Filippo Lippi - Italia Uomo Ambiente

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Filippo Lippi - Italia Uomo Ambiente
Le passioni svelate
Amori immortalati su “tela”
Daniela Affortunati
L’ITALIA, L’UOMO, L’AMBIENTE
Le Passioni Svelate
Le passioni svelate
Daniela Affortunati
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Immagine della copertina: J. Zoffany - La tribuna degli Uffizi (dettaglio) Pubblico Dominio.
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Prefazione
Uffizi, la Tribuna - Paolo Villa, Opera propria Wikipedia CC BY-SA 4.0
L'impulso creativo, in qualsiasi forma d'arte, necessita spesso di una molla che lo faccia scattare.
l'amava, nella nudità della Venere nascente dalle acque. Un quadro celeberrimo,
che possiamo ammirare agli Uffizi di Firenze: proseguendo una ideale visita della
Galleria forse più nota al mondo, Daniela
Affortunati ci porta a esaminare due altri
quadri famosi, in cui i pittori – Filippo
Lippi e Andrea del Sarto, quindi due maestri assoluti – hanno “svelato” , per sempre, agli occhi altrui l'oggetto della loro
passione amorosa. L'Arte si fa intimo sentimento, che nei secoli permane, immortale. E' il più alto dono che amante possa fare all'amata. Godetevelo nelle belle pagine
che vi proponiamo.
Talora essa si identifica con un ideale, etico, politico, religioso, talaltra con una
donna, una Musa ispiratrice con cui l'artista avverta esistere un legame profondo,
platonico o reale poco importa.
Dalla Lesbia di Catullo alla Beatrice dantesca, dalla Laura di Petrarca alla Aspasia
leopardiana, tante sono le creature femminili che, pur sotto pseudonimo, hanno profondamente connotato i testi letterari (e ci
limitiamo solo all'Italia). Più difficile, per
pittori e scultori, celare l'identità dell'amata quando se ne svelano i lineamenti: come fu, come è con Lucrezia Vespucci, immortalata dal Botticelli, che segretamente
Gianni Marucelli
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C AP ITO LO 1
Amori Immortalati Su Tela
Il cortile degli Uffizi - Samuli Lintula - Opera propria Wikipedia CC BY 3.0
Un percorso tra i corridoi degli Uffizi alla scoperta delle dame,
che hanno affascinato il cuore e gli occhi di alcuni tra i più grandi artisti.
Siamo al centro di un vasto piazzale ret-
straordinariamente chiaro. Non è il cor-
tangolare chiamato la Strada dei Magi-
po a parlare, bensì il loro genio. Rispet-
strati. Ventotto illustri Signori di Firen-
to, coraggio e umiltà di fronte al nobile
ze, Geni delle Lettere, della Scienza e del-
sapere! Da anni scorrono sotto i loro oc-
la Politica ci osservano dai loro giacigli
chi migliaia di turisti, a volte indifferenti
di pietra. Sebbene immobili e muti infon-
alla loro presenza, a volte sensibili alla
dono alle menti dei “vivi” un messaggio
loro energia. Code interminabili si susse3
guono e, sebbene estenuanti, risultano
rappresentazione, il sentimento. Siamo
del tutto sopportabili, in quanto pena dal-
di fronte ad uno sconvolgimento del gio-
la ricca ricompensa.
co delle parti. Pittore, quadro e spettatore acquisiscono un nuovo e affascinante
Prepariamo quindi le nostre “comuni”
significato. Il pittore non solo dipinge,
menti ad accogliere il tesoro custodito al-
bensì comunica; il quadro non solo rap-
l’interno del sacro ed elegante Tempio
presenta, bensì esprime; lo spettatore
dell’arte di Firenze: gli Uffizi.
non solo guarda, bensì interpreta e com-
Vere e proprie dichiarazioni d’amore si
prende. È la “rinascita” dell’arte, non più
susseguono tra i corridoi di una delle gal-
pura rappresentazione, ma vero strumen-
lerie d’arte più famose al mondo. Come
to di comunicazione.
