uomo e donna, due diverse modalita` di vivere l`essere genitore
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uomo e donna, due diverse modalita` di vivere l`essere genitore
20 AURORA – n. 26 – Anno IV – gennaio 2011 RUBRIC A AL NILE I M M E F o 8 marz o non sol UOMO E DONNA, LUOGHI COMUNI, E REALTÀ: considerazioni su due diverse modalità di vivere l’essere genitore di Claudia Cimini – P RAGA Viviamo in una società secondo la quale ciò che é fatto, raggiunto, detto dalle donne è sottoposto automaticamente ad una lente che magicamente sminuisce, rimpiccolisce, denigra. I passatempi considerati femminili per eccellenza, godono normalmente di un alone di frivolezza, stupidità, leggerezza, o di antica pedanteria dell’altro secolo. Senza parlare poi dell’ambito lavorativo, in cui quelle attività considerate di pertinenza prettamente femminile o che sono maggiormente esercitate da donne, godono di un prestigio sociale e di una retribuzione assai minore rispetto a quelle prettamente maschili. Del resto, che le donne guadagnino meno pur ricoprendo le stesse posizioni ed avendo gli stessi incarichi degli uomini è fatto ormai noto, riconosciuto ed “accettato”. Analizzando ora una delle attività più difficili per l’essere umano, ossia occuparsi della crescita di un nuovo individuo, della sua felicità e capacità di vivere nel mondo che lo circonda, vediamo che quello stesso atteggiamento denigratorio che sottovaluta, dequalifica, o rende invisibile la donna, è applicato ai massimi livelli alla condizione di madre, al lavoro quotidiano ed invisibile fatto da milioni di donne per crescere uno o più figli e figlie. Un lavoro duro, nascosto, normalmente non apprezzato né nell’ambito familiare né al di fuori di esso, alienante, in cui ci si deve dimenticare di sé, delle proprie esigenze di persona, del lavoro e della vita sociale, perché purtroppo non si ha più tempo o energia. Per ciò che concerne il rispettivo maschile, cioè l’esser padre, la situazione è diametralmente opposta. Normalmente l’uomo che si occupa dei propri figli (nella maggior parte dei casi in quelle ore in cui la mamma non se ne può occupare, perché, sia ben chiaro, questo è un compito che spetta alla donna) diventa immediatamente un buon papà. Il suo occuparsi dei figli è immediatamente notato, riconosciuto e apprezzato. Il voler considerare la naturalità dell’esser madre e mai dell’esser padre, comporta un’automatica svalutazione dell’attività materna. Essendo la procreazione e la nascita un evento naturale, la madre è colei che naturalmente si deve occupare della prole perché è lei che, per istinto, sa come si fa ed è lei che i figli cercano e vogliono (ovviamente stiamo riportando uno dei luoghi comuni che ascoltiamo da sempre). L’essere una buona madre è un affermazione ridondante, si è buone madri naturalmente, senza sforzi perché istintivamente si fa quello che va fatto. Ed essendo una cosa naturale non è degna di valutazioni positive, né di gratificazioni alcune. Questo articolo si può commentare sul blog di AURORA all’indirizzo: http://aurorainrete.org/wp/2620 Apprezziamo forse la capacità di saper respirare? No, è un evento naturale che tutti facciamo e che non è degno di merito alcuno. Il lavoro, la fatica, il tempo dedicato ai figli e alle figlie è ciò che naturalmente va fatto senza lamentarsi. Fare delle rimostranze significa infatti non amare a sufficienza i propri figli e questo si che è contro natura! Esistono invece delle cattive madri, quelle che pensano a loro stesse e non si dedicano ai figli 24 ore su 24, quelle che magari devono lavorare, quelle che non hanno tempo di cucinare tutti i giorni, quelle che non si occupano della casa e del marito, quelle che si lamentano, quelle che non avevano capito che diventare madre significava avere una identità nuova, non più di persona o di donna ma di madre, non più di amica o amante, ma di madre, non più di lavoratrice ma di madre. Voci queste che sentiamo talmente tanto spesso da averle interiorizzate, fatte nostre, voci che hanno plasmato la nostra identità sin dai primi anni e che cambiano la nostra esistenza. Voci alle quali è difficile opporsi, perché cosi radicate da esser diventate indiscutibili, che ci rivoltano sulle nostre spalle responsabilità, fatiche, frustrazioni enormi. E sono queste quelle voci che fanno andare avanti una società in cui il lavoro duro va fatto fare in modo AURORA – n. 26 – Anno IV – gennaio 2011 che chi lo fa non si debba lamentare perché se si incomincia a protestare, a chi lo facciamo fare? E scatta qui l’arma peggiore, quella subdola che ti viene rivolta contro appena dici qualcosa: il ricatto morale di non amare a sufficienza i propri figli e figlie, di essere egoiste perché non si è disposte a dimenticarsi di se stesse per loro, per la casa e il marito, ossia, ricordiamolo pure, il padre dei nostri figli. E questo il ricatto che pesa maggiormente, che ti entra dentro e ti fa pensare di non essere brava a sufficienza perché stanca o insoddisfatta o solo perché metti in discussione le scelte prese, di fronte a tanta fatica di cui non si vuole sentir parlare. Se non sono appagata dalla mia condizione di madre, se perdo la pazienza quando sono stanca, se sbaglio, se non sono sempre felice, non sono una buona madre, ossia non son una madre degna di esser tale. Non si parla mai di come esser madre significhi dimenticarsi di se stesse completamente per alcuni anni. Una delle frasi tipiche di quando si hanno i bambini piccoli e “non ho neppure il tempo di andare