CONSIGLIO D`EUROPA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL`UOMO
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CONSIGLIO D’EUROPA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO TERZA SEZIONE DECISIONE SULLA RICEVIBILITÁ DEL Ricorso n. 25424/05 presentato da Mohammed RAMZY contro i Paesi Bassi La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (terza sezione), riunita il 27 maggio 2008 in una Camera composta da: Josep Casadevall, Presidente, Elisabet Fura-Sandström, Corneliu Bîrsan, Boštjan M. Zupančič, Alvina Gyulumyan, Egbert Myjer, Ineta Ziemele, giudici, e Santiago Quesada, cancelliere di sezione, Visto il ricorso summenzionato introdotto il 15 luglio 2005, Vista la misura provvisoria indicata dal Governo convenuto in virtù dell’articolo 39 del regolamento della Corte ed il fatto che tale misura è stata eseguita, Viste le osservazioni presentate dal Governo convenuto e quelle di replica presentate dal ricorrente, Viste le osservazioni presentate dai Governi di Lituania, Portogallo, Slovacchia e del Regno Unito e le osservazioni presentate dalle seguenti organizzazioni non governative: l’AIRE Center, Interights (anche nell’interesse di Amnesty International Ltd., l’Association for the Prevention of Torture, Human Rights Watch, la International Commission of Jurists, e Redress), Justice and Liberty, Dopo aver deliberato, rende la seguente decisione: traduzione non ufficiale dal testo originale a cura dell'Unione forense per la tutela dei diritti dell'uomo RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE FATTO 1. Il ricorrente sostiene di essere Mohammed Ramzy, un cittadino algerino nato nel 1982. Egli è attualmente residente nei Paesi Bassi, dove è conosciuto dalle autorità sotto questa ed altre dieci identità. Egli è rappresentato dinanzi alla Corte da M. Ferschtman e M.F. Wijngaarden, entrambi avvocati del foro di Amsterdam, e B.J.P.M. Ficq, avvocato del foro di Haarlem. Il Governo dei Paesi Bassi (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, R.A.A. Böcker, del Ministro degli affari esteri. A. Le circostanze del caso 2. I fatti di causa, come allegati dalle parti e rilevanti dagli atti pubblici, possono essere così riassunti. La prima e la seconda richieste di asilo del ricorrente 3. Il 30 gennaio 1998, dopo essere stato arrestato dalla brigata Flushing del corpo militare reale (Koninklijke Marechaussee) mentre cercava di fuggire verso il Regno Unito all’interno di un camion, il ricorrente ha presentato richiesta di asilo nei Paesi Bassi. Durante il suo interrogatorio da parte delle autorità dell’immigrazione olandesi, il ricorrente ha riferito di essere stato allevato per lungo tempo in un orfanotrofio in Algeria, di non aver mai conosciuto i suoi genitori naturali e di aver trascorso un breve periodo con i genitori adottivi che gli hanno dato il nome Ramzy. Il ricorrente ha precisato di aver abbandonato l’Algeria data la generale situazione di pericolo e sconvolgimento che vi era. Egli non è stato coinvolto in alcuna attività politica contro le autorità algerine. Ha inoltre riferito di aver subito abusi all’interno dell’orfanotrofio e, per lungo tempo prima di lasciare l’Algeria, di essere stato avvicinato dal movimento fondamentalista islamico FIS (Front Islamique du Salut). Il ricorrente non ha voluto divulgare ulteriori dettagli riguardo al suo racconto. 4. Dal momento che il ricorrente non era in possesso dei documenti di viaggio e non ha formulato immediatamente richiesta di asilo al suo arrivo nei Paesi Bassi, il Ministro della giustizia (Staatssecretaris van Justitie) ha rigettato la sua richiesta di asilo il 7 ottobre 1998. Il ricorrente non si è avvalso della possibilità di appellare tale decisione, la quale è in tal modo divenuta definitiva. 5. Il 9 settembre 1999, il ricorrente ha presentato una seconda richiesta di asilo, sostenendo di non poter far ritorno in Algeria dal momento che ivi i giovani venivano uccisi, e che non aveva più nessuno in Algeria e desiderava costruire una nuova vita nei Paesi Bassi. Egli ha affermato inoltre che non ha mai avuto problemi con le autorità algerine. 6. Il 14 settembre 1999, il Ministro ha rigettato la seconda richiesta d’asilo in quanto ricorso in ripetizione basato su motivi simili a quelli della 2 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE precedente richiesta di asilo che è stata rigettata con decisione definitiva. Il ricorrente ha proposto senza successo appello contro tale decisione. La decisione definitiva sulla seconda richiesta di asilo è stata presa il 6 ottobre 1999 dalla Corte regionale (arrondissementsrechtbank) di Hague riunita a Zwolle. Il ricorrente ha continuato a risiedere illegalmente nei Paesi Bassi. Rapporti interni della intelligence 7. Il 19 dicembre 2001, il Servizio nazionale di sicurezza dei Paesi Bassi (Binnenlandse Veiligheidsdienst – “BVD”) ha inviato un rapporto ufficiale (ambtsbericht) al procuratore generale responsabile della lotta al terrorismo (landelijk officier van justitie terrorismebestrijding), parte del quale si legge come segue: “Nell’esercizio dei compiti statutari della BVD, ciò che segue ha origine da fonti attendibili: 1. Riguardo a J. (ad oggi non sono conosciuti ulteriori dati personali) è stato dimostrato che egli fa parte di una rete di estremisti islamici e inter alia intrattiene contatti con membri del cosiddetto Groupe Salafiste pour la Prédication et le Combat, GSPC. Egli nel recente passato ha anche rivestito un ruolo facilitando il collegamento per i combattenti islamici dal Regno Unito con i campi di addestramento in Afghanistan e nelle aree internazionali della guerra santa, la cosiddetta 'jihad' (Chechnya, Afghanistan). Per tale scopo, J. procura falsi documenti di viaggio. 2. J. ha anche organizzato il viaggio in Afghanistan di una delle persone che il 9 Settembre 2001 ha compiuto un attacco suicida contro l’ex comandante dell’esercito Massoud dell’Alleanza del Nord in Afghanistan. 3. É stato stabilito che J. si trovava in Afghanistan o in Pakistan il 17 settembre 2001. Da lì, ha preso parte nell’organizzazione di un viaggio di un altro estremista islamico al fine di raccogliere soldi nelle moschee europee a beneficio della jihad. 4. É stato dimostrato che J. è stato regolarmente in Belgio nelle settimane trascorse. In quel periodo era in cerca di un passaporto falso per viaggiare per mezzo di esso verso l’Iran e con l’Afghanistan come destinazione finale. J. si è recato nei Paesi Bassi il 18 dicembre 2001 al fine di procurarsi un documento di viaggio falso.” 8. Il 22 aprile 2002, il capo del BVD ha inviato un altro rapporto ufficiale al procuratore generale responsabile della lotta al terrorismo. Tale rapporto si legge nelle sue parti rilevanti come segue: “All’interno dei suoi compiti statutari, il BVD sta investigando una rete attiva nei Paesi Bassi associata alle organizzazioni terroristiche islamiche. Si tratta del Groupe Salafiste pour la Prédication et le Combat (GSPC); una organizzazione che opera sulle stesse basi ideologiche della rete di Al Qaeda. Il GSPC è in una organizzazione estremista islamica algerina generalmente conosciuta perché ha preparato ed eseguito attacchi in Algeria e altrove. La parte di tale rete attiva nei Paesi Bassi è in particolare coinvolta nel rifornimento di supporto materiale, finanziario e logistico e nella propaganda, pianificazione e attualmente fa uso della violenza a vantaggio della jihad internazionale. I membri di tale rete intendono la jihad come la Guerra armata in ogni sua forma contro i nemici dell’Islam, inclusi gli (per loro) inaccettabili Governi presenti in Medio Oriente e gli 3 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE Stati uniti [d’America]. É stato dimostrato dalle investigazioni condotte dal BVD che la parte di tale rete attiva nei Paesi Bassi è implicata in attività strettamente legate che si completano e rafforzano l’un l’altra e che perseguono lo stesso fine, vale a dire il bene della jihad. Le più importanti attività sono le seguenti: La rete è attiva nell’assistenza all’ingresso [nei Paesi Bassi], alloggiamento e transito delle persone che hanno partecipato attivamente alla jihad. I membri della rete forniscono a tali persone (falsi) carte di identità, soldi e rifugio. Tali persone includono anche combattenti provenienti da un’area in cui è in corso un conflitto armato. Non è escluso che agli indirizzi citati più sotto [delle persone che appartengono alla parte della rete attiva nei Paesi Bassi] persone cui sopra si è fatto riferimento vi stiano trovando rifugio. La rete è attiva per il reclutamento di giovani nei Paesi Bassi per condurre in maniera effettiva la jihad. A tal fine, i giovani sono incoraggiati al martirio e gli è data la possibilità materiale, finanziaria e logistica di andare sul campo di battaglia. Come esempio, si può pensare al Kashmir dove all’inizio di quest’anno due giovani olandesi di origine marocchina sono stati uccisi. In tale contesto un campo di battaglia deve essere generalmente interpretato come aree in cui vi è un conflitto armato tra parti differenti, oltre che terrorismo. La parte di tale rete attiva nei Paesi Bassi finanzia le proprie attività con i proventi del traffico delle droghe pesanti. Deve essere posto in evidenza che è stato dimostrato dalla BVD che il traffico delle droghe pesanti così come la sottomissione di quelli coinvolti nel commercio e nel trasporto sono sanzionati dalla religione. Ciò significa che i proventi del commercio e dell’esportazione delle droghe pesanti sono utilizzati per il comune fine della jihad, e che la disobbedienza è marchiata come apostasia e severamente punita. In tale contesto, la BVD riconosce che un membro di tale rete che si è indebitamente appropriato di una quantità di droga è guardato come un apostata ed è attualmente ricercato dai membri di tale rete attiva nei Paesi Bassi. È dimostrato dalle registrazioni telefoniche che sarà usata violenza contro tali persone. Rileva dalla terminologia utilizzata che vi è un serio rischio di uccisione. Infine deve essere rilevato che tali attività avvengono in una struttura organizzata. Facilitazione, falsificazione, reclutamento, finanziamento e liquidazione per il bene della jihad avvengono sempre in comune accordo e coordinamento tra i membri di tale rete. Le attività della rete sono state continue in ogni caso dal 2001 ad oggi. Le investigazioni hanno scoperto che parte di tale rete è attiva nei Paesi Bassi e che le seguenti persone fanno parte di tale rete: 1. ... alias D. ...; 2. ... alias O. ...; 3. ... alias S. ...; 4. M. ... 5. [il ricorrente] 6. ... alias Taher ... Tutte le persone citate non hanno la cittadinanza olandese e non vi hanno nemmeno una residenza legale. Le persone di tale rete dispongono di un fucile mitragliatore e di una o più pistole. Ad 1: 4 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE D. ha fornito riparo e dato a J. passaporti falsi. J. fa parte della succitata GSPC ed ha organizzato il viaggio in Afghanistan di una delle persone che il 9 settembre 2001 ha compiuto un attacco suicida contro l’ex comandante dell’esercito Massoud dell’Alleanza del Nord in Afghanistan. D. era a conoscenza del coinvolgimento di J. nella [operazione]. Durante la sua fuga dalle autorità di polizia del Belgio, J. é rimasto al sicuro nella casa di D., ossia presso [il recapito nei Paesi Bassi]. Su richiesta delle autorità belghe, J. é stato arrestato nei Paesi Bassi il 19 dicembre 2001 ed estradato. Al momento del suo arresto, J. lavorava sotto la seguente identità .... D. fornisce, insieme ed in associazione con O. e S., agevolazioni a sostenitori e membri della rete, che non sono stati ancora identificati. Vi sono forti indizi che tali persone siano coinvolte o lo diventeranno nella violenta jihad islamica. A tale scopo, D procura falsi documenti di identità a tali persone in associazione organizzata con O., S., [il ricorrente] e [Taher] ed altre persone a noi sconosciute. D. è coinvolto, insieme ed in associazione con O. e S., nella pianificazione e nell’esecuzione della fatwa (che le persone coinvolte intendono come una sanzione imposta dalla legge islamica dai più importanti uomini religiosi) emessa contro un corriere della rete, chiamato F.. Tale coinvolgimento consiste inter alia nella ricerca attiva di persone al fine di porlo di fronte ai suoi comportamenti indesiderabili prima che siano portate a compimento le sanzioni da parte dei membri della rete. É dimostrato dalle conversazioni telefoniche registrate che sarà usata violenza contro tale persona. Dalla terminologia utilizzata si può rilevare che vi è un serio rischio di uccisione. Vi sono indizi che D. faccia uso della sua autorità per reclutare ed indottrinare giovani al fine di condurre una violenta jihad. A tal fine D. dispone di videocassette ed altro materiale di propaganda. Ad 2: O. è coinvolto nei Paesi Bassi nell’organizzazione, direzione ed esecuzione del trasporto della droga al fine di finanziare la rete e le sue attività. O. ha, insieme ed in associazione con S., organizzato il trasporto di vari chilogrammi di cocaina dai Paesi Bassi all’Italia. ... Ad 5: [Il ricorrente] procura, in associazione organizzata con D., carte di identità false per sostenitori e membri della rete. Vi sono gravi indizi sul fatto che tali persone siano già state coinvolte o lo diventeranno nella violenta jihad islamica. Ad 6: [Taher] procura, in associazione organizzata con D., carte di identità false per sostenitori e membri della rete. Vi sono gravi indizi sul fatto che tali persone siano già state coinvolte o lo diventeranno nella violenta jihad islamica.” 9. In un successivo rapporto ufficiale del 24 aprile 2002, il capo del BVD ha informato il procuratore generale responsabile per la lotta contro il terrorismo del numero di telefono del cellulare utilizzato dal ricorrente. 10. Il 29 Maggio 2002, ai sensi della legge sui servizi di sicurezza e l’intelligence del 2002 (Wet op de inlichtingen- en veiligheidsdiensten), il BVD è stato sostituito dal servizio generale di sicurezza ed intelligence (Algemene Inlichtingen- en Veiligheidsdienst – “AIVD”). 5 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE I procedimenti penali contro il ricorrente 11. Il 24 aprile 2002, nell’ambito di una indagine penale da parte dell’Ufficio del procuratore generale (Landelijk Parket) nei confronti di una organizzazione estremista islamica, avviata sulla base di informazioni ottenute dal BVD, molte case in differenti città dei Paesi Bassi sono state ispezionate. Come risultato di tali ricerche, dieci persone sono state arrestate, quattro di loro tenute in custodia. Altre cinque sono state rilasciate dopo un interrogatorio e un’altra è stata sottoposta a detenzione al fine di essere espulsa (vreemdelingenbewaring). Il ricorrente, che non era presente in nessuna delle case ispezionate, non era tra il gruppo di persone arrestate. Conformemente ad una dichiarazione a mezzo stampa rilasciata il 24 aprile 2002 dall’Ufficio del procuratore generale, si riteneva che quattro persone arrestate formavano parte del Groupe Salafiste pour la Prédication et le Combat (GSPC) ed erano coinvolte nel rifornimento di supporto logistico alla jihad internazionale fornendo dai Paesi Bassi (falsi) documenti di identità, soldi e protezione ai combattenti della jihad. La dichiarazione di stampa inoltre affermava che le persone arrestate erano di cittadinanza algerina e che circa dieci passaporti falsi erano stati sequestrati durante le ricerche condotte. 12. In un messaggio fax del 26 aprile 2002, apparentemente incoraggiato dalla dichiarazione a mezzo stampa del 24 aprile 2002, l’ambasciatore di Algeria nei Paesi Bassi ha richiesto all’Ufficio del procuratore generale di fornire ulteriori informazioni. Il 2 maggio 2002, il servizio della procura generale ha risposto che ogni richiesta doveva essere fatta al Ministro degli affari esteri dei Paesi Bassi. Nessun’altra azione è stata intrapresa da parte dell’ambasciata algerina nei Paesi Bassi. 13. Il 12 giugno 2002, il ricorrente è stato arrestato nei Paesi Bassi e detenuto come sospettato di, inter alia, partecipare (alle attività di) una organizzazione criminale che persegue il fine di aiutare e favorire il nemico nel conflitto che vede opposti, da una parte, gli Stati Uniti d’America, il Regno Unito e altri alleati – inclusi i Paesi Bassi – e, dall’altra, Afghanistan (sotto il dominio dei talebani fino al gennaio 2002) e/o i talebani ed i loro alleati (Al-Qaeda e/o altri combattenti pro-talebani) e la cui organizzazione era inoltre coinvolta nel traffico di droga, falsificazione di documenti (da viaggio), nel rifornimento a terze persone di falsi documenti (di viaggio), e traffico di esseri umani. 14. Le motivazioni alla base dei sospetti contro il ricorrente e gli altri sono state fornite dai rapporti ufficiali che sono stati formulati dal BVD/AIVD, dal contenuto delle conversazioni telefoniche intercettate dal BVD/AIVD, e libri, documenti, video e audio cassette che sono stati trovati e sequestrati nel corso delle ricerche effettuate. 15. Il ricorrente e undici altri sospettati sono stati in seguito formalmente accusati e citati dinanzi alla Corte regionale di Rotterdam per essere processati. Con la sua sentenza del 5 giugno 2003, all’esito di un 6 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE procedimento che ha attirato una grande attenzione da parte dei media, la Corte regionale di Rotterdam ha assolto il ricorrente da tutte le accuse, rilevando che queste non erano fondate legalmente ed in maniera convincente, ed ha ordinato il rilascio del ricorrente sottoposto a custodia cautelare. 16. La Corte regionale di Rotterdam ha sostenuto che i rapporti ufficiali del BVD/AIVD prodotti dalla pubblica accusa non potevano essere usati come prova, dal momento che il capo ed il sostituto dell’AIVD – che sono stati esaminati dal giudice delle indagini oltre che dinanzi alla Corte regionale – ed il procuratore generale responsabile per la lotta al terrorismo si sono rifiutati di fornire la prova delle fonti delle informazioni presenti nei rapporti ufficiali, invocando il loro obbligo al segreto in virtù della legge dei servizi di sicurezza e di intelligence del 2002 poiché, conformemente ala decisione del 2 maggio 2003, il Ministro dell’interno e delle relazioni del Regno (Ministro van Binnenlandse Zaken en Koninkrijksrelaties) ed il Ministro della giustizia (Ministro van Justitie) non li hanno dispensati da tale obbligo nell’eventualità di essere chiamati a testimoniare in procedimenti penali in corso. Ne consegue che la difesa non ha avuto modo di verificare effettivamente l’origine e la correttezza delle informazioni presenti nei rapporti ufficiali. La Corte regionale ha considerato che non vi erano basi legali per percorrere una strada diversa, con la conseguenza che la rigidità delle norme in materia di prova dipenderebbe dalla gravità del reato di cui una persona è stata sospettata. Di conseguenza, sebbene essa riconosca che l’obbligo del segreto in discussione è certamente giustificato nei casi che riguardano la sicurezza nazionale ed aveva rilevato che la pubblica accusa non aveva utilizzato in maniera illegale il materiale fornito dal BVD/AIVD per stabilire se vi era grave indizio di reato e sulla decisione di arrestare il ricorrente, la Corte regionale ha concluso che i rapporti del BVD/AIVD non potevano essere utilizzati come prove contro il ricorrente. La Corte regionale ha ammesso come prove le conversazioni telefoniche intercettate dal BVD/AIVD dal momento che era stata concessa alla difesa la possibilità di verificarne il contenuto. 