le parole si fissano sulla pergamena, così
Rapiti ed estasiati dalla bellezza di una
le linee definite e perfette, si imprimono
Simonetta Vespucci, ritenuta dai contem-
su tele e tavole, tracciando volti e figure
poranei la più bella donna vivente e scel-
destinate a rappresentare Dee, Madonne
ta da Botticelli, di lei segretamente inna-
e Angeli. Ecco come, rapiti dalla bellezza
morato, come modella per rappresentare
o mossi dallo spirito della passione amo-
la Dea in La nascita di Venere, non pos-
rosa, alcuni dei più grandi artisti sottrag-
siamo esimerci dal soffermarsi di fronte
gono da contesti quotidiani e mortali
donne nobili o semplici popolane,
a questo esempio di perfezione, per poi
per
congedarsi e proseguire il nostro affasci-
donare loro l’eterno vivere.
nante percorso delle emozioni, che ci con-
Percorrendo i corridoi degli Uffizi siamo
duce dinanzi a due capolavori dell’arte
invasi da un susseguirsi di messaggi;
rinascimentale, araldi di emozioni diver-
messaggi d’amore, di odio, di stima, cele-
se, direi antitetiche, ma al contempo pre-
brativi, e sacri. Non sono solo gli occhi
gnanti, intense, capaci di toccare ogni
ad essere impegnati nel comprendere,
singola corda della nostra coscienza;
ammirare e memorizzare ciò che ci cir-
amore, dolcezza e commozione da un la-
conda, anche l’anima è coinvolta. Gli arti-
to e amore, dolore, angoscia dall’altro. Fi-
sti, qui rispettosamente “chiacchierati”,
lippo Lippi e la sua Madonna con Bambi-
ci coinvolgono nella loro vita emotiva, ci
no e Angeli e Andrea del Sarto con la sua
comunicano ciò che li tormenta o ciò che
Madonna delle Arpie. Due geni, due dei
li allieta, condividendo così, attraverso la
più grandi artisti del Rinascimento fio4
rentino, due animi sì opposti, ma guidati, nella loro arte, da un unico comune sentimento: l’amore. Proviamo a svelare, con l’aiuto di fonti illustri tra le quali il grande Vasari con “Le Vite” datate 1550 e lo scrittore Robert Browning con il suo “Andrea del Sarto”, il loro messaggio d’amore celato dietro il serpeggiare dei colori e delle linee.
J.Zoffany, La tribuna degli Uffizi (detail) pubblico dominio
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C AP ITO LO 2
Filippo Lippi
Madonna con Bambino e Angeli
Siamo nella sala n. 8. La Madonna con
gine immortalata è Lucrezia Buti, amore
Bambino e Angeli di Filippo Lippi timida-
di Filippo Lippi e madre dei suoi due fi-
mente volge lo sguardo a sinistra mo-
gli, Filippino e Alessandra. Un amore di-
strandoci quella dolce immagine che la
scusso, condannato, ma che vince, s’in-
contraddistingue. L’emozione che si pro-
nalza dalle polveri delle cattiverie e si fa
va di fronte a questo dipinto è indescrivi-
eterno ogni qual volta Filippo deciderà
bile. Quel profilo dolce e malinconico del-
di dichiararlo su una tavola attraverso gli
la Madonna ci commuove, richiamando
occhi, le mani, i colori e la bellezza della
in ognuno di noi quel sentimento caldo,
sua amata.
affidabile ed eterno di cui solo una ma-
L’incontro con Lucrezia Buti avvenne in
dre può essere capace. E siamo scossi da
occasione della nomina di Fra’ Filippo a
un leggero brivido nel pensare che la Ver-
cappellano del Convento di Santa Mar6
gherita a Prato nel 1456, dove gli fu com-
In occasione dell’ostensione della sacra
missionata dalle suore una Pala (oggi al
cintola, conservata nella Chiesa di Santa
Museo Civico di Prato), che raffigurasse
Margherita, approfittando del fatto che,
'La Madonna che dà la Cintola a San
in suddetta circostanza, le suore avevano
Tommaso' tra i Santi Gregorio e Agosti-
il permesso di uscire dal Convento, rapì
no, Tobiolo con l'Angelo e Santa Marghe-
Lucrezia e la condusse nella sua casa a
rita.
