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Paola Campanella
Castello del Matese
L’Appennino in Campania Felix
1
Unione Europea
PROGETTISTI
ARCH. LUCIANO RICIGLIANO
DOTT. AGR. LORETO PASCALE
COLLABORAZIONE
ARCH. ROBERTO GRANITTO
DOTT.SSA GIULIANA CONTE
ATTUAZIONE
ARCH. SANDRO FURNO
COOP. MATESE CULTURA E AMBIENTE
CENTRO DI EDUCAZIONE AMBIENTALE
CASTELLO DEL MATESE
CENTRO DE ARTE LA REGENTA
ASSOCIAZIONE AREA PENTRA
ARCH. PAOLA CAMPANELLA
ASOIM
DOTT.SSA LORENA GOLVELLI
ENNIO ROMANO CECARO
TIPOGRAFIA LEGATORIA BANDISTA
IP MOTIVE
Incentivazione Attività Turistiche Misura 3.1.3.
Progetto cofinanziato dall’Unione Europea
POR Campania FESR 2007-2013
RINGRAZIAMENTI
Si ringraziano:
Prof. Aldo Capasso
Ing. Giuseppe Campanella
Prof. Maurizio Fraissinet
Prof. Nicolino Lombardi
per aver messo a disposizione foto e
disegni utilizzati nella presente guida.
Comune di
Castello del Matese
La tua
Campania
cresce in
Europa
2
Indice
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25
26
30
32
34
Itinerario storico
architettonico e
religioso
Il Sentiero Italia e la via del Matese
Il sentiero dei monaci
La valle dell’inferno: valle Orsara ­ le Grassete ­ Pintime Jonte
Miralago e il Lago Matese
Il vivaio forestale delle Carboniere
Il sito archeologico di Capo di Campo
Il tratturo regio
Itinerario ludico didattico “Torello”
Natura ed educazione ambientale
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37
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48
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Trekking ad anello Miralago­strada del diavolo­capo di campo­rena rossa
Trekking ad anello Miralago­carboniere­reale­tassitello
Seconda stella a destra… notturna al Miletto
Trekking da capo di campo a monte Orso
Trekking da monte Orso alla Gallinola per il Pianellone
Altri sport outdoor
Sport invernali e rifugi
50
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56
La Giostra
Felona e Sonora
Castello Arte Festival
Festività religiose ed altri eventi
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61
Bibliografia illustrata
62
63
63
64­65
Food
Prodotti tipici
Gastronomia tipica
Eventi
Il centro storico
La chiesa di Santa Croce
La chiesa di S.Maria delle Grazie
La chiesa di San’Agostino
La chiesa di Sant’Antonio
La Cappella del Purgatorio
La Grangia cistercense
Itinerario naturalistico
sportivo e
didattico ludico
Pag. 2
5
6
8
10
11
12
Itinerario
naturalistico
panoramico
Credits
Presentazione
Introduzione
Inquadramento geografico
Come arrivare a Castello del Matese
Strutture ricettive
Mappa degli itinerari
3
4
Presentazione
Questa guida, nasce dalla volontà dell’Amministrazione
di perseguire l’incentivazione turistica attraverso una promozione coordinata utilizzando allo scopo gli specifici fondi.
Il lavoro, grazie al contributo degli autori, ha senz’altro
atteso alle aspettative centrando in pieno le finalità che si
volevano raggiungere.
Motivo dell’ottimo lavoro svolto è certamente dovuto
alla ben nota passione degli autori incaricati, che con meticolosità e professionalità ci presentano il nostro territorio
sotto una lente che amplia e caratterizza, che puntualizza e
descrive, conducendo per mano il lettore attraverso sentieri inesplorati e distese sconosciute, restituendo un’appartenenza dimenticata o mai abbastanza pretesa.
Il risultato ci ha fatto comprendere che affidare tale lavoro a giovani professionisti del Matese è stata la scelta giusta,
infatti solo chi vive, passeggia, si arrampica o scala il Matese
lo può conoscere a fondo mettendo in luce non solo le bellezze pur evidenti ma anche le asprezze e le difficoltà di un
luogo incontaminato e inesplorato in molti tratti .
Credo che questo lavoro, che ben si integra con tutto il
progetto ideato per la promozione, valorizzazione ed incentivazione turistica di Castello del Matese, sia uno strumento
prezioso ed utile, che va ad unirsi alle altre azioni strategiche poste in essere affinché si conosca e si apprezzi il valore di questi luoghi e di questa popolazione, dove il vivere
sano è una regola non scritta, dove i sapori sono ancora
quelli di un tempo, dove la bellezza dell’appennino meridionale si manifesta in tutto il suo splendore.
Non di meno, probabilmente anche molti cittadini
potranno con sorpresa scoprire o riscoprire alcuni aspetti
del proprio paese, sotto una luce diversa attraverso
approfondimenti tematici inediti.
Dal lavoro svolto viene fuori Castello del Matese:
una fortezza del Matese,
una terrazza sul medio Volturno,
un luogo ideale per vivere l’appennino in Campania Felix.
Realizzata con il contributo della Comunità Europea e
della Regione Campania, con fondi a valere sul PSR
Campania - POR CAMPANIA FESR 2007 - 2013, vuole
essere il compendio di tutte le informazioni utili al visitatore per vivere al meglio il soggiorno nel nostro Comune.
Il Sindaco
Ing. Antonio Montone di Vittorio
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INTRODUZIONE
Castello del Matese è uno dei più suggestivi paesi del Parco regionale del Matese.
Posizionato proprio nel cuore dell’area protetta, è uno dei luoghi più visitato dell’intero
comprensorio.
Il centro urbano è arroccato su uno sperone terrazzato di roccia a 476 metri s.l.m. situato
in posizione dominante sulla vallata del medio Volturno, con uno splendido colpo d’occhio
su buona parte della Valle del Volturno e della Valle Telesina, fino alle ultime propaggini del
Taburno e, sull’estremo orizzonte, del Vesuvio.
Il paese sembra adagiato su una “terrazza” panoramica, un promontorio pianeggiante
separato dalle montagne circostanti da due profondi orridi, la valle dell’Inferno ad est ed il
vallone del Rivo ad ovest.
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Veduta panoramica dal Monte Muto,
sentiero dei monaci
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INQUADRAMENTO GEOGRAFICO
Castello del Matese è un comune della Provincia di Caserta situato a 41°21’
58" di latitudine nord e 14°22’43,40" di longitudine est rispetto al meridiano fondamentale di Greenwich.
Ricade a ridosso del confine tra Campania e Molise, dista 50 km da Caserta (capoluogo di Provincia), 80 km da Napoli (capoluogo di Regione) e 60 km da
Campobasso in Molise. Posto a sud del territorio di San Gregorio Matese ed a Nord
di quello di Piedimonte Matese, Castello confina ad ovest con la valle del Rivo, dove
si erge il monte Cila, e ad est con quella che la tradizione popolare ha denominato
la Valle dell’Inferno.
Il territorio, assegnato in maniera definitiva al Comune solo nel 1853, consta di un
centro abitato e di una seconda parte di territorio edificabile ed agricolo per un totale di 21, 48 km². Il terreno agricolo è diviso in dieci zone: Valle Orsara; Grassete;
Arito; Aritello; Piana degli Astòri; Tagliaferro; Reale; Parte della Serra di Mezzo; Capo
di Campo e Monte Porco che è accessibile da un antico tratturo sito in valle Orsara.
Nell’ultima delle dieci zone, vale a dire Monte Porco, è attualmente funzionante
un moderno impianto sportivo dedicato allo sci di fondo e ad attività sportive di alta
montagna quali trekking, sci escursionismo, mountain bike e trekking a cavallo.
Essendo il Comune di Castello un’antica fortezza, il centro storico è sviluppato lungo
l’arteria principale che da quella che era la porta principale si estende fino al confine
settentrionale del territorio del paese. Ivi un’altra porta chiudeva un muraglione
megalitico che rappresentava unitamente a cinque torri di vedetta (di cui solo due
ancora intatte), una valida difesa dai nemici provenienti da Sud.
Solo negli ultimi anni la zona residenziale di Castello si sta sviluppando lungo il
corso della strada provinciale 331 (ex statale 158 dir. Nord) che collega il comune di
Castello con il Matese.
Vallone dell’Inferno
San Gregorio Matese
Valle Orsara
Le Grassete
Centro urbano
Castello del Matese
Monte Cila
(Insediamento Sannita)
Piedimonte Matese
8
San Pasquale
(Convento Francescano)
Vallatari
Pianellone
Acqua di Santa Maria
Monte Orso
Valle Santa Maria
Lago Matese
Miralago
Capo di Campo
Reale
Serra di Mezzo
Tassitello
Bocca della Selva
Arito
Castello del Matese
Lat. 41°21’58” N
Long. +14°55’35” E
Quota Casa Comunale 476 mt s.l.m.
Quota max territorio comunale 1600 mt.ca. (Monte Porco);
Sup. Territoriale: 21,48 kmq
N. abitanti 1476
9
COME ARRIVARE A CASTELLO DEL MATESE
MEZZI PUBBLICI
da Napoli e Caserta:
Ferrovia Alifana - Metro Nord Est Campania
tel. 0823.785 906 (piazza Stazione); - tel. 0823.543 411/ 0823.784 710 - (via Cimitero); tel.
0823.785 566
da Vairano Caianello:
Autolinee Ferrazza - tel. 0823.911 838 / 0823.543 891
da Piedimonte Matese: Autolinee Ferrazza
IN AUTO
Dall’Autostrada A1 Roma-Napoli: uscita Caianello - SS372 Telesina direzione Benevento
uscita Dragoni, a sinistra direzione Alife - Piedimonte Matese - Castello del Matese distanza
km 35 tempo di percorrenza 45 min
Da Caserta: direzione Caiazzo - Alife - Piedimonte Matese - Castello del Matese distanza
km 45 tempo di percorrenza 50 min
Da Benevento: SS88 - SS372 Telesina direzione Caianello, uscita Alvignano, a sinistra direzione Alife - Piedimonte Matese - Castello del Matese distanza km 65 tempo di percorrenza
1 ora e 20 min
Da Isernia: SS85 direzione Venafro, uscita Capriati a Volturno, SS158 direzione Alife Piedimonte Matese - Castello del Matese distanza km 60 tempo di percorrenza 1 ora e 20 min
Da Campobasso: SS87 - SS17 - SP164 direzione Guardiaregia - SS33 direzione Miralago S.Gregorio Matese - Castello del Matese distanza km 50 tempo di percorrenza 1 ora e 10 min
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STRUTTURE RICETTIVE
Numeri utili:
CASTELLO DEL MATESE
Guardia Medica
tel. 0823.911 196
Hotel Miralago ****, loc. Miralago
tel. 0823 919 315 - 0823 919 319
[email protected] - www.hmiralago.it
Rifugio le Janare, ristorante - B&B, loc. Miralago - Tel.
0823 919 209 - 366 4939345, [email protected]
Agriturismo Falode, loc. Acqua S. Maria con posti letto,
agricampeggio, aree attrezzate pic nic;
Tel. 0823 919 233 - 0823 919 265, [email protected]
Ristorante - Pizzeria Antico Barilotto, Via Matese,
Tel. 0823 786 232
Ristorante Pizzeria Abbate, Via Matese (P.zza Cannavina),
Tel. 0823 784 427
Ristorante Faiella, Via Matese 158/D,
Tel. 0823 912 361
Ospedale A. G. P.
