I problemi di conservazione nella scultura contemporanea

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I problemi di conservazione nella scultura contemporanea
I territori della scultura contemporanea. Arte all'aperto in Emilia Romagna.
Realtà ed esperienze a confronto - Ferrara, Salone del restauro, 3 aprile 2003
Intervento di Pietro Tranchina
Restauratore
I problemi di conservazione nella scultura contemporanea
Mi occupo di restauro ma in questa sede preferisco inquadrare il mio intervento nell'ambito più strettamente
legato alla conservazione.
Da quello che abbiamo sentito negli interventi precedenti, mi sembra evidente come vi sia un'attenzione
sempre maggiore nei confronti della scultura contemporanea (in particolare quella monumentale all'aperto);
tuttavia quest'attenzione non può limitarsi all'inserimento di grandi opere che connotano il paesaggio
urbano, ma deve anche accompagnarsi ad una nuova consapevolezza dei problemi relativi alla loro
conservazione.
Un aspetto in particolare rende molto complesso il problema della conservazione: l'artista contemporaneo,
pittore o scultore che sia, nella propria ricerca si è appropriato di tutti i materiali e di tutti i mezzi espressivi
possibili e immaginabili e non più solo di quelli che gli erano abitualmente propri. Questo gesto di
appropriazione (non vorrei invadere il terreno dell'estetica) pone però alcuni problemi e ci obbliga a nuove
riflessioni.
Ad esempio abbiamo visto nell'opera di Merz alcuni elementi realizzati con tubi fluorescenti: questo ampliarsi
a dismisura delle tecnologie e dei materiali utilizzabili pone e porrà in futuro grandi problemi di
conservazione. Infatti se è relativamente facile la conservazione o il restauro di un'opera tradizionale, lo è
molto meno quello di un'opera contemporanea perché si è perso il codice tecnico (sarebbe più giusto dire
che l'artista contemporaneo spesso lo rifiuta), un vero e proprio canone che l'artista tradizionale utilizzava
per realizzare un prodotto a perfetta regola d'arte.
L'artista contemporaneo si è ormai appropriato di nuovi territori (perfino del proprio corpo) e di ogni
materiale e tecnologia che stimoli la sua fantasia o che soddisfi le sue esigenze espressive.
Tutto ciò impone una nuova consapevolezza.
Ad esempio chi come me si occupa di conservazione deve rimodellare il proprio ruolo e la propria funzione
considerando concetti prima assolutamente sconosciuti: transitori età , effimero ecc. che sono per alcuni
artisti valori imprescindibili e che per loro stessa natura sono in aperto contrasto con il concetto stesso di
conservazione.
Ma torniamo appunto ai problemi più strettamente legati alla conservazione.
Gli interventi precedenti mi hanno fornito numerosi spunti di riflessione: in particolare un termine colorito
che Mainaolfi ha adoperato "..merda" mi ha subito fatto venire in mente la Merda d'Artista di Piero Manzoni.
Tralasciandone il gesto e il significato, vi invito a pensare quali possano essere i problemi di conservazione.
Sempre rimanendo a Piero Manzoni potremmo parlare dei Fiati, palloncini che egli gonfiava e che potete
vedere ad esempio a Rivoli spiaccicati sopra una tavoletta e dei quali non si sa più cosa fare. Quale può
essere l'intervento conservativo? O meglio: esiste una possibilità di conservazione? E ancora: esiste una
possibilità di restauro?
Ecco questi sono alcuni esempi a caso che mi sono venuti in mente e che possono fornire qualche
indicazione delle difficoltà con le quali dobbiamo confrontarci quando parliamo di conservazione del
contemporaneo.
Inoltre una nuova attenzione va dedicata alla consistenza (forse sarebbe meglio dire all'inconsistenza) di
tanti materiali utilizzati da alcuni artisti contemporanei. La deperibilità di certi materiali richiede un'attenta
valutazione circa la possibilità di una conservazione futura (il problema si pone con maggiore evidenza per i
musei ed enti pubblici).
