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Paola Campanella Castello del Matese L’Appennino in Campania Felix 1 Unione Europea PROGETTISTI ARCH. LUCIANO RICIGLIANO DOTT. AGR. LORETO PASCALE COLLABORAZIONE ARCH. ROBERTO GRANITTO DOTT.SSA GIULIANA CONTE ATTUAZIONE ARCH. SANDRO FURNO COOP. MATESE CULTURA E AMBIENTE CENTRO DI EDUCAZIONE AMBIENTALE CASTELLO DEL MATESE CENTRO DE ARTE LA REGENTA ASSOCIAZIONE AREA PENTRA ARCH. PAOLA CAMPANELLA ASOIM DOTT.SSA LORENA GOLVELLI ENNIO ROMANO CECARO TIPOGRAFIA LEGATORIA BANDISTA IP MOTIVE Incentivazione Attività Turistiche Misura 3.1.3. Progetto cofinanziato dall’Unione Europea POR Campania FESR 2007-2013 RINGRAZIAMENTI Si ringraziano: Prof. Aldo Capasso Ing. Giuseppe Campanella Prof. Maurizio Fraissinet Prof. Nicolino Lombardi per aver messo a disposizione foto e disegni utilizzati nella presente guida. Comune di Castello del Matese La tua Campania cresce in Europa 2 Indice 14 21 25 26 30 32 34 Itinerario storico architettonico e religioso Il Sentiero Italia e la via del Matese Il sentiero dei monaci La valle dell’inferno: valle Orsara le Grassete Pintime Jonte Miralago e il Lago Matese Il vivaio forestale delle Carboniere Il sito archeologico di Capo di Campo Il tratturo regio Itinerario ludico didattico “Torello” Natura ed educazione ambientale 36 37 38 42 46 47 48 48 49 Trekking ad anello Miralagostrada del diavolocapo di camporena rossa Trekking ad anello Miralagocarboniererealetassitello Seconda stella a destra… notturna al Miletto Trekking da capo di campo a monte Orso Trekking da monte Orso alla Gallinola per il Pianellone Altri sport outdoor Sport invernali e rifugi 50 51 52 53 54 55 56 La Giostra Felona e Sonora Castello Arte Festival Festività religiose ed altri eventi 58 59 60 61 Bibliografia illustrata 62 63 63 6465 Food Prodotti tipici Gastronomia tipica Eventi Il centro storico La chiesa di Santa Croce La chiesa di S.Maria delle Grazie La chiesa di San’Agostino La chiesa di Sant’Antonio La Cappella del Purgatorio La Grangia cistercense Itinerario naturalistico sportivo e didattico ludico Pag. 2 5 6 8 10 11 12 Itinerario naturalistico panoramico Credits Presentazione Introduzione Inquadramento geografico Come arrivare a Castello del Matese Strutture ricettive Mappa degli itinerari 3 4 Presentazione Questa guida, nasce dalla volontà dell’Amministrazione di perseguire l’incentivazione turistica attraverso una promozione coordinata utilizzando allo scopo gli specifici fondi. Il lavoro, grazie al contributo degli autori, ha senz’altro atteso alle aspettative centrando in pieno le finalità che si volevano raggiungere. Motivo dell’ottimo lavoro svolto è certamente dovuto alla ben nota passione degli autori incaricati, che con meticolosità e professionalità ci presentano il nostro territorio sotto una lente che amplia e caratterizza, che puntualizza e descrive, conducendo per mano il lettore attraverso sentieri inesplorati e distese sconosciute, restituendo un’appartenenza dimenticata o mai abbastanza pretesa. Il risultato ci ha fatto comprendere che affidare tale lavoro a giovani professionisti del Matese è stata la scelta giusta, infatti solo chi vive, passeggia, si arrampica o scala il Matese lo può conoscere a fondo mettendo in luce non solo le bellezze pur evidenti ma anche le asprezze e le difficoltà di un luogo incontaminato e inesplorato in molti tratti . Credo che questo lavoro, che ben si integra con tutto il progetto ideato per la promozione, valorizzazione ed incentivazione turistica di Castello del Matese, sia uno strumento prezioso ed utile, che va ad unirsi alle altre azioni strategiche poste in essere affinché si conosca e si apprezzi il valore di questi luoghi e di questa popolazione, dove il vivere sano è una regola non scritta, dove i sapori sono ancora quelli di un tempo, dove la bellezza dell’appennino meridionale si manifesta in tutto il suo splendore. Non di meno, probabilmente anche molti cittadini potranno con sorpresa scoprire o riscoprire alcuni aspetti del proprio paese, sotto una luce diversa attraverso approfondimenti tematici inediti. Dal lavoro svolto viene fuori Castello del Matese: una fortezza del Matese, una terrazza sul medio Volturno, un luogo ideale per vivere l’appennino in Campania Felix. Realizzata con il contributo della Comunità Europea e della Regione Campania, con fondi a valere sul PSR Campania - POR CAMPANIA FESR 2007 - 2013, vuole essere il compendio di tutte le informazioni utili al visitatore per vivere al meglio il soggiorno nel nostro Comune. Il Sindaco Ing. Antonio Montone di Vittorio 5 INTRODUZIONE Castello del Matese è uno dei più suggestivi paesi del Parco regionale del Matese. Posizionato proprio nel cuore dell’area protetta, è uno dei luoghi più visitato dell’intero comprensorio. Il centro urbano è arroccato su uno sperone terrazzato di roccia a 476 metri s.l.m. situato in posizione dominante sulla vallata del medio Volturno, con uno splendido colpo d’occhio su buona parte della Valle del Volturno e della Valle Telesina, fino alle ultime propaggini del Taburno e, sull’estremo orizzonte, del Vesuvio. Il paese sembra adagiato su una “terrazza” panoramica, un promontorio pianeggiante separato dalle montagne circostanti da due profondi orridi, la valle dell’Inferno ad est ed il vallone del Rivo ad ovest. 6 Veduta panoramica dal Monte Muto, sentiero dei monaci 7 INQUADRAMENTO GEOGRAFICO Castello del Matese è un comune della Provincia di Caserta situato a 41°21’ 58" di latitudine nord e 14°22’43,40" di longitudine est rispetto al meridiano fondamentale di Greenwich. Ricade a ridosso del confine tra Campania e Molise, dista 50 km da Caserta (capoluogo di Provincia), 80 km da Napoli (capoluogo di Regione) e 60 km da Campobasso in Molise. Posto a sud del territorio di San Gregorio Matese ed a Nord di quello di Piedimonte Matese, Castello confina ad ovest con la valle del Rivo, dove si erge il monte Cila, e ad est con quella che la tradizione popolare ha denominato la Valle dell’Inferno. Il territorio, assegnato in maniera definitiva al Comune solo nel 1853, consta di un centro abitato e di una seconda parte di territorio edificabile ed agricolo per un totale di 21, 48 km². Il terreno agricolo è diviso in dieci zone: Valle Orsara; Grassete; Arito; Aritello; Piana degli Astòri; Tagliaferro; Reale; Parte della Serra di Mezzo; Capo di Campo e Monte Porco che è accessibile da un antico tratturo sito in valle Orsara. Nell’ultima delle dieci zone, vale a dire Monte Porco, è attualmente funzionante un moderno impianto sportivo dedicato allo sci di fondo e ad attività sportive di alta montagna quali trekking, sci escursionismo, mountain bike e trekking a cavallo. Essendo il Comune di Castello un’antica fortezza, il centro storico è sviluppato lungo l’arteria principale che da quella che era la porta principale si estende fino al confine settentrionale del territorio del paese. Ivi un’altra porta chiudeva un muraglione megalitico che rappresentava unitamente a cinque torri di vedetta (di cui solo due ancora intatte), una valida difesa dai nemici provenienti da Sud. Solo negli ultimi anni la zona residenziale di Castello si sta sviluppando lungo il corso della strada provinciale 331 (ex statale 158 dir. Nord) che collega il comune di Castello con il Matese. Vallone dell’Inferno San Gregorio Matese Valle Orsara Le Grassete Centro urbano Castello del Matese Monte Cila (Insediamento Sannita) Piedimonte Matese 8 San Pasquale (Convento Francescano) Vallatari Pianellone Acqua di Santa Maria Monte Orso Valle Santa Maria Lago Matese Miralago Capo di Campo Reale Serra di Mezzo Tassitello Bocca della Selva Arito Castello del Matese Lat. 41°21’58” N Long. +14°55’35” E Quota Casa Comunale 476 mt s.l.m. Quota max territorio comunale 1600 mt.ca. (Monte Porco); Sup. Territoriale: 21,48 kmq N. abitanti 1476 9 COME ARRIVARE A CASTELLO DEL MATESE MEZZI PUBBLICI da Napoli e Caserta: Ferrovia Alifana - Metro Nord Est Campania tel. 0823.785 906 (piazza Stazione); - tel. 0823.543 411/ 0823.784 710 - (via Cimitero); tel. 0823.785 566 da Vairano Caianello: Autolinee Ferrazza - tel. 0823.911 838 / 0823.543 891 da Piedimonte Matese: Autolinee Ferrazza IN AUTO Dall’Autostrada A1 Roma-Napoli: uscita Caianello - SS372 Telesina direzione Benevento uscita Dragoni, a sinistra direzione Alife - Piedimonte Matese - Castello del Matese distanza km 35 tempo di percorrenza 45 min Da Caserta: direzione Caiazzo - Alife - Piedimonte Matese - Castello del Matese distanza km 45 tempo di percorrenza 50 min Da Benevento: SS88 - SS372 Telesina direzione Caianello, uscita Alvignano, a sinistra direzione Alife - Piedimonte Matese - Castello del Matese distanza km 65 tempo di percorrenza 1 ora e 20 min Da Isernia: SS85 direzione Venafro, uscita Capriati a