Ciò significa
anche prendere coscienza non solo delle proprie limitazioni ma anche delle
proprie potenzialità, partendo così non dal “vuoto” assoluto, ma dalle abilità già
possedute, per adattarle e svilupparle a livelli superiori e per indirizzarle verso un
apprendimento più organizzato, com’è quello in situazione scolastica. Prendere
coscienza della propria situazione, individuale e di gruppo, significa anche
verbalizzare l’esperienza, socializzarla tramite il confronto con i compagni e
l’insegnante; e ciò si traduce spesso in uno sviluppo della motivazione a
proseguire nell’analisi dei problemi;
b) l’acquisizione di nuove conoscenze e l’addestramento a nuove competenze,
attraverso l’esposizione a una varietà di strategie diversificate, da sperimentare su
se stessi, trasferendo queste nuove conoscenze e competenze alla propria
situazione personale. Credo sia importante, in molti casi, privilegiare, più che la
presentazione di una strategia da applicare passivamente ad ogni situazione
(favorendo l’illusione delle soluzioni preconfezionate valide sempre, per tutti e
dappertutto), l’esperienza concreta di modi diversi di affrontare la realtà. Si tratta,
sperimentando strategie alternative, di scoprire quale tra esse meglio si adatta al
proprio personale stile di apprendimento; si tratta inoltre, così facendo, di
acquisire, non solo un bagaglio, pur utilissimo di conoscenze e competenze, ma
anche un metodo e un atteggiamento cognitivo e affettivo per affrontare e
risolvere, in modo individuale, ma con l’appoggio e la verifica del gruppo/classe
di riferimento, problemi nuovi in circostanze diverse;
c) la valutazione dell’impatto dell’esperienza sui propri modi di imparare, e la
verifica dell’efficacia delle strategie adottate. Se è vero che si impara facendo, in
questa fase si impara anche pensando, riflettendo cioè in modo consapevole su
quanto si èfatto, ma soprattutto su come lo si è fatto e su come si possono
migliorare progressivamente le proprie prestazioni.
(Per un’esemplificazione di materiali e attività sviluppati secondo questi criteri,
su contenuti disciplinari relativi alla lingua inglese, ma trasferibili anche ad altre
aree disciplinari, si veda Mariani L. Study Skills through English. Bologna,
Zanichelli,1987.)
Conclusione
Un programma di questo tipo potrebbe dare l’impressione di richiedere un
investimento di tempo e di energie ben al di là delle disponibilità comuni, sia da
parte degli insegnanti che da parte degli studenti. Si tratta certamente di un lavoro
impegnativo, tale da poter essere intrapreso solo se si è sufficientemente convinti
che valga la pena di privilegiare, oltre ai contenuti delle singole discipline, anche
i processi sottesi all’acquisizione e alla rielaborazione di quei contenuti. Tuttavia,
credo si debba anche sottolineare il fatto che, come gli studenti non partono da un
vuoto di conoscenze e competenze, anche gli insegnanti non affrontano
certamente un’esperienza del tutto nuova: non solo esiste oggi una notevole
disponibilità di materiali e strumenti di carattere sia teorico che
didattico/applicativo (e si vedano a questo proposito i riferimenti bibliografici);
ma soprattutto si tratta di partire dall‘esistente, dalle pratiche didattiche
consolidate, all’interno delle quali esiste spesso già una potenzialità da sfruttare.
Si tratterà allora di evidenziare, esplicitare, sistematizzare ciò che all’interno
dell’esistente già tende a sollecitare una maggiore consapevolezza di come si
impara ad imparare (non ultima, una maggiore attenzione, nell’adottare e
adattare libri di testo e materiali didattici, al grado in cui questi si prendono carico
del problema delle “abilità di studio”).
Appendice: Esempio di griglia per l’identificazione di abilità di studio
1. Come “immagazzinare” e “recuperare”informazioni
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Uso del diario
Organizzazione del quaderno
Archiviazione dispense e materiali
Utilizzo del registratore
Utilizzo del computer
Metodi per prendere appunti
* da testi scritti
* durante le lezioni
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Metodi per realizzare
* schedature
* verbali
* relazioni
* riassunti, sintesi
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…………...…….
2. Come utilizzare i libri di testo
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Strategie di lettura per l’apprendimento
Tecniche di studio e di memorizzazione
Le istruzioni nei libri di testo
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3. Come utilizzare opere di consultazione
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Dizionari
Atlanti
Grammatiche
Enciclopedie
Manuali
Software
Uso della biblioteca
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4. Come leggere e produrre in linguaggi non verbali
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Mappe
Tabelle
Grafici
Diagrammi, schemi
Uso delle immagini
*disegn
* fotografie
* video
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Uso dei linguaggi numerici
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5. Come affrontare esercizi, “test” ed esami
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Tipologia di esercizi e relative tecniche
Come interpretare e seguire istruzioni
Interrogazioni e compiti in classe
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6. Come organizzare revisione e recupero
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Tecniche di correzione
Metodi di autovalutazione
Programmazione della revisione
……………
7. Come valutare e migliorare il proprio “metodo di studio”
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Abitudini di lavoro a casa
Programmazione, es.
* organizzazione lavoro e tempo libero
* distribuzione periodi di studio
* alternanza studio e pause
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Caratteristiche del luogo e delle condizioni in cui si studia
Problemi di concentrazione e memorizzazione
Motivazione e interessi
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8. Come utilizzare il tempo-scuola
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Lezioni teoriche
Discussioni
Lavori di gruppo
Laboratori
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