Concludo questa parte preliminare per passare ad illustrare due esempi che ho scelto per discutere alcuni
aspetti della conservazione il primo è rappresentato dalle tre grandi sculture di Amaldo Pomodoro che erano
poste in piazza Verdi a Bologna e che oggi sono presso la Galleria d'Arte Moderna sempre a Bologna, l'altro è
un gruppo di statue in terracotta di Nicola Zamboni collocate presso il centro commerciale Pianeta, sempre a
Bologna.
Il primo esempio mi serve ad evidenziare l'ambiguità del rapporto che si instaura fra il tecnico della
conservazione e l'artista: l'artista si sa è signore e padrone finché in vita della propria opera. E' ovvio dunque
rivolgersi all'artista quando si presenti qualche problema di conservazione o in previsione di un restauro.
Ma in realtà (lungi da me l'idea di contestare tutto ciò), come spero di dimostrare in modo molto sintetico,
questa consuetudine nasconde alcuni problemi. Per dire come il tecnico addetto alla conservazione o al
restauro si muova sempre su un terreno minato., sempre in bilico fra necessità della conservazione e poetica
dell'artista, porterò l'esempio di un brano di Pomodoro che a proposito delle tre sculture in esame dice: "-
riesco ad apprezzare le mie sculture in un parco, in una vecchia piazza come a Pesaro o nel campus di una
grande università come a Barkley. Mi piace vedere la gente che appoggia la bicicletta alle sculture, i piccioni
che vi si posano sopra, mi piace vederle umanizzate."
Mi sembra evidente che per che si occupi di conservazione il problema è capire il valore e il limite di questa
"umanizzazione", o meglio dove finisca l'umanizzazione e dove inizi il fenomeno di degrado: capite che non è
una cosa semplice.
Sempre a proposito delle sculture di Pomodoro,. quando nel 1977 i giovani dell'università imbrattarono
malamente le tre sculture, l'Assessorato alla Cultura decise di rimuoverle e furono portate alla Galleria d'Arte
Moderna e li rimasero fino a quando (credo un paio di anni fa) furono restaurate da Giovanni Morigi.
La cosa interessante è che quando l'Assessore contatta Pomodoro per dirgli : "guarda che è successo un
problema sulle tue opere, cosa dobbiamo fare?" Pomodoro indica che il restauro debba essere affidato alla
ditta che ha realizzato la fusione (ho dimenticato di dire che i tre grandi totem sono uno in acciaio, uno in
bronzo e l'altro in ferro e cemento).
Vedete dunque che di fronte al problema del restauro l'artista individua una netta distinzione rivendicando
per sé lo spazio dell'idea, l'ambito più propriamente creativo e demanda al tecnico tutti gli aspetti relativi alla
realizzazione dell'opera.
Dunque dato che si tratta di una fusione chiamiamo il fonditore.
Non posso non sottolineare la pericolosità di tale atteggiamento: obbedendo a questa stessa logica hell'800
furono danneggiati irreparabilmente tutti i dipinti su tavola che, essendo su legno, furono affidati alle cure
dei falegnami. Diciamo quindi che bisogna essere cauti su certe scelte.
Se possono partire le immagini vedremo (giusto per chi non le conoscesse) le opere di Pomodoro di cui
abbiamo parlato.
Vedete sono questi grandi totem - le immagini che stiamo vedendo sono quelle a restauro ultimato-quella di
destra è l'opera in cemento con un'anima in ferro e aveva avuto problemi molto grossi perché si erano
attivati fenomeni di corrosione di tipo elettrolitico: la stessa cosa era successa in quella in bronzo perché i
perni in ferro che erano stati utilizzati per fissare la scultura avevano generato un processo di corrosione del
materiale metallico - Ecco queste sono invece le immagini della stessa opera dopo la rimozione da Piazza
Verdi e prima dell'ultimo restauro.
