Nella misura breve dell`istante haiku
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Nella misura breve dell`istante haiku
Poesia in Progress Kore Multimedia Arshile Edizioni Giovedì 22 novembre 2007 Nella misura breve dell’istante haiku “Nella misura breve dell’istante haiku” . Incontro presso il Circolo dei Lettori del 22.11.2007 1 RIFLESSIONI SUL HAIKU di Grazia Valente Un’esperienza personale. Nel pormi le domande: che cosa so io del haiku? Perché sono stata attratta da questo genere di poesia? Quali difficoltà ho incontrato nel comporla? ho dovuto, come succede nei film o nei romanzi, fare un passo indietro e riandare con la memoria alla scoperta iniziale di questo modo di comporre versi. L’esistenza del haiku (1 1 ) mi è stata rivelata dall’antologia Cento haiku (edita da Longanesi), le cui pagine sono ormai color paglierino. Leggevo e rileggevo le brevi composizioni, corredate di commento esplicativo, con la bella prefazione di Irene Iarocci, che ne ha curato anche la traduzione. Dubito di aver ben compreso a quel tempo (l’edizione di cui parlo è del 1982) che cosa fosse veramente il haiku. Solo molti anni dopo, nel venire a contatto con l’Associazione Amici del haiku di Roma e dopo aver preso conoscenza dell’esistenza di un concorso internazionale dedicato al haiku, ho provato a comporne. Va detto che, all’incirca dal 1987, scrivevo regolarmente poesie, caratterizzate dalla brevità. E certamente una delle ragioni dell’attrazione verso il haiku è stata il suo minimalismo, quel suo esserci quasi schermendosi, senza enfasi e senza retorica. Era un po’ lo spirito che animava anche i miei versi, che a volte lasciavano spazi di sospensione che disorientavano il lettore, i quali spesso mi rivolgevano la domanda: - ma è finita così? (la poesia). Questo senso di sospensione lo ritrovavo anche nel haiku. Ciò che invece mi ha reso subito difficoltoso lo scriverne è stata la concretezza che lo caratterizza La mia poesia infatti era sì breve, ma poco concreta, affidata spesso a simbologie e venata di filosofia. Un’altra difficoltà era costituita dalla pressoché totale scomparsa dell’Ego nel haiku giapponese (caratteristica questa che appartiene alla stessa lingua giapponese), mentre nei miei versi la soggettività era spesso una componente essenziale. Un elemento in comune era costituito invece dall’essere il haiku prettamente autobiografico. Scrive Carla Vasio, nella prefazione all’antologia Se fossi il re di un’isola deserta, Ediz. Empirìa, a proposito dell’importanza del kigo (il riferimento alla stagione), : “ …la scelta deve tener conto di molti elementi apparentemente secondari, oltre che dello stato d’animo del poeta, anche della sua età, del suo grado, del carattere, dell’umore, del tempo, del luogo e così via … Un haiku non è mai una divagazione lirica separata dalla realtà del momento esistenziale in cui si trova lo haijin (il poeta di haiku) quando lo scrive: se si leggessero in successione cronologica tutte le poesie di un autore, si scoprirebbe non solo il suo sviluppo spirituale e il suo curriculum letterario, ma anche la sua biografia registrata minuziosamente nei momenti più significativi, particolareggiata e insieme fatale per quanto contiene di occasione e di destino congiunti …”. Nel haiku si pratica il “qui e ora”, il famoso “afferra l’attimo” vi trova la sua piena realizzazione. Nei miei versi invece l’elemento autobiografico era posteriore all’evento che li aveva suscitati, apparteneva al mondo della memoria, veniva storicizzato per essere raccontato di nuovo, quasi rivissuto, anche se con i tratti autocritici e di riflessione derivanti dal tempo trascorso . Quindi, autobiografia sì, ma diametralmente opposta al sentimento del haiku, rivolto al presente e solo a questo. Tutto il mio modo di comporre andava quindi ridisegnato. Soprattutto andava affinato lo sguardo verso la concretezza della vita