17. La pubblica accusa inizialmente ha proposto appello contro tale decisione ma lo ha ritirato il 6 settembre 2005, prima che il processo di appello avesse inizio. Conformemente ad una dichiarazione a mezzo stampa del 6 settembre 2005 del servizio di pubblica accusa (Openbaar Ministroie), tale decisione è stata presa alla luce dei nuovi sviluppi legislativi, vale a dire la legge sui reati di terrorismo (Wet Terroristische Misdrijven) – che rendeva inter alia il reclutamento per la lotta [islamica] armata un reato – già entrata in vigore [il 10 agosto 2004] ma senza efficacia retroattiva, e dell’avanzato stato di adozione da parte del Parlamento del progetto di legge sulla protezione dei testimoni (Wetsvoorstel voor de Wet Afgeschermde Getuigen) che prevede la possibilità di utilizzare i rapporti ufficiali dell’AIVD come prove. 7 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE I procedimenti in merito alla terza richiesta di asilo del ricorrente, la decisione di imporre nei suoi confronti un ordine di espulsione, ed il piazzamento in detenzione del ricorrente 18. Subito dopo il suo rilascio dalla detenzione preventiva del 5 giugno 2003, il ricorrente è stato arrestato dalla polizia (vreemdelingenpolitie) e piazzato in detenzione in vista dell’espulsione. Nello stesso giorno, egli ha presentato una terza richiesta di asilo nei Paesi Bassi. Il 18 giugno 2003, il ricorrente è stato ascoltato dagli ufficiali dell’ufficio di immigrazione in relazione alla sua nuova richiesta. 19. Il 24 giugno 2003, il ricorrente è stato informato dell’intenzione (voornemen) del Ministro dell’immigrazione e dell’integrazione (Ministro voor Vreemdelingenzaken en Integratie – “il Ministro”) – così come dei motivi alla base della sua intenzione – di respingere la sua terza richiesta di asilo. Con proposta datata 10 e 15 luglio 2003 al Ministro, il ricorrente ha commentato tale decisione, osservando inter alia che nel caso Z. – uno degli altri accusati nel processo di Rotterdam – le autorità algerine hanno interrogato il padre e la madre di tale persona in merito al luogo ed alle attività di Z., e hanno dato loro la garanzia dell’arresto di Z.. Conformemente alla relativa decisione presa il 13 giugno 2003 dal giudice cautelare della Corte regionale di Hague riunita ad Haarlem, in merito alla richiesta di asilo di Z. nei Paesi Bassi, tale richiesta è stata rigettata in quanto infondata e la sostenuta distruzione di tale mandato di arresto da parte del fratello di Z. è stata ritenuta non convincente. 20. Il 21 luglio 2003, conformemente all’articolo 59 § 4 della legge sugli stranieri del 2000 (Vreemdelingenwet), il ricorrente è stato liberato dalla detenzione dal momento che non era stata presa alcuna decisione da parte del Ministro sulla terza richiesta di asilo in 42 giorni. Al ricorrente è stato ordinato di abbandonare i Paesi Bassi. 21. Il 26 febbraio 2004, utilizzando un passaporto olandese falso, il ricorrente ha viaggiato con l’aereo da Colonia (Germania) ad Istanbul (Turchia) dove ha richiesto asilo. Le autorità turche hanno rifiutato di prendere in considerazione tale richiesta e, il 27 febbraio 2004, lo hanno rispedito indietro in Germania, dove l’8 marzo 2004 ha richiesto asilo con il nome riportato sul passaporto falso e che non era stato usato in precedenza. Il 14 maggio 2004, in virtù della disposizioni della Convenzione di Dublino del 15 giugno 1990, le autorità tedesche hanno sollecitato i Paesi Bassi ad assumersi la responsabilità per la richiesta di asilo del ricorrente. Il 16 giugno 2004, le autorità dei Paesi Bassi hanno assunto tale responsabilità e, il 15 luglio 2004, il ricorrente è stato trasferito nei Paesi Bassi, dove è stato subito posto in detenzione. 22. Il 14 luglio 2004, l’AIVD ha stilato un rapporto ufficiale individuale (individueel ambtsbericht) sul ricorrente, nel quale si legge: 8 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE “É emerso da investigazioni condotte dall’ AIVD, che [il ricorrente] ha intenzione ancora una volta di impegnarsi nella violenta jihad. L’AIVD riconosce che la violenta jihad rappresenta la lotta armata sotto ogni forma contro tutti i nemici dell’Islam. [Il ricorrente] è stato arrestato il 12 giugno 2002 dopo la comunicazione di un rapporto ufficiale dell’AIVD (riferimento 1830636/01 del 22 aprile 2002) al procuratore generale responsabile per la lotta contro il terrorismo nella quale è stato riconosciuto come un membro di una rete che è in particolare coinvolta nel supporto materiale, finanziario e logistico e nella propagazione, pianificazione e uso effettivo della violenza a beneficio della violenta internazionale jihad. Ciò ha portato alla decisione della Corte nel maggio/giugno 2003 con la quale [il ricorrente] è stato prosciolto. Il dipartimento della pubblica accusa intende ricorrere in appello contro tale sentenza. Per i fini della violenta jihad e con l’Iraq quale [sua] ultima destinazione, [il ricorrente] ha tentato nel febbraio 2004 di viaggiare verso la Turchia via Germania. Egli è stato arrestato in Turchia e rispedito in Germania dove sarà tenuto in detenzione fino al 15 luglio 2004. Il 15 luglio 2004, le autorità tedesche lo consegneranno alle autorità dei Paesi Bassi. É emerso che l’arresto [del ricorrente] non lo ha indotto a cambiare i suoi orientamenti per quanto riguarda, nella sua percezione, il dovere islamico della partecipazione attiva alla violenta jihad. L’AIVD ritiene che [il ricorrente] costituisca una minaccia alla sicurezza nazionale.” 23. Il 21 luglio 2004, gli ufficiali dell’immigrazione hanno condotto un ulteriore interrogatorio nei confronti del ricorrente in merito alla sua terza richiesta di asilo, in cui egli ha dichiarato, inter alia, che suo fratello Taher, uno degli altri accusati nel processo di Rotterdam, è scomparso da quando ha fatto ritorno in Algeria. Il ricorrente ha avuto notizia di questo da non specificati amici e conoscenti. Il 5 agosto 2004, gli è stata notificata la nuova decisione del Ministro di rigettare la sua richiesta di asilo, alla quale il ricorrente ha replicato il 19 ed il 20 agosto 2004. 24. Il 23 agosto 2004, a seguito del rapporto ufficiale dell’AIVD del 14 luglio 2004, il ricorrente è stato interrogato da un alto ufficiale della polizia nel suo luogo di residenza in merito alla proposta di imporre un ordine di espulsione (ongewenstverklaring) nei suoi confronti. Durante tale interrogatorio, il ricorrente ha dichiarato inter alia che per ragioni comunemente note in merito alla situazione in quei luoghi egli non desiderava far ritorno in Algeria, che egli è venuto a sapere che non poteva restare nei Paesi Bassi, che non aveva motivi per rimanere nei Paesi Bassi e che non solleva obiezioni per essere trasferito verso uno Stato Islamico. 25. Il 25 agosto 2004, il Ministro ha rigettato la terza richiesta di asilo del ricorrente. Al ricorrente è stato inoltre ordinato di abbandonare i Paesi Bassi entro 24 ore ed è stato informato del fatto che un appello non avrebbe effetti sospensivi sulla sua espulsione dai Paesi Bassi. Il 26 agosto 2004, il ricorrente ha proposto appello dinanzi alla Corte regionale di Hague oltre che una richiesta per una misura cautelare, vale a dire una intimazione in merito alla sua espulsione in pendenza del giudizio di appello. 9 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE 26. Con decisione del 14 settembre 2004 e soprattutto sulla base del contenuto dei rapporti ufficiali del 22 aprile 2002 ed il 14 luglio 2004, il Ministro ha emanato un ordine di espulsione nei confronti del ricorrente. Il Ministro ha sostenuto che il ricorrente costituiva una minaccia alla sicurezza nazionale e che l’irrogazione di un ordine di espulsione nei suoi confronti era nell’interesse delle relazioni internazionali dei Paesi Bassi. 27. Il 22 settembre 2004, il ricorrente si è opposto (bezwaar) alla decisione del Ministro. Egli inoltre ha richiesto alla Corte regionale di Hague di estendere la portata della sua richiesta alla misura cautelare del 26 agosto 2004 nella quale l’ingiunzione richiesta coprirebbe anche la durata dei procedimenti sulla sua opposizione al fine della emanazione di un ordine di espulsione. 28. Il 2 novembre 2004, il giudice cautelare (voorzieningenrechter) della Corte regionale di Hague riunita ad Haarlem ha accolto la richiesta di ingiunzione del ricorrente ed ha ordinato che non venisse espulso in pendenza del giudizio di appello del 26 agosto 2004 contro il rifiuto di concedergli asilo. Il giudice cautelare inoltre ha sospeso la decisione del Ministro del 14 settembre 2004 di emanare un ordine di espulsione nei confronti del ricorrente. 29. Il 10 novembre 2004, il Ministro ha proposto appello contro la decisione del 2 novembre 2004 – per la parte in cui ha fatto riferimento alla sospensione della decisione del 14 settembre 2004 – dinanzi alla Divisione giurisdizionale amministrativa (Afdeling Bestuursrechtspraak) del Consiglio di Stato (Raad van State), ed ha richiesto al Presidente della Divisione giurisdizionale amministrativa di ordinare una misura cautelare. 30. Il 16 novembre 2004, il ricorrente è stato ascoltato dinanzi ad una commissione ufficiale di inchiesta (ambtelijke commissie) in merito alla sua opposizione del 22 settembre 2004 contro la decisione di emanare nei suoi confronti un ordine di espulsione. Durante tale udienza, il ricorrente ha negato di aver fatto parte di una rete estremista islamica, di aver cercato di raggiungere via Turchia l’Iraq, ed ha negato anche di aver compiuto azioni che potevano minacciare lo Stato dei Paesi Bassi. Egli ha specificato inter alia che è stato assolto da ogni accusa mossa nei suoi confronti, e che non vi era prova del pericolo che egli ha presuntivamente costituito per la sicurezza nazionale dei Paesi Bassi. Egli ha inoltre sostenuto che, se fosse ritornato in Algeria, avrebbe avuto problemi con le autorità algerine, che conoscevano ogni cosa di lui. Il suo amico Taher era andato in Algeria ed era stato immediatamente arrestato. Sebbene il ricorrente ha affermato che sapeva che Taher era stato accusato, egli non ha offerto nessun altro dettaglio. Quando si è informato sull’esistenza di indizi reali sul fatto che le autorità algerine volevano perseguirlo, il ricorrente ha affermato che le autorità algerine sospettavano che vi era un movimento Salafista nei Paesi Bassi che stava fornendo supporto finanziario ai gruppi in Algeria. Egli aveva avuto contatti con membri di quel gruppo poiché aveva visto tali persone nella 10 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE moschea. Anche l’AIVD aveva quelle informazioni ed aveva investigato su quel gruppo. Il ricorrente inoltre ha affermato che per lui era chiaro che sarebbe stato immediatamente arrestato se avesse fatto ritorno in Algeria, dal momento che i Paesi Bassi hanno fatto sorgere alcuni sospetti per i quali sarebbe stato certamente arrestato. Egli non si fidava delle autorità algerine. 31. Il 19 novembre 2004, invece di una misura cautelare come richiesta dal Ministro il 10 novembre 2004, il Presidente della divisione giurisdizionale amministrativa ha sollevato la questione della sospensione della decisione di irrogare un ordine di espulsione nei confronti del ricorrente. 32. Con sentenza del 23 dicembre 2004, a seguito di una udienza tenuta il 2 dicembre 2004, la Corte regionale di Hague riunita ad Haarlem ha accolto l’appello del ricorrente del 26 agosto 2004, respinto la decisione negativa del Ministro del 25 agosto 2004 in merito alla terza richiesta di asilo del ricorrente, e ordinato al Ministro di prendere una nuova decisione in merito alla decisione. Tale decisione, nella sua parte rilevante, si legge come segue: “2.13. La Corte per prima cosa valuterà se [il ricorrente] ha dimostrato che le autorità algerine sono venute a conoscenza dei sospetti che sono stati sollevati in merito ad un suo coinvolgimento in una organizzazione terroristica e dei procedimenti penali che sono stati introdotti nei suoi confronti. ... 2.15. La Corte rileva, e tale punto non è controverso, che il processo di Rotterdam sulla jihad ha attirato molta attenzione da parte dei media nazionali ed internazionali. L’udienza della Corte in tale processo è stata pubblica. É generalmente riconosciuto che a livello nazionale ed internazionale, ed in ogni caso a partire dal settembre 2001, una crescente attenzione è stata rivolta alla lotta contro il terrorismo (internazionale). Il servizio di sicurezza dei Paesi Bassi ed i servizi di sicurezza degli altri Stati si stanno impegnando per raggiungere un più alto livello di cooperazione e rivestire un crescente ruolo attivo nella lotta al terrorismo. Particolare importanza in tale contesto riveste il cosiddetto Accordo Euro-Mediterraneo del dicembre 2001 per mezzo del quale è stata costituita da una parte una associazione tra la Comunità Europea ed i suoi Stati membri, e dall’altra la Repubblica democratica di Algeria. Tale accordo presta attenzione inter alia alla “cooperazione nel campo della giustizia e degli affari interni, in particolare attraverso la creazione di una associazione ed il consolidamento dello stato di diritto, in particolare nel campo dei passaporti, immigrazione clandestina e lotta al terrorismo e contro il crimine organizzato”. Secondo la Corte, la summenzionata attenzione rivolta al processo jihad, in combinazione con le attuali attività da parte delle autorità nazionali ed internazionali per combattere il terrorismo, comporta che è stato sufficientemente dimostrato che i procedimenti penali nei confronti del [ricorrente] ed i sospetti sollevati su di esso in tali procedimenti sono divenuti noti alle autorità algerine. Non è controverso il fatto che le autorità algerine soltanto ne possano essere a conoscenza. Il fatto che nei due articoli pubblicati [in un quotidiano nazionale dei Paesi Bassi] il 20 maggio 2003 ..., non si sia fatto riferimento a tutti i suoi dati personali [del ricorrente], non significa che le autorità algerine non siano venute a conoscenza dei dati personali [del ricorrente] [in maniera diversa dai] media nazionali. Ciò porta a concludere che [il Ministro] non può aver ragionevolmente sostenuto l’opinione che [il ricorrente] abbia semplicemente basato la sua asserzione su ipotesi e congetture per quanto riguarderebbe la consapevolezza 11 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE delle autorità algerine in merito al suo sospetto coinvolgimento in una organizzazione terroristica. ... 2.16 Assumendo che le autorità algerine siano a conoscenza dei sospetti e del coinvolgimento [del ricorrente] in una organizzazione terroristica, l’ulteriore questione rilevante è se [il ricorrente] corra il rischio reale di essere sottoposto ai trattamenti di cui all’ articolo 3 della Convenzione qualora facesse ritorno in Algeria. ... 2.20. La Corte ritiene che è stato dimostrato, alla luce del contenuto del [rapporto di valutazione ufficiale sull’Algeria, pubblicato nel dicembre 2003 dal Ministro degli affari esteri dei Paesi Bassi], che [il ricorrente] una volta ritornato [in Algeria] sarà interrogato al confine sulla sua permanenza nei Paesi Bassi. Tale interrogatorio e la consapevolezza delle autorità algerine del sospetto coinvolgimento [del ricorrente] in attività terroristiche comporta un rischio reale per [il ricorrente] di essere detenuto e soggetto ai trattamenti di cui all’articolo 3 della Convenzione. I sospetti che sono stati sollevati nei confronti del [ricorrente] collegati al sospetto coinvolgimento in una organizzazione terroristica islamica e, secondo il rapporto ufficiale di valutazione del Paese, sussiste un rischio di tortura e di maltrattamenti in particolare per persone che sono sospettate di partecipare, o supportare, i gruppi armati islamici. Anche il rapporto annuale di Amnesty International per il 2004, cui si fa riferimento in tale rapporto ufficiale di valutazione del Paese, sostiene che tale rischio riguarda in particolare tali persone. ... L’affermazione [del Ministro] secondo la quale il rapporto ufficiale di valutazione del Paese non consente di concludere che tale trattamento prescritto all’articolo 3 si verifica sempre ed in ogni circostanza non può essere avallata dalla Corte. La Corte rileva che i sospetti sollevati contro [il ricorrente] ed i procedimenti penali che ne sono seguiti, se considerati insieme al rapporto ufficiale di valutazione del Paese ed al rapporto di Amnesty International, porta a concludere che vi è un rischio reale e non semplicemente una possibilità di violazione dell’articolo 3 della Convenzione. 2.21. Nel corso dell’udienza [del 2 dicembre 2004], [il Ministro] ha sostenuto che, anche se deve essere considerata l’esistenza di un rischio di trattamenti proibiti dall’articolo 3 e, di conseguenza, [il ricorrente] aveva [diritto ad un permesso di soggiorno ai fini di asilo in virtù dell’articolo 29 § 1 (b) della legge sugli stranieri del 2000], [il Ministro] non avrebbe concesso il permesso di soggiorno. In quel caso, [il Ministro] farebbe uso del suo potere discrezionale previsto all’articolo 29, e rifiuterebbe di garantire il permesso di soggiorno con riferimento alla minaccia alla sicurezza nazionale. 2.22. La Corte rileva che, nei presenti procedimenti, il giudizio [del Ministro] secondo cui [il ricorrente] rappresenti un rischio per la sicurezza nazionale non fa parte del giudizio ed essa quindi non si esprimerà sul punto. 2.23. In merito alla decisione impugnata, la Corte rileva che il rifiuto di concedere un permesso di soggiorno per asilo per un periodo definito, per le ragioni esposte nella decisione, non è supportata da elementi sufficientemente decisivi.” Il 20 gennaio 2005, il Ministro ha proposto ricorso in appello contro tale decisione della Divisione giurisdizionale amministrativa. 