“RIFLESSIONI SULLA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE” Sintesi di

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“RIFLESSIONI SULLA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE” Sintesi di
“RIFLESSIONI SULLA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE”
Sintesi di una giornata di studio
Lina Miccichè
Lo scorso 15 marzo si è svolto, presso la Facoltà di giurisprudenza
dell’Università degli Studi di Udine, l’incontro di studio sul tema “Riflessioni
sulla responsabilità del vettore”, collocato nell’ambito delle iniziative del
Dottorato di ricerca in diritto ed economia dei sistemi produttivi, dei trasporti e
della logistica, presso l’Università di Udine, in collaborazione con il Dottorato di
ricerca in Diritto dei trasporti europeo, presso l’Università di Bologna.
Il seminario è stato strutturato in due sessioni. Nella prima hanno svolto
relazioni i proff. Stefano Zunarelli (ordinario di diritto della navigazione – Università di Bologna) e Guido Camarda (ordinario di diritto della navigazione –
Università di Palermo); nella seconda i proff. Maurizio Riguzzi (ordinario di diritto dei trasporti e della logistica – Università di Verona) e Rita Tranquilli Leali
(straordinario di diritto delle infrastrutture e dei trasporti – Università di
Teramo).
Il tema oggetto del seminario è stato affrontato con riferimento al trasporto
di cose marittimo, aereo e stradale. Un ulteriore contributo ha riguardato il
trasporto a fune.
Ha aperto i lavori il prof. Alfredo Antonini (ordinario di diritto dei trasporti e
coordinatore del dottorato di ricerca presso l’Università di Udine). Il prof.
Antonini ha introdotto il tema da trattare attraverso una panoramica generale
sulla responsabilità in materia di
trasporti, soffermandosi sul contratto di
trasporto di persone, del quale ha tratteggiato gli aspetti che lo differenziano
dal trasporto di cose sia sul fronte delle obbligazioni che il vettore è tenuto ad
adempiere che su quello, conseguente, della disciplina della responsabilità. A
Dottoranda di ricerca in Diritto ed economia di sistemi produttivi, dei trasporti e della
logistica presso l’Università di Udine.
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente – 2004/2
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quest’ultimo proposito, viene ricordata la complessa questione dell’ammissibilità del concorso (o cumulo) dell’azione contrattuale e di quella aquiliana.
La prima relazione è dedicata al trasporto marittimo di cose. Il prof.
Zunarelli
ha ricostruito il quadro normativo internazionale di riferimento.
Richiamato l’istituto del receptum, con l’obbligo generale della vigilanza ed il
contemporaneo obbligo della custodia posti in capo al vettore, passa alla rapida
disamina della Convenzione di Bruxelles del 1924, come modificata dai
protocolli dell’Aja-Visby (emanati rispettivamente nel 1968 e nel 1979),
ricordando che le suddette regole sono il frutto di un compromesso tendente
ad arginare il fenomeno in base al quale
i vettori inserivano nei contratti di
trasporto clausole generali di esonero. Il risultato è stato la costruzione di uno
schema di responsabilità inderogabile per il vettore; inderogabilità mitigata
dall’individuazione di una serie di circostanze esimenti (c.d. pericoli eccettuati)
e dalla limitazione del debito del vettore. Il mutamento dello scenario
internazionale, che ha visto emergere le economie dei Paesi in via di sviluppo,
ha determinato l’esigenza di una revisione delle regole disciplinanti il trasporto
marittimo di cose. E’ stata così emanata la Convenzione di Amburgo del 1978
che introduce significative differenze sul piano della responsabilità del vettore.
Infatti, pur trattandosi di un regime basato sulla responsabilità per colpa
presunta, scompaiono i pericoli eccettuati ad eccezione dell’incendio. Le Regole
di Amburgo, internazionalmente in vigore, hanno tuttavia raccolto soltanto il
consenso di Paesi che non esercitano un peso rilevante nel settore dei traffici
marittimi. Si assiste, così, contrariamente allo scopo tipico delle convenzioni di
creare regole uniformi, alla coesistenza di due regimi internazionali disciplinanti
il trasporto di cose via mare. E’ questo il motivo principale per cui il CMI ha
elaborato un draft di convenzione che, però, non ha in sé (almeno nella
versione attuale) significativi aspetti innovativi. L’intento, infatti, di ottenere un
consenso allargato ha finito col creare un regime di responsabilità che
rappresenta una semplice razionalizzazione di quello delle regole dell’Aja –
Visby. Si tratta di una responsabilità per colpa presunta dove trovano ancora
posto i pericoli eccettuati, eccezion fatta che per la colpa nautica. Su altri
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fronti, invece, il testo convenzionale potrebbe introdurre novità interessanti
quali:
- l’estensione della disciplina anche ai trasporti multimodali (novità
particolarmente rilevante se si considera che la convenzione di Ginevra del
1980 non è ancora entrata in vigore);
- l’obbligo per il vettore di garantire la navigabilità della nave non solo
all’inizio, ma anche durante il viaggio;
- la responsabilità solidale fra il contractual carrier e i performing parties
(tra cui rileva la figura dell’actual carrier)
La seconda relazione è affidata al prof. Guido Camarda che ha affrontato il
tema
della
responsabilità
del
vettore
nel
trasporto
aereo
di
cose.