Volturno, SS158 direzione Alife Piedimonte Matese - Castello del Matese distanza km 60 tempo di percorrenza 1 ora e 20 min Da Campobasso: SS87 - SS17 - SP164 direzione Guardiaregia - SS33 direzione Miralago S.Gregorio Matese - Castello del Matese distanza km 50 tempo di percorrenza 1 ora e 10 min 10 STRUTTURE RICETTIVE Numeri utili: CASTELLO DEL MATESE Guardia Medica tel. 0823.911 196 Hotel Miralago ****, loc. Miralago tel. 0823 919 315 - 0823 919 319 [email protected] - www.hmiralago.it Rifugio le Janare, ristorante - B&B, loc. Miralago - Tel. 0823 919 209 - 366 4939345, [email protected] Agriturismo Falode, loc. Acqua S. Maria con posti letto, agricampeggio, aree attrezzate pic nic; Tel. 0823 919 233 - 0823 919 265, [email protected] Ristorante - Pizzeria Antico Barilotto, Via Matese, Tel. 0823 786 232 Ristorante Pizzeria Abbate, Via Matese (P.zza Cannavina), Tel. 0823 784 427 Ristorante Faiella, Via Matese 158/D, Tel. 0823 912 361 Ospedale A. G. P. Piedimonte Matese tel. 0823.544 111 Farmacia Santagata Rossella Castello del Matese tel. 0823.913 922 Via Matese, 22 Carabinieri S. Gregorio Matese tel. 0823 919 187 Piedimonte Matese tel. 0823.911 550 / 786 050 Corpo Forestale dello Stato S. Gregorio Matese tel. 0823.919 116 Piedimonte Matese tel. 0823.911 510 Ristorante Pizzeria Bar Del Capitano Via San Marco, Tel. 328 8747425 Ufficio Postale Castello del Matese Piazza Roma tel. 0823.911 034 STRUTTURE PUBBLICHE Comune di Castello del Matese Piazza Municipio, 1 CAP 81010 tel 0823 784 684 - fax 0823 784 509 - Centro di aggregazione “F. Montone”, P.zza Roma - Centro studi carsismo - Parco Regionale del Matese P.zza Municipio - Info point - loc. Miralago - Info point - via Matese - Sala polivalente per attività musicale ex chiesa di S. Agostino - via S. Agostino - Biblioteca Comunale - P.zza Municipio/P.zza Roma - Centro aggregazione per anziani - P.zza Municipio - Centro sportivo “I. Pastore”, via Cluvia - Centro per lo sci da fondo Rifugio Valle S. Maria loc. Monte Orso - Capanna Sociale Rifugio Monte Orso gestione Club Alpino Italiano sez. di Piedimonte Matese, [email protected] 11 MAPPA DEGLI ITINERARI ITINERARIO STORICO ARCHITETTONICO E RELIGIOSO Il centro storico e le sue chiese Le torri, le murazioni, la difesa della “Terra di Piedimonte” La grangia cistercense ITINERARIO NATURALISTICO SPORTIVO E DIDATTICO LUDICO Il Sentiero Italia e la via del Matese Il sentiero dei monaci La valle Orsara, le Grassete, le Pintime jonte Il vivaio forestale delle “Craunere” e la serra di Mezzo Il sito archeologico di Campo Maiuri Miralago e il lago Matese ITINERARIO NATURALISTICO PANORAMICO Sci nordico, sci escursionismo, ciaspole, rifugi. Trekking da capo di campo a Monte Orso Trekking da Monte Orso alla Gallinola per il Pianellone Trekking ad anello Miralago Craunere - Reale - Tassitello Trekking ad anello Miralago strada del diavolo - Capo di campo - Rena Rossa 12 Pagg. 14 - 35 Pagg. 50 - 57 Pagg. 36 - 49 13 ITINERARIO STORICO ARCHITETTONICO LEGENDA 1 P.zza Campo 2 Mastio 3 Complesso Agostiniano 4 Torre piccola 5 Piazza Roma 6 Chiesa di S. Antonio 7 Chiesa Santa Croce 8 Chiesa S. Maria delle Grazie 9 Chiesa del Purgatorio P Parcheggio Punto panoramico 14 IL CENTRO STORICO Il centro antico è fondato su resti di un insediamento sannita, posto strategicamente sulla strada che collegava due delle principali sedi della tribù dei Sanniti Pentri: Allifae (Alife) e Bovianum (Boiano). L’attuale Castello del Matese, già Castello d’Alife, fu quindi abitata già in epoca sannitica, in stretta connessione con l’insediamento di Allifae, sito sul prospiciente Monte Cila. Di questo periodo restano dei brani di mura megalitiche a base della murazione normanna e lungo la mulattiere seicentesca del “muro rotto”, che collegava il borgo con il quartiere San Giovanni a Piedimonte. Dopo le tre guerre sannitiche, che vide questo popolo soccombere ai romani, la collina perse la funzione strategica di difesa, poiché l’Impero Romano era ormai così esteso da garantire in queste terre, fino ad allora teatro di sanguinose battaglie, un lungo periodo di pace. Le popolazioni tesero quindi ad abitare la pianura alifana, suddivisa secondo le regole della “centuriazione”; questo giustifica la scarsità di testimonianze della civiltà romana nell’area castellana. Il centro storico è caratterizzato da un tessuto tipicamente medioevale, evidente sia nel tracciato urbanistico che nella presenza delle due torri (il Mastio e la torre piccola) lungo la parte di murazione di epoca normanna. Intorno all’anno mille, con la nascita della “Terra di Piedimonte” distaccatasi dalla Alife, prima romana e poi longobarda, nacque l’esigenza di difendere il quartiere S. Giovanni da possibili attacchi dall’alto. Pertanto sul preesistente insediamento sannita si eressero le fortificazioni che diedero anche il nome di Castello. Le cinque torri che dall’alto della terrazza di Castello vigilavano sulle valli circostanti rappresentavano una vera e propria roccaforte insormontabile per qualsiasi nemico, per questo Castello divenne l’ultimo baluardo e rifugio degli abitanti delle pianure circostanti. Durante il Medioevo e più precisamente durante l’epoca Normanna Castello fu assediato per ben due volte: nella prima (1229) la resistenza dei castellani fu premiata dall’abbandono dell’assedio da parte delle truppe nemiche mentre nella seconda (1460) la resistenza, se pur strenua ed eroica fu vana. Nella prima delle due sortite offensive le mura di Castello diedero asilo e sicuro domicilio al ghibellino Tommaso D’Aquino veemente perseguitato dall’esercito guelfo. Nel secondo attacco, datato 1460, le mura di Castello non bastarono a difendere il conte di Fondi Antonio Gaetani ribelle a Ferdinando I di Aragona, infatti la grandiosa e memorabile difesa schierata dai cittadini di Castello fu piegata dall’esercito reale di Ferdinando I. Il decumano principale dalla Porta Roma Targa commemorativa con i versi del poeta E.A. Mario posta in P.zza Roma 15 La torre grande, il mastio, ultimo rifugio difensivo durante gli assedi, fu usata anche come serbatoio per l’acquedotto comunale. Oggi definitivamente rivalutata nel suo ruolo di monumento storico. 16 Mastio e Torr a ol picc o Compless o Agostinian Chiesa S. Croce Chiesa S. Maria delle Grazie i sa d Chie icola S. N Panoramica d’epoca dal Monte Cila Di cinque torri originarie ne restano due; la più piccola presenta una merlatura aggiunta posteriormente, mentre la torre grande rivela nelle sue fondazioni brani delle mura megalitiche preromane. A sud una antichissima mulattiera con gradoni e lastrico in pietra calcarea -in alcuni punti roccia viva- collegava il “Castello” con il quartiere S. Giovanni, sede un tempo del potere amministrativo della “Terra di Piedimonte”. Seguirono le invasioni barbariche, che videro anche il passaggio delle truppe di Annibale, e successivamente l’invasione longobarda nel 570 con il Duca Zottone, che scendendo dal nord a sorpresa lungo la via adriatica invece che per la via latina, conquistò Benevento, facendone la capitale della “Longobardia Minore”. Il territorio di Castello si trovò quindi compreso nel Ducato di Benevento. Intorno al XII secolo, dopo che i Normanni ebbero soppiantato i Longobardi, e a seguito delle ripetute scorrerie di Saraceni, feroci predoni provenienti dall’Emirato di Bari che mettevano a ferro e fuoco tutti gli insediamenti che incontravano sul loro cammino saccheggiando e trucidando, ritornò l’esigenza di difendersi. Si ebbe il cosiddetto fenomeno dell’“incastellamento”, e quindi della costruzione di fortificazioni che lasciano come loro testimonianza tutti i castelli dell’area matesina (Castello del Matese, fortificazione di Piedimonte, Rupecanina, Castello di Gioia, Castello di Faicchio, Castello di Prata Sannita, Castello di Letino, Castello di Pietravairano, etc.). Queste fortificazioni trovarono, naturalmente, ubicazione in quei siti che già avevano dimostrato la loro efficacia strategica nella difesa del territorio già al tempo dei sanniti, quindi sui resti delle possenti mura megalitiche vennero erette le nuove fortificazioni, le quali non potevano trovare migliori fondazioni. La torre piccola prima delle merlature Il mastio prima dei lavori di restauro della Soprintendenza 17 Questo periodo coincide con la fondazione della cosiddetta “Terra di Piedimonte”, che aveva il suo cuore nell’attuale quartiere di S. Giovanni di Piedimonte Matese, dove vi era il Palazzo Ducale e la sede del potere amministrativo di questa “Terra”, che comprendeva territorialmente anche quattro casali, tra i quali Castello. Il territorio comprendeva grande parte del Matese attorno al Lago e la fascia collinare dalla Valle Paterno fino a Sepicciano e confinava con il territorio di Alife e quello di Rupe Canina. Il cuore della Terra era protetto a valle da grandi mura che cadevano a strapiombo sul fiume Torano, e sui due lati da profondi e pressoché invalicabili valloni (i già sopra detti vallone del Rivo e Valle dell’Inferno). L’unico punto debole era a monte, essendo il centro situato ai piedi della collina, per cui passando da Castello sarebbe stato fin troppo facile attaccare la città da una posizione addirittura favorevole (dall’alto verso il basso). Di qui la necessità di concepire la fortificazione di Castello come difesa di Piedimonte non tanto da attacchi provenienti dal basso, quanto dall’alto, ovvero sul versante tra Monte Cila e San Gregorio Matese. Quartiere S. Giovanni, cuore della “Terra di Piedimonte” disegno di Ing. Giuseppe Campanella 18 La mulattiera Piedimonte-Castello ancora oggi chiamata STRADA PER IL MATESE rappresentava l’unica via, non solo di comunicazione, ma anche militare, che collegava la piana alifana con il Sannio pentro di Sepino e Bojano, sul versante molisano del Matese. 