Stress test

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Stress test
Position Paper in risposta al
documento di consultazione del
Comitato di Basilea
“Principles for Sound Stress
Testing Practices and
Supervision”
Marzo 2009
POSITION PAPER
POSITION PAPER
Introduzione
Il sistema bancario italiano ha apprezzato l’iniziativa del Comitato di Basilea
di pubblicare il documento di consultazione “Principles for Sound Stress
Testing Practices and Supervision”.
Gli Uffici dell’ABI, al fine di elaborare la posizione del sistema bancario
italiano hanno raccolto dagli Associati i diversi punti di vista e le diverse
proposte sugli aspetti trattati nel documento stesso.
Sulla base delle osservazioni pervenute, nonché delle attività svolte da
appositi gruppi di lavoro interbancari, è stato predisposto dall’ABI l’allegato
Position Paper che viene trasmesso al Comitato di Basilea e, per
conoscenza, all’Autorità di Vigilanza nazionale.
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Premessa
In questa Premessa si riportano:
•
ai punti 1 e 2 alcuni concetti già espressi dal sistema bancario italiano
nel Position Paper (PP) di risposta al CP12 del CEBS nel giugno 2006
(ante financial turmoil) che riguardano le soglie di intensità e il
coordinamento internazionale degli stress test.
•
Ai punti 3 e 4 i concetti, ripresi da una parte del PP FBE al quale ABI
ha contribuito, relativi all’approccio proporzionale agli stress test e
alla richiesta di non legare i risultati degli stress al capitale
economico.
1)
“Gli eventi di carattere sistemico, soprattutto se di intensità
“catastrofica” devono poter contare su interventi esterni coordinati.
Nessun intermediario, neanche a livello di sistema, può assicurare
continuità in tali situazioni che, pertanto, devono essere affrontate con
strumentazioni a parte, come consultazioni tra le Autorità di Vigilanza,
autorità pubbliche e industria finanziaria.
Le soglie di intensità degli stress test devono essere coordinate a livello
internazionale perché la competizione è anch’essa internazionale e non è
pensabile un sistema (od una vigilanza) che scelga proprie modalità e livelli
di prudenza (imponendoli al sistema degli intermediari locali, tra i quali
anche soggetti internazionalmente attivi e/o gruppi multinazionali) senza
coordinamento con gli altri mercati, se non strettamente e pubblicamente
giustificati.
Pertanto si richiede maggiore chiarezza:
•
sugli scenari per i quali sono le banche a dover assicurare stabilità e
resilienza con le proprie risorse patrimoniali,
•
sugli scenari estremi, oltre ai quali la stabilità di sistema deve essere
assicurata da interventi/strategie congiunte tra intermediari e regulators
ovvero dai soli regulators con azioni di “recovery” preventivamente
concordate (anche se non rese esplicite o pubbliche).
Ci si rende conto della complessità e della delicatezza del tema. Tuttavia
esso rimane centrale per la gestione corrente degli intermediari finanziari e
per la programmazione delle risorse, in un quadro di certezze e di
prevedibili riscontri da parte delle autorità di vigilanza” (tratto dal PP ABI sul
CP12).
2)
Posto che ogni intermediato è chiamato a costruire i propri scenari in
modo del tutto autonomo, vi è una esigenza di coordinamento
internazionale sugli stress test al fine di meglio studiare gli effetti ed i retro
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effetti di stress globali e sistemici. A tal fine, sarebbe opportuno che a livello
internazionale o quanto meno in ampie giurisdizioni quali quella Europea, le
autorità di vigilanza richiedano di effettuare stress test omogenei indicando
sia “le variabili macro-economiche da stressare che l’entità dello stress
stesso. Rimarrà compito della banca poi stimare l’effetto di questo scenario
sulle variabili chiave che guidano il rischio …… L’adozione di uno scenario di
stress uniforme per tutte le banche sembra del resto preferito anche
dall’autorità di supervisione che potrà così comparare i risultati ottenuti da
tutte le banche del sistema in maniera più omogenea” (tratto dal PP ABI sul
CP12).
3)
Con specifico riferimento al documento del Comitato di Basilea
“Principles for Sound Stress Testing Practices and Supervision” il sistema
bancario italiano auspica che i supervisori, quanto meno a livello Europeo,
delineino un approccio proporzionale agli stress test.
