Per una partita di basket

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Per una partita di basket
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PER UNA PARTITA DI BASKET
Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo
Associazione di Enti Locali per l’Educational e la Cultura - Ente Formatore per Docenti
Istituzione Promotrice della Staffetta di Scrittura Bimed/Exposcuola in Italia e all’Estero
Partendo dall’incipit di Mario Conte e Flavio Tranquillo e con il coordinamento dei propri docenti, hanno scritto il racconto gli studenti
delle scuole e delle classi appresso indicate:
I.C. “Gesualdo Bufalino” di Pedalino Comiso (RG) - classi IIIA/B
I.C. “Domenico Cimarosa” di Aversa (CE) - classe IIIC
Istituto “Casa Angelo Custode” di Alessandria – classe IIIB
I.C. - Scuola Sec. di Primo Grado di Buccino (SA) – classi IIIA/B
I.C. “Santena” - Scuola Sec. di Primo Grado “G. Falcone” di Santena (TO) classe IIID
I.C. “De Amicis - Maresca” di Locri (RC) – classe IIIG
I.C. “Pescara 2” di Pescara – classe IIIM
I.C. “Ippolito Nievo” di Capri (NA) – classe IIIA
Scuola Sec. di Primo Grado “Dante Alighieri” di Lucera (FG) – classi IC/IIF/IIIF
Editing a cura di: Isabella Carena
Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo Associazione di Enti Locali
Ente Formatore per docenti accreditato MIUR
Il racconto è pubblicato in seno alla Collana dei Raccontiadiecimilamani
Staffetta Bimed/Exposcuola 2013
La pubblicazione rientra tra i prodotti del Percorso di Formazione per Docenti “La Scrittura
Strumento indispensabile di evoluzione e civiltà” II livello. Il Percorso di Formazione è promosso
dal MIUR Dipartimento per l’Istruzione Direzione Generale per il Personale Scolastico Ufficio
VI e si organizza in interazione con l’Istituto Comprensivo “A. De Caro” di Lancusi/Fisciano (SA)
Direzione e progetto scientifico
Andrea Iovino
Monitoraggio dell’azione
e delle attività formative collegate
Maurizio Ugo Parascandolo
Responsabili di Area per le comunicazioni, il
coordinamento didattico, l’organizzazione
degli Stages, le procedure e l’interazione con
le scuole, le istituzioni e i fruitori del Percorso
di Formazione collegato alla Staffetta 2013
Linda Garofano
Marisa Coraggio
Andrea Iovino
Area Nord
Area Centro
Area Sud
Segreteria di Redazione
e Responsabile delle procedure
Giovanna Tufano
Staff di Direzione
e gestione delle procedure
Angelo Di Maso, Adele Spagnuolo
Responsabile per l’impianto editoriale
Isabella Carena
Grafica di copertina:
Valentina Caffaro Rore, Elisa Costanza
Giuseppina Camurati, Iulia Dimboiu, Giulia
Maschio, Giulio Mosca, Raffaella Petrucci,
Dajana Stano, Angelica Vanni - Studenti
del Corso di Grafica dell’Istituto Europeo
di Design di Torino, Docente Sandra Raffini
Impaginazione
Bimed Edizioni
Relazioni Istituzionali
Nicoletta Antoniello
Piattaforma BIMEDESCRIBA
Gennaro Coppola
Amministrazione
Rosanna Crupi
I libretti della Staffetta non possono essere in alcun modo posti in distribuzione Commerciale
RINGRAZIAMENTI
I racconti pubblicati nella Collana della
Staffetta di Scrittura Bimed/ExpoScuola
2013 si realizzano anche grazie al contributo erogato in favore dell’azione dai
Comuni che la finanziano perché ritenuta
esercizio di rilevante qualità per la formazione delle nuove generazioni. Tra gli
Enti che contribuiscono alla pubblicazione della Collana Staffetta 2013 citiamo: Siano, Bellosguardo, Pisciotta,
Cetara, Pinerolo, Moncalieri, Susa, SaintVincent, Castellamonte, Torre Pellice, Castelletto Monferrato, Forno Canavese,
Rivara, Ivrea, Chivasso, Cuorgnè, Santena, Agliè, Favignana, Lanzo Torinese. Si
ringrazia, inoltre, il Consorzio di Solidarierà Sociale “Oscar Romero” di Reggio
Emilia, Casa Angelo Custode di Alessandria, Società Istituto Valdisavoia s.r.l. di
Catania, Associazione Culturale “Il Contastorie” di Alessandria, Fondazione
Banca del Monte di Rovigo.
La Staffetta di Scrittura riceve un rilevante contributo per l’organizzazione
degli Eventi di presentazione dei Racconti 2013 dai Comuni di Bellosguardo,
Moncalieri, Ivrea, Salerno, Pinerolo, Saint
Vincent, Procida e dal Parco Nazionale
del Gargano/Riserva Naturale Marina
Isole Tremiti.
Si coglie l’occasione per ringraziare i tantissimi uomini e donne che hanno operato
per il buon esito della Staffetta 2013 e
che nella Scuola, nelle istituzioni e nel
mondo delle associazioni promuovono
l’interazione con i format che Bimed annualmente pone in essere in favore delle
nuove generazioni. Ringraziamenti e
tanta gratitudine per gli scrittori che annualmente redigono il proprio incipit per
la Staffetta e lo donano a questa straordinaria azione qualificando lo start up
dell’iniziativa. Un ringraziamento particolare alle Direzioni Regionali Scolastiche
e agli Uffici Scolastici Provinciali che si
sono prodigati in favore dell’iniziativa. Infine, ringraziamenti ossequiosi vanno a S.
E. l’On. Giorgio Napolitano che ha insignito la Staffetta 2013 con uno dei premi
più ambiti per le istituzioni che operano
in ambito alla cultura e al fare cultura, la
Medaglia di Rappresentanza della Repubblica Italiana giusto dispositivo Prot.
SCA/GN/0776-8 del 24/09/2012.
Partner Tecnico Staffetta 2013
Si ringraziano per l’impagabile apporto
fornito alla Staffetta 2013:
i Partner tecnici
UNISA – Salerno, Dip. di Informatica;
Istituto Europeo di Design - Torino;
Cartesar Spa e Sabox Eco Friendly
Company;
ADD e EDT Edizioni - Torino;
il partner Must
Certipass, Ente Internazionale Erogatore
delle Certificazioni Informatiche EIPASS
By Bimed Edizioni
Dipartimento tematico della Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo
(Associazione di Enti Locali per l’Educational e la Cultura)
Via della Quercia, 64 – 84080 Capezzano (SA), ITALY
Tel. 089/2964302-3 fax 089/2751719 e-mail: [email protected]
La Collana dei Raccontiadiecimilamani 2013 viene stampata in parte su
carta riciclata. È questa una scelta importante cui giungiamo grazie al contributo di autorevoli partner (Sabox e Cartesar) che con noi condividono il
rispetto della tutela ambientale come vision culturale imprescindibile per chi
intende contribuire alla qualificazione e allo sviluppo della società contemporanea anche attraverso la preservazione delle risorse naturali. E gli alberi sono
risorse ineludibili per il futuro di ognuno di noi…
Parte della carta utilizzata per stampare i racconti proviene da station di
recupero e riciclo di materiali di scarto.
La Pubblicazione è inserita nella collana della Staffetta di Scrittura
Bimed/Exposcuola 2012/2013
Riservati tutti i diritti, anche di traduzione, in Italia e all’estero.
Nessuna parte può essere riprodotta (fotocopia, microfilm o altro mezzo)
senza l’autorizzazione scritta dell’Editore.
La pubblicazione non è immessa nei circuiti di distribuzione e commercializzazione e rientra tra i prodotti formativi di Bimed destinati
unicamente alle scuole partecipanti l’annuale Staffetta di Scrittura
Bimed/ExpoScuola.
PRESENTAZIONE
dedicato alle maestre e ai maestri
… ai professori e alle professoresse,
insomma, a quell’esercito di oltre mille
uomini e donne che anno dopo anno
ci affiancano in questo esercizio straordinario che è la Staffetta, per il sottoscritto, un miracolo che annualmente
si ripete. In un tempo in cui non si ha la
consapevolezza necessaria a comprendere che dietro un qualunque prodotto vi è il fare dell’essere che è, poi,
connotativo della qualità di un’esistenza, la Staffetta è una esemplarità su
cui riflettere. Forse, la linea di demarcazione che divide i nativi digitali dalle
generazioni precedenti non è nel fatto
che da una parte vi sono quelli capaci
di sentire la rete come un’opportunità
e dall’altra quelli che no. Forse, la differenza è nel fatto che il contesto digitale che sempre di più attraversa i nostri
giovani porta gli individui, tutti, a ottenere delle risposte senza la necessità
di porsi delle domande. Così, però, è
tutto scontato, basta uno schermo a risolvere i nostri bisogni… Nel contempo,
riflettere sul senso della nostra esistenza
è sempre meno un bisogno e il soddisfacimento dei bisogni ci appare come
il senso. Non è così, per l’uomo, l’essere,
non può essere così.
Ritengo l’innovazione una delle più rilevanti chiavi per il futuro e, ovviamente, non sono contrario alle LIM, a
internet e ai contesti digitali in generale, sono per me un motore straordinario e funzionale anche per la relazione
tra conoscenza e nuove generazioni,
ma la conoscenza è altro, non è mai e
in nessun caso l’arrivo, l’appagamento
del bisogno… La conoscenza è nella
capacità di guardare l’orizzonte con la
curiosità, il piacere e la voglia di conquistarlo, questo è! Con la staffetta il
corpo docente di questo Paese prova
a rideterminare una relazione con l’orizzonte, con quel divenire che accomuna
e unisce gli uomini e le donne in un afflato di cui è parte integrante il compagno di banco ma, pure, il coetaneo che
a mille chilometri di distanza accoglie la
tua storia, la fa sua e continua il racconto della vita insieme a te… In una
visione di globalizzazione positiva.
Tutto questo ci emoziona anche perché è in questo modo che al bisogno
proprio (l’egoismo patologico del nostro tempo), si sostituisce il sogno di
una comunità che attraverso la scrittura, insieme, evolve, cresce, si migliora. E se è vero come è vero che
appartiene alla nostra natura l’essere
parte di una comunità, la grande
scommessa su cui ci stiamo impegnando è proprio nel rideterminare
con la Staffetta una proficua interazione formativa tra l’innovazione e la
cultura tipica dei tanti che nell’insegnare hanno trovato… il senso.
Dedico questo breve scritto ai docenti ma vorrei che fossero i genitori e
gli studenti, gli amministratori e le imprese, la comunità e l’attorno, a prendere consapevolezza del fatto che è
proprio ri/partendo dalla Scuola che
potremo determinare l’evoluzione e la
qualificazione del nostro tempo e
dello spazio in cui viviamo. Diamoci
una mano, entriamo nello spirito della
Staffetta, non dividiamo più i primi
dagli ultimi, i sud dai nord, i potenti
dai non abbienti…
La Staffetta è, si, un esercizio di scrittura che attraversando l’intero impianto curriculare qualifica il contesto
formativo interno alla Scuola e, pure,
l’insieme che dall’esterno ha relazione
organica e continuativa con il fare
Scuola, ma la Staffetta è, innanzitutto,
un nuovo modo di esprimersi che enuclea nella possibilità di rendere protagonisti quanti sono in grado di
esaltare il proprio se nel confronto,
nel rispetto e nella comunanza con
l’altro.
Andrea Iovino
L’innovazione e la Staffetta: una opportunità per la Scuola
italiana.
Quando Bimed ci ha proposto di
operare in partnership in questa importante avventura non ho potuto far a
meno di pensare a quale straordinaria
opportunità avessimo per sensibilizzare un così grande numero di persone sull’attualissimo, quanto per molti
ancora sconosciuto, tema di “innovazione e cultura digitale”.
Sentiamo spesso parlare di innovazione, di tecnologia, di Rete e di 2.0,
ma cosa sono in realtà e quali sono le
opportunità, i vantaggi e anche i pericoli che dal loro utilizzo possono derivare?
