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All’assalto dell’Eurasia - di Alexandre Latsa
All’inizio del secolo scorso, strateghi e teorici anglosassoni definiscono gli aspetti indispensabili per l’Inghilterra, poi per l’America al fine di mantenere le loro posizioni dominanti.
All’inizio del secolo scorso, strateghi e teorici anglosassoni definiscono gli aspetti indispensabili per l’Inghilterra, poi per l’America al fine di mantenere le loro posizioni dominanti.
In breve, queste potenze “navali”, geograficamente isolate, devono evitare la presenza di un concorrente forte, soprattutto se quest’ultimo è sul continente. Il crollo dell’Inghilterra e l’avvento degli imperi in Europa confermeranno agli americani l’impellente necessità per loro di non farsi escludere dal continente, ma al contrario di prendervi posizione.
A metà del secolo, la seconda guerra mondiale rappresenta una provvidenziale occasione per l’America, in un’Europa indebolita e divisa, poiché dei due rivali continentali (la Germania nazista e la Russia sovietica), non ne resta che uno. Questa lotta contro l’URSS ha in realtà un altro obiettivo: la presa del potere economico tramite l’accesso alle materie prime e alle risorse naturali, concentrate nel cuore dell’Eurasia. Per fare ciò, l’America propone all’Europa devastata il “piano Marshall” (1947), destinato alla
sua ricostruzione. 16 Stati europei e la Turchia si divideranno i fondi creando l’OECE [2], il cui scopo pubblico era «il coordinamento degli sforzi di ricostruzione e la liberalizzazione del commercio e degli scambi monetari». Questo piano Marshall si rivelerà un cavallo di Troia per “infiltrarsi” nel continente e ottenere il dominio americano in Europa dell’Ovest in un primo tempo, verso Est successivamente, in concomitanza col crollo dell’URSS.
Per fare ciò, gli strateghi americani non utilizzeranno la «guerra », ma dei metodi più sovversivi di infiltrazioni e presa del controllo dall’interno. A tal fine, compariranno numerosi “fondi”, “associazioni”, “istituzioni” o “ONG” che serviranno a “difendere gli interessi americani” e “a promuovere le visione americana del mondo”, in particolare sul continente. Queste associazioni compaiono in tre tempi: una prima ondata durante il secondo conflitto mondiale (destinata a lottare contro il nazismo), una seconda durante
la guerra fredda (lotta contro l’URSS) ed infine dopo la caduta del muro per estendere l’influenza americana ad est ed in maniera ben più offensiva, e per fungere da punta di diamante a dei veri colpi di Stato (rivoluzioni colorate), presentati dai media (tra cui possiamo vedere i loro) come dei semplici “assestamenti democratici” in una zona del mondo in “transizione democratica”.
Siano esse di credo democratico o repubblicano, gli obiettivi, i metodi e i modi di finanziamento sono molto simili. In pratica portano a termine il lavoro ufficioso della CIA e permettono l’installazione di governi compiacenti, generalmente in zone considerate strategiche. È interessante notare che i capi di queste associazioni sono di regola ex-trozkisti, convertiti all’atlantismo accanito, spesso tramite il neo-conservatorismo (America uber alles). Questi «intellettuali» provengono in realtà quasi tutti dalla sinistra
radicale e questo fino al 1970, data in cui l’evoluzione dell’ultra sinistra contro la guerra del Vietnam si scontra con la percezione dell’America che hanno quei figli di immigrati fuggiti dall’Europa alla volta del nuovo continente. Essi si uniranno a Reagan in un primo tempo, a Clinton poi e a Bush dopo l’11/09. Si può considerare questa corrente come un «prodotto dell’influenza del ramo giudeo del trozkismo americano degli anni ’30 e ’40, che è evoluta in un liberalismo anticomunista dagli anni ’50 agli anni
’70, in seguito in una sorta di destra imperiale ed interventista senza precedenti nella storia politica o nella cultura americane». Tra i «nomi» più eminenti di questi ex-ribelli di sinistra passati all’interventismo evangelico militare ed a una visione unilaterale del mondo, si possono citare Paul Wolfowitz [3], Albert Wohlstetter [4], Irving Kristol [5], William Kristol [6], David Horowitz [7], Michael Ledeen [8], Danielle Pletka [9], David Frum [10], Michael Novak [11], Elliott Abrams [12], Robert Kagan [13], James Woolsey
[14], William Bennett [15], Zalmay Khalilzad [16], Gary Schmitt [17], Norman Podhoretz [18], o ancora Richard Perle [19].
