Working Papers n.34 - Biblioteca del Dipartimento di Studi per l

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Working Papers n.34 - Biblioteca del Dipartimento di Studi per l
La valutazione delle aziende in crisi
Giulia Barletta
[email protected]
Working paper n. 34, dicembre 2011
Abstract
La crisi d’impresa rappresenta un argomento ben conosciuto sia alla dottrina
aziendalistica sia a quella giuridico - fallimentare, data l’importanza crescente
che ha assunto negli ultimi anni, nonché per l’aumentare della rischiosità delle
attività economiche e in relazione agli effetti della congiuntura economica sulle
imprese.
In tale contesto assume rilievo il tema della valutazione delle aziende
nell’ambito di procedure esecutive, di concordato preventivo e fallimento.
Il presente lavoro è appunto dedicato ad esaminare il comportamento adottato
dai professionisti nella valutazione di aziende che sono sottoposte a tali
procedure mediante il confronto con le teorie e i modelli sviluppati dalla
dottrina.
Dall’analisi empirica svolta, si è riscontrata una forte eterogeneità che
evidenzia la necessità di predisporre regole applicative uniformi tali da
configurare un percorso “standard” nelle valutazioni d’azienda come già
avviene nel campo della revisione contabile e dell’Accounting in generale.
Proprio a fronte di tale necessità, nel novembre 2011 è stato costituito
l’Organismo Italiano di Valutazione (OIV) la cui missione è predisporre e
mantenere aggiornati i Principi Italiani di Valutazione di aziende, di strumenti
finanziari e di attività reali, nonché la partecipazione al dibattito internazionale
degli esperti di valutazione dando voce alle migliori professionalità del nostro
Paese, divenendo un riferimento per il legislatore nazionale.
2
GIULIA BARLETTA
Dott.ssa Magistrale in Amministrazione e Gestione
Curriculum Professioni Contabili
Università del Piemonte Orientale – Facoltà di Economia di Novara
LA VALUTAZIONE DELLE AZIENDE IN CRISI
SOMMARIO: 1. Introduzione – 2. Strumenti di gestione della crisi aziendale – 3. Obiettivi dell’analisi
empirica e campione oggetto di analisi – 4. Individuazione dei modelli di valutazione adottati – 4.1.Il
metodo patrimoniale – 4.2. Il metodo reddituale – 4.3. Il metodo misto patrimoniale-reddituale – 4.4. Il
metodo empirico – 4.5. I metodi di controllo – 4.6. La valutazione dei marchi dei brevetti – 4.7. La
valutazione delle quote societarie – 5. Criticità riscontate – 5.1. Il metodo di valutazione – 5.2. La qualità
delle perizie di stima – 5.3. Inflazione e tassi di interessi – 6. Conclusioni.
1. Introduzione
Sebbene non esista una definizione univoca accettata di crisi vi sono numerosi
contributi offerti dalla letteratura1, questo probabilmente perché ogni impresa ha proprie
peculiarità e la crisi presenta differenti significati a seconda del contesto di riferimento
nel quale viene studiata.
Lo studio delle cause della crisi aziendale, con conseguente classificazione delle
stesse, è cominciato nei primi anni 802, successivamente la letteratura economicoaziendale ha affrontato la crisi dei sistemi industriali3, sino ad elaborare analisi
empiriche-teoriche seguendo l’onda della letteratura anglosassone4.
1
Sul concetto di crisi si veda M.ZITO, Fisiologia e patologia delle crisi d’impesa, Giuffrè, Milano, 1999;
G.ZANDA, M.LACCHINI, Le prime avvisaglie della crisi d’impresa: strumenti di accertamento,
Relazione al Convegno Cirgis su “Crisi dell’impresa: conflitti economici, aspetti solidaristici, problemi
etici. Verso una riforma della legge fallimentare”, Milano, 23/24 giugno 1995; P.CAPALDO, Crisi
d’impresa e suo risanamento, in Banche e banchieri, 1997.
2
G.BRUGGER, Gli interventi professionali nelle situazioni di crisi d’impresa, in Finanza, Marketing e
Produzione, n. 2, 1984; V.CODA, Crisi e risanamenti aziendali. Le tappe critiche dei processi di
ristrutturazione aziendale di successo, in Sviluppo e Organizzazione, n. 75, ora in Saggi di memoria di
Donatello Serrani, Cedam, Padova, 1983; L.GUATRI, Turnaround. Declino, crisi e ritorno al valore,
Egea, Milano, 1995; S. SCIARELLI, La crisi d’impresa. Il percorso gestionale di risanamento nelle
piccole e medie imprese, Cedam, Padova, 1995; L.SICCA, Creazione di valore, conoscenza e gestione
delle crisi aziendali, in Finanza, Marketing e Produzione, n. 2, 1993; C.VERGARA, Disfunzioni e crisi
aziendali, Giuffrè, Milano, 1988.
3
S.PODESTA’, La crisi dell’impresa in Italia: efficacia e limiti delle forme di intervento adottate, in
Finanza, Marketing e Produzione, n.1/1984; R.PRODI, F.GOBBA, Per una ristrutturazione e
riconversione dell’industria italiana, Il Mulino, Bologna, 1980.
4
Si veda in tal senso l’analisi di Altman condotta su un campione di 66 imprese americane. Attraverso
una combinazione di varie misure di redditività e di rischio, Altman ha sviluppato il modello Z-score che
ha come obiettivo la previsione dell’insolvenza, con un grado di confidenza del 95%, con un anno di
anticipo. E.I. ALTMAN, Financial ratios, discrimant analysis and the prediction of corporate
bankruptcy, in Journal of Finance, Vol. 23, n. 4, 1968.
3
Dagli studi empirici anglosassoni, si sono sviluppate le prime analisi sul processo di
turnaround suddiviso in strategico ed operativo in funzione delle caratteristiche del
declino e degli interventi necessari al risanamento5.
Il non riconoscimento tempestivo della crisi spesso porta al fallimento ed allo
smembramento del patrimonio aziendale. Tale situazione è imputabile a diversi
elementi quali: sistema informativo aziendale inadeguato che non permette di
identificare la crisi, mentalità chiusa dell’imprenditore che confida nell’auto-soluzione
dei problemi e la mancata conoscenza degli strumenti che permettono una corretta
gestione della crisi.
Secondo un’autorevole dottrina, la crisi «si concreta di solito, a seguito delle perdite
economiche (di redditività e di valore), in ripercussioni gravi e crescenti sul piano dei
flussi finanziari. Le ripercussioni dirette sono: carenze di cassa, perdite di credito e di
fiducia»6.
Dagli studiosi di economia aziendale la crisi è considerata un momento “normale”
della vita di un’impresa, ovvero il momento conclusivo del ciclo aziendale. L’impresa
nasce, cresce e poi, alla fine, muore e la crisi sarebbe la conseguenza di mancati profitti
e perdita di capitale.
I fenomeni di “declino” e “crisi” nella vita di tutte le imprese sono di solito preceduti
dai sintomi premonitori, che possono essere detti di decadenza, prevalentemente di tipo
qualitativo, e di squilibrio, tipicamente di tipo quantitativo e, quindi, misurabili. Trattasi
di fenomeni che seppure siano analizzati a livello di singola impresa, spesso investono
interi settori di attività.
Il Guatri definisce la crisi di impresa come “...una manifestazione di tipo patologico
che può svilupparsi su più stadi...”.7
5
cfr. D.SCHENDEL, G.PATTON, J.RIGGS, Corporate Turnaround Strategies: a study of profit Decline
and Recovery, in Journal of Management, Spring, 1976; C.W. HOFER, Strategies for business
turnaround, in Strategic Planning Management, July-August, 1983; L.GUATRI, Turnaround. Declino,
crisi e ritorno al valore, Egea, Milano, 1995.
6
L.GUATRI, Turnaround: declino, crisi e ritorno al valore, Egea, Milano, 1995, pag. 108.
7
L.GUATRI, Crisi e risanamento delle imprese, Giuffrè, Milano, 1986, pag. 11.
4
Figura 1. I quattro stadi della crisi aziendale
squilibri e inefficienze
perdite economiche
insolvenza
dissesto
Fonte: L.GUATRI, Crisi e risanamento delle imprese, Giuffrè, Milano, 1986, pag. 12.
Fase 1. SQUILIBRI E INNEFFICIENZE
Affinché l’azienda possa perdurare nel tempo è necessario il raggiungimento e
mantenimento di equilibri aziendali quali:
• equilibrio economico: capacità dell’azienda di ottenere dalla vendita di beni e
servizi un volume di ricavi sufficienti alla copertura di tutti i costi e di tutti i fattori
produttivi. Tale equilibrio deve realizzarsi nel medio/lungo periodo, in quanto nel
breve risulta difficile, dal momento che gli investimenti tecnologici richiedono tempi
medio-lunghi e risorse ingenti, considerando inoltre che ogni prodotto ha un proprio
ciclo di vita con caratteristiche definite su cui è difficile intervenire;
• equilibrio finanziario: capacità dell’impresa di garantire in ogni istante un’adeguata
copertura dei fabbisogni finanziari che si manifestano, ovvero l’impresa deve
mantenere in equilibrio le sue entrate e le sue uscite monetarie e finanziarie senza
compromettere il suo equilibrio economico;
• equilibrio patrimoniale: si verifica quando si raggiunge una corretta proporzione tra
i diversi raggruppamenti dei valori di stato patrimoniale. L’equilibrio patrimoniale
pertanto, si ha quando i diversi capitali sono investiti in modo tale che si possa
svolgere correttamente l’attività aziendale con i fattori produttivi a disposizione.
