Working Papers n.34 - Biblioteca del Dipartimento di Studi per l
Transcript
Working Papers n.34 - Biblioteca del Dipartimento di Studi per l
La valutazione delle aziende in crisi Giulia Barletta [email protected] Working paper n. 34, dicembre 2011 Abstract La crisi d’impresa rappresenta un argomento ben conosciuto sia alla dottrina aziendalistica sia a quella giuridico - fallimentare, data l’importanza crescente che ha assunto negli ultimi anni, nonché per l’aumentare della rischiosità delle attività economiche e in relazione agli effetti della congiuntura economica sulle imprese. In tale contesto assume rilievo il tema della valutazione delle aziende nell’ambito di procedure esecutive, di concordato preventivo e fallimento. Il presente lavoro è appunto dedicato ad esaminare il comportamento adottato dai professionisti nella valutazione di aziende che sono sottoposte a tali procedure mediante il confronto con le teorie e i modelli sviluppati dalla dottrina. Dall’analisi empirica svolta, si è riscontrata una forte eterogeneità che evidenzia la necessità di predisporre regole applicative uniformi tali da configurare un percorso “standard” nelle valutazioni d’azienda come già avviene nel campo della revisione contabile e dell’Accounting in generale. Proprio a fronte di tale necessità, nel novembre 2011 è stato costituito l’Organismo Italiano di Valutazione (OIV) la cui missione è predisporre e mantenere aggiornati i Principi Italiani di Valutazione di aziende, di strumenti finanziari e di attività reali, nonché la partecipazione al dibattito internazionale degli esperti di valutazione dando voce alle migliori professionalità del nostro Paese, divenendo un riferimento per il legislatore nazionale. 2 GIULIA BARLETTA Dott.ssa Magistrale in Amministrazione e Gestione Curriculum Professioni Contabili Università del Piemonte Orientale – Facoltà di Economia di Novara LA VALUTAZIONE DELLE AZIENDE IN CRISI SOMMARIO: 1. Introduzione – 2. Strumenti di gestione della crisi aziendale – 3. Obiettivi dell’analisi empirica e campione oggetto di analisi – 4. Individuazione dei modelli di valutazione adottati – 4.1.Il metodo patrimoniale – 4.2. Il metodo reddituale – 4.3. Il metodo misto patrimoniale-reddituale – 4.4. Il metodo empirico – 4.5. I metodi di controllo – 4.6. La valutazione dei marchi dei brevetti – 4.7. La valutazione delle quote societarie – 5. Criticità riscontate – 5.1. Il metodo di valutazione – 5.2. La qualità delle perizie di stima – 5.3. Inflazione e tassi di interessi – 6. Conclusioni. 1. Introduzione Sebbene non esista una definizione univoca accettata di crisi vi sono numerosi contributi offerti dalla letteratura1, questo probabilmente perché ogni impresa ha proprie peculiarità e la crisi presenta differenti significati a seconda del contesto di riferimento nel quale viene studiata. Lo studio delle cause della crisi aziendale, con conseguente classificazione delle stesse, è cominciato nei primi anni 802, successivamente la letteratura economicoaziendale ha affrontato la crisi dei sistemi industriali3, sino ad elaborare analisi empiriche-teoriche seguendo l’onda della letteratura anglosassone4. 1 Sul concetto di crisi si veda M.ZITO, Fisiologia e patologia delle crisi d’impesa, Giuffrè, Milano, 1999; G.ZANDA, M.LACCHINI, Le prime avvisaglie della crisi d’impresa: strumenti di accertamento, Relazione al Convegno Cirgis su “Crisi dell’impresa: conflitti economici, aspetti solidaristici, problemi etici. Verso una riforma della legge fallimentare”, Milano, 23/24 giugno 1995; P.CAPALDO, Crisi d’impresa e suo risanamento, in Banche e banchieri, 1997. 2 G.BRUGGER, Gli interventi professionali nelle situazioni di crisi d’impresa, in Finanza, Marketing e Produzione, n. 2, 1984; V.CODA, Crisi e risanamenti aziendali. Le tappe critiche dei processi di ristrutturazione aziendale di successo, in Sviluppo e Organizzazione, n. 75, ora in Saggi di memoria di Donatello Serrani, Cedam, Padova, 1983; L.GUATRI, Turnaround. Declino, crisi e ritorno al valore, Egea, Milano, 1995; S. SCIARELLI, La crisi d’impresa. Il percorso gestionale di risanamento nelle piccole e medie imprese, Cedam, Padova, 1995; L.SICCA, Creazione di valore, conoscenza e gestione delle crisi aziendali, in Finanza, Marketing e Produzione, n. 2, 1993; C.VERGARA, Disfunzioni e crisi aziendali, Giuffrè, Milano, 1988. 3 S.PODESTA’, La crisi dell’impresa in Italia: efficacia e limiti delle forme di intervento adottate, in Finanza, Marketing e Produzione, n.1/1984; R.PRODI, F.GOBBA, Per una ristrutturazione e riconversione dell’industria italiana, Il Mulino, Bologna, 1980. 4 Si veda in tal senso l’analisi di Altman condotta su un campione di 66 imprese americane. Attraverso una combinazione di varie misure di redditività e di rischio, Altman ha sviluppato il modello Z-score che ha come obiettivo la previsione dell’insolvenza, con un grado di confidenza del 95%, con un anno di anticipo. E.I. ALTMAN, Financial ratios, discrimant analysis and the prediction of corporate bankruptcy, in Journal of Finance, Vol. 23, n. 4, 1968. 3 Dagli studi empirici anglosassoni, si sono sviluppate le prime analisi sul processo di turnaround suddiviso in strategico ed operativo in funzione delle caratteristiche del declino e degli interventi necessari al risanamento5. Il non riconoscimento tempestivo della crisi spesso porta al fallimento ed allo smembramento del patrimonio aziendale. Tale situazione è imputabile a diversi elementi quali: sistema informativo aziendale inadeguato che non permette di identificare la crisi, mentalità chiusa dell’imprenditore che confida nell’auto-soluzione dei problemi e la mancata conoscenza degli strumenti che permettono una corretta gestione della crisi. Secondo un’autorevole dottrina, la crisi «si concreta di solito, a seguito delle perdite economiche (di redditività e di valore), in ripercussioni gravi e crescenti sul piano dei flussi finanziari. Le ripercussioni dirette sono: carenze di cassa, perdite di credito e di fiducia»6. Dagli studiosi di economia aziendale la crisi è considerata un momento “normale” della vita di un’impresa, ovvero il momento conclusivo del ciclo aziendale. L’impresa nasce, cresce e poi, alla fine, muore e la crisi sarebbe la conseguenza di mancati profitti e perdita di capitale. I fenomeni di “declino” e “crisi” nella vita di tutte le imprese sono di solito preceduti dai sintomi premonitori, che possono essere detti di decadenza, prevalentemente di tipo qualitativo, e di squilibrio, tipicamente di tipo quantitativo e, quindi, misurabili. Trattasi di fenomeni che seppure siano analizzati a livello di singola impresa, spesso investono interi settori di attività. Il Guatri definisce la crisi di impresa come “...una manifestazione di tipo patologico che può svilupparsi su più stadi...”.7 5 cfr. D.SCHENDEL, G.PATTON, J.RIGGS, Corporate Turnaround Strategies: a study of profit Decline and Recovery, in Journal of Management, Spring, 1976; C.W. HOFER, Strategies for business turnaround, in Strategic Planning Management, July-August, 1983; L.GUATRI, Turnaround. Declino, crisi e ritorno al valore, Egea, Milano, 1995. 6 L.GUATRI, Turnaround: declino, crisi e ritorno al valore, Egea, Milano, 1995, pag. 108. 7 L.GUATRI, Crisi e risanamento delle imprese, Giuffrè, Milano, 1986, pag. 11. 4 Figura 1. I quattro stadi della crisi aziendale squilibri e inefficienze perdite economiche insolvenza dissesto Fonte: L.GUATRI, Crisi e risanamento delle imprese, Giuffrè, Milano, 1986, pag. 12. Fase 1. SQUILIBRI E INNEFFICIENZE Affinché l’azienda possa perdurare nel tempo è necessario il raggiungimento e mantenimento di equilibri aziendali quali: • equilibrio economico: capacità dell’azienda di ottenere dalla vendita di beni e servizi un volume di ricavi sufficienti alla copertura di tutti i costi e di tutti i fattori produttivi. Tale equilibrio deve realizzarsi nel medio/lungo periodo, in quanto nel breve risulta difficile, dal momento che gli investimenti tecnologici richiedono tempi medio-lunghi e risorse ingenti, considerando inoltre che ogni prodotto ha un proprio ciclo di vita con caratteristiche definite su cui è difficile intervenire; • equilibrio finanziario: capacità dell’impresa di garantire in ogni istante un’adeguata copertura dei fabbisogni finanziari che si manifestano, ovvero l’impresa deve mantenere in equilibrio le sue entrate e le sue uscite monetarie e finanziarie senza compromettere il suo equilibrio economico; • equilibrio patrimoniale: si verifica quando si raggiunge una corretta proporzione tra i diversi raggruppamenti dei valori di stato patrimoniale. L’equilibrio patrimoniale pertanto, si ha quando i diversi capitali sono investiti in modo tale che si possa svolgere correttamente l’attività aziendale con i fattori produttivi a disposizione. Far fronte alla crisi in questo stadio in cui sorgono squilibri che tuttavia non hanno ancora generato perdite risulta l’ideale, seppur difficile in quanto non si sono ancora manifestati compiutamente tutti i sintomi. 