citazione il giorno in più
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citazione il giorno in più
Brano tratto da Fabio Volo, Il giorno in più, cap. 12 (dialogo tra il protagonista e Michela, la donna dei suoi sogni che ha raggiunto a New York) «Ma tu sai cucinare?» «Sì, mia madre me l’ha insegnato. A me e alle mie sorelle. Sai, per come vede la vita lei è fondamentale per una donna saper cucinare.» «Beh, non ha tutti i torti. Nel senso che credo sia positivo, a prescindere dal fatto che uno sia maschio o femmina. Saper cucinare mi sembra una bella cosa.» «Sono d’accordo.» «E con il tuo ex convivevi? Cucinavi tu?» «Sì, convivevo. E cucinavamo tutti e due. Però più che convivevo sarebbe meglio dire coesistevo.» «Che differenza c’è?» «Forse convivere vuol dire più che altro condividere, e io preferivo non farlo.» «Ed è uno dei motivi per cui te ne sei andata?» «Anche. Ma prima di decidermi c’ho messo un po’, te l’ho detto.» «Io ho un’amica che sta vivendo la stessa situazione, solo che lei ha anche una figlia. Dev’essere dura vivere in una casa dove non si vuole più stare.» «Abbastanza. Poi con i figli diventa più complicato, credo. Io ero arrivata al punto che la sera ero contenta se faceva tardi al lavoro. A casa cercavo di andare a letto prima di lui o rimanevo sul divano fino a tardi. Quando andavo a letto prima, a volte mi cercava e io fingevo di dormire, ma se avessi dormito veramente mi sarei svegliata a un certo punto; invece facevo degli strani lamenti e mugolii finché lui smetteva e si metteva a dormire. Non era stupido, lo capiva anche lui, ma gli innamorati fanno finta di niente e hanno il terrore di addentrarsi in certi discorsi, per non avere la certezza di essere i soli ad amare. È brutto dire “no, amore, non c’è niente, è che sono stanca e lavoro tanto in questo periodo”. Basta, non voglio più mettermi in quelle situazioni. Nell’ultimo periodo mi infastidiva anche solo il concetto di plurale. Sai quando gli amici ti invitano o ti parlano e lo fanno sempre al plurale: venite, andate, uscite? Ma non riuscivo a lasciarlo. Forse anche perché i discorsi delle mie amiche e di mia madre mi stavano convincendo.» «Alla fine ci sei riuscita, però. Non tutti ce la fanno.» «Perché non è facile. Quando ho lasciato Paolo ho avuto dei problemi anche con la mia famiglia, oltre che con la sua. Sua madre mi telefonava e mi diceva di ripensarci, che suo figlio era un bravo ragazzo e, anche se non me lo ha mai detto esplicitamente, mi ha fatto capire che persino economicamente era conveniente rimanere con lui. Pure la mia famiglia faceva quei discorsi. I miei genitori mi hanno sempre vista come “una cosa strana”. Si sono sempre occupati di me in maniera goffa. Io non sono mai stata come loro. Avevano spinto molto perché mi sposassi, pensavano che con il matrimonio avrei messo “la testa a posto”, come dice mia madre. Un pensiero in meno. In ogni caso, tutti si aspettavano che io rimanessi lì con lui. Anche se non ero più innamorata. Questa è stata la cosa che mi ha fatto più tristezza. Un’amica mi ha detto che mi sarei dovuta sposare ugualmente perché Paolo era un bravo ragazzo, e in giro non è che ci fosse di meglio. Poi alla mia età mi conveniva rimanere con lui. “Hai quasi quarant’anni, dove vuoi andare?” A parte che ne avevo trentacinque... Ero stufa di vivere in mezzo a quelle persone che dopo i trent’anni iniziano a chiederti: “Come mai non sei sposata?”. Una donna che non si sposa sembra sempre che lo faccia perché non ha trovato la persona giusta e non perché è una sua scelta. Sembra sempre una conseguenza. Pensa che bello se invece iniziassimo a chiedere alle donne: “Perché ti sei sposata?”. Ero stanca di farmi guardare come una sfigata da donne che sognano di diventare mogli a ogni costo. Così ho cambiato aria.» «E adesso cerchi l’uomo perfetto?» «Spero di no... sai, credo che l’uomo perfetto giustamente cerchi la donna perfetta. Non avrei chance.» «Allora cosa cerchi?» «Non lo so. Forse niente, forse tutto. Magari adesso, più che cercare, voglio vivere quello che mi capita, quello che la vita mi dà. Amo giocare. Essere libera. Faccio un lavoro a New York che mi piace e che mi sono trovata da sola. Sono felice e fiera di me anche quando faccio la spesa e spingo il carrello. Se mi va la sera esco, altrimenti me ne sto a casa a leggere o a guardarmi un film o a cucinare qualcosa di buono per me, o per gli amici. A volte mangio a tavola e apparecchio, oppure mi siedo per terra con la schiena appoggiata al divano. Mi apro una bottiglia di vino anche se sono sola. Non devo discutere. Sono indipendente. Difenderei questa condizione con tutte le mie forze. Sempre. Eppure anch’io a volte avrei bisogno di un abbraccio, di arrendermi e perdermi tra le braccia di un uomo. Un abbraccio che mi faccia sentire protetta anche se so proteggermi da sola. Sono in grado di fare le