Piedimonte Matese
tel. 0823.544 111
Farmacia Santagata Rossella
Castello del Matese
tel. 0823.913 922
Via Matese, 22
Carabinieri
S. Gregorio Matese
tel. 0823 919 187
Piedimonte Matese
tel. 0823.911 550 / 786 050
Corpo Forestale dello Stato
S. Gregorio Matese
tel. 0823.919 116
Piedimonte Matese
tel. 0823.911 510
Ristorante Pizzeria Bar Del Capitano
Via San Marco, Tel. 328 8747425
Ufficio Postale
Castello del Matese
Piazza Roma
tel. 0823.911 034
STRUTTURE PUBBLICHE
Comune di Castello del Matese
Piazza Municipio, 1
CAP 81010
tel 0823 784 684 - fax 0823 784 509
- Centro di aggregazione “F. Montone”, P.zza Roma
- Centro studi carsismo - Parco Regionale del Matese
P.zza Municipio
- Info point - loc. Miralago
- Info point - via Matese
- Sala polivalente per attività musicale ex chiesa
di S. Agostino - via S. Agostino
- Biblioteca Comunale - P.zza Municipio/P.zza Roma
- Centro aggregazione per anziani - P.zza Municipio
- Centro sportivo “I. Pastore”, via Cluvia
- Centro per lo sci da fondo Rifugio Valle S. Maria
loc. Monte Orso
- Capanna Sociale Rifugio Monte Orso
gestione Club Alpino Italiano sez. di Piedimonte
Matese, [email protected]
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MAPPA DEGLI ITINERARI
ITINERARIO
STORICO ARCHITETTONICO
E RELIGIOSO
Il centro storico e le sue chiese
Le torri, le murazioni, la difesa
della “Terra di Piedimonte”
La grangia cistercense
ITINERARIO
NATURALISTICO SPORTIVO
E DIDATTICO LUDICO
Il Sentiero Italia e la via del
Matese
Il sentiero dei monaci
La valle Orsara, le Grassete, le
Pintime jonte
Il vivaio forestale delle
“Craunere” e la serra di Mezzo
Il sito archeologico di Campo
Maiuri
Miralago e il lago Matese
ITINERARIO
NATURALISTICO
PANORAMICO
Sci nordico, sci escursionismo,
ciaspole, rifugi.
Trekking da capo di campo a
Monte Orso
Trekking da Monte Orso alla
Gallinola per il Pianellone
Trekking ad anello Miralago Craunere - Reale - Tassitello
Trekking ad anello Miralago strada del diavolo - Capo di
campo - Rena Rossa
12
Pagg. 14 - 35
Pagg. 50 - 57
Pagg. 36 - 49
13
ITINERARIO STORICO ARCHITETTONICO
LEGENDA
1
P.zza Campo
2
Mastio
3
Complesso Agostiniano
4
Torre piccola
5
Piazza Roma
6
Chiesa di S. Antonio
7
Chiesa Santa Croce
8
Chiesa S. Maria delle
Grazie
9
Chiesa del Purgatorio
P
Parcheggio
Punto panoramico
14
IL CENTRO STORICO
Il centro antico è fondato su resti di un insediamento
sannita, posto strategicamente sulla strada che collegava
due delle principali sedi della tribù dei Sanniti Pentri:
Allifae (Alife) e Bovianum (Boiano). L’attuale Castello del
Matese, già Castello d’Alife, fu quindi abitata già in epoca
sannitica, in stretta connessione con l’insediamento di
Allifae, sito sul prospiciente Monte Cila.
Di questo periodo restano dei brani di mura megalitiche a base della murazione normanna e lungo la mulattiere seicentesca del “muro rotto”, che collegava il borgo
con il quartiere San Giovanni a Piedimonte.
Dopo le tre guerre sannitiche, che vide questo popolo soccombere ai romani, la collina perse la funzione strategica di difesa, poiché l’Impero Romano era ormai così
esteso da garantire in queste terre, fino ad allora teatro di
sanguinose battaglie, un lungo periodo di pace. Le popolazioni tesero quindi ad abitare la pianura alifana, suddivisa secondo le regole della “centuriazione”; questo giustifica la scarsità di testimonianze della civiltà romana nell’area castellana.
Il centro storico è caratterizzato da un tessuto tipicamente medioevale, evidente sia nel tracciato urbanistico che nella presenza delle due torri (il Mastio e la
torre piccola) lungo la parte di murazione di epoca
normanna.
Intorno all’anno mille, con la nascita della “Terra di
Piedimonte” distaccatasi dalla Alife, prima romana e poi
longobarda, nacque l’esigenza di difendere il quartiere S.
Giovanni da possibili attacchi dall’alto. Pertanto sul preesistente insediamento sannita si eressero le fortificazioni
che diedero anche il nome di Castello.
Le cinque torri che dall’alto della terrazza di
Castello vigilavano sulle valli circostanti rappresentavano una vera e propria roccaforte insormontabile per
qualsiasi nemico, per questo Castello divenne l’ultimo baluardo e rifugio degli abitanti delle pianure circostanti. Durante il Medioevo e più precisamente
durante l’epoca Normanna Castello fu assediato per
ben due volte: nella prima (1229) la resistenza dei
castellani fu premiata dall’abbandono dell’assedio da
parte delle truppe nemiche mentre nella seconda
(1460) la resistenza, se pur strenua ed eroica fu vana.
Nella prima delle due sortite offensive le mura di
Castello diedero asilo e sicuro domicilio al ghibellino
Tommaso D’Aquino veemente perseguitato dall’esercito guelfo. Nel secondo attacco, datato 1460, le
mura di Castello non bastarono a difendere il conte di
Fondi Antonio Gaetani ribelle a Ferdinando I di
Aragona, infatti la grandiosa e memorabile difesa
schierata dai cittadini di Castello fu piegata dall’esercito reale di Ferdinando I.
Il decumano principale
dalla Porta Roma
Targa commemorativa con i
versi del poeta E.A. Mario
posta in P.zza Roma
15
La torre grande, il mastio, ultimo rifugio difensivo durante gli assedi,
fu usata anche come serbatoio per l’acquedotto comunale.
Oggi definitivamente rivalutata nel suo ruolo di monumento storico.
16
Mastio
e
Torr a
ol
picc
o
Compless
o
Agostinian
Chiesa S. Croce
Chiesa
S. Maria
delle Grazie
i
sa d
Chie
icola
S. N
Panoramica d’epoca dal Monte Cila
Di cinque torri originarie ne restano due; la più piccola presenta una merlatura aggiunta posteriormente, mentre la torre grande rivela nelle sue fondazioni brani delle
mura megalitiche preromane.
A sud una antichissima mulattiera con gradoni e lastrico in pietra calcarea -in alcuni punti roccia viva- collegava
il “Castello” con il quartiere S. Giovanni, sede un tempo
del potere amministrativo della “Terra di Piedimonte”.
Seguirono le invasioni barbariche, che videro anche il
passaggio delle truppe di Annibale, e successivamente l’invasione longobarda nel 570 con il Duca Zottone, che scendendo dal nord a sorpresa lungo la via adriatica invece che
per la via latina, conquistò Benevento, facendone la capitale della “Longobardia Minore”. Il territorio di Castello si
trovò quindi compreso nel Ducato di Benevento.
Intorno al XII secolo, dopo che i Normanni ebbero
soppiantato i Longobardi, e a seguito delle ripetute scorrerie di Saraceni, feroci predoni provenienti dall’Emirato
di Bari che mettevano a ferro e fuoco tutti gli insediamenti che incontravano sul loro cammino saccheggiando e
trucidando, ritornò l’esigenza di difendersi.
Si ebbe il cosiddetto fenomeno dell’“incastellamento”,
e quindi della costruzione di fortificazioni che lasciano come
loro testimonianza tutti i castelli dell’area matesina (Castello
del Matese, fortificazione di Piedimonte, Rupecanina,
Castello di Gioia, Castello di Faicchio, Castello di Prata
Sannita, Castello di Letino, Castello di Pietravairano, etc.).
Queste fortificazioni trovarono, naturalmente, ubicazione in quei siti che già avevano dimostrato la loro efficacia strategica nella difesa del territorio già al tempo dei
sanniti, quindi sui resti delle possenti mura megalitiche
vennero erette le nuove fortificazioni, le quali non potevano trovare migliori fondazioni.
La torre piccola prima delle
merlature
Il mastio prima dei lavori di
restauro della Soprintendenza
17
Questo periodo coincide con la fondazione della
cosiddetta “Terra di Piedimonte”, che aveva il suo cuore
nell’attuale quartiere di S. Giovanni di Piedimonte
Matese, dove vi era il Palazzo Ducale e la sede del potere amministrativo di questa “Terra”, che comprendeva
territorialmente anche quattro casali, tra i quali Castello.
Il territorio comprendeva grande parte del Matese
attorno al Lago e la fascia collinare dalla Valle Paterno
fino a Sepicciano e confinava con il territorio di Alife e
quello di Rupe Canina.
Il cuore della Terra era protetto a valle da grandi mura
che cadevano a strapiombo sul fiume Torano, e sui due
lati da profondi e pressoché invalicabili valloni (i già sopra
detti vallone del Rivo e Valle dell’Inferno). L’unico punto
debole era a monte, essendo il centro situato ai piedi
della collina, per cui passando da Castello sarebbe stato
fin troppo facile attaccare la città da una posizione addirittura favorevole (dall’alto verso il basso). Di qui la necessità di concepire la fortificazione di Castello come difesa
di Piedimonte non tanto da attacchi provenienti dal
basso, quanto dall’alto, ovvero sul versante tra Monte
Cila e San Gregorio Matese.
Quartiere S. Giovanni, cuore della “Terra di
Piedimonte” disegno di Ing. Giuseppe Campanella
18
La mulattiera Piedimonte-Castello ancora oggi
chiamata STRADA PER IL MATESE rappresentava l’unica via, non solo di comunicazione,
ma anche militare, che collegava la piana alifana con il Sannio pentro di Sepino e Bojano,
sul versante molisano del Matese.
19
Scorcio del decumano principale
con vista sullo sfondo del convento
di S. Maria Occorrevole, convento
francescano.
In basso
Porta Roma
disegno di Aldo Capasso, 1960
20
All’interno di questa fortificazione si sviluppò quindi il
tessuto medioevale, che è rimasto pressoché intatto fino
ad oggi. Esso è strutturato con un asse principale -decumano- che dalla porta Roma conduce fino alla piazza
della Chiesa madre. Da questa via principale si dipartono
una serie di viuzze e di caratteristici “suppigni” (strade
coperte da abitazioni a ponte) che si ramificano seguendo l’andamento altimetrico del colle secondo un tessuto
medioevale classico. A tre quarti circa dello sviluppo del
decumano questo si biforca con la strada che conduceva
a Piedimonte, la mulattiera per S. Giovanni, per secoli la
via principale di accesso al paese, utilizzata anche come
“via crucis”. Lungo questo percorso si incontrano due
cappelle con affreschi che venivano utilizzate come luogo
di preghiera, ma anche di sosta dei viandanti. A monte
della mulattiera, il primo edificio che si incontra di
Castello è la graziosa “chiesetta del Purgatorio”, che
custodisce un pavimento in maiolica del ‘700 ed immette
nel quartiere “murorotto” (nel dialetto locale: il merrutto).
LA CHIESA DI SANTA CROCE
Fu eretta nel X secolo e ricostruita nel 1691 in stile
barocco dopo il terremoto del 1688 che ne causò il crollo. Fu consacrata nel 1694 da Monsignor De Lazara, La
facciata è piuttosto semplice e presenta bei portali.