5 Fase 2. PERDITE ECONOMICHE In questa fase le perdite economiche cominciano ad intaccare le risorse aziendali, riducendo la capacità di investimento con ripercussioni sulla struttura e sull’equilibrio patrimoniale e finanziario dell’impresa. Far fronte alla crisi in questo stadio risulta arduo anche perché le perdite che si realizzano rendono noto ai creditori, nonché ai finanziatori ed agli investitori, l’esistenza della crisi aziendale. Le soluzioni più opportune vanno intraprese sulla base di un’analisi delle perdite al fine di rendere più agevole e meno difficoltoso il superamento della crisi. Fase 3. INSOLVENZA L’insolvenza rappresenta la fase in cui la crisi cessa di essere un solo fatto interno ed è resa palese all’esterno dell’azienda. Si verificano eventi come la difficoltà di far fronte in modo regolare ai pagamenti alla scadenza e la perdita progressiva di clientela. In tale stadio di crisi è necessario porre in essere interventi mirati e profondi che riguardino in particolar modo la struttura del capitale, nonché il management. Fase 4. DISSESTO La differenza che sussiste tra l’insolvenza ed il dissesto è che la prima è misurata in termini di flussi evidenziando una situazione di tensione finanziaria, mentre il dissesto è misurato in termini di stock, evidenziando al contrario una situazione patologica aziendale. Inoltre il dissesto rappresenta una condizione permanente di squilibrio patrimoniale, irrisolvibile senza opportuni interventi dei creditori. 2. Strumenti di gestione della crisi aziendale Partendo dal presupposto che ogni fase in cui si sviluppa la crisi aziendale ha proprie caratteristiche, le esigenze e le modalità di intervento differiscono dunque nei diversi stadi. La crisi, ad ogni modo, qualora sia diagnosticata per tempo e ben gestita, può rappresentare una vera e propria opportunità di sviluppo8. Nelle fasi iniziali, ovvero quelle nelle quali non si sono ancora prodotte perdite, gli interventi che si pongono in essere sono a costi ed a rischi dei portatori di capitale. Le fasi finali, invece, sono caratterizzate da interventi i cui costi e rischi sono imputabili anche a soggetti diversi, quali ad esempio i creditori, in modo parziale o totale. In particolare il risanamento può essere attuato mediante: 8 S.SCIARELLI, La crisi d’impresa. Il percorso gestionale di risanamento nelle piccole e medie imprese, Cedam, Padova, 1995, pag. 29-34. 6 • ristrutturazione: miglioramento dell’efficienza dei fattori produttivi essenziali, dell’incidenza dei costi fissi di struttura e dell’assetto finanziario e patrimoniale; • riconversione: innovazione tecnologica e di marketing; • ridimensionamento: modifica delle dimensioni; • riorganizzazione: modifica degli assetti organizzativi. Nel caso in cui l’azienda fosse caratterizzata da perdite di elevate dimensioni, è possibile attuare o un fronteggiamento delle stesse oppure l’avvio di processi di cessione/liquidazione. Qualora gli interventi di risanamento producessero risultati negativi si vengono ad instaurare le fasi finali della crisi, ovvero l’insolvenza e il dissesto. Fig. 2. Il fronteggiamento delle perdite derivanti da crisi aziendali Fattori di crisi Perdite Valutazione degli interventi necessari Fabbisogni finanziari Risultati economici attesi Stima del rischio Ottenimento dei consensi Decisioni di intervento positiva Ricerca di nuovi mezzi smobilizzi negativa cessione liquidazione Fonte: L.GUATRI, Crisi e risanamento delle imprese, Giuffrè, Milano, 1986, pag. 67. 7 Il fronteggiamento dell’insolvenza e del dissesto risulta difficile nonché incerto date le conseguenze che i due stati portano con sé. Sia che l’insolvenza sia temporanea, ovvero reversibile, sia che sia definitiva, le possibili alternative sono: continuare l’attività aziendale in tutto o in parte, oppure cessare e liquidare l’azienda. L’eventuale continuazione dell’attività prevede la predisposizione di un Piano di risanamento, i cui obiettivi sono sostanzialmente i seguenti: - obiettivi di equilibrio economico; - obiettivi di equilibrio patrimoniale e finanziario; - obiettivi di limitazione di taluni rischi. 3. Obiettivi dell’analisi empirica e campione oggetto di analisi Nel contesto sopra descritto, il presente lavoro si è focalizzato sui criteri di valutazione delle aziende adottati dai professionisti nell’ambito di procedure esecutive, di concordato preventivo e fallimento. La valutazione in discorso è particolarmente delicata in quanto prioritariamente finalizzata a tutelare le ragioni dei creditori sociali e ad evitare sottrazioni e depauperamenti del patrimonio dell’azienda in stato avanzato di crisi. L’analisi empirica è stata condotta analizzando 35 perizie di stima relative ad imprese sottoposte a procedure esecutive, procedure di concordato preventivo e fallimento. Il campione oggetto di analisi è composto da perizie reperite direttamente dal web, dai seguenti siti internet: a) www.astegiudiziarie.it b) www.astagiudiziaria.com c) www.publicomonline.it Le perizie oggetto di analisi sono state reperite nella sezione “beni mobili” e più precisamente sono state considerate le seguenti categorie: • affitto d’azienda; • cessione d’azienda; • marchi e brevetti; • quote societarie. La ricerca delle perizie oggetto del campione è avvenuta considerando le seguenti regioni del Centro-Nord Italia: Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana. Da questo campione iniziale, sono state escluse la regione della Valle d’Aosta, del Piemonte e del Trentino Alto Adige a causa di mancanza di perizie qualitativamente rilevanti ai fini dell’analisi. Si è perciò adottata una modalità di ricerca alternativa a quella del web, anche al fine di ampliare il campione oggetto di analisi. Si è proceduto a contattare tramite fax e mail i Tribunali provinciali, nonché studi professionali e curatori 8 che operano nel campo delle procedure concorsuali, ma questa modalità di ricerca non ha prodotto risultati soddisfacenti, portando così ad escludere definitivamente le tre regioni sopra citate e definendo il campione solo sulla base delle perizie rese pubbliche dai siti internet. Di seguito si riporta l’elenco delle perizie facenti parte del campione (Tabella 1). 9 Tabella 1. – Campione oggetto di analisi REG. PROV. Bergamo Brescia Brescia Brescia Brescia Brescia Como Como Como Como Lecco Mantova Monza Lombardia Milano Milano Milano Liguria Genova Genova Friuli Udine Veneto Padova Padova PROCEDURA N° Fallimento n. 31/2010 Fallimento n. 222/2009 Fallimento n. 11/2010 Fallimento n. 62/2009 Fallimento n. 222/2010 Fallimento n. 127/2010 Fallimento n. 45/2004 Fallimento n. 24/2009 P.E. n. 23/06 Fallimento n. 1/2009 P.E. n. 975/2009 Fallimento n. 27/2006 Fallimento n. 19/2011 Fallimento n. 52/2010 Fallimento n. 64855 Fallimento n. 549/2009 Fallimento n. 11/2011 Fallimento n. 70/2010 Fallimento n. 78/2010 Fallimento n. 42N/2011 C.P. n. 15/2008 SOCIETA’ Industria Gomme Srl OGGETTO PRINCIPALE DELLA PERIZIA quote societarie Paghera Srl, Paghera Green Philosophy Srl, Paghera Holding Srl Europress Spa complesso aziendale XXX complesso aziendale Wictor Spa complesso aziendale Cacciamali Spa complesso aziendale Biophytolab Srl complesso aziendale Gi.Ma.Tex Srl complesso aziendale Cobit Srl quota societaria Ciresa Spa complesso aziendale PAV Srl quota societaria C. ERRE S.r.l. complesso aziendale S.V.M. Srl complesso aziendale Cantieri Navali di Lavagna Srl Belotti Spa complesso aziendale Edizioni La Traccia Srl complesso aziendale complesso aziendale XXX complesso aziendale e congruità canone affitto complesso aziendale XXX complesso aziendale Patricia Milton Srl marchio Patricia Milton Opes Save Spa complesso aziendale e congruità canone affitto complesso aziendale Utilferramenta Srl 10 Rovigo Venezia Vicenza Firenze Firenze Firenze Grosseto Modulgraf Group Srl complesso aziendale Jesurum Spa complesso aziendale Cos. Met Srl complesso aziendale Andrei Mario Srl complesso aziendale XXX complesso aziendale Fallimento n. 69/2010 E.M. n. 210/2009 XXX Sas complesso aziendale Cinemania Videostore quote societarie Srl; Compasso Srl, Emmeci Mare Srl; Tennis Punta Ala Srl XXX complesso aziendale Toscana C.P. n. 19/2010 Livorno Fallimento n. Metropolis Srl complesso aziendale 31/2009 Bologna P.E. Wistar Srl quote societarie n. 3308/2010 Bologna Fallimento n. La Ronda Emilia Snc di complesso aziendale 217/2010 Netforma Srl & C. Forlì Fallimento n. XXX complesso aziendale e 10/2010 congruità canone affitto Bologna Fallimento n. Ethica Srl quote societarie 46/08 Bologna (*) Fallimento n. Cubo arredamenti Spa e complesso aziendale 172/2010 e Publigest Industriale Srl fallimento n. 211/2010 Note: REG: regione PROV: provincia C.P.: concordato preventivo E.M.: esecuzione mobiliare P.E: procedura esecutiva “XXX”: indicazione oscurata nella perizia (*): trattasi di fallimenti identificati con numerazione differente ma contenuti in un’unica perizia, in quanto la società Publigest Industriale Srl è posseduta al 100% dalla Cubo Arredamenti Spa, entrambe dichiarate fallite, pertanto la perizia ha come oggetto l’intero complesso aziendale. Emilia Romagna Pisa Fallimento n. 34/2009 Fallimento n. 14/2009 Fallimento n. 07/2010 Fallimento n. 18688 Fallimento n. 143/2010 11 4. Individuazione dei modelli di valutazione adottati Da una prima lettura delle perizie che formano oggetto del campione, si sono riscontrati i seguenti metodi di valutazione: Grafico 1. Metodi di valutazione adottati METODO DI VALUTAZIONE 2,86% Patrimoniale 8,57% 45,71% 28,57% 14,29% Reddituale Misto Empirico Royalties Si registra un marcato utilizzo del metodo patrimoniale (circa il 46%) e a seguire, il metodo misto patrimoniale - reddituale, con un impiego di circa il 29%, mentre in un solo caso si è proceduto ad una stima con il metodo delle royalties. Il metodo reddituale, invece, è stato ritenuto dai periti incaricati di redigere le perizie di stima, quale metodo appropriato e affidabile solo per circa il 14% dei casi analizzati, mentre il metodo empirico, impiegato in un solo caso come metodo di controllo, è stato utilizzato in qualità di metodo principale con una frequenza dell’8,57%. 