La biosfera: un sistema squilibrato Per biosfera s

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La biosfera: un sistema squilibrato Per biosfera s
Roberto Weitnauer
Aprile 2006, esteso luglio 2007
www.kalidoxa.com
9 pagine, 7 immagini
Diritti riservati
La biosfera: un sistema squilibrato
Per biosfera s’intende il dominio spaziale in cui si riproduce la vita: si tratta di un
sottilissimo guscio formato di terra, aria, acqua e ghiaccio che avvolge il nostro
pianeta e che veicola energia in un assetto costantemente sbilanciato. Come tutti i
sistemi termodinamici lontani dall’equilibrio, esso segue un percorso imprevedibile e
reca traccia di ogni suo trascorso, come se possedesse una memoria indelebile. È del
resto proprio lo squilibrio che consente alla vita sulla Terra di perpetrarsi, come
attesta la teoria del caos a proposito delle cosiddette “strutture dissipative”. La
biosfera è dunque ben lungi dal poter essere considerata un sistema perfetto e
regolato una volta per tutte in un assetto finemente calibrato, come vorrebbero
talune interpretazioni diffuse e provenienti da ambienti non scientifici. Le leggi di
Darwin e la biodiversità attuale e passata attestano invece di un continuo mutamento
e possono considerarsi il riflesso di una condizione generale spiegabile in termini
termodinamici e certamente non eccezionale, sebbene la vita in sé – per quanto ci è
dato conoscere – sembri costituire un aspetto particolare che non trova pari nel
cosmo.
La nozione di “biosfera” è tratta dal contesto ecologico o ambientalistico e la
riteniamo acquisita per lo più grazie alle trasmissioni divulgative scientifiche. In
verità, il significato di questo termine è meno scontato di quanto non crediamo.
Siamo qui alle prese con un concetto che allude al variegato regno della vita sulla
Terra e che tra i non addetti ai lavori rimanda spesso all’idea di un sistema fin
dall’inizio configurato in una fragile perfezione. La biosfera è certamente fragile, ma
interpretarla secondo ideali statici ed etici è quanto mai fuorviante per la sua
comprensione.
In fondo, la biosfera non ha nulla di perfetto, nel senso genuino di questo
aggettivo. Essa non è infatti qualcosa che possa definirsi compiuto ed è in continua
evoluzione. Perde pezzi strada facendo, ne confeziona di nuovi, si scompiglia e si
ripara, invecchia e finora non cede. Non possiamo leggere con oggettività nei suoi
passi evolutivi la traccia di una tendenza alla perfezione. Tutto avviene in conformità
alle leggi darwiniane, ovvero grazie a opportunità occasionali e tra vincoli
imprevedibili.
In questo processo cieco siamo immersi anche noi con il nostro mito o, forse, con
il nostro miraggio dello sviluppo sostenibile. Non siamo che una delle tante specie
che si perpetua in ecosistemi posti tra le più elevate montagne e i più profondi abissi
oceanici. Come tutte le altre forme di vita, discendiamo dai batteri, i fondatori della
biosfera che sono proliferati nelle acque ancestrali, sino a colonizzare l’intero pianeta.
In questo senso non siamo speciali, né possiamo supporre di avere nel lungo termine
più probabilità di sopravvivenza di altre creature; tantomeno possiamo dire che il
regno della vita sia fatto a nostra misura o per elevarci sopra altri organismi.
Se però guardiamo alla biosfera dallo spazio siderale conosciuto essa ci appare
effettivamente come un’incredibile eccezione: uno strato di soli 20 km di spessore
che avvolge il globo e che è ben poca cosa se consideriamo che il raggio terrestre è
pari a circa 6400 km: la biosfera risulta essere lo 0,3%. In sostanza, la vita pullula
entro un guscio evanescente di aria, terra, acqua e ghiaccio. È proprio tale sottigliezza
che colpisce la nostra attenzione in un cosmo che appare altrimenti asettico.
