L`economista di Russo

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L`economista di Russo
L ' E C O N O M I S T A
Sopprimere il Senato
non porterà vantaggi
di Enzo Russo
Il meccanismo mediatico ha fatto passare
il messaggio che la politica debba adeguarsi ai
tempi rapidi dell'economia. Ma è veloce la finanza
rapace, non la produzione. La qualità del processo
decisionale dipende dalla qualità delle Istituzioni
E se andiamo verso un’Europa federale, allora
sarebbe più utile sopprimere del tutto sia quella
Camera che la presidenza della Repubblica
S
econdo sedicenti esperti, il bicameralismo perfetto o la navetta delle leggi
tra la Camera dei Deputati e il Senato sarebbe la causa dell'inefficienza del
nostro sistema istituzionale. Ripetuta acriticamente questa affermazione diventa una
verità mediatica - l'ha detta la TV - specie
se poi anche la più alta carica dello Stato
(presente e passata) sposa la tesi. In un
paese di conformisti le cose ripetute a iosa
, le mezze verità o addirittura le falsità diventano verità assolute o saggezza convenzionale.
Personalmente ritengo che l'efficienza delle istituzioni dipende dalle capacità tecniche, dall’abilità, dalla cultura e dal
senso di responsabilità e dallo spirito cooperativo delle persone che le animano. Ma
ragionare genericamente di istituzioni non
basta, bisognerebbe scendere nell'analisi
delle forme di Stato , di governo, dei comportamenti degli attori nel gioco conflittuale e/o cooperativo tra i poteri dello
Stato tenendo anche conto che l'Italia è inserita da un lato in un processo di integrazione politica a livello europeo, nella
Comunità internazionale e, quindi, in un
contesto di forte interdipendenza. L’Italia
(come nessun altro paese membro della
UE) non è più uno Stato sovrano di
stampo ottocentesco.
Uno degli argomenti che viene addotto è che il mercato decide con i tempi
rapidi dell’economia mentre la politica è
inevitabilmente lenta. Si tratta in realtà di
un sofisma perché si confondono i tempi
della finanza rapace con quelli dell’economia. Anche questa ha tempi lunghi e lenti
se parliamo di produzione, di processi di
accumulazione , di grandi trasformazioni
dei sistemi economici e delle stesse fasi
della globalizzazione nell’era della rete.
Quindi attenzione perché secondo Lamberto Maffei (Elogio della lentezza, il Mulino, 2014) “alla bulimia dei consumi si è
associata una grave anoressia delle idee e
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purtroppo anche dei comportamenti una
volta ritenuti civili, morali. Il pensiero rapido che non guarda né al passato né al futuro non considera la loro valenza né
storica né di programma, non ha tempo
per rifletterci, e ritiene che questo lavoro
della mente riguardi il campo dei metapensieri da relegare nei giorni piovosi, quando
non c’è niente di meglio da fare”.
Un secondo argomento mistificatorio è quello della semplificazione che suona
bene all’orecchio dei cittadini poco avvertiti e/o degli elettori ansiosi di delegare ad
altri i problemi delle scelte difficili. Una
società moderna è un organismo molto
complesso. La complessità va studiata e
compresa in tutti i suoi risvolti. Questo processo richiede tempo e pazienza.
Ma torniamo all’argomento principale. Il governo Renzi sta portando a termine una riforma costituzionale che, a mio
giudizio, è un vero pasticcio. Un punto importante di essa è la riforma del Senato in
cui entrerebbero consiglieri regionali in carica. La loro scelta avverrà con una modifica futura dei sistemi elettorali regionali
attraverso una non meglio identificata procedura che darebbe agli elettori la facoltà
di indicare quali rappresentanti regionali
potranno rappresentare la Regione al Senato non delle Regioni ma delle autonomie.
Un’aggettivazione questa che cambia
di molto l’idea portata dalle forze federali-
ste e dalla Lega Nord di un Senato federale.
Qual è la differenza? È sostanziale. Il
governo Renzi, in continuità con i governi
degli ultimi cinque anni, ha sospeso l’attuazione della riforma federalista del 2001
e della successiva legge delega n. 42/2009.