4.1. Il metodo patrimoniale Come sopra evidenziato, il metodo patrimoniale è il metodo più utilizzato in base al campione oggetto di analisi, con una frequenza del 45,71%. Le ragioni che hanno evidenziato i periti a supporto della scelta del suddetto metodo sono riconducibili essenzialmente nei seguenti elementi: - trattasi di un metodo idoneo (nella versione patrimoniale c.d. complessa) nelle valutazioni di aziende con un alto contenuto di intangibili; - presenza di risultati negativi registrati negli anni precedenti, tali per cui l’applicazione di metodi reddituali e finanziari non avrebbero permesso la determinazione di risultati significativi. In linea di principio le poste di bilancio sono state valutate a valore corrente con eventuali svalutazioni del caso, in altri casi il valore è stato determinato da ingegneri o 12 geometri incaricati dal curatore di stimare il valore dei complessi mobiliari e immobiliari. Va precisato che nella maggior parte dei casi il perito si è limitato ad indicare il valore stimato dall’ingegnere/geometra e pertanto non è possibile approfondire l’analisi anche sui criteri da questi utilizzati. In merito ai debiti e crediti, va precisato che questi sono stati valutati solo nei casi in cui risultavano esser oggetto di cessione, mentre per gli intangibili quali marchi e brevetti in alcuni casi è stato indicato semplicemente il valore assunto da questi senza alcun riferimento alla modalità di determinazione, in altri casi è stato descritto separatamente il metodo di valutazione adottato (cfr. par. 4.6.). Una prima peculiarità è stata riscontrata in 4 casi in cui i periti estimatori hanno dichiarato di utilizzare un “metodo patrimoniale con stima autonoma dell’avviamento”. Analizzando dettagliatamente le perizie di stima si è rilevato che la determinazione del valore dell’avviamento in modo autonomo è avvenuta in modo differente rispetto al metodo U.E.C.9 (metodo misto patrimoniale - reddituale). Più precisamente, due periti10 hanno impiegato la seguente formula: W = K + (R – iK)/i’ dove: W valore del capitale economico K patrimonio netto rettificato R reddito medio normalizzato prospettico i tasso di redditività medio normale i’ tasso di attualizzazione del sovra reddito. Tale metodologia di valutazione equivale ad un metodo misto patrimoniale reddituale con una stima dell’avviamento ipotizzando una durata illimitata del sovra/sotto reddito. In un terzo caso11, invece, il perito ha determinato in modo autonomo l’avviamento secondo la formula: A = [(V * i) * n] dove: A valore dell’avviamento V valore dei beni strumentali attribuito in sede di inventario 9 Si ricorda che il metodo U.E.C. prevede la stima del valore dell’azienda come sommatoria del valore del patrimonio rettificato e dal valore dell’avviamento, il quale è calcolato attualizzando il surplus di reddito (o profitto), rispetto al reddito “ normale” per un periodo di tempo normalmente limitato. 10 Tribunale di Brescia Fallimento n. 222/2010 e Tribunale di Firenze Fallimento n. 18688. 11 Tribunale di Pisa Concordato Preventivo n. 19/2010. 13 i n tasso atteso di redditività stimato nel caso di specie nella misura del 6% (in considerazione di un range del 6-7% avuto riguardo a imprese operanti nello stesso settore) anni di redditività del capitale investito pari a 3 (considerando che la redditività oscilla tra 3 e 5 anni). Infine, nell’ultimo caso analizzato12, il professionista stimatore determina il valore dell’avviamento come una maggiorazione forfetaria pari al 15% del valore degli impianti e delle attrezzature. Va precisato che la stima delle immobilizzazioni materiali è stata definita, dal geometra incaricato dal curatore, a valori di mercato correnti nell’ipotesi di liquidazione. Ne consegue che, per quanto riguarda i primi due casi sopra descritti in cui si è adottata la formula che ipotizza una durata indefinita del sovra/sottoreddito (W = K + (R – iK)/i’), qualora si ritenesse che il metodo impiegato sia quello misto patrimoniale – reddituale e non quello patrimoniale come dichiarato dal perito, i dati circa la frequenza di utilizzo dei diversi metodi con riferimento al campione oggetto d’analisi verrebbe a modificarsi assumendo i seguenti valori: Grafico 2. Metodi di valutazione adottati (con correzione) 12 Tribunale di Forlì, Fallimento n. 10/2010. 14 Come si evince dal Grafico 2, apportando le rettifiche di cui sopra, il metodo patrimoniale risulta in ogni caso il metodo di valutazione preferito dai periti, registrando una percentuale di frequenza pari al 40%, mentre il metodo misto patrimoniale – reddituale risulta impiegato con una frequenza del 34,29% (12 casi su un totale di 35). 4.2. Il metodo reddituale Nell’osservazione delle 5 perizie di stima in cui si è impiegato come metodo principale di valutazione il metodo reddituale si è riscontrato maggiormente (3 casi su 5) l’assunzione della formula nella variante sintetica, con durata limitata della redditività aziendale per n anni: W = R an┐i dove: W valore economico dell’impresa R reddito medio normale atteso i tasso di attualizzazione n orizzonte temporale a n┐i attualizzazione ad n anni al tasso i Mentre in un solo caso è stato adottato il metodo reddituale puro (variante sintetica), che prevede la capitalizzazione del reddito futuro atteso ad un opportuno tasso di capitalizzazione: W = R/i dove: W valore del capitale economico R reddito medio prospettico i tasso di capitalizzazione Nell’ultimo dei 5 casi analizzati, si è osservato che il perito ha adottato il metodo reddituale nella variante analitica, basato sull’attualizzazione dei flussi di reddito anno per anno, secondo la formula: n W = Σ Rt / (1+i)t t=1 dove: W valore del capitale economico Rt reddito atteso per i prossimi esercizi i tasso di attualizzazione 15 t orizzonte temporale Per quanto concerne la stima del reddito medio normalizzato (R), questa è stata determinata in modo differente in ciascun perizia, sulla base delle caratteristiche dell’azienda oggetto di valutazione, considerando un orizzonte temporale mediamente pari a 4/5 anni. In merito al tasso di attualizzazione o capitalizzazione, dall’analisi delle perizie oggetto del campione, si è appurato un netto utilizzo del modello CAPM (Capital Asset Pricing Model) secondo cui, il cost of equity (Ke) è calcolato come: Ke = Rf + β (Rm – Rf)13 Un primo errore è stato proprio riscontrato nella stima del tasso di interesse secondo la formula del CAPM. Più precisamente, il perito14 ha utilizzato la seguente formula non corrispondente a quella di cui sopra: Ke = (Rf + ERP + EP) * β – c Al di là di aver considerato un’ulteriore grandezza espressiva dell’intensità del rischio, Extra premio (EP), l’errore di fondo risiede nella impostazione della formula, dove si applica il coefficiente beta alle tre componenti sopra riportate e non, come sarebbe corretto, al solo premio per il rischio azionario ERP (Equity Risk Premium). Infine, la quantificazione di “n”, ovvero dell’orizzonte temporale di riferimento, non è omogenea nelle diverse perizie. Ad esempio, in una di queste, è stato ipotizzato un orizzonte di 11 anni, pari alla durata del contratto di affitto ipotizzando il suo rinnovo, in un altro caso è stato stimato in 1 anno la capacità prudenziale prospettica del ramo d’azienda di generare risultati economici positivi, in considerazione del settore di appartenenza e della situazione di insolvenza della società oggetto di valutazione. Le scelte dei periti circa l’espressione dei flussi di reddito si collocano nell’ambito del ventaglio di soluzioni prospettate dalla dottrina15, la quale è solita individuare i flussi attesi di reddito alternativamente come: una media valida per un periodo futuro indeterminato oppure per un arco temporale definito. Trattasi di una tesi secondo la quale i redditi dei singoli anni futuri, ad esclusione di quelli dei primi anni, sarebbero caratterizzati da credibilità scarsa nella maggior parte dei casi; una serie di risultati annuali. Questa soluzione risulta applicabile nei casi in cui si dispone di previsioni attendibili, sempre che i manager abbiano sufficienti esperienze nella redazione di budget e piani a 3-5 anni; una “fascia”di grandezze espressiva della variabilità dei possibili risultati a seconda degli scenari che si presenteranno. Quest’ultima ipotesi richiede un’analisi attenta e 13 A tal riguardo si veda E.COTTA RAMUSINO, L. RINALDI, La valutazione d’azienda, il Sole 24 ore, Milano, 2003, capitolo 7. 14 Fallimento del Tribunale di Bologna n. 172/2010 e fallimento n. 211/2010. 