19 Scorcio del decumano principale con vista sullo sfondo del convento di S. Maria Occorrevole, convento francescano. In basso Porta Roma disegno di Aldo Capasso, 1960 20 All’interno di questa fortificazione si sviluppò quindi il tessuto medioevale, che è rimasto pressoché intatto fino ad oggi. Esso è strutturato con un asse principale -decumano- che dalla porta Roma conduce fino alla piazza della Chiesa madre. Da questa via principale si dipartono una serie di viuzze e di caratteristici “suppigni” (strade coperte da abitazioni a ponte) che si ramificano seguendo l’andamento altimetrico del colle secondo un tessuto medioevale classico. A tre quarti circa dello sviluppo del decumano questo si biforca con la strada che conduceva a Piedimonte, la mulattiera per S. Giovanni, per secoli la via principale di accesso al paese, utilizzata anche come “via crucis”. Lungo questo percorso si incontrano due cappelle con affreschi che venivano utilizzate come luogo di preghiera, ma anche di sosta dei viandanti. A monte della mulattiera, il primo edificio che si incontra di Castello è la graziosa “chiesetta del Purgatorio”, che custodisce un pavimento in maiolica del ‘700 ed immette nel quartiere “murorotto” (nel dialetto locale: il merrutto). LA CHIESA DI SANTA CROCE Fu eretta nel X secolo e ricostruita nel 1691 in stile barocco dopo il terremoto del 1688 che ne causò il crollo. Fu consacrata nel 1694 da Monsignor De Lazara, La facciata è piuttosto semplice e presenta bei portali. L'interno a tre navate, presenta pregevoli opere barocche e tardo barocche, domina dietro l'altare maggiore un affresco del Bocchetti raffigurante l'Esaltazione della Croce; sul pavimento sono visibili lastre di antichi sepolcri, alcuni decorati con stemmi gentilizi, come recita la lapide posta sul primo pilastro da sinistra: “BASILICA USTA AB ILL.MO ET R.MO D.NO DON JOSEPH DE LAZARA E(pisco)PO AL(i)PH(an)O CONSECRATA / DIE XVI MAJI 1694 IUL. ANT. CICCARELLUS PRO SUA DEVOTIONE EREXIT LAPIDEM HUNC”. Prime notizie della Collegiata di Santa Croce si rinvengono nei documenti del Vescovo Sanfelice, risalenti al 1417, ed in particolare in un regolamento, nel quale il Castello di Piedimonte veniva organizzato in una parrocchia collegiale. Dagli scritti del Prof. Marrocco, storico locale, non è chiaro se vennero riuniti i diversi preti nella chiesa locale, o se invece vennero riuniti preti provenienti da chiese diverse. I SANTI COSMA E DAMIANO Noti come santi medici, ritenuti dalla tradizione due gemelli di origine araba, medici in Siria e martiri sotto l’impero di Diocleziano. Erano in grado di operare prodigiose “guarigioni” e “miracoli” e la loro azione era completamente gratuita nei confronti di tutti, da qui l’appellativo “Anàrgiri” (dal greco anargyroi, senza denaro). Appresero l’arte medica nella provincia romana di Siria, praticarono la loro professione in Cilicia. Uno dei loro più celebri miracoli, fu quello di aver sostituito la gamba ulcerata di un loro paziente con quella di un etiope morto di recente. Durante le persecuzioni dei cristiani promosse da Diocleziano (284 - 305) furono arrestati, martirizzati e infine decapitati, nei pressi di Antiochia. Il loro culto è particolarmente caro ai fedeli di Castello del Matese, che ne vollero delle statue, nel settecento. In particolare la prima statua fu quella di S. Cosma, che nel medaglione che porta sul petto offre alla devozione la reliquia donata dal Vescovo di Firenze Pier Paolo de’ Medici, presule in Alife nel 1639. La statua di San Damiano, in cartapesta, fu aggiunta in un secondo momento. Santi Cosma e Damiano raffigurati in una vetrata artistica della chiesa 21 Il Crocifisso è inserito in un dossale in stucco, riccamente decorato e con angeli che mostrano simboli della Crocifissione. A giudicare da alcuni elementi quali i volti e le capigliature degli angeli o la forma peculiare del timpano spezzato, l’impianto decorativo potrebbe non essere coevo alla scultura. L’altare con il Crocifisso, scultura lignea policroma, è posto nella prima cappella della navata destra, speculare al fonte battesimale nella navata sinistra. L’opera, anonima, è databile tra il XVII e il XVIII secolo, sebbene mostri interventi successivi di restauro, e probabili integrazioni. Evidente l’influenza dell’arte devozionale spagnola , carica di un intenso patetismo, con esaltazione della sofferenza. Il corpo del Cristo presenta scelte espressive con sangue e sudore copioso del quale sono impregnati anche i capelli. Il volto del Cristo morto appare disteso e in una sofferta accettazione della fine. Caratteristica la minuta descrizione di particolari naturalistici come lo stesso copricapo a casco, atipico rispetto alla rappresentazione iconografica universalmente più diffusa. “una sorta di cesta con molte spine lunghe e acute, calcata sulla testa del Salvatore con bastoni, per non ferirsi le mani”. Nel cartiglio posto al di sopra il corpo del Cristo, la frase “Gesù di Nazareth Re dei Giudei” in ebraico, in greco e in latino. 22 L’ impianto è a tre navate, di cui la centrale più alta rispetto alle laterali, come si evince anche dalla disadorna facciata. I tre portali d’ingresso sono sormontati da timpani spezzati: curvilinei con stemmi coronati i laterali, triangolare che incornicia una croce, il centrale. Il corpo centrale termina in alto con un timpano, che si collega ai lati con delle volute di raccordo. Lungo le navate laterali una serie di altari addossati alle pareti delle navate. A lato del presbiterio si aprono la Cappella dell’Assunta a destra e quella del Sacramento a sinistra. Imboccando la navata destra, il primo altare è quello del Crocefisso, seguito da quello dell’Addolorata, di Sant’Anna, di Sant’Espedito e della Immacolata. Sul fondo della navata, la cappella dell’Assunta, con a destra la nicchia di San Massimo. Diametralmente opposto all’altare del Crocefisso, all’inizio della navata sinistra, vi è il fonte battesimale. Subito dopo il primo degli altari, dedicato ai santi medici Cosma e Damiano, seguito da quelli dedicati a San Giuseppe, al Sacro Cuore di Gesù, a San Nicola, per finire, in fondo, con la Cappella del Pianta della Chiesa di Santa Croce Sacramento, nella quale è posto un dipinto raffigurante l’Ultima Cena, rinnovato nel 1869, insieme a tutta la cappella, dalla Congrega di carità. Nel pavimento si conservano ancora tracce del pavimento maiolicato antico, sebbene si notino interventi recenti di sostituzione con mattonelle più moderne. Alcune greche decorate incorniciano le lastre dei sepolcreti. Dietro l’altare maggiore, a delimitare la cantoria con l’organo a canne, una bella balustra in legno, ma il coro ligneo più antico fu smontato nel corso degli ultimi decenni. Al centro dello spazio sopra la balaustra, tra le canne dell’organo, in una struttura decorativa di gusto neoclassico, con timpano triangolare al di sopra di un cornicione aggettante, l’affresco con la scena dell’”Invenzione della vera Croce”. L’ULTIMA CENA. Di ispirazione caravaggesca, con influenze dal dal pittoricismo al neovenetismo, alla corrente romano-bolognese, con ricchezza di colori, nel rispetto della tradizione naturalistica e con forte espressività dei volti, la scena rappresenta il momento in cui Gesù prevede il tradimento, tra lo stupore degli apostoli. Come nel Vangelo di Giovanni, Pietro non guarda il Cristo, ma è rivolto verso Giovanni, il quale appare addolorato dopo aver chiesto a Gesù a chi si riferisse. Nella drammaticità della scena enfatizzata dai chiaroscuri, il Cristo, al centro della scena, promana luce divina benedicendo il pane. Il quadro è inserito in un altare con colonnato ligneo a tutto tondo con capitelli corinzi e cornicione soprastante, con decoro dentellato. Al di sopra un timpano spezzato che richiama quelli sui portali di ingresso. Al centro del timpano una scultura a rilievo con il Padre Eterno che regge una sfera , che simboleggia probabilmente il mondo, con la mano sinistra. 