La Società sta cambiando e la
Scuola non può restare ferma di
fronte al cambiamento che l’introduzione delle nuove tecnologie ha
portato anche nella didattica: cambia il metodo di apprendimento e
quello di insegnamento non è che una
conseguenza naturale e necessaria
per preparare gli “adulti di domani”.
Con il concetto di “diffusione della
cultura digitale” intendiamo lo svi-
luppo del pensiero critico e delle
competenze digitali che, insieme all’alfabetizzazione, aiutano i nostri ragazzi
a districarsi nella giungla tecnologica
che viviamo quotidianamente.
L’informatica entra a Scuola in modo
interdisciplinare e trasversale: entra
perché i ragazzi di oggi sono i “nativi
digitali”, sono nati e cresciuti con tecnologie di cui non è più possibile ignorarne i vantaggi e le opportunità e
che porta inevitabilmente la Scuola a
ridisegnare il proprio ruolo nel nostro
tempo.
Certipass promuove la diffusione della
cultura digitale e opera in linea con le
Raccomandazioni Comunitarie in materia, che indicano nell’innovazione e
nell’acquisizione delle competenze digitali la vera possibilità evolutiva del
contesto sociale contemporaneo.
Poter anche soltanto raccontare a
una comunità così vasta com’è quella
di Bimed delle grandi opportunità che
derivano dalla cultura digitale e dalla
capacità di gestire in sicurezza la re-
lazione con i contesti informatici, è di
per sé una occasione imperdibile. Premesso che vi sono indagini internazionali da cui si evince l’esigenza di
organizzare una forte strategia di ripresa culturale per il nostro Paese e
considerato anche che è acclarato il
dato che vuole l’Italia in una condizione di regressione economica proprio a causa del basso livello di
alfabetizzazione (n.d.r. Attilio Stajano,
Research, Quality, Competitiveness.
European Union Technology Policy for
Information Society II- Springer 2012)
non soltanto di carattere digitale, ci è
apparso doveroso partecipare con
slancio a questo format che opera
proprio verso la finalità di determinare
una cultura in grado di collegare la
creatività e i saperi tradizionali alle
moderne tecnologie e a un’idea di digitale in grado di determinare confronto, contaminazione, incontro,
partecipazione e condivisione… I
docenti chiamati a utilizzare una piattaforma telematica, i giovani a inventarsi un pezzo di una storia che poi
vivono e condividono grazie al web
con tanti altri studenti che altrimenti,
molto probabilmente, non avrebbero
mai incontrato e, dulcis in fundo, le
pubblicazioni…
Il libro che avrete tra le mani quando
leggerete questo scritto è la prova
tangibile di un lavoro unico nel suo
genere, dai tantissimi valori aggiunti
che racchiude in sé lo slancio nel liberare futuro collegando la nostra storia,
le nostre tradizioni e la nostra civiltà
all’innovazione tecnologica e alla
cultura digitale. Certipass è ben lieta
di essere parte integrante di questo
percorso, perché l’innovazione è cultura, prima che procedimento tecnologico.
Il Presidente
Domenico PONTRANDOLFO
INCIPIT
MARIO CONTE
E FLAVIO TRANQUILLO
Saro aveva dodici anni.
Papà Tanino si era convinto che sarebbe diventato il centravanti
del Palermo fin da quando gli aveva regalato un bavaglino rosanero
con lo stemma della squadra del cuore.
La prima volta in cui era entrato in uno stadio per vedere una partita,
Saro aveva solo cinque anni e stava appollaiato sulle spalle del
babbo. Era un Palermo-Genoa di Coppa Italia e lui, alto come un
soldo di cacio e tremante come una foglia, stava per essere schiacciato all’ingresso prima che un cugino più grande lo salvasse dalla
folla. Quel giorno il Palermo perse tre a zero, la gente insultò i giocatori e l’arbitro uscì dal campo con la scorta della Polizia.
Saro capì che quel gioco, che il babbo gli aveva tanto decantato,
non era poi così bello. La gente lo prendeva troppo sul serio e, in
fondo, lui non si divertiva più di tanto. Fare le cose solo perché piacevano agli altri non gli era mai andato a genio. A lui, infatti, piaceva
fare delle scelte. Una sera Saro si trovava da solo a casa, perché
genitori e fratelli erano andati a trovare una vecchia zia che lui non
sopportava. Facendo zapping distrattamente, incappò in una partita
di basket. I giocatori erano tutti americani e avevano nomi strani
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come le squadre, ma Saro rimase immediatamente affascinato da
quel gioco strabiliante in cui non c’era mai un attimo di tregua. Uno
dei giganti in particolare aveva attirato la sua attenzione. Sulla maglietta numero 6 portava un nome familiare, James, come il cugino
americano che aveva conosciuto quando i suo genitori l’avevano
portato a New York. Questo James, che faceva LeBron di nome, volteggiava come un farfalla pur avendo il fisico di un leone e non irrideva mai gli avversari anche dopo averli battuti nettamente col suo
fisico strapotente.
La mattina seguente, Saro prese il coraggio a due mani e convocò
i genitori per annunciare lo sport che aveva scelto. Mamma Agnese
e Tanino si aspettavano di sentire la parola “calcio”, all’inizio del discorso, ma Saro li sorprese comunicando che da grande sarebbe
diventato un cestista NBA.
«Come? Il basket? E poi come farai, piccolo come sei?» risposero
delusi i genitori. Ma il ragazzino era irremovibile: così aveva scelto e
così sarebbe stato, costasse quel che costasse.
Il papà ebbe un piccolo mancamento, ma poi dovette fare buon
viso a cattivo gioco, mentre la mamma tranquillizzò il figlio promettendogli che lo avrebbe iscritto nella palestra vicino a casa, dove sapeva che c’era un corso di pallacanestro.
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L’allenatore si chiamava Enzo e aveva quella che si dice un’ottima
fama. Sempre gentile con i ragazzi, era anche un bell’uomo, sulla cinquantina. Le mamme erano molto contente di fermarsi a vedere l’allenamento dei loro piccoli, anche per sbirciarlo un po’. Enzo era
paziente ma determinato, suadente ma fermo, e faceva lavorare sul
serio i suoi piccoli allievi.
Saro era raggiante con la sua maglietta, il suo numero 6 e i suoi sogni.
E negli allenamenti metteva tutta la forza di chi aveva scelto contro
il parere paterno e di chi si sarebbe sentito dire altre mille volte che
con quel fisico gracile non ce l’avrebbe mai fatta nello sport dei giganti.
A casa studiava al computer Spud Webb, Calvin Murphy, Muggsy
Bogues e Nate Archibald, che, pur essendo alti meno di un metro e
ottanta, avevano fatto cose importanti nell’NBA.
Guardava e si allenava, sognava e risognava.
Coach Enzo aveva capito che Saro aveva qualcosa di più dentro
rispetto agli altri ragazzini e cominciò a lavorare con lui individualmente, prima e dopo ogni allenamento.
Papà Tanino ignorava i progressi del giovane cestista, la sua gioia
per la prima “tripla” insaccata o per aver imparato a palleggiare
dietro la schiena.
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Ma questo non faceva che alimentare le ambizioni e i sogni di Saro.
Gliel’avrebbe fatta vedere lui a papà e poi sì che sarebbe stato orgoglioso di suo figlio.
Un giorno, dopo una sessione di allenamento particolarmente proficua, Enzo chiamò Saro nel suo ufficio e chiuse a chiave la porta.
«Saro» disse l’allenatore «tu sei davvero disposto a fare qualsiasi
cosa per diventare un giocatore NBA?»
«Certo» rispose deciso il ragazzino «qualsiasi cosa».
«E allora devi prendere una di queste pastiglie ogni giorno, prima di
cena, senza dirlo a nessuno. Nascondile a casa in un posto sicuro e
non dimenticartene mai».
La sera stessa Saro obbedì e consumò la prima di quelle strane pastiglie rosa, che stipava subito dietro i vestiti nel guardaroba, dopo
averne ingerita una.
Sera dopo sera e pastiglia dopo pastiglia, Saro si sentiva sempre
più forte durante l’allenamento e sempre più stanco e strano a casa.
La mamma non sapeva che pensare, ma capiva che qualcosa non
andava, finché un giorno, mettendo a posto l’armadio, non scoprì la
scatola e le pastiglie.
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CAPITOLO PRIMO
I dubbi di Agnese
Alla vista di quelle pastiglie, Agnese rimase sconvolta: in realtà
non sapeva che cosa fossero, si chiedeva perché Saro le avesse
tenute nascoste ed era così agitata che non riusciva a decidere
cosa fare.
“Sono steroidi o sono semplici vitamine che possono aiutare Saro
ad affrontare lo sforzo dell’allenamento continuo e tenace?” si
chiedeva.
Sapendo che Saro era sempre stato un bambino consapevole
delle sue azioni, cominciò anche a supporre che quelle pillole potessero appartenere a un amico.
Afflitta da questi dubbi, decise di non chiedergli nulla, ma di osservare maggiormente i suoi movimenti e di accompagnarlo più
spesso agli allenamenti di basket, cercando di nascondere la sua
preoccupazione.
Il giorno dopo, così, lo accompagnò in palestra e vi rimase durante tutto l’allenamento, con orecchie ed occhi vigili. Saro andò
a cambiarsi e, uscito dallo spogliatoio, inciampò tra un mucchietto
di corde e cadde addosso ad una ragazzina; immediatamente si
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I dubbi di Agnese
rammaricò dicendole: «Oh, scusa, non volevo, ti sei fatta male?»
«No, non preoccuparti non mi sono fatta niente, piuttosto tu stai bene?»
«Sì, sì, comunque io mi chiamo Saro, piacere di conoscerti!»
«Ciao Saro, io sono Rosa, anche per me è un piacere».
Detto ciò, Saro si allontanò per andare dal coach Enzo e iniziare
a giocare.
Dopo l’allenamento, Saro, stupito, vide che Rosa era ancora lì.
«Ma cosa ci fai ancora qui? Non dovresti essere già a casa?»
«No, io sto aspettando mio padre, sai lui è il coach Enzo».
«Davvero! Wow! Dovresti essere molto fiera di avere un padre
come lui» rispose sorpreso Saro.
«Certo, sono orgogliosa di lui, comunque... ho notato che sei veramente bravo a giocare. Complimenti!»
«Grazie, ma ancora sono all’inizio; sai, mi piacerebbe diventare
uno dei più grandi cestisti d’Italia...»
«Secondo me, se continui così, ce la farai».
«Grazie! Scusa, però ora devo andare: mia madre mi sta aspettando, ci vediamo! Ciao!»
«Ciao!»
Saro raggiunse la madre che, incuriosita, gli chiese notizie della ragazzina che lei non conosceva.
Capitolo primo
19
«È Rosa, la figlia del coach Enzo; l’ho conosciuta per caso oggi
in palestra!»
Arrivati a casa, Saro andò a fare una doccia e prese la sua pastiglia rosa, mentre la mamma preparava la cena. Poco dopo arrivò dal lavoro Tanino e la famiglia si ritrovò a tavola per la cena,
a raccontarsi la giornata.
Il giorno seguente, mamma Agnese, contando le pastiglie, si accorse che il loro numero era diminuito, perciò escogitò un piano
per cogliere Saro nel momento in cui le assumeva. Agnese, ancora
una volta, non disse niente al figlio: temporeggiare per lei era un
modo cauto per accertarsi dei suoi pensieri.
Nel pomeriggio Saro si diresse in palestra, dove trovò Rosa che,
appena lo vide, corse subito a salutarlo.
«Ciao Saro, come stai? Ho una bellissima notizia da darti, che devi
però tenere segreta perché mio padre vuole svelartela lui! Mi ha
detto che tra un mese si terrà una partita molto importante del
campionato e lui ha intenzione di farti giocare; non lo trovi stupendo?»
«Sì, è bellissimo, solo che non so se i miei genitori saranno entusiasti
dei miei progressi nel basket; sai, loro non volevano che io praticassi questo sport e desideravano invece che io giocassi a cal-
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I dubbi di Agnese
cio, che a me non piace, quindi ho deciso di fare basket senza il
loro consenso».
«Oh, ma non devi preoccuparti, qui ci siamo io e papà a sostenerti! Sei stato molto coraggioso a opporti ai tuoi genitori, ti ammiro molto».
«Grazie, ora vado, il coach mi aspetta; ci sentiamo!»