15 L.GUATRI, M.BINI, La valutazione delle aziende, Egea, Milano, 2007, pp. 253 e ss. 16 quanto meno puntuale circa le condizioni attuali e future, pertanto esige un’adeguata base informativa. Peculiarità rilevata in tale ambito è stata la perizia relativa al fallimento n. 34/2009 del Tribunale di Rovigo, in cui il perito ha adottato la formula del metodo reddituale con vita utile infinita (W=R/i). Il reddito medio normale atteso (R) è stato fatto corrispondere al canone d’affitto annuo complessivo, mentre il tasso di attualizzazione (i) è stato stimato nella misura del 18% in funzione del rischio e dell’incertezza che l’azienda esprime, (giustificando tale scelta in considerazione del fatto che i tassi oscillano mediamente tra il 7 e il 15% secondo il tipo di azienda, sino ad un massimo del 25% per azienda a domanda instabile). Il valore del complesso aziendale così ottenuto è stato infine decurtato del 15% in considerazione dell’immediatezza della vendita e data l’assenza di garanzie per vizi. 4.3. Il metodo misto patrimoniale - reddituale Come già accennato precedentemente, il metodo misto patrimoniale – reddituale rappresenta il secondo metodo maggiormente utilizzato presentando una frequenza del 28,57%. Qualora si apportassero le correzioni già commentate precedentemente, con riferimento alle perizie del Tribunale di Brescia (fallimento n. 222/2010) e del Tribunale di Firenze (fallimento n. 18688) il metodo misto risulterebbe impiegato con una frequenza (34,29%) comunque inferiore rispetto al metodo patrimoniale (40%). Nell’analisi delle perizie si è rilevato che in una di queste non è stato indicato alcun calcolo matematico, né sono state specificate le formule utilizzate al fine della determinazione del capitale economico. Il professionista, nel caso di specie, si è limitato ad indicare solo il valore del complesso aziendale (perizia del fallimento n.11/2010 del Tribunale di Genova). Nella maggior parte delle perizie analizzate (6 casi) si è riscontrato l’impiego della formula che ipotizza una durata limitata del sovra/sottoreddito: W = K + a n┐i’ (R – i’’K) dove: W valore economico dell’impresa R reddito medio normale atteso K patrimonio netto rettificato i’’ tasso di remunerazione normale del capitale i’ tasso di attualizzazione del divario tra R e iK n orizzonte temporale a n┐i’ attualizzazione ad n anni La determinazione del patrimonio netto rettificato (K) è avvenuta principalmente sulla base di valori stimati da ingegneri nominati per la valutazione dei beni mobili e 17 immobili, mentre il parametro “n”, ovvero il numero di anni corrispondente alla prevedibile durata del sovra o sottoreddito, è stato assunto nella maggior parte dei casi oggetto di analisi pari a 3. Si ricorda che la durata del sovrareddito (R-i’’K) è legata a fattori soggettivi ed oggettivi. Secondo un’accreditata dottrina, ad esempio, se il profitto dipende da fattori soggettivi (ovvero non trasferibili) si considera un arco di 3/5 anni, al contrario, qualora dipenda da fattori oggettivi (ovvero trasferibili) si considera un orizzonte di 8-10 anni16. I tassi di interesse impiegati assumono valori alquanto difformi nelle diverse perizie e per una più chiara comprensione si riporta nel seguito una tabella riassuntiva. Tabella 2. – Tasso di attualizzazione del divario tra R e iK PERIZIA i' (%) VALORI Brescia 11/2010 9,5 Rm (tasso dell’investimento azionario); Brescia 62/2009 1,5 Rf (nessuna fonte citata); Como 23/06 2,7 Rf (BTP triennale); Firenze 143/2010 7,35 Ke costruito secondo il CAPM Rf = 2,23% (IRS a 3 anni); ERP = 5,75% (nessuna fonte citata); Beta = 0,89 (rilevazioni finanziarie Bloomberg); Padova 42N/2011 8,92 Ke costruito secondo il CAPM + maggiorazione Rf = 2,84% (BTP triennale); ERP = 4% (fonte dottrina17: range 3-5%); Beta = 0,77 (www.damodaran.com); + 3 % (in quanto durata dell'avviamento limitata); Padova 15/2008 10,84 Ke costruito secondo il CAPM + maggiorazione Rf = 2,84% (BTP triennale); ERP = 5% (fonte dottrina18: range 3-5%); Beta = 1 (rischio pari a quello di mercato); + 3 % (in quanto durata dell'avviamento limitata); 16 G.ZANDA, M.LACCHINI, T.ONESTI, La valutazione delle aziende, Giappichelli, Torino, 2001, pag. 305. 17 Il perito indica i seguenti autori e testi: GUATRI L., 1998, Trattato sulla valutazione delle aziende, Milano, Egea; BALDUCCI D., 2009, La valutazione dell’azienda, Milano, FAG. 18 Ibidem. 18 Tabella 3. – Tasso di remunerazione normale del capitale PERIZIA i'' (%) VALORI Brescia 11/2010 10,85 Ke costruito secondo il CAPM Rf = 2,76% (IRS a 5 anni); Rm = 9,5% (tasso investimento azionario); Beta = 1,2 (settore ciclico); Brescia 62/2009 8,5 Ke costruito secondo il Build-up Approach Rf = 1,5% (nessuna fonte citata); Rm = 7% (nessuna fonte citata); Como 23/06 2,5 Ke costruito secondo il Build-up Approach Rf = 2,7% (BTP triennali); tasso inflazione medio - 2,2% (andamento medio dei prezzi al consumo); rischio impresa = 2% (nessuna fonte citata); Firenze 143/2010 7,35 Ke costruito secondo il CAPM Rf = 2,23% (IRS a 3 anni); ERP = 5,75% (nessuna fonte citata); Beta = 0,89 (rilevazioni finanziarie Bloomberg); Padova 42N/2011 5,92 Ke costruito secondo il CAPM Rf = 2,84% (BTP triennale); ERP = 4% (fonte dottrina: range 3-5%); Beta = 0,77 (www.damodaran.com); Padova 15/2008 7,84 Ke costruito secondo il CAPM Rf = 2,84% (BTP triennale); ERP = 5% (fonte dottrina: range 3-5%); Beta = 1 (rischio pari a quello di mercato); Dalle tabelle riassuntive si evince un forte utilizzo del metodo CAPM (Capital Asset Pricing Model) per la determinazione sia del tasso di attualizzazione del sovra/sottoreddito (i’) sia del tasso di rendimento del capitale proprio (i’’). In particolare, si rileva una forte eterogeneità nella scelta dei tassi da applicare. A tale riguardo si ricorda che un’autorevole dottrina definisce il tasso i’’ come il “tasso che consente di determinare la misura del reddito differenziale: esso pertanto, non può che essere che il costo del capitale (c.o.e.) per l’impresa specifica”19 , mentre la stima del tasso i’ è stata oggetto di diverse interpretazioni nel corso degli anni20: • associare al tasso i’ il tasso di attualizzazione valido per la specifica impresa; • secondo la classica impostazione dell’UEC, si tratta di un tasso particolarmente elevato, poiché deve scontare il rischio peculiare di cessazione del sovrareddito. Come se tale condizione fosse contingente e tendenzialmente destinata a sparire; 19 20 L.GUATRI, M.BINI, La valutazione delle aziende, Egea, Milano, 2007, pag. 337. cfr. L.GUATRI, Trattato sulla valutazione delle aziende, Egea, Milano, 1998, pag. 287. 19 • associare al tasso i’ il puro compenso finanziario per il trascorrere del tempo (tasso free risk di investimenti a lungo termini in titoli pubblici e simili); • aumentare il tasso free risk dell’ERP (premio per il rischio azionario). La scelta del tasso, dipende dal segno dei redditi differenziali21, al tasso di attualizzazione i’ risulta preferibile: • associare un tasso lievemente maggiorato rispetto a ke in caso di sovra redditi (i’ > i’’); • in presenza di carenze di reddito, il tasso i’ dovrebbe allinearsi tra ke e il saggio esente da rischio Rf, avvicinandosi a quest’ultimo tanto più quanto più concreti risultano i differenziali negativi attesi (Rf < i’ < i’’). Tabella 4. Relazione tra i tassi di interesse SOVRA/SOTTO PERIZIA REDDITI i' i'' RELAZIONE Brescia 11/2010 sovrareddito 9,50% 10,85% i' < i'' Brescia 62/2009 sottoreddito 1,50% 8,50% Como 23/06 sottoreddito 2,70% 2,50% i' > i'' Firenze 143/2010 sovrareddito 7,35% 7,35% i' = i'' Padova 42N2011 sovrareddito 8,92% 5,92% i' > i'' Padova 15/2008 sovrareddito 10,84% 7,84% i' > i'' i' < i'' In base al campione oggetto di analisi, si rilevano caratteristiche di disomogeneità. La scelta del tasso di attualizzazione nei casi di evidenziazione di sovra redditi è avvenuta sulla base di diverse impostazioni: - in un caso il tasso i’ è stato assunto in misura inferiore rispetto al tasso i’’( Brescia 11/2010); - in un caso ha assunto il medesimo valore di i’’, pari al cost of equity determinato con la formula del CAPM (Firenze 143/2010); - in altri due casi, invece, al tasso i’’ è stato maggiorato in misura eccessiva22 rispetto al tasso di remunerazione normale del capitale i’( Padova 42N2011 e Padova 15/2008). 21 cfr. L.GUATRI, Nuovo Trattato sulle valutazione delle aziende, Egea, Milano, 2005, pag. 604; L.GUATRI, V.UCKMAR, Linee guida per le valutazioni economiche, Egea, Milano, 2009, pag. 65. 