23 Nella scena dell’affresco sull’altare maggiore è rappresentata la donna ammalata, ai piedi della croce, mentre riceve la benedizione del vescovo. Sul fondo è ritratta, molto probabilmente, Sant’Elena. opera attribuita a Gaetano Bocchetti (1888-1990), noto pittore figurativo napoletano, che corona un ciclo di affreschi che iniziano sulle volte della navata centrale, raffiguranti in una successione di tondi “l’Esaltazione della Croce”. Nella progressione dall’ingresso verso l’altare, fino all’arco trionfale sul quale è riportato il saluto “O crux ave spes unica” (Salve Croce, fonte di speranza), viene raffigurata l’Orazione nell’orto, la salita al Calvario, l’incontro di Gesù con le donne di Gerusalemme e l’episodio della Veronica. Nei tondi quarto e quinto la deposizione della Croce e la scena con le Marie al sepolcro. L’invenzione della vera Croce (1837) Secondo Socrate Scolastico (Costantinopoli, 380 - 440 circa. Teologo, avvocato e storico della Chiesa dell'impero romano d’Oriente) Elena, madre di Costantino I, ordinò la distruzione del tempio pagano eretto sopra il Sepolcro, rinvenendo tre croci. Il Vescovo di Gerusalemme, Macario, pose le tre croci, una per volta, sul corpo di una donna gravemente inferma. Quando toccò la terza croce, per miracolo, la donna guarì, consentendo così di riconoscere la croce del Cristo dalle altre due. Sempre secondo il Socrate, vennero rinvenuti anche i chiodi della crocifissione, e questi sarebbero stati inviati da Elena a Costantinopoli, dove vennero inseriti dell’elmo di Costantino ed uno utilizzato per farne il morso del suo cavallo. Un ultimo chiodo sarebbe stato posto all’interno della corona di ferro, oggi preservata nel Duomo di Monza. 24 LA CHIESA DI S. MARIA DI OGNI GRAZIA Del XVIII secolo, è dedicata all’Arcangelo Gabriele, e presenta bei decori con stucchi Barocchi. Tra le due chiese sorgono due campanili, uno, il più alto, a base quadrata e l’altro con copertura a maioliche policrome di vaga ispirazione araba. La piazza antistante, sul quale affaccia anche la Chiesa Madre della Santa Croce, di recente è stata intestata a Don Giuseppe Manzo, storico parroco del paese. Le attività religiose sono state sempre molto intense, soprattutto grazie a organizzazioni popolari di tipo religioso, come la “Confraternita di Santa Maria di ogni grazia”, fondata nel 1650, la “Confraternita del Sacramento”, la “Confraternita del Rosario e Santa Maria della Vittoria” nel XVIII sec., la “Confraternita della Misericordia” risalente al 1921, il “Monte dei Pegni”, la “Cappella del Santissimo”, la “Cappella del Rosario”, e la “Casa degli infermi”, un piccolo ospedale. La chiesa di Santa Maria di Ogni Grazia, con la torre campanaria attraversata dalla strada comunale. 25 CHIESA DI S. AGOSTINO Risalente al XVIII secolo, situata a sud delle due torri, contigua all'ex-convento dei Padri Agostiniani (oggi adibito a Sede del Municipio), con coro su colonnato, presenta affreschi di grande suggestione. All’esterno la costruzione appare molto semplice e - a tratti - disarmonica, probabilmente a causa di modifiche e contaminazioni susseguitesi nel tempo. La copertura della navata centrale è a due falde, ed emerge rispetto alle cappelle laterali che la fiancheggiano. Nella muratura laterale della navata si aprono, al di sopra della copertura delle due cappelle, dei finestroni dal profilo barocco in corrispondenza dei quali il tetto si solleva formando degli abbaini. All’interno corrispondono dei pennacchi che si innestano nella volta principale sollevandone il profilo. Sant’Agostino nello studio (1480) Sandro Botticelli Chiesa di Ognissanti - Firenze Nato in Africa a Tagaste, nella Numidia (oggi Souk-Ahras in Algeria) il 13 novembre 354 da una famiglia modesta. Di educazione cristiana, dopo aver letto l'Ortensio di Cicerone abbracciò la filosofia aderendo al manicheismo. Nel 387, a Milano, conobbe Sant’Ambrogio e da questi ricevette il battesimo. Ritornato in Africa con il desiderio di creare una comunità di monaci, venne ordinato sacerdote e vescovo ad Ippona. Le sue opere teologiche e filosofiche hanno valso ad Agostino il titolo di Dottore della Chiesa. Tra i testi più famosi le “Confessioni” e la “Città di Dio”. Morì ad Ippona, assediata dai Vandali, il 28 agosto 430 all'età di 76 anni.L’edificio, oggi proprietà comunale, è stato destinato a sala polivalente per attività musicale, con intervento finanziato dalla Comunità Europea (PSR Campania 2007/2013 Asse 1 obiettivo operativo 1.7.b Edifici pubblici sicuri). 26 Pianta del Complesso Agostiniano piano rialzato Il suo organismo si compone di una navata unica coperta a volta, impostata su poderose mura portanti laterali nelle quali si aprono due cappelle a destra e due a sinistra. Le cappelle altro non sono che grandi vuoti nella muratura, coperte con volte a botte e comunicanti con la sala centrale mediante arcate a tutto sesto. All’ingresso un matroneo impostato su di un arco a sesto fortemente ribassato, sorretto al centro da due colonne a profilo rastremato e impostato all’estremità contro la muratura principale. In fondo un coro di notevole profondità si protende, al di là dell’arco di trionfo, anch’esso coperto a volta. Le cappelle laterali sono a fondo cieco e comunicano l’una all’altra attraverso piccoli varchi che individuano un percorso laterale dando luogo quasi ad un cenno di continuità, come quello di navate laterali percorribili in senso longitudinale, parallelamente alla navata centrale, sebbene non si possa certo parlare di navate laterali. Le coperture delle cappelle laterali originarie sono state purtroppo sostituite con solai moderni. In corrispondenza dei maschi murari sui quali scaricano le arcate principali delle volte sono ancora visibili dei contrafforti con funzione di contenimento delle spinte, alcuni dei quali però risultano crollati o demoliti. 27 Interni della chiesa di S. Agostino 28 L’organismo si completa con un percorso coperto ancora con volta a botte a sinistra del coro e di una grande sala (un tempo sacrestia) coperta con volta a schifo. Ai fianchi dell’ingresso due piccoli vani erano un tempo la base della torretta campanaria (sul lato destro) e il vano scala per l’accesso al matroneo (sul lato sinistro). La chiesa è ornata da membrature, lesene, colonne, cornici, profili di arcate, capitelli, medaglioni e stucchi che sottolineano e modulano con cura e fantasia tutti gli spigoli tra i vari piani murari. Nelle specchiature comprese tra le partiture ornamentali alcuni accenni di decorazione pittorica a vivaci colori possono apparire incongrui e pacchiani, ma gli stucchi denotano una grande capacità di invenzione formale e una notevole abilità delle maestranze dell’epoca, mostrando un interessante esempio della cultura plastico-architettonica del primo settecento. Gli altari, sia quello principale che quelli delle cappelle laterali, sono in marmo intarsiato multicolore, abbastanza interessanti. La facciata posteriore è semplice, nuda, disadorna, mentre la facciata principale è arricchita dalla torretta campanaria, da un grande finestrone a profilo mistilineo di chiaro sapore barocco, riccamente decorato al suo interno, e da un loggiato posto ad una quota di circa tre metri rispetto alla via S. Agostino sulla quale vi è l’accesso. Sebbene appartenente all’epoca neoclassica, il suo interno è tutto risolto con un gusto e un sapore che ha ancora del barocco. 