Far fronte alla crisi in questo stadio in cui sorgono squilibri che tuttavia non hanno
ancora generato perdite risulta l’ideale, seppur difficile in quanto non si sono ancora
manifestati compiutamente tutti i sintomi.
5
Fase 2. PERDITE ECONOMICHE
In questa fase le perdite economiche cominciano ad intaccare le risorse aziendali,
riducendo la capacità di investimento con ripercussioni sulla struttura e sull’equilibrio
patrimoniale e finanziario dell’impresa.
Far fronte alla crisi in questo stadio risulta arduo anche perché le perdite che si
realizzano rendono noto ai creditori, nonché ai finanziatori ed agli investitori,
l’esistenza della crisi aziendale. Le soluzioni più opportune vanno intraprese sulla base
di un’analisi delle perdite al fine di rendere più agevole e meno difficoltoso il
superamento della crisi.
Fase 3. INSOLVENZA
L’insolvenza rappresenta la fase in cui la crisi cessa di essere un solo fatto interno ed
è resa palese all’esterno dell’azienda. Si verificano eventi come la difficoltà di far fronte
in modo regolare ai pagamenti alla scadenza e la perdita progressiva di clientela. In tale
stadio di crisi è necessario porre in essere interventi mirati e profondi che riguardino in
particolar modo la struttura del capitale, nonché il management.
Fase 4. DISSESTO
La differenza che sussiste tra l’insolvenza ed il dissesto è che la prima è misurata in
termini di flussi evidenziando una situazione di tensione finanziaria, mentre il dissesto è
misurato in termini di stock, evidenziando al contrario una situazione patologica
aziendale. Inoltre il dissesto rappresenta una condizione permanente di squilibrio
patrimoniale, irrisolvibile senza opportuni interventi dei creditori.
2. Strumenti di gestione della crisi aziendale
Partendo dal presupposto che ogni fase in cui si sviluppa la crisi aziendale ha proprie
caratteristiche, le esigenze e le modalità di intervento differiscono dunque nei diversi
stadi. La crisi, ad ogni modo, qualora sia diagnosticata per tempo e ben gestita, può
rappresentare una vera e propria opportunità di sviluppo8.
Nelle fasi iniziali, ovvero quelle nelle quali non si sono ancora prodotte perdite, gli
interventi che si pongono in essere sono a costi ed a rischi dei portatori di capitale. Le
fasi finali, invece, sono caratterizzate da interventi i cui costi e rischi sono imputabili
anche a soggetti diversi, quali ad esempio i creditori, in modo parziale o totale.
In particolare il risanamento può essere attuato mediante:
8
S.SCIARELLI, La crisi d’impresa. Il percorso gestionale di risanamento nelle piccole e medie imprese,
Cedam, Padova, 1995, pag. 29-34.
6
• ristrutturazione: miglioramento dell’efficienza dei fattori produttivi essenziali,
dell’incidenza dei costi fissi di struttura e dell’assetto finanziario e patrimoniale;
• riconversione: innovazione tecnologica e di marketing;
• ridimensionamento: modifica delle dimensioni;
• riorganizzazione: modifica degli assetti organizzativi.
Nel caso in cui l’azienda fosse caratterizzata da perdite di elevate dimensioni, è
possibile attuare o un fronteggiamento delle stesse oppure l’avvio di processi di
cessione/liquidazione. Qualora gli interventi di risanamento producessero risultati
negativi si vengono ad instaurare le fasi finali della crisi, ovvero l’insolvenza e il
dissesto.
Fig. 2. Il fronteggiamento delle perdite derivanti da crisi aziendali
Fattori di crisi
Perdite
Valutazione degli interventi necessari
Fabbisogni finanziari
Risultati economici attesi
Stima del rischio
Ottenimento dei consensi
Decisioni di intervento
positiva
Ricerca di nuovi
mezzi
smobilizzi
negativa
cessione
liquidazione
Fonte: L.GUATRI, Crisi e risanamento delle imprese, Giuffrè, Milano, 1986, pag. 67.
7
Il fronteggiamento dell’insolvenza e del dissesto risulta difficile nonché incerto date
le conseguenze che i due stati portano con sé. Sia che l’insolvenza sia temporanea,
ovvero reversibile, sia che sia definitiva, le possibili alternative sono: continuare
l’attività aziendale in tutto o in parte, oppure cessare e liquidare l’azienda. L’eventuale
continuazione dell’attività prevede la predisposizione di un Piano di risanamento, i cui
obiettivi sono sostanzialmente i seguenti:
- obiettivi di equilibrio economico;
- obiettivi di equilibrio patrimoniale e finanziario;
- obiettivi di limitazione di taluni rischi.
3. Obiettivi dell’analisi empirica e campione oggetto di analisi
Nel contesto sopra descritto, il presente lavoro si è focalizzato sui criteri di
valutazione delle aziende adottati dai professionisti nell’ambito di procedure esecutive,
di concordato preventivo e fallimento. La valutazione in discorso è particolarmente
delicata in quanto prioritariamente finalizzata a tutelare le ragioni dei creditori sociali e
ad evitare sottrazioni e depauperamenti del patrimonio dell’azienda in stato avanzato di
crisi.
L’analisi empirica è stata condotta analizzando 35 perizie di stima relative ad
imprese sottoposte a procedure esecutive, procedure di concordato preventivo e
fallimento. Il campione oggetto di analisi è composto da perizie reperite direttamente
dal web, dai seguenti siti internet:
a) www.astegiudiziarie.it
b) www.astagiudiziaria.com
c) www.publicomonline.it
Le perizie oggetto di analisi sono state reperite nella sezione “beni mobili” e più
precisamente sono state considerate le seguenti categorie:
•
affitto d’azienda;
•
cessione d’azienda;
•
marchi e brevetti;
• quote societarie.
La ricerca delle perizie oggetto del campione è avvenuta considerando le seguenti
regioni del Centro-Nord Italia: Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Trentino
Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana.
Da questo campione iniziale, sono state escluse la regione della Valle d’Aosta, del
Piemonte e del Trentino Alto Adige a causa di mancanza di perizie qualitativamente
rilevanti ai fini dell’analisi. Si è perciò adottata una modalità di ricerca alternativa a
quella del web, anche al fine di ampliare il campione oggetto di analisi. Si è proceduto a
contattare tramite fax e mail i Tribunali provinciali, nonché studi professionali e curatori
8
che operano nel campo delle procedure concorsuali, ma questa modalità di ricerca non
ha prodotto risultati soddisfacenti, portando così ad escludere definitivamente le tre
regioni sopra citate e definendo il campione solo sulla base delle perizie rese pubbliche
dai siti internet.
Di seguito si riporta l’elenco delle perizie facenti parte del campione (Tabella 1).
9
Tabella 1. – Campione oggetto di analisi
REG.
PROV.
Bergamo
Brescia
Brescia
Brescia
Brescia
Brescia
Como
Como
Como
Como
Lecco
Mantova
Monza
Lombardia
Milano
Milano
Milano
Liguria
Genova
Genova
Friuli
Udine
Veneto
Padova
Padova
PROCEDURA
N°
Fallimento n.
31/2010
Fallimento n.
222/2009
Fallimento n.
11/2010
Fallimento n.
62/2009
Fallimento n.
222/2010
Fallimento n.
127/2010
Fallimento n.
45/2004
Fallimento n.
24/2009
P.E.
n. 23/06
Fallimento n.
1/2009
P.E. n.
975/2009
Fallimento n.
27/2006
Fallimento n.
19/2011
Fallimento n.
52/2010
Fallimento n.
64855
Fallimento n.
549/2009
Fallimento n.
11/2011
Fallimento n.
70/2010
Fallimento n.
78/2010
Fallimento n.
42N/2011
C.P. n.
15/2008
SOCIETA’
Industria Gomme Srl
OGGETTO
PRINCIPALE DELLA
PERIZIA
quote societarie
Paghera Srl, Paghera
Green Philosophy Srl,
Paghera Holding Srl
Europress Spa
complesso aziendale
XXX
complesso aziendale
Wictor Spa
complesso aziendale
Cacciamali Spa
complesso aziendale
Biophytolab Srl
complesso aziendale
Gi.Ma.Tex Srl
complesso aziendale
Cobit Srl
quota societaria
Ciresa Spa
complesso aziendale
PAV Srl
quota societaria
C. ERRE S.r.l.
complesso aziendale
S.V.M. Srl
complesso aziendale
Cantieri Navali di
Lavagna Srl
Belotti Spa
complesso aziendale
Edizioni La Traccia Srl
complesso aziendale
complesso aziendale
XXX
complesso aziendale e
congruità canone affitto
complesso aziendale
XXX
complesso aziendale
Patricia Milton Srl
marchio Patricia Milton
Opes Save Spa
complesso aziendale e
congruità canone affitto
complesso aziendale
Utilferramenta Srl
10
Rovigo
Venezia
Vicenza
Firenze
Firenze
Firenze
Grosseto
Modulgraf Group Srl
complesso aziendale
Jesurum Spa
complesso aziendale
Cos. Met Srl
complesso aziendale
Andrei Mario Srl
complesso aziendale
XXX
complesso aziendale
Fallimento n.
69/2010
E.M.
n. 210/2009
XXX Sas
complesso aziendale
Cinemania Videostore
quote societarie
Srl; Compasso Srl,
Emmeci Mare Srl; Tennis
Punta Ala Srl
XXX
complesso aziendale
Toscana
C.P. n.
19/2010
Livorno
Fallimento n.
Metropolis Srl
complesso aziendale
31/2009
Bologna
P.E.