Un Senato delle autonomie che non ha
voce in capitolo nell’approvazione della
legge di stabilità non ha niente di federale
e supera lo stesso modello di Stato regionale che è scritto nella Costituzione del
1948.
Resta la navetta su una serie di competenze legislative condivise in materia di
leggi costituzionali, elettorali, di struttura
degli organi di governo, di funzioni fondamentali dei comuni e delle città metropolitane, di regole di partecipazione dell’Italia
alla formazione e all’attuazione delle politiche dell’UE, di leggi sulle incompatibilità
e ineleggibilità. Come si può capire, in teoria, si tratterebbe di leggi che, per la verità,
non dovrebbero richiedere continue modifiche e manipolazioni.
Qui casca l’asino. Guardando per
ora solo agli aspetti interni al nostro Paese,
il problema non è la navetta ma la pretesa
tutta italiana – ovviamente illusoria – di
amministrare legiferando a getto continuo.
Il primo problema è quindi la legislazione alluvionale, incerta e confusa.
Siamo anni luce lontani dai tempi in cui
Tremonti contrapponeva la legislazione per
principi a quella casistica che il legislatore
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L’economista Daron Acemoglu
italiano ama praticare. Le sue leggi sono
delle vere e proprie enciclopedie che nessuno riesce a leggere da cima a fondo.
Come ha scritto Victor Uckmar, una legislazione incerta, confusa, di tipo alluvionale fa straripare i fiumi meglio
regimentati. Senza saperlo, ci troviamo
spesso a violare leggi che non conosciamo
neanche e, quindi, possiamo essere tutti incriminati a prescindere dalla propensione
a delinquere (Remo Bodei). Portando alle
estreme conseguenze questo tipo di analisi
Giulio Tremonti nel 1997 raccoglieva una
serie di suoi saggi in un libro dal titolo
sconvolgente “Lo Stato criminogeno” (Sagittari, Laterza) .
Ma al governo il nostro si dimenticava del tutto delle sue riflessioni di studioso e. come ministro dell’economia e
delle finanze, come legislatore, di lunga
lena, si è comportato in modo conforme
alla prassi. Per altre pertinenti considerazioni sul punto mi sia consentito rinviare a
un mio precedente post :http://enzo-
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russo2020.blog.tiscali.it/2006/02/03/la_l
egge_criminogena__1583545-shtml/
Un eccessivo numero di leggi anche se in
calo è confermato sulla base dei dati consuntivi della XVI legislatura. Circa 384 atti
legislativi contro i 686 della XIV legislatura
302 in meno. 179 contro 232 i giorni necessari per approvare un provvedimento.
Nella XIV 538 erano provvedimenti governativi 138 di iniziativa parlamentare; 10
misti; nella XVI 296, 80 e 8. In vista del
secondo anniversario del governo Renzi
(22-02-2016), Openpolis ha fatto un bilancio quantitativo della produzione legislativa
degli ultimi due anni: 159 leggi approvate
per l’80% di iniziativa governativa e per il
20% di iniziativa parlamentare. Queste ultime approvare solo nel 17% dei casi. 35
sono stati i decreti legge convertiti ricorrendo a 36 voti di fiducia. Si è abbassato il
numero dei giorni necessari per l’approvazione dei provvedimenti di iniziativa gover-
Marco Simoni, economista e consulente di Matteo Renzi
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nativa (ora a livello 156) mentre resta alta
(392 gg.) l’attesa per quelli di iniziativa parlamentare. Una curiosità riguarda il ddl
sulle unioni civili in gestazione da oltre 971
giorni. Conviene precisare che questi dati
per loro natura soffrono di ambiguità nel
senso che confrontare il numero delle leggi
senza precisare la loro lunghezza e qualità è
molto rudimentale. Così come il confronto
sui giorni di gestazione di un provvedimento. La verità è che il governo abusando
della decretazione d’urgenza e di decreti
c.d. omnibus riesce a stare nei 60 giorni canonici e che sono rari i casi in cui è costretto a reiterare i decreti leggi come
avveniva ad esempio negli anni ’70 del secolo scorso.