29 CHIESA DI S. ANTONIO Vetrata artistica in facciata con rappresentazione iconografica del Santo Fu realizzata nel XVIII secolo. La piccola chiesa è a navata unica, di forma irregolare. Sulla volta sono raffigurate scene della vita di S. Antonio. La statua del santo è posta sull’altare principale. Un piccolo pulpito ligneo fa bella mostra sulla parete destra, e in luogo di cappelle laterali, nelle pareti sono ricavate delle nicchie protette da vetrine, nelle quali sono esposte altre rappresentazioni scultoree oggetto di venerazione dei fedeli. Il portale centrale è sormontato da un rosone, una finestra rinascimentale ed un orologio; di recente ne è stato restaurato l’affresco in facciata raffigurante il Santo Antonio Abate. La chiesa da il nome alla piazzetta antistante e confina sul lato destro con uno dei caratteristici “suppigni” (strade coperte), che conduce verso il quartiere detto “montincello”. Pianta Chiesa di Sant’Antonio Navata centrale della Chiesa di Sant’Antonio 30 Facciata della Chiesa di Sant’Antonio 31 Pianta della Cappella del Purgatorio CAPPELLA DEL PURGATORIO Pavimento maiolicato 1775, “la morte con la falce e la clessidra” 32 La Cappella del Purgatorio si trova nella parte bassa del centro storico di Castello del Matese, all’imbocco del sentiero che da Castello porta a Piedimonte Matese, la cosiddetta “vecchia mulattiera”. La chiesetta custodisce un pavimento in maiolica risalente al Settecento, recante, nella parte centrale verso l’altare, la raffigurazione della morte con falce e clessidra, datata 1755 e firmata da un tale Buiano, recante la scritta in latino “Ero mors tua onors”. L’impianto della chiesetta è molto semplice, un unico ambiente curvilineo racchiude la parte centrale, adibita al culto religioso che accoglie i fedeli, in cui all’occorrenza vengono disposte le panche lignee, e una parte lievemente rialzata nella zona di fronte l’ingresso, adibita ad altare per l’ufficio dei riti religiosi. Le pareti sono decorate con lesene e cornici ornate di fregi in stucco bianco; inoltre, lungo le pareti, si aprono quattro nicchie sovrastate da altrettanti archi, che custodiscono statue sacre. Le opere d’arte custodite all’interno della Cappella sono costituite dal pavimento maiolicato settecentesco, che occupa tutta la pavimentazione ad eccezione di un’area quadrangolare centrale in cemento battuto, e un affresco posto alle spalle dell’altare che raffigura le anime del purgatorio tra le fiamme. In un altro affresco laterale la Madonna col Bambino. Altre opere pittoriche raffigurano la nascita e la presentazione del Bambin Gesù. Sulla facciata principale, abbellita con un portale in stucco dal disegno settecentesco, sono presenti due lastre in marmo su cui è incisa la figura di un teschio e l’espressione “quel che tu sei io lo fui, quel che io sono tu lo sarai. A ricordo di Carrizzo Antonio”. La Cappella è aperta in occasione della festa di San Martino, che ricorre l’11 novembre di ogni anno, e viene allestita in tale circostanza anche l’area esterna alla cappella, che presenta una vista spettacolare sul versante di San Pasquale, e sulla valle del medio Volturno. Affresco di Madonna con bambino su una parete laterale dell’altare. Affresco con le anime del Purgatorio 33 LA GRANGIA CISTERCENSE La torre colombaia e un arco di ingresso alle mura a difesa del colle, disegno ing. Giuseppe Campanella Altro insediamento religioso importante di cui restano tracce è costituito dalla Grangia Cistercense posta a guardia della Valle Orsara, sulla strada per il Matese. il L’anno di costruzione del monastero cistercense dovrebbe essere presumibilmente il 1227, ad opera dei monaci dell'Abbazia di Santa Maria della Ferrara di Vairano Patenora, a difesa dei possedimenti di Capo di Campo, Campo Majuri e Santa Maria del Matese, oggi Acqua di S. Maria. Del grandioso complesso, alla cui costruzione si oppose aspramente il Vescovo di Alife e su cui dovette intervenire perfino Papa Onorio III, sono rimasti solo la torre adibita a piccionaia che solitaria scruta la valle, un arco, probabilmente d'ingresso, ed i resti delle possenti mura che cingono il colle. Qui i monaci, detentori della cultura e della sapienza nell’uso delle erbe officinali e delle cure mediche, offrivano - in cambio di una parte del raccolto (la cosiddetta “decima”) - assistenza e rifugio ai contadini e pastori in caso di bisogno, anche in caso di attacchi nemici, poiché l’insediamento aveva caratteristiche di piccolo fortino arroccato su un promontorio, ed aveva una piccola chiesa, delle celle per i monaci, una torre colombaia di sentinella sulla vallata tra Castello e San Gregorio, e doveva avere anche un mulino con frantoio nei pressi del letto del Torano, che all’epoca solcava il fondo della Valle dell’Inferno. L’Ordine cistercense, ordine monastico di diritto pontificio, ebbe origine in Francia dall’abbazia di Citeaux (Cistercium, in latino), nel 1098, fondata da Roberto di Molesmes. Ispirati alla stretta osservanza della regola di san Benedetto da Norcia e al lavoro manuale, i monaci cistercensi esprimevano il desiderio di maggiore austerità. L’ordine fu organizzato in monasteri autonomi riuniti in congregazioni monastiche, ciascuna delle quali dotata di costituzioni proprie, sebbene retto da un abate generale residente a Roma. Scelsero di distinguersi anche nell’aspetto indossando un abito bianco, di semplice lana grezza, come segno d’umiltà, e di vivere in solitudine, lontano dai centri abitati. I cistercensi, in un trionfo del gotico, costruirono abbazie e grange. Questo termine deriva dal fonema francese “grange” che vuol dire “fienile”, e furono piccoli monasteri di montagna isolati, di religiosa di spiritualità, contemplazione e ascesi, ma anche per promuovere i lavori di disboscamento, dissodamento, cura degli armenti. Deputate all’assistenza, alla protezione ed istruzione a costruire attrezzi di ogni genere di lavoro, le Grange erano custoditete dal grangiere, aiutato da altri frati e conversi. Nelle cronache volturnensi sono riportati i nomi delle grange dell’Abbazia di S.Maria della Ferrara, tra le quali quella di S. Angelo de Rave canina (1197), quella di S. Gregorio di Monte Pedacoli (1222), e quella di S. Maria sul Matese. L’insediamento presso Valle Orsara a Castello del Matese ne era una dipendenza. 34 Particolare della ricostruzione della chiesette con le celle monastiche. Ricostruzione delle Mura. Con uno sviluppo in lunghezza di metri 350, con uno spessore di metri 2,60 circa le sue 4 porte d’accesso, e le sue 3 torri poste a difesa di un sentiero di accesso al Matese è sicuramente un opera strategica di difesa. Questo insediamento, ricade nel Comune di San Gregorio Matese ma è di notevole interesse storico-religioso anche per Castello del Matese. 35 ITINERARIO NATURALISTICO SPORTIVO E DIDATTICO LUDICO Quota massima: 750 m s.l.m. (San Gregorio Matese) Dislivello: 570 m in salita, 100 m in discesa Durata: ore 5 circa Difficoltà: E Lunghezza percorso 10 km circa Cartografia: Carta topografica IGM Foglio 161 II S.E. scala 1:25.000; Sentieri del Matese scala 1:50.000; Matese Campano tav. 1 scala 1:25.000 (Sezione CAI di Piedimonte Matese) Sentiero CAI: 141 - 14A - 14A Il Sentiero Italia è uno dei trekking più lunghi del mondo, unisce tutta l’Italia camminando sugli Appennini e sulle Alpi, isole comprese, per una lunghezza di circa 6.000 km, suddiviso in circa 350 tappe. 36 IL SENTIERO ITALIA E LA VIA DEL MATESE Il “Sentiero Italia” fu ideato da un gruppo di giornalisti escursionisti poi riunitisi nell’Associazione Sentiero Italia. Nel 1990 venne fatto proprio dal Club Alpino Italiano e, grazie al contributo delle sezioni di tutta Italia, venne realizzata la mappatura dettagliata del percorso, la segnaletica, i posti tappa, ecc. Nel 1995 venne inaugurato con una grande manifestazione “CamminaItalia ‘ 95” promossa dal CAI, poi replicata nel 1999 in collaborazione con l’Associazione Nazionale Alpini. Il segmento campano attraversa il Matese, con itinerario suddiviso in quattro tappe, da Telese Terme, per San Salvatore Telesino, Faicchio, Gioia Sannitica, S. Potito Sannitico, Piedimonte Matese, Castello del Matese, S. Gregorio Matese e fino al valico di M. Crocetta, individuate e segnate grazie all’opera di Carlo Pastore e Giulia d’Angerio, al tempo responsabili CAI. La terza tappa parte da S. Potito Sannitico, nei pressi del Palazzo Filangieri, per la strada del “quercione”, passa per Sepicciano, nei pressi dello stadio comunale, poi l. go S. Francesco, via A. Costantini, via S. Rocco, via E. D’Agnese, vico stretto, Palazzo Ducale, Piazzetta S. Maria la Vecchia, rione S. Giovanni, e quindi per la mulattiera del XVII sec. si giunge a Castello del Matese. Attraversato il centro storico, dalla P.zza Roma, si prosegue per via Cluvia, via Cimitero, S. Donato e finalmente a S. Gregorio Matese, con arrivo nella P.zza Beniamino Caso (senatore della Repubblica e cofondatore del Club Alpino Italiano nazionale nel 1863, con Quintino Sella). IL SENTIERO DEI MONACI Un tempo i monaci del convento di Santa Maria Occorrevole per approvvigionarsi d’acqua si recavano alla fonte sita all’imbocco della Valle Orsara, detta appunto “fonte dei monaci”. Discendevano quindi per un sentierino irto e scosceso, a strapiombo sulla parte bassa della valle dell’inferno, ovvero la valle del Torano. Questo percorso, adatto ad escursionisti esperti, è ancora oggi detto sentiero dei monaci, e si può percorrere, accompagnati da guide esperte, partendo appunto dalla fonte dei monaci. Dopo un primo tratto in salita, non molto impegnativo, giunge ad un rudere di un antico ricovero di pastori, per poi inerpicarsi con vari tornanti sulla parte più in quota. Questo è il tratto più difficile, con punti molto suggestivi e panoramici, ma poco adatti a chi soffre di vertigini. Dopo l’ultimo valico, in corrispondenza della “grotta di mezzogiorno”, si raggiunge il bosco nel quale è immerso il conventino e le celle di ritiro spirituale detto della “solitudine”. Si costeggiano quindi le mura degli insediamenti monastici e si giunge infine al campanile di S.Pasquale, antistante il convento di Santa Maria Occorrevole. Questi insediamenti, ed anche parte del sentiero ricadono nel comune di Piedimonte Matese, ma è una meta interessante per gli escursionisti che partono da Castello del Matese. 