La mobilità del consumatore nel settore dell`abbigliamento

Transcript

La mobilità del consumatore nel settore dell`abbigliamento
DIPARTIMENTO DI ECONOMIA
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PARMA
via J.F. Kennedy 6 - 43123 Parma - Italia
LA MOBILITÀ DEL CONSUMATORE TRA FORMATI DISTRIBUTIVI NEL
SETTORE DELL’ABBIGLIAMENTO: UN’INDAGINE EMPIRICA*
Donata Tania Vergura
[email protected]
Sabrina Latusi
[email protected]
WORKING PAPER MK03/2013
JEL classification: M31, L81
Parole chiave: mobilità, formati distributivi, comportamento di acquisto.
*
Pur essendo il presente articolo frutto di un lavoro comune, il paragrafo 1 è da attribuirsi a Sabrina
Latusi e i paragrafi 2, 3, 4, 5, 6 a Donata Tania Vergura.
ABSTRACT
Lo studio indaga la mobilità del consumatore tra formati distributivi con riferimento
all’acquisto di prodotti di abbigliamento. L’obiettivo è di mettere in relazione il numero
di formati frequentati con un insieme di caratteristiche riferite al consumatore. I risultati
di un’indagine condotta su un campione di 951 consumatori indicano che solo alcune
caratteristiche della domanda impattano sui modelli di frequentazione dei punti vendita.
Tra le caratteristiche socio-demografiche, solo lo stato occupazionale influenza
significativamente il numero di formati frequentati. Inoltre, la tipologia di formato
preferito e la propensione al risparmio risultano essere importanti ai fini della mobilità.
Le implicazioni manageriali sono discusse con indicazioni per la ricerca futura.
1. Introduzione
La fedeltà del cliente è una sfida centrale per i distributori nei mercati altamente
competitivi e il numero di punti vendita frequentati è uno dei principali elementi
proposti in letteratura ai fini della sua misurazione (Enise Paul, 1970; Burford et al.,
1971). Se i consumatori perfettamente fedeli concentrano i loro acquisti esclusivamente
presso il punto vendita di fiducia, molti altri tendono a frequentare un insieme di negozi
concorrenti. La mobilità tra forme distributive e insegne è sostenuta dalla eterogeneità
della domanda e dalla proliferazione dei formati distributivi (Bustos-Reyesa e
González-Benito, 2008; Kau e Ehrenberg, 1984; Knox eDenison, 2000; Morganosky,
1997; Morganosky e Cude, 2000; Rheee Bell, 2002; Rousey e Morganosky, 1996).
Il tema della mobilità del consumatore ha ricevuto rilevante attenzione in letteratura con
riferimento ai beni di largo consumo. In tale contesto è stato verificato che i
consumatori hanno un negozio primario presso cui concentrano la maggioranza dei
propri acquisti (Ailawadi e Keller, 2004; Flavián et al., 2001; González-Benito et al.,
2005; Kau e Ehrenberg, 1984; Knox e Denison, 2000; Morganosky e Cube, 2000; Rhee
e Bell, 2002; Stassen et al., 1999). La scelta del punto vendita primario è relativamente
stabile (Rhee e Bell, 2002), ma il grado di fedeltà dimostrato dipende dal modello di
comportamento di acquisto ed è influenzato dal numero di negozi complessivamente
frequentati (Mägi, 2003). Inoltre, alcun autori hanno dimostrato che il grado con cui si
ricorre ai punti vendita secondari varia tra i consumatori (Mägi, 2003; Popkowski
Leszczyc e Timmermans, 1997; Thelen e Woodside, 1997; Urbany et al., 2000;
Woodside e Trappey, 1996).
Alla luce delle evidenze emerse nel settore di beni di largo consumo, il presente lavoro
intende indagare la mobilità del consumatore tra formati distributivi nel settore dei
prodotti di abbigliamento. L’offerta commerciale ha sperimentato nel tempo un livello
di competizione crescente dovuto all’incremento delle insegne operanti a livello
nazionale e internazionale, ma anche all’affermazione di medie e grandi strutture di
vendita (ipermercati, outlet, shopping village) che hanno affiancato il dettaglio
tradizionale. Ne consegue l’intensificarsi della competizione inter e intra-type che
rende la conquista ed il mantenimento della fedeltà al punto vendita priorità strategiche
anche in questo settore. Tuttavia, l’attenzione della letteratura al tema della mobilità dei
2
consumatori tra formati distributivi appare carente, perlomeno in termini di evidenze
empiriche.
L’obiettivo conoscitivo del presente lavoro è di mettere in relazione il numero di
formati frequentati ad un insieme di caratteristiche riferite al consumatore. Il quadro
teorico proposto consente di individuare le differenze nel comportamento di acquisto
del consumatore, con implicazioni sia sul piano manageriale sia su quello accademico.