Wistar Srl
quote societarie
n. 3308/2010
Bologna
Fallimento n.
La Ronda Emilia Snc di
complesso aziendale
217/2010
Netforma Srl & C.
Forlì
Fallimento n.
XXX
complesso aziendale e
10/2010
congruità canone affitto
Bologna
Fallimento n.
Ethica Srl
quote societarie
46/08
Bologna (*) Fallimento n.
Cubo arredamenti Spa e
complesso aziendale
172/2010 e
Publigest Industriale Srl
fallimento n.
211/2010
Note: REG: regione
PROV: provincia
C.P.: concordato preventivo
E.M.: esecuzione mobiliare
P.E: procedura esecutiva
“XXX”: indicazione oscurata nella perizia
(*): trattasi di fallimenti identificati con numerazione differente ma contenuti in un’unica
perizia, in quanto la società Publigest Industriale Srl è posseduta al 100% dalla Cubo
Arredamenti Spa, entrambe dichiarate fallite, pertanto la perizia ha come oggetto l’intero
complesso aziendale.
Emilia Romagna
Pisa
Fallimento n.
34/2009
Fallimento n.
14/2009
Fallimento n.
07/2010
Fallimento n.
18688
Fallimento n.
143/2010
11
4. Individuazione dei modelli di valutazione adottati
Da una prima lettura delle perizie che formano oggetto del campione, si sono
riscontrati i seguenti metodi di valutazione:
Grafico 1. Metodi di valutazione adottati
METODO DI VALUTAZIONE
2,86%
Patrimoniale
8,57%
45,71%
28,57%
14,29%
Reddituale
Misto
Empirico
Royalties
Si registra un marcato utilizzo del metodo patrimoniale (circa il 46%) e a seguire, il
metodo misto patrimoniale - reddituale, con un impiego di circa il 29%, mentre in un
solo caso si è proceduto ad una stima con il metodo delle royalties.
Il metodo reddituale, invece, è stato ritenuto dai periti incaricati di redigere le perizie
di stima, quale metodo appropriato e affidabile solo per circa il 14% dei casi analizzati,
mentre il metodo empirico, impiegato in un solo caso come metodo di controllo, è stato
utilizzato in qualità di metodo principale con una frequenza dell’8,57%.
4.1. Il metodo patrimoniale
Come sopra evidenziato, il metodo patrimoniale è il metodo più utilizzato in base al
campione oggetto di analisi, con una frequenza del 45,71%. Le ragioni che hanno
evidenziato i periti a supporto della scelta del suddetto metodo sono riconducibili
essenzialmente nei seguenti elementi:
- trattasi di un metodo idoneo (nella versione patrimoniale c.d. complessa) nelle
valutazioni di aziende con un alto contenuto di intangibili;
- presenza di risultati negativi registrati negli anni precedenti, tali per cui
l’applicazione di metodi reddituali e finanziari non avrebbero permesso la
determinazione di risultati significativi.
In linea di principio le poste di bilancio sono state valutate a valore corrente con
eventuali svalutazioni del caso, in altri casi il valore è stato determinato da ingegneri o
12
geometri incaricati dal curatore di stimare il valore dei complessi mobiliari e
immobiliari. Va precisato che nella maggior parte dei casi il perito si è limitato ad
indicare il valore stimato dall’ingegnere/geometra e pertanto non è possibile
approfondire l’analisi anche sui criteri da questi utilizzati.
In merito ai debiti e crediti, va precisato che questi sono stati valutati solo nei casi in
cui risultavano esser oggetto di cessione, mentre per gli intangibili quali marchi e
brevetti in alcuni casi è stato indicato semplicemente il valore assunto da questi senza
alcun riferimento alla modalità di determinazione, in altri casi è stato descritto
separatamente il metodo di valutazione adottato (cfr. par. 4.6.).
Una prima peculiarità è stata riscontrata in 4 casi in cui i periti estimatori hanno
dichiarato di utilizzare un “metodo patrimoniale con stima autonoma dell’avviamento”.
Analizzando dettagliatamente le perizie di stima si è rilevato che la determinazione del
valore dell’avviamento in modo autonomo è avvenuta in modo differente rispetto al
metodo U.E.C.9 (metodo misto patrimoniale - reddituale).
Più precisamente, due periti10 hanno impiegato la seguente formula:
W = K + (R – iK)/i’
dove:
W valore del capitale economico
K patrimonio netto rettificato
R reddito medio normalizzato prospettico
i tasso di redditività medio normale
i’ tasso di attualizzazione del sovra reddito.
Tale metodologia di valutazione equivale ad un metodo misto patrimoniale reddituale con una stima dell’avviamento ipotizzando una durata illimitata del
sovra/sotto reddito.
In un terzo caso11, invece, il perito ha determinato in modo autonomo l’avviamento
secondo la formula:
A = [(V * i) * n]
dove:
A valore dell’avviamento
V valore dei beni strumentali attribuito in sede di inventario
9
Si ricorda che il metodo U.E.C. prevede la stima del valore dell’azienda come sommatoria del valore del
patrimonio rettificato e dal valore dell’avviamento, il quale è calcolato attualizzando il surplus di reddito
(o profitto), rispetto al reddito “ normale” per un periodo di tempo normalmente limitato.
10
Tribunale di Brescia Fallimento n. 222/2010 e Tribunale di Firenze Fallimento n. 18688.
11
Tribunale di Pisa Concordato Preventivo n. 19/2010.
13
i
n
tasso atteso di redditività stimato nel caso di specie nella misura del 6% (in
considerazione di un range del 6-7% avuto riguardo a imprese operanti nello
stesso settore)
anni di redditività del capitale investito pari a 3 (considerando che la redditività
oscilla tra 3 e 5 anni).
Infine, nell’ultimo caso analizzato12, il professionista stimatore determina il valore
dell’avviamento come una maggiorazione forfetaria pari al 15% del valore degli
impianti e delle attrezzature. Va precisato che la stima delle immobilizzazioni materiali
è stata definita, dal geometra incaricato dal curatore, a valori di mercato correnti
nell’ipotesi di liquidazione.
Ne consegue che, per quanto riguarda i primi due casi sopra descritti in cui si è
adottata la formula che ipotizza una durata indefinita del sovra/sottoreddito (W = K +
(R – iK)/i’), qualora si ritenesse che il metodo impiegato sia quello misto patrimoniale –
reddituale e non quello patrimoniale come dichiarato dal perito, i dati circa la frequenza
di utilizzo dei diversi metodi con riferimento al campione oggetto d’analisi verrebbe a
modificarsi assumendo i seguenti valori:
Grafico 2. Metodi di valutazione adottati (con correzione)
12
Tribunale di Forlì, Fallimento n. 10/2010.
14
Come si evince dal Grafico 2, apportando le rettifiche di cui sopra, il metodo
patrimoniale risulta in ogni caso il metodo di valutazione preferito dai periti, registrando
una percentuale di frequenza pari al 40%, mentre il metodo misto patrimoniale –
reddituale risulta impiegato con una frequenza del 34,29% (12 casi su un totale di 35).
4.2. Il metodo reddituale
Nell’osservazione delle 5 perizie di stima in cui si è impiegato come metodo
principale di valutazione il metodo reddituale si è riscontrato maggiormente (3 casi su
5) l’assunzione della formula nella variante sintetica, con durata limitata della
redditività aziendale per n anni:
W = R an┐i
dove:
W
valore economico dell’impresa
R
reddito medio normale atteso
i
tasso di attualizzazione
n
orizzonte temporale
a n┐i
attualizzazione ad n anni al tasso i
Mentre in un solo caso è stato adottato il metodo reddituale puro (variante sintetica),
che prevede la capitalizzazione del reddito futuro atteso ad un opportuno tasso di
capitalizzazione:
W = R/i
dove:
W valore del capitale economico
R reddito medio prospettico
i tasso di capitalizzazione
Nell’ultimo dei 5 casi analizzati, si è osservato che il perito ha adottato il metodo
reddituale nella variante analitica, basato sull’attualizzazione dei flussi di reddito anno
per anno, secondo la formula:
n
W = Σ Rt / (1+i)t
t=1
dove:
W valore del capitale economico
Rt reddito atteso per i prossimi esercizi
i tasso di attualizzazione
15
t
orizzonte temporale
Per quanto concerne la stima del reddito medio normalizzato (R), questa è stata
determinata in modo differente in ciascun perizia, sulla base delle caratteristiche
dell’azienda oggetto di valutazione, considerando un orizzonte temporale mediamente
pari a 4/5 anni.
In merito al tasso di attualizzazione o capitalizzazione, dall’analisi delle perizie
oggetto del campione, si è appurato un netto utilizzo del modello CAPM (Capital Asset
Pricing Model) secondo cui, il cost of equity (Ke) è calcolato come:
Ke = Rf + β (Rm – Rf)13
Un primo errore è stato proprio riscontrato nella stima del tasso di interesse secondo
la formula del CAPM. Più precisamente, il perito14 ha utilizzato la seguente formula non
corrispondente a quella di cui sopra:
Ke = (Rf + ERP + EP) * β – c
Al di là di aver considerato un’ulteriore grandezza espressiva dell’intensità del
rischio, Extra premio (EP), l’errore di fondo risiede nella impostazione della formula,
dove si applica il coefficiente beta alle tre componenti sopra riportate e non, come
sarebbe corretto, al solo premio per il rischio azionario ERP (Equity Risk Premium).