quotidiana, per riuscire a focalizzare gli eventi minimi di cui sono costellate la nostre giornate, scoprendone l’unicità e il contenuto emotivo di cui quasi mai ci rendiamo conto. Un altro elemento essenziale alla composizione di haiku è costituito dalla presenza pressoché costante della natura e dei suoi mutamenti stagionali, suggeriti dalla presenza del kigo (e dirò più avanti dell’importanza, a mio giudizio, di tale elemento nella composizione del haiku). Mi rendevo conto di quanto poco la conoscessi e di quanta superficialità era intrisa la mia presunta capacità di osservazione. Era necessario che imparassi a “vedere” le cose che mi circondavano, e poi a rappresentarle in quella forma breve. Ciò che potevo salvare, del vecchio modo di fare poesia, era quella zona di mistero, quel “non detto” che era anche il fascino del haiku. Ciò che dovevo invece dimenticare era l’uso della metafora, l’esasperato soggettivismo, oltre, ovviamente, alla struttura compositiva. Per quanto riguarda la scansione sillabica di 5-7-5 sillabe, non ho avvertito particolari difficoltà. Dopo un breve periodo di “allenamento”, era come imparare un nuovo passo di danza. Abbastanza presto mi è diventato naturale già “pensare” il haiku in quella forma metrica. “Chiunque può comporre haiku, purché sia dotato di sensibilità e conosca l’uso della scrittura” , dice sornione il Maestro giapponese di haiku Tadao Araki. A volte avvertivo di essere dotata della fine sensibilità di un lampione. Il cammino è stato lungo e faticoso. A volte scrivo versi di 5-7-5 sillabe che non sono veri haiku (questo almeno sono riuscita a capirlo!). Dicono i Maestri che se, nell’arco di una vita, riesci a comporre 5 buoni haiku, sei un haijin. Se riesci a comporne 10, sei un Maestro. E veniamo all’importanza del kigo. Ma, innanzitutto, che cos’è esattamente? La definizione più comune lo identifica come la parolachiave che indica la stagione. La stagione aveva e ha tuttora la funzione di stabilire nel verso un legame preciso con la realtà quotidiana, con la vita del singolo o della 1 Secondo l’Istituto Italiano di Cultura Giapponese (Roma) non si collettività, con la natura. Il kigo è quindi la paroladovrebbe scrivere, come saremmo portati a fare, “l’haiku”, bensì “il simbolo riguardante la flora, la fauna, avvenimenti haiku”, in quanto la lettera h è una consonante a tutti gli effetti, anche se la pronuncia è aspirata, e ne segue quindi le regole grammaticali. Il modo religiosi o popolari giapponesi, cibi, che sta appunto a corretto di scrivere è quindi “del haiku”, “il haiku”, ecc. , che indicare una precisa stagione. foneticamente risulta per noi abbastanza fastidioso e a volte fa venir Quando un haijin si accinge a comporre un haiku deve voglia di trasgredire. scegliere tra i 25.000 (sì, avete letto bene!) kigo codificati “Nella misura breve dell’istante haiku” . Incontro presso il Circolo dei Lettori del 22.11.2007 2 quello che meglio esprime l’essenza dell’immagine che egli vuole rappresentare. L’errore più comune, per noi occidentali che non conosciamo il repertorio dei kigo (anche se alcuni di essi sono stati tradotti, ma soltanto in minima parte) è quindi quello di introdurre, in uno stesso haiku, kigo che rappresentano stagioni diverse. Ad esempio, ecco due haiku tratti da “Haiku in Italia” (Ediz. Empirìa), commentati da Tadao Araki: Sera d’estate quando la trota salta vede la luna G. Vit “Estate. La luna splende sul torrente dove una trota salta sull’acqua. E’ un’immagine che suggerisce freschezza e bellezza come una pittura giapponese, e dà una sensazione piacevole. Tuttavia, nell’haiku giapponese “trota” è un kigo della primavera, “luna” dell’autunno, perciò in questo haiku si confondono le tre stagioni primavera, estate, autunno. Converrebbe quindi toglierne una”. Nuvola a nuvola cuce e scuce la luna marzo riluce C. Serricchio “Contenendo di proposito