L'interno a tre navate, presenta pregevoli opere barocche
e tardo barocche, domina dietro l'altare maggiore un
affresco del Bocchetti raffigurante l'Esaltazione della
Croce; sul pavimento sono visibili lastre di antichi sepolcri, alcuni decorati con stemmi gentilizi, come recita la
lapide posta sul primo pilastro da sinistra: “BASILICA
USTA AB ILL.MO ET R.MO D.NO DON JOSEPH DE
LAZARA E(pisco)PO AL(i)PH(an)O CONSECRATA / DIE
XVI MAJI 1694 IUL. ANT. CICCARELLUS PRO SUA DEVOTIONE EREXIT LAPIDEM HUNC”.
Prime notizie della Collegiata di Santa Croce si rinvengono nei documenti del Vescovo Sanfelice, risalenti al
1417, ed in particolare in un regolamento, nel quale il
Castello di Piedimonte veniva organizzato in una parrocchia collegiale. Dagli scritti del Prof. Marrocco, storico
locale, non è chiaro se vennero riuniti i diversi preti nella
chiesa locale, o se invece vennero riuniti preti provenienti da chiese diverse.
I SANTI COSMA E DAMIANO
Noti come santi medici, ritenuti
dalla tradizione due gemelli di origine araba, medici in Siria e martiri
sotto l’impero di Diocleziano. Erano
in grado di operare prodigiose “guarigioni” e “miracoli” e la loro azione
era completamente gratuita nei confronti di tutti, da qui l’appellativo
“Anàrgiri” (dal greco anargyroi,
senza denaro). Appresero l’arte
medica nella provincia romana di
Siria, praticarono la loro professione
in Cilicia. Uno dei loro più celebri
miracoli, fu quello di aver sostituito la
gamba ulcerata di un loro paziente
con quella di un etiope morto di
recente. Durante le persecuzioni dei
cristiani promosse da Diocleziano
(284 - 305) furono arrestati, martirizzati e infine decapitati, nei pressi di
Antiochia. Il loro culto è particolarmente caro ai fedeli di Castello del
Matese, che ne vollero delle statue,
nel settecento. In particolare la prima
statua fu quella di S. Cosma, che nel
medaglione che porta sul petto offre
alla devozione la reliquia donata dal
Vescovo di Firenze Pier Paolo de’
Medici, presule in Alife nel 1639. La
statua di San Damiano, in cartapesta,
fu aggiunta in un secondo momento.
Santi Cosma e Damiano
raffigurati in una vetrata artistica
della chiesa
21
Il Crocifisso è inserito in un dossale in stucco, riccamente decorato e
con angeli che mostrano simboli
della Crocifissione. A giudicare da
alcuni elementi quali i volti e le capigliature degli angeli o la forma peculiare del timpano spezzato, l’impianto decorativo potrebbe non essere
coevo alla scultura.
L’altare con il Crocifisso, scultura
lignea policroma, è posto nella prima
cappella della navata destra, speculare al fonte battesimale nella navata
sinistra.
L’opera, anonima, è databile tra il
XVII e il XVIII secolo, sebbene mostri
interventi successivi di restauro, e probabili integrazioni.
Evidente l’influenza dell’arte devozionale spagnola , carica di un intenso
patetismo, con esaltazione della sofferenza. Il corpo del Cristo presenta scelte espressive con sangue e sudore
copioso del quale sono impregnati
anche i capelli. Il volto del Cristo morto
appare disteso e in una sofferta accettazione della fine.
Caratteristica la minuta descrizione
di particolari naturalistici come lo stesso
copricapo a casco, atipico rispetto alla
rappresentazione iconografica universalmente più diffusa. “una sorta di
cesta con molte spine lunghe e acute,
calcata sulla testa del Salvatore con
bastoni, per non ferirsi le mani”.
Nel cartiglio posto al di sopra il
corpo del Cristo, la frase “Gesù di
Nazareth Re dei Giudei” in ebraico, in
greco e in latino.
22
L’ impianto è a tre navate, di cui la centrale più
alta rispetto alle laterali, come si evince anche dalla
disadorna facciata. I tre portali d’ingresso sono sormontati da timpani spezzati: curvilinei con stemmi
coronati i laterali, triangolare che incornicia una
croce, il centrale.
Il corpo centrale termina in alto con un timpano,
che si collega ai lati con delle volute di raccordo.
Lungo le navate laterali una serie di altari addossati alle pareti delle navate. A lato del presbiterio si
aprono la Cappella dell’Assunta a destra e quella
del Sacramento a sinistra.
Imboccando la navata destra, il primo altare è
quello del Crocefisso, seguito da quello
dell’Addolorata, di Sant’Anna, di Sant’Espedito e
della Immacolata. Sul fondo della navata, la cappella
dell’Assunta, con a destra la nicchia di San Massimo.
Diametralmente opposto all’altare del Crocefisso,
all’inizio della navata sinistra, vi è il fonte battesimale.
Subito dopo il primo degli altari, dedicato ai santi
medici Cosma e Damiano, seguito da quelli dedicati
a San Giuseppe, al Sacro Cuore di Gesù, a San
Nicola, per finire, in fondo, con la Cappella del
Pianta della Chiesa di Santa Croce
Sacramento, nella quale è posto un dipinto raffigurante l’Ultima Cena, rinnovato nel 1869, insieme a
tutta la cappella, dalla Congrega di carità.
Nel pavimento si conservano ancora tracce del
pavimento maiolicato antico, sebbene si notino
interventi recenti di sostituzione con mattonelle più
moderne. Alcune greche decorate incorniciano le
lastre dei sepolcreti.
Dietro l’altare maggiore, a delimitare la cantoria
con l’organo a canne, una bella balustra in legno,
ma il coro ligneo più antico fu smontato nel corso
degli ultimi decenni.
Al centro dello spazio sopra la balaustra, tra le
canne dell’organo, in una struttura decorativa di
gusto neoclassico, con timpano triangolare al di
sopra di un cornicione aggettante, l’affresco con la
scena dell’”Invenzione della vera Croce”.
L’ULTIMA CENA.
Di ispirazione caravaggesca, con
influenze dal dal pittoricismo al neovenetismo, alla corrente romano-bolognese, con ricchezza di colori, nel
rispetto della tradizione naturalistica e
con forte espressività dei volti, la
scena rappresenta il momento in cui
Gesù prevede il tradimento, tra lo stupore degli apostoli. Come nel Vangelo
di Giovanni, Pietro non guarda il
Cristo, ma è rivolto verso Giovanni, il
quale appare addolorato dopo aver
chiesto a Gesù a chi si riferisse. Nella
drammaticità della scena enfatizzata
dai chiaroscuri, il Cristo, al centro della
scena, promana luce divina benedicendo il pane.
Il quadro è inserito in un altare con
colonnato ligneo a tutto tondo con
capitelli corinzi e cornicione soprastante, con decoro dentellato. Al di
sopra un timpano spezzato che richiama quelli sui portali di ingresso. Al
centro del timpano una scultura a rilievo con il Padre Eterno che regge una
sfera , che simboleggia probabilmente
il mondo, con la mano sinistra.
23
Nella scena dell’affresco sull’altare maggiore è rappresentata la donna ammalata, ai piedi della croce,
mentre riceve la benedizione del vescovo. Sul fondo
è ritratta, molto probabilmente, Sant’Elena. opera
attribuita a Gaetano Bocchetti (1888-1990), noto pittore figurativo napoletano, che corona un ciclo di
affreschi che iniziano sulle volte della navata centrale,
raffiguranti in una successione di tondi “l’Esaltazione
della Croce”. Nella progressione dall’ingresso verso
l’altare, fino all’arco trionfale sul quale è riportato il
saluto “O crux ave spes unica” (Salve Croce, fonte di
speranza), viene raffigurata l’Orazione nell’orto, la salita al Calvario, l’incontro di Gesù con le donne di
Gerusalemme e l’episodio della Veronica. Nei tondi
quarto e quinto la deposizione della Croce e la scena
con le Marie al sepolcro.
L’invenzione della vera Croce (1837)
Secondo Socrate Scolastico
(Costantinopoli, 380 - 440 circa.
Teologo, avvocato e storico della
Chiesa dell'impero romano
d’Oriente) Elena, madre di
Costantino I, ordinò la distruzione
del tempio pagano eretto sopra il
Sepolcro, rinvenendo tre croci.
Il Vescovo di Gerusalemme,
Macario, pose le tre croci, una per
volta, sul corpo di una donna gravemente inferma. Quando toccò
la terza croce, per miracolo, la
donna guarì, consentendo così di
riconoscere la croce del Cristo
dalle altre due. Sempre secondo
il Socrate, vennero rinvenuti
anche i chiodi della crocifissione,
e questi sarebbero stati inviati da
Elena a Costantinopoli, dove vennero
inseriti
dell’elmo
di
Costantino ed uno utilizzato per
farne il morso del suo cavallo. Un
ultimo chiodo sarebbe stato
posto all’interno della corona di
ferro, oggi preservata nel Duomo
di Monza.
24
LA CHIESA DI S. MARIA DI OGNI GRAZIA
Del XVIII secolo, è dedicata all’Arcangelo Gabriele, e
presenta bei decori con stucchi Barocchi.
Tra le due chiese sorgono due campanili, uno, il più
alto, a base quadrata e l’altro con copertura a maioliche
policrome di vaga ispirazione araba.
La piazza antistante, sul quale affaccia anche la Chiesa
Madre della Santa Croce, di recente è stata intestata a
Don Giuseppe Manzo, storico parroco del paese.
Le attività religiose sono state sempre molto intense,
soprattutto grazie a organizzazioni popolari di tipo religioso, come la “Confraternita di Santa Maria di ogni grazia”, fondata nel 1650, la “Confraternita del
Sacramento”, la “Confraternita del Rosario e Santa Maria
della Vittoria” nel XVIII sec., la “Confraternita della
Misericordia” risalente al 1921, il “Monte dei Pegni”, la
“Cappella del Santissimo”, la “Cappella del Rosario”, e la
“Casa degli infermi”, un piccolo ospedale.
La chiesa di Santa Maria di Ogni
Grazia, con la torre campanaria attraversata dalla strada comunale.
25
CHIESA DI S. AGOSTINO
Risalente al XVIII secolo, situata a sud delle due torri,
contigua all'ex-convento dei Padri Agostiniani (oggi adibito a Sede del Municipio), con coro su colonnato, presenta affreschi di grande suggestione.
All’esterno la costruzione appare molto semplice e - a
tratti - disarmonica, probabilmente a causa di modifiche
e contaminazioni susseguitesi nel tempo. La copertura
della navata centrale è a due falde, ed emerge rispetto
alle cappelle laterali che la fiancheggiano.
Nella muratura laterale della navata si aprono, al di
sopra della copertura delle due cappelle, dei finestroni
dal profilo barocco in corrispondenza dei quali il tetto si
solleva formando degli abbaini. All’interno corrispondono dei pennacchi che si innestano nella volta principale
sollevandone il profilo.
Sant’Agostino nello studio (1480)
Sandro Botticelli
Chiesa di Ognissanti - Firenze
Nato in Africa a Tagaste, nella
Numidia (oggi Souk-Ahras in
Algeria) il 13 novembre 354 da una
famiglia modesta. Di educazione
cristiana, dopo aver letto l'Ortensio
di Cicerone abbracciò la filosofia
aderendo al manicheismo. Nel
387,
a
Milano,
conobbe
Sant’Ambrogio e da questi ricevette il battesimo. Ritornato in Africa
con il desiderio di creare una
comunità di monaci, venne ordinato sacerdote e vescovo ad Ippona.