33. Con decisione dell’11 febbraio 2005, che segue l’udienza del 6 gennaio 2005, la Divisione giurisdizionale amministrativa ha annullato la decisione del 2 novembre 2004 del giudice delle misure cautelari nella misura in cui sospendeva la decisione di imporre un ordine di espulsione sul 12 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE ricorrente. Essa ha rilevato che, sebbene conformemente all’articolo 37 § 2 (c) della legge sul Consiglio di Stato (Wet op de Raad van State) non si possa proporre appello contro una decisione del giudice delle misure cautelari ai sensi dell’articolo 8:84 § 2 della legge amministrativa generale (Algemene Wet Bestuursrecht), tale parte della decisione del 2 novembre 2004 – che ha comportato una cessazione degli effetti legali della decisione di imporre un ordine di espulsione al ricorrente, in modo tale da portare conseguenze riguardo alle basi legali per il piazzamento in detenzione del ricorrente ed alla legittimità della sua permanenza nei Paesi Bassi – non è stata presa sulla base di una richiesta del ricorrente in tal senso rispetto alla quale il Ministro ha avuto modo di presentare argomentazioni, ma è stata una decisione presa su propria iniziativa da parte del giudice delle misure cautelari. Concludendo che tale parte della decisione è stata quindi presa in violazione del giusto processo e dei principi fondamentali del diritto, la Divisione giurisdizionale amministrativa accetta di esaminare l’appello del Ministro, che è di conseguenza considerato fondato. 34. Il 22 febbraio 2005, il ricorrente ha presentato una nuova richiesta per una misura cautelare dinanzi alla Corte regionale di Hague, chiedendo che la decisione del Ministro del 14 settembre 2004 di imporre un ordine di espulsione nei suoi confronti fosse sospesa. Tale richiesta è stata rigettata il 1mo aprile 2005 dal giudice cautelare della Corte regionale di Hague riunita ad Haarlem. 35. Il 17 maggio 2005, il ricorrente ha proposto appello alla Corte regionale di Hague per la continuazione del suo piazzamento in detenzione. Nel corso dell’udienza del giudizio di appello, tenuta il 30 maggio 2005 dinanzi alla Corte regionale di Hague riunita a Groningen, è stato sostenuto a nome dello Stato dei Paesi Bassi che era stata organizzata –non appena la Divisione giurisdizionale amministrativa avesse deciso sull’appello del Ministro del 20 gennaio 2005 – la discussione del caso del ricorrente da parte di una delegazione di alta rappresentanza del Ministro degli affari esteri dei Paesi Bassi con le autorità algerine, che era già stata programmata una data per tale incontro ma che il ricorrente non voleva essere consegnato alle autorità algerine prima della decisione dell’appello del 20 gennaio 2005. 36. Il 3 giugno 2005, la Corte regionale di Hague riunita a Groningen ha rigettato l’appello del ricorrente del 17 maggio 2005. Essa ha ritenuto che il piazzamento in detenzione del ricorrente continuava ad essere giustificata in quanto restavano sufficienti possibilità di espulsione in un termine ragionevole. Per giungere a tale decisione, la Corte ha tenuto in considerazione il fatto che al ricorrente era stato imposto un ordine di espulsione, e che egli non aveva compiuto atti per abbreviare il suo piazzamento in detenzione fornendo informazioni al fine di stabilire la sua identità e nazionalità, tenendo anche presente che egli aveva utilizzato vari pseudonimi. 13 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE 37. Il 6 luglio 2005, la Divisione giurisdizionale amministrativa ha accolto l’appello del Ministro del 20 gennaio 2005, annullato la impugnata sentenza del 23 dicembre 2004 e rigettato l’appello del ricorrente del 26 agosto 2004 contro la decisione negativa in merito alla sua terza richiesta di asilo. Essa ha ritenuto, per quanto rileva: “Al [ricorrente] non è mai stato concesso un permesso di soggiorno nei Paesi Bassi. Egli ha fondato la sua richiesta di [asilo], rigettata nella suddetta decisione del 25 agosto 2004, sull’accusa che egli ora deve temere che, in considerazione dei procedimenti penali avviati nei suoi confronti, le autorità algerine erano divenute consapevoli dei sospetti sollevati nei suoi confronti nei Paesi Bassi così come del suo coinvolgimento nell’organizzazione terroristica. Diversamente dalla Corte regionale, [la Divisione giurisdizionale amministrativa considera che] anche se deve essere riconosciuto che una qualche consapevolezza possa esistere, il Ministro non doveva ritenere – considerando quello che era stato affermato riguardo all’Algeria nel rapporto ufficiale del Ministro degli affari esteri del dicembre 2003 – che il ricorrente aveva quindi dimostrato che, in caso di espulsione, correrebbe un rischio reale di essere soggetto ai trattamenti di cui all’articolo 3 [della Convenzione]. Anche alla luce di quanto [il ricorrente] ha sostenuto in termini generali riguardo al comportamento delle autorità algerine nei confronti del terrorismo, le informazioni contenute nel rapporto ufficiale non portano a tale conclusione. Il [ricorrente] non è riuscito a dimostrare, tantomeno a provare, fatti o circostanze che lo riguardino personalmente che potrebbero condurre alla conclusione che tali trattamenti lo attenderebbero se fosse espulso verso l’Algeria. In tale contesto, egli ha solamente fatto riferimento al sospetto contro di lui ed alle conseguenze dei procedimenti penali, oltre che alla speculazione riguardo alle possibili conseguenze nel caso di un suo ritorno in Algeria. Non spettava al Ministro dimostrare che tale rischio sostenuto nei fatti non esisteva . L’appello è accolto.” Non sono stati proposti ricorsi contro tale decisione. 38. Il 15 luglio 2005, il ricorrente ha depositato il presente ricorso dinanzi alla Corte. Lo stesso giorno e su richiesta del ricorrente, il Presidente della terza sezione della Corte ha deciso di comunicare al Governo convenuto in virtù dell’articolo 39 del regolamento della Corte che il ricorrente non doveva essere allontanato verso l’Algeria fino a nuovo avviso. 39. Il 21 luglio 2005, il ricorrente ha proposto appello alla Corte regionale di Hague per esser venuto meno il Ministro nel decidere in modo tempestivo la sua obiezione del 22 settembre 2004 contro la decisione di imporre nei suoi confronti un ordine di espulsione. 40. Con sentenza del 2 agosto 2005, che seguiva i procedimenti sul nuovo ricorso contro il continuato piazzamento in detenzione del ricorrente, la Corte regionale di Hague ha concluso che la detenzione continuava ad essere giustificata poiché restavano sufficienti speranze in merito alla sua espulsione in un tempo ragionevole. 41. Il 31 agosto 2005, il Ministro ha respinto l’obiezione del ricorrente del 22 settembre 2004 contro la decisione di imporre un ordine di 14 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE espulsione nei suoi confronti. Facendo riferimento al rapporto individuale ufficiale dell’AIVD sul ricorrente del 14 luglio 2004, il Ministro ha sostenuto che tale decisione è stata presa in base a corretti e sufficienti motivi, dal momento che egli rappresentava un pericolo per la sicurezza nazionale e poiché tale ordine era inoltre nell’interesse delle relazioni internazionali. 42. Il 12 settembre 2005, la Corte regionale di Hague riunita ad Amsterdam ha informato il ricorrente e lo Stato dei Paesi Bassi del fatto che voleva considerare l’appello del ricorrente del 21 luglio 2005 come un ricorso contro la decisione del Ministro del 31 agosto 2005. Già il 2 settembre 2005, il ricorrente ha richiesto alla Corte regionale di ordinare misure provvisorie al fine di sospendere l’ordine di espulsione del 14 settembre 2004. 43. Il 5 settembre 2005, il ricorrente ha depositato un ricorso dinanzi alla Corte regionale di Hague contro il suo continuo piazzamento in detenzione. Con sentenza del 15 settembre 2005, la Corte regionale di Hague riunita a Leeuwarden – rilevando il tempo trascorso dal ricorrente in detenzione, la misura cautelare in virtù dell’articolo 39 del regolamento della Corte indicata il 15 luglio 2005 e l’incertezza riguardo alla data in cui la Corte avrebbe esaminato il merito del ricorso proposto dal ricorrente – ha concluso che non vi erano elementi per credere in una espulsione del ricorrente in un tempo ragionevole dai Paesi Bassi. Di conseguenza, essa ha accolto il ricorso del ricorrente, ordinato il suo rilascio e gli ha accordato una somma di 2,660 euro (EUR) quale risarcimento per il tempo trascorso in detenzione dal 9 agosto 2005. Il ricorrente è stato rilasciato lo stesso giorno. 44. Il 17 ottobre 2005, il giudice cautelare della Corte regionale di Hague riunita ad Amsterdam ha sospeso l’ordine di espulsione in pendenza della decisione sul ricorso del ricorrente contro la decisione del Ministro del 31 agosto 2005. Il giudice ha ritenuto che il Ministro è venuto meno all’obbligo di accertarsi – prima di prendere la decisione di imporre l’ordine di espulsione in discussione – se le conclusioni esposte nel rapporto ufficiale dell’AIVD fossero sufficientemente supportate dal materiale su cui si basano. Il giudice ha rigettato la tesi del Ministro per cui tale requisito non era richiesto per i rapporti ufficiali individuali dell’AIVD e, nel caso di specie, ha rilevato che l’articolo 87 della legge sui servizi di sicurezza e l’intelligence del 2002 riconosce al Ministro la possibilità di accedere al materiale sottostante e, a tale fine, è stato siglato un accordo nel 2003 tra il Ministro e l’AIVD. Il giudice ha dunque concluso che, dal momento che il Ministro non ha verificato le conclusioni tratto dal rapporto ufficiale individuale dell’AIVD, l’interesse del ricorrente di ottenere una sospensione dell’ordine di esecuzione in pendenza della decisione del suo ricorso contro di esso prevale sull’interesse del Ministro. 15 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE 45. Il 17 novembre 2005, si è tenuta una udienza nell’ambito del ricorso del ricorrente dinanzi alla Corte regionale di Hague riunita ad Amsterdam. Il 22 dicembre 2005 – avendo le parti acconsentito a che il ricorso fosse deciso allo stato degli atti –la Corte regionale è stata autorizzata ad accedere al materiale alla base del rapporto ufficiale del 14 luglio 2004 dell’AIVD senza che tale materiale fosse rivelato al ricorrente. 46. Con sentenza del 10 marzo 2006, la Corte regionale di Hague riunita ad Amsterdam ha rigettato il ricorso del ricorrente contro la decisione del Ministro del 31 agosto 2005. Essa ha rilevato che – in virtù del articolo 67 § 1 (c) della legge sugli stranieri del 2000 (Vreemdelingenwet) – può essere imposto ad uno straniero un ordine di espulsione quando costituisca un pericolo per l’ordine pubblico o per la sicurezza nazionale e non abbia residenza nei Paesi Bassi; che – in virtù dell’articolo 67 § 1 (e) della legge sugli stranieri del 2000 – un ordine di espulsione può essere imposto su uno straniero nell’interesse delle relazioni internazionali dei Paesi Bassi; che – in virtù del articolo 67 § 3 della legge sugli stranieri del 2000 – allo straniero nei cui confronti è stato emesso un ordine di espulsione è impedito ogni diritto di residenza; e che l’articolo 6.5 (c) del decreto sugli stranieri del 2000 (Vreemdelingenbesluit) prevede che in ogni caso può essere emesso un ordine di espulsione nei confronti di uno straniero in virtù dell’articolo 67 § 1 (b) o (c) della legge sugli stranieri del 2000 se lo straniero – che risiede illegalmente nei Paesi Bassi – costituisce un pericolo per la sicurezza nazionale. Essa ha considerato che, poiché l’impugnato ordine di espulsione è stato emesso su richiesta del Ministro stesso, spettava al Ministro stabilire i fatti e le circostanze sulle quali l’ordine si basava. L’ordine di espulsione in esame era fondato sul rapporto ufficiale individuale dell’AIVD del 14 luglio 2004, oltre che sui rapporti ufficiali dell’AIVD relativi al ricorrente del 22 e 24 aprile 2002. Nel rispetto di tutto ciò, la Corte regionale ha ritenuto che, se il Ministro ha basato una decisione su un rapporto ufficiale, tale rapporto deve essere considerato – conformemente alla costante giurisprudenza della Divisione giurisdizionale amministrativa – alla stregua di un parere di un esperto (deskundigenbericht) redatto per il Ministro per l’esercizio del suo potere. A tal fine, tale parere deve fornire informazioni in maniera imparziale, oggettiva e chiara, indicando – nella misura più sicura e possibile (verantwoord) – le fonti dalle quali tali informazioni derivano. Se tali requisiti vengono riscontrati, al Ministro è concesso – nella decisione che decide il processo – di fare riferimento a tali informazioni perché corrette, senza che vi siano motivi per dubitare sulla correttezza o completezza. La Corte regionale ha accertato che, riguardo ai rapporti (individuali) ufficiali stilati dall’AIVD, le fonti delle informazioni contenute non vi erano indicate, data la speciale posizione dell’AIVD e la necessità di proteggere tali fonti, sebbene essa abbia ritenuto che in certi casi potrebbe essere richiesta una ulteriore investigazione. Nella misura in cui ricorrente aveva 16 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE messo in discussione le informazioni sulle quali il Ministro aveva basato la decisione di imporre l’ordine di espulsione, la Corte regionale ha considerato che, a prescindere dalle infondate e non convincenti allegazioni sul fatto che egli avesse desiderato stabilirsi in Turchia per ritrovare gli altri, il ricorrente non si è limitato ad una semplice negazione dei fatti esposti nel rapporto ufficiale individuale. Egli ha sostenuto che, in tali circostanze, il Ministro potrebbe in tutta ragionevolezza e senza ulteriori investigazioni aver ritenuto che il rapporto ufficiale forniva informazioni in maniera chiara ed ha basato l’ordine su di esso. Inoltre, essendogli stato riconosciuto l’accesso, con il consenso delle parti, alle informazioni e documenti stilati dal rapporto ufficiale dell’AIVD del 14 luglio 2005 senza che tali informazioni e documenti fossero svelate al ricorrente, la Corte regionale ha concluso che tale materiale poteva supportare la decisione dell’AIVD sul fatto che il ricorrente costituiva un pericolo alla sicurezza nazionale e che, di conseguenza, al Ministro è stato concesso il diritto di imporre l’ordine di espulsione sulla base di tali motivi. 47. Per quanto il ricorrente abbia lamentato che, se facesse ritorno in Algeria, avrebbe timore di trattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione, la Corte regionale ha considerato le conclusioni della Divisione giurisdizionale amministrativa su tale punto nella sua decisione del 6 luglio 2005 e ritenuto che non si è discusso e che non è stato dimostrato che, dal 6 luglio 2005, erano sopravvenuti nuovi fatti e nuove circostanze che portavano ad una conclusione diversa. Tale conclusione non è stata modificata dal fatto che, il 15 luglio 2005, il Presidente della Corte aveva indicato una misura cautelare in virtù dell’articolo 39 del regolamento della Corte, dal momento che questo non ha ancora portato la Corte a concludere che l’espulsione del ricorrente verso l’Algeria sarebbe contraria ai suoi diritti in virtù dell’articolo 3 della Convenzione. 48. Il 18 settembre 2006 la Divisione giurisdizionale amministrativa del Consiglio di Stato – che, in applicazione dei paragrafi 8:29 e 8:45 della legge amministrativa generale insieme con l’articolo 87 della legge sui servizi di sicurezza e l’intelligence del 2002 ed il consenso del ricorrente, ha anche ottenuto accesso al materiale riservato che era alla base dei rapporti ufficiale del 22 aprile 2002 e del 14 luglio 2004 senza che lo stesso fosse svelato al ricorrente – ha rigettato il ricorso del ricorrente contro la sentenza della Corte regionale del 10 marzo 2006 e confermato la sentenza impugnata. La Divisione ha ritenuto che, inter alia, come segue: “2.3.2. Appare in tal modo dal rapporto ufficiale [del 14 luglio 2004] in maniera obiettiva, imparziale e chiara su quali fatti e circostanze l’AIVD ha basato la conclusione per cui il ricorrente costituisce un pericolo per la sicurezza nazionale, in particolare per l’intenzione di partecipare alla violenta jihad in Iraq. Tale conclusione non è, senza ulteriori spiegazioni, incomprensibile. La citazione della fonte o delle fonti sulle quali il rapporto ufficiale si basa deve essere impedita per ragioni di riservatezza di tale/tali fonte(i). Tuttavia, [il rapporto ufficiale] ha offerto sufficienti indizi [sul ricorrente] rivolti al – nella misura in cui vi era un motivo per farlo – 17 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE contenuto [del rapporto ufficiale] e per dimostrare che esso conteneva in parte o del tutto fatti non corretti o incompleti. Gli argomenti che [il ricorrente] ha proposto contro la conclusione del rapporto ufficiale non può essere valutata come una indicazione concreta per dubitare della sua accuratezza o completezza. Il Ministro poteva quindi basare la decisione del 31 agosto 2005 sul rapporto ufficiale senza ulteriori investigazioni in merito al materiale. ... Dopo aver preso nota di [tale materiale sottostante], la Divisione giurisdizionale – come anche la Corte regionale – non vede ragioni per ritenere che le investigazioni sulle quali è fondato il rapporto ufficiale mancavano della debita cura o non potevano supportare la conclusione di tale rapporto. 2.4. [Il ricorrente inoltre lamenta che] la Corte regionale, non avendo rilevato una violazione dell’articolo 13 letto congiuntamente all’articolo 3 [della Convenzione] riguardo alla impossibilità per [il ricorrente] o una terza persona di consultare i sottostanti documenti a proprio favore, è venuta meno nel valutare la non-conformità [nel suo caso] ai requisiti del 'contraddittorio' che ne derivano [il giudizio della Corte nei casi Al-Nashif v. Bulgaria (n. 50963/99, 20 giugno 2002) e Haliti v. Svizzera ((dec.), n. 14015/02, 1mo marzo 2005)]. 2.4.1. Come la Corte regionale, la Divisione giurisdizionale amministrativa ha la possibilità in virtù del articolo 8:29 della legge amministrativa generale di consultare i documenti sottostanti il rapporto ufficiale che non sono stati svelati [al ricorrente] ed in tal modo può valutare le considerazioni del Ministro sulla base di tale materiale. Come la Corte regionale, la Divisione giurisdizionale amministrativa si è avvalsa di tale facoltà. Non si può concludere [dalle decisioni della Corte nei casi Al-Nashif e Haliti] che vi sono 'procedimenti in contraddittorio' [nel senso dato dalla giurisprudenza della Corte su tale nozione] solo quando al ricorrente è consentito l’accesso ai documenti alla base del rapporto ufficiale, o tale facoltà sia riconosciuta ad una terza persona in suo favore, dopo essere stati autorizzati ad accedere a tali documenti, per controbattere alle valutazioni di fatto del giudice. Non vi sono quindi motivi per ritenere che la Corte regionale fosse in errore nel non rilevare una violazione dell’articolo 13 congiuntamente all’articolo 3 della Convenzione. ... 