la parola “marzo”, non può che essere un haiku primaverile, ma il soggetto è la luna, kigo che nella tradizione giapponese indica l’autunno: esiste il kigo “luna primaverile”, il cui uso però rende inutile quello di “marzo”. Se si legge questo haiku seguendo la tradizione giapponese, si ha davvero la spiacevole sensazione di confusione tra primavera e autunno. Questo è un fenomeno imputabile alla mancanza di kigo codificati nell’haiku italiano …”. Forse, viste le difficoltà, a noi occidentali converrebbe tralasciare l’uso del kigo, consapevoli però del rischio, molto probabile, di introdurre nel nostro haiku parole che per noi sono neutre, ma che in realtà sono dai giapponesi usate come kigo. Infatti, per eliminare il kigo, bisogna conoscere il repertorio dei 25.000 kigo! Si direbbe una strada senza uscite. E’ noto che nelle avanguardie poetiche giapponesi spesso il kigo viene eliminato, così come non viene rispettata la classica scansione sillabica di 5-7-5 e viene altresì introdotto “l’uso di parole “nuove”, prima non ammesse nella composizione di un testo poetico”, come scrive Carla Vasio nella prefazione a “Haiku antichi e moderni” – Ediz. Valiardi. Scrive ancora Carla Vasio: “Il kigo è importante, perché senza di esso viene meno la possibilità di individuare nella composizione un preciso punto del tempo sottratto a quel continuo oscillare fra passato e futuro in cui il mondo si dissolve, sentimento della fuga del tempo che è sempre malinconicamente insito nella sensibilità giapponese. Da parte sua il lettore è ricondotto dal kigo al momento in cui si è condensata la sensazione descritta, affinché possa richiamarla e riviverla”. Conclude Carla Vasio: “La brevità delle 17 sillabe a disposizione del poeta di haiku costringe a uno sforzo di sintesi e a una precisione di linguaggio che è esercizio di alta scuola, ma non riservato a pochi eletti. Infatti lo haiku richiede una sensibilità particolare nella scelta dell’immagine, nell’uso delle parole, nella composizione dei versi, che non sempre il tecnicismo dei professionisti favorisce…”. E a proposito di ques’ultimo aspetto, sottolineato dalla Vasio, il rischio, a mio giudizio, è quello di comporre haiku artificiosi, avvalendosi di un “repertorio” collaudato, preoccupati soltanto della sonorità, appagati dal risultato esteticamente apprezzabile. Una caratteristica del haiku è invece quella della semplicità, della naturalezza. Semplicità che spesso sembra portare con sé la domanda: - Tutto qui?, e viene quindi trattata con sufficienza, ignorando che la semplicità nella struttura del haiku riproduce le componenti tipiche della mentalità nipponica, e dimenticando che dietro l’apparente semplicità l’atmosfera che lo pervade è caratterizzata da intime profondità, inaccessibili a una lettura distratta. Bisognerebbe quindi rispondere a quella domanda: - è tutto qui? con: - qui è tutto! Viene in mente la favola di Andersen “L’usignolo dell’Imperatore”, con i due usignoli, quello naturale e quello meccanico, che gareggiano tra loro: “ … l’usignolo vero cantava come gli dettava il cuore, quello meccanico ripeteva le stesse note senza mai cambiare …. le canzoni dell’uccellino dei boschi nascevano dai sentimenti, quelle dell’altro da una molla …” Sulla base di queste mie brevi e molto incomplete riflessioni sul haiku, penso sia opportuno accostarci a questo affascinante mondo poetico con umiltà, muovendoci con circospezione e rispetto nei confronti di quella lontana cultura; cercando, per quanto possibile, di comprenderla e sperando, nell’accingerci a comporre haiku, di fare – come si dice – il minor danno possibile. Dal momento che questa non è, né voleva esserlo, una “lezione sul haiku”, mi considero assolta per le omissioni, le inesattezze e le approssimazioni che in essa siano riscontrabili. Ricordiamo, per concludere, queste parole di Tadao Araki, tratte dalla prefazione