Gli amuleti sardi - Sardegna Turismo
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Gli amuleti sardi - Sardegna Turismo
Gli amuleti sardi Le religioni precristiane basate sull’animismo, sebbene condannate per la loro eresia hanno lasciato alla chiesa dominante un’importante eredità che sposa misticismo, magia e superstizione alle certezze salvifiche del cristianesimo. Accanto ai simboli più comuni che proteggono il fedele, come la croce, il rosario, le medagliette abbiamo una serie di amuleti forti del loro retaggio popolare e pagano. L’amuleto in genere aveva la peculiarità di proteggere chi lo indossava ed era composto da materiale il cui valore magico e alchemico è fuori discussione: argento, onice, corallo sono solo alcuni esempi. Realizzati con tecniche di raffinatissima oreficeria, gli amuleti si differenziano abbinando al materiale utilizzato un’aura protettiva particolare. Sabegia ( o anche “cocco”, o “pinadeddu”) è una sfera di colore generalmente nero, legata in argento e adattata come ciondolo o spilla; il suo potere era quello di scacciare il malocchio, specie dalle culle dei neonati. La sfera può essere di pasta vitrea, onice o ossidiana. Le catenelle che la sorreggono sono anch’esse in argento, l’oro infatti, secondo una diffusa credenza popolare, annullerebbe l’effetto magico che invece può essere rafforzato con l’aggiunta di piccoli sonagli che per tradizione, comune a molti altri paesi, con il loro tintinnio scaccerebbero gli spiriti maligni. La rottura della sfera veniva interpretata come una prova tangibile della protezione accordata, segno inequivocabile che il malocchio era stato sconfitto. Sempre rivolti ai bambini sono alcuni amuleti modellati sull’esempio della sabegia ma realizzati con piccoli elementi globulari lattescenti o piriformi che nei tempi antichi fungevano anche da succhiotti. Nella gioielleria sarda era consueto riutilizzare oggetti in vetro come parti di tazze, bicchieri o coppe rotte i cui frammenti sempre montati in argento e sospesi con catenelle assolvevano ad una funzione apotropaica e anche ludica. Una tipologia di amuleto in particolare sembra sposare l’aspetto magico popolare e quello devoto cristiano: il nudeus. Tondo, ovale o a cuoriforme il nudeus (degenerazione dialettale del termine agnus dei) è costituito da una teca in argento e vetro apribile in cui potevano essere inseriti elementi di protezione come immagini sacre, lembi di tessuto benedetto, piccole reliquie. Molto diffuso in Sardegna è l’amuleto con la conchiglia cypraea, incapsulata nell’argento proteggeva dal mal d’orecchi e dalla sterilità femminile. La conchiglia era importata e assume diverse denominazioni: “porceddana de mari”, “sorighe de muscu”. Un elemento di primaria importanza era il corallo, pescato fin da tempi antichissimi veniva lavorato per le sue grandi proprietà apotropaiche, in particolar modo rivolte alle partorienti. Ne sono stati trovati rametti in tombe dell’età preistorica, segno che da sempre ha avuto rilievo nella cultura popolare, ma è con i Fenici prima e con gli Aragonesi poi che si sviluppò un vero e proprio artigianato del corallo con centri principali Castelsardo, Alghero e Cagliari. La lavorazione poteva essere grezza e al naturale oppure estremamente elaborata con forme di fallo o manufica. Diffusissimi anche gli amuleti con inseriti denti di pescecane o zanne di cinghiale. Si riteneva che gli animali partecipassero in modo più profondo ai misteri della natura e che l’uomo, indossando parti di questi animali, potesse maggiormente avvicinarsi ad essa. In uso anche il turbo rugosis, ovvero l’opercolo del murice, di forma tondeggiante e colore rosato. Nella medicina popolare lo si riteneva capace di curare le malattie degli occhi e il mal di testa. Veniva usato anche per diagnosticare il malocchio con un rituale casalingo molto semplice: si immergeva l’opercolo nell’acqua accompagnando l’operazione con dei brebus (parole magiche segrete tramandate di generazione in generazione), la composizione delle bolle era in grado di fornire un responso. In conclusione è interessante notare come le forme degli amuleti siano da ricondurre principalmente alle forme della sfera e del cono, considerate ancora ai giorni nostri figure geometriche dal valore magico e apotropaico. (Scheda a cura di Giacomo Pisano)