Queste infiltrazioni e prese di controllo di ex-trozkisti all’interno delle associazioni che dirigono la politica interna ed estera americana, influenti sui politici o sui capi della CIA e perfino di grandi multinazionali, presenta una somiglianza coi paesi europei, Francia in testa. In Francia, infatti, numerosi «ex-trozkisti» hanno la fama di intellettuali rinomati (Bernard Henry Levy, Finkelkraut, Gluksman, Goupil, Brukner…) o sono a capo di movimenti politici di maggioranza (Kouchner, Cohen-Bendit, José Bové…). Questi «
nuovi intellettuali » sono ben inseriti nel cuore del sistema e non più nella sua periferia e godono dei favori dei nostri media nazionali, voce del «sistema» che erano così pronti criticare. Dal sostegno a Mao, essi sono passati al sostegno all’America. Hanno combattuto i sovietici ed applaudito la disintegrazione della Russia sotto Eltsin. Hanno appoggiato la rivoluzione indipendentista cecena, anche se questa era in parte condotta dai Wahabiti, facendosi eco degli indipendentismi etnico-religiosi tanto sognati dai
nemici prometeici della Russia. Fedeli alla volontà dei loro padroni, hanno religiosamente sostenuto la guerra della NATO contro la Serbia e i nazionalismi Croati e Bosniaci, fondati sul sangue e la religione. Essi si vorrebbero le guide morali di una repubblica che afferma sotto il governo Sarkozy il suo asservimento atlantista. Sono partigiani di una linea «dura» contro il Cremlino e le punte di diamante di una russofobia che trasuda nei nostri media nazionali. Infine, due dei più famosi (BHL e Gluksmann) erano i
consiglieri russi dei due finalisti alle presidenziali francesi, rispettivamente Ségolène Royal e Nicolas Sarkozy.
Il dopoguerra…
Freedom House
[20] è stata nel 1947 per rispondere alla minaccia nazista e persuadere l’opinione pubblica all’intervento nel conflitto mondiale. FH sosterrà il piano Marshall nel 1949 e si farà rapidamente e vigorosamente l’avvocato della politica americana appoggiando l’azione militare in Iraq, lo sviluppo della NATO e aiutando le società post-comuniste nell’instaurazione di «media indipendenti, gruppi di riflessione non governativi e istituzioni di base per le elezioni politiche». Nel 1982, Paul Wolfowitz e i
neoconservatori fanno entrare in gran numero i militanti trozkisti in questi diversi organismi, specialisti d’infiltrazioni che difenderanno tali gruppi. Nel 1986, Freedom House mette in atto a Londra un laboratorio di diffusione di articoli comandati sulla stampa internazionale tramite un programma finanziato dalla CIA e nel quale saranno coinvolti Vladimir Bukovsky, Adam Michnik, André Glucksmann, Jean-François Revel ed altri. Gli articoli sono ripresi nel Regno Unito nei giornali The Daily Mail, The Daily
Telegraph e in USA nei The Times e Wall Street Journal. Nel 1999, Freedom House ha creato il Comitato Americano per la Pace in Cecenia (American Committee for Peace in Chechnya [21] – ACPC), diretto da una triade (Zbigniew Brzezinski, Alexander Haig e Stephen J. Solarz) che ha organizzato, finanziato e appoggiato la Jihad contro i sovietici in Afghanistan. FH conta 120 permanenti in 12 paesi (Giordania, Serbia, Ucraina,…), guidati da una commissione di direttori composta da democratici così come
da repubblicani e nella quale si ritrovano allo stesso tempo l’ex direttore della CIA o ancora degli strateghi come Brezinski. FH afferma di aver appoggiato dei cittadini impegnati nelle rivoluzioni in Serbia, in Ucraina ed in Kirghizistan, ma anche di aver operato in Giordania, Algeria, Uzbekistan e Venezuela. Si dichiara un’organizzazione senza scopo di lucro ed è finanziata in gran parte dal governo americano e da numerosi donatori [22]. È stata a lungo presieduta dal rappresentate democratico del New Mexico,
Bill Richardson, che sommava le sue funzioni con quelle di vice presidente dell’Istituto Democratico per gli Affari Internazionali (NDI), al fianco di Madeleine K. Albright. James Woolsey, ex capo della CIA ed inventore del Congresso Nazionale Iracheno, gli è in seguito successo e dal 2005 Freedom House è amministrata da Peter Ackerman [23] (di cui ne riparleremo, tenete ben a mente questo nome).