Le sue opere teologiche e filosofiche hanno valso ad Agostino il titolo di Dottore della Chiesa. Tra i
testi più famosi le “Confessioni” e
la “Città di Dio”. Morì ad Ippona,
assediata dai Vandali, il 28 agosto
430 all'età di 76 anni.L’edificio,
oggi proprietà comunale, è stato
destinato a sala polivalente per
attività musicale, con intervento
finanziato dalla Comunità Europea
(PSR Campania 2007/2013 Asse 1
obiettivo operativo 1.7.b Edifici
pubblici sicuri).
26
Pianta del Complesso Agostiniano
piano rialzato
Il suo organismo si compone di una navata unica
coperta a volta, impostata su poderose mura portanti
laterali nelle quali si aprono due cappelle a destra e due
a sinistra. Le cappelle altro non sono che grandi vuoti
nella muratura, coperte con volte a botte e comunicanti
con la sala centrale mediante arcate a tutto sesto.
All’ingresso un matroneo impostato su di un arco a
sesto fortemente ribassato, sorretto al centro da due
colonne a profilo rastremato e impostato all’estremità
contro la muratura principale.
In fondo un coro di notevole profondità si protende, al
di là dell’arco di trionfo, anch’esso coperto a volta.
Le cappelle laterali sono a fondo cieco e comunicano
l’una all’altra attraverso piccoli varchi che individuano un
percorso laterale dando luogo quasi ad un cenno di continuità, come quello di navate laterali percorribili in senso
longitudinale, parallelamente alla navata centrale, sebbene non si possa certo parlare di navate laterali.
Le coperture delle cappelle laterali originarie sono
state purtroppo sostituite con
solai moderni. In corrispondenza dei maschi murari sui
quali scaricano le arcate principali delle volte sono ancora
visibili dei contrafforti con
funzione di contenimento
delle spinte, alcuni dei quali
però risultano crollati o
demoliti.
27
Interni della chiesa di S. Agostino
28
L’organismo si completa con un percorso coperto
ancora con volta a botte a sinistra del coro e di una grande sala (un tempo sacrestia) coperta con volta a schifo. Ai
fianchi dell’ingresso due piccoli vani erano un tempo la
base della torretta campanaria (sul lato destro) e il vano
scala per l’accesso al matroneo (sul lato sinistro).
La chiesa è ornata da membrature, lesene, colonne,
cornici, profili di arcate, capitelli, medaglioni e stucchi che
sottolineano e modulano con cura e fantasia tutti gli spigoli tra i vari piani murari. Nelle specchiature comprese
tra le partiture ornamentali alcuni accenni di decorazione
pittorica a vivaci colori possono apparire incongrui e pacchiani, ma gli stucchi denotano una grande capacità di
invenzione formale e una notevole abilità delle maestranze dell’epoca, mostrando un interessante esempio della
cultura plastico-architettonica del primo settecento.
Gli altari, sia quello principale che quelli delle cappelle laterali, sono in marmo intarsiato multicolore, abbastanza interessanti.
La facciata posteriore è semplice, nuda, disadorna, mentre la
facciata principale è arricchita
dalla torretta campanaria, da un
grande finestrone a profilo mistilineo di chiaro sapore barocco,
riccamente decorato al suo interno, e da un loggiato posto ad
una quota di circa tre metri
rispetto alla via S. Agostino sulla
quale vi è l’accesso.
Sebbene
appartenente
all’epoca neoclassica, il suo
interno è tutto risolto con un
gusto e un sapore che ha ancora del barocco.
29
CHIESA DI S. ANTONIO
Vetrata artistica in facciata
con rappresentazione iconografica del Santo
Fu realizzata nel XVIII secolo. La piccola chiesa è a
navata unica, di forma irregolare. Sulla volta sono raffigurate scene della vita di S. Antonio. La statua del santo è
posta sull’altare principale.
Un piccolo pulpito ligneo fa bella
mostra sulla parete destra, e in
luogo di cappelle laterali, nelle
pareti sono ricavate delle nicchie
protette da vetrine, nelle quali sono
esposte altre rappresentazioni scultoree oggetto di venerazione dei
fedeli.
Il portale centrale è sormontato da un
rosone, una finestra rinascimentale ed
un orologio; di recente ne è stato restaurato l’affresco in facciata raffigurante il Santo Antonio Abate.
La chiesa da il nome alla piazzetta antistante e confina sul
lato destro con uno dei caratteristici “suppigni” (strade
coperte), che conduce verso il quartiere detto “montincello”.
Pianta
Chiesa di
Sant’Antonio
Navata centrale della Chiesa
di Sant’Antonio
30
Facciata della Chiesa di Sant’Antonio
31
Pianta della Cappella
del Purgatorio
CAPPELLA DEL PURGATORIO
Pavimento maiolicato
1775, “la morte con la falce
e la clessidra”
32
La Cappella del Purgatorio si trova nella parte bassa del
centro storico di Castello del Matese, all’imbocco del sentiero che da Castello porta a Piedimonte Matese, la cosiddetta “vecchia mulattiera”. La chiesetta custodisce un
pavimento in maiolica risalente al Settecento, recante,
nella parte centrale verso l’altare, la raffigurazione della
morte con falce e clessidra, datata 1755 e firmata da un
tale Buiano, recante la scritta in latino “Ero mors tua
onors”. L’impianto della chiesetta è molto semplice, un
unico ambiente curvilineo racchiude la parte centrale, adibita al culto religioso che accoglie i fedeli, in cui all’occorrenza vengono disposte le panche lignee, e una parte lievemente rialzata nella zona di fronte l’ingresso, adibita ad
altare per l’ufficio dei riti religiosi. Le pareti sono decorate con lesene e cornici ornate di fregi in stucco bianco;
inoltre, lungo le pareti, si aprono quattro nicchie sovrastate da altrettanti archi, che custodiscono statue sacre. Le
opere d’arte custodite all’interno della Cappella sono
costituite dal pavimento maiolicato settecentesco, che
occupa tutta la pavimentazione ad eccezione di un’area
quadrangolare centrale in cemento battuto, e un affresco
posto alle spalle dell’altare che raffigura le anime del purgatorio tra le fiamme. In un altro affresco laterale la
Madonna col Bambino. Altre opere pittoriche raffigurano
la nascita e la presentazione del Bambin Gesù. Sulla facciata principale, abbellita con un portale in stucco dal
disegno settecentesco, sono presenti due lastre in
marmo su cui è incisa la figura di un teschio e l’espressione “quel che tu sei io lo fui, quel che io sono tu lo sarai.
A ricordo di Carrizzo Antonio”.
La Cappella è aperta in occasione della festa di San
Martino, che ricorre l’11 novembre di ogni anno, e viene
allestita in tale circostanza anche l’area esterna alla cappella, che presenta una vista spettacolare sul versante di
San Pasquale, e sulla valle del medio Volturno.
Affresco di Madonna con
bambino su una parete
laterale dell’altare.
Affresco con le anime del Purgatorio
33
LA GRANGIA CISTERCENSE
La torre colombaia e un arco di
ingresso alle mura a difesa del
colle, disegno ing. Giuseppe
Campanella
Altro insediamento religioso importante di cui restano
tracce è costituito dalla Grangia Cistercense posta a guardia della Valle Orsara, sulla strada per il Matese. il L’anno di
costruzione del monastero cistercense dovrebbe essere
presumibilmente il 1227, ad opera dei monaci dell'Abbazia
di Santa Maria della Ferrara di Vairano Patenora, a difesa dei
possedimenti di Capo di Campo, Campo Majuri e Santa
Maria del Matese, oggi Acqua di S. Maria. Del grandioso
complesso, alla cui costruzione si oppose aspramente il
Vescovo di Alife e su cui dovette intervenire perfino Papa
Onorio III, sono rimasti solo la torre adibita a piccionaia che
solitaria scruta la valle, un arco, probabilmente d'ingresso,
ed i resti delle possenti mura che cingono il colle.
Qui i monaci, detentori della cultura e della sapienza
nell’uso delle erbe officinali e delle cure mediche, offrivano
- in cambio di una parte del raccolto (la cosiddetta “decima”) - assistenza e rifugio ai contadini e pastori in caso di
bisogno, anche in caso di attacchi nemici, poiché l’insediamento aveva caratteristiche di piccolo fortino arroccato su
un promontorio, ed aveva una piccola chiesa, delle celle
per i monaci, una torre colombaia di sentinella sulla vallata
tra Castello e San Gregorio, e doveva avere anche un mulino con frantoio nei pressi del letto del Torano, che all’epoca solcava il fondo della Valle dell’Inferno.
L’Ordine cistercense, ordine monastico di diritto pontificio, ebbe origine in Francia dall’abbazia di Citeaux (Cistercium, in latino), nel 1098, fondata da Roberto di Molesmes.
Ispirati alla stretta osservanza della regola di san Benedetto da Norcia e al lavoro manuale, i monaci cistercensi esprimevano il desiderio di maggiore austerità. L’ordine fu organizzato in monasteri autonomi riuniti in congregazioni monastiche, ciascuna delle quali dotata di costituzioni proprie, sebbene retto da un abate generale residente a Roma. Scelsero
di distinguersi anche nell’aspetto indossando un abito bianco, di semplice lana grezza,
come segno d’umiltà, e di vivere in solitudine, lontano dai centri abitati. I cistercensi, in un
trionfo del gotico, costruirono abbazie e grange. Questo termine deriva dal fonema francese “grange” che vuol dire “fienile”, e furono piccoli monasteri di montagna isolati, di
religiosa di spiritualità, contemplazione e ascesi, ma anche per promuovere i lavori di
disboscamento, dissodamento, cura degli armenti. Deputate all’assistenza, alla protezione ed istruzione a costruire attrezzi di ogni genere di lavoro, le Grange erano custoditete
dal grangiere, aiutato da altri frati e conversi.
Nelle cronache volturnensi sono riportati i nomi delle grange dell’Abbazia di S.Maria
della Ferrara, tra le quali quella di S. Angelo de Rave canina (1197), quella di S. Gregorio
di Monte Pedacoli (1222), e quella di S. Maria sul Matese. L’insediamento presso Valle
Orsara a Castello del Matese ne era una dipendenza.
34
Particolare della
ricostruzione della
chiesette con le celle
monastiche.
Ricostruzione delle Mura.
Con uno sviluppo in lunghezza
di metri 350, con uno spessore
di metri 2,60 circa le sue 4 porte
d’accesso, e le sue 3 torri poste a difesa
di un sentiero di accesso al Matese è
sicuramente un opera strategica di difesa.
Questo insediamento, ricade nel Comune di San
Gregorio Matese ma è di notevole interesse
storico-religioso anche per Castello del Matese.
35
ITINERARIO NATURALISTICO SPORTIVO E DIDATTICO LUDICO
Quota massima: 750 m s.l.m.
(San Gregorio Matese)
Dislivello: 570 m in salita,
100 m in discesa
Durata: ore 5 circa
Difficoltà: E
Lunghezza percorso 10 km circa
Cartografia: Carta topografica IGM Foglio 161 II S.E.
scala 1:25.000; Sentieri del
Matese
scala
1:50.000;
Matese Campano tav. 1 scala
1:25.000 (Sezione CAI di
Piedimonte Matese)
Sentiero CAI: 141 - 14A - 14A
Il Sentiero Italia è uno dei
trekking più lunghi del
mondo, unisce tutta l’Italia
camminando sugli Appennini
e sulle Alpi, isole comprese,
per una lunghezza di circa
6.000 km, suddiviso in circa
350 tappe.