Ma torniamo indietro un attimo a quel che dice Pomodoro: egli dice che gli va bene la bicicletta appoggiata
(che naturalmente graffierà e ammaccherà la superficie della scultura), che gli va bene che i piccioni vi si
posino sopra:
il guano dei piccione va conservato o rimosso?
Me lo chiedo in modo un po' provvocatorio, ma tutto ciò non è estraneo alla logica di quel che stiamo
dicendo.
Ma facciamo un altro esempio: le sculture dei coniugi Puatie che il professor Barilli ci ha mostrato in
diapositiva: sono opere realizzate in marmo con elementi in ferro. Trattandosi di opere poste all'aperto si
verificheranno fenomeni di infiltrazione che per effetto del gelo-disgelo daranno luogo a spaccature della
pietra
e
inoltre
si verificheranno
fenomeni
di
ossidazione
degli
elementi
in
ferro.
Tutti questi fattori che ho elencato sono spesso del tutto trascurati dall'artista contemporaneo. Un altro
esempio: il monumento ai caduti che è stato mostrato prima dalla dottoressa Carlini, dove una parte
significativa del monumento è costituita dai cespugli di foglie nere, dai sentieri di cocciopesto rossi e da un
unico cespuglio di fiori bianchi: bene, provate a pensare ai problemi di un eventuale restauro dato che la
macchia di colore creata dalle piante è parte integrante dell'opera.
D'altra parte già Cesare Brandi si era posto il problema quando parlando del Partenone aveva detto che il
Partenone non è fatto solo del marmo Pentelico che lo compone materialmente ma anche dalla luce in cui si
trova.
Insomma è un vecchio problema.
Ma veniamo al secondo caso di cui parleremo adesso: si tratta di un gruppo di sculture realizzate da Nicola
Zamboni.
Sono 120 figure a grandezza naturale collocate attualmente in un centro commerciale e come potete notare,
anche opere eseguite seguendo una tecnica ortodossa (Nicola Zamboni conosce molto bene la tecnica della
terracotta; sa che cosa significa cuocere, svuotare una scultura ecc…) non sono esenti da gravi fenomeni di
degrado.
Nel nostro caso si tratta di sculture realizzate fra il '90 e il '95 collocate un paio di anni fa- ecco queste sono
alcune immagini relative alla collocazione dell'opera - questo è il momento in cui vengono collocate lungo la
parete del centro commerciale - qui le vedete all'inizio - e questa è l'ultima immagine che riguarda l'opera
completa.
Le altre immagini, se non ricordo male, riguardano la situazione attuale- quella malta chiara che vedete
all'interno della scultura è una malta di tipo cementizio, fondamentalmente un calcestruzzo (cemento e
ghiaia in varia granulometria) che è stata utilizzata dall'artista per assemblare i vari tronconi delle sculturequeste sono vecchie stuccature- questi sono fenomeni di separazione degli elementi che compongono la
scultura per effetto della contrazione di alcuni elementi- questi sono dei crolli veri e propri-questi sono invece
fenomeni causati dal gelo-disgelo, l'acqua penetrata all'interno di fessure aumentando di volume ha fatto
letteralmente esplodere la terracotta-questo è un esempio ancora più chiaro e fra l'altro potete vedere che
c'è anche un attacco di erbe infestanti. In questa immagine vedete un altro attacco di tipo biologico: si tratta
di licheni, funghi e alghe. Tutto ciò naturalmente in corrispondenza di zone dove si verifica un elevato
ristagno d'acqua.
Questi brevissimi accenni credo siano sufficienti a dimostrare quanto sia complesso e diversificato l'orizzonte
dei problemi che dovremo affrontare dia qui a qualche anno nell'ambito della conservazione della scultura
contemporanea. Grazie.
Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna - Via Galliera 21, 40121 Bologna
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