Dopo l’allenamento, Enzo si trattenne a parlare con i suoi giocatori: «Tra un mese ci sarà una partita molto importante: la prima del
campionato! Dovrete impegnarvi moltissimo se vorrete battere l’altra squadra. Allora, siete disposti a giocare la partita?»
I ragazzi, felicissimi, risposero in coro: «Sì, siamo pronti!!!»
Saro raggiunse la madre e Rosa, che erano lì ad aspettarlo.
Avrebbe voluto rimanere un poco con Rosa, ma era troppo tardi
e rientrò a casa con la mamma.
Arrivati a casa, Saro si andò a fare la doccia, come al solito; nel
frattempo Agnese, quando si accorse che lui aveva finito, si diresse verso camera sua e beccò il figlio mentre stava per introdurre
la pillola in bocca. Saro, allora, per lo spavento la gettò in aria.
La mamma, con aria severa, disse: «Saro! Cosa sono quelle pillole?
Chi te le ha date? Da quanto tempo le prendi a nostra insaputa?»
Saro terrorizzato e stupito, fu costretto a dire la verità: «Mamma,
Capitolo primo
21
me le ha date Enzo, ma non devi preoccuparti, sono solo vitamine,
non sono sostanze dannose e le prendo da pochi giorni».
In realtà, il coach non gli aveva detto che cosa fossero quelle
pastiglie, ma lui si era dato quella spiegazione da sé.
La mamma, ancora sospettosa, rispose: «Va bene, adesso però
sbrigati e vieni a cenare, dobbiamo parlarne con papà».
Qualche minuto dopo, Saro arrivò in cucina e la famiglia si sedette
per cenare. Saro annunciò: «Mamma, papà oggi coach Enzo mi ha
detto che tra un mese dovrò giocare in una partita molto importante. Posso partecipare, vero?»
La mamma prontamente rispose: «Beh, se smetterai di prendere
quelle pillole, forse ti faremo giocare la partita».
Tanino confuso chiese: «Ma di che pillole state parlando?»
«Tanino, sai, Saro da qualche giorno, a nostra insaputa, prende
delle pillole che gli ha dato Enzo».
«Ma di che pillole si tratta, non è che sono sostanze dopanti?»
«Cosa vuol dire “dopanti”» chiese il fratellino Vito.
«Ti spieghiamo poi, adesso tu e Sebastiano state zitti, ché mamma
e papà devono parlare con Saro» intervenne Agnese.
«No, papà, non dovete preoccuparvi: sono solo vitamine, Enzo
non sarebbe mai capace di darmi sostanze che potrebbero nuo-
22
I dubbi di Agnese
cere alla mia salute; lui e sua figlia Rosa hanno fiducia in me, da
me si aspettano molto, credono che in futuro io possa diventare un
cestista bravissimo, loro sono di grande sostegno per me, non so
cosa farei senza il loro aiuto».
Udendo la determinazione di queste parole, i genitori e i fratellini
per qualche minuto si ammutolirono, poi però Tanino, per non deludere il figlio, si fece forza e disse: «Va bene, Saro, potrai giocare
la tua partita, e adesso continuiamo a mangiare».
Capitolo primo
23
CAPITOLO SECONDO
La lunga notte di Tanino
Di solito la cena, con la tv accesa in sottofondo, era un gran vociare di sedie, resoconti, posate, quaderni, risate e dispetti tra
Saro e i fratelli Sebastiano e Vito, i gemelli di sei anni. Quella sera
però tutto si svolse rapidamente e in silenzio, poi Tanino salutò
tutti, dicendo che era molto stanco.
Quando Agnese lo raggiunse in camera, l’uomo finse di dormire: non
se la sentiva di parlare ed era afflitto da mille pensieri. Gli sembrava
di essere ripiombato in un incubo che credeva superato tanto tempo
prima. Lo sport per lui era sempre stato una ragione di vita, ma non
avrebbe mai immaginato che suo figlio potesse essere in pericolo.
Pur facendo fatica a mostrarsi affettuoso, tanto da risultare a volte
autoritario e antipatico persino a se stesso, Tanino amava profondamente Saro e non sapeva come agire per il bene di suo figlio.
La lunga notte di veglia lo portò alla determinazione di affrontare
il problema e risolvere la questione nel più breve tempo possibile.
La mattina, infatti, quando la casa era ancora immersa nel silenzio,
svegliò Agnese e le disse: «Oggi pomeriggio accompagno io Saro
agli allenamenti, magari sarà contento e potrò parlare con Enzo».
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La lunga notte di Tanino
«Non mi capacito neanche io di questa situazione, Tanino; proprio
non ci voleva, soprattutto dopo quello che è successo…»
«Stai zitta Agnese, sono già abbastanza angosciato. Non provare
a rinominare quella brutta storia…»
A colazione Saro ebbe la notizia che quel pomeriggio sarebbe
stato accompagnato dal padre. Felice, gli batté un cinque, con
l’entusiasmo di un ragazzino di dodici anni.
Quando arrivarono in palestra, Enzo era già sul campo. Saro corse
subito da lui, non senza aver salutato prima Rosa, seduta sugli
spalti. La cosa non sfuggì a Tanino che decise di andare a sedersi
accanto a lei. Rosa quella sera aveva raccolto i capelli rossi in
una lunga coda ed era deliziosa anche con la tuta da ginnastica.
Le lentiggini sul volto le accentuavano l’aria dolce e gentile. Tanino le sorrise e le chiese come mai fosse lì.
«Frequento un corso di ginnastica artistica nella palestra accanto,
così, quando ho finito, resto ad aspettare che mio padre finisca i
suoi allenamenti» rispose Rosa con una voce delicata che ben si
addiceva al suo aspetto. Un’ombra attraversò il volto di Tanino.
«Da quanto tempo tuo padre è allenatore di basket?»
«Mah, direi da sempre. Sono cresciuta qui, faccio persino i compiti
qui, mentre aspetto che papà finisca di lavorare».
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Capitolo secondo
«Come mai? Non è meglio andare a casa con tua madre?»
La voce di Rosa si affievolì: «Mia madre è morta quasi due anni fa.
Siamo rimasti solo il mio papà e io».
Tanino si sentì a disagio e si sistemò un po’ meglio a sedere. Per fortuna Enzo richiamò la loro attenzione con un lungo fischio che annunciava l’inizio della partitella di allenamento.
Non appena questa cominciò, la tribuna si animò e fu tutto un incitare e urlare dei genitori.
«Mettici l’anima, su, forza!»
«Ma dove l’avete scelto quello?»
«Guarda quel nano volante, che schizzo, chi l’avrebbe mai detto!»
Tanino impiegò una frazione di secondo in più per capire che parlavano di suo figlio. Ebbe un moto di orgoglio. L’atmosfera dei vecchi tempi e l’amore per lo sport cominciò a scorrergli nelle vene
così velocemente che per un po’ si concentrò sulla partita e non
si accorse che Enzo era un fascio di nervi e gettava continuamente lo sguardo verso di lui.
Nel frattempo si era giunti all’ultimo quarto della partita. La squadra di Saro teneva il possesso palla. Il centro batté la rimessa e il
playmaker affidò la palla al ragazzino che con un balzo improvviso si fece sotto al canestro. Nel momento in cui piantò i piedi a
26
La lunga notte di Tanino
terra per saltare, Saro sentì una spinta e si voltò. Si trovò davanti
Piero, un ragazzo con la faccia pallida e cattiva e i capelli a
spazzola scurissimi.
«Chi credi di essere? Guarda che quando voglio ti sego le
gambe!» gli disse inferocito.
Saro era un ragazzino timido ma non pauroso e, per quanto Piero
al suo confronto apparisse un gigante, non mostrò alcun cedimento. C’era suo padre seduto sugli spalti che lo guardava e questo gli bastava.
Un compagno subito recuperò la palla e la lanciò verso Saro che,
scattò in avanti, quasi senza pensare. Piero provò ad afferrarlo
per la maglietta con l’intento di rallentargli la corsa, ma Saro sgusciò via con una tale velocità che quello perse l’equilibrio e scivolò a terra. Si sentì la risata di Rosa dagli spalti. Piero subito si
rialzò e, con la faccia rossa per la vergogna, le rivolse un’occhiataccia rancorosa.
Allora Saro si fece sotto al canestro avversario e, senza la minima
esitazione, saltò con una torsione del busto così elegante da essere perfetta per una copertina di giornale. Fece centro. Per un
attimo sul campo fu il silenzio. Persino Enzo aveva la bocca
aperta. Tanino si accorse di aver urlato soltanto quando qualcuno
27
Capitolo secondo
dei genitori presenti si era girato a guardarlo incuriosito. Rosa era
in piedi che applaudiva entusiasta. Saro sentì che aveva fatto
canestro anche nel cuore di suo padre e, poiché l’allenamento
era finito, rientrò negli spogliatoi soddisfatto.
Per Tanino era giunto il momento della resa dei conti.
Si rivolse a Rosa e le chiese: «Mi indichi l’ufficio di tuo padre? Vorrei
ringraziarlo».
28
La lunga notte di Tanino
CAPITOLO TERZO
Un’amara verità
Tanino percorse i corridoi della palestra con passo deciso, ma in
cuor suo avrebbe voluto rimandare l’incontro con l’allenatore perché temeva di sentirsi dire una verità che, forse, aveva già compreso. Enzo, dal canto suo, era teso come una corda di violino e
stava velocemente cercando una scusa plausibile per evitare l’incontro inaspettato e quanto mai fastidioso con il padre di Saro,
che aveva visto scendere dagli spalti e dirigersi verso il corridoio
che portava al suo ufficio.
Il coach era talmente assorto nei suoi pensieri che, entrato nel suo
stanzino, non si accorse della presenza di sua figlia Rosa, anzi,
quando la vide, poiché non voleva che la ragazzina fosse presente al colloquio con Tanino, la mandò via bruscamente per evitare che anche lei venisse a conoscenza dell’amara verità.
In realtà, Rosa, sapeva già tutto.
Enzo, da ragazzo, era sempre stato ansioso, emotivo e insicuro delle
proprie attitudini sportive e, pur amando da morire il basket e impegnandosi all’inverosimile, non era mai riuscito a raggiungere livelli
eccelsi, anche a causa di un fisico gracile e poco adatto allo sforzo
30
Un’amara verità
fisico. Ecco perché, sotto consiglio del suo allenatore, aveva cominciato a prendere anche lui le famose pastiglie rosa, delle quali,
ora, il padre di Saro avrebbe sicuramente chiesto spiegazioni.
Questi erano i pensieri di Enzo quando, all’improvviso, si sentirono
delle grida provenire dagli spogliatoi dei ragazzi. Si precipitò nella
stanza e, quando spalancò la porta, vide che Leo, un compagno
di squadra di Saro, era crollato improvvisamente a terra privo di
sensi. Gli altri ragazzi erano già usciti e, accanto a lui, piegato in
ginocchio c’era Saro. Anche Tanino nel frattempo era giunto nello
spogliatoio e aveva già preso il cellulare per chiamare l’ambulanza. Rabbiosamente, Enzo glielo prese dalle mani e gli disse con
tono brusco: «Ma è impazzito? Se portano Leo in ospedale e mi
mandano un’ispezione qua chiudo la palestra e suo figlio Saro non
diventerà mai un campione!»
Tanino era sbigottito e non riusciva a credere alle proprie orecchie.
“C’è un ragazzo svenuto che non riprende i sensi e lui pensa alla
palestra...” si diceva tra sé.
Come se non bastasse, anche Saro si mise a supplicare il padre di
non chiamare l’ambulanza perché se no il suo coach sarebbe finito
nei guai, la squadra si sarebbe sciolta e lui non avrebbe più giocato.
31
Capitolo terzo
Tanino era sempre più confuso e la mente, sebbene annebbiata,
cominciava a ricomporre i tasselli di un puzzle difficile da accettare, soprattutto per un genitore.
All’improvviso irruppe nella stanza Rosa che gridò: «Ora basta,
papà! La mamma è morta per colpa tua, non deve morire anche
Leo! Ho appena chiamato l’ambulanza!»
Tanino stava per svenire, il suo volto trascolorò e le gambe gli cedettero.