36
IL SENTIERO ITALIA E LA VIA DEL MATESE
Il
“Sentiero
Italia” fu ideato da
un gruppo di giornalisti escursionisti
poi riunitisi nell’Associazione Sentiero
Italia. Nel 1990
venne fatto proprio
dal Club Alpino
Italiano e, grazie al
contributo
delle
sezioni di tutta
Italia, venne realizzata la mappatura
dettagliata del percorso, la segnaletica, i posti tappa,
ecc. Nel 1995
venne inaugurato
con una grande manifestazione “CamminaItalia ‘ 95” promossa dal CAI, poi replicata nel 1999 in collaborazione
con l’Associazione Nazionale Alpini.
Il segmento campano attraversa il Matese, con itinerario suddiviso in quattro tappe, da Telese Terme, per San
Salvatore Telesino, Faicchio, Gioia Sannitica, S. Potito
Sannitico, Piedimonte Matese, Castello del Matese, S.
Gregorio Matese e fino al valico di M. Crocetta, individuate e segnate grazie all’opera di Carlo Pastore e Giulia
d’Angerio, al tempo responsabili CAI.
La terza tappa parte da S. Potito Sannitico, nei pressi
del Palazzo Filangieri, per la strada del “quercione”,
passa per Sepicciano, nei pressi dello stadio comunale,
poi l. go S. Francesco, via A. Costantini, via S. Rocco, via
E. D’Agnese, vico stretto, Palazzo Ducale, Piazzetta S.
Maria la Vecchia, rione S. Giovanni, e quindi per la mulattiera del XVII sec. si giunge a Castello del Matese.
Attraversato il centro storico, dalla P.zza Roma, si prosegue per via Cluvia, via Cimitero, S. Donato e finalmente a S. Gregorio Matese, con arrivo nella P.zza Beniamino
Caso (senatore della Repubblica e cofondatore del Club
Alpino Italiano nazionale nel 1863, con Quintino Sella).
IL SENTIERO DEI MONACI
Un tempo i monaci del convento di Santa Maria Occorrevole per
approvvigionarsi d’acqua si recavano alla fonte sita all’imbocco della
Valle Orsara, detta appunto “fonte
dei monaci”. Discendevano quindi
per un sentierino irto e scosceso, a
strapiombo sulla parte bassa della
valle dell’inferno, ovvero la valle del
Torano. Questo percorso, adatto
ad escursionisti esperti, è ancora
oggi detto sentiero dei monaci, e si
può percorrere, accompagnati da
guide esperte, partendo appunto
dalla fonte dei monaci. Dopo un
primo tratto in salita, non molto
impegnativo, giunge ad un rudere
di un antico ricovero di pastori, per
poi inerpicarsi con vari tornanti
sulla parte più in quota. Questo è il tratto più difficile, con punti molto suggestivi e panoramici, ma poco adatti a chi soffre di vertigini.
Dopo l’ultimo valico, in corrispondenza della “grotta di mezzogiorno”, si raggiunge il
bosco nel quale è immerso il conventino e le celle di ritiro spirituale detto della “solitudine”.
Si costeggiano quindi le mura degli insediamenti monastici e si giunge infine al campanile di
S.Pasquale, antistante il convento di Santa Maria Occorrevole.
Questi insediamenti, ed anche parte del sentiero ricadono nel comune di Piedimonte
Matese, ma è una meta interessante per gli escursionisti che partono da Castello del Matese.
37
Quota massima: 704 m s.l.m.
(Pintime Jonte)
Dislivello: 270 m in salita, 20 m
in discesa
Durata: ore 3 circa escluso le
soste
Difficoltà: E
Distanza lineare totale: 6 km
circa
Cartografia: Carta topografica
IGM Foglio 161 II S.E. scala
1:25.000; Sentieri del Matese
scala 1:50.000; Matese
Campano tav. 1 scala 1:25.000
(Sezione CAI di Piedimonte
Matese)
Sentiero CAI: 142 – 14B
Equipaggiamento: scarponi,
giacca a vento, abbigliamento a
strati da montagna
Il vallone dell’Inferno è un’incantevole valle con uno sviluppo
di circa 6 Km che si presenta
come un’enorme fenditura nella
montagna caratterizzata da piccole sorgenti, caverne, grotte, e
torrenti.
Lo sviluppo della valle è a
cavallo
di
due
comuni:
Piedimonte Matese e Castello
del Matese.
La valle segue l’antico corso
del Torano e il tratto basso (nel
Comune di Piedimonte Matese)
è detto appunto valle del
Torano. Nel punto di sbocco di
questa vi sono le sorgenti di captazione dell’Acquedotto: le
acque del Torano giungono fino
a Napoli e ad Ischia.
38
LA VALLE DELL’INFERNO: VALLE ORSARA LE GRASSETE - PINTIME JONTE
Il Vallone dell’Inferno è un profondo canyon lungo
circa 6 km e suddiviso in più tratti: in basso la Valle del
Volturno che separa l’abitato di Castello del Matese dai
conventi francescani sul Monte Muto, la Valle Orsara nei
pressi della quale sono i resti della grangia Cistercense
(San Gregorio Matese), il Pianoro delle Grassete, fino a
non molti anni fa coltivato dai castellani, il Vallone
dell’Inferno propriamente detto, con le caratteristiche
“Pintime Jonte”.
Sulle vette più alte che dominano la valle nidifica una
coppia di Aquila reale.
Salendo di quota si raggiunge la valle delle Grassete,
campo carsico che prende il nome dal Monte Grassete la
cui vetta (mt 1090 s.l.m.) separa il Vallone dell’Inferno
dalla piana dell’Arito, località in cui è presente un villaggio rurale semiabbandonato; attraversata da un antico
tratturo, si pensa di origini romane, la Valle era un tempo
coltivata a patate, grano, fagioli e segale; oggi, vista la
difficile accessibilità che non consente il raggiungimento
dell’area con mezzi meccanici, queste terre non sono più
coltivate.
La Valle Orsara è raggiungibile anche in auto seguendo
la provinciale verso S. Gregorio Matese e svoltando a
destra dopo circa 1 km dal paese, per la località “Pastene”.
IL PERCORSO
Partendo dal paese, da P.zza Cannavina, si imbocca la via
Torello e da questa il vecchio sentiero che svalica e conduce alla località detta “mattèo” e poi prosegue a destra
verso la fonte dei monaci, imbocco della Valle Orsara.
Dalla fonte dei monaci in avanti l’iter a piedi è classificabile come Escursionistico e procede per buona parte su
una sterrata, passando per il piano dell’Ausceglio, caratteristico con le sue rocce a strapiombo e per una vicina
grotta popolata da chirotteri.
Superando le ultime balze si giunge alla bella valle delle
Grassete; in fondo ad essa il sentiero si biforca: proseguendo in direzione est si imbocca il passo dello
“Stincone” che conduce ai pianori di montagna: Arito,
Tassitello e Reale e quindi al Lago Matese; a destra si
incontra il sentiero per la Valle Fontanelle in direzione del
Monte Ariola, per Bocca delle Fosse.
A Sinistra, invece, il nostro percorso prosegue seguendo
il letto ormai secco del Torano, proveniente dalle sorgenti dell’acqua “ricciuta”, incuneandosi del vallone
dell’Inferno fin dove esso è percorribile agevolmente
senza l’ausilio di attrezzature, e quindi fino alle “Pintime
Jonte”, località così chiamata poiché le alte rocce strapiombanti dei due lati della valle si restringono fin quasi
a toccarsi: nel dialetto locale infatti il toponimo significa
letteralmente “rocce scoscese unite, congiunte”.
Tutta la valle è chiaramente di
origine carsica, e le manifestazioni del carsismo, note in tutto il
Matese grazie alla sua composizione calcarea, si mostrano in
questi luoghi in tutta la loro maestosa imponenza.
39
OSSERVAZIONI GEOLOGICHE, BOTANICHE
E FAUNISTICHE SULLA VALLE DELL’INFERNO
L’AQUILA REALE
Nel cuore della valle
dell’Inferno nidifica stabilmente una coppia di aquila
reale (Aquila Crysaetos).
Abita in coppia, nelle nicchie
rocciose più riparate dai
venti, o su cornicioni rocciosi
sovrastanti le pareti meno
accessibili, dove meglio può
proteggere le sue uova.
E’ un uccello rapace di
grandi dimensioni, con la
testa nettamente sporgente,
coda ampia e lunga quasi
quanto la larghezza delle ali.
Il colore è, nell'adulto, uniforme, marrone scuro con riflessi rosso-dorato sul dorso e sul
capo, mentre negli individui
giovani o immaturi sono di
norma ben visibili, in volo, le
macchie bianche sulle ali e
sulla coda.
40
Le sorgenti del Torano e del Maretto si trovano all’imboccatura della valle dell’Inferno. Grazie ad alcune prove
di colorazione effettuate dalla Cassa per il Mezzogiorno
(1959), sono stati accertati un collegamento tramite un
grosso condotto carsico sotterrano tra il Torano e la conca
del lago del Matese e tra alcuni inghiottitoi a nord di M.
Cila ed il Maretto. Che il Torano derivasse dal Lago
Matese è stato in parte dedotto dal fatto che negli Statuti
municipali del 1481 si proibisse ai pecorai di lavare pecore e gettare immondizie allo Sfonderato, poi detto
Scennerato (scende rapido), l’inghiottitoio del lago.
La certezza totale dell’esistenza di un collegamento
idrografico, attraverso scorrimenti sotterranei di natura
carsica, tra il Torano ed il Lago, si è avuta il cinque marzo
del 1953, quando 73 kg di fluorescina sodica al 2% furono gettati allo Scennerato. Prelevando dei campioni di
acqua a Capo Torano ed esaminandoli con la prova della
lampada a martello, dopo cinque giorni è cominciata la
colorazione che è durata circa 2 mesi.
La vegetazione è ricca di leccio, presente sia in forma
arborea che in forma arbustiva e cespugliosa; tende a
mescolarsi con orniello e carpino e quest’ultimo, nelle
zone molto pietrose e con scarso spessore del terreno,
forma popolamenti quasi puri. Si segnala la presenza
delle cosiddette “Cese”, zone di terreno a pendenza
anche elevata, coltivate prevalentemente ad olivo.
Appaiono, inoltre, la quercia e il cerro. Grandissima
la varietà di fiori ed erbe officinali di uso culinario e
medicamentoso riccamente descritti nel testo “I Fiori
del Matese”; nei mesi di giugno e luglio si incontrano
bellissime orchidee appartenenti a generi diversi, alcuni
dei quali rari.
La valle delle Grassete, fino a qualche decade fa
ampiamente coltivata dai castellani (il nome indica infatti
una terra “grassa”, cioè fertile), è oggi abbandonata,
habitat privilegiato della rosa canina e del biancospino.
Residuo delle attività rurali di un tempo la presenza di
noci, lungo il tracciato viario, e di alberi da frutto, nei terreni di proprietà.
Per il riconoscimento
Durante il volteggio le ali
sono rivolte verso l’alto a formare una "V" molto aperta.
Si distingue dagli altri rapaci
soprattutto per le notevoli
dimensioni che, nella femmina, possono arrivare fino a 2
metri di apertura alare ed a 6
chilogrammi di peso.
Nidifica generalmente verso metà o fine marzo o nella
prima quindicina di aprile.
La si può distinguere
anche per le evidenti penne
apicali delle ali (remiganti primarie) che in volo assumono
il tipico aspetto di una mano
aperta con le dita distese.
41
MIRALAGO E IL LAGO MATESE
Sull’origine del toponimo “Passo di
Pretemorto” esistono due versioni: una idealizzata, un sacerdote ucciso dai briganti perché si rifiutò di legittimare una colpevole
relazione, e un’altra, irriverente, di un prete
che tenne per sé la taglia che avrebbe dovuto consegnare, e fu ucciso.