2.5.1. Non si può dedurre [dal semplice fatto che è stata ordinata una misura cautelare ai sensi dell’articolo 39 del regolamento della Corte il 15 luglio 2005] che [il ricorrente] corra un rischio reale di essere sottoposto a trattamenti contrari all’articolo 3 [della Convenzione]. Poiché le 'misure cautelari' costituiscono solo un impedimento temporaneo alla possibile espulsione del ricorrente in Algeria, la Corte regionale ha correttamente ritenuto che esse non comportano una differente valutazione nella decisione [presa il 6 luglio 2005] della Divisione giurisdizionale amministrativa secondo cui il rifiuto di concedere asilo al [ricorrente] non ha comportato [argomentandolo] un rischio reale di trattamenti prescritti all’articolo 3.” Non sono stati depositati ulteriori ricorsi contro tale decisione. La richiesta del ricorrente di accedere alle informazioni sulle quali il rapporto ufficiale dell’AIVD del14 luglio 2004 era fondato 49. Il 12 ottobre 2005, il ricorrente ha richiesto al Ministro dell’interno e delle relazioni del Regno – in virtù delle disposizioni della legge sull’accesso (pubblico accesso) alle informazioni del Governo (Wet Openbaarheid van Bestuur) – l’autorizzazione ad accedere al materiale alla base del rapporto dell’AIVD che lo riguardava del 14 luglio 2004. Il 21 18 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE dicembre 2005, il ricorrente è stato informato del fatto che, conformemente all’articolo 4:5 della legge amministrativa generale, la sua richiesta non era stata presa in considerazione dal momento che non aveva depositato un documento di identità. 50. Il 27 gennaio 2006, il ricorrente si è opposto alla decisione del Ministro dell’interno e delle relazioni del Regno, che l’ha respinta il 20 marzo 2006. Il Ministro dell’interno e delle relazioni del Regno ha rilevato che – in virtù del articolo 47 § 1 della legge sui servizi segreti e l’intelligence del 2002 – nessuno può richiedere di essere autorizzato ad accedere ai suoi dati personali; che – ai sensi del articolo 47 § 3 di tale legge – l’identità del richiedente deve essere verificata in maniera adeguata; e che – conformemente alla relazione alla legge – ciò richiede il deposito di un documento di identità da parte del richiedente. Poiché nel documento depositato dal ricorrente a supporto della sua richiesta di accesso non vi erano elementi sufficienti per stabilire l’identità di una persona come disposto all’articolo 1 § 1 della legge sulla identificazione obbligatoria (Wet op de Identificatieplicht), il Ministro dell’interno e delle relazioni del Regno ha ritenuto che la decisione di non prendere in considerazione la richiesta di accesso del ricorrente è stata assunta legittimamente ed è stata ben motivata. 51. Il 10 luglio 2007, la Corte regionale di Hague ha accolto il ricorso del ricorrente contro la decisione del Ministro del 20 marzo 2006, annullato tale decisione e ordinato al Ministro di prendere una nuova decisione sull’opposizione del ricorrente. La Corte regionale ha respinto la tesi del Ministro secondo cui, conformemente alle disposizioni dell’articolo 47 della legge sui servizi segreti e l’intelligence del 2002, l’identità del richiedente poteva essere dimostrata soltanto per mezzo di un valido documento di identità. Rilevando che l’articolo 47 § 3 di tale legge cercava di prevenire accessi non autorizzati ai dati personali da parte di terze persone, la Corte regionale ha ritenuto che si poteva in tutta ragionevolezza richiedere al Ministro, che aveva ottenuto un rapporto ufficiale redatto sulla persona del ricorrente, di decidere – in base al materiale già depositato dal ricorrente e, se necessario, sulla base di ulteriori informazioni che lo stesso avrebbe dovuto depositare – se poteva sorgere ogni ragionevole dubbio o se il ricorrente era davvero la persona riguardata dai dati in questione. 52. Il 7 agosto 2007, il Ministro ha appellato tale decisione dinanzi alla Divisione giurisdizionale amministrativa. Il Ministro ha inoltre richiesto al Presidente della Divisione giurisdizionale amministrativa di ordinare una misura cautelare con il risultato che, in pendenza della decisione del procedimento in appello, il Ministro non avrebbe eseguito la sentenza impugnata del 10 luglio 2007. 53. L’11 ottobre 2007, il Presidente della Divisione giurisdizionale amministrativa ha rigettato la richiesta di misure cautelari, ritenendo – allo stato degli atti e senza pregiudizio o effetti obbligatori per il merito del 19 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE ricorso – che il Ministro non aveva un urgente interesse ad ottenere la misura cautelare richiesta. 54. I procedimenti sul merito del ricorso del Ministro del 7 agosto 2007 sono ad oggi ancora pendenti dinanzi alla Divisione giurisdizionale amministrativa. Procedimenti sulla richiesta delle ‘autorità dei Paesi Bassi’ alle autorità algerine presenti nei Paesi Bassi di concedere un lasciapassare per l’espulsione del ricorrente 55. Il 9 agosto 2001, dopo aver apparentemente rilevato che il ricorrente non aveva lasciato volontariamente i Paesi Bassi dopo il rigetto della seconda richiesta di asilo, la polizia sugli stranieri dei Paesi Bassi (vreemdelingenpolitie) ha richiesto all’Unità di facilitazione del ritorno (Unit facilitering terugkeer – “UFT”) del dipartimento dell’immigrazione e della naturalizzazione del Ministero della giustizia di richiedere alle autorità consolari algerine nei Paesi Bassi di emettere un lasciapassare a nome di Mohammed Ramzy al fine di espellere il ricorrente in Algeria. Il 2 Ottobre 2001, il ricorrente si è presentato di persona alle autorità algerine di stanza nei Paesi Bassi e queste ultime hanno affermato che il ricorso per il lasciapassare sarebbe stato esaminato. 56. Il 20 ottobre 2002, poiché il ricorrente era stato nel frattempo arrestato nei Paesi Bassi il 12 giugno 2002, le autorità algerine hanno informato l’UFT che non era conosciuto in Algeria sotto il nome di Mohammed Ramzy. 57. In una data non specificata ed alla luce dei nuovi documenti resi accessibili al ricorrente, l’UFT ha inviato una seconda richiesta alle autorità algerine per il lasciapassare a nome di Mohammed Ramzy. Dopo la presentazione del ricorrente in persona il 26 Ottobre 2004, le autorità algerine hanno accettato di esaminare la nuova richiesta. L’UFT ha inviato dei promemoria per la missione algerina il 9 novembre 2004, 7 dicembre 2004 e l’11 gennaio 2005, ogni volta sotto forma di un generale promemoria di tutti i casi simili importanti. Il 14 febbraio 2005, le autorità algerine hanno di nuovo informato l’UFT del fatto che nessuna persona sotto il nome di Mohammed Ramzy era conosciuta in Algeria. Un incontro informale nel maggio 2005 tra gli ufficiali del ministero degli affari esteri dei Paesi Bassi e gli ufficiali dell’ambasciata algerina nei Paesi Bassi non ha modificato l’esito della richiesta di un lasciapassare per il ricorrente. 58. Il 12 luglio 2005, le autorità dei Paesi Bassi hanno presentato per iscritto il ricorrente alle autorità algerine sotto il nome di “X.” Soltanto una lettera con nuove informazioni era stata inviata alle autorità algerine, vale a dire una copia del certificato di nascita di “X.”. Conformemente alla prassi, la lettera ha inoltre stabilito che la persona coinvolta era in precedenza conosciuta con il nome di Ramzy. Le autorità algerine ancora una volta hanno acconsentito ad esaminare la richiesta, e l’UFT ha inviato un 20 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE promemoria generale il 19 luglio 2005, 2 agosto 2005, 30 agosto 2005 e 13 settembre 2005. Il 16 agosto 2005, l’UFT ha anche richiesto informazioni sui progressi del caso di specie. Il 26 settembre 2005, le autorità algerine hanno informato l’UFT che la persona coinvolta era conosciuta sotto il nome di “X.” ed era un cittadino algerino. Esse di conseguenza hanno emesso un lasciapassare a suo nome. Ad oggi, tale lasciapassare non è stato utilizzato dalle autorità dei Paesi Bassi. Il rapporto ufficiale dell’AIVD del13 novembre 2006 59. Il 13 novembre 2006 l’AIVD ha stilato un nuovo rapporto ufficiale sul ricorrente, nel quale si legge: “Nell’ambito dell’esercizio dei suoi compiti statutari, il servizio generale di sicurezza ed intelligence possiede informazioni da fonti attendibili dalle quali risulta che Mohammed Ramzy alias ... alias ...., nato il ... 1982 o il ... 1975 in... (Algeria) è o è stato in Algeria dopo la pubblicazione del rapporto ufficiale del 14 luglio 2004 numero di riferimento 2199459/01.” B. Il diritto e la pratica interni e internazionali ed altro materiale 1. I procedimenti di asilo 60. Fino al 1mo aprile 2001, l’ingresso, la residenza e l’espulsione degli stranieri era regolata dalla legge sugli stranieri del 1965 (Vreemdelingenwet). Ulteriori norme erano contenute nel decreto sugli stranieri (Vreemdelingenbesluit), nel regolamento sugli stranieri (Voorschrift Vreemdelingen) e nelle disposizioni di attuazione della legge sugli stranieri (Vreemdelingencirculaire). La legge amministrativa generale (Algemene Wet Bestuursrecht) si applica ai procedimenti in virtù della legge sugli stranieri del 1965, a meno di indicazioni contrarie in tale legge. 61. Il 1mo aprile 2001, la legge sugli stranieri del 1965 è stata sostituita dalla legge sugli stranieri del 2000. Nella stessa data, il decreto sugli stranieri, il regolamento sugli stranieri e le disposizioni di attuazione della legge sugli stranieri sono stati sostituiti da nuove versioni basate sulla legge sugli stranieri del 2000. A meno di indicazioni contrarie nella legge sugli stranieri del 2000, la legge generale amministrativa ha continuato ad applicarsi ai procedimenti sulle richieste da parte degli stranieri di ingresso e di residenza. 62. Uno dei mutamenti apportati in virtù della legge sugli stranieri del 2000 é che la decisione finale su una richiesta di asilo é ora presa dalla Divisione giurisdizionale amministrativa e non più, come previsto dalla legge sugli stranieri del 1965 dalla Corte regionale di Hague. Quello che è rimasto immutato è che il riesame giudiziario da parte della Corte regionale e della Divisione giurisdizionale amministrativa nei procedimenti di riesame di diritto amministrativo ha luogo solo se l’autorità amministrativa coinvolta ha esercitato i suoi poteri amministrativi in maniera ragionevole e se tale 21 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE autorità avrebbe potuto ragionevolmente adottare la decisione impugnata (marginale toetsing). 63. In virtù dell’articolo 29 della legge sugli stranieri del 2000, uno straniero è idoneo ad ottenere un permesso di soggiorno per asilo se, inter alia, egli o ella è un rifugiato ai sensi della Convenzione relativa allo status di rifugiato del 28 luglio 1951, o egli o ella ha dimostrato che egli o ella ha fondati motivi di ritenere che egli o ella correranno un rischio reale di essere sottoposti alla tortura o a crudeli o degradanti trattamenti o pene se fosse espulso verso il paese di origine. 64. L’articolo 4:6 della legge amministrativa generale prevede che il ricorrente deve proporre nuovi fatti emersi o nuove circostanze (nieuw gebleken feiten of veranderde omstandigheden) se è depositata una nuova richiesta a seguito di una decisione che ha rigettato, totalmente o in parte, la precedente richiesta. Quando non sono stati introdotti nuovi fatti o nuove circostanze, l’autorità amministrativa può rigettare la nuova richiesta facendo riferimento alla decisione sulla richiesta originale. L’articolo 4:6 introduce in tal modo il principio della res iudicata nel diritto amministrativo. Tuttavia, é stata prevista una eccezione in tale particolare ambito, ossia che uno straniero può introdurre fatti e circostanze eccezionali che lo riguardano personalmente, sulla base dei quali la nuova richiesta può essere valutata al di fuori di quanto prescritto nell’articolo 4:6. In caso di ripetizione di richiesta di asilo nella quale è anche invocato il rischio di trattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione, è quindi possibile una valutazione della Corte al di fuori delle previsioni dell’articolo 4:6. 2. Gli ordini di espulsione 65. In virtù dell’articolo 67 § 1 della legge sugli stranieri del 2000, un ordine di espulsione può essere emesso nei confronti di uno straniero se, inter alia: egli o ella costituisce una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale e non risiede legalmente nei Paesi Bassi; e/o è nell’interesse delle relazioni internazionali dei Paesi Bassi. 66. L’ordine di espulsione comporta il divieto di risiedere o visitare i Paesi Bassi. L’ordine di espulsione può essere revocato, su richiesta, se lo straniero che ne è oggetto ha risieduto al di fuori dei Paesi Bassi per un periodo di dieci anni (articolo 68 della legge sugli stranieri del 2000). 67. L’ordine di espulsione può essere contestato nei procedimenti di riesame di diritto amministrativo in virtù della legge generale amministrativa. Tali procedimenti di riesame non hanno efficacia sospensiva automatica. 68. L’articolo 197 del codice penale (Wetboek van Strafrecht) prevede che uno straniero che risiede nei Paesi Bassi nonostante sia conoscenza del 22 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE fatto che é stato emesso un ordine di espulsione nei suoi confronti commette un reato con pena fino a sei mesi di carcere o con una multa fino a 4,500 euro. 3. La legge amministrativa generale 69. L’articolo 8:27 § 1 di tale legge dispone: “Le parti che sono state citate ... dinanzi alla Corte ... sono obbligate a presentarsi e fornire le informazioni richieste. L’attenzione delle parti é rivolta a tale [obbligo] oltre che al paragrafo 8:31.” 70. L’articolo 8:29 della legge prevede: “1. Le parti che sono obbligate a fornire informazioni o documenti possono, quando vi sono seri motivi per farlo, rifiutare di fornire informazioni o depositare documenti, o informare la Corte che da sé può acquisire le informazioni o i documenti. 2. I seri motivi in ogni caso non si applicano nel caso di un ente della pubblica amministrazione quando esiste l’obbligo, conformemente alla legge sull’accesso (pubblico accesso) alle informazioni del Governo, di ammettere richieste di informazioni contenute in documenti. 3. La Corte decide se il rigetto o la limitazione nell’acquisizione di cui al primo paragrafo è giustificata. 4. Se la Corte decide che tale rifiuto sia giustificato, l’obbligo viene meno. 5. Quando la Corte decide che la restrizione o l’acquisizione siano giustificate, essa può, con il consenso dell’altra parte, prendere una decisione sulla base, tra gli altri elementi, delle informazioni o documenti previsti. Se il consenso [dell’altra parte] é rifiutato, il caso deve essere deferito ad un’altra giurisdizione.” 71. L’articolo 8:31 della legge dispone: “Se una parte viene meno all’adempimento dell’obbligo di presentarsi, di fornire informazioni, di depositare documenti o una indagine [commissionata dalla Corte ad un esperto da essa designato] ai sensi dell’articolo 8:47 § 1, la Corte può prendere le misure che ritiene adeguate.” 72. L’articolo 8:45 della legge, nella sua parte rilevante, dispone: “1. La Corte può richiedere alle parti o a terzi, in un termine da essa stabilito, di fornire informazioni scritte e depositare documenti in loro possesso. 2. Gli enti pubblici sono obbligati, anche quando non sono parti del procedimento, di eseguire una richiesta di cui al primo paragrafo. L’articolo 8:29 si applica in maniera analoga. ...” 4. I servizi di sicurezza e l’intelligence dei Paesi Bassi 73. Un panorama del diritto e della pratica interni rilevanti riguardo all’intelligence ed ai servizi di sicurezza dei Paesi Bassi è rinvenibile nella decisione sulla ricevibilità della Corte nel caso Brinks v. Paesi Bassi (n. 9940/04, 5 aprile 2005). 74. Ai sensi dell’articolo 15 della legge sui servizi segreti e l’intelligence del 2002, i capi delle agenzie di sicurezza e dell’intelligence assicurano la 23 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE riservatezza dei dati idonei ad essere classificati come confidenziali, la riservatezza delle fonti idonee ad essere classificate come confidenziali da cui sono stati ottenuti i dati, e la sicurezza delle persone attraverso la cui cooperazione sono stati ottenuti i dati. 75. L’articolo 87 della legge sui servizi segreti e l’intelligence del 2002 dispone: “1. Nei procedimenti amministrativi relativi all’applicazione di tale legge o della legge sul controllo della sicurezza (Wet Veiligheidsonderzoeken) in cui si fa riferimento al Nostro Ministro ... è obbligato dalla Corte in virtù dell’articolo 8:27, 8:28 o 8:45 della legge amministrativa generale a fornire informazioni, depositare documenti, l’articolo 8:29 §§ 3-5 di tale legge non si applica. Se il Nostro Ministro... informa la Corte che solo essa può prendere conoscenza di, rispettivamente, informazioni o documenti [richiesti dalla Corte], la Corte può soltanto con il consenso delle altre parti giudicare sulla base di tali informazioni o documenti. Se il Nostro Ministro richiamato rifiuta di fornire informazioni o depositare documenti, il paragrafo 8:31 della legge amministrativa generale resta applicabile. 2. Se il Nostro Ministro è richiesto di depositare documenti alla Corte, la consultazione dei documenti cui si fa riferimento deve essere sufficiente. In nessuna circostanza può essere fatta copia dei detti documenti.” 5. La legge sull’accesso (pubblico accesso) alle informazioni del Governo 76. L’articolo 3 §§ 1 e 3 di tale legge dispone: “1. Nessuno può presentare una richiesta di informazioni contenute in documenti relativi alla pubblica amministrazione ad un ente pubblico o ad un istituto, servizio o compagnia che lavora sotto la responsabilità di un ente pubblico. 3. La richiesta di informazioni é ammessa ai sensi delle disposizioni degli articoli 10 e 11 [di tale legge].” 77. L’articolo 10 § 1 (b) di tale legge dispone: “Nessuna informazione é resa accessibile in virtù di tale legge quando essa: ... (b) può minacciare la sicurezza dello Stato;” 78. I procedimenti in virtù della legge sull’accesso (pubblico accesso) alle informazioni del Governo sono disciplinati dalle disposizioni della legge amministrativa generale. 6. Procedura seguita l’allontanamento per ottenere un lasciapassare per 79. Nel caso di uno straniero cui é negato un permesso di soggiorno, che non ha lasciato i Paesi Bassi volontariamente nel termine stabilito a tale fine e che non possiede documenti di identità, la polizia degli stranieri dei Paesi Bassi introduce una richiesta per il lasciapassare del detto straniero all’Unità di facilitazione del ritorno (Unit facilitering terugkeer – “UFT”) del 24 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE dipartimento di immigrazione e naturalizzazione del Ministero della giustizia. 