In particolare, i risultati possono supportare le strategie di segmentazione e targeting
delle insegne tese a sfruttare il potenziale di fedeltà della base clienti. Concentrare gli
sforzi di marketing sui clienti che sono predisposti alla fedeltà e che frequentano pochi
negozi è un modo efficace per rafforzare la fedeltà e migliorare i livelli di performance
(Berman e Evans, 2001).
2. Quadro concettuale
L’analisi costi-benefici rappresenta un riferimento teorico appropriato ai fini dell’analisi
della mobilità del consumatore tra punti vendita. Frequentare più negozi produce
vantaggi (offerte migliori, varietà, ecc.), ma comporta anche dei costi (tempo, trasporto,
ecc.). La concentrazione degli acquisti in un unico punto vendita (o pochi) semplifica
l’attività di shopping e riduce gli sforzi di ricerca (Flavián et al., 2001; Popkowski
Leszczyc e Timmermans, 1997). Il tempo è una componente rilevante dei costi associati
allo shopping e il suo valore non è il medesimo per tutti i clienti (Stigler, 1961).
Pertanto, le differenze sul piano del costo-opportunità del tempo possono spiegare le
differenze dei modelli d’acquisto.
Nel quadro concettuale del presente studio, sono prese in considerazione sia le variabili
che aumentano i benefici e/o diminuiscono i costi associati alla frequentazione di una
pluralità di negozi, sia le variabili che riducono i benefici e/o aumentano i costi di tale
comportamento. Più precisamente, l’analisi considera una serie di caratteristiche riferite
al consumatore che possono favorire la dispersione o la concentrazione dell’attività di
acquisto tra formati distributivi concorrenti (Figura 1).
In tale prospettiva, lo studio indaga sette caratteristiche riferite ai consumatori: età,
dimensione del nucleo familiare, genere, stato occupazionale, forma distributiva
preferita, atteggiamento verso lo shopping, propensione alla “ricerca dell’affare”. Tali
variabili sono state selezionate alla luce della letteratura rilevante, principalmente
riferita al settore dei beni di largo consumo, nonché per il loro carattere di oggettività. Si
è, infatti, deciso di utilizzare solo variabili che non sono suscettibili di distorsioni
quando misurate sulla base delle dichiarazioni dei soggetti. Nello specifico, la frequenza
di acquisto e il budget di spesa allocato ai beni oggetti di analisi non sono presi in
considerazione, essendo influenzati dalle euristiche dell’ancoraggio e della disponibilità
(Kahneman et al., 1982; Slovic, et al., 2002; Tversky e Kahneman, 1974). È stato
escluso anche il reddito, essendo esposto a distorsioni connesse alla desiderabilità
sociale.
Di seguito viene fornita una breve discussione di ciascuna variabile oggetto di indagine.
L'età è una variabile chiave del comportamento di acquisto. Per quanto riguarda la
mobilità tra punti vendita, può avere un effetto negativo sul numero di negozi
frequentati. Il deterioramento delle abilità fisiche, il declino cognitivo, la selettività
3
socio-emozionale e l’avversione al cambiamento associati all’invecchiamento riducono
il set di alternative d’acquisto frequentate (Lambert-Pandraud et al., 2005; Baltas et al.,
2010). D'altra parte, le persone anziane hanno più tempo libero a disposizione per lo
shopping e questo può sostenere la visita a una varietà di negozi (East et al., 2000; Fox e
Hoch, 2005; Cooil et al., 2007). La conclusione generale sembra essere che questi effetti
opposti legati all’età possono compensarsi tra di loro. Questo punto di vista - vale a
dire: l’età è una variabile non significativa - è supportato dai risultati di Kim e Lee
(2010) e Luceri e Latusi (2012) con riferimento al grado di fedeltà al negozio principale
per gli acquisti di beni di largo e generale consumo. Pertanto, si può ipotizzare
un’analoga assenza di relazione anche nel settore dell’abbigliamento. Più formalmente,
è possibile formulare la seguente ipotesi:
H1. L’età non influisce sul numero di formati distributivi frequentati.