Infatti,
l’esperienza del sistema bancario italiano “is that stress testing through
scenario analysis is very resource demanding. If these recommendations in
their entirety were imposed, there would be significant resource
implications, especially for non-systemic banks. Italian banking system does
not think that smaller banks should be required to undertake as detailed a
set of stress tests but emphasises that the principles already reflect the
stress testing practices of its larger members” (tratto da una parte del PP
FBE al quale ABI ha contribuito).
4)
“Italian banking system agrees that stress testing is part of a bank’s
Internal Capital Adequacy Assessment Process. However it disagrees
with the link made in practice by some European supervisors
between stress testing results and capital adequacy. This would
indeed very likely lead to competition distortion as regards capital
requirements. Instead, a better coordination amongst supervisors of a same
cross-border banking group is essential and the issue of group wide stress
testing should be addressed by a bank’s college of supervisors. It is
regrettable that this issue was not touched upon in the current consultation”
(tratto da una parte del PP FBE al quale ABI ha contribuito).
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Pieno utilizzo gestionale dello stress testing
Nel documento uno dei messaggi maggiormente innovativi del Comitato di
Basilea appare essere la richiesta di "pieno utilizzo gestionale" degli stress
test. Tale richiesta si configura come molto pervasiva nell'ambito della
gestione bancaria, perché non si limita a prevedere un uso più
convinto degli stress test in sede misurazione dei singoli rischi e di
resoconto Icaap (cfr. p. 14), ma si estende a tutte le maggiori
decisioni strategiche anche di competenza dei vertici aziendali1
(strategic choices when undertaking and discussing longer term business
planning) nonché ai processi di comunicazione2.
Si tratta di un programma ambizioso che tende a configurare lo stress
testing come un sistema aziendale vero e proprio3, strettamente
collegato e integrato ai processi strategici e operativi (utilizzo
gestionale), il quale viene disciplinato secondo modalità analoghe a quelle
già applicate da un lato ai sistemi di rating e ai modelli interni previsti dal
Primo pilastro di Basilea II, dall'altro al processo Icaap.
Nel documento vengono tracciate diverse modalità di utilizzo degli stress
test. In particolare nel processo decisionale dell’adeguatezza patrimoniale la
metrica fondamentale per il processo decisionale è rappresentata dal
capitale interno, mentre lo stress test assume un ruolo di variabile di
controllo.
Pur d'accordo in linea di principio con tale impostazione, si ritiene che
l'efficacia delle raccomandazioni volte a promuovere l'utilizzo gestionale a
360 gradi degli esercizi di stress molto dipenda dalla verosimiglianza degli
esercizi stessi, cioè dalla relativa robustezza e capacità predittiva. A tal
proposito si segnala l’opportunità che le Autorità di Vigilanza
suggeriscano - quanto meno agli intermediari di natura non
sistemica - maggiori riferimenti in termini di criteri metodologici e
organizzativi per le diverse fasi degli stress test (in particolare per i
processi strategici ed operativi di cui sopra) e che tali criteri siano
1
"Stress tests should be used to support a range of decisions. In particular but not exclusively, stress
tests should be used for setting the risk appetite of the firm or setting exposure limits. Stress tests
should also be used to support the evaluation of strategic choices when undertaking and
discussing longer term business planning. Importantly, stress tests should feed into the capital and
liquidity planning process" (Raccomandazione n. 1, p. 13).
2 “Stress tests should play an important role in the communication of risk within the bank [...]. Stress
tests should also play an important role in external communication, in particular vis-à-vis supervisors, to
provide support for internal and regulatory capital adequacy assessments. A bank may also want to
voluntarily disclose its stress test results more broadly to enable the market to better
understand its risk profile and management" (Raccomandazione n. 2, p. 14).
3 Tra l’altro il Comitato di Basilea richiede che la definizione degli esercizi di stress e l'utilizzo delle
relative risultanze veda la collaborazione di "different senior experts within a bank such as risk
controllers, economists, business managers and traders" (raccomandazione n. 3, p. 14). E' inoltre
raccomandata la formalizzazione per iscritto e di dettaglio delle attività di stress test (raccomandazione
n. 4), lo sviluppo di un'infrastruttura tecnologica robusta e flessibile (raccomandazione n. 5) e la
regolare validazione interna e la revisione indipendente del sistema di stress testing (Raccomandazione
n. 6).
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omogenei a livello internazionale. Ciò ovviamente non dovrà limitare in
alcun caso la valenza prettamente interna/aziendale, e quindi “personale”,
degli esercizi di stress.