In ogni caso Il nome Pretemorto preesiste
al 1860, e la leggenda non riguarda l’ultimo
brigantaggio.
Con una superficie di 6 km2., lo specchio
d’acqua si raccoglie a poco più di mille metri
s.l.m., nel fondo di una grande fossa, lunga 8
km. e larga 2 km., ai piedi della più imponente cortina di alture del massiccio del massiccio
del Matese, comprendente le vette del
Miletto e della Gallinola (1.923 m.), che si stagliano come vere cattedrali intorno al lago. Il
perimetro, alla massima piena, è di circa 12
42
km. Il lago Matese è il lago carsico più alto
d’Italia ed è certamente il più importante
della Campania. Ma è anche una importantissima zona umida internazionale: negli specchi
d’acqua, e tra la vegetazione caratteristica
delle zone umide (nel gergo locale “i cannizzi”), è facile osservare Svassi, Marzaiole,
Folaghe, Oche, Germani reali, ma anche
Aironi cenerini e moltissime altre specie.
Le origini del lago sono molto antiche, ma
i primi documenti in cui se ne trova traccia
sono in un decreto di Federico II, con il quale
concedeva all’abate Taddeo “…campum
majorem et campum de capite campi, cum
libero usu pasquorum, lignominum, acquarum
et piscacionum Mathesii in castris Pedimontis”
(D. Marrocco, Piedimonte, 1961).
Il bacino del lago è per origine un polje –
termine che indica una ampia valle carsica –
cui si oppone uno sbarramento artificiale per
tenerla colma d’acqua, rendendola sfruttabile
per la produzione dell’energia elettrica. È alimentato dallo scioglimento delle nevi delle
pendici circostanti e da sorgenti, alcune delle
quali sono perenni. L’impermeabilità relativa
che rende possibile l’esistenza del lago, è
dovuta ad uno strato tufaceo vulcanico, misto
a strati torbosi e detriti argillosi sul fondo della
depressione carsica.
Nel 1899 venne fondata a Napoli la
S.M.E. (Società Meridionale Elettricità), che
rilevò dal Credito ticinese, nel 1906, i diritti e
possessi sul Lago Matese e sui terreni limitrofi. I lavori iniziarono nel 1919 e nel 1923 la
produzione idroelettrica era già una realtà.
Fu in questi anni che vennero realizzate le
dighe per isolare gli inghiottitoi nei quali si
perdeva buona parte delle acque del lago.
Nel 1962 la S.M.E. venne nazionalizzata ed
accorpata nell’ENEL.
Questi inghiottitoi, o “culaturi”, portano
ancora oggi i nomi di “Scennerato” (negli
statuti comunali del quattrocento è riportato
con il nome di “sfonderato”, e già da allora
si sapeva che esso era collegato per vie sotterranee alle sorgenti del Torano); “Brecce”,
“Caporale”, “Bufalara”, tutti sulla sponda
sud del lago, mentre la maggior parte delle
sorgenti si trova sulla sponda opposta.
Particolare è l’isolotto detto “Montrone”
o “Monterone”, che d’estate, con il periodo
di secca, diventa una collinetta in mezzo ai
prati verdi, ed in inverno torna ad essere
un’isola nel lago. Nei suoi pressi una sorgente che spesso viene a trovarsi sotto il pelo
libero del lago.
Il lago Matese è navigabile, con piccole
imbarcazioni a remi. Lo scafo tradizionale è
però il lontro (dal latino linter), imbarcazione
a fondo piatto che viene condotta con
un’unica pertica, usata anche come ancoraggio per la sosta temporanea. Anticamente il
lontro era una specie di piroga a fondo piatto scavata in un sol tronco d’albero, lunga
circa due metri, larga una sessantina di centimetri e profonda una cinquantina. In tempi
più recenti, ed ancora oggi, i pescatori del
Matese e quelli che un tempo furono i cacciatori (che usavano i lontri per gli appostamenti nella caccia alle anatre), si autocostruiscono le loro imbarcazioni, con tecniche e
materiali diversi, con varianti più o meno
ingegnose, e soprattutto battezzando i propri lontri con nomi pittoreschi attinenti le
attività per cui essi sono stati realizzati, o
relativi ad aneddoti locali (un lontro fu chiamato “astema menata”, ovvero maledizione
lanciata contro coloro che avessero tentato il
furto o la manomissione dell’imbarcazione,
pratica molto diffusa).
Le acque del lago sono ricche di fauna
ittica: trote, tinche, carpe, lucci, Persici,
Scardole, Anguille e Alborelle. La pesca è
Nel Lago Matese è consentita
la pesca previa autorizzazione
del Parco Regionale del Matese
43
Strutture espositive del Parco
Regionale del Matese
al Belvedere di Miralago
Il Lontro,
imbarcazione
caratteristica
44
soggetta ad autorizzazione, oltre che della licenza di
pesca, ricadendo nel Parco Regionale del Matese.
La portata del lago è molto variabile, anche ora, che
gli inghiottitoi sono stati isolati, sia per l’acqua asportata
dall’Enel, che per la siccita d’estate, quasi si prosciuga.
Con la scioglimento delle nevi, si ha il massimo volume
(circa 14.875.000 metri cubi). Non ha un emissario visibile e, da sempre, si sa che il lago è collegato con il Torano
ed influirebbe anche sul fiume Biferno.
Il lago è quindi ancora oggi un bacino idroelettrico:
dalla saracinesca presso la cosiddetta “cabina”, l’acqua
viene immessa in due gallerie forzate che attraversano le
montagne sul lato meridionale; all’estremo delle gallerie
si innesta una condotta forzata che porta alle centrali di
Val Paterno e di Piedimonte Matese.
Nel 1905, Enrico Gaetani d’Aragona, rappresentante di
una nobile casata che vantava il possesso sul lago da oltre
500 anni, vendeva al Credito Ticinese (detto dai popolani
“Società Cinese”) la tenuta del Matese e il lago. Ciò non di
meno è rimasta aperta la questione che riguarda il fondo
del lago. Essendo la superficie coperta dall’acqua molto
variabile, fra estate ed inverno, fin dal 1823 nacquero
dispute sui diritti di queste terre, quando il duca Gaetani
non volle ammettere pascolo sulle sue adiacenze, ed ebbe
ragione per la zona da S. Maria a Monterone.
Risale al 1827 una planimetria redatta apposta per un
contenzioso amministrativo: la “Pianta Geometrica di
tutte le Terre Coloniche e Selve del Signor Duca di
Laurenzano, nonché delle Adiacenze del Lago nel piano
del Matese ed estensiva per i Locali Boscosi e Montuosi
del medesimo nello stesso Matese“. Nel 1855, innanzi a
400 contadini di San Gregorio, furono riconosciuti ai
Gaetani i due terzi del circuito del lago (eccetto la zona
da Valle dei ladri fino a Fosso di Capo di Campo).
Con Regio Decreto 9 marzo ‘24, anche il lago Matese
è parte del demanio, e quindi il fondo del lago scoperto
d’estate resta demaniale e per antico uso, dei comuni
rivieraschi (Piedimonte, Castello e San Gregorio), e dal
1980 è consuetudinariamente considerato: da quota
1.007 a 1.010 m diritto dei proprietari delle adiacenze; da
1.010 a 1.012 spetterebbe alla S.M.E. (oggi Enel, ndr),
che l’ha ceduto in fitto ai comuni rivieraschi per pascolo e
fienagione; dai 1.012 in su, è terreno coltivabile, regolarmente acquistato dai proprietari.
Il Lago Matese è un bacino
idroelettrico per la centrale di
Piedimonte Matese
In basso
Fondo Lago utilizzato come
pascolo dai pastori locali
45
IL VIVAIO FORESTALE DELLE CARBONIERE
Il vivaio è molto interessante
anche per attività di educazione ambientale e può essere oggetto di visita inoltrando
la richiesta allo STAP Foreste
Caserta via Arena
loc. S. Benedetto
81100 Caserta
fax 0823.554145
tel 0823.554131.
46
Sul colle detto delle “Carboniere”, (nel dialetto locale
craunere), dove in tempi non lontanissimi si armavano i
“catozzi” per la produzione del carbone e della carbonella,
sorge su un terreno concesso in uso dal Comune di Castello
del Matese alla Regione Campania, il vivaio forestale che
porta il nome della località. Esso è gestito dallo S.T.A.P.
Foreste di Caserta, per conto della Regione Campania.
Peculiarità di questo vivaio forestale è la presenza di campi
dimostrativi di abete rosso e agrifoglio, inoltre le piantine
che nascono qui sono già acclimatate, poiché nascono a
quota superiore a mille metri (1050 circa), e quindi predisposte ai rimboschimenti in quota. Ci troviamo infatti nella
fascia fitoclimatica (Pavari) di transizione tra il “Lauretum”
sottozona fredda e del “Castanetum” sottozona fredda, con
circa 1200 mm di precipitazione piovosa all’anno, in maggior parte tra l’inverno e la primavera.
Il vivaio “Carboniere” ha una estensione di diciassettemila metri quadri. La giacitura del vivaio è pianeggiante, il
terreno è di medio impasto, tendente all’argilloso, mediamente ferace con tessitura di origine alloctona. Qui vengono coltivate specie arboree destinate a imboschimenti forestali con specie autoctone: Abete bianco (Abies alba),
Abete greco (Abies cephalonica), Abete rosso (Abies picea
excelsa), Agrifoglio (Ilex aquifolium), Acero montano (Acer
pseudoplatanus), Carpino nero (Ostrya carpinifolia),
Castagno (Castanea sativa), Ciliegio amareno (Prunus
sapp.), Faggio (Fagus sylvatica), Gaggia (Robinia pseudoacacia), Liquidambar (Liquidambar styraciflua), Noce (Juglans
regia), Orniello (Fraxinus ornus), Ontano napoletano (Alnus
cordata), Pino mugho (Pinus mughus), Sorbo comune
(Sorbus domestica), Sorbo montano (Sorbus aria).
Inoltre sono coltivate alberature come Abete (Abies
supp.), Acero campestre (Acer campestre), Ippocastano
(Aesculus Hippocastanus), Maggiociondolo (Laburnum
anagyroides), e siepi di Alloro (Laurus nobilis) e Rosmarino
(Rosmarinus officinalis).
Gli operatori addetti curano la selezione dei semenzali, l’impianto in vaso o in “fitocella” (panetti di terreno sterilizzato contenuti in buste di plastica forata, e posti in
cassette), il diradamento delle piantine ed il successivo
trapianto in campo.
Sono anche impegnati nella difesa dei semi dall’attacco
degli animali che ne sono ghiotti: uccelli, roditori e - qualche volta – anche mammiferi un po’ più grandi.
IL SITO ARCHEOLOGICO DI CAPO DI CAMPO
La struttura emersa in località Capo di Campo –
Defenza di Castello del Matese (CE) è un importante
documento archeologico sia per la posizione che per la
ricostruzione dell’occupazione antica del matese. Ubicata
sullo stretto altipiano di Miralago lungo il ‘Regio tratturo’
che scendendo per il versante molisano, si collega al tratturo Pescasseroli-Candela, si presenta oggi come un edificio quadrangolare, con area di interesse di ca. 1000 mq.
Una ricognizione di superficie effettuata nel mese di
Aprile del 2010 da studenti e docenti dell’Università degli
Studi del Molise, ha consentito di definire l’area di occupazione della struttura e di recuperare materiale archeologico, consentendo una datazione seppur generica ad
epoca romana.