Cercò con lo sguardo Saro, ma vide che suo figlio non era più
nello spogliatoio, mentre il suo borsone era abbandonato lì, a
terra.
“Saro è fuggito?” si chiese, mentre realizzava che di lì a poco sarebbero arrivati anche i soccorsi.
Enzo, invece, sembrava un fantoccio inerte e lo sguardo glaciale
e fiero di sua figlia Rosa lo trapassava da parte a parte.
“Come aveva potuto dire che la sua mamma, sua moglie, era morta
per colpa sua? Perché non gli aveva mai parlato prima?” pensava
tormentato.
Enzo orami era in balia degli eventi e dello sconforto più totale:
aveva già perso sua moglie a causa della S.L.A, la terribile malattia che sembra colpire preferibilmente fisici giovani e sportivi,
32
Un’amara verità
com’era quello di sua moglie, ex pallavolista; ora un suo ragazzo
era all’ospedale; forse avrebbe perso la palestra, i suoi ragazzi e,
soprattutto, l’affetto e la stima di sua figlia Rosa.
I medici del 118 arrivarono nello spogliatoio e, dopo aver chiesto
spiegazioni sull’accaduto, portarono via Leo in barella ed Enzo
decise di andare anche lui sull’ambulanza e cercare di salvare il
salvabile.
Gli altri ragazzi della squadra erano già andati via da un po’, chi
da solo chi con i genitori, e in palestra erano rimasti solo Tanino e
Rosa, che, nel frattempo, era scoppiata in un pianto irrefrenabile.
Tanino stava provando a rintracciare Saro sul cellulare: inutile, era
spento. Pensò che magari, preso dalla paura, fosse corso a casa
e inviò un messaggio alla moglie per avvisarla. Sicuramente, rientrando, avrebbe trovato il figlio, magari già a tavola con i fratellini.
Ora, però, voleva assolutamente parlare con Rosa. Non riusciva
a togliersi dalla testa quello che la ragazzina aveva appena
detto. Gli sembrava assurdo e voleva capire.
Tanino fece una carezza sulla testa di Rosa che tremava come
una foglia e le propose di andare al bar di fronte alla palestra
per prendere una cioccolata calda con dei biscotti buonissimi
33
Capitolo terzo
che, di certo, le avrebbero risollevato il morale. Rosa, non del tutto
convinta, accettò.
Tanino, con dolcezza, dopo aver lasciato calmare la ragazzina,
le chiese: «Prima hai detto una cosa molto brutta al tuo papà, ci
sarà rimasto molto male. Le persone purtroppo se ne vanno in cielo
come è successo alla tua mamma e il papà non ha colpa per questo fatto».
Rosa non sembrava persuasa e fissava con i suoi occhioni indagatori il volto di Tanino; ad un certo punto ruppe il silenzio ed
esclamò: «Mia madre, quando giocava a pallavolo e non era ancora malata, prendeva le pastiglie rosa che mio padre ha dato a
Saro».
Tanino, sempre più sconcertato, aggiunse: «Ma cara, sei sicura di
quello che dici? Magari ti sbagli, sai gli adulti prendono tante
cose e soprattutto medicine. E poi come fai a sapere che le
prende anche Saro?»
Rosa rimase un attimo come sospesa poi continuò: «Una sera sono
entrata nella camera da letto della mamma e l’ho vista mentre
prendeva delle pastiglie rose. Lei le ha nascoste subito e mi ha
detto di andare a giocare in cucina. Dopo pochi mesi ha cominciato a stare male. È colpa di quelle pastiglie. E ora papà le ha
34
Un’amara verità
date anche a Saro. L’ho visto io mentre gli diceva di prenderle
perché così sarebbe diventato più forte. Devi fare qualcosa!»
Tanino pagò il conto al bar e riaccompagnò velocemente Rosa
a casa. Doveva parlare subito con Saro.
Arrivato, pensava di trovarlo a tavola per la cena, perché era
già tardi, ma invece vide sua moglie in preda al panico: Saro non
era tornato.
CAPITOLO QUARTO
La breve fuga di Saro
«Tanino, mi spieghi cosa sta succedendo, perché Saro non è rientrato, perché non è con te? Ti ho chiamato al cellulare, ma non mi
hai risposto!»
Agnese era bianca come un lenzuolo, tremava e piangeva, non
riusciva a trovare una spiegazione plausibile. Saro era sempre
stato un ragazzo tranquillo, non aveva mai dato motivo di preoccupazione.
A Tanino si strinse il cuore nel vedere la moglie in quelle condizioni;
era più spaventato di lei, ma si fece forza e cercò di rassicurarla.
«Amore, scusa. Non ho sentito la tua chiamata! Cerca di stare tranquilla, Saro è un ragazzo in gamba, non gli può essere successo
niente di brutto, ora dobbiamo solo raccogliere le idee e pensare
a dove potrebbe essere andato. Quando l’avremo trovato, ti racconterò tutto quello che è successo, adesso non c’è un minuto da
perdere».
Strinse la moglie fra le braccia, le accarezzò dolcemente i capelli
e, con un tono di voce rassicurante, le disse: «Adesso, tu rimani
qui e contatti i suoi amici, mentre io vado a cercarlo, va bene?»
36
La breve fuga di Saro
Agnese avrebbe voluto saperne di più, ma il marito aveva ragione:
non c’era un minuto da perdere. Si asciugò le lacrime, raccolse i
capelli e, dirigendosi verso il telefono, rispose: «Va bene, il primo
che ha qualche notizia informa l’altro».
Tanino si precipitò fuori, aveva il cuore in gola e troppi pensieri
nella mente.
Perché Saro era scappato in quel modo? Perché non si era rivolto
a lui? Dov’era andato? Ripercorse con la mente tutto l’accaduto
e per un attimo maledisse il momento in cui aveva dato il permesso
al figlio di frequentare quella palestra.
Salì in macchina e si avviò lungo la strada che il figlio era solito
percorrere. Ma non lo trovò.
Saro, uscito dalla palestra, era salito sul primo autobus che aveva
visto e adesso si trovava dall’altra parte della città. Non era mai
stato in quel posto, non aveva punti di riferimento, ma non gli importava. Voleva stare solo, si sentiva deluso e ferito. Provava sentimenti contrastanti che non era in grado di gestire. Aveva un
sogno: diventare cestista, ed ora quel sogno stava per infrangersi
per colpa di suo padre; o forse no, non era colpa di suo padre,
ma di Rosa. Come aveva potuto dire quelle cose orribili di suo
padre, del suo coach? Sì, ma perché gli aveva fatto prendere
Capitolo quarto
37
quelle pillole? A cosa servivano? Saro non poteva credere che
fossero nocive, no, Enzo non avrebbe potuto fargli del male! E
Leo? Chissà come stava? Piangendo scavalcò un muretto che delimitava la strada e si diresse verso il mare. Dopo una breve e solitaria passeggiata lungo la costa, durante la quale non aveva
fatto altro che piangere, si fermò per riposarsi e rasserenarsi un
po’: davanti a lui l’orizzonte, un semicerchio illuminato dalla luna,
dietro le tremule luci della sua Palermo.
Per la prima volta da quando era scappato via dalla palestra si
sentì solo. Si voltò, ebbe come il sospetto che ci fosse qualcuno
dietro di lui.
Invece non c’era niente e nessuno, si era sbagliato.
Fece per alzarsi quando si sentì strattonare in modo brusco. Perse
l’equilibrio, cadde a terra e si trovò davanti un anziano signore
dall’aria trasandata che gli chiese: «Hai qualcosa da mangiare
per me, hai qualche cosa da darmi?»
Saro, raggelato dalla paura, farfugliò: «No, non ho niente, io, io
devo andare a casa, c’è la mamma che mi aspetta!»
Nel sollevarsi da terra, s’imbatté nello sguardo di quell’uomo:
aveva occhi chiari che brillavano nell’oscurità, profondi, penetranti e buoni.
38
La breve fuga di Saro
Saro si rimise a sedere e scoppiò a piangere.
«Non è vero che devo andare, non c’è nessuno ad aspettarmi, la
verità è che sono scappato e adesso ho paura, non so dove mi
trovo, non so cosa fare...»
Singhiozzava e non riusciva a smettere.
«Calmati, basta piangere, non sei solo, ci sono io qui con te,
adesso troviamo una soluzione» disse l’anziano signore abbracciandolo.
«Io mi chiamo Elio e tu?»
«Saro».
«Ok, Saro, allora, spiegami cos’è successo che ti ha turbato tanto e
che ti ha portato a scappare».
Mentre camminavano verso la strada, Saro iniziò il suo racconto partendo dall’inizio, dal suo amore per il basket, dal suo desiderio di diventare un cestista famoso. Gli raccontò della delusione che aveva
dato al padre, che lo avrebbe preferito calciatore, del suo desiderio
di mostrargli quanto era bravo, di Enzo, di Rosa, delle pillole e del
malore di Leo. Adesso, a ripensarci, si sentiva in colpa per aver desiderato che il padre non chiamasse i soccorsi per un compagno in
difficoltà. Come aveva potuto mettere se stesso al centro di tutto, dimenticandosi della lealtà che si deve a un compagno di squadra?
Capitolo quarto
39
Al termine del racconto Elio gli chiese semplicemente: «Saro,
quando tu giochi ti diverti?»
«Certo, sono felice, mi sento bene con me stesso e con gli altri» rispose Saro che non capiva cosa questo c’entrasse con la sua situazione.
«Secondo te, è più importante stare bene e divertirsi o diventare
famosi, sacrificando tutti i valori in cui si crede e la propria salute?»
«È più importante stare bene con se stessi e con gli altri, ovvio, no?»
«Devi continuare a giocare con determinazione, rispetto e autostima, ti devi volere bene: tu vali anche se non sfonderai mai, vali
anche senza pillole e a prescindere dal successo».
«Sì, hai ragione. Adesso voglio tornare a casa, voglio che i miei
genitori mi aiutino a scoprire cosa sono queste pillole, ma soprattutto voglio andare a trovare Leo, il mio compagno di squadra, mi
dai una mano?»
«Telefona ai tuoi genitori e di’ loro dove ci troviamo. Aspetto con
te il loro arrivo».
Saro lesse il nome della strada su un cartello, compose il numero
del padre e con voce tremante gli disse solo di venirlo a prendere:
poi avrebbero parlato.
40
La breve fuga di Saro
«Elio, sono scappato senza il mio borsone, non ho neanche un
euro per offrirti qualcosa da mangiare».
«Non preoccuparti, sono abituato ai lunghi digiuni, mi arrangerò in
qualche modo, come sempre».
«Ho parlato solo di me, mi piacerebbe conoscerti un po’ meglio,
conoscere la tua storia, perché vivi per strada?»
«Saro è una lunga, lunghissima storia, se vuoi puoi tornare qui a
trovarmi e io te la racconterò».
Saro, con il braccio di Elio sulle spalle, pensava: “Si dice che chi
trova un amico trova un tesoro, non avevo mai riflettuto su quanto
sia vera questa affermazione”.
Capitolo quarto
41
CAPITOLO QUINTO
Rivelazioni importanti
Finalmente Tanino arrivò, preoccupato per la salute del figlio e
per tutto quello che era successo. Alla vista del fuoristrada, Elio
scappò e, quando Saro si voltò per salutarlo, lui era già scomparso nell’oscurità. Il ragazzino si diresse verso l’auto del padre
che scese di corsa ad abbracciarlo.
«Meno male che stai bene e che ti ho trovato! Ci hai fatto prendere un tale spavento!! Ma perché sei andato via?»
«Non lo so neanche io, papà! Sono così confuso, frastornato…
non so! Perdonami! Enzo, Leo, la storia della madre di Rosa, le pastiglie…»
«Dai, non ti preoccupare! Saliamo in macchina e torniamo a casa!»
Durante il percorso Tanino, rivolgendosi a Saro, lo fece riflettere:
«Sei ancora convinto di giocare a basket?»
«Certo papà, voglio ancora continuare. Quando gioco mi diverto,
mi sento libero e sto bene con me stesso e con gli altri. Insomma,
ormai la pallacanestro fa parte della mia vita; come Mozart con
la musica! E voglio ancora migliorare!»
Tanino non commentò.