20 Del tutto in controtendenza rispetto alle impostazioni della dottrina è il tasso stimato nel fallimento del Tribunale di Como 23/06, nel quale il perito, seppure abbia determinato un sottoreddito, ha stimato il tasso i’ in misura superiore rispetto al tasso di interesse normale i’’. In merito all’ultimo parametro rientrante nella formula sopra indicata, ovvero il reddito medio normale atteso per gli esercizi futuri (R), si tralascia la dettagliata descrizione della quantificazione dello stesso date le peculiarità di ciascuna azienda oggetto di valutazione, sottolineando tuttavia che la stima è avvenuta considerando la media dei dati contabili dei 3-4 esercizi precedenti. Si è registrato un solo caso in cui la quantificazione del reddito medio normale atteso è stata condotta con riferimento ad un arco temporale più breve e precisamente ci si riferisce alla perizia relativa al Concordato Preventivo n. 15/2008 del Tribunale di Padova. Il perito nel caso di specie ha quantificato la grandezza del reddito basandosi sull’analisi dei risultati degli ultimi 11 mesi a partire dalla data di redazione della perizia, mesi duranti i quali la procedura di concordato preventivo ha proseguito l’attività dell’azienda al fine di conservarne, almeno parzialmente, il valore. Gli esercizi passati non sono stati presi in considerazione perché non ritenuti idonei a stimare il parametro “R” date le caratteristiche e le vicende che hanno coinvolto l’azienda. Oltre alla formula basata sulla stima autonoma dell’avviamento, è stato rilevato l’utilizzo di due formule differenti nell’ambito del metodo misto patrimoniale – reddituale, quali: W = ½ K + ½ [(R-S)/ 1+(r-g)1+ ….. + (R-S)/ 1+(r-g)n] dove: W: valore dell’azienda K: patrimonio netto rettificato (corrispondente al valore netto di bilancio rettificato di uno scarto prudenziale definito dal perito in base al tipo di elemento patrimoniale) R: reddito medio normale atteso S: scarto prudenziale (5%) per tener conto di imprevedibili eventi futuri che rendano non raggiungibile l’obiettivo del reddito normalizzato atteso r: tasso di attualizzazione (8%), pari al costo medio in vigore alla data di redazione della perizia nel mercato di un fido bancario a breve/medio termine g: tasso correttivo per svalutazioni monetarie e fattore di crescita (stimato nella misura del 2% per i primi 3 anni e del 3% nei restanti 7) n: 10 anni. 22 cfr. L.GUATRI, V.UCKMAR, Linee guida per le valutazioni economiche, Egea, Milano, 2009, pag. 65, secondo gli autori, in ipotesi di sovrareddito, appare preferibile associare un tasso di attualizzazione “lievemente” maggiorato rispetto al cost of equity. 21 Tale formula, impiegata dal perito incaricato di valutare il complesso aziendale dichiarato fallito con sentenza n. 1/2009 dal Tribunale di Como, risulta errata in quanto il fattore di sconto corretto, secondo le regole della matematica finanziaria, è: 1/(1+ r-g)n e non, come operato dal perito: 1/ 1+(r-g)n W=K R/K = i dove: W: valore dell’azienda K: patrimonio netto rettificato R: reddito medio normale prospettico i: tasso di attualizzazione Tale formula rappresenta l’impiego del metodo misto patrimoniale reddituale nella versione “verifica reddituale”23. Trattasi di un’applicazione tipica nella valutazione di aziende o rami di azienda apportati in una società. Dopo un’accurata analisi volta a determinare la misura reddituale medio-normale attesa (R) si procede al confronto con il valore patrimoniale (K) al fine di determinare il tasso prospettico di rendimento (i = R/K) che può essere ragionevolmente atteso dall’apporto. Dal confronto del suddetto tasso i con il costo del capitale proprio (c.o.e.) si possono presentare i seguenti scenari: a) presenza di un badwill: il tasso i è inferiore al costo del capitale. Occorre procedere alla stima dell’avviamento negativo per la determinazione del valore economico finale (W); b) presenza di un goodwill: il tasso i è superiore al costo del capitale. Anche in questo caso si procederà a determinare l’avviamento positivo al fine di stimare il valore economico dell’azienda; c) il tasso i è allineato al costo del capitale (considerando un certo intervallo), pertanto, i valori assegnati al patrimonio netto rettificato possono essere confermati e la verifica reddituale si considera superata. Infine, ancora diverso è l’approccio dal perito nella stima dell’azienda impegnata nella gestione bar con attività collaterale di vendita biglietti conto terzi, dichiarata fallita con sentenza n. 69/2010 dal Tribunale di Firenze, in quanto la stima dell’avviamento è avvenuta in modo autonomo ma non sulla base dell’attualizzazione dei sovra redditi 23 L.GUATRI, M.BINI, Nuovo trattato sulla valutazione delle aziende, Egea, Milano, 2009, pag. 614. 22 medi attesi, bensì attraverso una valutazione empirica24. In particolare, sono stati adottati due metodi e il valore assegnato all’avviamento è stato definito sulla base della media dei valori ottenuti: 1) Applicazione di un coefficiente agli incassi in funzione dello stato delle attrezzature e del tipo di azienda E’ stato applicato un coefficiente all’ammontare degli incassi. Tale coefficiente è stato scelto sulla base di una tabella riepilogativa del valore dell’azienda in % dell’incasso annuo, in considerazione del tipo di esercizio svolto, dell’età dell’arredamento e delle attrezzature e della posizione dell’esercizio commerciale (fonte: “Listino Prezzi delle aziende del CAMM - Collegio agenti d’affari in mediazione di Milano e Provincia - aderente alla FIMAA). La valutazione è stata effettuata con riferimento ai dati dell’esercizio precedente a quello della valutazione, in quanto quelli passati sono stati considerati poco attendibili. 2) Valutazione con riferimento a corrispettivi ed aggi Tale metodo prevede la separazione dei corrispettivi e fatture da una parte ai quali viene applicato un coefficiente di moltiplicazione per gli incassi medi giornalieri, e aggi dall’altra, applicando un coefficiente moltiplicatore annuale. I coefficienti applicati sono stati definiti sulla base delle indicazioni prodotte da una dottrina specializzata in materia25 e in base anche all’esperienza del perito. 4.4. Il metodo empirico Il metodo empirico presenta una percentuale di frequenza in termini di utilizzo molto contenuta, pari a circa il 9% ed è stato impiegato come metodo di valutazione in sole 3 perizie che verranno sinteticamente nel seguito descritte. - Tribunale di Brescia, fallimento n. 222/2009: Il perito incaricato ha ritenuto ragionevole giungere a tale valore sommando il valore dei beni materiali, precedentemente stimato da un ingegnere incaricato dal curatore, con il valore del marchio, quest’ultimo determinato dal perito secondo il metodo dei multipli impliciti. Tale metodo consiste nell’applicazione di un coefficiente (nel caso di specie pari al 30%) ad un indicatore di performance. Il perito, nel caso in esame, ha ritenuto ragionevole considerare la media dei ricavi delle vendite e delle prestazioni nei 5 esercizi precedenti. - Tribunale di Bologna, fallimento n. 217/2010: nel caso di specie il perito è giunto ad una quantificazione empirica del valore del ramo d’azienda in considerazione del tipo di attività svolta (servizi di portierato reception svolti tramite contratti di appalto), della mancata patrimonializzazione, e del margine di redditività molto limitato (dall’1% al 3% dei ricavi) in particolar modo per l’alta incidenza del costo del lavoro (circa il 90% del ricavo). 24 A tal fine si consideri che nel caso di specie la società svolgeva attività di gestione bar e vendita di biglietti per conto terzi. 25 Il perito cita come fonte: Francesco Tamborrino, L’annuario immobiliare, Il sole 24 ore. 23 - Il perito ha optato per una quantificazione del valore del ramo d’azienda corrispondente “a tanti dodicesimi del fatturato del solo mese di marzo 2011, quanti sono i dodicesimi residui su base annua di ogni singolo contratto avente durata annuale, superiore e/o inferiore all’anno”26. Pertanto, è stato considerato il fatturato prodotto da ciascun contratto di appalto nel mese di marzo 2011, il quale è stato diviso per 12 ed il risultato ottenuto è stato poi moltiplicato per la durata residua del contratto stesso in termini di mesi. Tribunale di Livorno, fallimento n. 31/2009: in quest’ultimo caso il metodo empirico è stato applicato ai fini della valutazione dell’avviamento, essendo i beni mobili già stati stimati in sede di inventario fallimentare. Il perito ha giustificato la scelta di tale criterio per la presenza di valori reddituali sempre negativi nei precedenti esercizi nonché per la scarsa rilevanza temporale della gestione da prendere in considerazione (il locale in cui veniva svolta l’attività di gestione sala da ballo è stato gestito per circa un anno e mezzo). In particolare il perito ha applicato il metodo dei multipli delle vendite di un certo periodo indicando come fonte: L. Guatri, Trattato sulla valutazione delle aziende, Egea, 1998, pag. 350 e seguenti. I multipli sono stati individuati in considerazione della tabella delle “Rules of thumb” (pag. 351 e seguenti) considerando l’attività di ristorazione (la società oggetto di stima fornisce anche servizi di ristorazione e di somministrazione di bevande) in quanto per l’attività di “gestione sala da ballo” non esistono valori specifici. Attività di ristorazione Fatturato medio mensile moltiplicato per 4 1-1,5 dell’utile netto annuo medio 40/50% del fatturato annuo I multipli applicati sono stati quelli relativi all’attività di ristorazione (multipli di 4 per il fatturato medio mensile e 40/50% del fatturato annuo) in quanto i corrispettivi derivanti da tale attività sono in valore assoluto più elevati del semplice ingresso nella sala da ballo. Il valore dell’avviamento è stato poi definito sulla base della media dei due valori ottenuti - l’avviamento stimato come multiplo per percentuale di fatturato ed il valore dell’avviamento stimato per multipli di fatturato mensile – ridotto del 20% in considerazione della procedura concorsuale a cui è sottoposta la società. Si precisa che le Rules of Thumb, applicate in Usa, sono definite come «uno strumento di formazione del prezzo ispirato dal mercato, basato su di un’opinione 26 Perizia Fallimento Tribunale di Bologna n. 217/2010, pag. 10. 