Prato. Non fu la prestanza fisica e la giovinezza che indusse Lucrezia a sottostare
Ma galeotto fu il Convento ed il dipinto!
a questo patto, bensì l’intelligenza e la
Il Convento infatti era dimora di alcune
comprensione e l’affetto che Filippo gli
ragazze, le cui famiglie, impossibilitate a
dimostrava e che mai aveva ricevuto.
garantire loro una dote, avevano scelto
quel luogo come unica alternativa di vi-
Non è necessario sottolineare lo scanda-
ta. Fu in occasione del dipinto che Filip-
lo che i due innamorati dovettero affron-
po conobbe Lucrezia Buti, 23 anni e sen-
tare, e che, solo grazie all’intervento di
z’altro di straordinaria bellezza. Filippo,
Cosimo il Vecchio, mecenate e ammirato-
sebbene uomo di chiesa ormai cinquan-
re del pittore, il quale ottenne da Papa
tenne, rimase accecato dallo splendore
Pio II lo scioglimento dei voti di entram-
di Lucrezia e chiese, senza indugio, alla
bi, venne parzialmente placato. Nono-
Badessa Bartolomea de’ Bovacchiesi, che
stante la libertà Filippo non fece di Lucre-
la stessa fanciulla “la quale aveva bellissi-
zia la sua sposa. Chissà se quella malinco-
ma grazia et aria”, posasse come modella
nia che traspare dal suo volto sia frutto
per l’immagine di Santa Margherita. Fi-
di un lieto fine mancato. Madre ma non
lippo era sconcertato. S’innamorò perdu-
sposa; donna conscia dell’aver sfidato la
tamente di quella giovane suora e decise
regola, conscia di aver macchiato il suo
di non lasciare che tanta beltà andasse
onore, fa del suo amore il suo blasone e
sprecata in un Convento. A lui, del resto,
combatte ogni pregiudizio. Certa e grata
“fatto di carne e sangue”, spirito libero,
dell’amore di Filippo fissa però nel vuoto
estroso istintivo, passionale e amante del-
un pensiero lontano, irrealizzabile, spera-
le bellezze della terra, la vita costringen-
to.
te del Convento non si addiceva e quindi
non perse tempo ad organizzare un piano di fuga.
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Filippo Lippi
Nato a Firenze nel 1406 in San Frediano, rimasto orfano
in tenera età fu adottato con il fratello Giovanni dai monaci carmelitani nel convento di Santa Maria del Carmine,
dove l’8 giugno del 1421, compiuti 15 anni, prese i voti.
L’estro di Filippo si manifestò già nei primi anni di studio;
sveglio e irrequieto apprese facilmente le discipline classiche del Convento, ma divenne sempre più evidente e rilevante, che la sua vocazione non era propriamente di natura religiosa, bensì artistica. Frate Lippo, così lo chiamavano, aveva un vero talento per l’arte del dipingere. Nonostante i dogmi imposti dall’autorità ecclesiastica, austera,
rigida, Filippo concepiva una pittura del tutto libera, spontanea e soprattutto realistica, che rompeva gli schemi della pittura tradizionale, e dava vita ad un’arte pittorica nuova caratterizzata da innovazioni estetiche, figurative e cromatiche. Frenato dagli stessi carmelitani, volle comunque
perseguire il suo sentire, dando luce e anima a tutte le meraviglie della natura in quanto manifestazioni dell’Amore
Autoritratto di Filippo Lippi,
dettaglio della “Incoronazione
della Vergine.
di Dio. “[…] dipinger queste cose esattamente come sono,
e venga quel che venga! […] per questo l’arte ci fu data[…]”. Anima e materia in perfetta armonia. Ciò che vive,
di qualsiasi natura esso sia, ha spirito; e sarà proprio questa filosofia a guidare il genio di Filippo Lippi. Il sacro
scende finalmente sulla terra. L’energia, che scaturisce da
ogni essere vivente, i colori, le ombre, non devono essere
ignorati, né disprezzati, bensì esaltati da coloro che hanno
il dono di poterli rappresentare. Poliziano scrisse sulla sua
tomba: “Con le mia dita di artista ho saputo infondere vita
ai colori ed ingannare a lungo gli animi, che speravano di
udirne la voce.”
