DAL NOSTRO INVIATO A MARSIGLIA LUCA CURINO

Transcript

DAL NOSTRO INVIATO A MARSIGLIA LUCA CURINO
DAL NOSTRO INVIATO
A MARSIGLIA
LUCA CURINO
RIPRODUZIONE RISERVATA
\EXTRA TIME
21 FEBBRAIO 2012
L' anno scorso, ogni volta che in Champions il Marsiglia
andava in trasferta, la casa di qualche giocatore veniva
svaligiata. E' successo a Gignac, a Mbia, agli Ayew, all'ex
presidente Dassier e da ultimo a Lucho Gonzalez, tornato al
Porto anche per paura di queste rapine. Ora la banda è
stata smantellata. Punto e a capo.
I bravi figli di Madama
Madama partorisce bravi allenatori. Sono anche bravi figlioli,
che quando la madre s'ammala si prendono cura di lei. E'
quanto sta facendo Conte, che ha riportato la Juve al vertice
dopo una serie di stagioni fallimentari. Quasi come
Deschamps 6 anni fa, che dovette ridestarla dal coma
indotto della retrocessione. E se mater sempre certa, in
questo caso si può affermare etiam pater, perché non c'è
dubbio che sia stato Lippi a piantare il seme. Ora che sono
cresciuti, i figli della Signora si mettono di traverso alla sua
grande rivale, l'Inter, Conte in Italia e domani Deschamps in
Europa. Incroci anche bizzarri, come questo con Ranieri a
cui nel 2007 Didì consegnò la Juve in A. E che ora è appeso
a un filo proprio come lo era lui a ottobre, ultimo in classifica
prima della rimonta che ha portato l'OM a 2 punti dalla zona
Champions. Un filo che proprio il basco di Bayonne ora può
tagliare.
Ogni volta che la panchina dell'Inter traballa salta fuori il
nome di Blanc. Didier, lei che gli è amico, gliela
consiglierebbe?
«Lolò è intelligente, sa scegliere da solo. Il mestiere di
allenatore è sempre a rischio. E' giusto: la nostra vita è il
breve termine. Ma guardate Capello al Real o Kombouaré al
Psg: ormai non bastano neanche i risultati. Non fa bene a
nessuno lavorare così, senza logica sportiva. Ancelotti
potevano prenderlo a inizio stagione».
Che cosa porta a Parigi?
«La scienza internazionale di chi ha vinto tanto, da
giocatore e da tecnico. E poi professionalità: parla già
francese».
Parigi capitale anche nel calcio è un bene per la Ligue o è al
limite della concorrenza sleale proprio nella patria
dell'assertore del fair play finanziario?
«No, è un bene che gli stranieri investano anche qui.
Quanto al fair play, il Psg non ha debiti, può spendere e
comprare chi vuole. Beati loro. Io devo trovare altre
soluzioni».
Come tecnico, quale è stata la lezione di Lippi?
«La gestione di una squadra attraverso il dialogo coi
giocatori, senza essere amico o paternalismo. Questo
genera fiducia: la dai e la ottieni».
Quanto ad allenatori, con 4 l'Italia è il Paese più
rappresentato in Champions: il nostro calcio a livello tattico
resta il migliore?
«E' vero, sono tanti e ottengono ottimi risultati. E altri stanno
arrivando. La serie A è molto formativa».
Chi vince la Champions?
«Barcellona e Real hanno qualcosa in più. Non molto
distanti Milan, Inter e Bayern: possono arrivare in fondo».
E l'Europeo?
«Ancora la Spagna? E' favorita. Ma i giovani talenti possono
lanciare Germania e Italia».
In Francia c'è un netto calo di tesserati, sponsor e spettatori:
state ancora pagando il Sudafrica?
«Quel momento resterà a vita. Fu un danno di immagine in
mondovisione, ma in parte è recuperato grazie a Blanc. I
cali non dipendono dal Mondiale, ma dalla crisi: andare allo
stadio o far praticare lo sport a un figlio è diventato un
lusso».
Si diceva dell'Inter: lei, dopo quel che successe con la Juve,
avrebbe delle preclusioni ad allenarla?
