Rituali di iniziazione e modernità

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Rituali di iniziazione e modernità
Daniele Segnini
Rituali di iniziazione e modernità
Oggi i rituali di iniziazione sopravvivono solo in popolazioni di interesse antropologico.Tra i Puebla del Nuovo Messico
,ad esempio, per rendere uomini i ragazzi li si fustiga a sangue e le ferite sono così profonde da lasciare cicatrici
permanenti. La frequente presenza di aspetti “violenti” nei riti di iniziazione maschili può essere ricondotta al
fatto che lo sviluppo maschile appare più indeterminato ed ha quindi più bisogno di essere fissato culturalmente. La
femminilità, invece, ha paletti chiari nel percorso di crescita: il menarca, la gravidanza, il parto, l’allattamento. Tra i
Ba Nande della Nuova Guinea esiste un particolare rituale di iniziazione per la donna che scopre di essere incinta per la
prima volta: vi partecipano solo le donne che mangiano, ridono, cantano e parlano male degli uomini. Anche presso i
Navajo americani (nella foto la loro diffusione attuale)il rito cerimoniale più importante riguarda il mito della “donna
che muta”, una divinità che genera due gemelli che uccideranno i mostri che aggredivano il popolo sacro.
Per capire appieno il valore profondo dei riti di passaggio sembra utile l’esperienza del filosofo Umberto
Galimberti presso i Dogon, una delle ultime popolazioni “primitive” dell’Africa. “Ho incontrato
verso sera, ai bordi di un campo, una figura bianca, un giovanetto di 12 anni a cui il gruppo di appartenenza aveva
praticato la circoncisione, fatto indossare una tunica bianca, assegnato una ciotola e allontanato per almeno un anno
perché iniziasse la sua vita. Lontano dal gruppo, dai padri, dalle madri, dalle matrici.”. Secondo Galimberti
l’iniziazione è un congedo dalla pigrizia di rimanere tra le cose note, una sfida lanciata all’ignoto, raccolta e
istituzionalizzata dal rito Dogon. Galimberti si domanda se noi occidentali siamo più capaci di quel “sapereassaggio”, di quel “sapere-scoperta” che ancora permane nelle pratiche iniziatiche, o siamo ormai
vincolati a forme di sapere che ci tranquillizzino senza esporci alle crisi. Ma senza crisi non c’è nascita, perché
non c’è separazione dal mondo genitoriale. I genitori occidentali sono ancora capaci di iniziare i propri figli? Sono
ancora in grado di allontanarli, come fanno i padri Dogon? L’angoscia di separazione – conclude
Galimberti - è innanzitutto la nostra angoscia di genitori che, ad ogni distacco dei nostri figli, perdiamo la loro
“proprietà”
“Vivevo con i Boscimani del Kalahari da un anno quando chiesi all’uomo più vecchio del gruppo di avere
anch’io un ruolo nella comunità. Volevo cacciare, come facevano gli uomini, ma il vecchio rispose di no: “Tu
puzzi e fai un sacco di chiasso con le scarpe, gli animali scappano” Allora proposi di partecipare ala raccolta di
vegetali spontanei con le donne. Altro rifiuto del vecchio: “Qui è pieno di piante velenose, le conosci
tutte?”. Avrei almeno potuto avere lo status del bambino? Nemmeno: non ero abile nel catturare le lucertole e i
bruchi che integravano la dieta. Il vecchio rilanciò: “Potresti fare la bambina”.Le bambine preparavano gli
ornamenti per le cerimonie: fui ammesso a fare le perline”. L’esperienza di Alberto Salza, antropologo
torinese, è significativa: a contatto con culture diverse dalla nostra, saltano tutti i parametri cui siamo abituati e non
riusciamo neanche ad apprezzare i riconoscimenti; il vecchio boscimano aveva ammesso l’occidentale nella
comunità degli umani, anche se nel rango più basso: nella loro cultura la distinzione tra uomini ed animali passa proprio il
saper o meno ricavare perline dalle uova di struzzo. (nella foto Boscimani del Kalahari durante una battuta di caccia)
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Generata: 16 March, 2017, 01:54