Una mostra per riscoprire Armida Barelli In festa

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Una mostra per riscoprire Armida Barelli In festa
Valli Varesine
Sabato, 8 settembre 2012
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Una mostra
per riscoprire
Armida Barelli
Nel mese di agosto a casa Barelli a Marzio si è
tenuta una mostra per ripercorrere la vita e la
spiritualità della fondatrice della “Cattolica”
I
l 15 agosto, solennità dell’Assunta, si è
celebrato, nel piccolo centro montano
di Marzio il 60esimo anniversario
della nascita al Cielo della Venerabile
Armida Barelli, cofondatrice dell’Università
Cattolica del sacro Cuore, dell’Opera e
delle Missionarie della Regalità, nonché
Presidente per innumerevoli anni della
Gioventù femminile di Azione Cattolica.
Nonostante una errata pretesa di ridurre
l’esperienza dei Santi al mero dato storico,
varrebbe la pena, nel caso di Armida Barelli,
di ritornare a scandagliare e riscoprire le
profondità e i tesori spirituali di questa
grande ed illustre testimone, che ha reso
questo piccolo angolo della vasta diocesi di
Como un luogo privilegiato della Grazia nel
secolo tristemente segnato dai due conflitti
mondiali.
Nata a Milano nel 1882 e squisitamente
improntata allo stile di vita appreso dalle
suore del collegio di Menzingen, seppe, a
Nata a Milano nel 1882
partire dall’incontro con padre Agostino
Gemelli, con il sostegno di D. Ludovico
fu tra le più strette
Necchi e mons. Olgiati, farsi portavoce
collaboratrici di padre
nell’Italia, segnata dall’impronta liberale
e laicista del percorso post- unitario, del
Agostino Gemelli
suo “talismano”: la devozione al Cuore
Sacratissimo di Gesù, al Quale volle ad
di Stefano Toson
ogni costo intitolare l’erigenda Università,
ottenendone infine l’approvazione del Papa
Benedetto XV. Per merito suo ben 2 milioni
di soldati impegnati nel primo conflitto mondiale poterono fare la Consacrazione
al Sacro Cuore; dalla profonda intuizione di aprire i tesori della divina liturgia ad
un pubblico più vasto nacque l’Opera della Regalità, inserendosi come gemma
preziosa nell’alveo del Movimento liturgico. Poco dopo fonda le Missionarie della
Regalità e così via, fino all’organizzazione (portata avanti poi materialmente da
Gedda) dei comitati civici che segnarono
la svolta definitiva alle elezioni del 1948,
portando De Gasperi al governo.
Il giorno dei funerali, 17 agosto 1952, il
parroco di Marzio, don Curti, che ne fu per
altro il confessore e personale collaboratore
per 17 anni (ancora zelantissimo Pastore
di questa Parrocchia dopo 60 anni da
allora), lesse il telegramma inviato da sua
Santità in persona, Pio XII, cosa che fino
ad allora i Papi facevano solo per regine o
capi di stato; il beato card. Schuster scrisse
una lettera pastorale al clero ambrosiano
in occasione della morte della ‘Sorella
maggiore’…
Sommi capi, questi, per abbozzare
solamente la sua figura carismatica e
trascinatrice.
Ma chi era Armida Barelli?
Quale il suo carisma profetico e messaggio
racchiuso nella sua santità? Cosa importa
sapere, ricordare e ritenere a 60 anni
dalla sua scomparsa in attesa della
Beatificazione?
In una parola: Adveniat!
La sua grande aspirazione, il suo messaggio
e il suo testamento per noi può essere
questo: l’avvento, l’edificazione e l’annuncio
del Regno di Dio che si opera e realizza
nel Cuore del Figlio, nel Quale il “Padre
si è compiaciuto” e nel quale ha voluto
“ricapitolare tutte le cose”.
Riscoprire Armida Barelli è guardare con
occhi nuovi al Cuore di Gesù, Fons totius
sapientiae et scientiae, riscoprire in ciò
(cosa che Gesù stesso per 17 anni rivelò
a S. Margherita M. Alacoque) l’amore
tenerissimo di Dio che letteralmente ci
parla col Cuore in mano e che ci vuole
tutti salvi, cioè conformati ai desideri del
suo Cuore sacratissimo. Dio che, per citare
da lontano il concetto della teoestetica di
von Balthasar, si fa percepibile, prossimo
all’uomo.