La biosfera è un guscio che si sviluppa attorno alla Terra e che parte dal fondo delle fosse
oceaniche dove vivono ancora batteri anaerobici e giunge sino a quota 10'
000 m, dove è possibile
rilevare spore e polline sospinti dalle correnti ascensionali. Lo spessore della biosfera ammonta
così a circa 20 km e corrisponde allo 0,3% del raggio del globo. In questo strato sottilissimo è
contenuta tutta la vita: DNA, RNA, proteine, cellule, popolazioni, specie, processi riproduttivi e
metabolici, catene alimentari, habitat, ecc.
Grafica dell’autore.
Immagine terrestre: http://www.mostviertel.incoming.at/site/images/Landesausstellung2007/erde.jpg
Eppure, contrariamente a quanto alcuni pensano, lo sviluppo della biosfera è un
fenomeno perfettamente spiegabile in termini scientifici generali, seppure evidenzi
particolarità che finora dobbiamo considerare esclusive. È però importante realizzare
che il regno vivente riflette una dinamica intrinsecamente instabile, ossia retta da uno
squilibrio protratto. In effetti, la scienza che impariamo fin dall’età scolastica ci
abitua a considerare soprattutto gli equilibri. Maturiamo così facilmente la
convinzione che l’universo intero sia un sistema bilanciato e che tutto ciò che tale
non appare sia per qualche verso un disturbo transitorio in una configurazione
altrimenti stabilizzata. La verità è però molto diversa: l’equilibrio è solo una
situazione astratta e più facile da studiare, mentre i sistemi reali sono quasi sempre
più o meno sbilanciati e complessi. Il fatto stesso che il cosmo sia in fase di
espansione ne è una testimonianza eloquente.
La biosfera non è diversa in questi termini. Anzi, possiamo dire che il suo
squilibrio è particolarmente pronunciato. La dimostrazione più convincente è data di
primo acchito dalla circostanza ch’essa evolve, senza dare segno alcuno di aver
raggiunto una configurazione consolidata. Tuttavia, una comprensione più profonda
di questo stato di cose non può prescindere da qualche cenno fisico all’energia. In
particolare, dobbiamo fare capo alla termodinamica che è una disciplina che studia i
trasferimenti energetici per sistemi formati da tante parti, quali un gas o un liquido,
ma com’è anche la biosfera. La termodinamica ci porterà poi a toccare qualche
elemento della teoria del caos. Torneremo alla fine a parlare di vita biologica.
Per semplificare, supponiamo intanto di riempire un lavandino entro un sistema di
vasi comunicanti, generando quindi uno squilibrio e lasciando poi defluire l’acqua. Il
processo di caduta e il conseguente deflusso locale rispecchia una legge di
livellamento: l’acqua scorre per compensare una differenza di carico, sinché
raggiunge ovunque una quota uguale, cioè una condizione bilanciata. Un simile
processo è facile da studiare, in quanto lo possiamo considerare isolato e suscettibile
di seguire uno sviluppo ben preciso e sistematico. In natura i sistemi non possono
quasi mai considerarsi isolati ed è proprio per questo che risultano spesso ostacolati
nel raggiungimento di una stasi finale.
Ebbene, sulla nostra paradigmatica luce di scarico potrebbe formarsi a un certo
punto un mulinello. Si tratta di un complesso organizzato che sorge spontaneamente
nel moto del fluido, che viene mantenuto dal carico gravante e che, inoltre, favorisce
lo scarico medesimo, come d’altronde possiamo agevolmente sperimentare quando
svuotiamo una bottiglia, imprimendole un rapido moto circolatorio. Il vortice è una
vera e propria struttura dinamica, qualcosa di localmente caratteristico che si genera
per un forte squilibrio e che viene sorretto da quello stesso squilibrio. Del resto,
quando i livelli nei vasi sono prossimi al pareggio il mulinello scompare.