Con riferimento al genere, i risultati disponibili in letteratura evidenziano una differenza
di genere rispetto alla volontà di raccogliere informazioni e alla fiducia nel risultato
dell’elaborazione delle stesse. In tal senso, gli uomini sono più inclini delle donne a fare
confronti tra una varietà di punti vendita e ad avere un comportamento di acquisto più
orientato al risultato (Kempf et al., 1997; Maccoby e Jacklin, 1974; Noble et al., 2006;
Otnes e McGrath, 2001). Altri studi hanno dimostrato, tuttavia, che per le donne lo
shopping è un'attività piacevole e sono maggiormente disponibili degli uomini a
dedicare tempo al processo di acquisto (Luceri e Latusi, 2012). Inoltre, le donne sono
tradizionalmente esposte a un minor grado di stress associato al tempo (Campbell, 1997;
Grewal et al., 2003; Krishnan e Saxena, 1984). Sposando quest’ultimo punto di vista, si
formula la seguente ipotesi:
H2. Il genere ha un impatto sul numero di formati frequentati; nello specifico, la
mobilità delle donne è superiore a quella degli uomini.
La dimensione del nucleo familiare è risultata correlata positivamente con la fedeltà al
punto vendita nel settore grocery per la pressione esercitata dal minor tempo disponibile
(East et al., 2000; McGoldrick e Andre, 1997). Al contempo, le famiglie più numerose
sono maggiormente orientate a frequentare più negozi alla ricerca di un maggiore
risparmio. (Baltas et al., 2010; Fox e Hoch, 2005; Hoch et al., 1995; Mägi, 2003).
Inoltre, è ragionevole ipotizzare che la varietà di composizione delle famiglie più
numerose in termini di età e di esigenze di acquisto incida positivamente sul numero di
formati frequentati. Si formula, pertanto, la seguente ipotesi:
H3. La dimensione del nucleo familiare ha un effetto positivo sul numero di formati
frequentati.
I risultati degli studi precedenti nel settore del largo consumo confezionato concordano
sul fatto che le persone occupate abbiano un comportamento di acquisto semplificato a
causa dei vincoli di tempo cui sono sottoposte. Nello specifico, tendono a concentrare i
loro acquisti presso il negozio preferito al fine di ridurre il tempo dedicato allo shopping
a favore di altre opportunità (Baltas et al., 2010; Flavián et al., 2001; Popkowski
Leszczyc e Timmermans, 1997; Popkowski Leszczyc et al., 2004). Di conseguenza, è
4
possibile attendersi una relazione negativa tra occupazione e mobilità tra formati
disstributivi. Più formalmente:
H4: Lo stato occupazionale ha un effetto negativo sul numero di formati frequentati.
La preferenza del consumatore verso un dato format di punto vendita può avere un
impatto importante sul numero di forme distributive frequentate in relazione alle
politiche assortimentali dei diversi formati commerciali. Ad esempio, la
despecializzazione dell’ipermercato può aumentare i vantaggi associati alla mobilità in
relazione alla ridotta profondità dell’assortimento di categoria. Lo stesso
comportamento d’acquisto può emergere con riferimento ai negozi inseriti nei factory
outlet center con un’offerta limitata ai capi di fine serie. Pertanto, si precisa la seguente
ipotesi:
H5. La preferenza verso un data forma distributiva influisce sul numero di formati
frequentati.
Anche il modo in cui il consumatore percepisce l’attività di acquisto può influire sul
numero di formati frequentati. Quando l’attività di acquisto è vissuta essenzialmente
come un dovere, si tende a percepire maggiormente gli sforzi sottesi alla mobilità
rispetto ai benefici. Per converso, le persone che considerano lo shopping come
un'attività piacevole tendono a percepire i benefici associati alla mobilità più dei costi.
La relazione tra atteggiamento verso lo shopping e mobilità tra punti vendita è stata
verificata con riferimento a processi di acquisto che sottendono un basso
coinvolgimento del consumatore (Luceri e Latusi 2012). A maggior ragione, tale
relazione dovrebbe sussistere con riferimento a beni a maggior contenuto di complessità
rispetto a quelli del largo consumo, come quelli oggetto di indagine. Pertanto, si
formula la seguente ipotesi:
H6. La percezione dell’attività di acquisto ha un impatto sul numero di formati
frequentati; nello specifico, maggiore è il piacere associato allo shopping, maggiore è
la mobilità tra punti vendita.
La propensione dei consumatori alla “ricerca dell’affare” può dimostrarsi un fattore
determinante della mobilità tra punti vendita (ad esempio, Blattberg et al, 1995; Fox e
Hoch, 2005). La propensione a sfruttare le opportunità promozionali è indicativa di una
maggiore sensibilità al prezzo e di un orientamento al value for money. È evidente che
tali fattori possono agire positivamente nel determinare l’ampliamento del set di
alternative di acquisto frequentate. Più formalmente:
H7. La propensione alla “ricerca dell’affare” ha un effetto positivo sul numero di
formati frequentati.
5
Figura 1
Quadro concettuale e ipotesi.
