introduzione società dell`immagine

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introduzione società dell`immagine
Linguaggi visivi della comunicazione – Lumsa
a.a. 2011/2012 – Piero Polidoro
25 e 26 ottobre 2011
lezioni 1-2
introduzione
società dell’immagine
© Piero Polidoro, 2011-2012
Sommario
1. Presentazione del corso
2. Società dell’immagine
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2
di
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Definizione di segno
qualcosa sta per qualcos’altro
Attenzione: il segno non è qualcosa che sta per
qualcos’altro, cioè non è solo la cosa presente
che rimanda (o rinvia) alla cosa assente. Questa
è l’accezione comune del termine segno.
In semiotica il segno è l’insieme della cosa
presente (espressione) e della cosa
assente (contenuto), o meglio la relazione di
rinvio che si stabilisce fra di esse. È un segno il
fatto che la parola /cane/ rinvii al concetto
“cane”.
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Scopo del corso
Lo scopo del corso è far conoscere la
“grammatica” del linguaggio visivo e
audiovisivo (i significati, le strutture, le forme,
le regole, come si costruiscono racconti visivi) e
insegnare a usare gli strumenti per l’analisi di
questo tipo di testi.
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Scopo del corso
L’analisi ci aiuta ad avere un giudizio critico e a
imparare a valutare costruzione ed effetti del
testo visivo e audiovisivo (per esempio a
verificarne la coerenza e l’utilità).
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Informazioni pratiche
Lezioni del I semestre:
Martedì, 11-13, Aula 10 Traspontina
Mercoledì, 15-17, Aula Cardinali
Ricevimento:
Lunedì, 10.30-12.30, Stanza 12 (III piano)
Frequenza: almeno il 70% delle lezioni
Esame: orale
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Testi d’esame
1) P. Polidoro, Che cos’è la semiotica visiva, Carocci, Roma 2008.
2) J.M. Floch, Semiotic, marketing e comunicazione, Franco
Angeli, Milano 1992.
3) P. Polidoro, “Il concetto di stile nel design e le strategie di
Apple”, in E/C, 4, 2008.
[scaricabile da Internet all’indirizzo: http://www.ecaiss.it/monografici/3_il_discorso_del_design/8_polidoro.pdf]
4) P. Polidoro, “Teoria dei generi e siti web”, in Versus, 94-96,
2003. [scaricabile dal sito www.pieropolidoro.it]
Sono parte integrante del programma le slides che
verranno usate a lezione e che verranno caricate online.
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Riferimenti e contatti
www.pieropolidoro.it
[email protected]
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Che cos’è la “società dell’immagine”?
società dell’immagine
?
società
dell’apparenza
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?
società
degli schermi
?
società
con molte
immagini
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Società dell’apparenza
Alcune cose che si sentono o si leggono sulle
immagini:
 Le immagini ingannano
 La “forma esteriore” (l’espressione) è
fuorviante; la cosa importante è il pensiero (il
contenuto)
 Il linguaggio verbale rappresenta la
razionalità, il linguaggio visivo rappresenta
l’irrazionalità.
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Pensiero = Lingua?
Negli anni Sessanta Richard Rorty
introdusse l’espressione linguistic
turn per indicare la svolta linguistica
presa dalla filosofia del Novecento.
Questa svolta consisteva in una
prevalente attenzione per il
linguaggio e i suoi meccanismi,
dovuta soprattutto alla volontà di
risolvere i problemi filosofici (che
sono espressi attraverso la lingua)
come se fossero problemi
linguistici.
Richard Rorty
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Il linguistic turn è la massima
espressione di un approccio che
identifica il pensiero con il
linguaggio verbale.
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Dal linguistic turn all’iconic turn
Oggi, però, si ricorda sempre di più che
la tradizione filosofica ha molto discusso
dell’origine o della natura visiva del
pensiero.
Per questo, Gottfried Boehm ha parlato
di iconic turn.
Senza dimenticare che c’è chi (come
George Lakoff e Mark Johnson, che
partono dalla fenomenologia e dalle
scienze cognitive) sostiene che l’origine
del pensiero umano sia da cercare in
schemi corporei (embodied meaning,
embodied schemata).
George Lakoff
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Iconic turn e società dell’immagine
Ricordare la natura o l’origine visiva del linguaggio, però, ha poco
a che fare con la società dell’immagine.
Si tratta, infatti, di un’ipotesi sull’origine e sullo sviluppo delle idee
e della mente e ha quindi un valore generale.
Può essere stata quindi favorita dalla maggiore attenzione per le
immagini che abbiamo, dato che viviamo in una “società
dell’immagine”, ma non spiega cosa sia questa società
dell’immagine (quali sono le sue caratteristiche storiche, sociali,
ecc.)
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Cos’è la società degli schermi?
Facciamo prima una premessa, tratta da
Introduzione alla cultura visuale di
Nicholas Mirzoeff:
“La visual culture ha a che vedere con
gli eventi visivi in cui il consumatore
ricerca informazione, significato, o
piacere attraverso un’interfaccia di
tecnologia visuale. Per tecnologia
visuale intendo ogni genere di
dispositivo ideato sia per essere
osservato sia per aumentare la visione
naturale, dalla pittura a olio, alla
televisione a internet.” (pp. 29-30)
Nicholas Mirzoeff
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Cos’è la società degli schermi?