Infine, la quantificazione di “n”, ovvero dell’orizzonte temporale di riferimento, non
è omogenea nelle diverse perizie. Ad esempio, in una di queste, è stato ipotizzato un
orizzonte di 11 anni, pari alla durata del contratto di affitto ipotizzando il suo rinnovo,
in un altro caso è stato stimato in 1 anno la capacità prudenziale prospettica del ramo
d’azienda di generare risultati economici positivi, in considerazione del settore di
appartenenza e della situazione di insolvenza della società oggetto di valutazione.
Le scelte dei periti circa l’espressione dei flussi di reddito si collocano nell’ambito
del ventaglio di soluzioni prospettate dalla dottrina15, la quale è solita individuare i
flussi attesi di reddito alternativamente come:
una media valida per un periodo futuro indeterminato oppure per un arco temporale
definito. Trattasi di una tesi secondo la quale i redditi dei singoli anni futuri, ad
esclusione di quelli dei primi anni, sarebbero caratterizzati da credibilità scarsa nella
maggior parte dei casi;
una serie di risultati annuali. Questa soluzione risulta applicabile nei casi in cui si
dispone di previsioni attendibili, sempre che i manager abbiano sufficienti esperienze
nella redazione di budget e piani a 3-5 anni;
una “fascia”di grandezze espressiva della variabilità dei possibili risultati a seconda
degli scenari che si presenteranno. Quest’ultima ipotesi richiede un’analisi attenta e
13
A tal riguardo si veda E.COTTA RAMUSINO, L. RINALDI, La valutazione d’azienda, il Sole 24 ore,
Milano, 2003, capitolo 7.
14
Fallimento del Tribunale di Bologna n. 172/2010 e fallimento n. 211/2010.
15
L.GUATRI, M.BINI, La valutazione delle aziende, Egea, Milano, 2007, pp. 253 e ss.
16
quanto meno puntuale circa le condizioni attuali e future, pertanto esige un’adeguata
base informativa.
Peculiarità rilevata in tale ambito è stata la perizia relativa al fallimento n. 34/2009
del Tribunale di Rovigo, in cui il perito ha adottato la formula del metodo reddituale con
vita utile infinita (W=R/i). Il reddito medio normale atteso (R) è stato fatto
corrispondere al canone d’affitto annuo complessivo, mentre il tasso di attualizzazione
(i) è stato stimato nella misura del 18% in funzione del rischio e dell’incertezza che
l’azienda esprime, (giustificando tale scelta in considerazione del fatto che i tassi
oscillano mediamente tra il 7 e il 15% secondo il tipo di azienda, sino ad un massimo
del 25% per azienda a domanda instabile). Il valore del complesso aziendale così
ottenuto è stato infine decurtato del 15% in considerazione dell’immediatezza della
vendita e data l’assenza di garanzie per vizi.
4.3. Il metodo misto patrimoniale - reddituale
Come già accennato precedentemente, il metodo misto patrimoniale – reddituale
rappresenta il secondo metodo maggiormente utilizzato presentando una frequenza del
28,57%. Qualora si apportassero le correzioni già commentate precedentemente, con
riferimento alle perizie del Tribunale di Brescia (fallimento n. 222/2010) e del Tribunale
di Firenze (fallimento n. 18688) il metodo misto risulterebbe impiegato con una
frequenza (34,29%) comunque inferiore rispetto al metodo patrimoniale (40%).
Nell’analisi delle perizie si è rilevato che in una di queste non è stato indicato alcun
calcolo matematico, né sono state specificate le formule utilizzate al fine della
determinazione del capitale economico. Il professionista, nel caso di specie, si è limitato
ad indicare solo il valore del complesso aziendale (perizia del fallimento n.11/2010 del
Tribunale di Genova).
Nella maggior parte delle perizie analizzate (6 casi) si è riscontrato l’impiego della
formula che ipotizza una durata limitata del sovra/sottoreddito:
W = K + a n┐i’ (R – i’’K)
dove:
W
valore economico dell’impresa
R
reddito medio normale atteso
K
patrimonio netto rettificato
i’’
tasso di remunerazione normale del capitale
i’
tasso di attualizzazione del divario tra R e iK
n
orizzonte temporale
a n┐i’ attualizzazione ad n anni
La determinazione del patrimonio netto rettificato (K) è avvenuta principalmente
sulla base di valori stimati da ingegneri nominati per la valutazione dei beni mobili e
17
immobili, mentre il parametro “n”, ovvero il numero di anni corrispondente alla
prevedibile durata del sovra o sottoreddito, è stato assunto nella maggior parte dei casi
oggetto di analisi pari a 3.
Si ricorda che la durata del sovrareddito (R-i’’K) è legata a fattori soggettivi ed
oggettivi. Secondo un’accreditata dottrina, ad esempio, se il profitto dipende da fattori
soggettivi (ovvero non trasferibili) si considera un arco di 3/5 anni, al contrario, qualora
dipenda da fattori oggettivi (ovvero trasferibili) si considera un orizzonte di 8-10 anni16.
I tassi di interesse impiegati assumono valori alquanto difformi nelle diverse perizie
e per una più chiara comprensione si riporta nel seguito una tabella riassuntiva.
Tabella 2. – Tasso di attualizzazione del divario tra R e iK
PERIZIA
i' (%) VALORI
Brescia 11/2010
9,5 Rm (tasso dell’investimento azionario);
Brescia 62/2009
1,5 Rf (nessuna fonte citata);
Como 23/06
2,7 Rf (BTP triennale);
Firenze 143/2010
7,35 Ke costruito secondo il CAPM
Rf = 2,23% (IRS a 3 anni);
ERP = 5,75% (nessuna fonte citata);
Beta = 0,89 (rilevazioni finanziarie Bloomberg);
Padova 42N/2011 8,92 Ke costruito secondo il CAPM + maggiorazione
Rf = 2,84% (BTP triennale);
ERP = 4% (fonte dottrina17: range 3-5%);
Beta = 0,77 (www.damodaran.com);
+ 3 % (in quanto durata dell'avviamento limitata);
Padova 15/2008
10,84 Ke costruito secondo il CAPM + maggiorazione
Rf = 2,84% (BTP triennale);
ERP = 5% (fonte dottrina18: range 3-5%);
Beta = 1 (rischio pari a quello di mercato);
+ 3 % (in quanto durata dell'avviamento limitata);
16
G.ZANDA, M.LACCHINI, T.ONESTI, La valutazione delle aziende, Giappichelli, Torino, 2001, pag.
305.
17
Il perito indica i seguenti autori e testi: GUATRI L., 1998, Trattato sulla valutazione delle aziende,
Milano, Egea; BALDUCCI D., 2009, La valutazione dell’azienda, Milano, FAG.
18
Ibidem.
18
Tabella 3. – Tasso di remunerazione normale del capitale
PERIZIA
i'' (%) VALORI
Brescia 11/2010
10,85 Ke costruito secondo il CAPM
Rf = 2,76% (IRS a 5 anni);
Rm = 9,5% (tasso investimento azionario);
Beta = 1,2 (settore ciclico);
Brescia 62/2009
8,5 Ke costruito secondo il Build-up Approach
Rf = 1,5% (nessuna fonte citata);
Rm = 7% (nessuna fonte citata);
Como 23/06
2,5 Ke costruito secondo il Build-up Approach
Rf = 2,7% (BTP triennali);
tasso inflazione medio - 2,2% (andamento medio dei
prezzi al consumo);
rischio impresa = 2% (nessuna fonte citata);
Firenze 143/2010
7,35 Ke costruito secondo il CAPM
Rf = 2,23% (IRS a 3 anni);
ERP = 5,75% (nessuna fonte citata);
Beta = 0,89 (rilevazioni finanziarie Bloomberg);
Padova 42N/2011 5,92 Ke costruito secondo il CAPM
Rf = 2,84% (BTP triennale);
ERP = 4% (fonte dottrina: range 3-5%);
Beta = 0,77 (www.damodaran.com);
Padova 15/2008
7,84 Ke costruito secondo il CAPM
Rf = 2,84% (BTP triennale);
ERP = 5% (fonte dottrina: range 3-5%);
Beta = 1 (rischio pari a quello di mercato);
Dalle tabelle riassuntive si evince un forte utilizzo del metodo CAPM (Capital Asset
Pricing Model) per la determinazione sia del tasso di attualizzazione del
sovra/sottoreddito (i’) sia del tasso di rendimento del capitale proprio (i’’).
In particolare, si rileva una forte eterogeneità nella scelta dei tassi da applicare. A
tale riguardo si ricorda che un’autorevole dottrina definisce il tasso i’’ come il “tasso
che consente di determinare la misura del reddito differenziale: esso pertanto, non può
che essere che il costo del capitale (c.o.e.) per l’impresa specifica”19 , mentre la stima del
tasso i’ è stata oggetto di diverse interpretazioni nel corso degli anni20:
• associare al tasso i’ il tasso di attualizzazione valido per la specifica impresa;
• secondo la classica impostazione dell’UEC, si tratta di un tasso particolarmente
elevato, poiché deve scontare il rischio peculiare di cessazione del sovrareddito.
Come se tale condizione fosse contingente e tendenzialmente destinata a sparire;
19
20
L.GUATRI, M.BINI, La valutazione delle aziende, Egea, Milano, 2007, pag. 337.
cfr. L.GUATRI, Trattato sulla valutazione delle aziende, Egea, Milano, 1998, pag. 287.
19
• associare al tasso i’ il puro compenso finanziario per il trascorrere del tempo
(tasso free risk di investimenti a lungo termini in titoli pubblici e simili);
• aumentare il tasso free risk dell’ERP (premio per il rischio azionario).