3. Metodologia
3.1. Raccolta dei dati
La raccolta dei dati è stata realizzata attraverso un sondaggio telefonico ad un campione
casuale della popolazione dell’Emilia-Romagna. Ciò ha permesso di considerare una
vasta gamma di situazioni competitive, raggiungendo risultati generali non limitati allo
specifico contesto di mercato di una singola città o area metropolitana. Si è utilizzato un
metodo di campionamento proporzionale in base alla provincia di residenza e alla
dimensione del comune. Il campionamento sequenziale a due fasi ha previsto la
selezione casuale di 200 comuni, pari al 59% del totale regionale, adottando una
frequenza di campionamento pari a 0.9 famiglie per mille, incorrendo in un margine di
errore massimo di un +/- 2.5% con un livello di confidenza del 95%.
L'indagine telefonica è stata condotta con metodologia CATI (Computer Assisted
Telephone Interviewing) ai responsabili degli acquisti familiari. Sono state realizzate
1525 interviste, delle quali 951 sono risultate valide ai fini dell’indagine. L'età media
dei rispondenti è di 49 anni, variando da un minimo di 18 ad un massimo di 75. Più
della metà degli intervistati è di sesso femminile (65%). I nuclei familiari di
appartenenza sono costituiti in media da 2.7 persone: le famiglie mono-componente
rappresentavano il 14% del totale, le coppie senza figli il 34%, le coppie con un figlio il
28% e le coppie con più di un figlio il 24%. Le persone occupate sono il 77% del totale.
6
3.2. Misure
La variabile dipendente è il numero di formati distributivi frequentati nel settore della
vendita dei prodotti di abbigliamento. Pertanto, agli intervistati è stato chiesto di riferire
in modo spontaneo i formati frequentati e di indicare quello in cui realizzano la
maggioranza dei loro acquisti. In questo modo è stato possibile individuare il formato
principale (Enis e Paul, 1970). La variabile dipendente assume il valore 0 per i clienti
che non frequentano altri formati oltre il principale, 1 per un formato secondario
frequentato, 2 per due formati secondari, ecc. Vale la pena notare che la frequenza di
visita esclusiva del formato principale non deriva dalla mancanza di competizione intertype nel mercato locale, considerato che almeno un’alternativa d’acquisto è presente in
ciascuna delle province. Pertanto, il valore 0 della variabile dipendente discende dalla
decisione dei consumatori di frequentare solo un formato distributivo per i propri
acquisti di abbigliamento.
Le variabili indipendenti che corrispondono alle ipotesi di ricerca sono di seguito
descritte (Tabella 1).
La dimensione del nucleo familiare e l'età sono variabili numeriche basate sui valori
riportati dai rispondenti.
Il genere e lo stato occupazionale sono variabili qualitative codificate come variabili
dummy. Il genere assume valore 0 se il rispondente è uomo e 1 altrimenti. Lo stato
occupazionale assume valore 0 se il rispondente non è occupato e 1 in caso contrario.
Per misurare l’atteggiamento verso l’attività di acquisto dei beni considerati, agli
intervistati è stato chiesto di selezionare la miglior risposta possibile in una serie di tre
opzioni: “fare acquisti di prodotti di abbigliamento mi costa fatica, ma li devo fare”,
“fare acquisti di prodotti di abbigliamento mi è indifferente”, “faccio volentieri acquisti
di prodotti di abbigliamento”.
La propensione alla “ricerca dell’affare”(attraverso i saldi) è stata misurata con una
scala di valutazione a 5 punti (5-mai; 4-raremente; 3-qualche volta; 2-spesso; 1regolarmente).
La forma distributiva preferita dai consumatori è rappresentata da una variabile
categoriale che può assumere le seguenti modalità: negozio di centro storico (1),
negozio di quartiere (2), mercato ambulante (3), negozio di centro commerciale (4),
outlet (5), grande superficie (6), ipermercato (7).
Le statistiche descrittive (media e deviazione standard), la matrice di correlazione e le
diagnostiche di multicollinearità (tolleranza e fattori di inflazione della varianza) sono
riportate in Tabella 2. Non sono emerse collinearità rilevanti. I parametri di correlazione
hanno valori moderati. Nessun valore di tolleranza si avvicina a zero e tutti i valori VIF
sono ben al di sotto della soglia di 10.
7
Tabella1
Variabili indipendenti.
Variabile
Descrizione
Età
Età del rispondente
Genere
Genere del rispondente
Famiglia
Dimensione del nucleo familiare
Occupazione Stato occupazionale del rispondente
FDP
Formato distributivo prevalente
PAA
Percezione dell’attività d’acquisto
PRA
Propensione alla ricerca dell’affare
Struttura
Variabile numerica
Variabile dicotomica
Variabile numerica
Variabile dicotomica
Variabile nominale a 7 categorie
Variabile ordinale a tre categorie
Scala ordinale a 5 punti
Tabella 2
Statistiche descrittive, matrice di correlazione e diagnostiche di multicollinearità.