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Il liquido che fluisce verso il vaso meno riempito può dare luogo a un vortice sopra la luce di
scarico. Si tratta di una struttura dinamica autorganizzata a insorgenza spontanea. Essa favorisce
il deflusso e sussiste solo finché lo squilibrio è sufficientemente forte.
Nella foto dell’autore il mulinello risucchia aria e quindi è maggiormente visibile.
La formazione di un mulinello dipende da due fattori. Il primo è la circostanza che
l’acqua scorre sempre più veloce, man mano che ci si avvicina al foro d’uscita. Il
secondo è dato dalla rotazione terrestre: i mulinelli nei lavandini tendono a ruotare in
senso antiorario a nord dell’equatore e in senso orario a sud (fatti salvi altri fattori
influenzanti). In fondo, i mulinelli con i loro sensi di rotazione preferenziali sono una
dimostrazione indiretta della rotazione del pianeta; una dimostrazione data attraverso
uno squilibrio caratteristico, come quello dell’acqua mossa dalla gravità.
La fisica classica poco si cimenta con gli squilibri, ma strutture dinamiche
autorganizzate come il mulinello (o, in scala più grande e con tutte le diversità del
caso, i cicloni atmosferici) sono ben note nella fisica degli ultimi decenni e sono
chiamate “strutture dissipative”. Se ne conosce una grande varietà che annovera celle
convettive, reazioni chimiche, effetti elettronici e altro ancora. Questo termine
tecnico ha preso a diffondersi grazie soprattutto ai progressi compiuti nell’ambito
della teoria del caos che si cimenta con sistemi che non hanno un comportamento
lineare, ossia che sono più della somma delle loro parti e per i quali non vale la
semplice sovrapposizione degli effetti che si producono al loro interno.
Le strutture dissipative sono sistemi aperti (non isolati) attraversati da un flusso di
energia la quale, conformemente al secondo principio della termodinamica, tende a
distribuirsi o disperdersi uniformemente nello spazio, proprio come l’acqua tra vasi
comunicanti. Uno squilibrio è sempre il riflesso di energia (meccanica, chimica,
elettrica, termica, non conta) raccolta in una zona ristretta dello spazio, ossia non ben
distribuita. Per ragioni statistiche essa si disperde e forma quindi localmente dei flussi
tra zone ad alta concentrazione e zone a bassa concentrazione.
Mentre fluisce nello spazio, l’energia può tuttavia innescare localmente delle
specie di vortici che favoriscono la dispersione medesima. Da qui l’aggettivo
“dissipative” dato alle suddette strutture dinamiche. Esse appaiono come qualcosa di
ordinato, mostrando talora notevoli simmetrie e ordini. È questo il caso, ad esempio,
delle celle convettive, visibili anche nell’acqua che sta per bollire in una pentola.
Tuttavia, le strutture dissipative, favorendo la dispersione energetica, non fanno altro
che contribuire all’aumento del disordine globale nel mondo, il che è un altro modo
di enunciare il secondo principio della termodinamica.
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Schematizzazione di una struttura dissipativa: aprendosi la strada verso la dispersione e generando
disordine nell’universo, l’energia avvia localmente delle dinamiche organizzate che favoriscono la
stessa dispersione. Così, la sorgente ad alta energia si trova a “dissipare”, tipicamente verso
l’ambiente e in forma di calore per mezzo di una struttura locale.
Grafica dell’autore.
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Le celle convettive di Bénard che si formano in un fluido sono un esempio tipico di struttura
dissipativa e seguono il principio generale già esposto per il mulinello. Una placca inferiore
surriscalda le particelle di liquido che salgono così contro l’azione della gravità, cedono il calore
acquisito alla placca fredda superiore, si addensano e migrano nuovamente verso il basso. Se la
distanza tra le piastre non è eccessiva e il salto termico sufficiente i movimenti fluidi si organizzano
nello spazio, come mostra lo schema a destra e la vista da sopra nella figura di sinistra (del tutto
simile all’acqua che bolle in una pentola). Mentre la struttura si ordina da sé, l’energia viene
veicolata da zone ad alta concentrazione verso zone a bassa concentrazione, contribuendo al
disordine del mondo. Le celle convettive sono caratteristiche anche su vasta scala nell’atmosfera
dove concorrono a determinare i fenomeni meteorologici.