La scelta del tasso, dipende dal segno dei redditi differenziali21, al tasso di
attualizzazione i’ risulta preferibile:
• associare un tasso lievemente maggiorato rispetto a ke in caso di sovra redditi (i’ >
i’’);
• in presenza di carenze di reddito, il tasso i’ dovrebbe allinearsi tra ke e il saggio
esente da rischio Rf, avvicinandosi a quest’ultimo tanto più quanto più concreti
risultano i differenziali negativi attesi (Rf < i’ < i’’).
Tabella 4. Relazione tra i tassi di interesse
SOVRA/SOTTO
PERIZIA
REDDITI
i'
i''
RELAZIONE
Brescia 11/2010
sovrareddito
9,50% 10,85%
i' < i''
Brescia 62/2009
sottoreddito
1,50%
8,50%
Como 23/06
sottoreddito
2,70%
2,50%
i' > i''
Firenze 143/2010
sovrareddito
7,35%
7,35%
i' = i''
Padova 42N2011
sovrareddito
8,92%
5,92%
i' > i''
Padova 15/2008
sovrareddito
10,84%
7,84%
i' > i''
i' < i''
In base al campione oggetto di analisi, si rilevano caratteristiche di disomogeneità.
La scelta del tasso di attualizzazione nei casi di evidenziazione di sovra redditi è
avvenuta sulla base di diverse impostazioni:
- in un caso il tasso i’ è stato assunto in misura inferiore rispetto al tasso i’’(
Brescia 11/2010);
- in un caso ha assunto il medesimo valore di i’’, pari al cost of equity determinato
con la formula del CAPM (Firenze 143/2010);
- in altri due casi, invece, al tasso i’’ è stato maggiorato in misura eccessiva22
rispetto al tasso di remunerazione normale del capitale i’( Padova 42N2011 e
Padova 15/2008).
21
cfr. L.GUATRI, Nuovo Trattato sulle valutazione delle aziende, Egea, Milano, 2005, pag. 604;
L.GUATRI, V.UCKMAR, Linee guida per le valutazioni economiche, Egea, Milano, 2009, pag. 65.
20
Del tutto in controtendenza rispetto alle impostazioni della dottrina è il tasso stimato
nel fallimento del Tribunale di Como 23/06, nel quale il perito, seppure abbia
determinato un sottoreddito, ha stimato il tasso i’ in misura superiore rispetto al tasso di
interesse normale i’’.
In merito all’ultimo parametro rientrante nella formula sopra indicata, ovvero il
reddito medio normale atteso per gli esercizi futuri (R), si tralascia la dettagliata
descrizione della quantificazione dello stesso date le peculiarità di ciascuna azienda
oggetto di valutazione, sottolineando tuttavia che la stima è avvenuta considerando la
media dei dati contabili dei 3-4 esercizi precedenti. Si è registrato un solo caso in cui la
quantificazione del reddito medio normale atteso è stata condotta con riferimento ad un
arco temporale più breve e precisamente ci si riferisce alla perizia relativa al Concordato
Preventivo n. 15/2008 del Tribunale di Padova. Il perito nel caso di specie ha
quantificato la grandezza del reddito basandosi sull’analisi dei risultati degli ultimi 11
mesi a partire dalla data di redazione della perizia, mesi duranti i quali la procedura di
concordato preventivo ha proseguito l’attività dell’azienda al fine di conservarne,
almeno parzialmente, il valore. Gli esercizi passati non sono stati presi in
considerazione perché non ritenuti idonei a stimare il parametro “R” date le
caratteristiche e le vicende che hanno coinvolto l’azienda.
Oltre alla formula basata sulla stima autonoma dell’avviamento, è stato rilevato
l’utilizzo di due formule differenti nell’ambito del metodo misto patrimoniale –
reddituale, quali:
W = ½ K + ½ [(R-S)/ 1+(r-g)1+ ….. + (R-S)/ 1+(r-g)n]
dove:
W: valore dell’azienda
K: patrimonio netto rettificato (corrispondente al valore netto di bilancio rettificato di
uno scarto prudenziale definito dal perito in base al tipo di elemento patrimoniale)
R: reddito medio normale atteso
S: scarto prudenziale (5%) per tener conto di imprevedibili eventi futuri che rendano
non raggiungibile l’obiettivo del reddito normalizzato atteso
r: tasso di attualizzazione (8%), pari al costo medio in vigore alla data di redazione
della perizia nel mercato di un fido bancario a breve/medio termine
g: tasso correttivo per svalutazioni monetarie e fattore di crescita (stimato nella
misura del 2% per i primi 3 anni e del 3% nei restanti 7)
n: 10 anni.
22
cfr. L.GUATRI, V.UCKMAR, Linee guida per le valutazioni economiche, Egea, Milano, 2009, pag.
65, secondo gli autori, in ipotesi di sovrareddito, appare preferibile associare un tasso di attualizzazione
“lievemente” maggiorato rispetto al cost of equity.
21
Tale formula, impiegata dal perito incaricato di valutare il complesso aziendale
dichiarato fallito con sentenza n. 1/2009 dal Tribunale di Como, risulta errata in quanto
il fattore di sconto corretto, secondo le regole della matematica finanziaria, è:
1/(1+ r-g)n
e non, come operato dal perito:
1/ 1+(r-g)n
W=K
R/K = i
dove:
W: valore dell’azienda
K: patrimonio netto rettificato
R: reddito medio normale prospettico
i: tasso di attualizzazione
Tale formula rappresenta l’impiego del metodo misto patrimoniale reddituale nella
versione “verifica reddituale”23. Trattasi di un’applicazione tipica nella valutazione di
aziende o rami di azienda apportati in una società.
Dopo un’accurata analisi volta a determinare la misura reddituale medio-normale
attesa (R) si procede al confronto con il valore patrimoniale (K) al fine di determinare il
tasso prospettico di rendimento (i = R/K) che può essere ragionevolmente atteso
dall’apporto.
Dal confronto del suddetto tasso i con il costo del capitale proprio (c.o.e.) si possono
presentare i seguenti scenari:
a) presenza di un badwill: il tasso i è inferiore al costo del capitale. Occorre
procedere alla stima dell’avviamento negativo per la determinazione del valore
economico finale (W);
b) presenza di un goodwill: il tasso i è superiore al costo del capitale. Anche in
questo caso si procederà a determinare l’avviamento positivo al fine di stimare il
valore economico dell’azienda;
c) il tasso i è allineato al costo del capitale (considerando un certo intervallo),
pertanto, i valori assegnati al patrimonio netto rettificato possono essere
confermati e la verifica reddituale si considera superata.
Infine, ancora diverso è l’approccio dal perito nella stima dell’azienda impegnata
nella gestione bar con attività collaterale di vendita biglietti conto terzi, dichiarata fallita
con sentenza n. 69/2010 dal Tribunale di Firenze, in quanto la stima dell’avviamento è
avvenuta in modo autonomo ma non sulla base dell’attualizzazione dei sovra redditi
23
L.GUATRI, M.BINI, Nuovo trattato sulla valutazione delle aziende, Egea, Milano, 2009, pag. 614.
22
medi attesi, bensì attraverso una valutazione empirica24. In particolare, sono stati
adottati due metodi e il valore assegnato all’avviamento è stato definito sulla base della
media dei valori ottenuti:
1) Applicazione di un coefficiente agli incassi in funzione dello stato delle
attrezzature e del tipo di azienda
E’ stato applicato un coefficiente all’ammontare degli incassi. Tale coefficiente è
stato scelto sulla base di una tabella riepilogativa del valore dell’azienda in %
dell’incasso annuo, in considerazione del tipo di esercizio svolto, dell’età
dell’arredamento e delle attrezzature e della posizione dell’esercizio commerciale
(fonte: “Listino Prezzi delle aziende del CAMM - Collegio agenti d’affari in mediazione
di Milano e Provincia - aderente alla FIMAA). La valutazione è stata effettuata con
riferimento ai dati dell’esercizio precedente a quello della valutazione, in quanto quelli
passati sono stati considerati poco attendibili.
2) Valutazione con riferimento a corrispettivi ed aggi
Tale metodo prevede la separazione dei corrispettivi e fatture da una parte ai quali
viene applicato un coefficiente di moltiplicazione per gli incassi medi giornalieri, e aggi
dall’altra, applicando un coefficiente moltiplicatore annuale. I coefficienti applicati sono
stati definiti sulla base delle indicazioni prodotte da una dottrina specializzata in
materia25 e in base anche all’esperienza del perito.
4.4. Il metodo empirico
Il metodo empirico presenta una percentuale di frequenza in termini di utilizzo molto
contenuta, pari a circa il 9% ed è stato impiegato come metodo di valutazione in sole 3
perizie che verranno sinteticamente nel seguito descritte.
- Tribunale di Brescia, fallimento n. 222/2009: Il perito incaricato ha ritenuto
ragionevole giungere a tale valore sommando il valore dei beni materiali,
precedentemente stimato da un ingegnere incaricato dal curatore, con il valore
del marchio, quest’ultimo determinato dal perito secondo il metodo dei multipli
impliciti. Tale metodo consiste nell’applicazione di un coefficiente (nel caso di
specie pari al 30%) ad un indicatore di performance. Il perito, nel caso in esame,
ha ritenuto ragionevole considerare la media dei ricavi delle vendite e delle
prestazioni nei 5 esercizi precedenti.
- Tribunale di Bologna, fallimento n. 217/2010: nel caso di specie il perito è
giunto ad una quantificazione empirica del valore del ramo d’azienda in
considerazione del tipo di attività svolta (servizi di portierato reception svolti
tramite contratti di appalto), della mancata patrimonializzazione, e del margine
di redditività molto limitato (dall’1% al 3% dei ricavi) in particolar modo per
l’alta incidenza del costo del lavoro (circa il 90% del ricavo).