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C AP ITO LO 3
Andrea del Sarto
Madonna delle Arpie
Alcuni passi e ci troviamo ora nella sala
femminile ritratta nelle vesti della Ma-
26 di fronte al capolavoro di Andrea del
donna è Lucrezia della Fede, protagoni-
Sarto La Madonna delle Arpie. Ciò che
sta indiscussa del suo quadro e della sua
subito risalta ai nostri occhi è proprio la
vita.
singolarità della Madonna stessa. A diffe-
Rapporto tormentato e morboso il loro,
renza dei canoni classici, che vincolava-
di cui abbiamo precisi commenti da par-
no la bellezza divina a colori chiari e a
te del Vasari, il quale fu allievo di Andrea
tratti delicati, la Madonna delle arpie ca-
durante gli anni del matrimonio. Fatti
povolge, con la sua capigliatura bruna e
quindi, e non supposizioni o dicerie a te-
con la sua figura decisa e forte, la tradi-
stimonianza di un’arte totalmente sacrifi-
zione artistica. E questa splendida figura
cata all’amore indiscusso e assoggettato
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all’algida Lucrezia. Un talento che si spe-
ogni sua bramosia, considerava i suoi ca-
gne gradualmente. La luce della sua arte
polavori mezzi per compiacere Lei e solo
viene offuscata dalla sopraffazione di un
Lei, il cui sorriso lo avrebbe ripagato del-
sentimento malato, che determinò la sua
le fatiche spese.
rovina.
Non curante delle preoccupazioni mani-
Un messaggio non d’amore, ma di dolore
festate dai suoi cari, sacrifica la sua vita,
scaturisce dal quadro di Andrea del Sar-
i suoi genitori, a favore di un’altra vita
to. L’amore che guida la mano dell’arti-
del tutto fantastica, straordinariamente
sta mentre raffigura la sua Madonna è
reale nella sua mente e nel suo cuore, ma
vissuto come un’ossessione, come un tor-
del tutto irreale, opaca e sterile nell’uni-
mento senza via d’uscita. L’artista della
ca vita data da vivere all’artista.
perfezione, il pittore “senza errori” come
Così recita l’Andrea del Sarto di
lo definisce lo scrittore Robert
Browning “ […] Amore, tu mi hai dato
Browning, invidiato da qualsiasi altro ar-
tutto ciò che ho chiesto, penso, più di
tista per il suo tratto spontaneo, che non
quello che merito, sì molto di più. Ma se
richiedeva correzioni e cancellature, è vit-
tu avessi- oh con quella fronte così per-
tima consapevole, a mio avviso, di un
fetta, e occhi perfetti, e bocca perfetta, e
sentimento tanto grande quanto tragico
quella voce che sommessa attrae la mia
e distruttore. E Andrea, proprio in nome
anima, come l’uccello è attratto dal ri-
di questo Amore, fece del suo talento
chiamo del cacciatore e lo segue fin nel
uno strumento di conquista. Attraverso
laccio- se tu avessi portato, con tutto
l’arte cercava la considerazione di una
questo, anche uno spirito!”
donna forse troppo occupata ad apparire
ed interessata più ai frutti dell’arte del
E lo stesso quadro con quegli esseri mo-
marito che al marito stesso. Un amore a
struosi scolpiti sul pozzo degli abissi, te-
senso unico, estremamente estenuante,
nuto chiuso dalla Vergine aiutata dai due
fatto di attese e desideri, sogni e progetti
angeli, con il fumo ed i colori cupi che lo
da parte di un uomo il cui esser artista
contraddistinguono, con i volti contratti
gli conferì la fama, ma non ciò che desi-
degli angeli, trasmette questo tormento.