Sempre legata al piano Marshall, nel 1972 verrà creata un’istituzione che porta il suo nome: il German Marshall Fund of the United States [24]. Essa si svilupperà rapidamente (dalla caduta del muro) in Europa dell’est, per “contribuire” alla transizione democratica degli ex paesi comunisti. L’istituzione si dichiara indipendente e apolitica, ha come scopo promuovere le relazioni transatlantiche incoraggiando uno scambio d’idee e un’aumentata cooperazione tra gli Stati Uniti e l’Europa.
L’USAID [25], creata nel 1961 sotto il governo Kennedy gestisce gli aiuti economici ed umanitari nel mondo. Il direttore dell’USAID è nominato dal presidente degli Stati Uniti e confermato dal senato americano. Essa finanzia numerose altre ONG, quali la NDE o la Freedom House, incaricate di sostenere tramite mezzi legali il lavoro della CIA, in particolare l’infiltrazione di parti politiche pro-occidentali. L’organizzazione è sospettata di appoggiare i partigiani dell’America su tutti i livelli (in particolare politico). Un
esempio [26]? Quando lo Yemen ha votato contro la risoluzione americana sull’impiego della forza in Iraq nel 1999, l’ambasciatore delle Nazioni Unite Thomas Pickering si è sentito dire dall’ambasciatore americano: «Questo non voto vi costerà caro». Nei giorni a seguire, l’aiuto americano tramite USAID fu tagliato, lo Yemen ebbe dei problemi con la banca mondiale e il FMI e 800 000 yemeniti furono esclusi dall’Arabia Saudita.
Nel 1961 per volontà di Kennedy furono creati anche il “Peace Corps [27]” e “Alliance for Progress [28]”, paravento destinati ad operare contro la minaccia comunista in America del Sud. L’alleanza fu però un fallimento e finì nel 1973.
La connessione Washington?
Sempre legata al Piano Marshall, la Brookings Institution [29] gioca un ruolo importante. L’istituzione conobbe il suo momento d’oro quando uno dei suoi membri, Leo Pasvolsky, membro anche del Consiglio delle Relazioni Estere [30] (un think tank che ha per compito l’analisi della politica mondiale e che comprende più 4000 membri provenienti dal mondo degli affari, della politica e dell’economia) contribuirà, a partire dal 1942, alle decisioni del presidente Roosevelt, in particolare per la fondazione delle
Nazioni unite (egli ne redigerà la carta), ma anche per il funzionamento del piano Marshall. Gli esperti dell’istituzione dimostreranno la loro influenza [31] dopo l’11/09 “manifestando davanti al Congresso e all’opinione pubblica americana per riaffermare il ruolo chiave dell’America all’estero”.
Di fronte ad essa, dall’altra parte della Massachusset Avenue a Washington, si collocano due altre “istituzioni” interessanti: Istituto Peterson [32] e Istituto Carnegie [33], un’organizzazione non governativa e anche un circolo di riflessione e d’influenza globale dedicata allo sviluppo della cooperazione tra Stati ed alla promozione di un impegno attivo degli Stati Uniti sulla scena mondiale. Divenuta uno dei più ricchi ed importanti think tank liberali del mondo, la fondazione ha giocato un ruolo predominante in
Russia aprendo una filiale a Mosca nel 1993 che ha consigliato l’ex presidente Eltsin nel processo di privatizzazione dell’economia ex sovietica, grazie ala collaborazione di personalità come Yegor Gaidar, recentemente scomparso. La fondazione prenderà in seguito posizione per difendere Mikhail Khodorkovsky, frequentatore dei palazzi di Mosca.
