Riflessioni introduttive - 28 aprile
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Riflessioni introduttive - 28 aprile
Università di Parma- Az. Usl di Parma- Teatro Due-Rivista Animazione Sociale All’interno della Rassegna Dolore in Bellezza 2016 Sarò Stato Il futuro anteriore delle istituzioni Seminario sulla capacità di aspirare nelle istituzioni “La capacità di aspirare è la meta-capacità che consente alle altre di agire. E’ la competenza culturale di proiettarsi nel futuro e gettare ponti verso di esso.” Arjun Appadurai “Prima di essere delle dispensatrici di performance, le istituzioni, a partire dal quella famigliare, sono i luoghi presupposti all’umanizzazione delle persone.” Francesco Stoppa “E appena il nostro coraggio partecipi sia pur minimamente, ecco anche la curiosità e il desiderio di effettuare un ordine futuro che non ci è dato ancora di vedere.” Rainer Maria Rilke Introduzione al tema 1. Il nostro oggetto di lavoro: come intendere la “capacità di aspirare”? Il concetto di “capacità di aspirare” proposto da Arjun Appadurai può essere considerato in sintesi come capacità di orientarsi nel presente immaginando un futuro più desiderabile e gettando così ponti verso di esso. Una “meta-capacità” – quella di immaginare un ordine sociale differente e più equo – distribuita diversamente all’interno di gruppi sociali e contesti, che consente alle altre capacità (di calcolo, di organizzazione, ecc.) di “mettersi in moto”. Nella pratica, esse si danno come prodotti socio-culturali, cioè come insieme di rappresentazioni e forme simboliche trasmesse e incorporate nelle pratiche collettive, da esse nutrite e quindi in qualche modo frutti dello stesso presente. In tal senso, le capacità di aspirare ad un futuro auspicabile stanno all’interno di vissuti e pratiche concrete, individuali e collettive, che le nutrono, sono oggetti di analisi complessa, appunto, insiemi variegati di immagini, metafore, simboli funzionali alla propria proiezione in un “orizzonte di attesa”, espansioni immaginarie in un “oltre” e perciò emancipatorie dal presente, che sono da intendersi forse come “substrato culturale” necessario al cambiamento, ancora prima che come forme di produzione culturale compiute. 2. Che fine ha fatto oggi la capacità di aspirare? Certo i modi in cui le società incubano e trasmettono la “capacità di aspirare” sono molto cambiati. Basta pensare al secolo scorso, alla forza delle ideologie, all’organizzazione capillare di “organi intermedi” della speranza quali potevano essere i partiti e i sindacati, organizzazioni sociali in grado di promuovere e diffondere alcuni tipi di aspirazioni, rendendole comuni. In tal senso, il processo che incubava le forme dell’attesa al futuro aveva un diretto riferimento nelle istituzioni moderne: coloro che le abitavano erano immersi in un comune orizzonte di attesa, proteso al “progresso” e definito spesso in chiave ideologica, che essa fosse di matrice socialista o liberale. Oggi le cose sono cambiate. La produzione di rappresentazioni sul futuro è cambiata: è meno ideologica, nutrita fuori dalle istituzioni, collocata all’interno di gruppi sociali più labili perché non più istruiti con continuità da “corpi intermedi della speranza”, come potevano intendersi i partiti del secolo scorso, e così via. Eppure, i giovani non smettono di aspirare. Economie alternative, occupazione degli spazi, forme crescenti di cura dei luoghi e degli spazi comuni, proposte incentrate sul concetto stesso di “commons” e così via. Come molti autori avevano già sottolineato nel finire del secolo scorso, si va delineando un’epoca nella quale le forme dell’immaginario e dell’azione sociale improntate al futuro si generano in modo più frammentario e “rizomatico”, circolano attraverso le reti orizzontali del virtuale, sviluppano costantemente contatti e gemellaggi, potenziano alcune visioni e alcune simbologie sul futuro che solo di colpo emergono e si fanno visibili. E si presentano all’attenzione come “vocabolari emergenti” direbbe Rorty, come insiemi di immagini e discorsi che evocano cose non ancora esistenti e così facendo bruciano i ponti con quanto esisteva prima di loro pur non nominando compiutamente i percorsi da compiere. 