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MILANO FINANZA 16 Gennaio 2016 forse addirittura verso 10 dollari al barile. Royal Bank of Scotland prevede per esempio che il prezzo possa toccare quota 16 dollari. Ma anche chi non è così pessimista, considera gli immensi stoccaggi di petrolio esistenti come un peso sulle future quotazioni dell’energia, perché, presto o tardi, in un modo o nell’altro, finiranno sul mercato. La Bca Research, una società di ricerca indipendente, 13 Ma quanto ci costa la guerra d’Etiopia? ALLUVIONI E MISSIONI MILITARI ALL’ESTERO. SI PAGA ALLA POMPA L’elenco completo delle accise sulla benzina dal 1935 è ormai abbastanza famoso e comprende le seguenti voci: ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ ◆ 1,90 lire (0,00103 euro) - Per il finanziamento della guerra d’Etiopia – 1935-1936; 14 lire (0,00723 euro) - Per il finanziamento della crisi di Suez del 1956; 10 lire (0,00516 euro) - Per il finanziamento del disastro del Vajont del 1963; 10 lire (0,00516 euro) - Per il finanziamento dell’Alluvione di Firenze del 1966; 10 lire (0,00516 euro) - Per il finanziamento del terremoto del Belice del 1968; 99 lire (0,0511 euro) - Per il finanziamento del terremoto del Friuli del 1976; 75 lire (0,0387 euro) - Per il finanziamento del terremoto dell’Irpinia del 1980; 205 lire (0,106 euro) - Per il finanziamento della guerra del Libano del 1983; 22 lire (0,0114 euro) - Per il finanziamento della missione in Bosnia del 1996; 0,02 euro - Per il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004; 0,005 euro - Per l’acquisto di autobus ecologici nel 2005; Da 0,0071 a 0,0055 euro - Per il finanziamento alla cultura nel 2011; 0,04 euro - Per far fronte all’emergenza immigrati dovuta alla crisi libica del 2011; 0,0089 euro - Per far fronte all’alluvione in Liguria e Toscana nel novembre 2011; 0,082 euro - Per il decreto “Salva Italia” nel dicembre 2011. domanda internazionale dovrebbe crescere di circa 1,2 milioni di barili. E con un po’ di fortuna, nella seconda metà dell’anno il mercato petrolifero dovrebbe ritrovare un certo equilibrio, dopo essere prima scivolato verso i 20 dollari al barile. Ma come osservava a ragione il grande fisico nucleare, Niels Bohr, fare previsioni è difficile, specialmente riguardo al futuro. Così molti eventi potrebbero ancora spingere le quotazioni in una direzione o nell’altra. Per esempio, una maggiore produzione petrolifera irakena e iraniana, come accennato in precedenza, oppure una recessione in Occidente potrebbe spingere i prezzi verso 10 dollari al barile. Al contrario, l’inasprirsi della mai celata GRAFICA MF-MILANO FINANZA Hassan Rohani propone un grafico molto interessante, pubblicato a pagina 12. Il grafico traccia l’andamento del petrolio in termini reali (cioè al netto dell’inflazione) dal 1900 in avanti. E si nota, che eccezion fatta per periodi transitori di boom o di crollo, il prezzo del greggio tende a mantenersi costante. Bca Research ha ripetuto l’analisi per l’intero gruppo delle materie prime lungo addirittura 350 anni, giungendo al medesimo risultato: le materie prime, incluso il petrolio, tendono nel lungo termine a crescere né più né meno che al tasso medio degli altri prezzi, cioè dell’inflazione. A volte capita che si scolli da questa traiettoria, per esempio in risposta all’industrializzazione della Cina, ma poi le nuove tecnologie consentono di accrescere l’offerta e il di Giuliano Castagneto a come mai, se il prezzo del petrolio nel giro M di sei mesi è crollato del 72% dai 106 dollari al barile del giugno 2015 ai poco più di 29 di metà gennaio, quello della benzina ha limitato il ribasso nello stesso periodo al 14%? È la domanda che tanti automobilisti si fanno in continuazione. Il motivo principale, come spiega Stefano Giudici di Moneyfarm, non è tanto la vischiosità dei prezzi di offerta da parte delle compagnie petrolifere, diventata una sorta di leggenda metropolitana, visto che tra le stesse compagnie si è instaurata una concorrenza abbastanza feroce volta a difendere le quote di mercato. Il principale responsabile prezzo dell’energia torna indietro verso l’equilibrio di lungo termine. Secondo il grafico in pagina, il prezzo del petrolio è superiore del 15% circa al valore medio multisecolare, che è intorno a 25 dollari al barile. Naturalmente in questi casi, nulla toglie che si possa passare da un eccesso all’altro, con punte sotto i 20 dollari al barile. Lo schianto del barile ha na- è il fardello di tasse (tabella sopra) di varia natura e finalità che grava sul prezzo alla pompa, e fa sì che anche se estrarre il petrolio, raffinarlo e trasportarlo