80. L’UFT prepara la presentazione dello straniero cui si fa riferimento, in persona o per iscritto, alle autorità del Paese verso il quale lo straniero sarà allontanato. La presentazione personale consiste in un interrogatorio da parte di un membro dello staff del Paese che riceve, al fine di accertare l’identità dello straniero e la sua cittadinanza. Dopo tale incontro, le autorità del Paese ricevente indicano se esamineranno la richiesta di lasciapassare. La presentazione personale può essere sostituita dalla presentazione per iscritto. In tali casi, alle autorità del Paese ricevente è inviata una lettera – contenente ogni informazione sull’identità dello straniero conosciuta dalle autorità dei Paesi Bassi, come il suo nome per intero, data e luogo di nascita, ed ogni informazione disponibile sui genitori e gli altri parenti – richiedendo a tali autorità di fornire il lasciapassare. 81. Una volta che le autorità dello Stato che riceve accettino di esaminare una richiesta di lasciapassare, l’UFT invia a tali autorità un normale promemoria, richiedendo i risultati dell’indagine. Alcuni promemoria possono riguardare un singolo caso mentre altri possono essere formulati in termini generali, richiedendo i risultati delle richieste in sospeso. 7. Il rapporto ufficiale di valutazione dello Stato sull’Algeria del Ministero degli affari esteri dei Paesi Bassi 82. Il più recente rapporto ufficiale di valutazione dello Stato sull’Algeria, redatto nel giugno 2005 dal Ministero degli affari esteri dei Paesi Bassi contiene inter alia quanto segue: “[dopo che l’Algeria ha ottenuto la sua indipendenza nel 1962], il Front de Libération Nationale (FLN), che ha giocato un ruolo chiave nella lotta per l’indipendenza, ha presto ottenuto un potere di monopolio. Il primo Presidente Ahmed Ben Bella, fondatore dell’FLN, è stato rimosso da un coup d'état non violento nel 1965. Il potere é stato assunto da un Consiglio rivoluzionario, formato da 26 ufficiali dell’esercito e presieduto dall’ex Ministro della difesa Boumedienne che è diventato il nuovo Presidente. Negli anni seguenti, egli ha istituito un ordine economico centralista e socialista fondato sui proventi del petrolio e che ha ottenuto un considerevole incremento della ricchezza. Dopo la morte di Boumedienne nel 1978, Chadli Bendjedid è giunto al potere. Egli era un dichiarato oppositore del suo predecessore politico socialista. Egli ha aperto più strade all’iniziativa privata ed è stata gradualmente introdotta un’economia di mercato. Nel 1990, furono tenute per la prima volta libere elezioni locali e provinciali. La grande attenzione concessa alla FLN sulla televisione di Stato ha portato un gran numero di partiti a boicottare tali elezioni. Con il 54.2% dei voti, il Front Islamique du Salut (FIS) ha ottenuto una vittoria schiacciante. Il FIS ha propugnato una società basata sulla legge islamica (sharia). ... 25 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE Il presidente Chadli ha promesso al FIS che si sarebbero tenute libere elezioni. Nel dicembre 1991, dopo un anno di violenza politica, si è avuta la prima tornata delle elezioni parlamentari. Il FIS ha ottenuto il 47.5% dei voti, così ottenendo 188 su 430 seggi nel parlamento con la prospettiva di ottenere la maggioranza assoluta nella seconda tornata delle elezioni. Per prevenire tutto ciò, l’esercito è intervenuto nel gennaio 1992. Il Parlamento é stato sciolto ed il Presidente Chadli é stato sostituito da cinque-membri dell’Haut Conseil d'Etat (HCE) presieduto da Mohammed Boudiaf, uno dei fondatori dell’FLN. La seconda tornata elettorale é stata annullata ed il FIS bandito. I leaders del FIS Abbas Madani e Ali Benhadj sono stati arrestati, processati e condannati a dodici anni di carcere. Gli altri esponenti del FIS sono fuggiti all’estero. In più, é stato proclamato lo stato di emergenza che, ad oggi, è rimasto in forza. La dissoluzione del FIS e le misure conseguenti, come l’internamento dei militanti del FIS nei campi e la soppressione dei simpatizzanti, ha portato alla radicalizzazione ed alla frammentazione dell’opposizione islamica. Sono seguiti sei anni di violenza con terrorismo, attacchi sanguinari – comparabili ad una guerra civile – nella quale oltre 150,000 persone sono morte. Sei mesi dopo aver assunto l’incarico, Boudiaf è stato ucciso in un attacco. Al suo posto di presidente dell’HCE é succeduto il componente dell’ala estremista Ali Kafi dell’FLN. Allo spirare del mandato dell’HCE nel gennaio 1994, l’ex generale Liamine Zéroual é stato nominato Capo di Stato. Nel 1997 si sono tenute nuovamente elezioni parlamentari, per la prima volta dal 1991. A causa del disaccordo tra i più alti gradi dell’esercito, Zéroual ha annunciato nel 1998 che si sarebbe fatto da parte e che le elezioni presidenziali si sarebbero tenute l’anno seguente. Tali elezioni si sono tenute il 15 aprile 1999. Dopo che tutti gli altri candidati si sono ritirati il giorno prima delle elezioni, il solo candidato che restava, Adbelaziz Bouteflika, ha vinto le elezioni ed è divenuto il nuovo Presidente dell’Algeria, incarico che ricopre ancora oggi. Un tentativo di porre fine alle ostilità era contenuto nel piano per la riconciliazione nazionale, proposto dal Presidente Bouteflika nel giugno 1999, il cosiddetto Concorde Civil. Il Concorde Civile é stato approvato da una schiacciante maggioranza della popolazione ed ha permesso ai militanti dei gruppi islamici, che non erano stati coinvolti negli attacchi sanguinari, fino al 13 gennaio 2000 di presentarsi alle autorità per divenire in tal modo idonei per una amnistia. Le persone responsabili di omicidi sono state escluse dall’amnistia. L’Armée Islamique du Salut (AIS), meglio conosciuta come il braccio armato del FIS, è stata il solo considerevole gruppo che ha interamente risposto alla chiamata del Concorde Civile. I due altri principali gruppi armati, i Groupes Islamiques Armés (GIA) ed il Groupe Salafiste pour la Prédication et le Combat (GSPC) hanno precisato che avrebbero continuato la lotta. Tuttavia, un considerevole numero di individui ha approfittato della possibilità di far ritorno nella GIA o GSPC e tornare ad una vita normale. Alla vigilia dello spirare della scadenza del Concorde Civile, é stato emanato un decreto presidenziale il 10 gennaio 2001 che – contrariamente allo spirito del Concorde Civile – ha disposto il rilascio di molte migliaia di militanti islamici che erano già stati condannati ed ai quali era stata notificata la loro sentenza. Tra loro ve ne erano molti che erano stati responsabili di massacri. Il 30 maggio 2002, si tennero delle elezioni parlamentari. ... [a causa del boicottaggio di due partiti con un ampio elettorato in Kabylia] ... la tornata dei votanti nazionali del 47% ... Il FLN ha vinto le elezioni con 199 seggi. Il 10 ottobre 2002, si sono tenute delle elezioni locali. Ancora una volta (alcuni) partiti politici in Kabylia 26 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE hanno dichiarato il boicottaggio. L’FLN é tornato ad essere il più grande partito, sia a livello locale che provinciale. Il 2003 é stato, politicamente, maggiormente caratterizzato dalla preparazione alle elezioni presidenziali dell’aprile 2004. In un congresso straordinario del partito FLN... Ali Benflis – fino al maggio 2003 Primo Ministro di Algeria e spaventoso rivale di Bouteflika – è stato proclamato candidato ufficiale di tale partito. Alla fine, Bouteflika é stato eletto per un secondo mandato presidenziale l’8 aprile 2004. ... Molti enti sono responsabili della sicurezza e dell’ordine pubblico in Algeria. ... l’esercito, l’Armée Populaire Nationale (APN), che é dispiegata inter alia per la lotta al terrorismo, è composta da 127,500 uomini di cui 75,000 sono arruolati. La Direction Génerale de la Sûreté Nationale (DGSN) é la forza di polizia nazionale. La Sûreté Nationale (police) è sotto il controllo del Ministero dell’interno e comprende circa 110,000 uomini. A livello provinciale, il governo provinciale é responsabile per la polizia. ... [a parte l’investigazione dei reati e il mantenimento dell’ordine pubblico] anche la polizia è impiegata per la lotta contro il terrorismo. Il DGSN comprende anche la polizia d’ordine, conosciuta come Compagnies Nationales de Sécurité (CNS) e la Police Judiciaire (PJ) che si occupa delle indagini preliminari giudiziarie in casi di reati. La Gendarmerie Nationale conta 60,000 uomini e risponde al Ministero della difesa. La gendarmerie é responsabile per i compiti di polizia nelle aree rurali. La gendarmerie é anche impiegata nella lotta contro il terrorismo. ... Le unità speciali anti-terrorismo (Groupes d'Intervention Spéciaux; GIS) sono composte da [un totale di] circa 20,000 persone selezionate specificamente dalla polizia e dalla gendarmeria. I membri di tali unità operano in maniera relativamente autonoma .... Le più importanti agenzie di intelligence sono la Sécurité Militaire (SM) e la Direction du Renseignement et de la Sécurité (DRS). La seconda è responsabile per il mantenimento della sicurezza interna e per il controspionaggio. Poco più si conosce di tali due agenzie. ... Da quando il FIS é stato bandito nel 1992, la situazione della sicurezza in Algeria é stata caratterizzata da attacchi ripetitivi regolari e da massacri, spesso accompagnati dalla forza bruta. I vari gruppi armati islamici sono per la maggior parte responsabili di tali violenze. Parte della violenza può anche essere ascritta al banditismo ordinario i cui esecutori (spesso in virtù di ideali islamici) cercano di arricchirsi con la forza delle armi. ... Dalla fine degli anni novanta sono state sollevate accuse contro la polizia e l’esercito, che sono in carica per combattere la violenza islamica, con l’effetto che essi sono responsabili di una parte delle atrocità o in alcuni casi hanno fatto si che accadessero facendo finta di niente. ... Dal 1999, la situazione della sicurezza é notevolmente migliorata in confronto alla precedente decade. Da tale anno, la violenza é divenuta significativamente meno intensa che negli anni novanta. Nel 2000, 2001 e 2002, il numero degli incidenti violenti é stato comparabile a quello del 1999, l’anno con il minor numero di vittime dall’inizio della battaglia. Durante tale periodo, é stato rilevato un ulteriore decrescere del numero delle vittime della violenza letale. Nel 2004, il numero settimanale delle persone uccise era di 12. Nel 2003, tale numero era ancora di 25 e 35 nel 2002. Nel 1997, quando la situazione é stata al suo peggiore stato, tale numero è arrivato a 220 morti per settimana. Durante il periodo del rapporto, anche la percentuale di civili tra le vittime ha avuto un decremento. Sempre più spesso, sono stati ufficiali delle agenzie per l’esecuzione della legge e dell’esercito vittime delle violenze. ... 27 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE Nella situazione della sicurezza dell’ Algeria gioca un ruolo un numero di gruppi armati islamici – sebbene relativamente piccolo –. Il ruolo giocato dall’AIS e dalla Ligue Islamique de la Dawaa et du Djihad (LIDD) è terminato da quando entrambi i gruppi sono stati sciolti nel 2000. Nel periodo del rapporto, azioni di successo dei servizi di sicurezza hanno fatto si che le cellule terroristiche fossero eliminate, ed i gruppi terroristici si sono in tal modo indeboliti. Un resoconto riassuntivo dei gruppi islamici ancora esistenti é esposto più sotto. Il GIA, fondato nel 1992, é un insieme di gruppi armati, che combatte per stabilire un ideale stato islamico. Il GIA appartiene al cosiddetto takfirists, che significa che essi reclamano il diritto di scomunicare ed uccidere ogni musulmano che, conformemente ai loro standard, non rispetta la dottrina islamica. Nel luglio 2004, il GIA ha annunciato che il leader 'Abou Tourab' sarebbe stato rimpiazzato da Nouredine Boudiafi. Tuttavia, Boudiafi é stato ucciso nel dicembre 2004 dalle truppe di sicurezza algerine a Chlef. Non é stato ancora nominato un successore. L’organizzazione si compone di soltanto 6070 membri attivi, e per tale motivo si può ritenere che il GIA sia la più indebolita organizzazione terroristica in Algeria. Il GSPC é nato dal GIA dopo un allontanamento iniziato nel 1995 e che ha portato alla costituzione ufficiale del GSPC il 14 settembre 1998. Il GSPC ha sostenuto che il GIA ha ecceduto nel considerare strategicamente ed indiscriminatamente tutti quanti come un bersaglio. Come il GIA, il GSPC é più un insieme di milizie locali che una organizzazione con una chiara struttura. Dall’inizio del 2005, si è avuta una spaccatura all’interno del GSPC. Qualche desiderio di gettare le armi – nella prospettiva dell’accordo di amnistia – ha portato alcuni verso una vita normale, mentre altri desideravano continuare la lotta e concludere accordi con altri (frammentati) gruppi terroristici. Il numero complessivo di combattenti é ufficialmente riconosciuto di 400. Altre fonti parlano di 1,100 terroristi attivi. É un dato di fatto che, dall’assassinio del leader Hassan Hatab avvenuto nel 2004 e dall’estradizione in Libia nell’ottobre 2004 del capo delle forze 'le Para', il GSPC é dilaniato da problemi interni di leadership che non aiutano l’organizzazione ed hanno indebolito in maniera considerevole i suoi obiettivi (uno Stato islamico algerino). Tuttavia, il GSPC continua a costituire una minaccia, godendo di una forte presenza nelle aree interne di montagna di Kabylia ed una rete di gruppi di supporto in Europa. Il GSPC é incluso nella lista delle organizzazioni terroristiche degli Stati Uniti. Le autorità algerine ed alcuni osservatori sostengono legami tra il GSPC ed Al Qaeda. Ad oggi, non sono state rilevate prove concrete in merito. ... La Costituzione garantisce la libertà di movimento in Algeria, per lasciare il Paese e per emigrare. ... I controlli negli aeroporti e nei porti oltre che ai confini ufficiali sono stretti. Al confine, all’ingresso ed all’uscita dall’Algeria, le persone devono riempire un questionario relativamente ai dati personali ed alla destinazione di viaggio. Sui viaggi aerei verso l’Algeria sono già distribuiti questionari. Cittadini uomini idonei al servizio militare sono inoltre richiesti di mostrare un documento indicante che hanno ottenuto una sospensione del loro servizio o che lo hanno già completato. L’abbandono illegale del Paese non è perseguibile penalmente secondo la legge algerina. ... Anche il soggiorno illegale presso un altro Paese non é penalmente perseguibile secondo la legge algerina. Le persone che fanno ritorno in Algeria dopo aver lasciato illegalmente il Paese sono, tuttavia, interrogate al confine dalla polizia in merito al motivo della loro partenza illegale e del loro soggiorno illegale all’estero. In generale, l’interrogatorio richiede alcune ore. Non sono conosciuti casi di torture o maltrattamenti inflitti durante tali interrogatori. ... 28 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE Lo stato di emergenza proclamato nel 1992 è ancora in vigore. Sul fondamento di tale stato di emergenza, il Ministero dell’interno ed i governatori provinciali subordinati al Ministro hanno poteri di vasta portata. Essi possono detenere chiunque minacci la sicurezza e l’ordine pubblico. Negli anni novanta, quando le attività degli islamici armati e dei combattenti hanno raggiunto il massimo dell’intensità, vi sono stati arresti arbitrari senza indagini preliminari. Dal 1999, si sono avuti raramente arresti arbitrari e tali arresti sono avvenuti esclusivamente nell’ambito delle investigazioni penali. ... Per legge, nessun detenuto ha il diritto di contattare immediatamente la famiglia o gli amici. La durata massima della detenzione in carcere dall’arresto sino alla prima apparizione dinanzi al giudice e l’incontro con un avvocato è di 48 ore [articolo 51 del codice di procedura penale algerino, come modificato il 26 giugno 2001]. ... In caso di sospetto di terrorismo o attività sovversive la durata della detenzione in carcere può, su autorizzazione scritta del pubblico ministero, essere prolungata sino ad un massimo di dodici giorni. In virtù [dell’articolo 51 del codice di procedura penale], possono essere introdotti procedimenti penali contro gli ufficiali responsabili per il mancato rispetto di tale termine. Ad oggi, non si conoscono casi di introduzione di procedimenti penali. Le autorità spesso riconoscono una detenzione solo una volta che la persona coinvolta sia comparsa dinanzi ad un giudice o sia stata rilasciata; fino a quel tempo i parenti restano all’oscuro del luogo in cui si ritrovano le persone cui si fa riferimento. Conformemente alla Costituzione, i sospettati possono essere mantenuti in isolamento per più di 48 ore. Durante il periodo di tale rapporto, le agenzie di sicurezza hanno nella maggior parte dei casi rispettato il limite delle 48 ore. Conformemente ad Amnesty International [Rapporto del 2004; Algeria], si verificano ancora detenzioni segrete non riconosciute dalle autorità. ... In virtù della Costituzione sono proibiti i maltrattamenti e la tortura da parte degli ufficiali dell’esercito, ma ancora si verificano, sebbene non sistematicamente e sicuramente non con la stessa intensità degli anni novanta. Il rischio di torture e maltrattamenti esiste in particolare per le persone che sono sospettate di partecipare o di supportare i gruppi armati islamici. Talvolta gli arresti si verificano in maniera così violenta che possono essere considerati come maltrattamenti nei confronti della persona sospettata. La maggior parte dei casi di tortura e maltrattamenti conosciuti si é verificata durante la detenzione in carcere. Coloro che sono sospettati possono incontrare un avvocato solo nel momento in cui vengono condotti dinanzi ad un giudice e non durante il precedente periodo di detenzione. Il metodo di tortura e maltrattamenti più utilizzato consiste nel mettere intorno alla bocca un panno inzuppato di acqua del terreno o di sostanze chimiche, in modo da causare soffocamento. La ragione dell’utilizzo di tale metodo é che non lascia tracce fisiche. Anche altri metodi come colpi e scariche elettriche sono stati utilizzati regolarmente durante il periodo del rapporto. Negli anni recenti, i diritti umani hanno formato parte integrante dell’addestramento degli ufficiali di polizia e della gendarmerie. Nella maggior parte dei casi, tale addestramento avviene in cooperazione con le forze di polizia straniere – in particolare francesi –. Alcuni di tali addestramenti si sono avuti anche durante il periodo del rapporto. Conformemente a quanto sostenuto dagli osservatori stranieri, un giusto addestramento degli ufficiali di polizia, che includeva una buona conoscenza dei diritti umani, è correntemente somministrato con la massima priorità 29 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE da parte dei capi della polizia algerina. I centri di detenzione dove i sospettati erano trattenuti in carcere erano anche ispezionati di tempo in tempo dai pubblici ministeri. Nell’ottobre 2004 sono state approvate varie modifiche al codice penale algerino da parte del presidente. Uno dei mutamenti più importanti è la previsione della tortura come reato. La polizia o gli ufficiali di sicurezza che commettono la tortura sono puniti con la pena massima di detenzione di tre anni. Tuttavia, durante il periodo del rapporto non