37 Quota massima: 704 m s.l.m. (Pintime Jonte) Dislivello: 270 m in salita, 20 m in discesa Durata: ore 3 circa escluso le soste Difficoltà: E Distanza lineare totale: 6 km circa Cartografia: Carta topografica IGM Foglio 161 II S.E. scala 1:25.000; Sentieri del Matese scala 1:50.000; Matese Campano tav. 1 scala 1:25.000 (Sezione CAI di Piedimonte Matese) Sentiero CAI: 142 – 14B Equipaggiamento: scarponi, giacca a vento, abbigliamento a strati da montagna Il vallone dell’Inferno è un’incantevole valle con uno sviluppo di circa 6 Km che si presenta come un’enorme fenditura nella montagna caratterizzata da piccole sorgenti, caverne, grotte, e torrenti. Lo sviluppo della valle è a cavallo di due comuni: Piedimonte Matese e Castello del Matese. La valle segue l’antico corso del Torano e il tratto basso (nel Comune di Piedimonte Matese) è detto appunto valle del Torano. Nel punto di sbocco di questa vi sono le sorgenti di captazione dell’Acquedotto: le acque del Torano giungono fino a Napoli e ad Ischia. 38 LA VALLE DELL’INFERNO: VALLE ORSARA LE GRASSETE - PINTIME JONTE Il Vallone dell’Inferno è un profondo canyon lungo circa 6 km e suddiviso in più tratti: in basso la Valle del Volturno che separa l’abitato di Castello del Matese dai conventi francescani sul Monte Muto, la Valle Orsara nei pressi della quale sono i resti della grangia Cistercense (San Gregorio Matese), il Pianoro delle Grassete, fino a non molti anni fa coltivato dai castellani, il Vallone dell’Inferno propriamente detto, con le caratteristiche “Pintime Jonte”. Sulle vette più alte che dominano la valle nidifica una coppia di Aquila reale. Salendo di quota si raggiunge la valle delle Grassete, campo carsico che prende il nome dal Monte Grassete la cui vetta (mt 1090 s.l.m.) separa il Vallone dell’Inferno dalla piana dell’Arito, località in cui è presente un villaggio rurale semiabbandonato; attraversata da un antico tratturo, si pensa di origini romane, la Valle era un tempo coltivata a patate, grano, fagioli e segale; oggi, vista la difficile accessibilità che non consente il raggiungimento dell’area con mezzi meccanici, queste terre non sono più coltivate. La Valle Orsara è raggiungibile anche in auto seguendo la provinciale verso S. Gregorio Matese e svoltando a destra dopo circa 1 km dal paese, per la località “Pastene”. IL PERCORSO Partendo dal paese, da P.zza Cannavina, si imbocca la via Torello e da questa il vecchio sentiero che svalica e conduce alla località detta “mattèo” e poi prosegue a destra verso la fonte dei monaci, imbocco della Valle Orsara. Dalla fonte dei monaci in avanti l’iter a piedi è classificabile come Escursionistico e procede per buona parte su una sterrata, passando per il piano dell’Ausceglio, caratteristico con le sue rocce a strapiombo e per una vicina grotta popolata da chirotteri. Superando le ultime balze si giunge alla bella valle delle Grassete; in fondo ad essa il sentiero si biforca: proseguendo in direzione est si imbocca il passo dello “Stincone” che conduce ai pianori di montagna: Arito, Tassitello e Reale e quindi al Lago Matese; a destra si incontra il sentiero per la Valle Fontanelle in direzione del Monte Ariola, per Bocca delle Fosse. A Sinistra, invece, il nostro percorso prosegue seguendo il letto ormai secco del Torano, proveniente dalle sorgenti dell’acqua “ricciuta”, incuneandosi del vallone dell’Inferno fin dove esso è percorribile agevolmente senza l’ausilio di attrezzature, e quindi fino alle “Pintime Jonte”, località così chiamata poiché le alte rocce strapiombanti dei due lati della valle si restringono fin quasi a toccarsi: nel dialetto locale infatti il toponimo significa letteralmente “rocce scoscese unite, congiunte”. Tutta la valle è chiaramente di origine carsica, e le manifestazioni del carsismo, note in tutto il Matese grazie alla sua composizione calcarea, si mostrano in questi luoghi in tutta la loro maestosa imponenza. 39 OSSERVAZIONI GEOLOGICHE, BOTANICHE E FAUNISTICHE SULLA VALLE DELL’INFERNO L’AQUILA REALE Nel cuore della valle dell’Inferno nidifica stabilmente una coppia di aquila reale (Aquila Crysaetos). Abita in coppia, nelle nicchie rocciose più riparate dai venti, o su cornicioni rocciosi sovrastanti le pareti meno accessibili, dove meglio può proteggere le sue uova. E’ un uccello rapace di grandi dimensioni, con la testa nettamente sporgente, coda ampia e lunga quasi quanto la larghezza delle ali. Il colore è, nell'adulto, uniforme, marrone scuro con riflessi rosso-dorato sul dorso e sul capo, mentre negli individui giovani o immaturi sono di norma ben visibili, in volo, le macchie bianche sulle ali e sulla coda. 40 Le sorgenti del Torano e del Maretto si trovano all’imboccatura della valle dell’Inferno. Grazie ad alcune prove di colorazione effettuate dalla Cassa per il Mezzogiorno (1959), sono stati accertati un collegamento tramite un grosso condotto carsico sotterrano tra il Torano e la conca del lago del Matese e tra alcuni inghiottitoi a nord di M. Cila ed il Maretto. Che il Torano derivasse dal Lago Matese è stato in parte dedotto dal fatto che negli Statuti municipali del 1481 si proibisse ai pecorai di lavare pecore e gettare immondizie allo Sfonderato, poi detto Scennerato (scende rapido), l’inghiottitoio del lago. La certezza totale dell’esistenza di un collegamento idrografico, attraverso scorrimenti sotterranei di natura carsica, tra il Torano ed il Lago, si è avuta il cinque marzo del 1953, quando 73 kg di fluorescina sodica al 2% furono gettati allo Scennerato. Prelevando dei campioni di acqua a Capo Torano ed esaminandoli con la prova della lampada a martello, dopo cinque giorni è cominciata la colorazione che è durata circa 2 mesi. La vegetazione è ricca di leccio, presente sia in forma arborea che in forma arbustiva e cespugliosa; tende a mescolarsi con orniello e carpino e quest’ultimo, nelle zone molto pietrose e con scarso spessore del terreno, forma popolamenti quasi puri. Si segnala la presenza delle cosiddette “Cese”, zone di terreno a pendenza anche elevata, coltivate prevalentemente ad olivo. Appaiono, inoltre, la quercia e il cerro. Grandissima la varietà di fiori ed erbe officinali di uso culinario e medicamentoso riccamente descritti nel testo “I Fiori del Matese”; nei mesi di giugno e luglio si incontrano bellissime orchidee appartenenti a generi diversi, alcuni dei quali rari. La valle delle Grassete, fino a qualche decade fa ampiamente coltivata dai castellani (il nome indica infatti una terra “grassa”, cioè fertile), è oggi abbandonata, habitat privilegiato della rosa canina e del biancospino. Residuo delle attività rurali di un tempo la presenza di noci, lungo il tracciato viario, e di alberi da frutto, nei terreni di proprietà. Per il riconoscimento Durante il volteggio le ali sono rivolte verso l’alto a formare una "V" molto aperta. Si distingue dagli altri rapaci soprattutto per le notevoli dimensioni che, nella femmina, possono arrivare fino a 2 metri di apertura alare ed a 6 chilogrammi di peso. Nidifica generalmente verso metà o fine marzo o nella prima quindicina di aprile. La si può distinguere anche per le evidenti penne apicali delle ali (remiganti primarie) che in volo assumono il tipico aspetto di una mano aperta con le dita distese. 