all’antologia “Se fossi il re di un’isola deserta” – Ediz. Empirìa: “Praticare il haiku per un haijin non è solo comporre poesie, secondo specifiche regole metriche e retoriche, significa anche adeguarsi a un’etica di comportamento che rispecchia un modo diverso di porsi nel mondo e un diverso rapporto con la natura di cui ci si ferma un attimo a contemplare la bellezza e l’instabilità. Inoltre, la brevità di 17 sillabe a disposizione costringe a uno sforzo di sintesi e a una precisione di linguaggio che è esercizio di alta scuola, ma non è riservato a pochi eletti…Si può dire che comporre haiku è alla portata di chiunque abbia sensibilità e conosca l’uso della scrittura. In Giappone si crede che chiunque, consapevole o no, è poeta di haiku, dovunque si trovi e qualunque sia la sua lingua.” In appendice vengono riportati alcuni kigo facenti parti di quel ricco repertorio cui è stato accennato, tradotti dall’inglese. Così, tanto per fare intravedere la complessità e la ricchezza sottesa al genere poetico denominato haiku. “Nella misura breve dell’istante haiku” . Incontro presso il Circolo dei Lettori del 22.11.2007 3 Elenco di alcuni kigo (indicatori stagionali) tratti dal “Repertorio dei kigo” Primavera (Haru) Estate (Natsu) mezzogiorno di primavera fine di primavera estate vicina luna nebbiosa notte velata di nebbia vento chiaro vento dell’est neve rimasta acque di primavera montagne fiorite festival delle bambole arare baco da seta bassa marea molluschi gattini usignolo allodola rondine rane farfalla salice camelia fioritura ciliegi ciliegi piangenti o cadenti fiori dei ciliegi caduta dei fiori dei ciliegi fiori caduti fioritura dei peri tulipani violetta felci mattino d’estate notte d’estate notte breve fresco estivo caldo piogge di giugno sole bruciante brezza del mattino colline verdi sabbia bruciante cambio di abiti piantatura del riso prugne verdi nuvola di zanzare cerbiatto puledro trota tonno mosca zanzara formiche cicala ragno lumaca bruco peonia iris rosa mimosa crisantemo erba verde Autunno (Aki) Inverno (Fuyu) freddo del mattino giorno d’autunno autunno sereno fine autunno notte d’autunno freddo notturno luna luna crescente notte di luna luna di sera nebbia di fiume rugiada vento d’autunno campi di fiori festa di tutte le anime visita alle tombe taglio del riso solitudine d’autunno cervo salmone libellula d’acqua locusta grillo scarafaggio di terra crisantemi bianchi crisantemi gialli garofani granoturco mele pere castagne noci funghi caduta delle foglie di salice foglie cadute uva cachi principio d’inverno notte fredda freddo freddo intenso anno che termina fine dell’anno vigilia di fine anno luna gelida nuvole d’inverno prima pioggia invernale acquerugiola invernale gelo gelo rappreso prima neve neve alta grandine ghiaccio sorgere del sole a Capodanno fuoco di legna braciere carbone sandali da neve vestiti di cotone imbottiti orso aquila gabbiano balena lumaca di mare crisantemi d’inverno rape rosse cipolle canne appassite narcisi crisantemi appassiti erba appassita lanugine di erba appassita pini “Nella misura breve dell’istante haiku” . Incontro presso il Circolo dei Lettori del 22.11.2007 4 9 HAIKAI di Loris Maria Marchetti I Poco da dire: la luce precoce si smorza nei quadri. Brividi dona anche se impalliditi l'ottovolante. 10 Senza colore questo guscio d’autunno dimenticato. 11 2 Rapidamente cercherai di carpire la vita vana. 3 Amica, addio: esaurisce settembre la libertà. 4 Senza capire ritoccava le rose a perdifiato. 5 Cielo di piombo sopra luglio imputato d’aspettazione. Scommessa amara navigare nel bosco ad occhi chiusi. 12 Noi piangeremo su panchine impregnate di nostalgia. 13 Amate nubi, di mosaici stremati docili involucri. 14 Strenui ed invitti sogni di primavera densi di fiaba. 6 15 “Bimba precoce, con l’anima si fotte non con la fica”. Sogni d’estate rubano la dolcezza senza ritegno. “Stolto poeta, stai diventando vecchio e moralista”. 