Grafica dell’autore.
Figura a sinistra da: http://www.meta-synthesis.com/webbook/24_complexity/BenardConvection.gif
È interessante notare che le strutture dissipative si formano per “retroazione”. Ad
esempio, le masse d’acqua che defluiscono attraverso lo scarico influenzano a ritroso
quelle che vi s’immettono. Lo stesso accade nei moti convettivi di un fluido: le
molecole che si scaldano e salgono creano un vuoto che richiama le particelle fredde,
mentre le molecole che si raffreddano e scendono richiamano le particelle calde.
Nelle reazioni chimiche pulsanti la condizione è pure analoga. Un altro esempio
interessante è la retroazione video, laddove una videocamera inquadra lo schermo
televisivo cui è connessa la sua uscita, stabilendo così un percorso chiuso. Regolando
adeguatamente lo zoom, sullo schermo compare a un certo punto una specie di
plasma, dotato peraltro di un’indubbia attrattiva. Ciò che qui vediamo è l’espressione
a video di una struttura dissipativa che viene generata elettronicamente dal flusso
d’informazioni nel sistema videocamera-schermo. Mentre il plasma sullo schermo
appare come qualcosa di organizzato, l’energia fluisce nel sistema (il contatore gira),
andando a incrementare il disordine del mondo.
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Schematizzazione di una struttura dissipativa: mentre l’energia fluisce irreversibilmente in
conformità al secondo principio della termodinamica, il flusso delle interazioni genera per
retroazione (feedback) un circolo chiuso. In sostanza, la risposta (output) del sistema a uno stimolo
(input) ricade sullo stimolo o anche sul sistema stesso che lo elabora.
Grafica dell’autore.
Un sistema termodinamico equilibrato è descritto da poche classiche variabili di
stato (come volume, pressione, temperatura, ecc.). Non così per un sistema lontano
dall’equilibrio. Pensiamo a un gas che fluisce da uno scomparto a un altro. Durante il
transitorio la velocità delle molecole è differenziata punto per punto e istante per
istante; e così per la pressione. A equilibrio raggiunto si hanno ancora delle
fluttuazioni diffuse, ma il gas è nel suo complesso descritto da un’unica velocità
media delle particelle e un’unica pressione interna.
Le strutture dissipative, che sono sistemi fortemente squilibrati, non possono essere
rappresentate da pochi parametri; occorrerebbe conoscere un nugolo di variabili
locali per descriverle esaustivamente, il che non è possibile. Inoltre, una caratteristica
saliente dei sistemi termodinamici lontani dall’equilibrio è che il loro comportamento
dipende da tutti gli istanti precedenti, come se avessero una memoria protratta. Tutto
ciò può rendere le previsioni molto difficili o impossibili.
A questo punto riprendiamo il nostro discorso sulla biosfera. Sarà infatti piuttosto
chiaro che questo sottile guscio che avvolge il globo terracqueo non è altro che
un’estesa struttura dissipativa. Essa si è formata nelle acque primordiali e poi, proprio
come un vortice che cresce, si è ingigantita sino a occupare l’attuale spazio che resta
comunque di spessore esiguo se paragonato alle misure planetarie. La biosfera è
quindi un sistema termodinamico che si trova in uno squilibrio forte e duraturo. In
fondo, ciascun organismo o ciascuna cellula può considerarsi come una struttura
organizzata che si mantiene grazie a un flusso di energia che proviene da molecole
energetiche e che si disperde poi nell’ambiente, incrementando il disordine nel
mondo: tutti gli esseri viventi cedono calore all’esterno. La biosfera è insomma una
struttura dissipativa formata da numerose altre strutture dissipative.