42
Rivelazioni importanti
Arrivati a casa, Saro corse a baciare la mamma e i due gemelli,
che avevano voluto aspettare il padre e il fratello per cenare,
anche se era tardi. Agnese salutò affettuosamente il figlio e tutti
andarono a tavola. Saro raccontò cos’era successo e, dopo
cena, salì con il padre nella sua camera. Si diressero verso il computer per fare una ricerca sulle misteriose pastiglie rosa. In pochi
minuti trovarono su un sito la spiegazione di cosa fossero quelle
pillole: steroidi, che sostengono lo sforzo fisico dell’atleta per indebolirlo nel momento del riposo. Saro pensò subito a Leo: forse
era in ospedale proprio a causa dell’eccessiva debolezza che
gli aveva provocato la caduta negli spogliatoi. Promise a Tanino
che non avrebbe mai più assunto quelle pillole.
Il giorno seguente, il ragazzino si recò all’ospedale per salutare il
compagno e per accertarsi delle sue condizioni di salute. All’ingresso, Saro si diresse verso l’ascensore, dove intravide una ragazza dallo sguardo affascinante e fu colpito dal contrasto tra gli
occhi verdi e i capelli rossi: era lei, Rosa. Insieme salirono al terzo
piano, dove incontrarono Leo che, con i suoi genitori, stava per
essere dimesso. Tutti insieme uscirono dall’ospedale, mentre Leo
rassicurava il compagno: «Stai tranquillo, è stato solo un malore a
causare la perdita dei sensi. I medici mi hanno detto che tra poco
Capitolo quinto
43
potrò anche riprendere gli allenamenti».
Leo tornò a casa con i genitori, così Saro e Rosa rimasero da soli,
a passeggiare lungo il viale davanti all’ospedale. Saro capì che
da questa amicizia poteva nascere qualcosa di più importante e
interruppe il silenzio che c’era tra loro: «Sai, mi piace una ragazza
ma non so come dirglielo… potrei fare le prove con te?»
Rosa imbarazzata rispose: «Mmm… va benissimo!»
Saro, rosso in viso, disse: «Dal primo momento in cui ti ho vista ho
capito che saresti stata la persona giusta per me!»
Rosa, profondamente delusa, poiché sperava di essere lei la prescelta,
continuò: «Che belle parole! Invidio molto la ragazza a cui le dedicherai! Se per te non è un problema, potrei sapere chi è la fortunata?»
Saro, con il cuore in gola, disse: «La ragazza…»
«Ciao Saro! Ciao Rosa!» li interruppe Tanino, arrivato a prendere
il figlio «Andiamo a casa, su! Devo farti vedere una cosa! Tu Rosa
resti qui?»
«Sì, sì, sto aspettando che mi vengano a prendere, grazie!»
Il ragazzo, sconsolato, diede un ultimo sguardo a Rosa che, con
gli occhi spalancati, attendeva la risposta.
Padre e figlio corsero a casa e il piccolo cestista tra sé e sé pensò
a cosa potesse essere successo.
44
Rivelazioni importanti
I due si precipitarono in salotto dove Tanino aveva acceso il videoregistratore per fargli vedere un filmato. Sullo schermo della
televisione comparve una partita di basket: era il 1991 e i giocatori avevano volti familiari. Saro domandò al padre chi fossero
quei due noti capitani e Tanino, in preda all’emozione, rispose:
«Prendi la foto sul tavolino e lo scoprirai».
Saro all’inizio non comprese cosa potesse c’entrare la sua foto di
squadra, poi notò la somiglianza tra il capitano dei vincitori in TV
e il suo coach: era Enzo.
«E l’altro chi è?»
Tanino, con gli occhi lucidi, rispose: «Guarda bene, non mi riconosci? Sai, quando ero ragazzo avevo la passione per il basket, proprio come te!»
«Papà» proseguì Saro «mi stupisci! Ma non era il calcio il tuo sport
preferito?»
«Vedi, prima del calcio, anch’io amavo il basket, infatti il capitano
della squadra avversaria... ero io!»
«E perché non hai continuato?»
Tanino fece scorrere il video fino a quando non lo stoppò, verso
la fine della partita, su un clamoroso fallo commesso da Enzo nei
suoi confronti. In quegli ultimi tre secondi di partita, in cui il puntegCapitolo quinto
45
gio si eguagliava, Tanino era impegnato a difendere il canestro e,
in quel preciso istante, Enzo lo usò come appoggio per segnare
il punto decisivo su passaggio del compagno. Era stato stabilito
che il capitano della squadra vincente avrebbe ricevuto il brevetto per diventare allenatore di basket.
«Quella violazione mi provocò la rottura dei legamenti del ginocchio sinistro» disse il padre a quel punto «e mi causò il ritiro dal
mondo del basket».
«Ma come, tutta la passione che avevi per la pallacanestro svanì
davanti a quel brutto fallo?»
«No. In realtà il motivo fu un altro: quella clamorosa infrazione non
venne neanche vista dall’arbitro che, seguendo la palla con lo
sguardo, non si accorse di nulla e fece continuare l’azione. Dovetti
anche rinunciare al brevetto da allenatore».
«Ed è per questo che hai cercato di indirizzarmi verso il mondo
del calcio?»
«Esatto! Perché pensavo che un giorno tutto questo potesse accadere anche a te! E poi ritornare su un campo di basket, seguire
le partite… si sarebbero aperte le ferite del passato… Adesso è
tardi, domani sera ne parleremo anche con tua madre. Buonanotte!»
46
Rivelazioni importanti
«Buonanotte papà!»
La mattina seguente Saro incontrò casualmente Rosa e, dopo una
lunga chiacchierata, i due tornarono sul discorso lasciato in sospeso al bar. Emozionato,il ragazzo disse: «La ragazza sei tu!»
Capitolo quinto
47
CAPITOLO SESTO
Sfumature di amicizia
Rosa era felice! Fin dalla prima volta in cui aveva incontrato Saro,
aveva provato qualcosa per lui: i suoi grandi occhi scuri e il suo
sorriso l’avevano sempre affascinata. Ora però, proprio ora,
quando il suo sogno si stava per realizzare, non sapeva cosa dire.
Nel frattempo Saro era emozionatissimo e scrutava Rosa mentre
parlava: «Saro, anch’io ti voglio molto bene e sono felice di quello
che mi hai detto, ma... non credo che questo sia il momento per
pensare a noi: sto molto male per mio padre e per tutta questa
brutta storia! Mi dispiace!»
Saro era frastornato e non sapeva cosa rispondere. Rosa però
aveva ragione, allora, cambiando discorso, le disse: «Ti va di venire a casa mia a fare i compiti? Sai, ho ancora altre cose da raccontarti». Rosa accettò con entusiasmo.
A casa Agnese accolse i due ragazzi con un gran sorriso e andò
a preparare una buona merenda, con la gioia di una madre che
vede che il suo figliolo sta crescendo.
Il mattino seguente, a scuola, Saro venne spintonato mentre stava
entrando in classe. Era Piero, il ragazzo dalla faccia pallida e cat-
48
Sfumature di amicizia
tiva con il quale si era scontrato durante la partita.
«Oh mi spiace, non ti avevo visto, ti ho fatto male?» disse Piero con
aria presuntuosa e arrogante, piazzandosi davanti a lui «Si dice
che Rosa abbia un debole per te e se è così, beh, allora non vorrei essere nei tuoi panni, marmocchio!»
Saro non reagì, ma rispose: «Non ho intenzione di litigare con te,
Piero, perciò lascia che io vada in classe!»
«Certo che non hai intenzione di litigare con me: piccolo come sei
non dureresti un minuto in mano mia».
«Sai che c’è, Piero? Puoi essere grande e forte quanto ti pare, ma
se ti manca la ragione fai poca strada e tu, in questo momento,
non ne hai. Magari, potresti piacere a Rosa o a qualsiasi altra ragazza, se tu sapessi parlare con le persone. Ora devo andare,
ciao!»
Piero rimase a bocca aperta. Saro forse non aveva torto.
All’uscita di scuola gli si avvicinò, stavolta non per minacciarlo o picchiarlo, bensì per chiedergli scusa. E i due si diedero appuntamento
nel cortile di casa di Saro per allenarsi insieme. E così per altri giorni
successivi: Saro e Piero stavano diventando grandi amici.
Quel giorno il numero 6 era tutto energico, correva e saltava per
il campo. Gli spettatori erano entusiasti, gridavano e incitavano i
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Capitolo sesto
giocatori perché con quella partita di basket il Palermo poteva
guadagnarsi la promozione in serie A. La pressione era tanta e,
inoltre, c’era l’allenatore della squadra nazionale di basket: era
l’occasione per Saro di coronare il suo sogno, ovvero diventare
il più bravo cestista italiano. Si trovava davanti al canestro avversario, mancava solo un punto alla loro squadra per vincere e quel
punto, quel punto l’avrebbe fatto proprio lui. Saro, così, mise in
atto quella mossa tanto famosa… “alley-oop”. Passò la palla a
Leo, che, comprendendo al volo le intenzioni del compagno, effettuò un passaggio alto verso il canestro. Saro saltò, afferrò la
palla, ma... un malore improvviso gli fece perdere tutte le forze, facendolo crollare a terra.
“Mio Dio, che sto combinando?”
Svegliandosi nel cuore della notte, impietrito, Saro ripiombò subito
nella realtà: si alzò e gettò via quelle maledette pillole, che teneva ancora nascoste e che non aveva avuto il coraggio di buttare, mentre nella sua mente ricomparivano le parole di Elio
“Secondo te, è più importante stare bene e divertirsi o diventare famosi, sacrificando tutti i valori in cui si crede e la propria salute?”
La mattina, a scuola, Saro continuava ad avere in mente il sogno
e un pensiero gli girava per la testa: per vincere ogni grande par-
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Sfumature di amicizia
tita, nello sport come nella vita, bisogna essere leali con se stessi
prima e con gli altri poi.
Nell’intervallo cercò Rosa e le propose una passeggiata per il pomeriggio: aveva un chiaro progetto in mente.
Completati frettolosamente i compiti, i due ragazzi si incontrarono.
«Dove andiamo?» chiese Rosa incuriosita.
«È una sorpresa, voglio farti conoscere una persona speciale!»
I due presero un autobus e si diressero verso il luogo in cui Saro
aveva incontrato Elio, ma del barbone non c’era traccia e la ricerca si dimostrò molto complicata.
«Come potevo pensare di trovare un barbone in una città così
grande!»
«Di quale barbone stai parlando?»
«Quando sono scappato, mi sono rifugiato qui e un barbone mi ha
aiutato e mi ha fatto pensare. Gli avevo promesso che sarei tornato a trovarlo…»
Lo cercarono dappertutto, invano; incontrando un parroco, che
giocava a pallone con dei ragazzini, gli chiesero informazioni.
«Ci sono molti barboni» rispose «che si riuniscono in un ex parcheggio diventato ora discarica; è in fondo alla strada».
Corsero nella direzione indicata e si trovarono davanti un pano-
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Capitolo sesto
rama raccapricciante: un enorme spiazzo sommerso da spazzatura.
L’odore tagliava la gola ed il tanfo di plastica bruciata era insopportabile.
A Saro parve di vedere un uomo, o meglio un barbone, con un
viso conosciuto, che avanzava e raccontava la sua storia:
«Avevo promesso a mio padre di non prendere più quelle pasticche, ma il bisogno era troppo. Continuai fino a quando il mio
corpo non cedette; allora fui costretto ad abbandonare il mio
amore per il basket… e piano piano persi tutto: i mie genitori, gli
amici, una fidanzata, i sogni… tutto!»
Saro capì di essere lui quell’uomo. Rimase angosciato e stupito
per quella visione. Poi tornò in sé e decise che la promessa fatta
al padre doveva essere rispettata, per se stesso e per tutti coloro
che credevano in lui.
«Basta! Non troveremo mai Elio! Andiamocene a casa!» disse alla
ragazza.
Sconsolati tornarono sui loro passi, ma all’improvviso qualcuno
toccò la spalla di Saro.
«Ehi ragazzo, ti arrendi tanto facilmente?!»
Saro si girò e vide… Elio.
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Sfumature di amicizia
I loro sguardi si incrociarono e i due amici si ritrovarono in un abbraccio che durò secoli nel cuore di entrambi.
