Spettro elettromagnetico, fase e differenza di fase

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Spettro elettromagnetico, fase e differenza di fase
Alessandro Farini Cenni di ottica fisica per gli optometristi
Alessandro Farini: note per le lezioni di ottica del sistema visivo
Queste note non vogliono essere esaustive, ma solo servire come linee guida per le lezioni
1 Lo spettro elettromagn etico
La radiazione visibile è solo una piccola parte dello spettro elettromagnetico. Quando utilizziamo una
qualunque sorgente luminosa generalmente siamo esposti, oltre alle radiazioni visibili, anche ad altre
radiazioni, come l’ultravioletto e l’infrarosso, che possono essere assorbite dai mezzi oculari, anche se
non sono in grado di provocare la sensazione visiva. Alcuni dei parametri che permettono di
distinguere tra loro le varie radiazioni elettromagnetiche sono la lunghezza d’onda λ (Fig.1.1) e la
frequenza ν.
Fig.1.1 Definizione di lunghezza d’onda
La lunghezza d’onda λ e la frequenza ν di una radiazione elettromagnetica sono grandezze legate tra
loro, dato che possiamo scrivere che, nel vuoto:
# !" = c
dove con c abbiamo indicato la velocità della radiazione nel vuoto (circa 300.000 Chilometri al
secondo). Questa formula ci dice che radiazioni di lunghezza d’onda più grande hanno frequenza
minore rispetto a radiazioni di lunghezza d’onda più corta.
Se poi ricordiamo la formula di Planck, che ci fornisce l’energia di un quanto (in pratica un
“pacchetto”) di radiazione elettromagnetica:
E = h!
ne segue che:
c
E=h
!
Abbiamo quindi che l’energia di una radiazione è inversamente proporzionale alla sua lunghezza
d'onda λ; più corta è la lunghezza d’onda di una radiazione, e maggiore sarà il suo contributo
energetico. E’ necessario dedicare molta attenzione alla radiazione UV, che, avendo lunghezza d’onda
minore rispetto al visibile presenta di conseguenza un contenuto energetico maggiore.
La radiazione luminosa (luce) non e' altro che un caso particolare di propagazione di radiazione
elettromagnetica che varia nello spazio e nel tempo. In questo senso la luce e' solo una piccola parte
di uno spettro assai ampio, in cui le varie parti sono distinte dal variare della lunghezza d'onda.
Quando le radiazioni elettromagnetiche hanno una grande lunghezza d'onda, nell'ordine delle
centinaia di metri, possiamo parlare, come si vede nella figura , di onde radio. Osservando la figura
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1.2 ci si accorge di come alla stessa "famiglia" della luce appartengano anche altre radiazioni quali
l'ultravioletto, l'infrarosso, i raggi x, le microonde e le onde radio. La luce è una parte assai ristretta
dello spettro elettromagnetico, ma con una fondamentale proprietà: di poter essere vista, cioè inviata
al cervello tramite il sistema visivo, proprietà che manca a tutte gli altri tipi di onde elettromagnetiche.
Figure 1.2: Lo spettro Elettromagnetico
La luce è quindi semplicemente un particolare caso di propagazione di radiazione elettromagnetica,
che varia nel tempo e nello spazio seguendo un moto ondulatorio.
2 La diffrazion e
La diffrazione è un tipico fenomeno dell'ottica legato alla natura ondulatoria della luce. Per
considerare la diffrazione si può ricorrere al principio di Huygens-Fresnel: ogni punto di un fronte
d’onda funge da sorgente di onde sferiche secondarie aventi la stessa frequenza dell’onda primaria. In
ogni punto situato oltre l’ostacolo, il campo ottico è la sovrapposizione di tutte le onde secondarie che
arrivano in quel punto.[Hecht]. Essa sarà tanto più avvertibile quanto più piccola è la pupilla di
ingresso del sistema ottico. Un oggetto puntiforme produce per diffrazione una figura che viene detta
disco di Airy in cui l'illuminamento si distribuisce in questo modo (fig.2.1).
Figura 2.1 Point Spread Function
La dimensione del disco di Airy può essere ricavata dalla seguente formula che ci fornisce il raggio del
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disco (cioè dal massimo fino al primo minimo) in radianti
"A = 1.22#
$
a
dove λ è la lunghezza d’onda del segnale luminoso mentre a è la dimensione della pupilla d'ingresso.
Nel caso della visione umana possiamo considerare l=555 nm (massimo di sensibilità dell'occhio in
visione fotopica) mentre a coincide con la misura della nostra pupilla. Ad esempio quando la pupilla ha
una dimensione di 1 mm ne segue che:
mentre per una pupilla di 2.5 mm si ha
"A = 0.93#
Dalla formula si ricava che se l’unico problema ad affliggere il sistema visivo fosse la diffrazione
avremmo che più grande è la pupilla e migliore sarebbe l’immagine retinica. Va anche sottolineato che
il limite imposto dalla diffrazione è un limite teorico che non può essere aggirato con una migliore
realizzazione delle ottiche. Un sistema affetto esclusivamente dalla diffrazione si dice limitato per
diffrazione.
3 Fas e e diff erenza d i fase
La luce e' quindi semplicemente un particolare caso di propagazione di radiazione elettromagnetica,
che varia nel tempo e nello spazio seguendo un moto ondulatorio. In pratica se noi potessimo
congelare ad un dato istante un raggio di luce e vedere il valore che in ogni punto dello spazio ha il
campo elettrico (una delle due componenti della radiazione elettromagnetica) otterremo una figura
come quella di Fig.2a, che mostra appunto la variazione del campo elettrico E in funzione dello
spostamento x.