7 Se piange il pesco, petali di farfalle nell’universo. 8 16 Sogni d’autunno tiepidi e ingannatori senza rancore. 17 Sogni d’inverno d’immacolate vette tardivi fuochi. Inverno pigro, dormi senza rumore volto ad oriente. “Nella misura breve dell’istante haiku” . Incontro presso il Circolo dei Lettori del 22.11.2007 5 12 Haiku metropolitani Commento ai 12 haiku metropolitani, a cura dell’autore di Alessandro Novellini (con commento dell’autore) 1. Il passaggio dall’esterno all’interno del locale, pieno di luci e di gente, un po’ confonde e dà la sensazione che tutti guardino noi. Se portiamo gli occhiali, il passaggio dal freddo al caldo del bar li appanna, e allora, con una vena ironica, poiché non si vuole correre il rischio di perdersi qualche sguardo interessante, si dà una pulitina alle lenti, con noncuranza. Haiku senza kigo. 2. I bus cittadini sono spesso impolverati, a causa dell’inquinamento. La pioggia di primavera non è particolarmente violenta, appena una spruzzata. Dall’interno dell’autobus, le chiazze di pioggia miste allo smog sui vetri del finestrino accentuano un senso di trasandatezza e di squallore urbano. Haiku di primavera. 3. Un altro haiku primaverile. Casa di ringhiera (nella nostra città ne esistono ancora molte). Il WC è sul ballatoio, in comune con altri inquilini. Il vento di marzo è particolarmente freddo. Chi occupa la toilette è in balìa degli spifferi. Il colpo di tosse, inoltre, “avvisa” chi sta avvicinandosi che il WC è occupato. Haiku che trasmette un senso di disagio per questa mancanza di privacy. 4. Il sole è tramontato, ma si vuole prolungare il piacere di remare, anche se il fiume ormai è avvolto nel buio. Non si vede il rematore, si sente soltanto il tonfo dei remi. Questo haiku, senza una stagione definita, ha in sé un alone di mistero. 5. Il ponte di ferro sulla Dora. L’uomo che dorme (un operaio nella pausa di riposo, un vagabondo, uno straniero spaesato?) colpisce per il luogo scelto per il riposo: le travate sghembe del ponte. Evidentemente, si tratta di qualcuno abituato a stare in luoghi di fortuna, purché gli consentano tranquillità e silenzio. Il solo rumore qui è quello del fiume che scorre sotto di lui. Un haiku senza stagione, che trasmette un senso di tristezza e di solitudine. 6. Un uomo si accorge, mentre sta lavorando al computer, di aver saltato un rigo nel testo che sta scrivendo. Attribuisce la distrazione alla sua età e alla vista che incomincia a tradirlo, mentre si vede ancora intento al lavoro anche se – pensa – farebbe meglio a lasciar perdere. Uno sguardo alla finestra e alla giornata nebbiosa spinge il lettore all’accostamento tra la vista annebbiata e la nebbia . “Nebbia” è kigo dell’autunno. 7. Una giornata d’autunno inoltrato avvisa che l’inverno non è lontano, grazie al vento freddo che sembra portare con sé l’odore della neve. Torino, del resto, è circondata dalle montagne, e la sensazione non appare inverosimile. 8. Haiku intimista. Una finestra socchiusa e uno spicchio di luna suggeriscono pensieri un po’ tristi, nel passaggio tra una condizione di pienezza, come quella della giovinezza, a una di rinuncia, sia pure ancora non definitiva, come quella che preannuncia la vecchiaia. 9. La pioggia fredda dell’autunno spinge a tenere il cappotto ben abbottonato. Il ricordo va a un’altra stagione della vita, quando nulla sembrava toccarci e pioggia e vento erano soltanto dettagli nella nostra giornata, occupata a vivere le gioie della giovinezza. Probabilmente non indossavamo neppure il cappotto! 10. Atmosfera smorzata sui toni bianchi, che introducono all’ambiente ospedaliero. Il malato è quasi inerte, in balìa della propria malattia e delle cure. Il senso di gelo è accentuato dalla caduta della neve, che spegne i suoni e isola la mente. 