Saro, commosso, disse: «Elio, sono tornato con la mia amica Rosa
e desideriamo conoscere la tua storia».
I tre si avviarono verso la spiaggia, mentre il sole, lentamente, lasciava il posto al crepuscolo, coi suoi caldi colori.
53
Capitolo sesto
CAPITOLO SETTIMO
Un passo indietro
La sabbia era ancora calda, a quell’ora, e i tre osservavano incantati l’orizzonte, nell’esatto punto in cui il sole lentamente stava calando per lasciare posto alla notte. I colori tenui del cielo si
rispecchiavano sulle acque del mare di Palermo, regalando loro un
senso di protezione e di tranquillità. Una leggera brezza cominciava
a soffiare da sud, facendo fluttuare come le onde del mare i lunghi
capelli di Rosa, i cui fili dorati riflettevano i luminosi raggi solari. Saro
la guardò ancora una volta… era talmente bella con quei suoi
occhi verdi, brillanti e allo stesso tempo dolci e innocenti! La sua
pelle rosea faceva risaltare il rosso dei capelli.
Elio invitò i due ragazzini ad avvicinarsi a lui e a bagnarsi i piedi
nell’acqua fresca. Con la mano rugosa e tremante Elio si sistemò dietro le orecchie i capelli brizzolati e scoprì la barba incolta che gli incorniciava il viso segnato dal tempo. I suoi vestiti, seppur sporchi e
malconci, lasciavano intuire il passato di un uomo distinto e dignitoso.
Ciò che colpì Saro fu il suo sguardo affettuoso e malinconico.
L’uomo chiese alla ragazzina: «Allora, qual è già il tuo nome, cara?»
«Il mio nome è Rosa. Sono un’amica di Saro, la figlia del suo coach.
54
Un passo indietro
Lui mi ha parlato di te...»
«Beh, direi che sapete ben poco di me...»
«Ed è per questo che siamo qui, amico mio!» disse Saro, sorridendo.
«Per farvi capire tutto il dramma della mia storia, è proprio da qui
che devo iniziare, da questa spiaggia, dove ho incontrato la persona più importante della mia vita, quella con la quale ho passato
gli anni più belli e felici e che un destino crudele mi ha portato via...
Tutto cominciò un caldo pomeriggio di giugno. Avevo lasciato i miei
amici al bar e mi ero avvicinato alla riva per respirare, ad occhi
chiusi, il profumo di salsedine e per conservarne il ricordo, perché
qualche giorno dopo sarei dovuto partire. Avevo ventotto anni e
mia madre, come tutte le madri, desiderava per me un futuro migliore:
voleva che mi allontanassi dalla precarietà della mia vita e che trovassi un lavoro stabile. Erano anni difficili a Palermo e molti miei amici
erano stati coinvolti in situazioni equivoche. A un certo punto, mentre
ero seduto sul bagnasciuga, un angelo dai capelli neri mi si avvicinò. Fu un colpo di fulmine… mi persi nei suoi occhi azzurri come il
mare: non dimenticherò mai quel momento!»
Elio rimase assorto per qualche secondo in quel ricordo ancora vivo
e doloroso. La sua voce, carica di commozione, iniziò a tremare e
poi ad affievolirsi. Una lacrima di tristezza scivolò lentamente, scor-
55
Capitolo settimo
rendo nel solco profondo di una ruga. Poi continuò: «Sembrava l’inizio di una bellissima fiaba e niente mi poteva far presagire che di lì
a pochi anni avrei perso tutto: la mia cara Sofia, il mio lavoro, la
mia vita...
«Nel lontano ‘83, ero un affermato cestista e giocavo in una delle
prime squadre del campionato; io e i miei compagni ci stavamo preparando per l’evento allora più importante della nostra carriera,
che si sarebbe disputato esattamente sei mesi dopo. Determinati a
vincere, affrontavamo giorno dopo giorno un faticoso e duro allenamento: sei mesi di sudore, sacrifici ed ansie per raggiungere un
obiettivo comune. Il momento più rilassante era la sera quando,
dopo aver cenato insieme, ci fermavamo a chiacchierare con il nostro coach, che ci proponeva schemi e strategie da attuare nell’allenamento del giorno seguente e ci offriva “quelle strane pastiglie
rosa”, consigliandoci di prenderle prima di tornare a casa dalle nostre famiglie. Avevo il sospetto che quelle compresse fossero dannose per la salute, ma ancora non sapevo che sarebbero state
fatali per la mia vita: fu una di quelle sere che, rientrando, trovai
Sofia seduta nella penombra. Compresi in un attimo, guardandola,
tutto il dolore e il tormento che le avevo procurato. Non disse nulla.
Ricordo solo il rumore della porta che sbatteva…»
56
Un passo indietro
Si asciugò una lacrima e continuò il suo racconto «La sera prima
della partita decisiva, un mio compagno di squadra svenne durante
l’allenamento. Noi tutti volevamo denunciare l’accaduto e far intervenire il medico sportivo, ma il nostro playmaker, Enzo, la pensava
molto diversamente da noi. Lui continuò a farne uso anche dopo,
come pure la sua amata moglie, che è morta probabilmente a causa
dell’assunzione di queste sostanze.
«Questo evento tragico lo segnò profondamente e lo fece cadere
in una forte depressione, che lo portò a diventare l’uomo cupo e
schivo che è oggi. Enzo, in fondo, è un uomo buono, solo che la
sofferenza da una parte e l’ambizione dall’altra lo hanno portato a
fare scelte sbagliate».
Rosa, sbigottita, cominciò a piangere: «Non ci posso credere… mio
padre non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere! Lui è una
brava persona!»
Elio frattanto prese un foglio e una penna da un tasca, vi scrisse
qualcosa sopra, mise il foglio in una busta, una di quelle gialle da
spedizione postale, e la chiuse.
«Mi dispiace, piccola mia, che tu sia venuta a conoscenza del passato di tuo padre in questo modo! Torna a casa e parlane con lui!
Vorrei che tu gli facessi trovare questa lettera nel suo ufficio, ma non
57
Capitolo settimo
dire che gliela mando io e, soprattutto, non dire che mi hai conosciuto, altrimenti capirà tutto…» disse Elio, dandole la busta.
Rosa annuì e infilò la busta nella tasca della sua giacca di jeans. Era
addolorata e turbata. Le lacrime avevano preso il sopravvento e
non riusciva più a trattenerle.
«Ragazzi, si è fatto buio… vi accompagno alla fermata dell’autobus! I vostri genitori potrebbero stare in pensiero!»
Saro e Rosa lo salutarono ed Elio scomparve nell’oscurità della
notte. Durante il tragitto verso casa, i ragazzi ripensarono alla storia
del loro sfortunato amico. Erano pronti a riferire ai loro genitori tutto
ciò che Elio aveva raccontato. Rosa, in particolare, aveva bisogno
dei chiarimenti che solo suo padre poteva darle. La sua voce era
rotta dall’emozione. Provava un sentimento difficile da esprimere.
Era stanca delle menzogne, era triste per la morte della mamma, ma
soprattutto era arrabbiata con suo padre. Saro la rassicurò abbracciandola, poi le scostò dal viso una ciocca di capelli e teneramente le diede un bacio sulla guancia.
58
Un passo indietro
CAPITOLO OTTAVO
La lettera rivelatrice
Dopo il tenero gesto da parte di Saro, Rosa gli disse: «In questo
momento sei molto importante per me, soprattutto ora che sono
successe tante cose. Immagina come sia stato brutto vivere senza
una madre e quanto sia stato importante per me mio padre. Non
ho nessuno con cui posso parlare dei miei problemi, mi sento tanto
sola e non vorrei tornare più a casa. Se non ci fossi tu, potrei impazzire, sei l’unica persona di cui io possa fidarmi». Scoppiò a
piangere e nascose il viso sulla spalla di Saro, che dolcemente
l’accarezzò e la baciò, sussurrandole poi queste parole: «Rosa, tra
me e te ormai c’è più di un’amicizia, io sarò sempre al tuo fianco,
qualunque cosa succeda. Capisco che tu soffra ora che hai scoperto come tuo padre, usando quelle pasticche, stia rovinando la
sua vita e forse anche la nostra, ma vedrai che tutto si risolverà.
Ora torna a casa e domani mattina riparleremo con più calma di
come sarà meglio comportarsi».
Il giorno dopo Rosa e Saro, per strada davanti alla palestra, decisero che lei avrebbe lasciato la lettera nell’ufficio del padre
quel giorno stesso durante l’allenamento di basket.
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La lettera rivelatrice
Entrata in palestra, Rosa si assicurò che Enzo non la vedesse e si
diresse nel suo ufficio, ma, inaspettatamente, il padre decise di
andare a riprendere il cellulare dimenticato sul tavolo e Rosa sentì
i suoi passi nel corridoio. Fu presa dal panico e, messa la lettera
sull’agenda del padre, accanto al cellulare, si nascose dietro un
armadietto. Enzo, appena vide la busta, presagì qualcosa di
brutto e con aria seccata l’aprì. Lesse le prime parole e già una
sensazione di gelo si insinuò dentro di lui.
“Enzo, io e te sappiamo a cosa servono quelle pillole e sappiamo
anche che cosa causano. Quando giocavamo insieme, avevi
perso di vista i valori dello sport, incominciando ad assumere
quelle strane pillole rosa, e hai continuato per lungo tempo. Ricordati di come era il basket prima di quelle sostanze che hanno rovinato la mia e la tua vita: era uno sport divertente e ricco di
emozioni che ci ha uniti più di quanto non lo fossimo già. Adesso
pensa a cosa è diventato il basket nell’ultimo periodo: la costante
paura di svenire davanti a tutti e l’orribile pensiero di non essere
all’altezza di giocare senza quelle pillole; ma come puoi continuare a fare una cosa del genere? Rovinare la vita di tanti ragazzi!
Pensa a quei campioni che in tutto il mondo hanno deciso di essere onesti e di non fare uso di dopanti. Mia moglie, che se ben ri-
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Capitolo ottavo
cordi è un medico, mi consigliò di non prendere più quelle pasticche,
ma io non ero capace di farne a meno e lei mi abbandonò; da quel
momento io ho perso sia mia moglie sia la mia dignità, poiché ho rovinato il mio futuro e la mia vita. Io, oltre a essere tuo fratello, ero
anche un tuo compagno di squadra, perciò so quello che hai provato e credo che tutti i ragazzi che alleni non dovrebbero essere vittime dei tuoi errori. Il basket deve essere uno sport pulito, ricco di
emozioni e di gioco di squadra, non deve essere rovinato dall’assunzione di sostanze che danneggiano la salute. Tuo fratello Elio.”
Dopo aver letto quella lettera, Enzo rimase scioccato, ma subito decise che non si sarebbe fatto influenzare dalle parole di suo fratello,
sbucato così dal nulla: non avrebbe smesso di far prendere ai giocatori quelle pillole; accartocciò la lettera e la gettò nel cestino.
Rosa, che nel frattempo aveva assistito alla scena, appena il
padre uscì dalla stanza, corse a prendere la lettera dal cestino e
leggendola scoprì che Elio era suo zio, che suo padre da anni faceva assumere sostanze dopanti ad alcuni giocatori e capì che
la vita di Saro poteva essere in pericolo.
Decise di avvisarlo, poiché il giorno dopo sarebbe iniziato il campionato. Si precipitò a cercarlo, ma quando lo vide non poté rivolgergli la parola perché Saro stava ascoltando alcuni
62
La lettera rivelatrice
suggerimenti di Enzo riguardo al suo comportamento in campo.
Rosa non riusciva a capire le parole del padre a causa del baccano della partitella in corso e alla fine decise di rinviare all’indomani il suo colloquio con Saro e se ne tornò a casa. Non era
opportuno parlare di una cosa così delicata per messaggi! Enzo,
frattanto, stava raccomandando a Saro di prepararsi al meglio
poiché il giorno dopo avrebbe giocato la prima partita del campionato.