24 collettiva diffusa in un settore specifico o in altri similari, indicante per quanto un’azienda può essere venduta o comprata»27. Inoltre, Guatri28, sottolinea l’esigenza di adottare una serie di precauzioni nell’utilizzo del suddetto metodo empirico in quanto: - non sono regole valutative razionali e riconosciute dagli esperti e dai teorici; - sono probabilmente applicabili ad imprese di piccole dimensioni condotte direttamente da proprietari; - solo coloro che operano nello specifico ramo di attività tendono a dar loro credito; - pur nell’ambito dello stesso tipo di attività, sono frequenti le differenze a livello regionale. Inoltre lo stesso autore precisa che l’utilizzo delle Rules of Thumb è ritenuta possibile: - come forma di controllo approssimativa; - come punto di partenza “grossolano” per più raffinate tecniche valutative; - quando altri criteri appaiano inapplicabili (inesistenza di sovra redditi, risultati in perdita, imprevedibilità di redditi e flussi di cassa, ecc.). Come ulteriore limitazione, occorre, infine, ricordare che i dati citati sono riferiti al contesto americano e non sono riportabili, quindi, sic et simpliciter, nel contesto italiano. 4.5. I metodi di controllo Analizzando le perizie oggetto del campione, sono stati riscontrati solo due casi in cui si è attuato un metodo di controllo nella valutazione dei complessi aziendali: - Tribunale di Milano, fallimento n. 549/2009: metodo dei tassi royalty; - Tribunale di Padova, concordato preventivo n. 15/2008: metodo empirico. Per quanto concerne il primo caso, il metodo dei tassi royalty assume che il valore dell’azienda corrisponda alle royalties derivanti dalla cessione in uso a terzi di tali attività. Le royalties sono state stimate con riferimento a specifici parametri, mentre il tasso di royalty è determinato con riferimento a casi omogenei. La formula che è stata applicata risulta essere la seguente: n W = Σ r * S i * vi t=1 dove: W valore economico della società; 27 28 T.L. WEST, J.D. JONES, Handbook of Business Valuation, Wiley, New York, 1992, pp. 113 e ss. L.GUATRI, Trattato sulla valutazione delle aziende, Egea, Milano, 1998, pp. 350 e ss. 25 r Si vi tasso di royalty di settore. Nel caso di specie è stato assunto pari all’8% sulla base del range di royalty individuato dalla dottrina29 e in considerazione del settore di riferimento (editoria); vendite attese lungo l’orizzonte temporale da 1 a n. Il flusso di royalty è stato individuato con riferimento di 5 anni; coefficiente di attualizzazione, stimato con il metodo del CAPM (tasso di riferimento pari al 6,95%). Il valore economico complessivo dell’azienda è stato determinato sommando i flussi annui di royalty, ottenuti dal prodotto tra i ricavi annui per il tasso royalty (8%) al netto dell’imposizione fiscale (31,4%), ed attualizzando i flussi prospettici sulla base del costo del capitale stimato (6,95%). Il perito incaricato di valutare il complesso aziendale sottoposto a procedura di concordato preventivo n.15/08, ha adottato quale forma di controllo del valore un metodo empirico basato sull’applicazione di moltiplicatori di società comparabili al volume delle vendite di un certo periodo. Il parametro scelto per la valutazione è stato il volume mensile (Vm) delle vendite, a cui applicare un moltiplicatore riferibile a società comparabili esercenti la medesima attività (ferramenta). Individuato in 4x il moltiplicatore sulla base delle indicazioni fornite dalla dottrina aziendalistica30 e scegliendo come Vm a regime il valore medio delle vendite mensili dal mese di maggio 2010 al mese di marzo 2011 (date le particolari condizioni in cui versa l’azienda) si è determinato un valore dell’azienda pari a: W = 4 * Vm + Magazzino 4.6. La valutazione dei marchi e dei brevetti I marchi sono stati oggetto principale di valutazione in una sola perizia, ovvero quella relativa al fallimento n. 78/2010 del Tribunale di Udine. Si sono tuttavia registrati 8 casi in cui il marchio, ritenuto quale bene facente parte del complesso aziendale oggetto di stima, è stato valutato analiticamente. 29 Il perito indica come fonte: Guatri L., Trattato sulle valutazioni d’azienda, Milano, Egea, 1998. Il perito indica come fonte: Guatri L., Trattato sulla valutazione delle aziende, Milano, Egea, 1998 e Balducci D., La valutazione dell’azienda, Milano, FAG, 2009. 30 26 Tabella 5. – Valutazione dei marchi PERIZA OGGETTO M.P. 1 Udine 78/2010 marchio royalties 2 Milano 52/2010 marchio costo storico rivalutato 3 Milano 64855 marchio empirico 4 Brescia 222/2009 marchio empirico 5 Brescia 127/2010 marchio costo storico rivalutato 6 Brescia 222/2010 marchi costo storico rivalutato 7 Venezia 14/2009 marchio royalties 8 Vicenza 7/2010 marchio royalties 9 Como 1/2009 beni immateriali indiretto (*) M.C. royalties royalties M.P.: metodo principale M.C.: metodo di controllo (*) i beni immateriali (marchio, brevetto, certificazioni, avviamento) sono stati determinati per differenza tra il valore del ramo d’azienda determinato con il metodo misto e il valore dello stesso ramo d’azienda calcolato in base al solo metodo patrimoniale. Successivamente si è provveduto ad effettuare una “prova di resistenza” attraverso l’impiego del metodo dei tassi royalties. Come si evince dalla tabella riepilogativa di cui supra, il metodo delle royalties è quello maggiormente impiegato, in quanto è utilizzato anche come metodo di controllo. Trattasi di un metodo che assume in via di principio che il valore del bene immateriale corrisponda alle royalties che il proprietario del bene potrebbe ottenere dalla cessione in uso a terzi. I tassi di royalty hanno assunto valori differenti nelle diverse perizie, in particolare si è riscontrato un tasso minimo del 1,5% ed un tasso massimo dell’8%, in ragione delle caratteristiche proprie del marchio quali: rinomanza, prestigio, margine di profitto prodotto, usi del settore. In merito alla vita utile residua del marchio, è stata assunta nella maggior parte dei casi pari a 10, sulla base delle proprietà dei beni immateriali oggetto di valutazione e in considerazione della struttura e delle caratteristiche competitive del settore di riferimento. Per quanto concerne i brevetti, questi sono stati valutati analiticamente in solo due perizie: Tribunale di Milano, fallimento n. 64855 e Tribunale di Vicenza, fallimento n. 7/2010. Nel primo caso sono stati presi come riferimento i costi di ricerca e sviluppo sostenuti dall’azienda, ipotizzando un legame funzionale in base al quale, in un determinato momento, il valore dei brevetti è pari alla sommatoria dei costi di R&S che hanno consentito di integrarne l’efficacia tecnico-commerciale. Mentre, nel secondo 27 caso, è stato impiegato il metodo del reddito differenziale che il brevetto è in grado di produrre, ovvero si è stimato il flusso dei benefici economici futuri, in termini di maggiori ricavi, minori costi o migliore produttività, che l’utilizzo del brevetto può consentire. Tale flusso è stato poi opportunamente attualizzato ad un congruo tasso considerando un orizzonte temporale decennale. 4.7. La valutazione delle quote societarie Le perizie che hanno avuto ad oggetto la valutazione di quote societarie sono caratterizzate da un prevalente impiego del metodo patrimoniale per la stima del valore economico delle società partecipate (5 casi su 6). Il valore della quota societaria è stato generalmente determinato semplicemente applicando la percentuale di possesso di capitale sociale al valore del complesso aziendale. Va tuttavia rilevato che in due casi si è provveduto ad una rettifica del valore proporzionale della quota: in un caso (Fallimento del Tribunale di Bologna n. 31/2010) il valore della quota societaria è stato rettificato nella misura del 10% in considerazione del mancato possesso dell’interno pacchetto di controllo, nell’altra perizia invece (Esecuzione Mobiliare del Tribunale di Bologna n. 3308/2010) il perito ha applicato uno “sconto di minoranza” pari al 25%. Mentre non è stata valorizzata la quota societaria dell’azienda dichiarata fallita dal Tribunale di Bologna (fallimento n.46/08) in quanto il valore del capitale economico di quest’ultima, applicando il metodo patrimoniale semplice, è risultato negativo e il perito ha così definito nullo il valore della partecipazione. 5. Criticità riscontrate Si evidenziano nel seguito le criticità e gli aspetti più rilevanti emersi dall’analisi del campione, operando un confronto con le migliori prassi prospettate dalla dottrina specializzata in materia. 5.1. Il metodo di valutazione In considerazione del campione oggetto di analisi si è registrato un marcato impiego del metodo patrimoniale, giustificandone l’impiego dato l’elevato contenuto patrimoniale delle aziende oggetto di valutazione, e del metodo misto patrimoniale – reddituale, trattandosi di un criterio che tiene conto sia del valore del patrimonio aziendale, sia dei flussi di reddito o di perdita che si presumono saranno generati. 