Fiscal News n. 298 del 23.10.2014 Locazioni commerciali

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Fiscal News n. 298 del 23.10.2014 Locazioni commerciali
Fiscal News
La circolare di aggiornamento professionale
N. 298
23.10.2014
Locazioni commerciali: canoni non
percepiti
Con la risoluzione del contratto di locazione, cessa
l’assoggettamento a imposta sui redditi
Categoria: Irpef
Sottocategoria: Reddito da locazione
Con riguardo agli immobili per uso diverso da quello abitativo (ad esempio, locali commerciali, studi
professionali, capannoni industriali, alberghi, ecc.), se il contratto di locazione si è risolto “di diritto” al
verificarsi dell'inadempimento del conduttore (a fronte di clausola risolutiva espressa), il locatore non
deve corrispondere le imposte riguardanti i canoni non percepiti.
Allo stesso modo i canoni non percepiti sono esclusi dalla tassazione se il conduttore è fallito e il
locatore è stato ammesso al passivo.
È quanto si ricava da due recenti sentenze di merito, ossia la n. 365/05/14 della CTP di Brescia e la n.
516/02/14 della CTP di Bergamo.
Premessa
Con riguardo agli immobili per uso diverso da quello abitativo, il locatore non
deve corrispondere le imposte riguardanti i canoni non percepiti se il contratto
di locazione si è risolto “di diritto” al verificarsi dell'inadempimento del
conduttore (in forza di clausola risolutiva espressa) oppure se il conduttore è
fallito.
È quanto si ricava da due recenti sentenze di merito, ossia la n. 516/02/14 della
CTP di Bergamo e la n. 365/05/14 della CTP di Brescia.
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CTP di Brescia n. 365/05/14
Risoluzione in forza di clausola risolutiva espressa
Se il contratto di locazione si è risolto “di diritto” al verificarsi
dell'inadempimento del conduttore, il locatore non deve corrispondere le
imposte riguardanti i canoni non percepiti.
La controversia trae origine dalla notifica di un avviso di accertamento con il
quale l’Agenzia delle Entrate rideterminava i redditi da fabbricato dichiarati dal
contribuente per l’anno 2008, in relazione ad alcuni contratti di locazione che si
erano risolti per morosità del conduttore.
Con il ricorso il contribuente ha eccepito l’illegittimità della pretesa perché i
contratti oggetto di accertamento contenevano una clausola risolutiva
espressa e si erano quindi risolti di diritto con il mancato pagamento dei canoni
da parte del conduttore. Di conseguenza, dal momento in cui si era verificata la
condizione risolutiva prevista dal contratto, l’Ufficio avrebbe dovuto ritenere
interrotto l’assoggettamento a tassazione.
Ebbene, investiti della questione, i giudici tributari di Brescia hanno dato
ragione alla parte contribuente.
L’Ufficio finanziario ha giustamente sostenuto che per gli immobili per uso
diverso da quello abitativo “il canone di locazione va dichiarato, anche se non
percepito”; tuttavia, secondo la CTP, a fronte di una clausola risolutiva espressa
del contratto, l'inadempimento comporta lo scioglimento “di diritto” del
rapporto ed “è fino a tale data che il contribuente dovrà dichiarare e quindi
assoggettare a tassazione i redditi percepiti o no, non esistendo più
successivamente alcun contratto di affitto valido”.
La riconsegna
tardiva è un
danno per il
locatore
Nel caso in esame, ha poi evidenziato il giudicante, “la riconsegna del bene,
avvenuta in tempi molto lunghi e non immediata, non può essere considerata
indice di alcun tipo di reddito, ma anzi, ha rappresentato un danno per il
ricorrente che non è potuto rientrare in possesso degli immobili in tempi brevi,
in modo da consentirgli, eventualmente, di poterli nuovamente affittare”.
In definitiva, la CTP di Brescia ha accolto il ricorso del contribuente, con
conseguente condanna dell’Ufficio alla rifusione delle spese di lite (mille euro).
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CTP di Bergamo n. 516/02/14
Ammissione al passivo del fallimento
I canoni di locazione dell’immobile commerciale sono esclusi dalla
tassazione se il contribuente non li ha riscossi per il fallimento del
conduttore. Occorre però che il contribuente sia ammesso al passivo del
fallimento, in quanto l’ammissione al passivo produce gli stessi effetti della
sentenza di sfratto.
La controversia è originata da un avviso di accertamento ai fini IRPEF (oltre
addizionali, interessi e sanzioni) emesso a carico di un contribuente, che non ha
dichiarato il reddito costituito dai canoni di locazione di un immobile
commerciale.
L’uomo ha intrapreso le vie legali lamentando l’illegittimità dell’accertamento,
stante la mancata percezione dei detti canoni, per via del fallimento della
società conduttrice.
L’adita CTP di Bergamo ha accolto il ricorso del contribuente.
L’Ufficio finanziario si è costituito in giudizio deducendo che i redditi fondiari
(ex
art.
26
TUIR)
concorrono
a
formare
il
reddito
complessivo
indipendentemente dalla loro percezione.