24
A tal fine si consideri che nel caso di specie la società svolgeva attività di gestione bar e vendita di
biglietti per conto terzi.
25
Il perito cita come fonte: Francesco Tamborrino, L’annuario immobiliare, Il sole 24 ore.
23
-
Il perito ha optato per una quantificazione del valore del ramo d’azienda
corrispondente “a tanti dodicesimi del fatturato del solo mese di marzo 2011,
quanti sono i dodicesimi residui su base annua di ogni singolo contratto avente
durata annuale, superiore e/o inferiore all’anno”26. Pertanto, è stato considerato
il fatturato prodotto da ciascun contratto di appalto nel mese di marzo 2011, il
quale è stato diviso per 12 ed il risultato ottenuto è stato poi moltiplicato per la
durata residua del contratto stesso in termini di mesi.
Tribunale di Livorno, fallimento n. 31/2009: in quest’ultimo caso il metodo
empirico è stato applicato ai fini della valutazione dell’avviamento, essendo i
beni mobili già stati stimati in sede di inventario fallimentare. Il perito ha
giustificato la scelta di tale criterio per la presenza di valori reddituali sempre
negativi nei precedenti esercizi nonché per la scarsa rilevanza temporale della
gestione da prendere in considerazione (il locale in cui veniva svolta l’attività di
gestione sala da ballo è stato gestito per circa un anno e mezzo).
In particolare il perito ha applicato il metodo dei multipli delle vendite di un
certo periodo indicando come fonte: L. Guatri, Trattato sulla valutazione delle
aziende, Egea, 1998, pag. 350 e seguenti. I multipli sono stati individuati in
considerazione della tabella delle “Rules of thumb” (pag. 351 e seguenti)
considerando l’attività di ristorazione (la società oggetto di stima fornisce anche
servizi di ristorazione e di somministrazione di bevande) in quanto per l’attività
di “gestione sala da ballo” non esistono valori specifici.
Attività di ristorazione
Fatturato medio mensile moltiplicato per 4
1-1,5 dell’utile netto annuo medio
40/50% del fatturato annuo
I multipli applicati sono stati quelli relativi all’attività di ristorazione (multipli di
4 per il fatturato medio mensile e 40/50% del fatturato annuo) in quanto i
corrispettivi derivanti da tale attività sono in valore assoluto più elevati del
semplice ingresso nella sala da ballo.
Il valore dell’avviamento è stato poi definito sulla base della media dei due
valori ottenuti - l’avviamento stimato come multiplo per percentuale di fatturato
ed il valore dell’avviamento stimato per multipli di fatturato mensile – ridotto
del 20% in considerazione della procedura concorsuale a cui è sottoposta la
società.
Si precisa che le Rules of Thumb, applicate in Usa, sono definite come «uno
strumento di formazione del prezzo ispirato dal mercato, basato su di un’opinione
26
Perizia Fallimento Tribunale di Bologna n. 217/2010, pag. 10.
24
collettiva diffusa in un settore specifico o in altri similari, indicante per quanto
un’azienda può essere venduta o comprata»27. Inoltre, Guatri28, sottolinea l’esigenza di
adottare una serie di precauzioni nell’utilizzo del suddetto metodo empirico in quanto:
- non sono regole valutative razionali e riconosciute dagli esperti e dai teorici;
- sono probabilmente applicabili ad imprese di piccole dimensioni condotte
direttamente da proprietari;
- solo coloro che operano nello specifico ramo di attività tendono a dar loro credito;
- pur nell’ambito dello stesso tipo di attività, sono frequenti le differenze a livello
regionale.
Inoltre lo stesso autore precisa che l’utilizzo delle Rules of Thumb è ritenuta
possibile:
- come forma di controllo approssimativa;
- come punto di partenza “grossolano” per più raffinate tecniche valutative;
- quando altri criteri appaiano inapplicabili (inesistenza di sovra redditi, risultati in
perdita, imprevedibilità di redditi e flussi di cassa, ecc.).
Come ulteriore limitazione, occorre, infine, ricordare che i dati citati sono riferiti al
contesto americano e non sono riportabili, quindi, sic et simpliciter, nel contesto
italiano.
4.5. I metodi di controllo
Analizzando le perizie oggetto del campione, sono stati riscontrati solo due casi in
cui si è attuato un metodo di controllo nella valutazione dei complessi aziendali:
- Tribunale di Milano, fallimento n. 549/2009: metodo dei tassi royalty;
- Tribunale di Padova, concordato preventivo n. 15/2008: metodo empirico.
Per quanto concerne il primo caso, il metodo dei tassi royalty assume che il valore
dell’azienda corrisponda alle royalties derivanti dalla cessione in uso a terzi di tali
attività. Le royalties sono state stimate con riferimento a specifici parametri, mentre il
tasso di royalty è determinato con riferimento a casi omogenei. La formula che è stata
applicata risulta essere la seguente:
n
W = Σ r * S i * vi
t=1
dove:
W
valore economico della società;
27
28
T.L. WEST, J.D. JONES, Handbook of Business Valuation, Wiley, New York, 1992, pp. 113 e ss.
L.GUATRI, Trattato sulla valutazione delle aziende, Egea, Milano, 1998, pp. 350 e ss.
25
r
Si
vi
tasso di royalty di settore. Nel caso di specie è stato assunto pari all’8% sulla
base del range di royalty individuato dalla dottrina29 e in considerazione del
settore di riferimento (editoria);
vendite attese lungo l’orizzonte temporale da 1 a n. Il flusso di royalty è stato
individuato con riferimento di 5 anni;
coefficiente di attualizzazione, stimato con il metodo del CAPM (tasso di
riferimento pari al 6,95%).
Il valore economico complessivo dell’azienda è stato determinato sommando i
flussi annui di royalty, ottenuti dal prodotto tra i ricavi annui per il tasso royalty (8%) al
netto dell’imposizione fiscale (31,4%), ed attualizzando i flussi prospettici sulla base del
costo del capitale stimato (6,95%).
Il perito incaricato di valutare il complesso aziendale sottoposto a procedura di
concordato preventivo n.15/08, ha adottato quale forma di controllo del valore un
metodo empirico basato sull’applicazione di moltiplicatori di società comparabili al
volume delle vendite di un certo periodo. Il parametro scelto per la valutazione è stato il
volume mensile (Vm) delle vendite, a cui applicare un moltiplicatore riferibile a società
comparabili esercenti la medesima attività (ferramenta). Individuato in 4x il
moltiplicatore sulla base delle indicazioni fornite dalla dottrina aziendalistica30 e
scegliendo come Vm a regime il valore medio delle vendite mensili dal mese di maggio
2010 al mese di marzo 2011 (date le particolari condizioni in cui versa l’azienda) si è
determinato un valore dell’azienda pari a:
W = 4 * Vm + Magazzino
4.6. La valutazione dei marchi e dei brevetti
I marchi sono stati oggetto principale di valutazione in una sola perizia, ovvero
quella relativa al fallimento n. 78/2010 del Tribunale di Udine. Si sono tuttavia registrati
8 casi in cui il marchio, ritenuto quale bene facente parte del complesso aziendale
oggetto di stima, è stato valutato analiticamente.
29
Il perito indica come fonte: Guatri L., Trattato sulle valutazioni d’azienda, Milano, Egea, 1998.
Il perito indica come fonte: Guatri L., Trattato sulla valutazione delle aziende, Milano, Egea, 1998 e
Balducci D., La valutazione dell’azienda, Milano, FAG, 2009.
30
26
Tabella 5. – Valutazione dei marchi
PERIZA
OGGETTO
M.P.
1
Udine 78/2010
marchio
royalties
2
Milano 52/2010
marchio
costo storico rivalutato
3
Milano 64855
marchio
empirico
4
Brescia 222/2009
marchio
empirico
5
Brescia 127/2010
marchio
costo storico rivalutato
6
Brescia 222/2010
marchi
costo storico rivalutato
7
Venezia 14/2009
marchio
royalties
8
Vicenza 7/2010
marchio
royalties
9
Como 1/2009
beni immateriali
indiretto (*)
M.C.
royalties
royalties
M.P.: metodo principale
M.C.: metodo di controllo
(*) i beni immateriali (marchio, brevetto, certificazioni, avviamento) sono stati determinati per differenza
tra il valore del ramo d’azienda determinato con il metodo misto e il valore dello stesso ramo d’azienda
calcolato in base al solo metodo patrimoniale. Successivamente si è provveduto ad effettuare una “prova
di resistenza” attraverso l’impiego del metodo dei tassi royalties.
Come si evince dalla tabella riepilogativa di cui supra, il metodo delle royalties è
quello maggiormente impiegato, in quanto è utilizzato anche come metodo di controllo.
Trattasi di un metodo che assume in via di principio che il valore del bene immateriale
corrisponda alle royalties che il proprietario del bene potrebbe ottenere dalla cessione in
uso a terzi.
I tassi di royalty hanno assunto valori differenti nelle diverse perizie, in particolare si
è riscontrato un tasso minimo del 1,5% ed un tasso massimo dell’8%, in ragione delle
caratteristiche proprie del marchio quali: rinomanza, prestigio, margine di profitto
prodotto, usi del settore.
In merito alla vita utile residua del marchio, è stata assunta nella maggior parte dei
casi pari a 10, sulla base delle proprietà dei beni immateriali oggetto di valutazione e in
considerazione della struttura e delle caratteristiche competitive del settore di
riferimento.
Per quanto concerne i brevetti, questi sono stati valutati analiticamente in solo due
perizie: Tribunale di Milano, fallimento n. 64855 e Tribunale di Vicenza, fallimento n.