sono pervenuti casi di procedimenti penali. ... Si può essere penalmente perseguiti se si fornisce supporto o si partecipa a gruppi armati islamici quali il GIA ed il GSPC. Tuttavia, in pratica il Concorde Civile e l’amnistia proclamata nel 1999 sono ancora in forza. Ciò comporta che le persone legate in qualsiasi maniera ai gruppi armati possono contare su una piena amnistia e riabilitazione nella società civile se si presentano alle autorità e consegnano le loro armi. Durante il periodo del rapporto il presidente ha inoltre più volte dichiarato che la porta restava aperta per i terroristi che si consegnavano. Nel suo discorso del 1mo novembre 2004, ha dichiarato che egli era in favore di un prolungamento ufficiale dell’accordo di amnistia. All’inizio del 2005, Bouteflika ha proposto di promulgare una legge di amnistia generale per la conciliazione nazionale nell’estate del 2005. Ciò porterebbe sia i combattenti islamici che i membri delle agenzie di sicurezza a cogliere l’opportunità di iniziare di nuovo una vita normale senza correre il rischio di essere ricercati in futuro. Sebbene molti considerino l’accordo di amnistia come la soluzione ideale per girare la pagina oscura della sanguinaria storia dell’Algeria, la proposta ha anche ricevuto critiche da organizzazioni attivamente legate alle migliaia di persone scomparse. Le organizzazioni internazionali dei diritti umani come Amnesty International, Human Rights Watch e la International Commission of Jurists hanno anche avvisato che una tale amnistia priva le persone ed i loro parenti del diritto alla verità, alla giustizia ed al risarcimento. ... Non è in ogni caso possibile per i 'pentiti' all’estero rivolgersi alle autorità algerine nel Paese in cui sono residenti al fine di ottenere l’amnistia. ... Per quanto sia risaputo, le persone che hanno presentato richiesta di asilo all’estero e che, dopo che l’asilo é stato negato, fanno ritorno in Algeria, non sono semplicemente arrestate per il fatto che hanno richiesto asilo all’estero. Gli arresti a causa delle attività politiche all’estero avvengono solo quando si tratta di chiare attività dirette contro lo Stato algerino. ... Tuttavia, il fornire il supporto logistico all’estero alle organizzazioni vietate in Algeria, se ciò viene a conoscenza delle autorità algerine, porta alla perseguibilità penale. Lo scopo del summenzionato accordo di amnistia, in pratica ancora in vigore, non porta (in ogni caso) fino a permettere ai 'pentiti', che sono stati coinvolti nelle azioni armate islamiche o nel loro supporto e che risiedono all’estero, di fare richiesta alle autorità algerine [nel loro paese di residenza] di amnistia e di conseguenza del permesso di ritornare in Algeria. Non si é conoscenza se persone in passato si sono rivolte alle rappresentanze algerine all’estero a tale scopo. I cittadini algerini che fanno ritorno in Algeria dopo essergli stato negato asilo in un altro Paese sono spesso interrogati all’ingresso in Algeria al fine di accertare la loro identità e di verificare se vi sono procedimenti penali in corso contro di loro o richieste di prestare servizio militare. Può accadere che le persone possano essere trattenute per più giorni. Per quanto se ne sappia, negli anni recenti non sono 30 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE conosciuti casi da parte degli Stati europei di ex richiedenti asilo maltrattati o torturati al loro ritorno in Algeria ...” C. Materiale internazionale rilevante 1. Materiale del Consiglio d’Europa sul terrorismo 83. Il Consiglio d’Europa ha dato vita a tre trattati internazionali relativi alla lotta contro il terrorismo, vale a dire: - la Convenzione europea sulla soppressione del terrorismo del 27 gennaio 1977 (ETS 90), entrata in vigore il 4 agosto 1978 e conclusa per facilitare l’estradizione di persone che hanno commesso atti di terrorismo, ed il Protocollo del 15 maggio 2003 che ha modificato tale Convenzione (ETS 190) che non è ancora entrato in vigore; - la Convenzione europea sulla prevenzione del terrorismo del 16 maggio 2005 (ETS 196), che non é ancora entrata in vigore e che porta a migliorare l’effettività dell’esistenza di testi internazionali sulla lotta contro il terrorismo ed a rafforzare gli sforzi degli Stati per la prevenzione del terrorismo; e - la Convenzione europea sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi del crimine e sul finanziamento del terrorismo del 16 maggio 2005 (ETS 198), entrata in vigore il 1mo maggio 2008 e progettata per l’aggiornamento e la durata della Convenzione europea sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi del crimine dell’8 novembre 1990 (ETS 141) tenendo in considerazione il fatto che il terrorismo può essere finanziato non solo attraverso il denaro riciclato di attività criminali, ma anche per mezzo di attività legittime. Tale Convenzione del 16 maggio 2005 è entrata in vigore il 1mo maggio 2008. 84. L’articolo 4 § 2 del protocollo che modifica la Convenzione europea sulla soppressione del terrorismo dispone: “All’articolo 5 della Convenzione si aggiungono i seguenti paragrafi: '2 Nessuna disposizione di tale Convenzione deve essere interpretata nel senso di imporre allo Stato richiesto un obbligo di estradare se la persona oggetto della richiesta di estradizione rischia di essere sottoposta alla tortura; ...'” 85. L’articolo 21 § 2 della Convenzione europea sulla prevenzione del terrorismo dispone: “Nessuna disposizione di tale Convenzione deve essere interpretata nel senso di imporre un obbligo di estradare se una persona che è oggetto della richiesta di estradizione rischia di essere sottoposta alla tortura o trattamento o pena degradante.” 86. Inoltre, l’11 luglio 2002 il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha adottato un insieme di linee-guida sui diritti umani e la lotta contro il terrorismo. Tali linee-guida si compongono di diciassette principi – che derivano da vari testi legali e politici internazionali e dalla 31 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE giurisprudenza della Corte – specificando le limitazioni che gli Stati devono rispettare nei loro sforzi per combattere il terrorismo. 87. Il Capo IV delle linee-guida, rubricato “proibizione assoluta della tortura”, dispone: “L’uso della tortura o di trattamenti o punizioni inumani o degradanti é assolutamente proibito, in ogni circostanza, ed in particolare durante l’arresto, l’interrogatorio e la detenzione di una persona sospettata di o condannata per attività terroristiche, senza riguardo della natura degli atti di cui la persona è sospettata o è stata condannata.” 88. Il Capo XII § 2 delle linee-guida dispone: “Lo Stato che ha ricevuto una richiesta di asilo ha l’obbligo di assicurare che il possibile allontanamento (“refoulement”) del ricorrente verso il suo Stato di origine o un altro Stato non lo esponga alla pena di morte, alla tortura o a pene o trattamenti inumani o degradanti. Lo stesso vale per l’espulsione.” 2. Statuto algerino per la pace e la riconciliazione nazionale 89. In un referendum tenuto il 29 settembre 2005, un’ampia maggioranza della popolazione dell’Algeria ha approvato lo Statuto algerino per la pace e la riconciliazione nazionale (Charte pour la Paix et la Réconciliation Nationale) proposta dal Governo algerino. Secondo le disposizioni di tale Statuto, il cui testo é stato pubblicato il 15 agosto 2005 nella pubblicazione 55 della Gazzetta ufficiale (Journal Officiel) di Algeria, i procedimenti giudiziari saranno estinti contro le persone: che si sono consegnate alle autorità algerine dopo il 13 gennaio 2000, termine ultimo per statuto agli effetti del “Concordato Civile”; che hanno finalmente posto fine alle attività armate ed hanno consegnato le armi in loro possesso alle autorità, ad eccezione di quelle coinvolte in stragi, stupri e bombardamenti di luoghi pubblici; che sono ricercate in Algeria o all’estero e che hanno deciso di consegnarsi spontaneamente alle competenti autorità algerine, ad eccezione di quelle coinvolte in stragi, stupri e bombardamenti di luoghi pubblici; che sono coinvolte nel supporto alle reti del terrorismo e che hanno deciso di rivelare le loro attività alle competenti autorità algerine; o che sono state condannate in absentia, ad eccezione di quelle coinvolte in stragi, stupri e bombardamenti di luoghi pubblici. 90. Lo Statuto dispone inoltre il perdono per le persone già condannate ed imprigionate per il supporto al terrorismo; e per le persone già condannate ed imprigionate per atti di violenza ad eccezione di quelle coinvolte in stragi, stupri e bombardamenti di luoghi pubblici. Esso prevede inoltre una commutazione e remissione della pena per tutte le altre persone con sentenza passata in giudicato o persone ricercate nei confronti delle quali l’estinzione dei procedimenti o i perdoni succitati non si applicano. 32 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE 91. Il 27 febbraio 2006, il gabinetto dei Ministri dell’Algeria sotto la presidenza del presidente Bouteflika ha approvato l’ordinanza n. 06-01 sulla implementazione dello Statuto per la pace e la riconciliazione nazionale. Tale ordinanza contiene disposizioni sostanziali e procedurali. Nello stesso giorno, sono stati emanati i decreti presidenziali nn. 06-93, 06-94 e 06-95, che contengono inoltre, disposizioni più dettagliate. L’ordinanza ed i decreti presidenziali sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale algerina del 28 febbraio 2006. 3. Rapporti di valutazione di Stati sull’Algeria 92. Il rapporto sulle informazione dello Stato di origine, l’“Algeria”, pubblicato il 2 novembre 2007 dal Ministro dell’interno del Regno Unito, afferma che – conformemente ad una lettera aperta inviata il 23 giugno 2005 al Primo ministro del Regno Unito dall’Human Rights Watch – in Algeria, Marocco, Giordania, e Tunisia, le persone sospettate di attività terroristica o etichettate come tali sono un particolare bersaglio di trattamenti abusivi, inclusa la tortura. Le ricerche condotte da Human Rights Watch e Amnesty International, e le dettagliate valutazioni del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, dimostrano il vero rischio reale di inviare persone etichettate come sospettati di terrorismo verso tali Stati. 93. Nel rapporto temporaneo di Amnesty International del 25 maggio 2005 su una missione di inchiesta in Algeria dal 5 al 6 maggio 2005, si afferma che inter alia: “A dispetto della recente inclusione della tortura come reato penale nel codice penale e la riduzione delle imputazioni per tortura e maltrattamenti della polizia e della gendarmerie, l’organizzazione ha ricevuto un numero significativo di denunce per abusi da parte di ufficiali del Département du Renseignement et de la Sécurité (DRS), Dipartimento di Informazione e Sicurezza. Tali denunce includono la detenzione degli accusati in luoghi dei quali è per loro impossibile conoscere la posizione, e torture, includendo bastonate e tortura conosciuta come chiffon. La delegazione ha interrogato le autorità sul fatto che non si poteva rilevare menzione di tali abusi nei rapporti medici stilati dai medici responsabili dell’esame dei detenuti in tali centri. Se tali denunce saranno confermate, tali violazioni degli obblighi costituirebbero gravi violazioni della deontologia professionale. ... In aggiunta, l’uso della tortura per ottenere confessioni costituisce una manifesta violazione degli strumenti internazionali ai quali l’Algeria è parte, come la Convenzione contro la tortura. In maniera simile, i giudici hanno il dovere di avviare indagini di fronte ad ogni denuncia di tortura che giunge alla loro attenzione. Tuttavia, per quanto la delegazione dell’organizzazione possa affermare, nessun inchiesta risulta essere stata fatta a tal riguardo sulle attività degli ufficiali del DRS.” 94. Nel rapporto di Stato sulle attività dei diritti umani del 2007 (Algeria), pubblicato l’11 marzo 2008 dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti si legge inter alia: “La maggior parte degli attacchi terroristici durante l’anno sono stati attribuiti al Salafist Group for Preaching and Combat (GSPC), che si è alleato ad Al-Qa'ida nel 33 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE settembre 2006 ed ha mutato il suo nome nel gennaio in Al-Qa'ida in Islamic Maghreb (AQIM). .... Gli articoli 34 e 35 della Costituzione e gli articoli 263 e 263 bis-1 del codice penale proibiscono la tortura e gli altri trattamenti o pene, inumani o degradanti; tuttavia, NGO e attivisti locali dei diritti umani hanno riferito che gli ufficiali del Governo hanno impiegato tali pratiche e che i membri del servizio di intelligence dell’esercito del Dipartimento di informazione e sicurezza (DRS) ha frequentemente fatto uso di tortura al fine di estorcere confessioni. Il codice penale punisce la tortura; gli agenti del Governo possono incorrere in pene che vanno dai 10 ai 20 anni, sulla base delle modifiche alla legge del dicembre 2006. Tuttavia, l’impunità è rimasta un problema. Gli avvocati dei diritti umani hanno sostenuto che la tortura ha continuato ad essere praticata nelle strutture di detenzione DRS, più spesso su quelli arrestati per 'motivi di sicurezza.' Il rapporto di Amnesty International del 2007 ha affermato che i detenuti sono stati 'battuti, torturati con scosse elettriche, appesi al soffitto, e costretti a deglutire grandi quantità di acque sporche, urine, o chimiche ... I rapporti sulle torture ed i maltrattamenti non sono venuti a conoscenza di investigazioni.' Nel luglio 2006 Amnesty International (AI) ha pubblicato un rapporto sulla tortura della polizia militare segreta, che ha concluso che le forze di sicurezza hanno continuato a beneficiare dell’impunità. Nel corso dell’anno il Governo ha permesso al Comitato internazionale della Croce Rossa (ICRC), all’UNDP, ed alla Red Crescent Society di visitare prigioni regolari e non militari. Le visite dell’ICRC sono avvenute conformemente alle modalità standard. Il Governo ha negato le visite agli osservatori indipendenti dei diritti umani nelle prigioni militari e di massima sicurezza e nei centri di detenzione. In agosto una delegazione britannica insieme ad esperti della Commissione Europea hanno visitato le prigioni a seguito del ministro della giustizia e dell’amministrazione penitenziaria. Conformemente ai rapporti di stampa, un esperto britannico che ha visitato due prigioni ha affermato che le prigioni non rispettano gli standard internazionali per le cure mediche e le attività ricreative.” 4. Sentenza del 30 luglio 2007 della Corte di Appello di Inghilterra e Galles nel caso MT ed altri c. il Segretariato di Stato del Dipartimento dell’interno [2007] EWCA Civ 808 95. In tali procedimenti del Regno Unito tre cittadini algerini – indicati come MT, RB e U – hanno appellato una decisione del Segretariato di Stato che li espelleva verso l’Algeria per il fatto che le loro espulsioni avvenivano per il bene pubblico poiché essi costituivano un pericolo per la sicurezza nazionale. La Commissione speciale di appello sull’immigrazione (“SIAC”; per ulteriori dettagli vedi Jasper c. Regno Unito [GC], n. 27052/95, §§ 35-38, 16 febbraio 2000) ha rigettato gli appelli ed ha concluso che non vi erano sostanziali motivi per credere che gli appellanti avrebbero corso un rischio reale di essere sottoposti a tortura o a trattamenti o pene inumani o degradanti contrari all’articolo 3 della Convenzione se avessero fatto ritorno in Algeria. I ricorrenti hanno impugnato tale decisione dinanzi alla Corte d’Appello. 34 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE 96. Nella sua sentenza del 30 luglio 2007, la Corte di Appello ha ammesso i ricorsi e rimesso il caso alla SIAC. Nelle sue conclusioni si legge quanto segue (riferimenti omessi): “ii) [MT] non é ricorso contro la conclusione del SIAC secondo la quale egli è un pericolo per la sicurezza nazionale. Il suo ricorso era diretto contro la conclusione che non vi era un rischio reale di essere sottoposto a maltrattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione se fosse ritornato in Algeria. La conclusione del SIAC é stata che [MT] avrebbe avuto diritto di far riferimento all’articolo 9 dell’ordinanza [n. 06-01]. Ai nostri occhi, il processo che ha portato la SIAC a tale conclusione non è stato equo nei suoi confronti. La corretta procedura é rimettere il caso [MT's] alla SIAC al fine di considerare il caso alternativo del Segretariato di Stato per il quale sarebbe stato sicuro rinviarlo in Algeria. La SIAC non ha fornito ulteriori considerazioni sulla questione nel caso MT. ... iv) Come RB, noi abbiamo respinto il suo ricorso contro la decisione del SIAC secondo cui egli é un pericolo per la sicurezza nazionale in un procedimento chiuso oggi, sebbene avessimo rimesso il caso alla SIAC per motivi di forma. Dal momento che nel suo caso la SIAC ha errato in diritto concludendo che non vi erano motivi sostanziali per concludere che, se tornava in Algeria, egli avrebbe corso un rischio reale di trattamenti contrari all’articolo 3 o 6 della Convenzione, noi abbiamo concluso, sulla base del materiale a disposizione, che la SIAC non ha commesso un tale errore di diritto. Tuttavia, per le ragioni esposte nel procedimento concluso, e nell’insieme del caso, siamo convinti che il caso deve essere rimesso alla SIAC per ulteriori considerazioni. v) Nel caso U, egli non ha contestato la decisione del Segretariato di Stato secondo cui costituiva una minaccia alla sicurezza nazionale. La conclusione dinanzi al SIAC era se vi erano motivi sostanziali per concludere che, se avesse fatto ritorno in Algeria, egli avrebbe corso un rischio reale di trattamenti contrari agli articoli 3, 5 o 6 della Convenzione. Il SIAC ha ritenuto che non ve ne erano. U ha contestato tale decisione. Riteniamo che, nei limiti di quanto provato, nell’insieme la decisione del SIAC sia giustificata (sui fatti rilevati), in particolare per il fatto che, espellendo U, il Regno Unito non avrebbe violato gli obblighi della Convenzione. Tuttavia, avendo anche considerato le prove e gli argomenti a noi rivolti dagli avvocati speciali, non possiamo esprimere lo stesso grado di fiducia. Ci sono state fornite prove concrete capaci di indebolire nell’insieme la decisione del SIAC. Non riteniamo che tale prova di fatto indebolisca tale decisione, ma soltanto che è idonea a farlo. Non riteniamo che il SIAC si sia adeguatamente occupato, nel suo giudizio a porte chiuse, di alcuni punti rilevanti sollevati dagli avvocati speciali. Il SIAC non ha adeguatamente dimostrato perché ha concluso che tale prova non indebolisce la conclusione cui è giunta nel suo procedimento a porte aperte. Di conseguenza, ammettiamo il ricorso di U e rimettiamo il suo caso alla SIAC affinché riconsideri le prove non ammesse e l’effetto, se vene è alcuno, che ha sulla decisione del procedimento. Ne consegue che ciascuno di tali casi deve essere rimesso alla SIAC per ulteriori considerazioni. Ciò solleva la questione di come tale considerazione deve essere effettuata. Esso é di sicuro oggetto del SIAC ma desideriamo chiarire che non stiamo rimettendo ogni caso alla stessa costituzione del SIAC che li ha già sentiti prima. Per intuibili motivi ogni costituzione é stata differente. Tuttavia, ciascuno di tali casi solleva questioni collegate alle rassicurazioni date dal Governo algerino al Governo del Regno Unito Governo riguardo alle persone tornate in Algeria. In tali circostanze, ci sembra desiderabile, se possibile, che i casi siano esaminati tutti insieme (o uno dopo l’altro) dalla stessa costituzione.” 