E poi dicono che il governo non riesce a legiferare. Il problema è che legifera
male e troppo. Per fare un confronto
molto significativo, ricordo che il Parlamento inglese approva ogni anno da 15 a
20 leggi di principi. Solo in Italia vediamo
il Parlamento spesso in sessione a Ferragosto e durante le Feste natalizie. “Il contenuto delle leggi degli ultimi anni è di
carattere amministrativo” (Sabino Cassese,
il Sole 24 Ore del 2-02-2013). La qualità
della legislazione è sempre più bassa e difficile da capire come afferma lo stesso Comitato parlamentare per la legislazione. Il
motivo fondamentale è che né il governo
né le Commissioni parlamentari controllano bene il processo di attuazione delle
leggi e preferiscono riscrivere le leggi dei
loro predecessori.
Abbiamo visto l’inutilità dei falò di
Calderoli che, a suo dire, avrebbe bruciato
centinaia di migliaia di leggi. In fatto, continuano ad ammucchiarsi leggi su leggi non
di rado ispirate a principi diversi e contraddittori. Come detto, si amministra legiferando. Si deresponsabilizza la PA nel senso
che si toglie ogni discrezionalità alla dirigenza e alla magistratura – spesso oggetto
di attacchi delegittimanti da parte del governo di turno. Si determina quella che
viene chiamata la ragnatela di Solone nella
quale “La grande illegalità riesce spesso non sempre, per fortuna - a infrangere impunemente la legge o a servirsi dei suoi interstizi, codicilli e scappatoie per evitarne i
rigori” mentre i cittadini comuni rischiano
continuamente di essere incriminati sulla
base di leggi che nemmeno conoscono
(Remo Bodei, Sole 24 Ore del 29-12-2005).
Torna di attualità un’antica locuzione latina attribuita a Tacito: “Corruptissima re
publica plurimae leges”. Niente è cambiato
nella seconda repubblica rispetto alla prima
– neanche con Renzi al governo. Se prendiamo l’ultima legge di stabilità vediamo
che l’articolo unico su cui il governo ha
posto la fiducia contiene 997 commi kilometrici che occupano ben 206 pagine della
Gazzetta Ufficiale notoriamente scritta con
caratteri molto piccoli.
Per fare approvare le sue leggi com-
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plicate, “criminogene” e, per lo più, destinate a rimanere inattuate, il governo abusa
della decretazione d’urgenza, del voto di fiducia, del maxiemendamento e, da ultimo,
del c.d. emendamento canguro o super canguro per cui proposte di modifiche simili
e/o equivalenti vengono rigettate in blocco
. Il governi italiani e le oligarchie centraliste
che hanno preso il posto dei partiti, negli
ultimi tempi, hanno anche il vantaggio di
avere a che fare con parlamentari nominati.
E con la nuova legge elettorale c.d. Italicum, la subordinazione del Parlamento al
governo è destinata ad aumentare. Se questi sono i problemi, pensare che la deformazione del Senato possa avere benefici
economici di sistema è solo propaganda ingannevole e mistificatoria di chi, in qualsiasi modo, vuole aumentare ulteriormente
i poteri del governo in linea con la deriva
autoritaria che si è determinata ed in corso,
in primo luogo, a livello europeo.
Emblematici ed opposti i pareri del
Senatore Giulio Tremonti citato sopra e di
un economista che è consulente del Presidente del consiglio. In una intervista al
primo Monica Guerzoni (Corriere della
Sera del 5-09-2015), gli chiede di commentare l’affermazione di Renzi che lega le sorti
della legislatura alla fine del bicameralismo
paritario, Tremonti risponde: “ Quando il
processo legislativo viene compresso in 60
giorni, al ritmo di due fiducie al mese,
tempi e modi sono tali da soddisfare ogni
fabbisogno di potere dell’esecutivo.
E’ un fatto di sistema ormai. E il Senato non è più un fattore di ostacolo. Con
questa evoluzione della Costituzione (materiale, ndr) è indifferente che le Camere
siano due, una sola o al limite nessuna,
come vorrebbe qualcuno”. E Tremonti è
parlamentare di lungo corso con ampia
esperienza di governo.