Nel successivo mese di settembre, con due convenzioni stipulate tra il comune di Castello del Matese e
l’Università degli Studi del Molise e la Soprintendenza
per i Beni Archeologici, hanno avuto inizio, sotto la direzione scientifica del prof. Gianluca Soricelli e del funzionario archeologo, dott. Enrico Angelo Stanco, le campagne di scavo.
Sono quindi venuti alla luce alcuni ambienti definiti da
una serie di muri grossomodo ortogonali, che delimitavano altrettanti differenti bacini stratigrafici; le strutture
murarie si conservano essenzialmente a livello delle fondazioni, mantenendosi in elevato solo per il primo filare o
poco più. In particolare si è potuto rilevare, attraverso lo
scavo di alcune buche moderne la presenza di più fasi
edilizie, delle quali è problematico fornire una datazione
assoluta allo stato attuale dello studio. La ceramica ritrovata in questi livelli ha un range cronologico abbastanza
ampio, che va dal I d.C. al III d.C.; i frammenti di vasellame ritrovato appartengono in particolare a forme aperte
e chiuse da mensa e da dispensa in ceramica comune o
da fuoco; spicca in particolare il numero di pentole con
tesa obliqua.
Per quanto concerne la funzione dell’edificio, solo il
prosieguo delle indagini archeologiche potrà meglio
chiarire se le strutture emerse si riferiscano ad ambienti
relativi ad una stazione di posta romana, dislocata lungo
una strada transappenninica localizzata sul ‘Regio
Tratturo’, ovvero un saltus, azienda agricola stagionale
legata alle attività pascolive che tra la tarda primavera e
l’estate si sviluppavano sui versanti del Matese.
47
IL REGIO TRATTURO
Il regio tratturo Pescasseroli - Candela lungo 208 km è
sicuramente una delle strade più antiche d' Italia, già percorso dalla preistoria, e regolato da antichissime leggi dall’epoca romana. Nel 1447 Alfonso I d’Aragona definì l’assetto dei cammini per la “mena delle pecore” dai monti
d’abruzzo ai pascoli in Puglia: cammini di proprietà demaniale con funzioni di pascolo e sosta durante il viaggio.
Come una specie di “autostrada per le pecore”, erano
definite anche le dimensioni: 111 m circa per i “tratturi”, 60 m ca per i “tratturelli”, 18 m
per i “bracci” minori. Un segmento di bretella di collegamento con il Tratturo Regio attraversa il Comune di Castello del Matese, in località “Vollanito” e “Capo di Campo”, con
ampiezza che raggiunge i 60 m. Il percorso costeggiava il Lago Matese fino alla fonte del
Corvo, poi seguiva per il passo del Perrone e da qui, per Campochiaro e Guardiaregia si
immetteva nell’asse principale. In questa bretella, dal Passo di Pretemorto (Miralago)
giungevano armenti passando per la “via del Matese”, da Piedimonte a Castello sulla
mulattiera, poi o per S. Gregorio per la salita delle “macce” (macchie) o per le Grassete,
per il passo dello “stincone” e Reale.
ITINERARIO LUDICO DIDATTICO “TORELLO”
Partendo dalla P.zza Cannavina,
nei cui pressi sono presenti impianti
sportivi e parchi giochi, si può percorrere una antica mulattiera che conduce alla collina detta “il Torello”, dal
quale si ridiscende verso la Cappella
dedicata a S. Antonio. Un bel colpo
d’occhio verso la valle dell’Inferno
regala spunti suggestivi per l’interpretazione del paesaggio e della natura
carsica dei luoghi. Non sarà improbabile anche scorgere le evoluzioni dell’aquila reale, che vi nidifica.
In località “mattèo”, poco prima
della cappella, si incrocia la strada di
“ciccone” che porta verso il “castagneto” e la valle Orsara (in dialetto
valleversana), raggiungibile in 15
minuti a piedi. Risalendo a sinistra si
attraversa
la
località
detta
“pàstene”, che offre l’opportunità di
rivivere la realtà rurale, osservando i
seminativi, i vigneti, gli uliveti.
Il percorso attraversa la provinciale e riporta giù verso la piazza,
con sosta al parco giochi.
48
NATURA EDUCAZIONE AMBIENTALE
Per informazioni:
[email protected]
tel. 320.2581632
338.9986286
Il Centro di Educazione Ambientale (CEA) di Castello
Matese è nato nel 1998 con una cooperativa di giovani
locali, grazie al sostegno del GAL Alto Casertano.
Fa parte della Rete regionale In.F.E.A., accreditato dal
Comune di Castello del Matese e si occupa di ambiente
e territorio del Parco del Matese.
Il territorio di Castello del Matese offre molti spunti
per le attività didattiche in natura, con percorsi sensoriali,
osservazioni faunistiche e vegetazionali, sulle tracce dell’aquila nella valle Orsara o del lupo a Monte Orso, minicorsi di orientamento con carta, bussola e altimetro, o più
approfonditi con l’utilizzo di navigatori gps da trekking, e
molto altro ancora.
Visite guidate sui sentieri del Parco che, partendo
dalla osservazione del territorio, diventano occasione di
esperienze di educazione ambientale; laboratori sperimentali con possibilità di un apprendimento multidisciplinare e multimediale, giochi, arte e musica in natura, ma
anche semplice relax consapevole, sono attività che pongono i partecipanti al centro di emozionanti esperienze.
Queste attività sono rivolte sia alle scuole di ogni ordine e grado che a gruppi di adulti, su prenotazione.
Poiana - (Buteo Buteo)
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ITINERARIO NATURALISTICO PANORAMICO
TREKKING AD ANELLO
MIRALAGO-STRADA DEL DIAVOLO-CAPO DI CAMPO-RENA ROSSA
Lunghezza percorso: 6 km circa
Tempo di percorrenza: 2 ore circa
Dislivello in salita: 200 m
Dislivello in discesa: 200 m
Quota max 1125m
Difficoltà E
50
Da Miralago, in direzione est-sud est, si imbocca un
sentierino a mezza costa del monte Giumenti, fino ad
incrociare la strada provinciale all’altezza del bivio per la
località Reale, poi il sentiero si articola sul lato sotto strada per circa un chilometro, fino all’imbocco della “strada
del diavolo”, prima del colle delle “Craunere”. Da qui si
discende in faggeta fino al guado del fosso vollanito, per
poi immettersi nell’antico tracciato del Regio Tratturo,
fino alla località Rena Rossa, dove si incontra il rifugio
comunale, e l’omonima sorgente. Il percorso riprende in
salita attraverso il bosco, fino a riportarsi sulla strada asfaltata e quindi, dopo la curva panoramica sul lago Matese,
si ritorna a Miralago.
TREKKING AD ANELLO
MIRALAGO – CARBONIERE – REALE – TASSITELLO
Lunghezza percorso:
8 km circa percorso rosso
3 km circa percorso blu
Tempo di percorrenza:
2 ore circa percorso rosso
3 ore circa percorso completo
Dislivello in salita:
150m percorso rosso
+ 250 m percorso completo
Dislivello in discesa:
150m percorso rosso
+ 250 m percorso completo
Quota max 1125m
Difficoltà E/EE
Da Miralago, si attraversa subito la strada provinciale e si prende il sentiero 145 nel bosco,
che dopo aver attraversato la strada comunale per Reale attraversa un rimboschimento forestale a mezza costa, per poi scendere nella valle del “Parco di Reale”. Quindi si circumnaviga la bella valle e si può scegliere se risalire subito per il sentiero che conduce al Vivaio
Forestale “Carboniere” e rientrare verso Miralago o se imboccare i sentieri che conducono
al Rifugio Tassitello. Questa parte del percorso è tuttavia consigliabile solo ad escursionisti
esperti, accompagnati da guide, poiché attraversa il tratto alto del “Vallone dell’Inferno”,
percorso più impegnativo ed aspro, che richiede buone capacità di orientamento ed esperienza nel trekking. Il Rifugio Tassitello è un rifugio comunale ad uso promiscuo, per l’escursionismo e per i pastori locali. Nel pianoro del Tassitello vi è anche una cisterna abbeveratoio per gli animali al pascolo ed un punto di ricovero per il bestiame, ma anche un’area attrezzata per gli escursionisti.
51
SECONDA STELLA A DESTRA… NOTTURNA AL MILETTO
Una delle escursioni estive
tradizionali del periodo a cavallo della notte di S.Lorenzo è per
i castellani la Notturna al
Miletto. I più allenati partivano
dal paese, passando per San
Gregorio Matese, svalicando il
Raspato ed attraversando il
Lago Matese, per portarsi
all’imbocco del sentiero in località S. Michele, nei pressi della
omonima chiesetta. Oggi, però,
la maggior parte degli escursionisti preferisce partire direttamente da quest’ultimo punto,
seguendo il sentiero CAI.
Il Miletto è la vetta più alta
del massiccio del Matese, sebbene la cima del monte ricada
in Molise, il sentiero è sul territorio del comune di San
Gregorio Matese. Esistono
anche altri sentieri che possono
essere percorsi per raggiungere
la vetta, ma quello consigliato
dal Club Alpino Italiano resta la
mulattiera da S. Michele.
Questa escursione si svolge di
solito in gruppo, con bivacco
notturno in attesa dell’alba.
Infatti dalla vetta, nelle giornate
terse, si vedono i due mari, tirreno ed adriatico, e si può
osservare il fenomeno per il
quale mentre in molise è già
giorno, in campania è ancora
notte ed il cielo evolve dal chiarore dell’alba fino all’oscurità sul
tirreno, dove riluccicano le luci
di Napoli e delle isole.
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Panorama dal Miletto verso
Campo dell’Arco e il Lago Matese
Lunghezza percorso:
6 km circa
tempo di percorrenza:
4 ore circa
Dislivello in salita:
1000 m
Dislivello in discesa:
1000 m
Quota max 2050
Difficoltà E/EE
TREKKING DA CAPO DI CAMPO A MONTE ORSO
Lunghezza percorso:
7 km circa fino al rifugio Monte
Orso
10 km circa percorso completo
Tempo di percorrenza:
4 ore fino al rifugio Monte Orso
6 ore percorso completo
Dislivello in salita: 500 m
Dislivello in discesa: 500 m
Quota max 1475m
Dal Tratturo Regio, si imbocca il sentiero 147-13I che
conduce al fosso del cerasiello ed al piccolo rifugio detto
di “Concone delle rose”, per poi inerpicarsi verso la grotta dell’Orso. Da qui il percorso si sovrappone in parte al
tracciato della pista di sci da fondo, fino a raggiungere il
rifugio CAI di Monte Orso prima, e il rifugio di Valle Santa
Maria dopo. Da qui è possibile raggiungere anche l’ultimo rifugio nella Piana dei Vallatari.
I rifugi di Monte Orso e Valle Santa Maria sono importanti punti di snodo turistico sia per gli sport invernali che
per il trekking. Da qui partono altri percorsi, verso la
Gallinola, verso gli abissi di Pozzo della Neve e Cul di
Bove (grotte che gli speleologi percorrono fino a profondità superiori a mille metri) e verso l’Oasi WWF di
Guardiaregia, all’altezza del Perrone.
Fosso del Cerasiello
Il Rifugio Monte Orso
53
TREKKING DA MONTE ORSO ALLA GALLINOLA PER IL PIANELLONE
Lunghezza percorso: 10 km circa
Tempo di percorrenza: 5 ore circa
Dislivello in salita: 600 m
Dislivello in discesa: irrilevante
Quota max 1923 m
Difficoltà E
54
Dal Rifugio CAI di Monte Orso si segue il sentiero 14813H per il Pianellone, bellissima valle carsica a circa 1400
m di quota. Da qui si svalica sul belvedere sul lago
Matese e si prosegue in cresta e mezza costa fino al Piano
della Corte, raggiungibile anche in auto dalla strada che
dal Perrone porta a Campitello Matese. Da qui si inerpica
verso la vetta della Gallinola, a quota 1923 m, il punto più
alto della Campania, in territorio di San Gregorio Matese.