cose di cui ho bisogno, ma a volte vorrei far finta di non esserlo per il piacere di farle fare a qualcun altro per me. È una sensazione. Ma non voglio stare con un uomo per questo. Non posso scendere a compromessi, e non posso rinunciare a tutto quello che ho, alla mia libertà, per quell’abbraccio che poi spesso con gli anni non c’è nemmeno più. «Mi sono svegliata tardi. Io di uomini non ne ho avuti molti. Sono sempre stata fidanzata e fedele. Ho avuto storie di anni, alla fine i miei uomini si contano sulle dita di una mano. Mia nipote a diciannove anni ne ha già avuti più di me. Io prima non sono mai riuscita ad aprirmi o a stare con un uomo senza che ne fossi innamorata o che fossimo comunque fidanzati.» «Hai vissuto l’opposto di ciò che ho vissuto io. Pochissime storie e molte avventure. Pensa che io per stare bene con una donna ho bisogno del contrario: meno mi sento legato e più sto bene. Ma tu allora cosa vorresti trovare in un uomo?» «Ma che ne so... vorrei un uomo con cui stare bene. Un uomo seduto al mio fianco quando sono al cinema, o al ristorante, o su un pullman. Vorrei incontrare una persona con la quale condividere delle prospettive. Non voglio dire per forza matrimonio, figli eccetera. Ma nemmeno uno di quegli uomini che si spaventano quando chiedi una cosa più lontana di due giorni. Una volta, a giugno, ho chiesto a uno con cui stavo cosa avremmo fatto ad agosto in vacanza. Si è agitato così tanto che per due giorni ha perso l’uso della parola e poi ha iniziato a dirmi che mi doveva parlare e che forse ad agosto gli avrebbe fatto piacere restare da solo. Non cerco una famiglia, ma nemmeno una persona con cui non riesco a progettare una vacanza perché gli vengono le ansie. Mi sono rotta degli uomini bambini. Sono vecchia per fare quella giovane e sono troppo giovane per fare la vecchia. Vorrei uno che mi piace e vorrei poterglielo dire senza che si spaventi, senza che mi faccia sentire che gli sto troppo addosso. Vorrei un uomo che con la stessa serenità mi cerchi quando non lo cerco io. Come hai fatto tu, venendo qui. E poi soprattutto vorrei un uomo che c’è.» «Che vuol dire?» «Io so cosa intendo, anche se non riesco a spiegarlo. Un uomo che c’è. È uno sguardo. Uno sguardo dietro a tutto. È un modo di guardarti in silenzio che significa tutto per me. Significa che c’è.» Michela parlava liberamente e, alla fine, sembrava cercasse nelle persone le stesse cose che cercavo io. Quando le ho detto che avevo avuto poche storie e molte avventure non sono sceso nei particolari. Non me la sono sentita di spiegarle per esempio che uno dei miei problemi in una relazione è che, se sto con una donna, con il tempo diventa tutto meno potente. Il corpo non mente mai. A me, dopo un po’, cala il desiderio.(…). Perché la cosa che mi eccita di più in una donna è il mistero, la sconosciuta che abita in lei, scoprire come sono il suo corpo, la sua pelle, il suo odore, come ansima quando fa l’amore. Sono un esploratore, un navigante, un marinaio, un pioniere, un viaggiatore. Amo le donne. Per questo non sono praticamente mai stato fidanzato. Perché le amo, e non mi piace tradirle. Le altre donne mi distrarrebbero da quella con cui sto. Non riesco a rinunciare alle altre perché io sono vittima del bacio non dato, del corpo sconosciuto, dello sguardo misterioso. L’emozione del primo bacio, a lungo desiderato. Un corpo nuovo che ti offre la possibilità di toccarlo per la prima volta. (…) Accorgersi che il mondo si ferma quando una donna ti sorride. Il décolleté di una donna, anche non particolarmente bella, è come un incidente stradale: rallenti sempre per guardarlo. Su di me tutte queste sensazioni hanno lo stesso effetto degli stupefacenti. Amo le donne, le ho sempre amate. Come si fa a non amarle? Perché le donne sono belle. Belli i loro contorni, le loro mani, la pelle, i fili contorti dei loro pensieri. Belli i profumi colorati dei loro desideri. Come le loro paure, i loro piccoli turbamenti. Amo la bellezza dei loro gesti. Amo come si asciugano le lacrime con la mano e il sorriso improvviso che fanno dopo aver pianto come bambine. Squarci di luce inattesi. Amo le donne. Senza di loro me ne sarei già andato. Senza di loro non sarei mai più tornato. Sono sempre stato così. Quando parlo al telefono e sento che mi è arrivato un messaggio, non mi interessa più parlare, perché sono curioso da morire di sapere chi me lo abbia mandato. Mi distraggo da quel che sto facendo. Questo è sempre stato il mio pensiero con le donne: ho sempre creduto che se stavo con una avrei perso tutte le altre. Sono stato così in tutto. Nello sport, per esempio, ho fatto karaté, ping-pong, calcio, basket. Non mi sono mai focalizzato su un’attività sola. Ho scavato sempre mille buche, forse per questo non ho mai trovato niente. Michela mi ha insegnato una cosa importante. Ma in quei giorni ancora non lo sapevo.