28 Pertanto, in linea generale, si può affermare che i periti incaricati di redigere le perizie di stima hanno adottato criteri di valutazione che rientrano tra quelli individuati dalla dottrina31. Peraltro, il metodo patrimoniale è generalmente considerato scarsamente razionale e adatto solo per particolari tipi di aziende come le immobiliari e le holding dove il contenuto patrimoniale configura l’unica fonte sostanziale di valore32. Inoltre, come già commentato precedentemente, si sono verificati due casi (Fallimento n. 222/210 del Tribunale di Brescia e Fallimento n. 18688 del Tribunale di Firenze) in cui i periti hanno dichiarato di utilizzare un “metodo patrimoniale con stima autonoma dell’avviamento”, ma in realtà, dalla lettura delle perizie, si è riscontato l’impiego del metodo misto patrimoniale - reddituale con durata indefinita del sovra/sottoreddito secondo la formula: W = K + (R-i’’K)/i’ La suddetta formula è conosciuta nella prassi americana nell’applicazione dell’Excess Earning Method, secondo il quale si verifica il pieno ricongiungimento del modello misto con il metodo reddituale. L’eventuale divergenza è riconducibile ad un problema relativo alla scelta dei tassi33. Per quanto concerne il metodo di valutazione “empirico”, seppure sia stato impiegato come metodo principale con una frequenza contenuta, pari all’8,57%, e come metodo di controllo in un solo caso su 35, è un criterio molto popolare a livello di piccole imprese ma criticato, tanto che le associazioni professionali di alcuni Stati sanciscono la proibizione di farne ricorso nei loro codici etici34. 5.2. La qualità delle perizie di stima Preme innanzitutto sottolineare che tutte le scelte operate dall’esperto incaricato di valutare l’azienda devono essere esposte con chiarezza ed adeguatamente motivate.35 L’eventuale carenza totale o parziale di spiegazioni non può essere ammessa.36 Considerando che alcune scelte sono caratterizzate da particolare soggettività, il perito deve motivare le proprie decisioni. 31 In tal senso si veda Zanda G.ZANDA, M.LACCHINI, T.ONESTI, La valutazione delle aziende, Giappichelli, Torino, 2001, pag. 402. Secondo gli autori, in ipotesi di impresa in crisi, i metodi di valutazione più idonei risultano: il metodo patrimoniale, il metodo reddituale puro, il metodo misto ed il metodo finanziario. 32 cfr. L.GUATRI, Nuovo Trattato sulle valutazione delle aziende, Egea, Milano, 2005, pp. 24 e ss.; E.COTTA RAMUSINO, L.RINALDI, La valutazione d’azienda, Sole 24 ore, Milano, 2003, pag. 248. 33 L.GUATRI, M.BINI, La valutazione delle aziende, Egea, Milano, 2007, pag. 339. 34 L.GUATRI, Trattato sulla valutazione delle aziende, Egea, Milano, 1998, pag. 349. 35 Commissione mista Università-Borsa di Milano, Principi e metodi di valutazione di aziende e partecipazioni societarie, Egea, Milano, 1989, pag. 55. 36 L.GUATRI, Trattato sulla valutazione delle aziende, Egea, Milano, 1998, pag. 434. 29 In linea generale si può affermare che nella stragrande maggioranza dei casi analizzati (solo il perito che ha redatto la perizia concernente il Fallimento n. 11/2011 del Tribunale di Genova ha omesso di indicare le ragioni sottostanti la scelta del criterio di stima impiegato) i periti estimatori hanno indicato le ragioni sottostanti le proprie scelte circa i metodi di valutazione adottati, seppure alcune di queste risultino in qualche misura opinabili. Dall’analisi condotta, tuttavia, va rilevato che in alcuni casi i periti non hanno fornito alcuna informazione circa le fonti dalle quali hanno estrapolato i valori che alimentano le formule valutative, omissione che non incide sul risultato ma indubbiamente sulla qualità della perizia di valutazione, in quanto, come già precedentemente ricordato, le scelte adottate devono essere chiaramente esposte e motivate. 5.3. Inflazione e tassi di interesse Un elemento che ha presentato caratteri differenti rispetto alle indicazioni fornite dalla prassi risiede nel correttivo degli effetti dell’inflazione. Innanzitutto occorre precisare che la dottrina37 prevede che i tassi di interesse devono essere determinati in modo coerente rispetto ai flussi attesi di reddito, in particolare «i tassi utilizzati devono essere omogenei e coerenti coi flussi oggetto di attualizzazione. Se e nella misura in cui tali flussi attesi sono protetti dall’inflazione, cioè questa non tende a logorarli, identicamente il tasso deve essere depurato dalla componente inflazionistica».38 Nella pratica professionale, la scelta dei tassi da applicare è caratterizzata inevitabilmente da una certa discrezionalità dell’esperto e deve risultare coerente con l’analisi fondamentale39 a supporto del processo valutativo. Più precisamente, l’ultima tappa dell’analisi fondamentale dovrebbe riguardare la scelta del tasso di attualizzazione al fine di rispettare il principio della coerenza fra flussi attesi e costo del capitale. Ne consegue che non si può stimare il costo del capitale prima di aver chiarito la configurazione di flusso di risultati da attualizzare. Spesso gli errori di stima dei tassi di interesse sono legati a carenze logiche tali da incidere sui risultati finali. La dottrina40 tra gli errori più frequenti evidenzia: - scontare i flussi attesi di aziende in perdita con un tasso comprensivo di un premio per il rischio (comprimendo il valore attuale delle perdite); - utilizzare il costo del capitale dell’acquirente anziché della società-target nella stima del valore in vista di una possibile acquisizione. 37 L.GUATRI, V.UCKMAR, Linee guida per le valutazioni economiche, Egea, Milano, 2009, pag. 21; L.GUATRI, M.BINI, La valutazione delle aziende, Egea, Milano, 2007, pag. 170. 38 L.GUATRI, Trattato sulla valutazione delle aziende, Egea, Milano,1998, pag. 110. 39 L’analisi fondamentale «è il processo che organizza tutte le informazioni, le seleziona, le controlla, le elabora, le interpreta, ne compone le eventuali contraddizioni; le traduce in strumenti anche formali idonei ai fini della proiezione dei flussi (reddituali e finanziari) attesi», così L.GUATRI, M.BINI, La valutazione delle aziende, Egea, Milano, 2007, pag. 69. 40 ivi, pag. 170. 30 Il costo del capitale non è dunque una misura del tutto oggettiva e deve, inoltre, essere determinato in modo coerente rispetto ai flussi attesi dal momento che sussiste un nesso di dipendenza reciproca tra saggi di interesse e risultati attesi. In merito al metodo reddituale, in un solo caso si è riscontrata la considerazione dell’elemento “inflazione”, più precisamente il professionista che ha redatto la perizia relativa al Fallimento n.172/2010 e 211/2010 del Tribunale di Bologna ha stimato il tasso di interesse considerando anche la componente inflazionistica secondo la formula: i = (Rf + ERP + EP)*β – c dove l’ultimo elemento “c” rappresenta il tasso di inflazione prospettica, stimato nella misura dell’1,5% in considerazione del tasso di inflazione programmato in Italia determinato dal MEF, in quanto anche le previsioni di fatturato sono state fatte in termini reali. La formula sopra esposta risulta, tuttavia, non conforme al modello CAPM, secondo il quale il fattore beta (β) è moltiplicato solo per il premio per il rischio azionario (ERP). Per quanto concerne il metodo misto patrimoniale – reddituale, solo 2 periti hanno espressamente considerato la componente inflazionistica. Più precisamente, in un caso (Fallimento del Tribunale di Como n.1/2009) è stato determinato il tasso “g” quale correttivo che tiene conto sia della svalutazione monetaria in atto che del fattore di crescita insito nel ramo di azienda oggetto di valutazione, valutato per i primi tre anni nel 2% e per gli anni successivi nel 3%. Secondo il perito «il fattore correttivo corregge, indirettamente il reddito medio normalizzato (RMN), agendo sul fattore di attualizzazione. Nel caso di specie la correzione depotenzia il tasso di attualizzazione, aumentando l’importo del valore attualizzato»41. La formula indicata dal perito è stata la seguente: W = ½ K + ½ [(RMN-S)/1+(r-g)1+ ….. + (RMN-S)/1+(r-g)n] La suddetta formula, come già chiarito in precedenza, risulta errata in quanto il fattore di sconto corretto, secondo le regole della matematica finanziaria, è 1/ (1+r-g)n e non 1/1 + (r-g)n. Inoltre, i calcoli riportati nella perizia non coincidono con la formula indicata e il reddito medio normalizzato (RMN) assume due valori diversi all’interno della stessa perizia: in un primo momento il perito dichiara che il RMN corrisponde a Euro 824.450, mentre quando procede all’attualizzazione il valore assunto da questo, è pari a Euro 827.500. Ne consegue che il risultato ottenuto dal perito circa il valore del complesso aziendale risente di questa divergenza, seppure sia da ritenersi corretta la considerazione del fattore “g” in quanto la dottrina42 al riguardo prevede due alternative: - esprimere il fattore di crescita “g” nella misura dei flussi quando questi non superino i 3-5 anni; - esprimere il fattore di crescita “g” nella misura dei tassi quando l’arco temporale risulta esser medio – lungo (nel caso di specie i flussi di reddito sono stati 41 42 Tribunale di Como, Fallimento n. 1/2009, pp. 27, 28. L.GUATRI, Trattato sulla valutazione delle aziende, Egea, Milano, 1998, pag. 101. 