Come si accennava, i sistemi equilibrati perdono ogni memoria dei loro trascorsi,
cioè di com’erano prima di raggiungere la stasi, mentre i sistemi squilibrati, ossia
ancora in fase transitoria, risultano influenzati nel tempo da ogni passo che
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compiono. E questo è anche quanto accade alla biosfera: ciascuna specie è il frutto di
una lunga storia che si porta appresso il passato come un carretto e lo spinge verso il
futuro con tutte le sue implicazioni biochimiche. La biosfera è così com’è, perché è
stata in un certo modo nel tempo che è andato. Il suo aspetto di oggi è uno specchio
del suo lungo e articolato passato, fase per fase. Finché esisterà sarà sempre così.
La biosfera è inoltre un complesso tipicamente retroattivo. Prendiamo a titolo
d’esempio la dinamica preda-predatore. Se i predatori aumentano di numero
diminuiscono le prede, ma se le prede diminuiscono viene a mancare l’alimento per i
predatori che, a loro volta, decrescono. Ma ecco che quando i predatori diminuiscono
le prede tornano a incrementarsi. Dati certi tassi di natalità e di mortalità per le due
popolazioni, esse seguono così andamenti che sono intrecciati nel tempo.
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La dinamica preda-predatore è retroattiva e riflette una struttura dissipativa. Il sistema aperto e
instabile è attraversato da un flusso di energia (catena alimentare, metabolismo), mentre le
popolazioni delle prede e dei predatori oscillano in maniera abbinata. Si suppone per semplicità
che le prede siano limitate solo dai predatori, non anche dalla disponibilità di cibo. A sinistra un
caso di oscillazione nel tempo, a destra le relazioni generali tra preda e predatore. Sono in effetti
possibili varie oscillazioni accoppiate, in funzione delle condizioni iniziali. A ciascuna corrisponde
una curva chiusa. Il punto centrale corrisponde a popolazioni di prede e di predatori stabili (i
morti e i nati sono sempre in equilibrio). Se le prede hanno cibo limitato (ad esempio erba scarsa
per gli erbivori) le oscillazioni tendono a una retta di equilibrio finale e nel grafico di destra non si
hanno curve concentriche, bensì linee spiraleggianti e terminanti nel punto di stasi.
Grafica dell’autore.
I percorsi retroattivi nelle catene alimentari sono vari. Le oscillazioni popolazionali
mostrate sono solo uno dei tanti esempi di retroazione. In genere, i feedback sono nel
regno vivente presenti a più livelli: nei meccanismi genetici, cellulari, metabolici,
fisiologici, ecologici. Il caso delle oscillazioni preda-predatore è inoltre piuttosto
semplice, perché l’oscillazione delle popolazioni nel corso del tempo è ben
determinata. La retroazione può tuttavia innescare comportamenti decisamente più
complessi, con oscillazioni imprevedibili, come si può ben simulare per via
matematica, mettendo in atto delle iterazioni che riproducano i singoli passaggi
ciclici. Si può infatti incappare in comportamenti apparentemente casuali che
vengono detti caotici.