Tuttavia la Brooking Institution (citata più in alto), essendo stata giudicata molto vicino ai democratici, ha la sua controparte a destra, liberale che è l’American Enterprise Institute [34] (AEI), fondata nel 1943 e che è stata uno tra architetti maggiori dei politici del governo repubblicano di George Bush. Essa vuol difendere il “capitalismo democratico”. L’AEI ha avuto per molto tempo come mentore Irving Kristol [35], ex trozkista convertito, fondatore dell’ideologia conservatrice. Deceduto lo scorso settembre, suo
figlio William Kristol [36], prosecutore della tradizione familiare in quanto fondatore delle rivista neo-conservatrice “Weekly Standard”, fu uno dei fautori della rielezione di G. Bush, dell’attacco in Iraq nel 2003, ma anche fondatore del Project for the New American Century (PNAC) e membro del comitato dell’American Entreprise Institute, fondato da suo padre. Aneddoto: egli concluderà un suo articolo con “Vive la France [37]!”, per felicitarsi del voto contrario al trattato europeo, dimostrando così il disagio degli
americani di fronte all’evenienza di un concorrente politico ed economico. L’AEI ospita nei suoi locali la PNAC fondata da Kristol e chiusa nel 2006 e che aveva per obiettivo assicurare la leadership mondiale degli Stati Uniti.
Infine, nella stessa zona geografica, si trova anche la Hoover Institution [38] , una biblioteca finanziata dalla fondazione Rockfeller per archiviare tutto ciò che riguarda l’arrivo dei comunisti al potere in Russia. La biblioteca diventerà un think tank che formerà una parte dell’elite repubblicana, e che riceverà fondi di diverse multinazionali quali Merryl Linch, JP Morgan, Exxon, ecc…, e che condividerà i suoi direttori con l’AEI. La fondazione è anche sponsorizzata da un gruppo di ricercatori.
Nel 1998, un gruppo di ricercatori della Hoover Institution si trova nella residenza di Austin (Texas) di George W. Bush per formarlo alle questioni internazionali. Questo gruppo comprendeva numerose personalità come Condoleezza Rice., Dick Cheney, Stephen Hadley, Donald Rumsfeld, Paul Wolfowitz e lo stesso Colin Powell. Di rimando, Condolezza Rice è stata nominata consigliere di sicurezza nazionale e sette dipendenti della Hoover Institution sono stati designati al Pentagono tra i trenta membri
del Defense Policy Board Advisory Committee.
Nel cuore della guerra fredda
La National Endowment for Democracy [39] è stata creata nel 1983 durante il governo Reagan e il suo finanziamento passa per il Congresso americano tramite l’USAID. Esso ridistribuirà metà del denaro ricevuto dal governo alle seguenti quattro organizzazioni agenti a livello internazionale:
•National Democratic Institute for International Affairs, legato al partito democratico e presieduto dall’ex segretario di Stato Madeleine Albright;
•International Republican Institute, legato al partito repubblicano e presieduto dal senatore John McCain, sfortunato rivale di George Bush alle primarie del 2000 e oggi candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti;
- American Center for International Labor Solidarity, fondato dall’AFL-CIO;
- Center for International Private Enterprise, fondato dalla Camera di Commercio degli Stati Uniti.
L’altra metà dei fondi va a svariate centinaia di ONG ripartite nel mondo. La NED ha finanziato o finanziava gruppi politici combattenti ufficialmente per la democrazia in Europa occidentale negli anni ’80 e anche negli anni 2000 nei paesi dell’ex Unione Sovietica come Ucraina, o nei paesi dell’Asia centrale come Kirghizistan o Uzbekistan. La NED ha sviluppato un sistema di istituti satellite che si ispira a quello messo in atto dagli Stati Uniti, in qualità di esercito di occupazione, in Germania con la Friedrich Ebert
Stiftung, la Friedrich Naumann Stiftung, la Hanns Seidel Stiftung e la Heinrich Böll Stiftung. Così, utilizzerebbe queste fondazioni come intermediari finanziari in questi paesi piuttosto che i suoi propri istituti. Con lo stesso principio, la NED avrebbe trovato dei partner in diversi Stati alleati, membri della NATO o dell’ex ANZUS, in particolare: Westminster Foundation for Democracy (Regno Unito), Droits et Démocratie (Canada), Fondation Jean-Jaurès e Fondation Robert Schuman (Francia), International Liberal
Center (Svezia), ’Alfred Mozer Foundation (Paesi Bassi).