35 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE DOGLIANZE 97. Il ricorrente ha lamentato che, se fosse stato espulso verso l’Algeria, sarebbe stato esposto ad un rischio reale di trattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione. Secondo il ricorrente, le autorità algerine sono consapevoli della natura dei sospetti sollevati nei suoi confronti nei Paesi Bassi, anche vari rapporti sull’Algeria confermano che, in particolare, le persone sospettate di coinvolgimento nell’estremismo islamico rischiano maltrattamenti e/o tortura da parte delle autorità algerine. 98. Egli ha inoltre denunciato che in virtù dell’articolo 13 insieme all’articolo 3 della Convenzione – come effetto della sua mancata autorizzazione ad accedere al materiale su cui era fondato l’ordine di espulsione che gli è stato imposto – gli è stato negato il diritto ai procedimenti in contraddittorio e quindi non ha avuto a disposizione un ricorso effettivo nei confronti dell’ordine di espulsione. DIRITTO 99. Il ricorrente ha lamentato che il suo allontanamento verso l’Algeria lo esporrebbe ad un rischio reale di essere sottoposto ai trattamenti previsti all’articolo 3 della Convenzione. Egli ha inoltre denunciato in virtù dell’articolo 13 insieme all’articolo 3 della Convenzione che non ha goduto di un ricorso effettivo contro l’ordine di espulsione emesso nei suoi confronti. L’articolo 3 della Convenzione dispone: “Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti.” L’articolo 13 della Convenzione prevede: “Ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella presente Convenzione siano stati violati, ha diritto ad un ricorso effettivo davanti ad un’istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali.” A. Argomenti delle parti 1. Il Governo convenuto 100. Il Governo ha sostenuto che riconosce e non desidera contrastare la natura assoluta dell’articolo 3 della Convenzione, e che le autorità dei Paesi Bassi non esporrebbero mai nessuno intenzionalmente e deliberatamente a trattamenti contrari a tale disposizione sia all’interno che al di fuori della giurisdizione dei Paesi Bassi come in caso, per esempio, di estradizione o 36 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE espulsione, se la persona coinvolta dimostri in maniera persuasiva che vi siano fondati motivi di temere che sarebbe sottoposta a trattamenti contrari all’articolo 3. 101. Evidenziando che, in virtù della giurisprudenza della Corte, una semplice possibilità di maltrattamento non sarebbe di per sé sufficiente per dar vita ad una violazione dell’articolo 3 in caso di espulsione o di estradizione, il Governo ha sostenuto che spetta al ricorrente dimostrare in maniera convincente che vi sono fondati motivi per credere che, se fosse espulso verso l’Algeria, correrebbe un rischio reale e personale di essere sottoposto a trattamenti proibiti dall’articolo 3 e che non spetta al Governo dei Paesi Bassi fornire prove del fatto che il ricorrente non sarebbe esposto a tale rischio. 102. Il Governo ha sottolineato che il rischio sostenuto dal ricorrente di essere sottoposto a trattamenti contrari all’articolo 3 al suo ritorno in Algeria a causa del suo coinvolgimento nel cosiddetto processo di Rotterdam alla jihad è stato esaminato in maniera estesa nei procedimenti relativi alla sua terza richiesta di asilo. In tali procedimenti, il Ministro aveva considerato che – esaminati gli elementi del fascicolo del caso del ricorrente, che includeva i rapporti del BVD/AIVD nei quali era indicato come una minaccia alla sicurezza nazionale a causa del suo coinvolgimento in attività terroristiche – era necessario un esame rigoroso sul se il ricorrente aveva dimostrato in maniera convincente che vi erano fondati motivi per ritenere che avrebbe corso un rischio reale e personale di essere sottoposto ai trattamenti di cui all’articolo 3 in Algeria. Nella decisione finale presa in tali procedimenti il 6 luglio 2005 dalla Divisione giurisdizionale amministrativa, essa ha concluso che il ricorrente era venuto meno all’onere di dimostrare l’esistenza di tale rischio reale e personale. Si è ritenuto che egli non aveva fatto che semplici riferimenti ai sospetti nei suoi confronti ed al processo che ne è seguito nei Paesi Bassi e speculato sulle possibili conseguenze una volta fatto ritorno in Algeria. Dal momento che egli non aveva addotto nuovi fatti o circostanze direttamente collegate alla sua situazione personale che potevano portare a concludere che sarebbe stato sottoposto a trattamenti in violazione dell’articolo 3 se fosse espulso in Algeria, egli è così venuto meno all’onere di dimostrare in maniera convincente che questo era il suo caso. 103. Il Governo ha considerato che il rischio denunciato dal ricorrente era semplicemente speculativo, così come la questione del se le autorità algerine erano consapevoli dei sospetti sollevati nei suoi confronti nei Paesi Bassi e se, in conseguenza di tali sospetti, sarebbe stato sottoposto a trattamenti contrari all’articolo 3 in Algeria. Sempre considerando che il ricorrente era conosciuto dalle autorità algerine, non è stato offerto un solo fatto concreto da parte sua capace di fondare la sua denuncia che le autorità algerine lo consideravano come un sospettato. I problemi cui si é presuntivamente imbattuto in Algeria il coimputato Taher ed i sostenuti 37 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE interrogatori da parte delle autorità algerine di parenti di un altro coimputato Z. sono rimasti, ad oggi, completamente infondati, e la questione se il nome Mohammed Ramzy è stato reso pubblico durante il processo di Rotterdam è stata una semplice conseguenza del fatto che il ricorrente ha usato undici pseudonimi conosciuti in vari enti nazionali ed internazionali con i quali ha avuto a che fare. Poiché il ricorrente non ha sostenuto, né provato, nessun fatto o circostanza che lo riguardava personalmente che poteva portare alla conclusione che egli correva il rischio di essere sottoposto a trattamenti contrari all’articolo 3 se veniva espulso in Algeria, il Governo è stato dell’avviso che egli ha introdotto un caso del tutto infondato in merito alle sue minacce per poter essere accolto e giustificato. 104. Agli occhi del Governo, il semplice fatto che il ricorrente fosse coinvolto in procedimenti penali nei Paesi Bassi – nei quali é stato assolto – non ha fornito sufficienti motivi per ritenere che era visto con sospetto dalle autorità algerine dal momento che, alla luce delle informazioni del BVD/AIVD, i Paesi Bassi hanno un innegabile interesse nell’espellere il ricorrente, in particolare al fine di proteggere la società. In tale contesto, il Governo ha sottolineato il bisogno di aderire strettamente ai criteri stabiliti dalla Corte in base ai quali un ricorrente deve dare prova del fatto che egli personalmente ha fondato timore di essere sottoposto a trattamenti contrari all’articolo 3 nel Paese di origine. Aderire strettamente a tale onere probatorio era, secondo l’avviso del Governo, di massima importanza in casi come questo, dove gli interessi della sicurezza nazionale erano in gioco, così come quelli in cui vi è in gioco un obbligo positivo di uno Stato contraente in virtù dell’articolo 2 della Convenzione, vale a dire l’obbligo di prendere ogni azione preventiva per proteggere i suoi cittadini da situazioni che minacciano la loro vita, come sostenuto dalla Corte nel caso Osman c. Regno Unito, sentenza del 28 ottobre 1998 (Raccolta di sentenze e decisioni 1998-VIII, p. 3159, § 116). 105. Invocando “il dovere imperativo degli Stati di proteggere la loro popolazione da possibili atti terroristici” menzionato nel Preambolo alle linee guida sui diritti umani e la lotta al terrorismo adottate l’11 luglio 2002 dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ed una simile considerazione espressa nel Preambolo alle linee guida del Consiglio d’Europa sulla protezione delle vittime di atti terroristici – adottate dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 2 marzo 2005 – il Governo ha considerato che tale dottrina dell’obbligo positivo va completamente applicata nelle situazioni di minaccia alla vita sollevate dal terrorismo. 106. Il Governo inoltre ha ritenuto che, sebbene non escluda, per principio, l’utilizzo delle vie diplomatiche nei casi di espulsione in tutte le circostanze, non ha intenzione di dar vita a negoziati diplomatici con le autorità algerine per il ricorrente o ogni altro individuo in tale ambito. Agli occhi del Governo, tali negoziati dovrebbero preferibilmente essere preceduti dalla costituzione di una struttura legale ed istituzionale adatta. 38 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE Dal momento che l’argomento delle vie diplomatiche è stato di recente oggetto di un intenso dibattito nella comunità internazionale, il Governo ha ritenuto che la questione del se le vie diplomatiche fossero percorribili non è stato sufficientemente determinato. 107. In ogni caso, le autorità algerine non hanno mai mostrato, né formalmente né informalmente, interesse verso il ricorrente o fatto commenti su di lui di propria iniziativa o in risposta alle richieste di un suo lasciapassare. Alla luce del contenuto del rapporto dell’AIVD del 13 novembre 2006, il Governo ha sostenuto che ciò dimostra soltanto che ancora una volta il ricorrente non aveva ragioni di temere trattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione in Algeria. 108. Riguardo alla denuncia del ricorrente in virtù dell’articolo 13 insieme all’articolo 3 della Convenzione, il Governo ha sostenuto in primo luogo che, secondo il diritto interno, una Corte nazionale d’Appello potrebbe prendere in considerazione i documenti AIVD nella sua sentenza solo con il consenso dell’appellante. Poiché nel caso di specie il ricorrente ha prestato il suo consenso affinché le Corti d’Appello interne avessero accesso al materiale sui cui si fondava l’ordine di espulsione, egli aveva rinunciato al suo diritto in relazione ad ogni potenziale violazione della Convenzione che deriva dal fatto che egli stesso non ha avuto accesso a quei documenti alla base. 109. Il Governo inoltre ha sostenuto che il ricorrente, in merito alla sua denuncia che il suo allontanamento verso l’Algeria lo esporrebbe dinanzi ad un rischio di trattamenti in violazione dell’articolo 3 della Convenzione, ha avuto un ricorso effettivo del quale egli si è avvalso, vale a dire attraverso la richiesta di asilo, una procedura che aveva comportato un esame completo della questione. Inoltre, il ricorrente ed il suo avvocato non avevano avuto un accesso insufficiente all’intero fascicolo del caso in tali procedimenti. In più, nei diversi procedimenti sull’ordine di espulsione il ricorrente aveva avuto il diritto, che aveva di fatto esercitato, di far valere tale denuncia nei procedimenti giudiziari di riesame dinanzi ad un tribunale indipendente. 110. Agli occhi del Governo, la denuncia sollevata in virtù dell’articolo 13 collegato più direttamente ai diritti di difesa ed al diritto al contraddittorio, vale a dire, diritti garantiti dall’articolo 6 della Convenzione, che era, tuttavia, applicabile ai procedimenti sull’asilo o sugli ordini di espulsione. 111. Enfatizzando l’importanza della segretezza riguardo alle operazioni di intelligence alla base, il Governo era dell’opinione che la maniera statutaria dei procedimenti che si denunciano, vale a dire autorizzare – con il consenso dell’appellante – la rivelazione del materiale alla base del rapporto ufficiale dell’AIVD alle Corti interne di appello, senza che il materiale sia reso conoscibile dall’appellante, rispetta i requisiti dell’articolo 13 della Convenzione. 39 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE 2. Il ricorrente 112. Il ricorrente – sottolineando che era stato detenuto nei Paesi Bassi dal 15 luglio 2004 al 15 settembre 2005 – ha sostenuto che egli non aveva mai fatto ritorno in Algeria, come sostenuto dal Governo, e né vi sarebbe tornato ora. Secondo il ricorrente, l’informazione dell’AIVD contenuta nel suo rapporto ufficiale del 13 novembre 2006 che ha origine dal servizio di intelligence che utilizza metodi non trasparenti e fonti dubbiose, era completamente infondata e, in ogni caso, non era corretta. 113. Il ricorrente ha enfatizzato il fatto che il suo bisogno di protezione in virtù dell’articolo 3 della Convenzione derivi dal suo essere stato processato nei Paesi Bassi per i sospetti sul suo coinvolgimento nel terrorismo e nella partecipazione alla violenta jihad e sulle persistenti allegazioni dell’AIVD del suo impegno continuo a tale causa a dispetto del suo proscioglimento in tali procedimenti penali. Riguardo alla sua identità, il ricorrente ha sostenuto che non é controverso il fatto che i procedimenti penali sono stati condotti nei suoi confronti e che i rapporti del BVD/AIVD sono stati formati a nome di Mohammed Ramzy. Di conseguenza, le autorità algerine lo riceverebbero come la persona alla quale è stato affibbiato lo stigma di “sospetto terrorista legato al GSPC e Al Qaeda”. 114. Il ricorrente ha rifiutato l’opinione del Governo secondo cui non vi erano fondati motivi per credere che egli sarebbe stato esposto ad un rischio reale e personale di essere sottoposto a trattamenti in violazione dell’articolo 3 in Algeria. Conformemente al ricorrente, il Governo – diversamente dalla Corte regionale di Hague riunita ad Haarlem quando il 23 dicembre 2004 essa ha accolto il ricorso del ricorrente contro la decisione negativa del Ministro sulla sua terza richiesta di asilo – si era trattenuto dal far riferimento alla concretezza della prova, in particolare alla correlazione tra i vari elementi che non poteva condurre soltanto alla conclusione che le autorità algerine erano a conoscenza dei sospetti di terrorismo e jihad contro di lui e come risultato di ciò doveva ritenersi l’esistenza di un rischio reale di maltrattamenti alla luce delle informazioni disponibili sui trattamenti dei sospettati di terrorismo islamico in Algeria. 115. In tale contesto, il ricorrente ha sostenuto che, conformemente ai rapporti ufficiali interni di valutazione di uno Stato dei Paesi Bassi, coloro che hanno presentato una richiesta di asilo e sono stati allontanati verso l’Algeria sono stati sottoposti ad interrogatorio; che il processo di Rotterdam alla jihad aveva ricevuto una visibilità nazionale ed internazionale e che sia la nazionalità che il suo nome sono stati esplicitamente menzionati in due articoli associati di stampa del 28 ottobre 2002 sul processo di Rotterdam alla jihad; che tale processo era stata focalizzato inter alia in maniera specifica sulla sua sostenuta appartenenza al GSPC, un’organizzazione estremista terroristica algerina; che conformemente ai rapporti pubblicati dal Consiglio svizzero dei rifugiati e dall’AIVD, i servizi segreti stranieri – inclusi gli algerini – hanno 40 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE monitorato i richiedenti asilo ed i gruppi migrati dai loro Stati; che dal maggio 2005 era in vigore un accordo EU Euro-Mediterraneo con l’Algeria che prevedeva uno “scambio di informazioni sui gruppi terroristici e le reti di supporto in conformità al diritto nazionale ed internazionale”; che nelle sue decisioni del 23 dicembre 2004 la Corte regionale di Hague riunita ad Haarlem aveva rilevato che il ricorrente aveva sufficientemente dimostrato che i sospetti contro di lui di un coinvolgimento nel terrorismo erano o dovrebbero essere divenuti noti alle autorità algerine; e – riferendosi ai procedimenti sul suo ricorso del 17 maggio 2005 dinanzi alla Corte regionale di Hague riunita a Groningen – che una delegazione di alta rappresentanza nel Ministero degli affari esteri dei Paesi Bassi aveva discusso il caso del ricorrente con le autorità algerine con riferimento al suo allontanamento verso l’Algeria. 116. Il ricorrente sentiva che, data l’insistenza del Governo convenuto sulla minaccia che egli presuntivamente rappresentava per la sicurezza nazionale, era altamente improbabile che nei loro contatti con le autorità algerine, sia attraverso la suddetta delegazione di alto livello del Ministero degli affari e/o attraverso i contatti tra i servizi di sicurezza di entrambi i Paesi, le autorità dei Paesi Bassi non avessero comunicato tali informazioni alle autorità algerine. 117. Poiché le autorità algerine dovevano in tal modo essere considerate come consapevoli della natura dei sospetti sollevati nei suoi confronti nei Paesi Bassi e, di conseguenza, lo avrebbero visto come un sospettato di terrorismo legato al GSPC, il ricorrente ha sostenuto che era stato sufficientemente dimostrato che vi era un rischio reale di essere sottoposto a trattamenti contrari all’articolo 3 in Algeria. Il ricorrente inoltre ha sostenuto che l’accordo di amnistia recentemente concluso ai sensi dello Statuto algerino per la pace e la riconciliazione nazionale non aveva rilevanza nella valutazione di tale rischio nel suo caso, poiché il disegno di amnistia in virtù dello Statuto faceva riferimento ad una consegna volontaria alle autorità algerine da parte della persona che ammetteva di essere stata coinvolta (a loro supporto) nelle attività terroristiche islamiche. Ritenuto che egli ha negato le accuse poiché non aveva avuto nulla a che fare con il terrorismo (islamico), come aveva anche sempre sostenuto nei procedimenti penali nei suoi confronti nei Paesi Bassi, o che aveva commesso reati rispetto ai quali poteva essere riconosciuta l’amnistia, il ricorrente ha considerato che le autorità algerine lo riterrebbero un recalcitrante sospettato terrorista. 118. Pur riconoscendo che l’ampio materiale che fa riferimento a lui non lo aveva personalmente menzionato ma conteneva informazioni di più generale natura sui trattamenti in Algeria di persone che, come lui, sono state sospettate di coinvolgimento nel terrorismo islamico, il ricorrente ha ritenuto che non ci si poteva attendere di più da parte sua per la dimostrazione del fondamento del rischio denunciato e che non si poteva 41 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE dire che la valutazione delle sue denunce da parte delle autorità dei Paesi Bassi era stata condotta con il necessario rigoroso scrutinio. 