11. Haiku invernale. Mentre ci si accinge a salire in macchina, si nota il sottile strato di ghiaccio che riveste il parabrezza. Scatta un ricordo lontano, di quando si era ragazzi e ci si divertiva a scarabocchiare su quella parete improvvisata. Il pensiero porta con sé il ricordo della ragazza che occupava a quel tempo la nostra mente. 12. Ultimo giorno dell’anno. Gli uffici sono deserti. Ma anche in questa importante vigilia festiva, c’è qualcuno che non può fare a meno di cercarci al telefono: qualcosa di urgente, o soltanto la nevrosi di uno stakanovista? La città: tra bar, autobus e interni di uffici. Sotto la pioggia e la neve, mentre continua a scorrere il “fiume scuro”. Un paesaggio urbano come fonte di ispirazione per questi 12 haiku, scritti tra il 2001 e il 2006. 1. nel bar gremito luccicare di sguardi – netto le lenti Vincitore Haiku Contest 1998 2. marzo in città – sul vetro sporco del bus chiazze di pioggia 3. vento di marzo – dal WC sul balcone colpo di tosse 4. sul fiume scuro s’accendono le luci – tonfi di remi 5. ponte di ferro – sulle travate sghembe un uomo dorme classificato al 7° posto Haiku Contest 2006 6. sul display verde ho saltato un rigo – dai vetri, nebbia 7. tardo autunno – ha odore di neve il primo vento 8. alla finestra socchiusa m’attardo – ultimo quarto 9. loden serrato nella pioggia d’autunno – sto invecchiando 10. vene trafitte nella bianca corsìa – cade la neve 11. sul parabrezza scrivo il suo nome – ghiaccio sottile 12. squilli a vuoto in uffici deserti – Felice Anno “Nella misura breve dell’istante haiku” . Incontro presso il Circolo dei Lettori del 22.11.2007 6 Il canto dell’haicùculo (ovvero alla maniera degli haiku) Le carrube ciondolano nere – non arrivano cavalli alati con questa nebbia di Domenico Diafèria Esiste ancora una capacità di contemplazione, in particolare della Natura, senza devastarla? Forse, in un mondo di chiacchiere, è buon esercizio di stile esprimere, in meno parole possibili, il dicibile e il non dicibile. Proviamo… da Se tu sei, ed. Trauben Primavera Azzurra brezza e fremito di voli tra aperte viole Inverno Spolverata di bianco sulla collina e sulla mia barba, che fredda armonia Scia bianca e rosa di monti – voglia di svoltare e libero prendere per valli Voglia di uragano mai esploso sulla città smaniosa e controllata Sono io che canto o il canto canta me? Fredde le gambe a camminare nel parco brullo dei bambini assenti Nel folto bosco come richiamo antico primo gracidare Senza stagione La mente si distende nel sole, piacevole su cose, come reali – assopita la tigre che è in loro Estate Disteso vociare di cicale, morde il meriggio affocato – starsene ad ombre di frescura Fruscii di frasche al lievitare di venti e di pensieri Il mare è una spianata di luce sotto la luna e tutto tace sopra i colli – un grillo Autunno Sotto pergolati d’uva bocce di vino su tavoli in legno, è lieve starsene per oasi a sorseggiare il tempo Autunno ha i suoi fulgori tra ricordi appassiti di verde, così i miei anni che amano vini e capezzoli di uve Come un mare le nubi hanno invaso la città dolente: albero di vascello svetta solo la guglia, sotto, boato cupo e vitale Occhi di ponte sul placido fiume, i due cigni, regali sul torbido specchio di spazzatura Piole dimenticate lungo il fiume: storia non passa di qui se non per strilli di carte Finito il diluvio di paura al fiume, libertà guizzante dei pesci! tornano i pescatori sulla riva Gabbiani in fila sul tronco come nave incagliata e schiuma di cascata al sole Amo questi parchi, di nessuno e di tutti, sono di chi li abita, per un giorno, come la terra Un’isola deserta affiora nel grande fiume in secca, come cuori incagliati Il corvo gracchia nel silenzio e traccia volando i segni del suo esserci Ulteriori informazione, novità e materiali sul sito web http://www.kore.it/CAFFE/poesia fuoril.htm “Nella misura breve dell’istante haiku” . Incontro presso il Circolo dei Lettori del 22.11.2007 7