Età
Media
Dev.
Stan.
49.3
13.477
2.7
1.096
Famiglia
Genere
Età
Famiglia Genere Occupazione
PRA
-.293**
.045
.078*
-.639**
.281**
-.069*
-.128**
-.031
.084**
PRA
.068*
-.049
-.021
FDP
-.092**
.046
-.079*
Occupazione
PAA
PAA
.127**
-.041 -.079**
.062
-.001 -.054*
Tolleranza
VIF
.563
1.775
.881
1.135
.969
1.032
.569
1.758
.961
1.041
.990
1.010
.984
1.016
** p < 0.01; * p< 0.05
4. Risultati
Considerata la natura discreta e non negativa della variabile dipendente sono stati
utilizzati i modelli count-data. Nello specifico, la scelta è ricaduta sul modello di
regressione standard di Poisson dal momento che i dati non presentano un’inflazione di
zeri. Il valore 0 della variabile dipendente non è, infatti, imputabile a consumatori che
frequentano un unico formato distributivo per l’assenza di alternative nella provincia di
residenza. Il modello presenta 2 predittori continui (età e dimensione del nucleo
familiare) e 5 predittori categoriali (genere, stato occupazionale, formato distributivo
preferito, percezione dell’attività di acquisto, propensione alla “ricerca dell’affare”). Il
genere maschile, lo stato di occupato, il formato prevalente del negozio di centro
storico, la percezione dell’attività di acquisto come faticosa ma necessaria e la ricerca
regolare dell’affare sono state assunte come categorie di riferimento nel modello.
Il modello presenta una adeguata bontà di adattamento, considerato che il valore della
devianza diviso per il suo grado di libertà è prossimo a 1.0.
L’analisi preliminare ha indicato che gli effetti diretti di età, numero di componenti il
nucleo familiare, genere e atteggiamento verso l’attività di shopping non sono
significativi (p>.05). Il modello è stato nuovamente stimato senza queste variabili
secondo un’analisi backward. Più in dettaglio, le variabili sono state eliminate una alla
volta partendo da quella con il valore di significatività più elevato.
8
Le principali caratteristiche del modello ridotto sono riportate nelle Tabelle 3 e 4. Il
modello di regressione standard di Poisson è statisticamente significativo (chi-quadrato
per il rapporto di verosimiglianza = 54.269, df = 11, p <.001). Il test chi-quadrato indica
che tre effetti – stato occupazionale, formato distributivo prevalente e ricerca dell’affare
– sono significativi.
Dal momento che il genere, il numero di componenti il nucleo familiare e
l’atteggiamento verso l’attività di shopping non sono predittori significativi, le ipotesi
H2 (il genere ha un impatto sul numero di formati frequentati; nello specifico, la
mobilità delle donne è superiore a quella degli uomini), H3 (la dimensione del nucleo
familiare ha un effetto positivo sul numero di formati frequentati), e H6 (la percezione
dell’attività di acquisto ha un impatto sul numero di formati frequentati) sono respinte.
Anche l’età non emerge come variabile significativa, portando così ad accettare l’ipotesi
H1di assenza di relazione con in numero di formati frequentati (l’età non influisce sul
numero di formati distributivi frequentati).
Lo stato occupazionale, il formato distributivo prevalente e la ricerca dei saldi sono
predittori significativi (p<.05), ma per verificare le ipotesi H4 (lo stato occupazionale
ha un effetto negativo sul numero di formati frequentati), H5 (la preferenza verso un
data forma distributiva influisce sul numero di formati frequentati) e H7 (la propensione
alla “ricerca dell’affare” ha un effetto positivo sul numero di formati frequentati)
occorre prendere in considerazione le stime dei parametri (Tabella 4).
Si stima che il valore atteso log-count per i consumatori occupati aumenti di 0.262
rispetto a quelli non occupati. Pertanto, il tipo di relazione tra stato occupazionale e
numero di formati frequentati risulta inverso rispetto a quello previsto nell’ipotesi H4.
Per quanto riguarda la propensione alla “ricerca dell’affare”, l’ipotesi H7 appare, nel
complesso, confermata dai dati. La relazione tra le due variabili è positiva, ovvero il
numero di formati frequentati tende ad aumentare con l’aumento della propensione alla
“ricerca dell’affare”. L’unica eccezione è rappresentata dai consumatori che dichiarano
di acquistare “qualche volta” in saldo, per i quali il log-count atteso aumenta di 0.022
rispetto al gruppo di riferimento (acquista “regolarmente” in saldo), fermi restando gli
altri fattori.