3. Come agisce oggi la capacità di aspirare per le e nelle istituzioni? Non è tanto la scomparsa delle aspirazioni, quindi, ma la loro fuoriuscita da una relazione stabile con le istituzioni, ad inquietarci. Chi ha vissuto la fine delle speranze nutrite dal pensiero politico di tipo ideologico accetta difficilmente l’idea che altri – con più futuro davanti – incubino nuove e diverse forme di speranza in un futuro migliore. Anzi, ancora prima di esplorare le espressioni culturali di cui sto parlando, le trovano autoreferenziali, prive di coordinamento, troppo precarie appunto, e così via. È molto difficile ascoltare, sintetizzare, connettere queste costellazioni ideali e pratiche da parte di chi le ha sempre identificate con altro, con gruppi e corporazioni coese, situate rispetto alla condizione di classe come è stato per i partiti e i sindacati del secolo scorso ad esempio, più univoci nelle forme di rivendicazione. L’aspetto più significativo di questa distanza generazionale è, a mio avviso, che essa complica il “processo istituente”, cioè la trasformazione di queste aspirazioni collettive in discorsi e azioni istituite. Da un lato, le istituzioni democratiche paiono spaventate dalla complessità di modi in cui queste aspirazioni contemporanee sono disseminate, e si orientano nei fatti a regolarle (in senso simbolico) iscrivendole in un processo di “dictature prédictive”, produzione meccanica di futuri probabili grazie alla tecnica e ai computer. Questa produzione disattiva le pratiche utopiche di cui parliamo, le immerge in uno scenario da “panico costante”, le piega al racconto nero del “caos a venire” che di fatto agevola il prolungarsi all’infinito di questo presente neoliberista. Dall’altro lato, laddove provano a introiettare gruppi, idee e energie nuove, le istituzioni molto spesso cercano di avviarle rapidamente al consenso univoco ad un progetto, le strumentalizzano o ne disperdono le energie in forme di “proceduralismo partecipativo” (questionari, sorteggi, cliccaggi a casa e a caso, ecc.) che desiderano innanzi tutto il contenimento delle proteste, a volte ne permettono il loro riassorbimento, comunque pochissimo hanno a che vedere con la postura politica dei giovani di cui abbiamo parlato. Chi lavora nelle istituzioni finisce per deprimersi, vivere di nostalgie, pensare a quanto “speravamo sarebbe accaduto e non è accaduto”, convincersi che il “nuovo” non può essere portato dentro, se non per piccoli progetti o brevi momenti. Questo riguarda particolarmente i contesti dei servizi sociali e socio sanitari. Assistiamo spesso a innovazioni sociali interessanti, a processi di auto organizzazione di gruppi sociali, pratiche crescenti di mutuo aiuto, micro contesti di innovazione istituzionale, che poi però non vanno a sistema, non divengono patrimonio dell’istituzione, restano come piccoli progetti paralleli, non intaccano il sistema insomma. 4. Come coltivare le aspirazioni ad un ordine sociale più equo in relazione alla “capacità di istituire”? Il seminario si pone l’obbiettivo di esplorare il tema della capacità di aspirare - di ipotizzare forme differenti di legame sociale e istruirle – non tanto all’interno di gruppi ristretti e micro progetti, quanto piuttosto dentro o a fianco delle stesse istituzioni. Dove e quanto si riesce a istruire il cambiamento? Con quale lettura delle istituzioni? con quale alleanza con gruppi vitali “esterni” ad esse? Con quale cura educativa del sé, in termini di cura dei desideri e dei sogni? Cercheremo di rispondere a queste domande attraverso l’esplorazione di casi concreti di transizione del welfare che paiono in qualche modo coinvolgere le istituzioni locali in un più stabile ripensamento di sé stesse e in una alleanza nuova con le forme vitali (auto organizzate, di rete, di auto gestione) presenti intorno ad esse. Il comitato organizzatore Programma provvisorio 28 aprile 2016 Mattina, ore 10-13 Introduce Vincenza Pellegrino: capacità di aspirare e processi istituenti. Introduzione ai temi della giornata. Lectio ? Il desiderio, la soggettività smarrita, i processi di soggettivazione oggi Intervengono Franco Rotelli: dalla de-istituzionalizzazione ai processi istituenti Mauro Magatti (deve confermare): la generatività Concludono Michele Marmo, Andrea Marchesi Dibattito Pausa Pomeriggio, ore 14.30 Introduce Esperienze (divisione nei gruppi) Bergamo - Un comune che fa spazio a forme di governo istituenti nei quartieri Testimonianza: Renato Magni Esperto: Franco Floris Bologna - Social street: governare problemi dentro logiche simmetriche tra cittadini e istituzioni locali Testimonianza: Luigi Nardacchione Esperto: Vincenza Pellegrino Lugo di Romagna - Alleanze impensabili tra mondi giovanili e istituzioni locali Testimonianza: Silvia Zoli Esperto: Augusta Nicoli Bergamo - Quando un sindacato fa spazio ai giovani della precarietà Testimonianza: Marco Toscano Esperto: Andrea Marchesi Parma - Coworking, quando l'istituire fa suo il principio del restituire Testimonianza: Alessandro Catellani Esperto: Maria Inglese