7/2010. Nel primo caso sono stati presi come riferimento i costi di ricerca e sviluppo
sostenuti dall’azienda, ipotizzando un legame funzionale in base al quale, in un
determinato momento, il valore dei brevetti è pari alla sommatoria dei costi di R&S che
hanno consentito di integrarne l’efficacia tecnico-commerciale. Mentre, nel secondo
27
caso, è stato impiegato il metodo del reddito differenziale che il brevetto è in grado di
produrre, ovvero si è stimato il flusso dei benefici economici futuri, in termini di
maggiori ricavi, minori costi o migliore produttività, che l’utilizzo del brevetto può
consentire. Tale flusso è stato poi opportunamente attualizzato ad un congruo tasso
considerando un orizzonte temporale decennale.
4.7. La valutazione delle quote societarie
Le perizie che hanno avuto ad oggetto la valutazione di quote societarie sono
caratterizzate da un prevalente impiego del metodo patrimoniale per la stima del valore
economico delle società partecipate (5 casi su 6). Il valore della quota societaria è stato
generalmente determinato semplicemente applicando la percentuale di possesso di
capitale sociale al valore del complesso aziendale.
Va tuttavia rilevato che in due casi si è provveduto ad una rettifica del valore
proporzionale della quota: in un caso (Fallimento del Tribunale di Bologna n. 31/2010)
il valore della quota societaria è stato rettificato nella misura del 10% in considerazione
del mancato possesso dell’interno pacchetto di controllo, nell’altra perizia invece
(Esecuzione Mobiliare del Tribunale di Bologna n. 3308/2010) il perito ha applicato
uno “sconto di minoranza” pari al 25%. Mentre non è stata valorizzata la quota
societaria dell’azienda dichiarata fallita dal Tribunale di Bologna (fallimento n.46/08) in
quanto il valore del capitale economico di quest’ultima, applicando il metodo
patrimoniale semplice, è risultato negativo e il perito ha così definito nullo il valore
della partecipazione.
5. Criticità riscontrate
Si evidenziano nel seguito le criticità e gli aspetti più rilevanti emersi dall’analisi del
campione, operando un confronto con le migliori prassi prospettate dalla dottrina
specializzata in materia.
5.1. Il metodo di valutazione
In considerazione del campione oggetto di analisi si è registrato un marcato impiego
del metodo patrimoniale, giustificandone l’impiego dato l’elevato contenuto
patrimoniale delle aziende oggetto di valutazione, e del metodo misto patrimoniale –
reddituale, trattandosi di un criterio che tiene conto sia del valore del patrimonio
aziendale, sia dei flussi di reddito o di perdita che si presumono saranno generati.
28
Pertanto, in linea generale, si può affermare che i periti incaricati di redigere le
perizie di stima hanno adottato criteri di valutazione che rientrano tra quelli individuati
dalla dottrina31.
Peraltro, il metodo patrimoniale è generalmente considerato scarsamente razionale e
adatto solo per particolari tipi di aziende come le immobiliari e le holding dove il
contenuto patrimoniale configura l’unica fonte sostanziale di valore32.
Inoltre, come già commentato precedentemente, si sono verificati due casi
(Fallimento n. 222/210 del Tribunale di Brescia e Fallimento n. 18688 del Tribunale di
Firenze) in cui i periti hanno dichiarato di utilizzare un “metodo patrimoniale con stima
autonoma dell’avviamento”, ma in realtà, dalla lettura delle perizie, si è riscontato
l’impiego del metodo misto patrimoniale - reddituale con durata indefinita del
sovra/sottoreddito secondo la formula:
W = K + (R-i’’K)/i’
La suddetta formula è conosciuta nella prassi americana nell’applicazione
dell’Excess Earning Method, secondo il quale si verifica il pieno ricongiungimento del
modello misto con il metodo reddituale. L’eventuale divergenza è riconducibile ad un
problema relativo alla scelta dei tassi33.
Per quanto concerne il metodo di valutazione “empirico”, seppure sia stato impiegato
come metodo principale con una frequenza contenuta, pari all’8,57%, e come metodo di
controllo in un solo caso su 35, è un criterio molto popolare a livello di piccole imprese
ma criticato, tanto che le associazioni professionali di alcuni Stati sanciscono la
proibizione di farne ricorso nei loro codici etici34.
5.2. La qualità delle perizie di stima
Preme innanzitutto sottolineare che tutte le scelte operate dall’esperto incaricato di
valutare l’azienda devono essere esposte con chiarezza ed adeguatamente motivate.35
L’eventuale carenza totale o parziale di spiegazioni non può essere ammessa.36
Considerando che alcune scelte sono caratterizzate da particolare soggettività, il perito
deve motivare le proprie decisioni.
31
In tal senso si veda Zanda G.ZANDA, M.LACCHINI, T.ONESTI, La valutazione delle aziende,
Giappichelli, Torino, 2001, pag. 402. Secondo gli autori, in ipotesi di impresa in crisi, i metodi di
valutazione più idonei risultano: il metodo patrimoniale, il metodo reddituale puro, il metodo misto ed il
metodo finanziario.
32
cfr. L.GUATRI, Nuovo Trattato sulle valutazione delle aziende, Egea, Milano, 2005, pp. 24 e ss.;
E.COTTA RAMUSINO, L.RINALDI, La valutazione d’azienda, Sole 24 ore, Milano, 2003, pag. 248.
33
L.GUATRI, M.BINI, La valutazione delle aziende, Egea, Milano, 2007, pag. 339.
34
L.GUATRI, Trattato sulla valutazione delle aziende, Egea, Milano, 1998, pag. 349.
35
Commissione mista Università-Borsa di Milano, Principi e metodi di valutazione di aziende e
partecipazioni societarie, Egea, Milano, 1989, pag. 55.
36
L.GUATRI, Trattato sulla valutazione delle aziende, Egea, Milano, 1998, pag. 434.
29
In linea generale si può affermare che nella stragrande maggioranza dei casi
analizzati (solo il perito che ha redatto la perizia concernente il Fallimento n. 11/2011
del Tribunale di Genova ha omesso di indicare le ragioni sottostanti la scelta del criterio
di stima impiegato) i periti estimatori hanno indicato le ragioni sottostanti le proprie
scelte circa i metodi di valutazione adottati, seppure alcune di queste risultino in qualche
misura opinabili.
Dall’analisi condotta, tuttavia, va rilevato che in alcuni casi i periti non hanno fornito
alcuna informazione circa le fonti dalle quali hanno estrapolato i valori che alimentano
le formule valutative, omissione che non incide sul risultato ma indubbiamente sulla
qualità della perizia di valutazione, in quanto, come già precedentemente ricordato, le
scelte adottate devono essere chiaramente esposte e motivate.
5.3. Inflazione e tassi di interesse
Un elemento che ha presentato caratteri differenti rispetto alle indicazioni fornite
dalla prassi risiede nel correttivo degli effetti dell’inflazione. Innanzitutto occorre
precisare che la dottrina37 prevede che i tassi di interesse devono essere determinati in
modo coerente rispetto ai flussi attesi di reddito, in particolare «i tassi utilizzati devono
essere omogenei e coerenti coi flussi oggetto di attualizzazione. Se e nella misura in cui
tali flussi attesi sono protetti dall’inflazione, cioè questa non tende a logorarli,
identicamente il tasso deve essere depurato dalla componente inflazionistica».38
Nella pratica professionale, la scelta dei tassi da applicare è caratterizzata
inevitabilmente da una certa discrezionalità dell’esperto e deve risultare coerente con
l’analisi fondamentale39 a supporto del processo valutativo. Più precisamente, l’ultima
tappa dell’analisi fondamentale dovrebbe riguardare la scelta del tasso di attualizzazione
al fine di rispettare il principio della coerenza fra flussi attesi e costo del capitale. Ne
consegue che non si può stimare il costo del capitale prima di aver chiarito la
configurazione di flusso di risultati da attualizzare.
Spesso gli errori di stima dei tassi di interesse sono legati a carenze logiche tali da
incidere sui risultati finali. La dottrina40 tra gli errori più frequenti evidenzia:
- scontare i flussi attesi di aziende in perdita con un tasso comprensivo di un
premio per il rischio (comprimendo il valore attuale delle perdite);
- utilizzare il costo del capitale dell’acquirente anziché della società-target nella
stima del valore in vista di una possibile acquisizione.
37
L.GUATRI, V.UCKMAR, Linee guida per le valutazioni economiche, Egea, Milano, 2009, pag. 21;
L.GUATRI, M.BINI, La valutazione delle aziende, Egea, Milano, 2007, pag. 170.
38
L.GUATRI, Trattato sulla valutazione delle aziende, Egea, Milano,1998, pag. 110.
39
L’analisi fondamentale «è il processo che organizza tutte le informazioni, le seleziona, le controlla, le
elabora, le interpreta, ne compone le eventuali contraddizioni; le traduce in strumenti anche formali
idonei ai fini della proiezione dei flussi (reddituali e finanziari) attesi», così L.GUATRI, M.BINI, La
valutazione delle aziende, Egea, Milano, 2007, pag. 69.
40
ivi, pag. 170.
30
Il costo del capitale non è dunque una misura del tutto oggettiva e deve, inoltre,
essere determinato in modo coerente rispetto ai flussi attesi dal momento che sussiste un
nesso di dipendenza reciproca tra saggi di interesse e risultati attesi.