Emerge, infine, una relazione tra l’ampiezza del set di formati distributivi e il formato
prevalente. Nel dettaglio, i consumatori che frequentano principalmente il negozio di
quartiere (log-count = -0.363) e il mercato ambulante (log-count = -0.366) tendono a
frequentare meno formati secondari rispetto a coloro che si rivolgono prevalentemente
al negozio di centro storico. La relazione è inversa con riferimento ai consumatori che
indicano l’ipermercato (log-count = 0.489), l’outlet (log-count = 0.385), la grande
superficie (log-count = 0.179) e il negozio di centro commerciale (log-count = 0.157)
come formato preferito. Ciò ci porta ad accettare l’ipotesi H5.
L’ultima colonna della tabella 4 riporta i conteggi previsti di tutti i livelli di ogni fattore,
tenendo costanti le altre variabili.
9
Tabella 3
Risultati: Test degli effetti del modello.
Tipo III
Sorgente
Chi-Quadrato di Wald
(INTERCETTA)
68.314
4.721
Occupazione
FDP
24.590
PRA
9.710
df
1
2
6
4
Sig.
.000
.030
.003
.046
Tabella 4
Risultati: stime dei parametri.
Parametro
β
Deviazione standard
Errore
(Intercetta)
-.692
.1859
[Occupazione =1.00]
.262
.1206
0.58
[Occupazione =.00]
0a
.
0.45
[FDP =7]
.489
.2485
0.78
[FDP =6]
.179
.1445
0.57
[FDP =5]
.385
.1760
0.70
[FDP =4]
.157
.1415
0.56
[FDP =3]
-.366
.1942
0.33
[FDP =2]
-.363
.1624
0.33
[FDP =1]
0a
.
0.48
[PRA =5]
-.803
.2932
0.27
[PRA =4]
-.102
.2053
0.55
[PRA =3]
.022
.1585
0.63
[PRA =2]
-.005
.1602
0.61
[PRA =1]
0a
.
0.61
(Scala)
Media
1.256b
5. Discussione
La mobilità tra formati distributivi è influenzata da variabili legate alle caratteristiche
della domanda, indicative di un tradeoff costi-benefici. E’ emerso, tuttavia, che solo
alcune caratteristiche del consumatore tra quelle ipotizzate ed evidenziate in letteratura
impattano sui modelli di frequentazione dei negozi.
10
Coerentemente alle aspettative, la tipologia di forma distributiva preferita influenza il
numero di formati distributivi frequentati. La mobilità risulta maggiore per coloro che
frequentano ipermercati, grandi superfici, negozi di outlet e di centri commerciali. I
consumatori “fedeli” ai negozi di quartiere, a quelli del centro storico e al mercato
ambulante tendono a frequentare un numero inferiore di formati distributivi. In
generale, si può concludere che il comportamento di acquisto sembra dettato non tanto o non solo - da esigenze legate alle politiche assortimentali, quanto dalla propensione
del consumatore verso il dettaglio moderno o quello tradizionale. In quest’ultimo caso,
la specializzazione assortimentale, con assortimenti poco ampi e molto profondi, non
incentiva una mobilità di tipo inter-type quanto, potenzialmente, intra-type.
Anche la “ricerca dell’affare” influenza il comportamento di acquisto nella direzione
attesa. In generale, il set di alternative di formati distributivi considerate dai
consumatori sensibili al prezzo basso è maggiore rispetto a quelli meno orientati alla
ricerca degli sconti. La propensione al risparmio riduce, in altre parole, lo sforzo
associato alla mobilità tra formati.
La situazione occupazionale incide sulla mobilità dei consumatori, ma in modo diverso
da quanto ipotizzato sulla base della teoria costi-benefici. Gli occupati tendono a
considerare un maggior numero di alternative di acquisto rispetto ai non occupati.
Pertanto, sembra essere la maggiore o minore dotazione di reddito (e non di tempo) a
determinare il numero di formati distributivi frequentati. In un contesto economico
come quello attuale, in cui il tasso di disoccupazione cresce a ritmi sostenuti, è lecito
attendersi, a parità di altre condizioni, una diminuzione della mobilità complessiva, per
lo meno a livello di forme distributive.
Coerentemente con quanto atteso, non è emersa nessuna relazione tra età e mobilità tra
formati. La minore propensione allo shopping degli anziani dovuta alle caratteristiche
evolutive della domanda sembra, dunque, controbilanciarsi con la maggiore
disponibilità di tempo di cui gode questa fascia della popolazione, risultando in un
effetto non significativo della variabile età sul numero di formati frequentati.