La NED pubblica il Journal of Democracy [40] e organizza delle conferenze con gli intellettuali che sponsorizza (ad esempio lo storico François Furet ed il giornalista Jean Daniel in Francia). Forma anche dei dirigenti politici e sindacali all’esercizio della democrazia in ogni parte del mondo. Essa finanzia ed include attualmente più di 6000 organizzazioni politiche e sociali nel mondo. Rivendica l’intera creazione del sindacato Solidarnosc in Polonia, la Carta 77 in Cecoslovacchia e Otpor in Serbia. Questi
movimenti hanno animato le rivoluzioni colorate in questi paesi o sono stati a capo delle lotta anti sovietica e di default pro americana. Il finanziamento di questi sindacati ha come corollario che il governo che deriva da questi rovesciamenti di regimi mantiene una politica pro US senza difetti (ordini militari di F16, nonostante l’entrata nella UE, allineamento totale sulle posizioni della Casa Bianca in Europa dell’est, partecipazione al partenariato per la pace nel 2005 per la Serbia, collaborazione con il TPI…).
Infine, la NED sarebbe stata coinvolta nelle campagne referendarie e nel fallito colpo di Stato dell’aprile 2002 contro la presidenza di Hugo Chavez in Venezuela.
Si può anche citare l’Aspen Intitute [41], atlantista e dedicato al “potere illuminato, all’apprezzamento di idee e valori eterni, per un dialogo aperto sulle tematiche attuali”. In Francia organizza dei dibattiti con intellettuali atlantisti come il presidente Nicolas Sarkozy. L’istituto è finanziato da società quali CapGemini o la rete d’informazione (!) Euronews.
La Jamestown Fondation [42] è stata creata dalla CIA sotto il governo Reagan per mettere in atto le transfughe comuniste; emette dei comunicati specializzati sul mondo comunista e sul terrorismo che servono da riferimento ai think tank di Washington. Alla caduta del muro, l’istituto riprende servizio tramite James Woosley, all’epoca responsabile della CIA, e Zbigniew Brzezinski per adattare il discorso guerra fredda (terza guerra mondiale) ad un discorso preordinante una quarta guerra mondiale. Essa
pubblica delle informative, tra cui in particolare:
- Chechnya Weekly: bollettino ufficiale dell’American Committee for Peace in Chechnya [21], una filiale di Freedom House, di Zbigniew Brzezinski e Alexander Haig;
- Eurasia Daily Monitor, la pubblicazione principale della fondazione che è diventata il quotidiano di riferimento per gli interessi americani nello spazio post-sovietico. Stigmatizza la Russia di Putin e celebra la «democratizzazione» in atto con le «rivoluzioni» dei rosa, degli arancioni, dei tulipani…
In realtà la Jamestown Foundation è un elemento di un sistema più vasto controllato dalla Freedom House e connesso con la CIA ed è diventata un’agenzia di stampa specializzata sugli Stati comunisti e post-comunisti e sul terrorismo.
Sempre nell’ambito della comunicazione, la Heritage Foundation [43] è stata una delle più attive sostenitrici della politica Reagan, basata sull’appoggio ai movimenti anticomunisti in particolare in Afghanistan o in Angola. Dopodiché, la fondazione ha leggermente deviato verso la parte democratica ed è stata elencata tra i think tank più influenti del paese. Fino al 2001 la fondazione pubblicava una rivista (Foreign Review) che è stata poi acquisita dalla Fondazione Hoover (vedere più in alto). Nel 2006, ha creato
il Margaret Thatcher Center for Freedom [44] per saldare i legami “anglo-americani”. Nel 2009 la fondazione ha suscitato uno “scandalo” affermando che l’Armata Rossa non aveva “liberato [45]” l’Europa dell’est dal fascismo, ma aveva instaurato un nuovo totalitarismo. Tale affermazione conferma l’offensiva anti-russa in corso, passante per un totale riesame della storia destinato a screditare il ruolo della Russia nella recente storia europea, col fine di respingerla sia fisicamente che nello spirito fuori
dall’Europa.