31 determinati sulla base della media dei risultati dei sei esercizi precedenti e capitalizzando poi il suddetto valor medio in un orizzonte temporale di 10 anni). In merito agli approcci adottati per la stima dei tassi di interesse si è registrato prevalentemente l’impiego del metodo CAPM, ritenuto un modello teorico di riferimento ed in assoluto il più utilizzato nella stima del costo-opportunità del capitale, definito anche come il “gold standard” dei modelli di stima del costo del capitale. Sebbene il modello sia di facile utilizzo data la semplicità della formula, è necessario che il professionista sia in possesso di adeguate conoscenze teoriche al fine di evitare errori. Si è riscontrata una forte eterogeneità circa i comportamenti dei periti, spesso in contrasto con i requisiti individuati dalla dottrina43 nella scelta dei tassi, quali: - la razionalità: devono ispirarsi ad uno schema logico; - la coerenza: con l’analisi fondamentale; - l’affidabilità: devono essere ridotti gli ambiti di discrezionalità dell’esperto; - la verificabilità: devono essere ripercorribili nelle loro componenti, nelle ipotesi assunte e nello svolgimento del calcolo. 6. Conclusioni Il tema della “valutazione d’azienda” sta assumendo sempre più peso nei recenti studi di economia aziendale ed è inoltre una materia complessa e soggetta a rapida evoluzione. Nei primi studi di questa importante branca dell’economia aziendale, i dettami valutativi erano essenzialmente caratterizzati da fattori di natura empirica, solo di recente, dall’inizio degli anni ottanta, si è assistito ad una radicale inversione di tendenza che ha indotto gli studi sulla valutazione ad elaborare modelli di stima sempre più sofisticati e quanto più possibile ancorati a criteri di riferimento comunemente accolti e oggettivamente individuati.44 La valutazione d’azienda rappresenta pertanto un processo complesso ed articolato, ancorato a conoscenze tanto del campo ragionieristico tanto in quello economico-sociale e finanziario. L’ampia letteratura che abbraccia questa importante materia è inoltre affiancata da linee guide redatte da organismi come Borsa Italiana, nonché da documenti di best practice da parte di associazioni di categoria come l’Associazione italiana analisti finanziari.45 Tuttavia, l’esigenza di creare un corpo di regole riconosciuto a livello nazionale ha portato alla recente nascita dell’Organismo Italiano di Valutazione (Oiv) su iniziativa dell’Università Bocconi insieme a Borsa Italiana, Assirevi, Ordine nazionale dei dottori commercialisti, Aiaf (Associazione italiana analisti finanziari) e Andaf (Associazione 43 L.GUATRI, M.BINI, La valutazione delle aziende, Egea, Milano, 2007, pag. 171. G. ZANDA., M. LACCHINI, T. ONESTI, La valutazione delle aziende, Giappichelli, Torino, 2005, pp. 25 e ss. 45 A tal riguardo si vedano “Guida alla valutazione”, aprile 2004, www.borsaitaliana.it e “Nota di Best Practice AIAF sulla trasparenza del Terminal Value (TV) nella applicazione dei metodi finanziari Discounted Cash Flow (DCF) e Dividend Discount Model (DDM)”, maggio 2010, www.aiaf.it. 44 32 Nazionale direttori amministrativi e finanziari) la cui missione è divenire lo standard setter italiano in tema di principi di valutazione e il referente, per il nostro paese, dell’International Valuation Standard Council (Ivsc), standard setter internazionale, al quale già partecipano - in qualità di enti sponsor - gli standard setter domestici dei principali paesi occidentali. Con riferimento al campione oggetto di analisi si può affermare che sussiste una marcata eterogeneità nei comportamenti posti in essere dai periti estimatori nelle proprie valutazioni. La valutazione d’azienda non è mai un’applicazione meccanica di modelli, formule e moltiplicatori, è necessario possedere innanzitutto un’adeguata base informativa dalla quale analizzare, selezionare e sintetizzare le informazioni. Sebbene le relazioni abbiano un contenuto diverso a seconda delle finalità perseguite, devono in ogni caso rispettare un contenuto minimale e per risultare efficaci devono rispondere a quattro regole base46: - dimostrare la conoscenza dell’azienda, nonché dei mercati e dei settori in cui opera; - dimostrare la conoscenza dei mercati finanziari, da cui discendono alcuni fondamentali parametri valutativi; - essere le fedeli interpreti del processo valutativo; - essere delle rappresentazioni convincenti, ovvero ordinate, documentate e comprensibili del lavoro professionale svolto e delle conclusioni cui esso è pervenuto. In merito alla documentazione della conoscenza dell’azienda, va anche in questo caso rilevata una forte eterogeneità nei comportamenti dei periti estimatori: alcuni hanno effettuato una dettagliata analisi dell’azienda oggetto di valutazione con riferimento anche ai bilanci passati, altri si sono limitati a riportare i dati e le informazioni principali o comunque descrivere gli accadimenti appena antecedenti alla dichiarazione di fallimento. Per quanto attiene ai dati ed alle informazioni extra contabili, talvolta le fonti erano scarne se non addirittura non citate, ledendo così le esigenze di trasparenza. A tale riguardo va precisato che in alcuni casi i periti non hanno nemmeno esposto chiaramente i calcoli e le formule impiegate, limitandosi a indicare i valori assegnanti (comportamento riscontrato in 4 casi su 35, pari all’11%). L’eterogeneità complessivamente riscontrata evidenzia la necessità di predisporre regole applicative tali da poter seguire un percorso “standard” nelle valutazioni d’azienda e nella predisposizione delle relazioni di valutazione, così come avviene nel campo della revisione contabile47 e dell’Accounting più in generale. Gli standard dovrebbero mantenere uno spazio di discrezionalità tecnica, nell’ambito del quale si 46 L.GUATRI, M.BINI, La valutazione delle aziende, Egea, Milano, 2007, pag. 551. I principi di revisione sono stati emanati dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili e sono direttamente reperibili dal sito www.cndcec.it. Inoltre l’art. 11 del D.lgs. 39/2010 stabilisce che la revisione legale deve essere svolta in conformità ai principi di revisione internazionali (ISA – International Standards of Auditing) adottati dalla Commissione Europea. 47 33 esprima il giudizio professionale del professionista. Le recenti linee guida48 aggiornano il documento del 1989 “Principi e metodi nella valutazione di azienda” e rappresentano, per il momento, una sorta di “codice di autodisciplina” per il professionista, e una base sulla quale costruire il nuovo corpus di principi. 48 L.GUATRI, V.UCKMAR, Linee guida per le valutazioni economiche, Egea, Milano, 2009. 34 Riferimenti bibliografici Altman E.I., Financial ratios, discriminant analysis and the prediction of corporate bankruptcy, in Journal of Finance, Vol. 23, n. 4, 1968 Balducci D., La valutazione dell’azienda, FAG, Milano, 2009 Brugger G., Gli interventi professionali nelle situazioni di crisi d’impresa, in Finanza, Marketing e Produzione, n. 2, 1984 Capaldo P., Crisi d’impresa e suo risanamento, in Banche e banchieri, 1997 Coda V., Crisi e risanamenti aziendali. Le tappe critiche dei processi di ristrutturazione aziendale di successo, in Sviluppo e Organizzazione, n. 75, ora in Saggi di memoria di Donatello Serrani, Cedam, Padova, 1983 Cotta Ramusino E., Rinaldi L., La valutazione d’azienda, Sole 24 ore, Milano, 2003 Commissione mista Università-Borsa di Milano, Principi e metodi di valutazione di aziende e partecipazioni societarie, Egea, Milano, 1989 Guatri L., Crisi e risanamento delle imprese, Giuffrè, Milano, 1986 Guatri L., Turnaround: declino, crisi e ritorno al valore, Egea, Milano, 1995 Guatri L., Trattato sulla valutazione delle aziende, Egea, Milano, 1998 Guatri L., Nuovo Trattato sulle valutazione delle aziende, Egea, Milano, 2005 Guatri L., Bini M., La valutazione delle aziende, Egea, Milano, 2007 Guatri L., Bini M., Nuovo trattato sulla valutazione delle aziende, Egea, Milano, 2009 Guatri L., Uckmar V., Linee guida per le valutazioni economiche, Egea, Milano, 2009 Hofer C.W., Strategies for business turnaround, in Strategic Planning Management, July-August, 1983 Podestà S., La crisi dell’impresa in Italia: efficacia e limiti delle forme di intervento adottate, in Finanza, Marketing e Produzione, n.1/1984 Prodi R., Gobba F., Per una ristrutturazione e riconversione dell’industria italiana, Il Mulino, Bologna, 1980 Schendel D., Patton G.R., Riggs J., Corporate Turnaround Strategies: a study of profit Decline and Recovery, in Journal of Management, Spring, 1976 35 Sciarelli S., La crisi d’impresa. Il percorso gestionale di risanamento nelle piccole e medie imprese, Cedam, Padova, 1995 Sicca L., Creazione di valore, conoscenza e gestione delle crisi aziendali, in Finanza, Marketing e Produzione, n. 2, 1993 Vergara C., Disfunzioni e crisi d’impresa. Introduzione ai processi di diagnosi, risanamento e prevenzione, Giuffrè, Milano, 1988 West T.L., Jones J.D., Handbook of Business Valuation, Wiley, New York, 1992 Zanda G., Lacchini M., Le prime avvisaglie della crisi d’impresa: strumenti di accertamento, Relazione al Convegno Cirgis su “Crisi dell’impresa: conflitti economici, aspetti solidaristici, problemi etici. Verso una riforma della legge fallimentare”, Milano, 23/24 giugno 1995 Zanda G., Lacchini M., Onesti T., La valutazione delle aziende, Giappichelli, Torino, 2001 Zanda G., Lacchini M., Onesti T., La valutazione delle aziende, Giappichelli, Torino, 2005 Zito M., Fisiologia e patologia delle crisi d’impesa, Giuffrè, Milano, 1999 Sitografia www.aiaf.it www.astagiudiziaria.com www.astegiudiziarie.it www.borsaitaliana.it www.cndcec.it www.publicomonline.it 36