Hanno detto di… Leonardo

Transcript

Hanno detto di… Leonardo
Hanno detto di… Leonardo “Le opere dʹarte egregie quale ha lasciato in Italia, et maxime in questa città [Milano] Magistro. Leonardo da Vinci, vostro concittadino, hanno portato inclinazione a tutti che le hanno vedute, de amarlo singolarmente, anchora che non lʹhavessino mai veduto. Et noi volemo confessare essere nel numero di quelli che lʹamavano prima che per presentia lo cognoscessimo. Ma dappoi che qua lʹavemo manegiato, et cum experientia provato le virtute sue, vedemo veramente che el nome suo, celebrato per pictura, è obscuro a quello che meriteria essere laudato in le altre parte che sono in lui de grandissima virtute ...” C. dʹAmboise, lettera da Milano ai rettori di Firenze, 1506 “Fu tanto raro et universale, che dalla natura per suo miracolo esser produtto dire si puote: la quale non solo della bellezza del corpo, che molto bene gli concedette, volse dotarlo, ma di molte rare virtù volse anchora farlo maestro. Assai valse in matematica et in prospettiva non meno, et operò di scultura, et in disegno passò di gran lunga tutti li altri. Hebbe bellissime inventioni, ma non colorì molte cose, perché si dice mai a sé medesimo, avere satisfatto, et però sono tanto rare le opere sue. Fu nel parlare eloquentissimo et raro sonatore di lira, et fu maestro di quella dʹAtalante Migliorotti. Attese e dilettossi de semplici et fu valentissimo in tirari et in edifizi dʹacque, et altri ghiribizzi, ne mai co lʹanimo suo si quietava, ma sempre con lʹingegno fabricava cose nuove.” Anonimo Gaddiano, elaborazione del Libro di Antonio Billi, 1537‐42 “Veramente mirabile e celeste fu Lionardo ... Laonde volle la natura tanto favorirlo, che dovunque eʹ rivolse il pensiero, il cervello, e lʹanimo, mostrò tanta divinità nelle cose sue, che nel dare la perfezione di prontezza, vivacità, bontade, vaghezza e grazia nessun altro mai gli fu pari. Vedesi bene che Lionardo per lʹintelligenza dellʹarte cominciò molte cose. e nessuna mai ne finì, parendogli che la mano aggiugnere non potesse alla perfezione dellʹarte nelle cose che egli sʹimaginava ... È cosa mirabile che quello ingegno, che avendo desiderio di dare sommo rilievo alle cose che egli faceva, andava tanto con lʹombre scure a trovare i fondi deʹ più scuri, che cercava neri che ombrassero e fussero più scuri degli altri neri per fare che ʹ1 chiaro, mediante quelli, fusse più lucido, ed in fine riusciva questo modo tanto tinto, che non vi rimanendo chiaro, avevano più forma di cose fatte per contraffare una notte, che una finezza del lume del dì; ma tutto era per cercare di dare maggior rilievo, e di trovar il fine e la perfezione dellʹarte ... Nellʹarte della pittura aggiunse costui alla maniera del colorire a olio una certa oscurità, donde hanno dato i moderni gran forza e rilievo alle loro figure ...”
G. Vasari, Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti, 1568 “I moti del Vinci sono della nobiltà dellʹanimo, della facilità, della chiarezza dʹimaginare, della natura di sapere, pensare et fare, del maturo consiglio, congiunto con la beltà delle faccie, della giustitia, della ragione, del giuditio, del separamento delle cose ingiuste dalle rette, dellʹaltezza della luce, della bassezza delle tenebre, dellʹignoranza, della gloria profonda della verità, et della carità regina di tutte le virtù. Così Leonardo parea che dʹogni hora tremasse, quando si ponea a dipingere, e però non diede mai fine ad alcuna cosa cominciata, considerando quanto fosse la grandezza dellʹarte, talché egli scorgeva errori in quelle cose, che a gli altri pareano miracoli. Leonardo nel dar il lume mostra che habbi temuto sempre di non darlo troppo chiaro, per riservarlo a miglior loco et ha cercato di far molto intenso lo scuro, per ritrovar li suoi estremi. Onde con tal arte ha conseguito nelle faccie e corpi, che ha fatti veramente mirabili, tutto quello che può far la natura. Et in questa parte è stato superiore a tutti, tal che in una parola possiam dire che ʹ1 lume di Leonardo sia divino.” G.P. Lomazzo, Idea del tempio della Pittura, 1590 “...sebbene genio universale, Leonardo si rivela grande soprattutto quale pittore. Regolarmente e perfettamente formato, appariva, nei confronti della comune umanità, un esemplare ideale di essa. Come la chiarezza e la perspicacia dellʹocchio si riferiscono più propriamente allʹintelletto,ʹ così la chiarezza e lʹintelligenza erano proprie dellʹartista. Non si abbandonò mai allʹultimo impulso del proprio originario impareggiabile talento e, frenando ogni slancio spontaneo e casuale, volle che ogni proprio tratto fosse meditato e rimeditato. Dalle ricerche sulle pure proporzioni sino alle figure straordinarie e contraddittorie dei mostri più ibridi, tutto doveva risultare naturale e razionale.” J. Goethe, Italienische Reise, 1816 “Leonardo da Vinci, specchio profondo e oscuro/ in cui angeli incantevoli, con un dolce sorriso/ denso di mistero, appaiono allʹombra/ dei ghiacciai e dei pini che racchiudono il loro paesaggio.” C. Baudelaire, Les fleurs du mal, 1857 “Il più metodico degli uomini, quegli che fra i maestri di quel tempo si è occupato di più dei metodi di esecuzione, che li ha insegnati con tanta precisione che le