41 MIRALAGO E IL LAGO MATESE Sull’origine del toponimo “Passo di Pretemorto” esistono due versioni: una idealizzata, un sacerdote ucciso dai briganti perché si rifiutò di legittimare una colpevole relazione, e un’altra, irriverente, di un prete che tenne per sé la taglia che avrebbe dovuto consegnare, e fu ucciso. In ogni caso Il nome Pretemorto preesiste al 1860, e la leggenda non riguarda l’ultimo brigantaggio. Con una superficie di 6 km2., lo specchio d’acqua si raccoglie a poco più di mille metri s.l.m., nel fondo di una grande fossa, lunga 8 km. e larga 2 km., ai piedi della più imponente cortina di alture del massiccio del massiccio del Matese, comprendente le vette del Miletto e della Gallinola (1.923 m.), che si stagliano come vere cattedrali intorno al lago. Il perimetro, alla massima piena, è di circa 12 42 km. Il lago Matese è il lago carsico più alto d’Italia ed è certamente il più importante della Campania. Ma è anche una importantissima zona umida internazionale: negli specchi d’acqua, e tra la vegetazione caratteristica delle zone umide (nel gergo locale “i cannizzi”), è facile osservare Svassi, Marzaiole, Folaghe, Oche, Germani reali, ma anche Aironi cenerini e moltissime altre specie. Le origini del lago sono molto antiche, ma i primi documenti in cui se ne trova traccia sono in un decreto di Federico II, con il quale concedeva all’abate Taddeo “…campum majorem et campum de capite campi, cum libero usu pasquorum, lignominum, acquarum et piscacionum Mathesii in castris Pedimontis” (D. Marrocco, Piedimonte, 1961). Il bacino del lago è per origine un polje – termine che indica una ampia valle carsica – cui si oppone uno sbarramento artificiale per tenerla colma d’acqua, rendendola sfruttabile per la produzione dell’energia elettrica. È alimentato dallo scioglimento delle nevi delle pendici circostanti e da sorgenti, alcune delle quali sono perenni. L’impermeabilità relativa che rende possibile l’esistenza del lago, è dovuta ad uno strato tufaceo vulcanico, misto a strati torbosi e detriti argillosi sul fondo della depressione carsica. Nel 1899 venne fondata a Napoli la S.M.E. (Società Meridionale Elettricità), che rilevò dal Credito ticinese, nel 1906, i diritti e possessi sul Lago Matese e sui terreni limitrofi. I lavori iniziarono nel 1919 e nel 1923 la produzione idroelettrica era già una realtà. Fu in questi anni che vennero realizzate le dighe per isolare gli inghiottitoi nei quali si perdeva buona parte delle acque del lago. Nel 1962 la S.M.E. venne nazionalizzata ed accorpata nell’ENEL. Questi inghiottitoi, o “culaturi”, portano ancora oggi i nomi di “Scennerato” (negli statuti comunali del quattrocento è riportato con il nome di “sfonderato”, e già da allora si sapeva che esso era collegato per vie sotterranee alle sorgenti del Torano); “Brecce”, “Caporale”, “Bufalara”, tutti sulla sponda sud del lago, mentre la maggior parte delle sorgenti si trova sulla sponda opposta. Particolare è l’isolotto detto “Montrone” o “Monterone”, che d’estate, con il periodo di secca, diventa una collinetta in mezzo ai prati verdi, ed in inverno torna ad essere un’isola nel lago. Nei suoi pressi una sorgente che spesso viene a trovarsi sotto il pelo libero del lago. Il lago Matese è navigabile, con piccole imbarcazioni a remi. Lo scafo tradizionale è però il lontro (dal latino linter), imbarcazione a fondo piatto che viene condotta con un’unica pertica, usata anche come ancoraggio per la sosta temporanea. Anticamente il lontro era una specie di piroga a fondo piatto scavata in un sol tronco d’albero, lunga circa due metri, larga una sessantina di centimetri e profonda una cinquantina. In tempi più recenti, ed ancora oggi, i pescatori del Matese e quelli che un tempo furono i cacciatori (che usavano i lontri per gli appostamenti nella caccia alle anatre), si autocostruiscono le loro imbarcazioni, con tecniche e materiali diversi, con varianti più o meno ingegnose, e soprattutto battezzando i propri lontri con nomi pittoreschi attinenti le attività per cui essi sono stati realizzati, o relativi ad aneddoti locali (un lontro fu chiamato “astema menata”, ovvero maledizione lanciata contro coloro che avessero tentato il furto o la manomissione dell’imbarcazione, pratica molto diffusa). Le acque del lago sono ricche di fauna ittica: trote, tinche, carpe, lucci, Persici, Scardole, Anguille e Alborelle. La pesca è Nel Lago Matese è consentita la pesca previa autorizzazione del Parco Regionale del Matese 43 Strutture espositive del Parco Regionale del Matese al Belvedere di Miralago Il Lontro, imbarcazione caratteristica 44 soggetta ad autorizzazione, oltre che della licenza di pesca, ricadendo nel Parco Regionale del Matese. La portata del lago è molto variabile, anche ora, che gli inghiottitoi sono stati isolati, sia per l’acqua asportata dall’Enel, che per la siccita d’estate, quasi si prosciuga. Con la scioglimento delle nevi, si ha il massimo volume (circa 14.875.000 metri cubi). Non ha un emissario visibile e, da sempre, si sa che il lago è collegato con il Torano ed influirebbe anche sul fiume Biferno. Il lago è quindi ancora oggi un bacino idroelettrico: dalla saracinesca presso la cosiddetta “cabina”, l’acqua viene immessa in due gallerie forzate che attraversano le montagne sul lato meridionale; all’estremo delle gallerie si innesta una condotta forzata che porta alle centrali di Val Paterno e di Piedimonte Matese. Nel 1905, Enrico Gaetani d’Aragona, rappresentante di una nobile casata che vantava il possesso sul lago da oltre 500 anni, vendeva al Credito Ticinese (detto dai popolani “Società Cinese”) la tenuta del Matese e il lago. Ciò non di meno è rimasta aperta la questione che riguarda il fondo del lago. Essendo la superficie coperta dall’acqua molto variabile, fra estate ed inverno, fin dal 1823 nacquero dispute sui diritti di queste terre, quando il duca Gaetani non volle ammettere pascolo sulle sue adiacenze, ed ebbe ragione per la zona da S. Maria a Monterone. Risale al 1827 una planimetria redatta apposta per un contenzioso amministrativo: la “Pianta Geometrica di tutte le Terre Coloniche e Selve del Signor Duca di Laurenzano, nonché delle Adiacenze del Lago nel piano del Matese ed estensiva per i Locali Boscosi e Montuosi del medesimo nello stesso Matese“. Nel 1855, innanzi a 400 contadini di San Gregorio, furono riconosciuti ai Gaetani i due terzi del circuito del lago (eccetto la zona da Valle dei ladri fino a Fosso di Capo di Campo). Con Regio Decreto 9 marzo ‘24, anche il lago Matese è parte del demanio, e quindi il fondo del lago scoperto d’estate resta demaniale e per antico uso, dei comuni rivieraschi (Piedimonte, Castello e San Gregorio), e dal 1980 è consuetudinariamente considerato: da quota 1.007 a 1.010 m diritto dei proprietari delle adiacenze; da 1.010 a 1.012 spetterebbe alla S.M.E. (oggi Enel, ndr), che l’ha ceduto in fitto ai comuni rivieraschi per pascolo e fienagione; dai 1.012 in su, è terreno coltivabile, regolarmente acquistato dai proprietari. Il Lago Matese è un bacino idroelettrico per la centrale di Piedimonte Matese In basso Fondo Lago utilizzato come pascolo dai pastori locali 45 IL VIVAIO FORESTALE DELLE CARBONIERE Il vivaio è molto interessante anche per attività di educazione ambientale e può essere oggetto di visita inoltrando la richiesta allo STAP Foreste Caserta via Arena loc. S. Benedetto 81100 Caserta fax 0823.554145 tel 0823.554131. 46 Sul colle detto delle “Carboniere”, (nel dialetto locale craunere), dove in tempi non lontanissimi si armavano i “catozzi” per la produzione del carbone e della carbonella, sorge su un terreno concesso in uso dal Comune di Castello del Matese alla Regione Campania, il vivaio forestale che porta il nome della località. Esso è gestito dallo S.T.A.P. Foreste di Caserta, per conto della Regione Campania. Peculiarità di questo vivaio forestale è la presenza di campi dimostrativi di abete rosso e agrifoglio, inoltre le piantine che nascono qui sono già acclimatate, poiché nascono a quota superiore a mille metri (1050 circa), e quindi predisposte ai rimboschimenti in quota. Ci troviamo infatti nella fascia fitoclimatica (Pavari) di transizione tra il “Lauretum” sottozona fredda e del “Castanetum” sottozona fredda, con circa 1200 mm di precipitazione piovosa all’anno, in maggior parte tra l’inverno e la primavera. Il vivaio “Carboniere” ha una estensione di diciassettemila metri quadri. La giacitura del vivaio è pianeggiante, il terreno è di medio impasto, tendente all’argilloso, mediamente ferace con tessitura di origine alloctona. Qui vengono coltivate specie arboree destinate a imboschimenti forestali con specie autoctone: Abete bianco (Abies alba), Abete greco (Abies cephalonica), Abete rosso (Abies picea excelsa), Agrifoglio (Ilex aquifolium), Acero montano (Acer pseudoplatanus), Carpino nero (Ostrya carpinifolia), Castagno (Castanea sativa), Ciliegio amareno (Prunus sapp.), Faggio (Fagus sylvatica), Gaggia (Robinia pseudoacacia), Liquidambar (Liquidambar styraciflua), Noce (Juglans regia), Orniello (Fraxinus ornus), Ontano napoletano (Alnus cordata), Pino mugho (Pinus mughus), Sorbo comune (Sorbus domestica), Sorbo montano (Sorbus aria). Inoltre sono coltivate alberature come Abete (Abies supp.), Acero campestre (Acer campestre), Ippocastano (Aesculus Hippocastanus), Maggiociondolo (Laburnum anagyroides), e siepi di Alloro (Laurus nobilis) e Rosmarino (Rosmarinus officinalis). Gli operatori addetti curano la selezione dei semenzali, l’impianto in vaso o in “fitocella” (panetti di terreno sterilizzato contenuti in buste di plastica forata, e posti in cassette), il diradamento delle piantine ed il successivo trapianto in campo. Sono anche impegnati nella difesa dei semi dall’attacco degli animali che ne sono ghiotti: uccelli, roditori e - qualche volta – anche mammiferi un po’ più grandi. IL SITO ARCHEOLOGICO DI CAPO DI CAMPO La struttura emersa