al bagno”. Che esagerazione, pensiamo subito, del resto le donne tendono a drammatizzare tutto! Voci, voci che parlano dentro senza avere neppure il tempo di fermarle, come le musiche idiote dei jingles, facili, penetranti, inarrestabili. Queste donne per alcuni mesi, neppure vanno a lavoro, cosa fanno si lamentano? Del resto chi glielo ha detto di restare incinta? Non sapevano forse che mettere al mondo dei figli comporta dei sacrifici? Ma chi ha voglia di ascoltare questi sacrifici che conosciamo tutti, che non lo vediamo il lavoro che fanno e hanno fatto le nostre madri? Certo pero che come la mia di madre eh....Se la modernità ha portato l’emancipazione, ecco cosa ci dobbiamo sentir dire da queste donne di oggi! Ma quando parliamo di opinione pubblica, luoghi comuni, frasi fatte, dell’opinione di chi stiamo parlando? Di chi è quella voce che ripete sempre le stesse parole con voci diverse? Da dove provengono queste frasi preconfezionate che ci vengono sempre riproposte? Spesso parliamo di ciò che molti uomini pensano, che fanno passare come ciò che tutti credono e che diviene in molti casi l’opinione delle donne stesse. Si interiorizzano parole non nostre, parole vuote, il cui significato però è stato già spesso assorbito per crear un’identità comune che toglie alle persone la capacita riflessiva e analitica per contrapporsi allo status quo. In questo modo si evita di far speculazioni su quelle situazioni che ci opprimono, ciò per poter perpetuare il funzionamento di meccanismi innescati da anni che non conviene che vengano cambiati né messi in discussione. Per ciò che riguarda gli uomini la situazione è completamente diversa. Esistono infatti i papà e i buoni papà. Questi ultimi sono quelli che oltre a lavorare, giocano e si prendono cura dei figli! Quelli delle pubblicità e dei film americani che hanno uno splendido rapporto con i piccoli, che giocano in giardino ed impartiscono lezioni di vita dopo ogni partita a pallone. E oggi ce ne sono tanti, e ti devi ritenere fortunata se hai accanto uno di questi! Quelli che si occupano dei figli quando la donna non se ne può occupare! Quelli che mentre guardano la partita pendono l’orecchio per sentire se di là è tutto a posto. Quelli che quando ne hanno voglia cucinano invece di rilassarsi davanti alla televisione e aspettare che sia pronta la cena! Quelli che neppure ti tradiscono, eppure di occasioni ne avrebbero! Quelli che non ti hanno mai picchiata anche se tante volte te la vai proprio a cercare! Quelli che non ti dicono niente se ti metti quella gonna un po’ troppo corta ed esci con quelle amiche un po’ civettuole! Quelli che ti danno i soldi per fare le spesa, e anche per comprarti 21 qualcosina per te, certo mica sempre, del resto loro i soldi se li sudano, mica stanno sempre a casa a non fare niente... Gli uomini sono sempre quelli i cui sacrifici valgono più di quelli degli altri, come del resto tutte le cose che fanno. Sono quelli che probabilmente non ci pensavano per niente a metter su famiglia, a perdere la loro libertà, sono coloro che hanno accettato di realizzare il nostro sogno, ed ora ci vogliamo lamentare? Senza pensare poi a ciò che ci viene raccontato dei padri del passato. Mio padre neppure ci prendeva in braccio in pubblico quando eravamo piccoli! Mio padre non era mai in casa e quando c’era ci metteva in punizione per quello che avevam fatto durante il giorno! Mio padre era talmente geloso di mia madre che non la mandava neppure a fare la spesa da sola! Questi racconti, invece di farci inorridire rispetto alla condizione maschile degli anni passati, hanno lo scopo di rendere la condizione presente una situazione di cui non ci si può lamentare, tutto sommato stiamo proprio molto meglio ora rispetto a come vivevano le nostre nonne... È necessario dare maggiore visibilità alla condizione di madre cosi come noi donne reali, imperfette, con i nostri dubbi e perplessità la viviamo. Rifiutare l’identità di donne di plastica soddisfatte e felici che apparecchiamo la tavole canticchiando, sempre belle e disponibili a prendersi cura di marito, figli e parenti, se non lo siamo. Diamo spazio alle altre facce delle madri, quelle stressate, incapaci di stare dietro a tutto e tutti, a quelle la cui voglia di sorridere sempre affabilmente è passata da tempo. Quelle con i dubbi, le tristezze, i malumori. Con i capelli dritti e le mani tra i capelli, perché la realtà non e quella che ci raccontano, la realtà è quella che viviamo noi con i nostri punti di vista e le nostre meravigliose debolezze, indecisioni e arrabbiature! Non parlo di tutti gli aspetti positivi dell’esser genitore perché sono quelli di cui si parla sempre, che ci vengono sempre sbattuti in faccia per evitare che si parli di altro. Il tempo dedicato dall’uomo all’ambito familiare e domestico non può essere una concessione fatta alla donna, ma una condizione necessaria per il buon equilibrio familiare. L educazione, intesa come prendersi cura quotidianamente delle necessità affettive, fisiche, psicologiche dei bambini deve essere una coeducazione quotidiana vissuta da tutti i membri della famiglia come momento di crescita reciproca. Gli angeli del focolare stanno perdendo il loro aspetto divino per assumere dei volti reali, imperfetti che vogliono essere visti, riconosciuti ed apprezzati per il lavoro che fanno quotidianamente, con la voglia di crescere figli che possano essere dei compagni consapevoli del loro ruolo familiare e dei padri presenti e reali se un giorno decidessero di esserlo.