Solo per gli immobili ad uso abitativo la mancata percezione dei canoni ne
esclude la tassazione dal momento della conclusione del procedimento
giurisdizionale di convalida di sfratto.
Ebbene, ad avviso del giudicante, è necessario estendere analogicamente
l’esclusione dalla tassazione dei canoni non percepiti anche alle locazioni ad
uso non abitativo, in presenza di un provvedimento giurisdizionale che accerti
la morosità del conduttore.
“Solo tale interpretazione analogica – scrivono i giudici bergamaschi – pone al
riparo la norma da censure di costituzionalità per violazione degli artt. 3
(principio di uguaglianza) e 53 Cost. (principio della capacità contributiva)”.
Sulla scorta di tale rilievo la CTP ha affermato che l’ammissione del
contribuente al passivo del conduttore è equipollente alla convalida di sfratto
perché anche l’ammissione al passivo è un provvedimento giurisdizionale che
attesta l’inadempimento del conduttore e che, come la convalida di sfratto, non
esclude un futuro adempimento, sul quale andranno corrisposte le imposte.
Ne è derivato l’annullamento dell’avviso di accertamento in rettifica, mentre le
spese processuali sono state compensate in ragione della novità della
questione giuridica trattata.
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La Cassazione
Anche ad avviso della Suprema Corte, i canoni non percepiti per morosità del
conduttore sono rilevanti ai fini del computo della base imponibile solamente
finché il contratto è in essere.
Cassazione, sentenza n. 651 del 2012
Nella locazione d’immobili a uso commerciale la base imponibile ai fini IRPEF
è costituita dall’importo del canone locativo convenuto nel contratto, anche
nel caso in cui tale canone non sia stato effettivamente percepito a causa
della morosità del conduttore.
Tuttavia, il riferimento al canone locativo opera nel tempo solo fin quando
risulta in vita un contratto di locazione e diviene inutilizzabile con la
cessazione (per qualsivoglia motivo) del contratto, momento in cui si
ripristina la regola generale del reddito medio catastale.
Di conseguenza, il provvedimento giudiziale di convalida di sfratto,
determinando la risoluzione del contratto, fa venir meno il riferimento al
canone locativo, a decorrere dal periodo successivo all’emanazione dello
stesso.
Cassazione, sentenza n. 11158 del 2013
I canoni non corrisposti sono rilevanti ai fini del computo della base
imponibile laddove si discuta, come nella specie, del reddito fondiario (il
quale concorre alla formazione del reddito globale in correlazione con la
mera titolarità del diritto reale sul bene immobile locato) solamente finché il
contratto è in essere (così anche Cass. n. 19166/2003 e n. 20764/2006).
Si può infatti parlare di canoni di locazione solo in presenza di un contratto
sicché, se questo viene a cessare per una qualsiasi causa di risoluzione, non si
può configurare l’esistenza di un canone dal quale si genera una base
imponibile ai fini delle imposte sui redditi.
In sintesi, con le sentenze n. 651 del 2012 e n. 11158 del 2013 la Suprema Corte
è giunta all’approdo:
o
che la tassazione del reddito locativo è di per stessa collegata alla
mera maturazione del diritto di percezione di un reddito;
o
che i canoni di locazione devono essere dichiarati - anche se non
incassati - fino alla data in cui è intervenuta la risoluzione del
contratto;
o
il riferimento al reddito locativo opera fin quando risulta in vita un
contratto di locazione sicché, in caso di cessazione dello stesso, per
una qualsiasi ragione, il riferimento al canone non è più praticabile,
tornando in vigore la regola generale del reddito medio catastale.
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Infatti, la risoluzione del contratto impedisce di configurare il pagamento,
effettivo o presunto, effettuato a titolo di canone di locazione, cui possa essere
parametrata la basa imponibile ai fini IRPEF (v. Corte Cost. n. 362/2000).
Questa conclusione è avvalorata dalla regola concernente le locazioni
abitative (art. 23, comma 1, TUIR, come modificato dalla L. n. 431 del 1998, art.
8, comma 5), stando alla quale: “i redditi derivanti da contratti di locazione ad
uso abitativo, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito dal
momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di
sfratto per morosità del conduttore”; mentre “per le imposte versate sui canoni
venuti a scadenza e non percepiti come da accertamento avvenuto nell'ambito
del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità è
riconosciuto un credito d’imposta pari al loro ammontare” (Cass. n. 651/2012).
Conclusioni
In virtù di quanto si è detto, nelle locazioni di immobili a uso diverso da quello
abitativo (che qui interessano), i redditi derivanti dai contratti a esse sottesi, se
non percepiti, non concorrono a formare la base imponibile:
o
da quando è intervenuta la sentenza di sfratto per morosità del
conduttore (Cass. n. 651/12 cit.; conf. sentenza n. 11158/13);
o
da quando il conduttore è stato ammesso al passivo del fallimento
(CTP di Bergamo n. 516/02/14);
o
da
quando
è
intervenuta
la
risoluzione
del
contratto
per
inadempimento del conduttore, a fronte di una clausola risolutiva
espressa (CTP di Brescia n. 365/05/14).
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