derava più di ogni altra cosa: la stima e
Forse La Madonna delle Arpie è sempli-
l’amore di Lucrezia. Accecato dal deside-
cemente la rappresentazione del passo
rio di soddisfare la moglie, di esaudire
dell’Apocalisse, o forse la scelta di un sog10
getto così angosciante è legata allo stato
arricchire poi il ricordo del soggiorno a
d’animo dell’artista, a questo disagio
Firenze; e noi, che non siamo turisti e
emotivo, a questa mortificazione che lo
che non viviamo da diverso tempo l’an-
ha accompagnato per tutta la vita, a que-
sia dell’interrogazione scolastica, pren-
sto senso di inadeguatezza nei confronti
diamoci il tempo necessario e cerchiamo
di una donna o chissà di una vita che
di ascoltare il messaggio dei nostri “guar-
non ha mai sentito sua. E Lucrezia, seb-
diani di pietra”. Il genio che ci circonda è
bene porti lo stesso nome, è così diversa
straordinariamente umano. La grandez-
dalla Lucrezia di Filippo Lippi. Lucrezia
za di questi “uomini” non consiste nel po-
della Fede senza cuore né spirito, dalla
tere e nel denaro, ma nella capacità di
bellezza placida e implacabile, incontra-
esprimere la propria arte, la propria pas-
stabile, incontentabile. Lucrezia Buti, ri-
sione. Per nessuno di loro l’arte rappre-
tratto dell’umiltà della dolcezza e del co-
senta un mezzo per arricchirsi; nessuno
raggio. Due artisti, due quadri, due don-
di loro calcola il prezzo della propria ope-
ne bellissime, tutto l’opposto di tutto. La
ra d’arte; ognuno di loro crea per espri-
rappresentazione dell’amore mortifican-
mere se stesso. Seppur vincolati da cano-
te, deludente, cupo in Andrea del Sarto e
ni estetici e spirituali l’arte nasce diretta-
dell’Amore appagante, rassicurante e lu-
mente dalla loro anima e plasma la pie-
minoso in Filippo Lippi. Due artisti es-
tra, il marmo, colora una tela, s’imprime
senzialmente uomini.
su un foglio inerme e bianco.
Impietriti e commossi, rimaniamo in silenzio di fronte a questi capolavori. La
«Ma non potea se non somma bellezza/
nostra mente è vuota, completamente as-
Accender me, che da lei sola tolgo/A far
sorta. Quali sono i pensieri che incombo-
mie opre eterne lo splendore./Vidi umil
no di fronte ad un’opera d’arte? Lo stu-
nel tuo volto ogni mia altezza;/Rara ti
dente in gita scolastica si concentra ad
scelsi, e me tolsi dal volgo;/E fia con
ascoltare il professore per elaborare al
l'opre eterno anco il mio amore.»
meglio il commento che gli sarà poi richiesto; il turista, provvisto di cuffia o ac-
M. BUONARROTI, Sonetto XXXIX.
compagnato da guida, cosciente della brevità dell’incontro, cerca di memorizzare
e di registrare parole ed immagini, per
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Andrea del Sarto
Andrea Vannucchi detto Andrea del Sarto nasce a Firenze il 16 luglio 1486. Figlio di un sarto di nome Agnolo di Francesco e di Costanza di Silvestro anch’ella figlia di un sarto. Il padre si preoccupò di dare una formazione di base al bambino, mandandolo a scuola di
grammatica e successivamente, all’età di sette anni, apprendista di un orafo per poi passare ad operare nella
bottega del pittore Gian Barile, il quale, visti i suoi notevoli progressi, lo affidò alla bottega di Piero di Cosimo.
Ottenuti i primi successi artistici ed economici, si avvicina ad Andrea la splendida Lucrezia, la quale regnerà
nella sua vita come unico amore, unico impegno, unico
compiacimento. Sposa di Carlo Domenico Berrettaio,
Andrea del Sarto
Autoritratto
dalla quale ebbe una figlia Maria, alla morte del medesimo Lucrezia fu subito consolata dall’abbraccio innamorato di Andrea, il quale, ammaliato dalla sua bellezza avvolgente e serpentina, cadde nel suo incantesimo
dal quale niente e nessuno potrà risvegliarlo. Alla fine
del 1517 fece di lei la sua sposa e della figlia Maria la
sua figliastra; dette loro amore e stabilità economica,
prostrandosi ai desideri di quella magnifica donna incantatrice.