ALTRI SPORT OUTDOOR
Nel periodo estivo, molti altri sport outdoor vengono
praticati: tiro con l’arco, parapendio, trekking a cavallo ed
in mountain bike. Per i più avventurosi si allestiscono percorsi acrobatici forestali o è possibile praticare il down hill
(solo in alcuni contesti), ma non mancano le strutture
sportive per gli sport più canonici come il calcio, calcio a
cinque, basket e volley.
55
SPORT INVERNALI E RIFUGI
Monte Orso è una nota località sciistica per il fondo.
L’anello di fondo ebbe l’omologazione CONI come pista
di tipo C per gare di livello nazionale. Il centro per il
fondo è servito da due rifugi, il primo è nella bella valle
Santa Maria, raggiungibile con la strada provinciale per
Campitello Matese, a soli 3 km dal bivio della sella del
Perrone; il secondo - Capanna sociale CAI rifugio Monte
Orso - raggiungibile a piedi a soli 700 metri di passeggiata nel bosco dal parcheggio del primo rifugio.
Nel comprensorio è possibile praticare, oltre allo sci di
fondo, lo sci fondo escursionismo e l’escursionismo con ciaspole, che negli ultimi anni sta riscoprendo un vero e proprio boom. Anche lo snowboard in fuoripista è apprezzato
dagli appassionati.
Gli itinerari preferiti, oltre all’anello di fondo ufficiale,
sono il Pianellone con affaccio dal belvedere sul lago
Matese, il giro delle “camerelle”, l’anello dei vallatari (che
sconfina fino in molise), la grotta dell’orso. I più esperti si
spingono fino alla Gallinola o ridiscendono fino al fosso
del Cerasiello.
56
Il centro per il fondo di Monte
Orso fu inaugurato nel 1996.
Complessivamente, dispone di
tre anelli della lunghezza di 2,5,
5 e 7,5 chilometri. A differenza
delle piste della vicina
Capracotta, più ripide e quindi
più aspre, il circuito di Monte
Orso presenta leggeri dislivelli,
salite e discese più dolci, che lo
rendono particolarmente interessante e piacevole.
Il Rifugio Valle di Santa Maria è di recente costruzione.
Inaugurato nel 2009, nasce come struttura per la gestione
del centro per il fondo. In primavera-estate ospita campi
scuola per ragazzi e gruppi scout. Viene utilizzato anche
come punto di appoggio per le associazioni locali per la
organizzazione di eventi.
Il rifugio - capanna sociale di Monte Orso
(41°24’45”,37-Nord – 14°28’09”,19-Est - Quota mt.
1.347) è gestito dalla sezione CAI di Piedimonte Matese
dal 20 gennaio 2010. Destinato come punto d’ appoggio
lungo gli itinerari escursionistici del Matese viene anche
utilizzato, come previsto dalla legge 776/1985, per facilitare l’attività del Soccorso Alpino e Speleologico. Nel
periodo estivo ospita attività culturali, didattiche e
ludiche, come i concerti di luglio.
Per informazioni:
Sez. CAI Piedimonte Matese
Via Sala n.2 Palazzo Ecomuseo
81016 San Potito Sannitico (CE)
[email protected]
www.caipiedimontematese.it
57
EVENTI
LA GIOSTRA
La festa della Giostra medioevale si svolge il primo
week-end del mese di agosto. L’evento vuole ricordare un
fatto realmente accaduto durante il feudalesimo e vede
coinvolta l’intera popolazione in sfilate in costume, tornei
e allestimenti di banchetti di quartiere.
Per l’occasione, il paese viene addobbato con
bandiere, fiaccole, festoni. Particolarmente caratteristico
è il Banchetto delle Contrade, che si svolge nelle
piazzette più nascoste di Castello in cui è possibile
gustare i piatti tipici della cucina castellana e matesina.
La manifestazione si apre con i concerti del venerdì,
l’apertura delle mostre, del mercatino e delle “locande”.
Le contrade animano con canti e danze la sera del sabato, vigilia della Giostra. La domenica infine si tiene la
Giostra: una disfida tra tre cavalieri rappresentanti delle
tre contrade di Castello (Contrada Torre, Contrada
Cavallo e Contrada Platano) finalizzata all’elezione del
podestà del castello.
Dopo il suggestivo cerimoniale, con il Corteo storico
accompagnato dagli sbandieratori, il Bando della Giostra,
la riconsegna dello stendardo da parte della contrada
detentrice, i tre cavalieri disputano in una gara di abilità e
destrezza, infilando degli anelli con una lancia, cavalcando il cavallo al galoppo. La contrada vincitrice designa il
podestà per l’anno in corso, fino al palio successivo, e
nella Piazza principale del paese viene affisso uno scudo
in ceramica con i colori della contrada.
La manifestazione è organizzata dall’Associazione
Culturale Cluvia, fondata nel 1994 da un gruppo di amici
legati alla cultura e alle tradizioni matesine che decisero
di dar vita a questo evento. Il grande successo della
manifestazione è dovuto anche alla straordinaria partecipazione delle tre contrade: quasi metà della popolazione
è coinvolta nell’organizzazione de “La Giostra”.
58
Informazioni:
Associazione culturale Cluvia:
[email protected]
335.6775712
329.2242742
320.5666942
La Giostra è su Facebook
FELONA E SONORA, NATURA, MUSICA E (G)ASTRONOMIA AD ALTA QUOTA
Dal nome di un famoso
album del 1973 del gruppo italiano di musica progressive Le
Orme, Felona e Sorona, l’associazione culturale “PETTI PENDII” ha tratto il nome, leggermente modificato in “Felona e
Sonora” della kermesse, fortunato connubio tra natura e cultura, che si svolge presso la
località Monte Orso nel mese di
agosto.
L’evento prevede concerti
outdoor in alta quota, escursioni ed altre attività sportive e di
animazione, mostre, workshop e
momenti di convivialità con
banchetti e degustazioni.
Musica e natura, suono e
silenzio. Emozioni che vengono
enfatizzate nell’aria fresca e
rarefatta dei tramonti a quota
oltre 1400 metri. Nella notte
priva di qualunque inquinamento luminoso risplendono le
costellazioni e il cielo viene solcato da sfavillanti stelle cadenti.
Per informazioni
[email protected]
334.1388893 - 346.6299821
Petti Pendii è su Facebook
59
CASTELLO ARTE FESTIVAL
È manifestazione artistica di più giorni finalizzata alla
compartecipazione della popolazione locale con gli artisti
provenienti da diverse parti d’Italia e del mondo.
La tre giorni ospita spettacoli musicali di genere diverso, che spaziano dal popolare al rock ed al concerto bandistico, e non mancano animazioni di strada e workshop
e laboratori con produzione di “arte ecologica” realizzata
con materiale di riciclo ed interventi d’arte pubblica
partecipata, ed incontri culturali.
L’evento si arricchisce anche attività di animazione
sportiva lungo le strade del paese, come esibizioni-gare
di Street Boulder (arrampicata libera su circuiti urbani),
escursioni e visite guidate.
60
FESTIVITA’ RELIGIOSE
8 maggio
28 maggio
9a domenica
dopo Pasqua
Venerdi successivo
13 giugno
26 luglio
14-15 agosto
8 settembre
26-27 settembre
11 novembre
S. Michele
S. Maria Immacolata
Corpus Domini
S. Cuore di Gesù
S. Antonio
S. Anna
S. Assunta
S. Maria di ogni Grazia
SS. Cosma e Damiano
S. Martino
Santi Cosma e Damiano
Chiesa di S. Croce
Altri eventi svolti a Castello:
Cinemadamare
Castello Rock
Matese Jazz
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PRODOTTI TIPICI
FORMAGGI DI PECORA
Caciotta fresca, Pecorino scamosciato, Pecorino stagionato, Pecorino
maturo, Ricotta fresca, Ricotta scamosciata, Caciottine sott’olio, Brigantelli;
le caciotte vengono spesso speziate
con il peperoncino, o con la “pimpinella” (erbe aromatiche come il timo
o la santoreggia).
FORMAGGI DI MUCCA
Treccia, Stracciata, Fior di Latte,
Scamorza scamosciata, Caciocavallo
scamosciato, Caciocavallo o Provola
stagionati, Mantecato del Matese,
Burrino;
CARNI E SALUMI
Maiale nero casertano e cinghiale, agnello e capretto, vitello.
Della salumeria tradizionale: capicollo, salsicce, pancetta, soppressata
ed il tipico “cazzu’ntontulu”.
PRODOTTI DA FORNO
Taralli all’olio d’oliva, pane
casereccio, caniscioni con verdura
o con le uova.
ALTRI PRODOTTI
Patate di montagna, fagioli,
noci, prodotti selvatici come le fragoline di bosco, la maggiorana,
l’origano, il timo, le castagne, i funghi ed i tartufi.
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GASTRONOMIA TIPICA
La gastronomia di Castello del Matese è di tradizione
tipicamente contadina, ricca di sapori semplici e genuini,
ma robusta e decisa nei sapori.
I primi piatti sono, in genere, a base di pasta fatta in
casa (cavati e laine), condita con legumi (fagioli, lenticchie), con i funghi (in particolare con i porcini) o sughi di
vari tipi di carne come maiale, agnello o castrato e formaggio pecorino. Molto diffusa è anche la polenta con
salsicce di maiale o con verdure e fagioli, e le zuppe di
fagioli con patate, pane sotto i fagioli, fagioli e castagne
e così via.
Le carni vengono in genere trattate tutte alla brace,
ma molto particolare è la “pezzata” (pecora bollita) e la
cacciagione al sugo piccante con cipolla. Diffuso anche
l’utilizzo di interiora come negli “abbuoti” (spiedini composti da involtini di interiora di agnello) o nel soffritto
(‘u zuffrittu).
Ogni stagione e ricorrenza ha le sue particolarità
gastronomiche, come il “piccillato” o le “cicole”, nel
periodo di macellazione e lavorazione del maiale; casatelli, caniscioni di pasta fatta in casa ripieni di verdura o prosciutto, uova, formaggi e cotti al forno a legna, nel periodo pasquale, la “menestra maritata” e la “sauza” (zucchine, peperoni e melanzane essiccati in estate e poi fritti e
conditi all’insalata con aglio, aceto e menta) nel periodo
natalizio.
In ogni stagione si gustano i taralli ed i formaggi,
accompagnati di regola da vino paesano.
Non vi è una grande tradizione di dolci, ma sono da
provare le “pastette”, biscotti da forno a legna di forma
romboidale; crostate con le marmellate dei frutti locali o
dei frutti di bosco; le chiacchiere e le castagnole a
Carnevale, le pastiere di grano o di riso a Pasqua, gli
struffoli a Natale.
Introvabili in commercio, ma non difficili da assaggiare, sono poi tutti i liquorini da infusione come il nocino, il
liquore al finocchietto, all’alloro, al basilico, lo sherry,
amari tipo cent’erbe, fragolino e liquori agli agrumi come
il limoncello, il liquore al mandarino o all’arancio.
Dai frutti spontanei si ricavano marmellate alla rosa
canina, fragole di bosco, lamponi, mirtilli, amarene, ecc.
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BIBLIOGRAFIA ILLUSTRATA
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