Spesso, però, il discorso scivola dalle
immagini agli schermi...
“La nostra vita ha luogo sullo schermo. La
vita nei paesi industrializzati è sempre più
vissuta sotto la costante sorveglianza di
telecamere: dagli schermi sugli autobus a
quelli negli shopping malls, da quelli sulle
autostrade o sui ponti a quelli accanto ai
bancomat [...] L’esperienza umana è adesso
più visuale e visualizzata di quanto lo sia mai
stata nel passato: dalle immagini satellitari a
quelle mediche delle sonde ecografiche che
possono penetrare nel corpo umano. Nell’era
degli schermi visuali il vostro punto di vista è
cruciale. ” (Mirzoeff, Introduzione alla
cultura visuale, p. 27)
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Cos’è la società degli schermi?
“We are becoming
people of the screen”
NYT, 23 novembre 2008
Kevin Kelly (www.kk.org)
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Cos’è la società degli schermi?
Kevin Kelly (www.kk.org)
“Everywhere we look, we see screens. The
other day I watched clips from a movie as I
pumped gas into my car. The other night I
saw a movie on the backseat of a plane. We
will watch anywhere. Screens playing video
pop up in the most unexpected places — like
A.T.M. machines and supermarket checkout
lines and tiny phones; some movie fans
watch entire films in between calls. These
ever-present screens have created an
audience for very short moving pictures, as
brief as three minutes, while cheap digital
creation tools have empowered a new
generation of filmmakers, who are rapidly
filling up those screens. We are headed
toward screen ubiquity.”
NYT, 23 novembre 2008
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Alcune osservazioni sugli schermi
A ben guardare, il web e
tutti i nuovi media hanno
un alto contenuto verbale.
La maggior parte dei
messaggi e dei testi che
troviamo o scambiamo su
Internet o con uno
smartphone sono testi
verbali e, per di più, scritti.
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Cos’è la società degli schermi?
Kevin Kelly (www.kk.org)
“To date most fan responses
appear in text form, on sites like
the Internet Movie Database. But
increasingly fans respond to
video with video. The Web site
Seesmic encourages “video
conversations” by enabling users
to reply to one video clip with
their own video clip. The site
organizes the sprawling threads
of these visual chats so that they
can be read like a paragraph of
dialogue.”
NYT, 23 novembre 2008
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Alcune osservazioni sugli schermi
Kelly ha ragione, ma ciò di cui parla sono
sempre e comunque conversazioni, quindi testi
verbali (orali).
Anzi, l’impossibilità di una sovrapposizione
(tipica delle conversazioni informali) rende
questi scambi orali un po’ più simili a quelli
scritti.
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Alcune osservazioni sugli schermi
Attenzione, quindi, a confondere una ipotetica
“società degli schermi” con la società
dell’immagine. Si tratta di due fenomeni solo
parzialmente sovrapponibili.
E, in generale, attenzione a confondere gli
strumenti tecnici con i media (che sono tecnica,
ma anche regole, linguaggi, formati, ecc.).
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Società dell’immagine
La società dell’immagine, quindi, è tale perché
vi circolano molte immagini? E cosa significa
“molte”?
Walter Benjamin
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Società dell’immagine
Ricordiamo inoltre (con Kelly) che la novità degli
ultimi dieci anni è soprattutto quella di una
maggiore facilità nella produzione delle
immagini e dei video, grazie a fotocamere,
telecamere, smartphone e software di
montaggio.
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Tante, troppe immagini?
Georges Didi-Huberman
“È più facile, più frequente, non vedere
nulla. È, inoltre, piuttosto facile rendere
invisibile il fuoco che brucia
un’immagine: i due mezzi più noti
consistono nell’“annegare” l’immagine in
un fuoco più grande, un autodafé
d’immagini, oppure nel “soffocare”
l’immagine nella massa
incomparabilmente più grande dei cliché
in circolazione. Distruggere e
moltiplicare sono i due modi per rendere
invisibile un’immagine: con il niente, con
il troppo [...]
L’informazione televisiva manipola a meraviglia le due tecniche del
niente e del troppo – censura o distruzione da un lato, soffocamento da
moltiplicazione da un altro – per ottenere i migliori risultati
d’accecamento”.
(Georges Didi-Huberman)
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Sappiamo capire le immagini?
“Un edificio grande,
grandissimo, piuttosto
piccolo o di media
grandezza...”
Wassily Kandinsky
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Sappiamo capire le immagini?