«Capello diceva che non ci sarebbe mai andato, e poi
abbiamo visto come è finita. L'allenatore è un
professionista, lavora dappertutto».
Quindi quella di domani per lei, due volte ex juventino, è
un'avversaria come le altre?
«Sì. Quella storia ha fatto male al calcio italiano, ma è il
passato. La rivalità ci sarà sempre, non serve mettere
benzina sul fuoco».
Oggi che Juve è?
«Ha investito molto. Ma vedo fame di vittoria e in questo
Antonio ci ha messo tanto di suo. E' stato anche bravo ad
adattarsi a un gioco diverso da quello che aveva in mente.
Può vincere il titolo».
Dunque aveva ragione Blanc, Jean-Claude, a sostenere nel
2006 che ci sarebbero voluti 5 anni per tornare a vincere?
«Ai tifosi non si può mai dire "vinceremo fra 4-5 anni". Ma la
B obiettivamente era un disastro e non ci si poteva riuscire
subito».
Il suo addio a Torino con Blanc fu burrascoso: come è stato
ritrovarvi da avversari in patria?
«Ci eravamo già riparlati. Non siamo amici, ma siamo
rimasti in contatto e ora abbiamo un buon rapporto. Mi piace
quello che sta facendo a Parigi».
E lei, al 10° anno da allenatore, è contento di quel che ha
fatto finora?
«Io sono migliorato, come il vino. Ho più esperienza e sono
meno impulsivo. Ho imparato ad adattarmi, a fare un passo
indietro. Altrimenti non sarei qui da 3 anni, che per questa
società è un record. Sono orgoglioso di quello che sto
facendo a Marsiglia».
Cinque titoli in 2 stagioni in un club che non raccoglieva
niente da 17 anni.
«Forse non vincerò tutto quello che ho vinto da giocatore,
ma ho iniziato giovane e all'inizio avrei potuto fare meglio».
Aveva mai avuto una donna come datrice di lavoro?
«No. Abbiamo un ottimo rapporto, anche se quello
principale è col presidente Labrune. Margarita LouisDreyfus, rimasta vedova, ha dovuto lottare per difendere i
propri interessi, si occupa del patrimonio e ha delegato l'OM
a persone di fiducia. E' una donna con i pantaloni».
Che però ha chiuso i cordoni, costringendola a valorizzare
quel che aveva: gli Ayew figli di Abedì Pelé, Remy, Diarra e
Nkoulou di cui si dice un gran bene.
«In effetti dopo 2 anni di investimenti, quest'anno si è
piuttosto venduto. Si è comprato in base alle possibilità, ma
sempre per la qualità dei giocatori: non hanno esperienza di
Champions, si tratta di farli migliorare a livello mentale».
Com'è allenare i figli di un ex compagno di squadra?
«Nessun problema. Quel che è difficile è allenare gli ex
compagni» ride.
La miglior virtù del suo Marsiglia?
«Quella di crederci fino alla fine. Anche contro l'Inter».
Che squadra trovate?
«Non è quella delle ultime partite che hanno pregiudicato la
corsa allo scudetto. Sarà concentrata sulla Champions e
tutto sommato 9 giocatori su 11 erano titolari nella finale
vinta meno di due anni fa: il suo obiettivo è vincerla di
nuovo».
E il vostro?
«Il nostro era qualificarci per gli ottavi, ora i quarti. Ma la
favorita resta l'Inter e non lo dico per metterle pressione:
dopo il sorteggio loro erano contenti, no? E' giusto,
l'accetto».
Tra Samuel e Forlan, chi avrebbe preferito restasse
indisponibile?
«Ci metterei anche Sneijder, fondamentale sui calci piazzati
e per le palle con cui alimenta attaccanti come Pazzini,
Milito e Forlan. E' la qualità individuale il problema con
questa squadra».
Qualificazione all'andata o al ritorno?
«Al ritorno, come sempre. L'andata serve a preparare la
partita decisiva e noi a Marsiglia abbiamo l'obiettivo di non
prendere gol per non dar loro il vantaggio della rete fuori
casa oltre a quello del ritorno a San Siro».
Quindi stavolta in trasferta la rapina contate di farla voi?
«Quel problema per fortuna è risolto. Ma diversamente da
quella banda noi agiremo a volto scoperto!».