Saro andò subito a casa, era molto stanco e non si sentiva in gran
forma, anzi provava anche un senso di vertigini. La notte riposò
poco e male ma non vi diede peso, poiché ci teneva tantissimo a
partecipare all’esordio in campionato. Pensò a Rosa: non aveva
avuto la possibilità di parlare con lei e quindi ancora non sapeva
se era riuscita a lasciare la lettera al padre. Decise che non era
prudente parlare al telefono e rinviò il colloquio con lei a quando
si sarebbero incontrati sul campo prima della partita.
L’indomani, nel pomeriggio, dopo una doccia ristoratrice, si recò
alla partita, accompagnato dai genitori e dai gemelli. Appena lo
vide, Enzo gli andò incontro e il ragazzo subito gli rivelò di non
sentirsi in forma. Il coach consigliò a Saro di bere qualcosa e andò
subito a prendere un bicchiere d’acqua, nel quale, prima di por-
63
Capitolo ottavo
targlielo, sciolse alcune di quelle famose pillole ridotte in polvere.
Appena Saro bevve, si sentì immediatamente bene e pieno di
adrenalina. Non vide Rosa ai bordi del campo, ma non si preoccupò: era troppo preso dall’euforia di giocare; in realtà Rosa era
sugli spalti e non era riuscita a raggiungere in tempo Saro.
Cominciò la partita e a pochi minuti dall’inizio, proprio nella prima
azione d’attacco al momento del tiro, Saro cadde a terra privo di
sensi.
64
La lettera rivelatrice
CAPITOLO NONO
La resa dei conti
66
Il crollo improvviso di Saro smorzò il fiato a tutti.
Solo un urlo straziante si levò tra il pubblico attonito: «Saaaro!!!»
Era Agnese. Saro non dava segni di ripresa e la partita fu interrotta. Tanino si precipitò in campo, mentre vide Enzo allontanarsi:
ancora una volta gli sfuggiva, ma lo lasciò andare.
Anche Rosa accorse e lì, immobile, fissava trepidante il suo Saro,
che, dopo alcuni minuti, aprì lentamente gli occhi; la sua vista era
annebbiata, tuttavia riuscì a distinguere il rosso acceso dei capelli
di Rosa. Sentì rimbombare nella testa una sovrapposizione di voci,
ma riconobbe solo quella di suo padre: dolce, rassicurante, diversa. Poi, quando percepì il suono dell’ambulanza, l’intrepido numero 6, ancora stordito, tentò di rialzarsi dicendo flebilmente: «No,
no! Posso giocare. Sento che vinceremo!», ma era troppo debole
e lentamente si accasciò, abbandonandosi tra le braccia del
padre.
Enzo attese negli spogliatoi che tutti uscissero dal palazzetto.
Sentì l’ambulanza che si allontanava. Ormai per lui era giunta la
resa dei conti.
La resa dei conti
Rimasto solo con i suoi pensieri, l’improvviso ricordo della lettera
di Elio lo catapultò nel mondo spensierato della sua adolescenza,
quando la passione per il basket era lontana dall’illegale e affannosa ricerca di performance mirabolanti e del successo a tutti i
costi. Rimpianse quelle giornate assolate, quando con Elio solcava nella sabbia gli schemi di gioco da sperimentare nelle partite!
Rosa, intanto, in preda al panico, prima ancora che arrivasse l’ambulanza, era corsa da Elio; non aveva pensato al padre, ma allo
zio che in quel momento riteneva l’unica persona affidabile.
Lo trovò lì, al solito posto, solo e malinconico. Urlò: «Zio Eliooo!!!»
Lui si girò, la vide e sorrise… aveva capito. Quando però si avvicinò, lesse sul suo viso la disperazione. Lei concitatamente gli
raccontò l’accaduto e, senza esitare, presero un autobus e poi
corsero a perdifiato verso il palazzetto, pensando di trovare Saro.
Invece, seduto al centro del campo di gioco con gli occhi lucidi
e persi nel vuoto, videro Enzo, che non si accorse di loro. Rosa rimase turbata: suo padre, uomo forte, determinato, cinico era in
uno stato di totale prostrazione. Elio le suggerì di andare a trovare
Saro in ospedale e la ragazzina non se lo fece ripetere due volte:
aveva intuito le intenzioni dello zio.
Capitolo nono
67
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Rimasto solo con il fratello, rabbia e rancore lo assalirono. Con un
gesto repentino lo afferrò per il bavero della giacca, Enzo lo respinse, ma, quando Elio gli parlò, riconobbe la voce ferma e vigorosa del fratello.
«Dimmi, che cos’è successo a Saro?... Non parli, non mi rispondi,
abbassi lo sguardo. Vigliacco! Hai continuato imperterrito a vivere
lo sport in modo sconsiderato. Sei uno scellerato, disonesto! Hai distrutto i tuoi affetti: tua moglie, tua figlia e ora Saro, che ha creduto
in te dal primo momento. Criminale! La tua esagerata ambizione ti
ha portato alla rovina. Pazzo! Pensa a tutto il male provocato e
ravvediti. Parla con Saro, Tanino e con tua figlia, comportati da
uomo, non sottrarti alle tue responsabilità di allenatore e soprattutto di padre!»
Enzo ascoltava in silenzio le dure parole di Elio, non c’era nulla da
aggiungere, era consapevole degli errori commessi; riuscì solo a
manifestare la sua approvazione e la sua riconoscenza con un
lungo abbraccio. Elio rispose con una pacca sulla spalla.
Uscirono insieme per recarsi in ospedale.
Qui incontrarono Rosa, che, appena li vide, corse loro incontro;
abbracciò lo zio, ma ignorò il padre. Enzo in cuor suo ne soffrì, ma
capì e non fece nulla.
La resa dei conti
Elio le chiese notizie di Saro, ma lei, scuotendo la testa, gli fece
capire che non sapeva ancora niente.
In silenzio stavano l’uno accanto all’altro, quando notarono una
dottoressa che si affrettava verso la camera di Saro; aveva un foglio tra le mani, che scorreva con gli occhi manifestando
un’espressione incredula e al tempo stesso inquieta. Elio, Enzo e
Rosa si precipitarono per chiederle informazioni circa le condizioni del giovane paziente, ma la donna, con un rapido e deciso
cenno della mano, li allontanò. Enzo e Rosa rimasero delusi, mentre Elio appariva stordito, folgorato: dinanzi a lui c’era Sofia, la
sua donna, il suo grande e unico amore. Un dolore profondo gli
ridusse a brandelli il cuore; gli tremavano le gambe; pensò di
scappare, ma poi decise di rimanere e di affrontarla, non poteva
farsi sfuggire questa occasione. Mentre così rimuginava, Sofia uscì
dalla stanza e si incamminò verso il corridoio dove si trovava Elio;
appena la donna si avvicinò, Elio con uno scatto improvviso le
si parò davanti. Sofia si spaventò nel vedere quel figuro, cercò
di schivarlo ma egli la trattenne dicendo: «Sofia... guardami…
sono Elio».
Bastò un istante perché la dottoressa riconoscesse, nell’aspetto
trasandato di quell’uomo, lo sguardo innamorato del suo Elio.
Capitolo nono
69
«Ciao Elio, come stai… dall’aspetto si direbbe che non te la passi
bene!»
«Non ti sbagli. Vivo per strada, ho abbandonato tutto. Da quando
te ne sei andata mi è crollato il mondo addosso, però sono cambiato, sono un uomo diverso E… poi… voglio dirti che... mi manchi
tanto...»
«Mi dispiace Elio, io mi sono rifatta una vita. Ora sono felice».
Queste parole furono macigni! Elio, raggelato e rassegnato, fissò
il suo sguardo negli occhi di Sofia e pronunciò uno sconsolato e
soffocato: «Ciao!»
Rosa ed Enzo avevano ascoltato imbarazzati la conversazione.
Elio rapidamente li salutò, raccomandando a Rosa di salutargli
Saro.
Tanino, frattanto, uscì dalla stanza di Saro: aveva un volto rassicurante. Vide Enzo e Rosa. Il momento tanto atteso era giunto.
“Adesso quel mascalzone non può più sfuggirmi!” pensò.
Tanino comunicò a Rosa che Saro stava meglio e che aveva chiesto di lei: ora poteva entrare. Rosa entrò subito nella stanza.
«Eccoci, dunque, l’uno di fronte all’altro» esordì Tanino «tu vittima,
questa volta, io giustiziere. Non posso negare che ho un’irrefrenabile voglia di prenderti a pugni, di esprimerti tutto il mio disprezzo
70
La resa dei conti
e invece no, mi limito a dirti che mi fai pena e ti consiglio di prenderti le tue responsabilità, altrimenti…»
«Basta Tanino, ti prego. Adesso so quello che devo fare, costi
quel che costi!» e si allontanò.
Fuori c’era Elio che aspettava il fratello, uno sguardo bastò perché
si capissero. Elio amorevolmente mise il braccio sulla spalla di
Enzo, che, con il suo, gli agguantò il fianco e così, insieme, si misero
in cammino. Rosa li scorse dalla finestra: si commosse e decise di
raggiungerli per unirsi a quell’abbraccio.
Enzo ebbe una pesante squalifica. Il suo incarico fu affidato a Tanino e con lui Saro avrebbe disputato la sua prima vera partita di
campionato.
Capitolo nono
71
APPENDICE
1. I dubbi di Agnese
Istituto Comprensivo “G. Bufalino” di Pedalino Comiso (RG) – classi IIIA/B
Dirigente Scolastico
Giovanna Campo
Docenti referenti della Staffetta
Elisabetta Forti, Teresa Rizzo
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Elisabetta Forti
Hanno scritto dell’esperienza:
“…Collaborare a classi aperte per la stesura di questo primo capitolo è stata
un’esperienza entusiasmante e ricca di significato perché ci ha regalato l’opportunità di confrontarci. Riflettere e scrivere di argomenti che ci interessano da vicino diventa momento di condivisione, di dibattito e di sintesi perché ci viene
offerta la possibilità di parlare e di fare emergere situazioni a volte celate, a
volte irrisolte, a volte dimenticate. Un grazie particolare va alla Bimed, alla nostra
istituzione scolastica e ai nostri docenti coordinatori che con passione ci hanno
aiutato a svolgere questo lavoro”.
APPENDICE
2. La lunga notte di Tanino
Istituto Comprensivo “Domenico Cimarosa” di Aversa (CE) – classe IIIC
Dirigente Scolastico
Cecilia Amodio
Docente referente della Staffetta
Gabriella Ucciero
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Clara Volpe
Gli studenti/scrittori della classe IIIC
Amedeo Abategiovanni, Biagio Bocchetti, Nicola Borzacchiello, Giancarlo Brusciano, Antonio Caserta, Tobia Cuozzo, Alessia D’angelo, Giuseppina De Cristofaro, Fabio De Michele, Fedele Pio Della Volpe, Nicola Di Costanzo, Fabiana
Feliciello, Matteo Gaeta, Massimo Pecovela, Filippo Pellecchia, Giuseppe
Puorto, Federica Rota, Giuseppe Santoro, Luisa Santoro, Francesca Schiavone,
Michele Tirozzi, Mattia Vassalluzzo, Rosy Zammariello
Il disegno è di Nicola Di Costanzo
Hanno scritto dell’esperienza:
“…Stimolante opportunità di confronto tra i ragazzi che offre la possibilità concreta di imparare a gestire le diverse personalità in un gruppo che si è autoregolamentato e responsabilizzato sempre di più lungo il percorso.
Ma c’è di più: la possibilità di vivere un testo dall’interno, partecipando alle diverse fasi di elaborazione della storia, ha incuriosito fortemente i ragazzi che
sentendosi artefici attivi di un libro hanno indirettamente imparato e sedimentato
cosa significhi “mettere ordine ai propri pensieri” elaborando consapevolmente
il rapporto causa effetto degli avvenimenti e capendo da vicino i problemi di
stile e tecnica che di volta in volta sono emersi”.