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C AP ITO LO 4
Il Tempio Dell’Arte
Interno degli Ufizzi - Sailko - WikipediaCC BY-SA 3.0
Un’enorme macchina amministrativa, ec-
te di meno artistico quindi, per quello
co quale era il progetto di Cosimo de’ Me-
che sarebbe diventato la sede di una del-
dici quando, nel 1560, dopo la vittoria di
le più preziose collezioni d’arte di tutti i
Firenze su Siena, che le conferì il titolo
tempi.
di capitale del nuovo stato toscano, ingag-
In realtà sarà lo spirito del bello e la pas-
giò Giorgio Vasari, uno degli architetti
sione dell’arte propria della dinastia dei
più importanti dell’epoca, di costruire un
Medici a determinare la concezione arti-
complesso da adibire all’amministrazio-
stica degli Uffizi.
ne della città. Lo scopo era infatti riunire
in una sola sede le tredici magistrature
Sempre impegnati a dimostrare a Dio, al-
che costituivano il governo toscano. Nien-
l’imperatore e ai fiorentini di quali gran13
dezze fossero capaci, i Medici finalizzava-
vero e proprio luogo di rappresentanza,
no la loro attività economica al raggiungi-
in cui venivano accolte tutte le persone
mento della grandezza, all’immortalità,
di prestigio, che erano di passaggio a Fi-
attraverso l’investimento e la ricerca di
renze. Da Lorenzo il Magnifico, il mece-
opere d’arte provenienti da tutto il mon-
nate per eccellenza, a Ferdinando I,
do; e la vanità non soffoca l’arte, anzi la
amante della pittura e della scultura clas-
sostiene. Grazie alla loro ambizione, al
sica; da Cosimo II, il quale, fra il Cinque-
loro voler essere grandi e immortali, gra-
cento e Seicento, arricchirà la Galleria
zie al loro potere, sebbene scaltro e spre-
con opere del Caravaggio; all’intrapren-
giudicato, frutto di speculazioni mercan-
denza di Ferdinando II e all’eredità della
tili e bancarie, possiamo oggi godere di
moglie Vittoria della Rovere, grazie ai
un patrimonio artistico unico al mondo.
quali si deve l’acquisizione di opere di
Un dono da parte di una Casata che ha
Piero della Francesca, Raffaello e Tizia-
dominato la Toscana per 300 anni, che
no. Dal cardinale Leopoldo de’ Medici,
ha dato una regina alla Francia, Caterina
fratello di Ferdinando e zio di Cosimo
de’ Medici, e due pontefici alla Chiesa,
III, cultore di autoritratti e disegni, ad
Leone X e Clemente VII.
Anna Maria Luisa, che ormai nel Settecento, stabilirà la Galleria come “bene
Il primo a concepire gli Uffizi come galle-
pubblico e inalienabile”. Un percorso ver-
ria d’arte fu Francesco I, granduca medi-
so l’eccellenza, non senza ostacoli, ma
ceo, figlio di Cosimo I, il quale aveva già
mai decrescente. Il Tempio dell’arte ha
realizzato nel cuore dell’Ufficio in Palaz-
saputo affrontare guerre e disastri am-
zo Vecchio, sede della Signoria, lo Studio-
bientali brandendo la sua unica arma:
lo, “quel guardaroba di cose rare et pre-
l’arte.
ziose”, dove amava ritirarsi a meditare,
piuttosto che ottemperare ai suoi doveri
politici. Nel 1580, quest’ultimo comincia
a trasferire nella Galleria Orientale, all’ultimo piano, alcune opere scelte della ricca collezione di famiglia, dando il via al
percorso di trasformazione e arricchimento del complesso, che divenne il fiore all’occhiello della nobile famiglia, un
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