Apparentemente sofisticato e tecnico il parere di Marco Simoni economista
della London School of Economics e consulente di Renzi. Simoni cita il libro di
Acemoglu e Robinson, Perché i Paesi falliscono, il Saggiatore e afferma che la crescita
e lo sviluppo dei sistemi economici dipendono anche dalla qualità delle istituzioni.
Come non essere d’accordo? Riprendendo
i due economisti citati, Simoni distingue le
istituzioni in inclusive e estrattive e/o predatorie. Quelle inclusive sarebbero quelle
che con gli incentivi aiutano gli individui e
le imprese a migliorare la loro sorte.
Quelle estrattive son quelle che sfruttano le masse e i governi restano agenti
delle oligarchie. A quanto appare anche dal
suo CV, il giovane economista non ha una
grande esperienza con la politica degli incentivi in Italia praticata massicciamente e
sistematicamente a partire dall’immediato
dopoguerra ed in particolare con quella diretta a migliorare le sorti del Mezzogiorno.
Né pare tenga presente il lungo rapporto del gruppo di lavoro di Vieri Ceriani
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che ha elencato ben 720 agevolazioni per
una spesa fiscale complessiva di 254 miliardi e dei falliti tentativi governativi di tagliare quelle senza una seria giustificazione.
Mi sembra appunto che il governo Renzi
abbia del tutto abbandonato anzi contraddetto le indicazioni probabilmente grazie al
supporto teorico agli incentivi e alle agevolazioni che viene dai suoi consulenti con
una differenza che non si parla più di incentivi e/o sussidi ma di voucher. Suona
bene e diverso, la gente comune non sempre capisce bene l’inglese, ma la sostanza è
la stessa: incentivi a pioggia che fanno crescere le clientele fiscali.
Ha ragione Simoni a parlare di qualità delle istituzioni ma è difficile collegare
il suo miglioramento alla obbrobriosa deformazione del Senato che il governo sta
portando avanti. Non basta occuparsi di
una sola istituzione perché è tutto l’insieme
che deve funzionare.
Per dissipare ogni equivoco, non sto
difendendo ad oltranza il bicameralismo
paritario come previsto nella Costituzione
del 1948. Il problema va esaminato alla
luce del nuovo contesto istituzionale che si
è determinato con il processo di integrazione europea. Nel dopoguerra c’era già il
Manifesto di Ventotene ma non c’erano
ancora le istituzioni europee che vengono
dopo a partire dagli anni 50.
Nonostante la grave crisi che stanno
attraversando, penso che esse sopravvive-
ranno e si svilupperanno sempre più in
senso genuinamente federale. Se così la mia
proposta che riprendeva quella analoga del
prof. D’Alimonte prima che diventasse
consulente di Renzi, è e rimane quella di
abrogare del tutto non solo il Senato ma
anche la Presidenza della Repubblica. In un
contesto federale o federativo in itinere a livello europeo, dico che Roma sta a Bruxelles come Palermo sta a Roma. In altre
parole, quello di Roma, di Parigi , Berlino,
Madrid ecc. sono governi regionali e sarebbe tempo che loro ne prendessero tutti
atto se non vogliono contribuire alla dissoluzione delle istituzioni europee – anche
esse di bassa qualità. In un assetto genuinamente federale , negli Stati federati non
c’è il Senato né il Presidente. Negli USA c’è
il governatore. Il Senato sta al Centro e,
vedi caso, ha gli stessi poteri e competenze
della Camera dei rappresentanti. Negli
Stati federali le leggi e i regolamenti federali
sono immediatamente applicabili negli
Stati federati
Se si volesse veramente semplificare, sveltire il procedimento legislativo integrativo
(“amministrativo”) in Italia, lo ripeto, bisognerebbe abrogare del tutto la seconda Camera, la Presidenza della Repubblica e la
c.d. legge comunitaria che ritarda l’adeguamento alla legislazione europea e contribuisce a innescare procedure di infrazione.
Allora si che si potrebbero conseguire vantaggi economici significativi.