Dopo la caduta del muro
Dopo la caduta del muro, approfittando dell’incertezza generale e dell’aspirazione delle nuove nazioni dell’est ad inserirsi in Europa, queste associazioni contribuiscono senza dubbio ad estendere l’influenza americana in Europa centrale ed orientale, occupando il terreno abbandonato dai sovietici. Dal 1990 la loro attività non si è interrotta, non più che l’attività di Freedom House dopo la caduta del regime nazista. Tutte queste fondazioni, istituzioni, ONG hanno continuato ad operare “verso est”, in un “drang
nach osten” battente bandiera statunitense e diretto contro la Russia, non essendoci più l’URSS. In tale offensiva, occorre citare come attore principale il miliardario Soros, il quale ha dato vita tra il 1993 ed il 1994 a numerose organizzazioni troppo poco conosciute dal grande pubblico: Open Society [46], Human Right Watch [47], il Democracy Coalition Project [48], International Crisis Group [49]. Quest’ultimo è stato prima attivo in Africa, poi in ex Jugoslavia e oggi è presieduto dall’ex presidente finlandese
Martti Ahtisaari che verrà nominato dall’ONU inviato speciale per il Kosovo. L’ICG ha nel suo consiglio d’amministrazione degli ex consiglieri nazionali di sicurezza (Richard Allen e Zbigniew Brzezinski), vi si trova il principe kuwaitiano Saud Nasir Al-Sabah, l’ex procuratore del tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia Louise Arbour o l’ex comandante supremo della NATO durante la guerra di Jugoslavia, il generale Wesley Clark. Vi sono anche delle relazioni finanziarie, con l’ex presidente filippino
Fidel Ramos o l’oligarca russo Michail Khodorkovsky, tutti membri del Carlyle Group. Figurano anche delle personalità francesi: Simone Veil, presidente del memoriale della Shoah, e la giornalista Christine Ockrent, moglie dell’ex governatore del Kosovo Bernard Kouchner.
Il Project Syndicate [50] infine è un’agenzia di stampa indipendente che ha riacquistato diversi organi di stampa, ha finanziato delle radio «indipendenti» (come B92 in Serbia o Radio Free Europe) e si pone da molti anni come arma mediatica [51] nella guerra energetica contro la Russia. Va poi notato che le organizzazioni di Soros sono state espulse dalla Russia a fine 2003 e che nel 2006 è stata smantellata una rete di spionaggio anglosassone [52], nella quale gli agenti erano legati a organizzazioni
straniere, essendovi implicata l’Open Society.
Torneremo in un prossimo articolo sulle implicazioni di queste associazioni nelle rivoluzioni colorate ed in particolare sul trio «Freedom House» «rete Soros» e «Albert Einstein Institute» nell’organizzazione di queste rivoluzioni, questi colpi di Stato democratici destinati a «piazzare» dei governi agli ordini del Pentagono, col fine di fungere da testa di ponte per l’America nella sua lotta contro la Russia.
Infine, per terminare questo studio sulla costante aggressione latente (sempre basata su dei principi trozkisti di «rivoluzione permanente»), ci interesseremo alla penetrazione della lobby americana nella scena politico-mediatica francese e la conseguenza pratica per la Francia: servire da testa di ponte per l’America, allo stesso modo che una Georgia o una Serbia rovesciata militarmente o con una rivoluzione di colore.
Note
[1] Disonance
[2] OECE
[3] Paul Wolfowitz
[4] Albert Wohlstetter
[5] Irving Kristol
[6] William Kristol
[7] David Horowitz
[8] Michael Ledeen
[9] Danielle Pletka
[10] David Frum
[11] Michael Novak
[12] Elliott Abrams
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[13] Robert Kagan
[14] James Woolsey
[15] William Bennett
[16] Zalmay Khalilzad
[17] Gary Schmitt
[18] Norman Podhoretz
[19] Richard Perle
[20] Freedom House
[21] American Committee for Peace in Chechnya
[22] da numerosi donatori
[23] Peter Ackerman
[24] German Marshall Fund of the United States
[25] USAID
[26] esempio
[27] Peace Corps
[28] Alliance for Progress
[29] Brookings Institution
[30] Consiglio delle Relazioni Estere
[31] loro influenza
[32] Istituto Peterson
[33] Istituto Carnegie
[34] American Enterprise Institute
[35] Irving Kristol
[36] William Kristol
[37] Vive la France
[38] Hoover Institution
[39] National Endowment for Democracy
[40] Journal of Democracy
[41] Aspen Intitute
[42] Jamestown Fondation
[43] Heritage Foundation
[44] Margaret Thatcher Center for Freedom
[45] liberato
[46] Open Society
[47] Human Right Watch
[48] Democracy Coalition Project
[49] International Crisis Group
[50] Project Syndicate
[51] mediatica
[52] rete di spionaggio anglosassone
Traduzione di Matteo Sardini
Fonte: http://sitoaurora.altervista.org/Impero/impero179.htm
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