Su alcuni criteri metodologici e organizzativi, infatti, il documento di
consultazione non sembra fornire contributi adeguati, come rilevato di
seguito. Tanto meno si forniscono indicazioni diversificate per i diversi
ipotetici ambiti di applicazione gestionale degli stress test, lasciando quasi
intendere che lo stress testing firm-wide sia identico a quello sul singolo
prodotto, e che medesima sia l'infrastruttura tecnologica di supporto.
Ad esempio, le quattro raccomandazioni contrassegnate dai nn. 7-10 in
effetti appaiono alquanto generiche. E non tanto per l'ambito cui esse
richiedono di applicare gli esercizi di stress - che viene precisamente
indicato come di duplice natura, quello dell'intero perimetro aziendale e
quello corrispondente agli specifici rischi, prodotti, fattori di rischio, entità
legali ecc. in cui si articola la banca4 quanto perché:
-
non
sono
fornite
indicazioni
circa
l'eventuale
modalità
di
omogeneizzazione dei fattori di rischio e degli orizzonti temporali di
manifestazione dei rischi sottoposti a stress test di tipo "firm-wide" (p.
17);
-
si critica la "failure of imagination" nella costruzione degli scenari di
stress (raccomandazione n. 8, p. 17), ma non si completano le
indicazioni normative già disponibili in materia di criteri di definizione
degli scenari stessi, in particolare quelli strategici ed operativi;
-
gli ambiti di incertezza summenzionati sono altresì delicati, anche perché
si propone l’introduzione nuovi ambiti di stress, quali ad esempio quelli
riferiti ai rischi reputazionali o di second round effect, che
richiederebbero ulteriori specificazioni e precisazioni.
L'unica novità in materia metodologica, positiva, sembra essere
rappresentata dalla raccomandazione di condurre "reverse stress tests" (pp.
18-19).
Conclusioni
A fronte della richiesta di un impiego pervasivo degli stress test, anche
su aree in cui il suo utilizzo gestionale risulta essere meno
praticato, appaiono non sufficientemente delineati i principi di riferimento
circa le modalità metodologiche del loro svolgimento in particolare su tali
aree.
4 Raccomandazione n. 7, pp. 16-17
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Nel medio periodo, tale discrasia potrebbe vanificare la promozione - anche
tra gli intermediari non sistemici – di una maggiore cultura del governo del
rischio lasciando la tecnica dello stress testing in una condizione di forte
discrezionalità e limitata credibilità. Pertanto, si richiede di adottare un
approccio più realistico, secondo il seguente iter:
1. in una nuova versione del documento in consultazione, rimodulare le
raccomandazioni con riferimento alla conclusione dell'attività di cui al
successivo punto 2. Ciò ovviamente non vuole bloccare le
sperimentazioni che i singoli intermediari in modo indipendente o
coordinato dalle proprie Autorità di Vigilanza stanno o vorranno
intraprendere, bensì intende valorizzare tali esperienze nel nuovo
documento che, redatto nell’arco dei prossimi 6-12 mesi, potrà
giovarsi delle molteplici iniziative attualmente avviate o programmate
per il prossimo futuro in tema di stress testing;
2. promuovere l'elaborazione e l’applicazione di linee guida
metodologiche in materia di stress testing da applicarsi al
processo Icaap ed in particolare alla gestione del rischio di
liquidità. Tali linee guida dovrebbero essere solo di indirizzo e non
risultare vincolanti soprattutto per quelle istituzioni che hanno già
sviluppato un proprio ICAAP. Ciò in stretta collaborazione con
l'industry finanziaria e con l’obiettivo di promulgare linee guida che
siano proporzionali alla complessità del modello di business
sottostante alle diverse classi di intermediari e ai rischi materiali in
esse impliciti. Da valutare se prevedere in tale ambito la formulazione
di scenari coordinati a livello internazionale e/o soglie di intensità
degli stress test omogenei, tra le diverse giurisdizioni, onde prevenire
comportamenti di moral hazard da parte di singole banche o
categorie di banche. Ciò ovviamente nel solo ambito di scenari di
sistema a fini di vigilanza mentre le banche dovrebbero sviluppare i
propri, in piena autonomia, per finalità gestionali;
3. verificare la fattibilità di una graduale estensione di tali linee
guida ad altri processi della gestione bancaria diversi
dall’Icaap, in particolare quelli operativi e commerciali, valutando
il trade-off tra costi e benefici di un utilizzo intensivo della tecnica di
stress testing e in particolare il rischio che l'attività operativa e
commerciale delle banche si trovi a essere eccessivamente
condizionata da considerazioni prudenziali che potrebbero creare
effetti di spiazzamento sul mercato.
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