In merito al metodo reddituale, in un solo caso si è riscontrata la considerazione
dell’elemento “inflazione”, più precisamente il professionista che ha redatto la perizia
relativa al Fallimento n.172/2010 e 211/2010 del Tribunale di Bologna ha stimato il
tasso di interesse considerando anche la componente inflazionistica secondo la formula:
i = (Rf + ERP + EP)*β – c
dove l’ultimo elemento “c” rappresenta il tasso di inflazione prospettica, stimato nella
misura dell’1,5% in considerazione del tasso di inflazione programmato in Italia
determinato dal MEF, in quanto anche le previsioni di fatturato sono state fatte in
termini reali. La formula sopra esposta risulta, tuttavia, non conforme al modello
CAPM, secondo il quale il fattore beta (β) è moltiplicato solo per il premio per il rischio
azionario (ERP).
Per quanto concerne il metodo misto patrimoniale – reddituale, solo 2 periti hanno
espressamente considerato la componente inflazionistica. Più precisamente, in un caso
(Fallimento del Tribunale di Como n.1/2009) è stato determinato il tasso “g” quale
correttivo che tiene conto sia della svalutazione monetaria in atto che del fattore di
crescita insito nel ramo di azienda oggetto di valutazione, valutato per i primi tre anni
nel 2% e per gli anni successivi nel 3%. Secondo il perito «il fattore correttivo corregge,
indirettamente il reddito medio normalizzato (RMN), agendo sul fattore di
attualizzazione. Nel caso di specie la correzione depotenzia il tasso di attualizzazione,
aumentando l’importo del valore attualizzato»41. La formula indicata dal perito è stata la
seguente:
W = ½ K + ½ [(RMN-S)/1+(r-g)1+ ….. + (RMN-S)/1+(r-g)n]
La suddetta formula, come già chiarito in precedenza, risulta errata in quanto il
fattore di sconto corretto, secondo le regole della matematica finanziaria, è 1/ (1+r-g)n e
non 1/1 + (r-g)n. Inoltre, i calcoli riportati nella perizia non coincidono con la formula
indicata e il reddito medio normalizzato (RMN) assume due valori diversi all’interno
della stessa perizia: in un primo momento il perito dichiara che il RMN corrisponde a
Euro 824.450, mentre quando procede all’attualizzazione il valore assunto da questo, è
pari a Euro 827.500. Ne consegue che il risultato ottenuto dal perito circa il valore del
complesso aziendale risente di questa divergenza, seppure sia da ritenersi corretta la
considerazione del fattore “g” in quanto la dottrina42 al riguardo prevede due alternative:
- esprimere il fattore di crescita “g” nella misura dei flussi quando questi non
superino i 3-5 anni;
- esprimere il fattore di crescita “g” nella misura dei tassi quando l’arco temporale
risulta esser medio – lungo (nel caso di specie i flussi di reddito sono stati
41
42
Tribunale di Como, Fallimento n. 1/2009, pp. 27, 28.
L.GUATRI, Trattato sulla valutazione delle aziende, Egea, Milano, 1998, pag. 101.
31
determinati sulla base della media dei risultati dei sei esercizi precedenti e
capitalizzando poi il suddetto valor medio in un orizzonte temporale di 10 anni).
In merito agli approcci adottati per la stima dei tassi di interesse si è registrato
prevalentemente l’impiego del metodo CAPM, ritenuto un modello teorico di
riferimento ed in assoluto il più utilizzato nella stima del costo-opportunità del capitale,
definito anche come il “gold standard” dei modelli di stima del costo del capitale.
Sebbene il modello sia di facile utilizzo data la semplicità della formula, è necessario
che il professionista sia in possesso di adeguate conoscenze teoriche al fine di evitare
errori. Si è riscontrata una forte eterogeneità circa i comportamenti dei periti, spesso in
contrasto con i requisiti individuati dalla dottrina43 nella scelta dei tassi, quali:
- la razionalità: devono ispirarsi ad uno schema logico;
- la coerenza: con l’analisi fondamentale;
- l’affidabilità: devono essere ridotti gli ambiti di discrezionalità dell’esperto;
- la verificabilità: devono essere ripercorribili nelle loro componenti, nelle ipotesi
assunte e nello svolgimento del calcolo.
6. Conclusioni
Il tema della “valutazione d’azienda” sta assumendo sempre più peso nei recenti
studi di economia aziendale ed è inoltre una materia complessa e soggetta a rapida
evoluzione. Nei primi studi di questa importante branca dell’economia aziendale, i
dettami valutativi erano essenzialmente caratterizzati da fattori di natura empirica, solo
di recente, dall’inizio degli anni ottanta, si è assistito ad una radicale inversione di
tendenza che ha indotto gli studi sulla valutazione ad elaborare modelli di stima sempre
più sofisticati e quanto più possibile ancorati a criteri di riferimento comunemente
accolti e oggettivamente individuati.44 La valutazione d’azienda rappresenta pertanto un
processo complesso ed articolato, ancorato a conoscenze tanto del campo ragionieristico
tanto in quello economico-sociale e finanziario. L’ampia letteratura che abbraccia
questa importante materia è inoltre affiancata da linee guide redatte da organismi come
Borsa Italiana, nonché da documenti di best practice da parte di associazioni di
categoria come l’Associazione italiana analisti finanziari.45
Tuttavia, l’esigenza di creare un corpo di regole riconosciuto a livello nazionale ha
portato alla recente nascita dell’Organismo Italiano di Valutazione (Oiv) su iniziativa
dell’Università Bocconi insieme a Borsa Italiana, Assirevi, Ordine nazionale dei dottori
commercialisti, Aiaf (Associazione italiana analisti finanziari) e Andaf (Associazione
43
L.GUATRI, M.BINI, La valutazione delle aziende, Egea, Milano, 2007, pag. 171.
G. ZANDA., M. LACCHINI, T. ONESTI, La valutazione delle aziende, Giappichelli, Torino, 2005,
pp. 25 e ss.
45
A tal riguardo si vedano “Guida alla valutazione”, aprile 2004, www.borsaitaliana.it e “Nota di Best
Practice AIAF sulla trasparenza del Terminal Value (TV) nella applicazione dei metodi finanziari
Discounted Cash Flow (DCF) e Dividend Discount Model (DDM)”, maggio 2010, www.aiaf.it.
44
32
Nazionale direttori amministrativi e finanziari) la cui missione è divenire lo standard
setter italiano in tema di principi di valutazione e il referente, per il nostro paese,
dell’International Valuation Standard Council (Ivsc), standard setter internazionale, al
quale già partecipano - in qualità di enti sponsor - gli standard setter domestici dei
principali paesi occidentali.
Con riferimento al campione oggetto di analisi si può affermare che sussiste una
marcata eterogeneità nei comportamenti posti in essere dai periti estimatori nelle proprie
valutazioni. La valutazione d’azienda non è mai un’applicazione meccanica di modelli,
formule e moltiplicatori, è necessario possedere innanzitutto un’adeguata base
informativa dalla quale analizzare, selezionare e sintetizzare le informazioni. Sebbene le
relazioni abbiano un contenuto diverso a seconda delle finalità perseguite, devono in
ogni caso rispettare un contenuto minimale e per risultare efficaci devono rispondere a
quattro regole base46:
- dimostrare la conoscenza dell’azienda, nonché dei mercati e dei settori in cui
opera;
- dimostrare la conoscenza dei mercati finanziari, da cui discendono alcuni
fondamentali parametri valutativi;
- essere le fedeli interpreti del processo valutativo;
- essere delle rappresentazioni convincenti, ovvero ordinate, documentate e
comprensibili del lavoro professionale svolto e delle conclusioni cui esso è
pervenuto.
In merito alla documentazione della conoscenza dell’azienda, va anche in questo
caso rilevata una forte eterogeneità nei comportamenti dei periti estimatori: alcuni
hanno effettuato una dettagliata analisi dell’azienda oggetto di valutazione con
riferimento anche ai bilanci passati, altri si sono limitati a riportare i dati e le
informazioni principali o comunque descrivere gli accadimenti appena antecedenti alla
dichiarazione di fallimento.
Per quanto attiene ai dati ed alle informazioni extra contabili, talvolta le fonti erano
scarne se non addirittura non citate, ledendo così le esigenze di trasparenza. A tale
riguardo va precisato che in alcuni casi i periti non hanno nemmeno esposto
chiaramente i calcoli e le formule impiegate, limitandosi a indicare i valori assegnanti
(comportamento riscontrato in 4 casi su 35, pari all’11%).
L’eterogeneità complessivamente riscontrata evidenzia la necessità di predisporre
regole applicative tali da poter seguire un percorso “standard” nelle valutazioni
d’azienda e nella predisposizione delle relazioni di valutazione, così come avviene nel
campo della revisione contabile47 e dell’Accounting più in generale. Gli standard
dovrebbero mantenere uno spazio di discrezionalità tecnica, nell’ambito del quale si
46
L.GUATRI, M.BINI, La valutazione delle aziende, Egea, Milano, 2007, pag. 551.
I principi di revisione sono stati emanati dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti
Contabili e sono direttamente reperibili dal sito www.cndcec.it. Inoltre l’art. 11 del D.lgs. 39/2010
stabilisce che la revisione legale deve essere svolta in conformità ai principi di revisione internazionali
(ISA – International Standards of Auditing) adottati dalla Commissione Europea.
47
33
esprima il giudizio professionale del professionista. Le recenti linee guida48 aggiornano
il documento del 1989 “Principi e metodi nella valutazione di azienda” e rappresentano,
per il momento, una sorta di “codice di autodisciplina” per il professionista, e una base
sulla quale costruire il nuovo corpus di principi.
48
L.GUATRI, V.UCKMAR, Linee guida per le valutazioni economiche, Egea, Milano, 2009.
34
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