Preliminarmente il relatore ha indicato gli strumenti giuridici di riferimento sia
internazionali (Convenzione di Varsavia del 1929 e Convenzione di Montreal del
1999) che nazionali (codice della navigazione). In particolare, osserva che
meriterebbe qualche ulteriore riflessione la norma del codice della navigazione
(art. 955) che, per il trasporto aereo di cose e per quanto non previsto dalla
specifica sezione, rinvia alle regole disciplinanti il parallelo settore marittimo.
Ciò, infatti, potrebbe comportare l’ammissibilità anche nel trasporto aereo della
distinzione fra trasporto di carico totale o parziale e trasporto di cose
determinate con conseguente rilevanza, nella prima tipologia, dell’individuazione del velivolo.
Il prosieguo dell’intervento è stato distinto in due parti. La prima viene dedicata alla disamina della lettera di trasporto aereo per valutarne, da un lato,
l’effettiva rilevanza nell’odierno sistema dei trasporti e, dall’altro, le responsabilità riconducibili al contenuto del documento; la seconda viene dedicata alla
responsabilità del vettore disciplinata dalle regole uniformi in vigore.
Sul primo punto il relatore, dopo avere inquadrato la lettera di trasporto
aereo fra i documenti di legittimazione (non potrebbe trattarsi di titolo di
credito visto che spesso nella prassi è prevista la non negoziabilità) ha sottolineato che detto documento rileva ancora con riferimento ad alcuni casi specifici ovvero all’esercizio del diritto di contrordine o alla vendita su documenti.
Sul fronte della responsabilità il relatore ha osservato che nella Convenzione di
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Varsavia del 1929 era prevista una norma severa che impediva al vettore di
usufruire del beneficio della limitazione del debito nel caso in cui non fosse
stata emessa la lettera di trasporto aereo. Con il protocollo n. 4 di Montreal del
1975 (entrato in vigore solo nel 1998) e nella convenzione di Montreal del
1999 scompare questo vincolo in quanto è sufficiente, in assenza del suddetto
documento, dimostrare che si è in presenza di un trasporto di cose.
Anche le indicazioni mancanti o inesatte dovrebbero in alcuni casi generare
responsabilità.
Quanto alla letteralità attenuata ne viene individuata la ratio nel fatto che,
mentre per alcune indicazioni è facile per il vettore verificarne l’esattezza (si
pensi all’indicazione del peso della merce) con le conseguenti responsabilità,
non così per altre informazioni (ad esempio la mancata indicazione del numero
dei pezzi contenuti nei colli rende impossibile la verifica in caso di difformità al
momento della consegna).
Passando ad un’impostazione più generale in tema di responsabilità nel
trasporto
aereo
di
cose,
il
relatore
ha
raffrontato
la
disciplina
della
responsabilità ai sensi della convenzione di Varsavia del 1929 con quella di
Montreal del 1999, osservando che la prima delinea un regime di responsabilità
per colpa presunta ancorata a limiti risarcitori, con l’individuazione di un’ipotesi
di decadenza dal beneficio della limitazione stessa in caso di willful misconduct.
Nella convenzione di Montreal del 1999 (che riprende le regole fissate dal
Protocollo n. 4 di Montreal del 1975) permane il suddetto regime, ma
l’obiettivizzazione della responsabilità è più forte in quanto è prevista
l’invalicabilità del limite. Obiettivizzazione attenuata dalla previsione di quattro
cause esimenti: l’ordine dell’autorità e il cattivo imballaggio o difetto della
merce (che si ricollegano alla causa di forza maggiore o interruzione del nesso
causale), nonché l’evento causato in tutto o in parte dal mittente o fatto del
terzo (che si ricollegano all’art. 1227 e, quindi, alla colpa concorrente).
Anche nel caso del trasporto aereo di cose il problema del limite risarcitorio
può essere superato attraverso una dichiarazione di valore o dichiarazione di
speciale interesse a fronte della quale il vettore può, però, imporre un nolo più
elevato (c.d. nolo ad valorem).
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Il prof. Maurizio Riguzzi ha analizzato la normativa nazionale relativa alla
responsabilità del vettore nel trasporto stradale di merci.