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La cosiddetta “equazione logistica” è un modello matematico che può ben simulare il caos nelle
dinamiche delle popolazioni. Se l’incremento dei nuovi nati in una popolazione fosse incontrollato
la popolazione di ogni anno sarebbe proporzionale a quella dell’anno precedente (crescita
esponenziale). Il nutrimento scarso, la competizione, le minacce ambientali e altri fattori causano
però una mortalità che circoscrive la crescita. Si può ammettere che tali fattori smorzanti siano a
loro volta grosso modo proporzionali alla popolazione globale. Tenendo conto dei limiti di
sviluppo così fissati, l’andamento esponenziale si trasforma in un algoritmo che si può computare
anno dopo anno. Ebbene, in determinate condizioni la sequela di valori di questo modello tende a
un valore costante per la numerosità della popolazione, mentre in altre oscilla tra due o più valori
ricorrenti. La cosa più interessante accade quando le condizioni sono tali da indurre la sequela a
oscillare tra infiniti valori. L’andamento nel tempo sembra allora del tutto casuale, anche se è
governato da una legge. Nell’immagine di destra (diagramma di biforcazione) si vede come al
crescere di un parametro rappresentativo delle condizioni in cui si sviluppa la popolazione si
abbiano un solo valore possibile (popolazione costante), poi due, quattro, eccetera. Quando i
diversi valori di oscillazione sono in numero finito significa che la sequela segue uno schema
ripetitivo, più o meno lungo. Ma, come si vede, a un certo punto il parametro di sviluppo può fare
esplodere le biforcazioni: in queste condizioni le oscillazioni avvengono tra infiniti valori possibili.
La complessità è massima e il comportamento è detto caotico. È interessante notare come nel caos
si aprano delle finestre di regolarità (oscillazioni tra pochi valori).
Grafica e diagramma di biforcazione dell’autore
Quando un sistema retroattivo si trova in condizioni caotiche si osservano spesso
estreme sensibilità alle condizioni di partenza e alle perturbazioni. La reattività
matematica del modello può allora risultare talmente pronunciata che anche
variazioni di decimali molto lontani possono avere impatti critici sul futuro: due input
iniziali che differiscano per pochissimo possono in poco tempo dare luogo a
evoluzioni alquanto difformi. Un computer, anche con molta memoria, ha sempre una
precisione finita, quindi non può tenere conto di infiniti decimali e dei relativi scarti.
Così, per quanto potente, esso finisce inesorabilmente per arrancare e perdere il
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contatto con la vera evoluzione di un sistema retroattivo che abbia queste
caratteristiche instabili.
Tecnicamente, si usa il termine “complessità algoritmica positiva” per descrivere
un comportamento che abbia le caratteristiche della casualità, sebbene derivi
dall’applicazione di una regola precisa (come l’equazione logistica descritta nella
precedente immagine). Non entreremo ora nel merito della complessità positiva, ma è
importante capire che anche un modello semplice (tipo quello descritto
dall’equazione logistica) può in determinate condizioni retroattive evidenziare un
comportamento complesso e imprevedibile.
Si capisce in definitiva per quale motivo la biosfera presenti marcati tratti
organizzati ma anche caotici e non si presti alla formulazione di previsioni attendibili.
L’unica legge temporale che può essere sensatamente applicata a questo grande
sistema retroattivo è quella di Charles Darwin che precisò che l’evoluzione avviene
per selezione naturale. Ma questa regola qualitativa non è certo esprimibile in termini
matematici, tantomeno consente previsioni puntuali. Quello che possiamo affermare
alla luce della teoria del caos è che piccole fluttuazioni ambientali possono decretare
grandi cambianti nel futuro della vita sul pianeta. L’evoluzione è senz’altro
opportunistica.
In definitiva, possiamo dire che nel deflusso dell’energia dell’universo si è formato
sulla Terra un mulinello locale che negli eoni è andato ingrandendosi, sino a
trasformarsi nel regno della vita, così come lo conosciamo oggi. La biosfera è una
struttura instabile e temporanea retta da un flusso energetico dissipativo che, a sua
volta, favorisce la dispersione dell’energia, cioè la creazione di disordine. In un certo
senso, siamo tutti quanti sospesi sopra uno scolo planetario, grazie a uno squilibrio
protratto. La vita è assicurata, finché i vasi sono diversamente riempiti. La biosfera
non si è affatto consolidata in un assetto finemente calibrato; al contrario, essa “cade”
in continuazione, un po’ come i preconcetti e le false idee sulla perfezione della vita.
Roberto Weitnauer