APPENDICE
3. Un’amara verità
Istituto “Casa Angelo Custode” di Alessandria – classe IIIB
Dirigente Scolastico
Rosanna Cipolla
Docente referente della Staffetta
Rosalba Malta
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Federica Roncati
Gli studenti/scrittori della classe IIIB
Alessandro Alpa, Giacomo Antonuccio, Alberto Assennato, Matteo Avanzini, Federico Camurati, Lucia Canziani, Pietro Cappellini, Antonio Coscia, Stefano Crosio, Matteo D’Amico, Jacopo De Angelis, Marta Goglino, Serena Lamborizio,
Francesco Lamorte, Luca Lauria, Ilenia Margaria, Sara Mecca, Matteo Pallavidini,
Carola Paolucci, Riccardo Piasentin, Sofia Stella, Luca Testore, Eugenio Travaini,
Camilla Trisoglio, Sara Vallar, Federico Viarengo
Hanno scritto dell’esperienza:
“…All’inizio la lettura dell’incipit della storia non ha molto convinto parte della
classe in quanto l’avvio sembrava promettere un seguito scontato e poco avvincente. Anche le tre regole da seguire sono sembrate, almeno inizialmente, difficili
da seguire (anche perché nel programma scolastico alcune cose si dovevano
ancora affrontare soprattutto nell’analisi del periodo). Dopo l’iniziale disappunto
i ragazzi hanno però lavorato prima individualmente e poi collettivamente per
scegliere un terzo capitolo che presentasse colpi di scena e permettesse a coloro che avrebbero dovuto continuare la storia di continuarla più agevolmente.
Alla fine i ragazzi si sono dimostrati entusiasti di aver partecipato alla staffetta
di scrittura creativa”.
APPENDICE
4. La breve fuga di Saro
I. C. – Scuola Secondaria Primo Grado di Buccino (SA) – classi IIIA/B
Dirigente Scolastico
Giuseppe Sorrentino
Docente referente della Staffetta
Vitalina Iuzzolino
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Vitalina Iuzzolino
Gli studenti/scrittori delle classi
IIIA
Marco Boffa, Maria Lucia Boffa, Alessia Calella, Gabriele Caprio Marottoli, Federica Caputo, Noemi Caputo, Rosangelo Catena, Marco Corrieri, Mirella Elezi, Francesco Fuccia, Lucia Gigante, Chiara Grieco, Sara Grieco, Benedetta La Falce,
Walter Marottoli, Gianvito Menza, Domenico Murano, Maria Concetta Raddi, Luca
Rossi, Pasquale Salimbene
IIIB
Giuseppe Avitabile, Arcangelo Casale, Gerardo D’Andrea, Lucia Di Muro, Carmine
Elia, Erica Ferrera, Aurora Grammatico, Vincenzo Iuorio, Federico Marchese, Marika
Marottoli, Maria Menza, Letizia Natella, Stefania Parisi, Carmine Risi, Donatella Pia
Tortoriello
Il disegno è di Benedetta La Falce
Hanno scritto dell’esperienza
“…Ci siamo divertiti molto nel produrre questo capitolo. All’inizio non è stato facile
perché ognuno di noi avrebbe voluto proseguire il racconto a modo suo, poi,
però, pian piano ci siamo organizzati e abbiamo iniziato a lavorare insieme...”
per leggere l’intero commento www.bimed.net link: staffetta di scrittura creativa
APPENDICE
5. Rivelazioni importanti
Istituto Comprensivo “Santena” Scuola Secondaria di Primo Grado “G. Falcone”
di Santena (TO) - classe IIID
Dirigente Scolastico
Giuliana Testori
Docente referente della Staffetta
Fulvia Niggi
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Antonietta Barra
Gli studenti/scrittori della classe IIID
Anton Solomon, Alexandru Ionut, Lorenzo Bittus, Nicol Brescia, Gabriele Carrano,
Samuela Coniglio, Alessia D’Alcalà, Fabio Giacomelli, Miriam Iritano, Matteo Morabito, Eugenio Negro, Chiara Perillo Scarpato, Elisa Beatrice Pivetta, Edoardo
Razzetti, Marco Rimedio, Lorenzo Rovano, Roberta Sacchetto, Laura Salerno,
Alessia Solla, Simone Vivian
Il disegno è di Fabio Giacomelli, Elisa Beatrice Pivetta
Hanno scritto dell’esperienza:
“…Abbiamo vissuto questa esperienza della “staffetta del libro” con grandi entusiasmo ed interesse. Ci è piaciuto da subito l’incipit proposto dai due scrittori
e abbiamo seguito l’evolversi della storia. Il progetto ci è parso una grande sfida
e ci siamo impegnati per la sua realizzazione. Questo lavoro ci ha arricchito facendoci comprendere quanto è importante confrontarsi, collaborare, condividere idee e lavorare avendo un obiettivo comune: la scrittura di un capitolo di
un libro insieme ad altri compagni. Se si potesse ripeteremmo molto volentieri questa esperienza”.
APPENDICE
6. Sfumature di amicizia
Istituto Comprensivo “De Amicis - Maresca” di Locri (RC) – classe IIIG
Dirigente Scolastico
Agata Alafaci
Docente referente della Staffetta
Anna Simonetta
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Anna Simonetta
Gli studenti/scrittori della classe IIIG
Domenico Attisano, Lucrezia Carnà, Vincenzo Cordì, Amalia Cortale, Maria Alessia Cuscunà, Alessia D’Agostino, Rosanna Froio, Giulia Galasso, Vincenzo Giorgio, Martina Gratteri, Veronica Lacopo, Guido Laganà, Eugenio Nikitchyk, Letizia
Pedullà, Daniel Pio Petrolo, Erika Pileggi, Sonia Raschillà , Rocco Rodinò, Maria
Teresa Rossetti, Francesca Sabatino, Andrea Scali, Ines Scali, Giulia Sgambellone, Angela Sgarlato, Giovanni Spilinga, Roberta Tassone, Cosimo Ursino, Giorgia Varacalli
Il disegno è di Vincenzo Cordì, Eugenio Nikitchyk
“…Ho scelto di inviare alcuni commenti dei miei allievi che sono stati i veri protagonisti di questa straordinaria esperienza che ha dimostrato come la cultura
non ha confini e che i ragazzi, dal Nord al Sud, sono pronti a mettersi in gioco;
se stimolati adeguatamente, danno sempre il meglio di se stessi.
- Creare una storia conoscendo solo l’incipit e immedesimarsi scrittori è stata
un’esperienza entusiasmante; è stata bella la complicità creatasi fra ragazzi di
scuole diverse.
- Sono orgogliosa per aver partecipato a questa meravigliosa avventura.
- …mi ha fatto riflettere sull’importanza del gioco di squadra nella vita come
nello sport.
- È stato emozionante essere “scrittori”...”
per leggere l’intero commento www.bimed.net link: staffetta di scrittura creativa
APPENDICE
7. Un passo indietro
Istituto Comprensivo “Pescara 2” di Pescara – classe IIIM
Dirigente Scolastico
Maria Grazia Santilli
Docente referente della Staffetta
Roberta Leone
Docenti responsabili dell’Azione Formativa
Roberta Leone, Maria Teresa Colucci
Gli studenti/scrittori della classe IIIM
Antonio Ammazzalupo, Ludovica Aveta, Derek Camplone, Yin Chen, Francesca
Ciancetta, Giulia Colangelo, Michelle Colonnello, Lorenzo Fuiano, Andrea Furio,
Luca Levita, Erika Manzo, Benedetto Mazza, Giorgia Palestini, Jean Alejandro
Penalver, Alexandra Rigoovà
Il disegno è di Michelle Colonnello
Hanno scritto dell’esperienza:
“…Anche quest’anno, l’ultimo forse insieme, abbiamo avuto l’onore di partecipare
alla “Staffetta”.
Nella stesura del nostro capitolo abbiamo tentato di chiarire alcuni punti focali
cercando anche di stupire i lettori con qualche colpo di scena.
Il gruppo è stato molto unito: tutti hanno espresso la propria opinione in modo da
confrontarci, stimolando creatività e fantasia.
Noi ragazzi coinvolti in questa avventura abbiamo dimostrato piena partecipazione, divertendoci e crescendo.
Questo progetto ci è servito ad imparare a collaborare ad essere più legati
come gruppo e per noi resterà un’ esperienza indimenticabile”.
APPENDICE
8. La lettera rivelatrice
Istituto Comprensivo “Ippolito Nievo” di Capri (NA) – classe IIIA
Dirigente Scolastico
Ester Miccolupi
Docente referente della Staffetta
Rosaria Spinella
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Rosaria Spinella
Gli studenti/scrittori della classe IIIA
Alessandro Aruta, Miriam Bottiglieri, Matteo Bratto, Francesca Bruno, Maria Grazia
Bruno, Alessandro Buonocore, Rossella Coppola, Carlo D’Agostino, Valerio
D’Agostino, Alessandra D’Esposito, Fabiano D’Esposito, Alfonso Di Nardo, Francesca Di Salvo, Kevin Di Stefano, Roberta Diana, Michela Federico, Matteo Pontecorvo, Porta Fabrizia, Costantino Romano, Barbara Rossi, Roberta Vanacore
Il disegno è di Alessandro Aruta, Fabiano D’Esposito
Hanno scritto dell’esperienza:
“…Partecipare alla Staffetta di Scrittura Creativa è stata un’esperienza entusiasmante fin dalla lettura dei primi capitoli. In particolare abbiamo approfondito in
classe il problema del doping nello sport in quanto la maggior parte di noi praticano abitualmente attività sportive ed hanno compreso quanto nocivo possa
essere sia per la salute fisica che psichica di ogni atleta. Infatti i risultati raggiunti
attraverso l’uso di sostanze dopanti non possono che lasciare nel proprio animo
l’amarezza di aver vinto sì, ma truffando gli altri e soprattutto se stessi da cui non
si può in nessun modo fuggire.
Dopo aver discusso più volte tra noi e con l’insegnante, ci siamo convinti che lo
sport più bello è quello pulito e che dà più soddisfazione perdere una gara
avendo dato tutto se stesso che vincerla dopato”.
APPENDICE
9. La resa dei conti
Scuola Sec. di Primo Grado “Dante Alighieri” di Lucera (FG) – classi IC/IIF/IIIF
Dirigente Scolastico
Lucia Rosaria Rinaldi
Docente referente della Staffetta
Amelia Rinaldi
Docenti responsabili dell’Azione Formativa
Amelia Rinaldi, Maria Rosaria Dori
Il disegno è di Marco Carusillo
Gli studenti/scrittori delle classi
IC - Mariella Di Nardo, Roberta Fantini, Francesco Ferrante, Valentina Grasso,
Flavia Grassone, Giuseppe Maria Mastrodomenico, Marica Pignatelli, Leonardo
Pio Prioletti, Gianmarco Salatto, Sofia Sena, Marco Vinicio Susanna, Giulia Vecchiarino, Flavia Pia Alessandra Vergantino
IIF – Chiara Calabria, Martina Casciano, Rebecca Clemente, Francesca Colucci,
Maria Luigia De Luca, Francesca Tetta, Sara Vonella
IIIF – Ettore Abate, Giulia Camporeale, Maria Lucia Bernardi, Angelica Centulio,
Daniele Checchia, Michela Dell’Aquila, Claudia Fantini, Giuseppe Gambatesa,
Maria Paola Grasso, Giovanni Mancaniello, Eleonora Montepeloso, Giuseppe
Moretti, Pietro Petitti, Pietro Petrilli, Maria Elena Pesante, Luigi Vecchiarino, Federica Viola
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INDICE
Incipit di MARIO CONTE E FLAVIO TRANQUILLO ..................................pag
14
Cap. 1 I dubbi di Agnese ....................................................................................»
18
Cap. 2 La lunga notte di Tanino ........................................................................»
24
Cap. 3 Un’amara verità..........................................................................................»
30
Cap. 4 La breve fuga di Saro ............................................................................»
36
Cap. 5 Rivelazioni importanti ............................................................................»
42
Cap. 6 Sfumature di amicizia ............................................................................»
48
Cap. 7 Un passo indietro ....................................................................................»
54
Cap. 8 La lettera rivelatrice ..............................................................................»
60
Cap. 9 La resa dei conti ......................................................................................»
66
Appendici ..................................................................................................................»
72
87
Finito di stampare nel mese di aprile 2013
da Industria Grafica Campana Srl di Agropoli (SA) Italy
ISBN 978-8897890-62-1
I dubbi di Agnese
La lunga notte di Tanino
Un’amara verità
La breve fuga di Saro
Rivelazioni importanti
Sfumature di amicizia
Un passo indietro
La lettera rivelatrice
La resa dei conti