Conoscere le caratteristiche dei consumatori che stimolano la mobilità tra i formati
distributivi può aiutare le imprese a migliorare l’efficacia delle politiche tese a difendere
la propria base clienti in una prospettiva di concorrenza inter-type.
6. Limiti e prospettive di ricerca
Lo studio presenta alcuni limiti utili a tracciare le linee di ricerca future.
In primo luogo, il numero di formati frequentati rappresenta solo un aspetto della
mobilità dei consumatori. Ulteriori variabili, non analizzate nel presente studio,
potrebbero essere prese in considerazione. Si pensi, ad esempio, al caso di due
consumatori che frequentano lo stesso numero di alternative di acquisto, ma allocano il
loro budget di spesa tra le stesse in un modo molto diverso.
In secondo luogo, sarebbe interessante analizzare la mobilità del consumatore in una
prospettiva non solo inter-type, ma anche intra-type. Sarà così possibile considerare
l’effetto di variabili indipendenti non collegate alla domanda. Il numero di insegne
frequentate nel mercato locale influenza, ad esempio, il comportamento d’acquisto dei
beni di largo consumo (Luceri e Latusi 2012).
11
Ringraziamenti
Gli autori desiderano ringraziare l’Osservatorio regionale dei prezzi e delle tariffe della
Regione Emilia-Romagna per il supporto alla raccolta dei dati operata nell’ambito del
programma di intervento della regione e finanziato dal Ministero dello Sviluppo
Economico.
Bibliografia
Ailawadi, K.L., Keller, K. L., 2004. Understanding Retail Branding: Conceptual
Insights and Research Priorities. Journal of Retailing 80 (4), 331-342.
Baltas, G., Argouslidis, P.C., Skarmeasb,D, 2010. The Role of Customer Factors in
Multiple Store Patronage: A Cost–Benefit Approach.Journal of Retailing86 (1),
37-50.
Blattberg R.C., Briesch R., Fox E.J., 1995. How Promotions Work. Marketing Sciences
14 (3), 122-132
Berman, B., Evans, J.R., 2001. Retail Management: A Strategic Approach. PrenticeHall, New Jersey.
Burford, R.L., Enis, B.M., Paul, G.W., 1971. Functional and Behavioral Application:
An index for the Measurement of Consumer Loyalty. Decision Science 2 (1),
17–24.
Bustos-Reyesa, C.A., González-Benito, O., 2008. Store and Store Format Loyalty
Measures Based on Budget Allocation. Journal of Business Research 61 (9),
1015-1025.
Campbell, C.S., 1997. Shopping Pleasure and the Sex War. In: Falk,P., Campbell, C.
(Eds.), , The Shopping Experience. Sage, London, pp. 166–176.
Cooil, B., Keiningham, T.L., Aksoy, L., Hsu, M., 2007. A Longitudinal Analysis of
Customer Satisfaction and Share of Wallet: Investigating the Moderating Effect
of Customer Characteristics, Journal of Marketing 71 (1), 67–83.
Enis, B., Paul, G.W., 1970. “Store loyalty” as a Basis for Market Segmentation. Journal
of Retailing 46 (3), 42–56.
East, R., Hammond, K., Harris,P., Lomax, W., 2000. First-Store Loyalty and Retention.
Journal of Marketing Management 16 (4), 307–325.
Flavián, C, Martinez,E., Polo Y., 2001. Loyalty to Grocery Stores in the Spanish Market
of the 1990s. Journal of Retailing and Consumer Services 8 (1), 85–93.
Fox,E.J.,Hoch S.J., 2005. Cherry Picking. Journal of Marketing 69 (1), 46–62.
González-Benito, O., Munoz-Gallego, P.A.,Kopalle, P.K., 2005.Asymmetric
Competition in Retail Store Formats: Evaluating Inter- and Intra-Format Spatial
Effects. Journal of Retailing 81 (1), 59–73.
Grewal, D., Baker, J., Levy, M., Voss, G.B., 2003. The Effects of Wait Expectations
and Store Atmosphere Evaluations on Patronage Intentions in Service-Intensive
Retail Stores. Journal of Retailing 79 (4), 259–268.
Hoch, S.J., Kim, B., Montgomery, A.L., Rossi, P.E., 1995. Determinants of StoreLevel Price Elasticity. Journal of Marketing Research 32 (1), 17–29.
Kahneman, D., Slovic, P., Tversky, A. 1982. Judgment under uncertainty: heuristics and
biases. New York: Cambridge University Press.
Kau,K., Ehrenberg, A.S., 1984. Patterns of store-choice, Journal of Marketing Research
21 (4), 399–409.