Il relatore premette che la disciplina attuale dell’attività di autotrasporto è
profondamente diversa da quella prevista dal codice del 1942. L’impresa di
trasporto, infatti, ha l’obbligo di ottenere l’autorizzazione all’esercizio e di
iscriversi in un albo specifico, pena (secondo l’orientamento giurisprudenziale)
la nullità del contratto.
Dopo aver fissato alcuni principi riferibili al trasporto stradale di cose (la
derogabilità del regime
di responsabilità previsto dal codice civile; la
limitazione del debito del vettore; l’ambito di operatività della responsabilità
del vettore), il prof. Riguzzi ha citato i due articoli del codice civile disciplinanti
la responsabilità. Il primo è rappresentato dall’art. 1693, che si applica ai casi
di perdita o di avaria delle merci. In caso di mancata esecuzione o interruzione
del contratto o di ritardo nella consegna si applica, invece, l’art. 1218 c.c.
Secondo la giurisprudenza e la dottrina dominante il regime fissato dell’art.
1693 risulta più rigoroso rispetto a quello previsto dall’art. 1218 perché gli
unici casi di esonero sono quelli espressamente previsti ossia il caso fortuito, il
vizio proprio della merce e dell’imballaggio e il fatto del mittente o del
destinatario. Peraltro, la giurisprudenza ha riconosciuto molto raramente le
ultime due cause esimenti nel senso che si ritiene esistere in capo al vettore un
potere di controllo tale da rendere impossibile esibire la prova liberatoria.
Con riferimento al limite risarcitorio, il relatore ha precisato che l’art. 1696
si applica solo ai casi di responsabilità previsti dall’art. 1693, per cui non esiste
una limitazione del debito in caso di ritardo.
Inoltre, il limite risarcitorio è di ammontare diverso a seconda che si tratti o
meno di trasporti con sistema tariffario obbligatorio (c.d. tariffe a forcella).
Detto limite sarà inderogabile nel primo caso, derogabile nel secondo. Anche
nel trasporto stradale di cose è previsto un’ipotesi di decadenza dal beneficio
del limite rappresentata dal comportamento doloso o gravemente colposo del
vettore e dei suoi ausiliari e preposti. In conclusione il relatore segnala che è
attualmente allo studio un disegno di legge delega per l’abrogazione del
sistema tariffario obbligatorio.
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L’ultima relazione è stata tenuta dalla prof.ssa Tranquilli Leali che affronta
la tematica, relativamente recente, del trasporto a fune. Dopo aver segnalato i
più recenti interventi normativi (in sede comunitaria la direttiva n. 9/2000/CE e
nel nostro ordinamento la legge 24/12/2003 n. 363), la relatrice ha
sottolineato che il trasporto a fune ha generato dubbi interpretativi a tutt’oggi
non sciolti. Il punto di partenza è rappresentato dalla distinzione fra il
trasferimento inquadrabile nel trasporto pubblico locale e quello con finalità
turistico-ricreative. Con riferimento al primo sembra pacifica la qualificazione di
contratto di trasporto, considerato che si tratta di un trasferimento da valle a
monte (e viceversa), per cui trova applicazione l’art. 1681 c.c. I problemi
nascono semmai relativamente alla durata del viaggio. La tesi condivisibile è
quella che lo stesso comprenda il movimento successivo a quello del
trasferimento fino a che non si è concluso il movimento tecnico.
Diverso è il discorso relativo al trasporto con finalità turistico-ricreative o,
per meglio dire, connesso alla pratica di sport invernali da discesa e da fondo.
Il questa ipotesi il trasporto non è preminente e si rileva necessario un
collegamento tra impianto e piste (come è dato rilevare, in particolare, nella
legge n. 363/2003). L’attività sciatoria viene distinta in attività sciatoria in
senso stretto e attività sciatoria preliminare: il contratto concluso fra gestore e
utente deve comprendere sia l’una che l’altra. Si configura dunque un contratto
atipico: nella fase di risalita si può applicare la disciplina del trasporto, mentre
nella fase di discesa, trattandosi di attività demandata all’utente, non si può
parlare di trasporto. In questo caso, infatti, l’obbligo che incombe sul gestore è
quello di assicurare che tale attività sia compiuta in sicurezza.
Il seminario si chiude con gli interventi dell’avv. Pillinini, che analizza la
polizza assicurativa 2004 sul trasporto, e della dott.ssa Elisabetta Rosafio che
sintetizza le novità introdotte dal regolamento n. 261/2004/CE che, una volta
entrato in vigore nel febbraio del 2005, sostituirà il regolamento n. 295/91
CEE. In particolare, alle norme che disciplinano la nota ipotesi di overbooking,
si aggiungono quelle relative ai casi di cancellazione e di ritardo del volo.
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