“Un edificio grande, grandissimo, piuttosto piccolo o di media grandezza,
suddiviso in vari locali. Alle pareti dei vari locali sono appese tele piccole,
grandi, medie. Spesso varie migliaia di tele. Su di esse, mediante l’uso del
colore, sono raffigurati frammenti di “natura”: animali in luce e ombra che
bevono acqua, stanno ritti presso l’acqua, giacciono nell’erba, e accanto
una crocifissione di Cristo dipinta da un artista che non crede in Cristo,
fiori, esseri umani seduti, in piedi, in movimento, spesso anche nudi,
molte donne nude (spesso viste di scorcio o da dietro), mele, ciotole
d’argento, il ritratto del consigliere intimo N, sole al tramonto, dama in
rosso, volo d’anatre, ritratto della baronessa X, volo d’oche, dama in
bianco, vitelli in ombra con chiazze di sole di un giallo abbagliante, ritratto
di Sua Eccellenza Y, dama in verde. Il tutto è accuratamente annotato in
un catalogo: nomi degli artisti, titoli dei quadri. I visitatori passano da un
quadro all’altro tenendo in mano il catalogo, lo sfogliano, leggono i nomi e
i titoli, dopo di che se ne vanno. Altrettanto poveri o ricchi di quand’erano
entrati e vengono immediatamente assorbiti dai loro interessi, che non
hanno nulla affatto a che fare con l’arte. Perché sono venuti? In ogni
quadro è racchiusa misteriosamente un’intera vita, con molti tormenti,
dubbi, ore di entusiasmo e di luce”.
(Wassily Kandinsky, Lo spirituale nell’arte, cap. 1)
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La parabola della falena di Didi-Huberman
“Ci sono però persone più propense a guardare,
osservare, persino a contemplare. Attribuiscono alle
forme una potenza di verità. Pensano che il movimento
sia più reale dell’immobilità, la trasformazione delle
cose più ricca di insegnamenti, forse, delle cose stesse.
Queste persone si chiedono se l’accidente non manifesti
la verità con altrettanta precisione – visto che ai loro
occhi non c’è l’uno senza l’altra – della sostanza stessa.
Allora accettano di prendere, e non di perdere, tempo
per guardare una farfalla che passa, voglio dire
un’immagine che sorprendiamo sulle pareti di un
museo o sulle pagine di un album di fotografie.”
(Georges Didi-Huberman)
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Cosa fa l’arte (quando la “leggiamo” bene)
“Nell’arte [lo spettatore] cerca o una semplice imitazione della natura
suscettibile di servire a fini pratici (il ritratto nel senso abituale e simili) o
un’imitazione della natura che contenga una certa interpretazione, pittura
‘impressionistica’, o infine stati d’animo rivestiti da forme naturali (la
cosiddetta Stimmung). Tutte queste forme, quando sono veramente
artistiche, realizzano il loro fine e costituiscono (anche nel primo caso) un
nutrimento spirituale; ciò è però vero particolarmente nel terzo caso, in
cui lo spettatore trova un’eco della sua anima. Naturalmente una tale
consonanza (o anche dissonanza) può non rimanere vuota o superficiale,
ma può accadere che la Stimmung dell’opera riesca ad approfondire
ancora di più – e a trasfigurare – lo stato d’animo dello spettatore. In ogni
caso tali opere impediscono all’anima di cadere nella grossolanità, la
mantengono su una certa altezza, come la chiave da accordare fa con le
corde dello strumento. L’affinamento e l’estensione di questo suono nel
tempo e nello spazio rimangono nondimeno ristretti e non esauriscono i
possibili effetti dell’arte.”
(Wassily Kandinsky, Lo spirituale nell’arte, cap. 1)
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Saper capire le immagini
Kandinsky e Didi-Huberman, in epoche diverse, sostengono che la
maggior parte delle persone non presta attenzione alle immagini che
guarda, non cerca di “leggerle” adeguatamente e di comprenderle. Questo
vale per l’arte ma, per Didi-Huberman, anche per le immagini in generale
(foto personali, foto giornalistiche e – aggiungiamo noi – pubblicità, video,
ecc.).
Se leggessimo con più attenzione le immagini potremmo comprendere
meglio quello che stanno cercando di dirci e le immagini avrebbero più
effetto (o, d’altra parte, potremmo contrastare di più un effetto non
voluto).
Per leggere meglio le immagini, e per creare o valutare immagini migliori,
più efficaci, dobbiamo conoscere il loro linguaggio, dobbiamo studiarne la
grammatica. Altrimenti la società dell’immagine non è un’opportunità, ma
un ambiente caotico che ci assorda e di cui non capiamo molto.
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Riferimenti bibliografici
(per chi vuole approfondire)
Georges Didi-Huberman, “L’immagine brucia”, in A. Pinotti, A. Somaini (a
cura di), Teorie dell’immagine, Cortina, Milano 2009.
Wassily Kandinsky, Über das Geistige in der Kunst, Piper & Co., München
1911 (trad. it Lo spirituale nell‘arte, SE, Milano 1989).
Kevin Kelly, “Becoming Screen Literate”, New York Times, 23 novembre
2008.
http://www.nytimes.com/2008/11/23/magazine/23wwln-future-t.html?pagewanted=all
© Piero Polidoro, 2011-2012
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Da studiare
1. Polidoro, Introduzione (pp. 7-9).
© Piero Polidoro, 2011-2012
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