12
Kempf, D.S., Palan, K.M., Laczniak, R.N., 1997. Gender Differences in Information
Processing Confidence in an Advertising Context: A Preliminary Study.
Advances in Consumer Research 24 (1), 443–449.
Kim, H.-Y., Lee, M.-Y., 2010. Emotional loyalty and share of wallet: A contingency
approach. Journal of Retailing and Consumer Services 17 (5), 333-339.
Knox,S.,Denison, T., 2000. Store Loyalty: its Impact on Retail Revenue. An Empirical
Study of Purchasing Behaviour in the UK. Journal of Retailingand Consumer
Services 7 (1), 33–45.
Krishnan, L., Saxena, N.K., 1984. Perceived Time: Its Relationship with Locus and
Control, Filled Vs. Unfilled Time Intervals, and Perceiver's Sex. Journal of
General Psychology 110 (2), 275–281.
Lambert-Pandraud, R., Laurent, G., Lapersonne, E.,2005. Repeat Purchasing of New
Automobiles
by
Older
Consumers:
Empirical
Evidence
and
Interpretations.Journal of Marketing 69 (April), 97–113.
Luceri, B., Latusi, S., 2012. The importance of consumer characteristics and market
structure variables in driving multiple store patronage. Journal of retailing and
Consumer Services19 (5), 519–525.
Maccoby, E.E., Jacklin, C.N., 1974. The Psychology of Sex Differences. Stanford
University Press, Stanford, CA.
Mägi, A.W., 2003. Share of Wallet in Retailing: The Effects of Consumer Satisfaction,
Loyalty Cards and Shopper Characteristics. Journal of Retailing 79 (2), 97–106.
McGoldrick,P.,Andre, E., 1997. Consumer Misbehaviour: Promiscuity or Loyalty in
Grocery Shopping, Journal of Retailing and Consumers 4 (2), 73–81.
Morganosky, M., 1997. Retail Market Structure Change: Implications for Retailers and
Consumers, International Journal of Retail Distribution Management 25 (8),
269–274.
Morganosky,M.,Cude, B., 2000. Large Format Retailing in the US: a Consumer
Experience Perspective. Journal of Retailing and Consumer Services 7 (4), 215–
222.
Noble, M., Griffith, D.A., Adjei, M.T., 2006. Drivers of Local Merchant Loyalty:
Understanding the Influence of Gender and Shopping Motives. Journal of
Retailing 82 (3), 177–188.
Otnes, C., McGrath, M.A., 2001, Perceptions and Realities of Male Shopping Behavior.
Journal of Retailing 77 (1), 111–137.
Popkowski Leszczyc, P.T.L., Timmermans, H.J.P., 1997. Store Switching Behavior.
Marketing Letters 8 (2), 193–204.
Popkowski Leszczyc, P.T.L, Sinha, A., Sahgal, A., 2004. The Effect of Multi-Purpose
Shopping on Pricing and Location Strategy for Grocery Stores., Journal of
Retailing 80 (2), 85–99.
Rhee,H.,Bell, D., 2002. The Inter-Store Mobility of Supermarket Shoppers, Journal of
Retailing 78 (4), 225–237.
Rousey,S.,Morganosky, M., 1996. Retail Format Change in US Markets, International
Journalof Retail and Distribution Management, 24 (3), 8–16.
Slovic, P., Finucane, M., Peters, E., MacGregor, D. 2002. Rational actors or rational
fools? Implications of the affect heuristic for behavioral economics. Journal of
Socio-Economics 31, 329-342.
Stassen, R.E., Mittelstaedt,J.D.,Mittelstaedt, R.A., 1999. Assortment Overlap: Its Effect
on Shopping Patterns in a Retail Market When the Distributions of Prices and
Goods Are Known. Journal of Retailing 75 (3), 371–386.
Stigler, G. J., 1961. The Economics of Information. Journal of Political Economy 69
(3), 213–225.
13
Tversky, A., Kahneman, D. 1974. Judgment under uncertainty: heuristics and biases.
Science 185, 1124-1131.
Thelen, E.M., Woodside, A.G., 1997. What Evokes the Brand or Store? Consumer
Research on Accessibility Theory Applied to Modeling Primary Choice.
International Journal of Research in Marketing 14 (2), 125–145.
Urbany, J.E., Dickson, P.R., Sawyer, A.G., 2000. Insights into Cross- and Within Store
Price Search: Retailer Estimates Versus Consumer Self-Reports. Journal of
Retailing 76 (2), 243–258.
Woodside, A.G., Trappey, R.J., 1996. Customer Portfolio Analysis Among Competing
Retail Stores. Journal of Business Research 35 (July), 189–200.
14