Una mostra qui, nella sua villa di Marzio,
ha ripercorso, durante il mese di agosto,
la figura storica, abbozzandone il profilo
spirituale. E’ stata un’occasione per scoprire
anche questa piccola porzione della diocesi,
le valli Varesine, un luogo toccato dalla
Grazia, nel messaggio di santità dato da
Armida Barelli, destinato certamente a
valicare i confini di un grazioso paese di
montagna che conta 300 anime.
Cunardo. Durante le celebrazioni del 2 settembre il ricordo del fondatore dell’Avis
L
a festa di Sant’Abbondio si
è conclusa domenica sera 2
settembre con la processione per
le vie del paese con la statua del
patrono portata a spalle dagli sportivi
rientrati di recente da Medjugorje; la
località mariana era stata infatti raggiunta
a fine agosto da un gruppo di cunardesi
in bicicletta: 850 chilometri in sette tappe.
Si sono vissuti momenti strettamente
religiosi come la S. Messa solenne in
onore di Sant’Abbondio e quella con tutte
le associazioni e i gruppi di volontariato,
e momenti conviviali come la cena e
il pranzo comunitari organizzati alla
Baita del Fondista con la tradizionale
tombolata. Ma le celebrazioni sono
state anche un’occasione per riflettere
sullo “stato di salute” della comunità
parrocchiale, sulle sue potenzialità e sulle
sfide che l’attendono: basti pensare alla
carenza di catechiste e ai problemi della
formazione cristiana.
Quest’anno la festa patronale si è
intrecciata con la manifestazione in
ricordo del dottor Vittorio Formentano,
fondatore dell’AVIS (Associazione
Volontari Italiani del Sangue) nel 35°
anniversario dalla scomparsa. Cunardo
ha voluto onorare l’ illustre concittadino
(che aveva la sua residenza estiva in
paese) intitolandogli il parco adiacente
alla storica piazza IV Novembre e il
nuovo Teatro all’aperto realizzato
recentemente dall’Amministrazione
comunale. è intervenuto alla cerimonia
il nipote Vittorio Formentano (stesso
nome del nonno) che ha portato il saluto
della famiglia: “Mio nonno - ha detto
In festa per
Sant’Abbondio
In visita nelle Valli Varesine
anche un gruppo di volontari
partiti con una fiaccola
da Grumello del Monte
in provincia di Bergamo:
150 chilometri a piedi
commosso- sarebbe molto contento
di questa giornata”. E rivolgendosi ai
donatori: “è bello trovare tante persone
come voi, capaci di donarsi gratuitamente
agli altri in un mondo basato quasi
esclusivamente sugli interessi personali”.
Erano presenti le autorità locali, i
vertici dell’ Avis, molti gruppi avisini
e varie associazioni fra cui gli Alpini
(Formentano era stato ufficiale di
complemento delle truppe alpine durante
la Prima Guerra Mondiale). In particolare
gli ospiti più numerosi erano gli avisini di
Grumello del Monte (Bergamo) arrivati
a Cunardo a piedi con una fiaccolata di
155 chilometri; hanno reso omaggio alla
tomba di Formentano presso il locale
cimitero e poi hanno raggiunto il centro
abitato per la cerimonia di intitolazione
del parco e dell’anfiteatro. La cerimonia
si è conclusa con lo scoprimento del
ritratto in bassorilievo di Formentano,
dono dell’Amministrazione comunale
e dell’Avis di Grumello del Monte,
benedetto dal parroco don Paolo e con
lo scambio di saluti (e doni) fra le varie
rappresentanze.
La figura e l’opera di Vittorio Formentano
sono state forse un po’ dimenticate
dalle nuove generazioni, eppure sono
un patrimonio prezioso da custodire e
rivalutare. Quando 85 anni fa a Milano,
dopo aver assistito alla morte di una
giovane mamma per mancanza di
sangue compatibile, lanciò l’idea di
costituire un’associazione di volontari
per la donazione del sangue, fu preso
per pazzo o incontrò molti ostacoli.
Gli obiettivi erano chiari: soddisfare la
crescente necessità di sangue dei diversi
gruppi sanguigni, avere donatori pronti
e controllati, lottare per eliminare la
compravendita di sangue promuovendo
una cultura della donazione e del
volontariato. Il coraggio e la tensione
ideale del dottor Formentano alla fine
furono premiati e il suo messaggio non
rimase inascoltato. Anzi hanno dato
vita nel tempo ad un popolo animato
quotidianamente dalla solidarietà e
dall’altruismo.
E. B.