ai distributori non costasse nulla, un litro di benzina costerebbe comunque 50 centesimi al litro. Certo, fa sorridere vedere che chi fa benzina paga ancora i costi della guerra in Etiopia, ma l’incidenza è estremamente limitata. Preoccupa invece la presenza di tasse destinate a finanziare spese degli enti locali, missioni militari all’estero e le conseguenze di calamità naturali. Tutte voci di spesa sempre più ricorrenti, e che è facile prevedere si ripresenteranno ancora. E che assorbiranno eventuali ulteriori cali del petrolio. (riproduzione riservata) turalmente innescato una netta contrazione degli investimenti. Sia l’Opec sia l’Agenzia Internazionale per l’Energia stimano un taglio degli investimenti del 20% nel 2015. I piccoli petrolieri americani cominciano ad andare a gambe all’aria, con le relative obbligazioni spazzatura che hanno subito gravi flessioni verso fine anno. Metà dei petrolieri canadesi è in perdita e più profonde sofferenze accompagneranno il 2016. Di conseguenza, stime attendibili annunciano una riduzione di circa 1 milione di barili al giorno dell’offerta dei produttori nordamericani e di 1,5 milioni quella delle più costose produzioni offshore. Al contempo, se non si verifica una recessione globale, la Salman bin Abud al-Aziz Al Saud acredine tra Iran e l’Arabia Saudita di re Salman bin Abud al-Aziz Alk Saud potrebbe mettere le ali ai prezzi e invertire la tendenza in un battibaleno. Cosa che a Riyadh a parte tutto farebbe molto comodo considerata l’elefantiasi del proprio settore pubblico. Foraggiato naturalmente dal petrolio. (riproduzione riservata) Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/petrolio Manuale antipanico, le risposte degli esperti di MF e di Class-Cnbc A ltra settimana molto difficile per le borse, di fronte alla quale tanti investitori hanno visto aumentare i loro timori, moltiplicando le domande rivolte alle redazioni di MF-Milano Finanza e di Class Cnbc alla ricerca di elementi che li aiutassero a capire cosa stava succedendo. Non ancora superate le preoccupazioni legate allo stato di salute delle banche e alle conseguenze del bail-in, i risparmiatori hanno rivolto comunque molta attenzione alla caduta delle borse. Anche questa settimana le risposte fornite dagli esperti intervenuti come ospiti alle trasmissioni di Class Cnbc, oltre che da quelli contattati da MFMilano Finanza, la conferma che nel 2016 bisognerà muoversi con molta cautela, in quanto le problematiche che stanno originando questa prolungata turbolenza potrebbero accompagnarci ancora a lungo. I titoli migliori sono legati al comparto del lusso, quanto riflettono le tendenze del mercato cinese? Risponde Daniela Turri, analista indipendente: Non c’è alcuna correlazione con la borsa di Shanghai. I titoli legati al Piazza Affari è stata la migliore piazza europea del 2015. Possiamo sperare nel Conviene mettere in portafoglio il titolo energetico Enel? Risponde Daniela Turri (analista indipendente): In un’ottica di medio termine, e visto lo storico degli ultimi due anni, consiglierei di aspettare. Certo, è possibile assistere a dei rimbalzi, ma sono propedeutici a questa fase di ripiegamento. bis? Risponde Fabio Michettoni, partner di Vol Charts: No, per via della situazione fragile del mercato italiano. Anzi, credo che nel 2016 mostrerà tutta la sua debolezza. lusso hanno avuto picchi massimi anche nel momento in cui l’indice cinese ha segnato forti ribassi. Più che il comparto, comunque, è opportuno verificare ogni azione a sé stante: in questo momento non ci sono settori indenni da cedimenti. Perché la borsa italiana è danneggiata dal calo del greggio? Non dovremmo ricavarne solo vantaggi? Risponde Enrico Vaccari, fund manager di Consultinvest Sgr: Perché fa parte dell’Unione europea: siamo in un contesto di bassa crescita economica e la borsa italiana, all’interno di questa crescita, rappresenta l’anello debole. Devo aggiungere, però, che alla lunga i vantaggi di un basso prezzo del petrolio si vedranno in paesi manifatturieri e l’Italia rientra fra questi. Quanto rendono i fondi obbligazionari Paesi Emergenti in valuta locale? Risponde Andrea Orsi, M&G Investments: Nel 2016 un fondo obbligazionario a Paesi emergenti local currency, in valuta locale, può rappresentare un ottimo rendimento. Oggi alcune aree geografiche, come l’indonesia, il Brasile o il Messico, offrono rendimenti che spaziano dal 6 al 15%. Mi conviene un passaggio da un fondo azionario emergente a un fondo Europa o America? Risponde Fabio De Gaspari, asset management di Invest Banca: No, attualmente conviene resistere e rimanere sul mercato emergente.