119. Riguardo agli argomenti del Governo fondati su considerazioni di sicurezza nazionale, il ricorrente ha sostenuto che la sua terza richiesta di asilo non é stata rigettata per tale motivo, e che la minaccia che egli presuntivamente costituiva per la sicurezza nazionale ha formato oggetto di procedimenti interni ancora pendenti. 120. Egli ha inoltre sostenuto su tal punto che, ad oggi, non gli é stata concessa l’opportunità di difendersi contro le generali, astratte e vaghe accuse dell’AIVD che sono state fatte proprie dal Ministro per l’immigrazione e l’integrazione senza valutarne l’attendibilità, la veridicità e l’accuratezza, mentre ad egli stesso non era mai stato riconosciuto l’accesso al materiale fondante i rapporti dell’ AIVD. Di conseguenza, tali accuse nei suoi confronti sono state lasciate nella zona oscura della non verificabilità delle conclusioni del servizio di sicurezza nazionale. Era risultato chiaro dalla terza decisone che ha chiuso il processo sulla terza richiesta di asilo e dalla posizione adottata dal Governo nei presenti procedimenti dinanzi alla Corte che il Governo ha dato più peso al fattore della sicurezza nazionale che ad una adeguata valutazione del rischio cui sarebbe stato esposto se allontanato dall’Algeria. Facendo riferimento alle decisioni della Corte nei casi Chahal c. Regno Unito (sentenza del 15 novembre 1996, Rapporti 1996-V, p. 1855, §§ 79-80), e Ahmed c. Austria (sentenza del 17 dicembre 1996, Rapporti 1996-VI, pp. 2206-07, §§ 40-41), il ricorrente ha sostenuto che tale approccio ha contraddetto la natura assoluta della protezione in virtù dell’articolo 3 della Convenzione nei casi di espulsione ed il principio che le attività della persona coinvolta, anche se indesiderabili e pericolose, non potevano essere prese in considerazione. 121. Il ricorrente ha sostenuto che, nella valutazione della questione se l’espulsione di una persona la esporrebbe ad un rischio reale e personale di trattamenti contrari all’articolo 3, non vi era posto per il bilanciamento, da una parte, dell’interesse della persona coinvolta nel non essere esposta ad un tale rischio, dall’altra, dell’interesse di espellere del Governo – in quanto parte dei loro obblighi positivi in virtù dell’articolo 2 – per la protezione delle vite dei cittadini; un tale approccio scalfirebbe la natura assoluta del divieto in virtù dell’articolo 3 della Convenzione. 122. Riguardo alla denuncia in virtù dell’articolo 13 della Convenzione, il ricorrente ha rifiutato l’argomento del Governo secondo cui egli avrebbe dovuto essere considerato come uno che aveva rinunciato al suo diritto, in virtù di tale disposizione, ai procedimenti in contraddittorio per mezzo dei quali contestare i documenti e le informazioni fondanti i rapporti impugnati dell’AIVD. Egli ha sostenuto di non aver mai rinunciato volontariamente al suo diritto ai procedimenti in contraddittorio. Se egli non avesse dato il suo consenso all’accesso a tale materiale fondante alla Corte regionale ed alla Divisione giurisdizionale amministrativa, ne sarebbero stati tratti nei suoi 42 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE confronti argomenti negativi e tali corpi giurisdizionali avrebbero basato le loro decisioni sul rapporto in causa dell’AIVD, ritenendo che non fosse discusso dal ricorrente. 123. Il ricorrente ha sostenuto che i procedimenti in cui si é difeso contro l’ordine di espulsione non potevano essere considerati come ricorsi effettivi ai sensi dell’articolo 13 letto congiuntamente all’articolo 3. Non solo il Ministro era venuto meno nel condurre un suo proprio esame dei fatti e delle circostanze sui quali l’AIVD lo aveva riconosciuto come una minaccia alla sicurezza nazionale, in quanto il Ministro non era andato oltre le conclusioni dell’AIVD per verificare se il ricorrente rappresentasse di fatto un pericolo per la sicurezza nazionale o l’ordine pubblico autorizzando l’emanazione di un ordine di espulsione, ma inoltre – nei successivi procedimenti giudiziari di riesame dinanzi alla Corte regionale ed alla Divisione giurisdizionale amministrativa – il ricorrente è rimasto disinformato sui fatti ritenuti come costituenti la prova, come risultato del quale egli è anche rimasto incapace di contestare tali fatti mentre l’ordine di espulsione concedeva alle autorità dei Paesi Bassi una legittimazione immediata per il suo allontanamento verso l’Algeria. 124. Sottolineando che egli non ha mai fatto riferimento all’articolo 6 della Convenzione nelle sue argomentazioni, il ricorrente ha affermato che il sostenuto diritto a procedimenti in contraddittorio in relazione ad un ordine di espulsione fondato su considerazioni di sicurezza nazionale era basato sulla giurisprudenza della Corte che si occupava di tali questioni in virtù dell’articolo 13 come esposto inter alia nelle sue sentenze nei casi AlNashif c. Bulgaria, (n. 50963/99, 20 giugno 2002) e Musa e altri c. Bulgaria (n. 61259/00, 11 gennaio 2007). B. Terzi intervenuti 1. Commenti depositati congiuntamente dai Governi di Lituania, Portogallo, Slovacchia e Regno Unito 125. I Governi di Lituania, Portogallo, Slovacchia e Regno Unito hanno osservato che nel caso Chahal (citato sopra, § 81) la Corte ha riconosciuto il principio secondo cui alla luce della natura assoluta della proibizione del trattamento contrario all’articolo 3 della Convenzione, il rischio di tali trattamenti non poteva essere bilanciato con le ragioni (inclusa la protezione della sicurezza nazionale) proposte dallo Stato convenuto per giustificare l’espulsione. A causa della sua rigidità tale principio aveva comportato molte difficoltà agli Stati contraenti prevenendoli in pratica dall’eseguire le misure di espulsione. 126. I Governi hanno osservato in tale contesto che sebbene gli Stati contraenti potessero ottenere rassicurazioni diplomatiche sul fatto che un ricorrente non sarebbe stato sottoposto a trattamenti contrari alla 43 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE Convenzione, la Corte aveva statuito nel summenzionato caso Chahal che l’articolo 3 richiedeva un esame del se tali rassicurazioni avrebbero apportato una protezione effettiva sufficiente. Come era stato mostrato dalle opinioni della maggioranza e della minoranza della Corte in quel caso, le stesse rassicurazioni potevano essere interpretate in maniera differente. Inoltre, era improbabile che uno Stato diverso da quello del quale il ricorrente é cittadino sarebbe stato disponibile a ricevere nel suo territorio una persona sospettata di attività terroristiche. In più, la possibilità di ricorrere a sanzioni penali contro il sospettato non fornisce una protezione sufficiente per la comunità. L’individuo coinvolto potrebbe non commettere alcun reato (o anche, prima di un attacco terroristico, solo uno minore) e potrebbe diventare difficile dimostrare il suo coinvolgimento nel terrorismo oltre ogni ragionevole dubbio, dato che era praticamente impossibile utilizzare le fonti confidenziali o le informazioni fornite dai servizi di intelligence. Le altre misure, come la detenzione in pendenza dell’espulsione, piazzando il sospettato sotto sorveglianza o restringendo la sua libertà di movimento, hanno fornito una protezione solo parziale. 127. Il terrorismo ha posto seriamente in pericolo il diritto alla vita, che é la condizione necessaria per il godimento di tutti gli altri diritti fondamentali. Conformemente al principio fermo di diritto internazionale, gli Stati potrebbero utilizzare la legislazione in materia di immigrazione per proteggere loro stessi da minacce esterne alla sicurezza nazionale. La Convenzione non ha garantito il diritto di asilo politico. Esso é disciplinato dalla Convenzione del 1951 relativa allo status dei rifugiati, che ha esplicitamente previsto che non vi é diritto di asilo quando vi é un rischio per la sicurezza nazionale o quando il richiedente asilo si è reso responsabile di atti contrari ai principi delle Nazioni Unite. Inoltre, l’articolo 5 § 1 (f) della Convenzione ha autorizzato l’arresto di una persona “nei cui confronti l’azione è stata presa in vista dell’allontanamento...”, ed in tal modo riconosciuto il diritto degli Stati di allontanare gli stranieri. 128. É vero che la protezione contro la tortura ed i trattamenti o punizioni inumani o degradanti prevista all’articolo 3 della Convenzione è assoluta. Tuttavia, nei casi di espulsione, il trattamento in questione non sarebbe inflitto da uno Stato firmatario ma dalle autorità di un altro Stato. Lo Stato firmatario é dunque implicitamente vincolato da un obbligo positivo di protezione derivante dall’articolo 3. Sempre nel campo degli implicate obblighi positivi la Corte ha accettato che i diritti del ricorrente debbano essere soppesati con gli interessi della comunità nel suo complesso. 129. Nei casi di espulsione il grado di rischio nello Stato ricevente dipende da una valutazione speculativa. Il livello richiesto per accettare l’esistenza del rischio è relativamente basso e difficile da applicare in maniera consistente. Inoltre, l’articolo 3 della Convenzione proibisce non solo le forme di trattamenti estremamente gravi, come la tortura, ma anche le condotte rientranti nel concetto relativamente generale di “trattamento 44 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE degradante”. Ed anche la natura della minaccia presentata da un individuo allo Stato firmatario varia in maniera significativa. 130. Alla luce delle suesposte considerazioni, i Governi intervenuti sostengono che, in casi di minaccia creata dal terrorismo internazionale, l’indirizzo seguito dalla Corte nel caso Chahal (che non ha riflettuto un imperativo morale universalmente riconosciuto ed è stato in contraddizione con le intenzioni dei Firmatari originari della Convenzione) deve essere mutato e chiarificato. In primo luogo, la minaccia presentata dalla persona che deve essere espulsa deve essere un fattore da valutare in relazione alla possibilità ed alla natura del potenziale trattamento. Ciò renderebbe possibile prendere in considerazione tutte le circostanze particolari di ogni caso e soppesare i diritti assicurati al ricorrente dall’articolo 3 della Convenzione con quelli assicurati a tutti gli altri membri della comunità dall’articolo 2. In secondo luogo, le considerazioni di sicurezza nazionale devono influenzare il livello di prova richiesto al ricorrente. In altre parole, se lo Stato convenuto produce prove sul fatto che vi sia una minaccia alla sicurezza nazionale, deve essere data una prova più forte per dimostrare che il ricorrente sarebbe a rischio di maltrattamenti nel Paese ricevente. In particolare, l’individuo coinvolto deve dimostrare che era “più probabile che non” che sarebbe stato soggetto a trattamenti proibiti dall’articolo 3. Quella interpretazione é compatibile con il senso delle parole dell’articolo 3 della Convenzione contro la tortura della Nazioni Unite, che si é fondata sulla giurisprudenza della Corte stessa, e prende in considerazione il fatto che nei casi di espulsione era necessario valutare un possibile rischio futuro. 2. Osservazioni presentate dall’ AIRE Centre 131. Nelle sue osservazioni, l’AIRE Centre ha prestato attenzione al numero di dichiarazioni, risoluzioni ed altri pronunciamenti fatta dai vari corpi del Consiglio di Stato diversi dalla Corte che, presi insieme, hanno formato un consenso che ha reso chiaro che uno Stato parte alla Convenzione non potrebbe rimuovere un individuo senza aver riguardo della minaccia che pone una volta che è stato dimostrato che il suo refoulement avrebbe portato un rischio reale per tale individuo di essere sottoposto a trattamenti proibiti dall’articolo 3 della Convenzione. 132. Sottolineando che tutti gli Stati membri del Consiglio d’Europa sono anche parti della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici (“ICCPR”), l’AIRE Centre inoltre ha fatto riferimento alle Osservazioni generali ed alla giurisprudenza del Comitato dei diritti umani, che erano state formate dalle Nazioni Unite in virtù del Primo protocollo all’ ICCPR. Da tale materiale risulta chiaro che il Comitato dei diritti umani ha senza dubbio considerato come assoluto il divieto di espulsione di individui di fronte a trattamenti che possano violare l’articolo 7 dell’ICCPR, la cui disposizione prevede la proibizione della tortura e dei trattamenti o delle pene crudeli. 45 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE 133. Infine, la conclusione che la regola che proibisce l’espulsione di fronte alla tortura o maltrattamenti costituisce una norma di diritto internazionale consuetudinario é stata accolta da molti distinti pubblicisti nella letteratura accademica oltre che da una moltitudine di enti internazionali. In tal modo, l’AIRE Centre ha sostenuto che, la regola é obbligatoria per tutti gli Stati, anche quelli che non sono parti di un accordo internazionale. La norma ha anche, si può dire, ottenuto lo status di jus cogens, significando che essa è divenuta un norma di diritto internazionale imperativa e non derogabile. 3. Osservazioni presentate congiuntamente da Amnesty International Ltd., dall’Association for the Prevention of Torture, Human Rights Watch, dalla International Commission of Jurists, Interights and Redress 134. Tali intervenuti si sono soffermati sul principio del non-refoulement come consacrato in vari strumenti ed interpretato dalle Corti internazionali. 135. Riguardo alla natura e al grado del rischio di tortura o maltrattamenti che ha dato vita alla proibizione del refoulement, gli intervenuti hanno fatto riferimento inter alia alla giurisprudenza del Comitato contro la tortura, conformemente alla quale, nella valutazione della questione se un individuo sia personalmente a rischio, è data particolare attenzione ad ogni prova che lui appartenga, o si pensi appartenga, ad un gruppo identificabile che è stato conosciuto nel Paese ricevente per tortura e maltrattamenti. L’affiliazione all’organizzazione é un fattore di particolare importanza nei casi in cui l’individuo appartenga ad un gruppo che sia stato etichettato come un gruppo “terrorista” o “separatista”, che minaccia la sicurezza dello Stato e per tale motivo conosciuto per le forme particolarmente dure di repressione. In tali casi, la proibizione del refoulement potrebbe entrare in gioco anche se non vi é prova del fatto che la persona coinvolta sia stata maltrattata in passato o sia stata personalmente perseguitata dalle autorità dello Stato di ritorno, o quando la situazione generale dei diritti umani in quel Paese sia peggiorata. Inoltre, il Comitato contro la tortura si é soffermato sulla valutazione di come lo Stato in questione minacci i membri di tali gruppi e se sono state fornite sufficienti prove che quello Stato creda che quel particolare individuo sia associato al gruppo che si ha come bersaglio. In quest’ultimo contesto, la natura ed il profilo delle attività dell’individuo nel suo Paese di origine o all’estero, così come la quantità di pubblicità che circonda il caso, sono fattori di particolare importanza. 136. A causa della specifica natura della tortura o dei maltrattamenti, é stato generalmente riconosciuto dalla Corte di Strasburgo e dagli altri tribunali che l’onere della prova non può pesare soltanto sulla persona che li denuncia, anche perché la persona coinvolta e lo Stato non hanno sempre eguale accesso alle prove. È quindi stato ritenuto sufficiente per l’individuo 46 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE esporre un caso “sostenibile” o “prima facie” di rischio di tortura o maltrattamenti per la proibizione del refoulement cui si è dato avvio, con il conseguente onere sullo Stato che espelle di confutare tale denuncia. 137. L’opinione, come riconosciuto dalla Corte nel caso Chahal (citato più sopra), che le rassicurazioni diplomatiche non sono bastate a controbilanciare un rischio esistente di torture è stato condiviso da un crescente numero di corpi internazionali di diritti umani ed esperti. Conformemente agli intervenuti, nessuna “misura di risarcimento” potrebbe colpire la natura perentoria di jus cogens della proibizione della tortura, e gli obblighi di prevenire il suo verificarsi, che non è stato evidentemente influenzato da accordi bilaterali. 4. Osservazioni presentate congiuntamente da Liberty e Justice 138. Tali intervenuti hanno sottolineato la natura incondizionata dall’articolo 3 della Convenzione, sostenendo la proibizione del refoulement per i maltrattamenti inflitti senza riguardo del comportamento esibito, o delle attività intraprese, dall’individuo coinvolto. La Corte di Strasburgo ha in maniera forte fatto propria tale opinione; ciò é stato ripetuto in altri strumenti internazionali e regionali sui diritti umani; ed è stata confermata dai tribunali nazionali così come da quelli internazionali come ad esempio la Suprema Corte della Nuova Zelanda, il Comitato contro la Tortura, il Comitato dei diritti umani delle UN e la Commissione interamericana dei diritti umani. 139. Essendo gli interessi della sicurezza nazionale semplicemente degli esempi delle conseguenze delle possibili attività di un individuo, la sostenuta attività terroristica che potrebbe toccare tali interessi non è quindi qualitativamente differente da ogni altra condotta indesiderabile, pericolosa o criminale. Di conseguenza, valutando se o meno l’allontanamento di una persona lo esporrebbe a trattamenti contrari all’articolo 3 nello Stato ricevente, non vi é stato modo di prendere in considerazione il fatto, la natura ed il grado della minaccia alla sicurezza nazionale posta dalla persona coinvolta o per l’esercizio di un bilanciamento nel quale gli interessi della sicurezza nazionale sono stati bilanciati con il rischio di maltrattamenti. Differenti significati dell’opposizione alla minaccia della sicurezza nazionale sono a disposizione degli Stati, senza che sia necessario far ricorso all’allontanamento, alla tortura o a maltrattamenti. 140. Ogni mutamento di tale approccio porterebbe ad un indebolimento di un diritto umano fondamentale nel nome della lotta contro il terrorismo e avrebbe infine un effetto corrosivo di lungo termine dei valori democratici e della Convenzione nel suo insieme. 47 Copyright © 2008 UFTDU RAMZY c. PAESI BASSI DECISIONE C. La valutazione della Corte 141. La Corte ritiene, alla luce delle osservazioni delle parti e dei terzi intervenuti, che il caso solleva complesse problematiche di diritto e di fatto in virtù della Convenzione, la determinazione delle quali dovrebbe dipendere dall’esame del merito del ricorso. Di conseguenza, la Corte conclude che il ricorso non può essere dichiarato manifestamente infondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Non sono stati rilevati altri motivi per dichiararlo inammissibile. Per questi motivi, la Corte all’unanimità Dichiara il ricorso ammissibile, senza pregiudizio per il merito della causa. Santiago Quesada Cancelliere Josep Casadevall Presidente 48 Copyright © 2008 UFTDU