Fig.2a) Campo elettrico in funzione di x
Fig.2b) Campo elettrico in funzione di t
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Il moto ondulatorio implica infatti una variazione periodica nello spazio e nel tempo. Generalmente si
può paragonare visivamente con il moto effettuato da una corda scossa. Ma mentre in questo caso
notiamo come i punti della corda si muovano solo in su e giù, nel caso delle onde luminose
assisteremo anche a un moto nella direzione dell'onda.
Considereremo inizialmente le onde piane, cioè quelle in cui le condizioni sono le stesse, preso un
piano perpendicolare alla direzione di propagazione. Nel caso della luce la grandezza che varia in
maniera ondulatoria è il campo elettromagnetico.
Per il tipo più semplice di onde una variazione di campo elettrico come quella descritta da Fig.2 può
essere ottenuta se il campo elettrico segue una legge di questo tipo:
& 2(x #
E = E0 sin$
!
% ' "
E' evidente a questo punto dall'equazione appena vista e dalla figura ad essa collegata il significato di
alcune importanti definizioni.
Il valore massimo che può assumere il campo elettrico e' evidentemente E0 che viene chiamato
ampiezza dell'onda.
La lunghezza d'onda λ e' definita come la lunghezza di un intero ciclo, dopo il quale l'onda si ripete
identicamente a se stessa. Come si vede sempre in Fig.2a la lunghezza d'onda è anche la distanza da
picco a picco, oppure la distanza tra un punto dell'onda e l'equivalente punto dell'onda successiva.
Essendo una misura di lunghezza λ è misurata nella stessa unità usata per le lunghezze. Nel sistema
internazionale essa è il metro. Poiché però la lunghezza d'onda della luce è molto inferiore al metro
sono usati dei sottomultipli, in particolare il nanometro (nm) (1 nm = 10-9 m). L'intervallo della luce
visibile varia così tra 380 nm (violetto-blu) fino a 780 nm (rosso scuro). Storicamente assai diffuso,
ma per fortuna sempre meno in uso è un altro sottomultiplo, l'Angström, (A), tale che 1 A= 10-10m.
Per descrivere un'onda che varia nel tempo e nello spazio si introduce il tempo nella precedente
equazione.
Il tempo necessario per un'oscillazione completa si chiama periodo e si indica con T, e si misura in
secondi. Assai piu' usato e' pero' il suo inverso, cioe' il numero di oscillazioni nell'unita' di tempo, che
e' detto frequenza n. L'unita' di misura della frequenza, che e' l'inverso del secondo e' detta Hertz
(Hz). Un'onda che compie un'oscillazione in un secondo ha quindi la frequenza n di 1 Hz.
Nelle precedenti equazioni E0 e' l'ampiezza, mentre i termini tra parentesi, assimilabili a un angolo,
costituiscono la fase. Proprio perché è una funzione periodica, la fase non ha quindi un valore fissato,
una volta scelta l'onda. Questo e' il motivo per cui solitamente si considera non tanto la fase assoluta,
ma la differenza di fase. Si noti anche che, come gia' abbiamo accennato, il caso appena visto e' un
caso limite, in quanto il fascio di luce descritto ha una sola e ben definita lunghezza d'onda, e' cioe'
perfettamente monocromatico. Un tale caso non e' facilmente realizzabile sperimentalmente. La luce
emessa dal sole, ad esempio, contiene fasci di tutte le lunghezze d'onda del visibile, come risulta
evidente nel fenomeno dell'arcobaleno e come vedremo in seguito.
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1.5 La velocita' della luce
La velocita' di propagazione della radiazione eletromagnetica, e quindi anche della luce, non e' una
costante, ma dipende dal mezzo (come ad esempio aria, acqua, vetro) attraversato dalla radiazione
stessa. La massima velocita' di propagazione assunta dalla luce e' quella che ha nel vuoto, si indica
con c ed e' pari a circa 300.000 Km/sec.
La determinazione del corretto valore della velocita' della luce 1 e' stata una importante sfida della
fisica moderna. Soprattutto quello che ha portato clamorosi sviluppi e' stato il fatto che la velocita' di
propagazione della luce non sia infinita. In pratica quando osserviamo il cielo stellato compiamo un
"viaggio nel tempo', in quanto la luce che vediamo e' partita dalla stella anche moltissimi anni fa. Stelle
che noi vediamo öra" potrebbero essere morte gia' da molti anni, e d'altro canto potrebbero essere
nate stelle che ancora non possono splendere nel nostro orizzonte.
Nell'ottica ondulatoria l'indice di rifrazione n di un mezzo si definisce come il rapporto tra la velocita'
della luce nel vuoto e quella del mezzo.
Cosa accade quando un'onda attraversa il confine tra il vuoto e un mezzo? Essa mantiene la stessa w,
mentre la lunghezza d'onda cambia in modo tale che
dove lm e' la lunghezza d'onda nel mezzo mentre lv e' la lunghezza d'onda nel vuoto. Da cui
Si definisce il cammino ottico come il prodotto della distanza per l'indice di rifrazione.
1.6 Ampiezza e Intensita'
Le onde elettromagnetiche trasportano energia. La quantita' di energia che attraversa in un secondo
l'unita' di superficie perpendicolarmente alla direzione di propagazione si chiama intensita' dell'onda I.
Dalla definizione segue che l'intensita' si misura in Joule su metri quadrati al secondo (J/(m2·s)).
Si puo' mostrare che l'intensita' cosi' definita risulta essere proporzionale all'ampiezza dell'onda al
quadrato e alla frequenza al quadrato, cioe'
Si puo' da qui notare, ad esempio, che i raggi ultravioletti sono più energetici della radiazione
luminosa.
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