opere dei suoi migliori allievi sono ognora confuse con le sue, questʹuomo, la cui ʹmanieraʹ è così caratteristica, non ha ʹrettoricaʹ. Sempre attento alla natura, consultandola senza tregua, non imita mai se stesso; il più dotto dei maestri è anche il più ingenuo, e nessuno dei due emuli suoi, Michelangelo e Raffaello, merita quanto lui tale elogio.” E. Delacroix, Journal, 1857‐63 “Non cʹè forse al mondo un esempio di genio così universale, inventivo, incapace di contentarsi, avido dʹinfinito e naturalmente raffinato, proteso in avanti, al di là del suo secolo e di quelli successivi. Le sue figure esprimono una sensibilità e uno spirito incredibili; traboccano dʹidee e di sensazioni inespresse. Vicino ad esse, i personaggi di Michelangelo non sono che atleti eroici; le vergini di Raffaello non sono che placide fanciulle, la cui anima addormentata non ha vissuto. Le sue, sentono e pensano con ogni tratto del viso e della fisionomia; ci vuole un certo tempo per stabilire un dialogo con loro : non che il sentimento che esse esprimono sia troppo poco definito; al contrario, esso scaturisce dallʹintero aspetto, ma è troppo sottile, troppo complicato, troppo al di fuori e al di là del comune, impenetrabile e inesplicabile.” H. Taine, Voyage en Italie, 1866 “Tranne che in Velàzquez, e forse, nelle opere migliori, Rembrandt e Degas, è inutile cercare valori tattili stimolanti e persuasivi come nella Gioconda; a parte Degas, non si ritrova suprema maestria di movimento, come nellʹincompiuta Epifania degli Uffizi; e se Leonardo è rimasto indietro quale pittore della luce, nessuno — come nella Vergine delle rocce — seppe suscitare col chiaroscuro sensi altrettanto acuti di mistero e religioso sgomento. Si aggiunga un istinto della bellezza e del significativo che solo lontanamente fu emulato ... Leonardo è lʹunico di cui si possa dire, e in senso assolutamente letterale: nulla toccò che non tramutasse in bellezza eterna Si tratti della sezione dʹuri cranio, della struttura di unʹerba o di unʹanatomia di muscoli : col suo istinto della linea e del chiaroscuro, li trasfigurò per sempre in valori che creano vita ... ... Per quanto grande come pittore, non fu meno famoso scultore, architetto, musicista ed estemporaneo ... La pittura significò per lui così poco, da doverla, considerare appena un modo dʹespressione eventualmente impiegato da un uomo di genio universale, quando non aveva occupazioni più gravi, e quando soltanto la pittura gli serviva a esprimere ciò che altre cose non avrebbero potuto : il significato spirituale più alto, attraverso il più alto significato materiale.” B. Berenson, The Italian Painters of the Renaissance, 1896 “Ciò che Leonardo suggerisce quando disegna, attua quando dipinge: aria luce, moto. È un compito che da secoli si chiede al colore, e Leonardo non ha colore. Trovò a Firenze un colore vivace, atto a rendere preziosa una superficie solida. Lo rifiutò perché non si curava della superficie solida. Troppo il suo occhio vagava per i larghi orizzonti delle valli distese, interrotte da colline, limitate da montagne. Che cosa poteva significare una superficie solida per una visione lontana di larghi orizzonti? Era bene adatta a definire un corpo umano veduto vicino. Ma lʹocchio di Leonardo voleva vedere lontana anche la figura umana. Da vicino ogni cosa sembra sia ferma; lʹoscillamento perenne dellʹatmosfera rende leggera, come librata a volo, ogni cosa lontana. E la pace della sera, quando la penombra avvolge gli animi e le cose, da allʹorizzonte una vibrazione lenta ininterrotta. Penombra, atmosfera, moto fisico di ogni molecola dellʹuniverso, vibrazione spirituale sperduta nel sogno, incertezza lontana di masse che si penetrano a vicenda; tutto egli converse nella figura umana ... Forma senza forma. E colore senza colore. Visione cromatica della forma, attuazione formale del colore.” L. Venturi, La critica e lʹarte di Leonardo da Vinci, 1919 “Indubbiamente, soprattutto agli inizi dellʹattività, lo scultore rivaleggiava in lui col pittore. Fu fiorentino sino al midollo, benché più sagace, più duttile, più intelligente dei suoi predecessori. Più tardi, sʹinteressò ai problemi pittorici via via che andava approfondendo quelli scientifici; dal che deriva la presenza, nella sua arte, di tendenze nuove e di tratti sconosciuti nei suoi contemporanei. Il passaggio dai dettagli precisi, dai contorni netti, alle gradazioni del chiaro‐scuro, alla corposità dello sfumato, riassume una tendenza generale nella pittura del Rinascimento; ma ciò che attorno a Leonardo non si attuò che in due o tre generazioni, in lui divenne maturo nello spazio di venti o trentʹanni. Nessun artista è stato più pronto nellʹassimilare le forme espressive ereditate dal passato e nel crearne di nuove; nessuno ha saputo meglio di lui costringere la forma a diventare il veicolo vivente della sua idea artistica. Ancora un aspetto dellʹenergia fiorentina si ritrova nel suo accanimento a cogliere in ogni cosa i punti salienti e i tratti caratteristici : la nota fondamentale, per così dire, dellʹarte di Leonardo, è essenzialmente fiorentina; ma egli saprà trovare armonie di una ricchezza prima di lui sconosciuta nellʹarte del suo paese.” O. Siren, Léonard de Vinci, 1928