in località Capo di Campo – Defenza di Castello del Matese (CE) è un importante documento archeologico sia per la posizione che per la ricostruzione dell’occupazione antica del matese. Ubicata sullo stretto altipiano di Miralago lungo il ‘Regio tratturo’ che scendendo per il versante molisano, si collega al tratturo Pescasseroli-Candela, si presenta oggi come un edificio quadrangolare, con area di interesse di ca. 1000 mq. Una ricognizione di superficie effettuata nel mese di Aprile del 2010 da studenti e docenti dell’Università degli Studi del Molise, ha consentito di definire l’area di occupazione della struttura e di recuperare materiale archeologico, consentendo una datazione seppur generica ad epoca romana. Nel successivo mese di settembre, con due convenzioni stipulate tra il comune di Castello del Matese e l’Università degli Studi del Molise e la Soprintendenza per i Beni Archeologici, hanno avuto inizio, sotto la direzione scientifica del prof. Gianluca Soricelli e del funzionario archeologo, dott. Enrico Angelo Stanco, le campagne di scavo. Sono quindi venuti alla luce alcuni ambienti definiti da una serie di muri grossomodo ortogonali, che delimitavano altrettanti differenti bacini stratigrafici; le strutture murarie si conservano essenzialmente a livello delle fondazioni, mantenendosi in elevato solo per il primo filare o poco più. In particolare si è potuto rilevare, attraverso lo scavo di alcune buche moderne la presenza di più fasi edilizie, delle quali è problematico fornire una datazione assoluta allo stato attuale dello studio. La ceramica ritrovata in questi livelli ha un range cronologico abbastanza ampio, che va dal I d.C. al III d.C.; i frammenti di vasellame ritrovato appartengono in particolare a forme aperte e chiuse da mensa e da dispensa in ceramica comune o da fuoco; spicca in particolare il numero di pentole con tesa obliqua. Per quanto concerne la funzione dell’edificio, solo il prosieguo delle indagini archeologiche potrà meglio chiarire se le strutture emerse si riferiscano ad ambienti relativi ad una stazione di posta romana, dislocata lungo una strada transappenninica localizzata sul ‘Regio Tratturo’, ovvero un saltus, azienda agricola stagionale legata alle attività pascolive che tra la tarda primavera e l’estate si sviluppavano sui versanti del Matese. 47 IL REGIO TRATTURO Il regio tratturo Pescasseroli - Candela lungo 208 km è sicuramente una delle strade più antiche d' Italia, già percorso dalla preistoria, e regolato da antichissime leggi dall’epoca romana. Nel 1447 Alfonso I d’Aragona definì l’assetto dei cammini per la “mena delle pecore” dai monti d’abruzzo ai pascoli in Puglia: cammini di proprietà demaniale con funzioni di pascolo e sosta durante il viaggio. Come una specie di “autostrada per le pecore”, erano definite anche le dimensioni: 111 m circa per i “tratturi”, 60 m ca per i “tratturelli”, 18 m per i “bracci” minori. Un segmento di bretella di collegamento con il Tratturo Regio attraversa il Comune di Castello del Matese, in località “Vollanito” e “Capo di Campo”, con ampiezza che raggiunge i 60 m. Il percorso costeggiava il Lago Matese fino alla fonte del Corvo, poi seguiva per il passo del Perrone e da qui, per Campochiaro e Guardiaregia si immetteva nell’asse principale. In questa bretella, dal Passo di Pretemorto (Miralago) giungevano armenti passando per la “via del Matese”, da Piedimonte a Castello sulla mulattiera, poi o per S. Gregorio per la salita delle “macce” (macchie) o per le Grassete, per il passo dello “stincone” e Reale. ITINERARIO LUDICO DIDATTICO “TORELLO” Partendo dalla P.zza Cannavina, nei cui pressi sono presenti impianti sportivi e parchi giochi, si può percorrere una antica mulattiera che conduce alla collina detta “il Torello”, dal quale si ridiscende verso la Cappella dedicata a S. Antonio. Un bel colpo d’occhio verso la valle dell’Inferno regala spunti suggestivi per l’interpretazione del paesaggio e della natura carsica dei luoghi. Non sarà improbabile anche scorgere le evoluzioni dell’aquila reale, che vi nidifica. In località “mattèo”, poco prima della cappella, si incrocia la strada di “ciccone” che porta verso il “castagneto” e la valle Orsara (in dialetto valleversana), raggiungibile in 15 minuti a piedi. Risalendo a sinistra si attraversa la località detta “pàstene”, che offre l’opportunità di rivivere la realtà rurale, osservando i seminativi, i vigneti, gli uliveti. Il percorso attraversa la provinciale e riporta giù verso la piazza, con sosta al parco giochi. 48 NATURA EDUCAZIONE AMBIENTALE Per informazioni: [email protected] tel. 320.2581632 338.9986286 Il Centro di Educazione Ambientale (CEA) di Castello Matese è nato nel 1998 con una cooperativa di giovani locali, grazie al sostegno del GAL Alto Casertano. Fa parte della Rete regionale In.F.E.A., accreditato dal Comune di Castello del Matese e si occupa di ambiente e territorio del Parco del Matese. Il territorio di Castello del Matese offre molti spunti per le attività didattiche in natura, con percorsi sensoriali, osservazioni faunistiche e vegetazionali, sulle tracce dell’aquila nella valle Orsara o del lupo a Monte Orso, minicorsi di orientamento con carta, bussola e altimetro, o più approfonditi con l’utilizzo di navigatori gps da trekking, e molto altro ancora. Visite guidate sui sentieri del Parco che, partendo dalla osservazione del territorio, diventano occasione di esperienze di educazione ambientale; laboratori sperimentali con possibilità di un apprendimento multidisciplinare e multimediale, giochi, arte e musica in natura, ma anche semplice relax consapevole, sono attività che pongono i partecipanti al centro di emozionanti esperienze. Queste attività sono rivolte sia alle scuole di ogni ordine e grado che a gruppi di adulti, su prenotazione. Poiana - (Buteo Buteo) 49 ITINERARIO NATURALISTICO PANORAMICO TREKKING AD ANELLO MIRALAGO-STRADA DEL DIAVOLO-CAPO DI CAMPO-RENA ROSSA Lunghezza percorso: 6 km circa Tempo di percorrenza: 2 ore circa Dislivello in salita: 200 m Dislivello in discesa: 200 m Quota max 1125m Difficoltà E 50 Da Miralago, in direzione est-sud est, si imbocca un sentierino a mezza costa del monte Giumenti, fino ad incrociare la strada provinciale all’altezza del bivio per la località Reale, poi il sentiero si articola sul lato sotto strada per circa un chilometro, fino all’imbocco della “strada del diavolo”, prima del colle delle “Craunere”. Da qui si discende in faggeta fino al guado del fosso vollanito, per poi immettersi nell’antico tracciato del Regio Tratturo, fino alla località Rena Rossa, dove si incontra il rifugio comunale, e l’omonima sorgente. Il percorso riprende in salita attraverso il bosco, fino a riportarsi sulla strada asfaltata e quindi, dopo la curva panoramica sul lago Matese, si ritorna a Miralago. TREKKING AD ANELLO MIRALAGO – CARBONIERE – REALE – TASSITELLO Lunghezza percorso: 8 km circa percorso rosso 3 km circa percorso blu Tempo di percorrenza: 2 ore circa percorso rosso 3 ore circa percorso completo Dislivello in salita: 150m percorso rosso + 250 m percorso completo Dislivello in discesa: 150m percorso rosso + 250 m percorso completo Quota max 1125m Difficoltà E/EE Da Miralago, si attraversa subito la strada provinciale e si prende il sentiero 145 nel bosco, che dopo aver attraversato la strada comunale per Reale attraversa un rimboschimento forestale a mezza costa, per poi scendere nella valle del “Parco di Reale”. Quindi si circumnaviga la bella valle e si può scegliere se risalire subito per il sentiero che conduce al Vivaio Forestale “Carboniere” e rientrare verso Miralago o se imboccare i sentieri che conducono al Rifugio Tassitello. Questa parte del percorso è tuttavia consigliabile solo ad escursionisti esperti, accompagnati da guide, poiché attraversa il tratto alto del “Vallone dell’Inferno”, percorso più impegnativo ed aspro, che richiede buone capacità di orientamento ed esperienza nel trekking. Il Rifugio Tassitello è un rifugio comunale ad uso promiscuo, per l’escursionismo e per i pastori locali. Nel pianoro del Tassitello vi è anche una cisterna abbeveratoio per gli animali al pascolo ed un punto di ricovero per il bestiame, ma anche un’area attrezzata per gli escursionisti. 51 SECONDA STELLA A DESTRA… NOTTURNA AL MILETTO Una delle escursioni estive tradizionali del periodo a cavallo della notte di S.Lorenzo è per i castellani la Notturna al Miletto. I più allenati partivano dal paese, passando per San Gregorio Matese, svalicando il Raspato ed attraversando il Lago Matese, per portarsi all’imbocco del sentiero in località S. Michele, nei pressi della omonima chiesetta. Oggi, però, la maggior parte degli escursionisti preferisce partire direttamente da quest’ultimo punto, seguendo il sentiero CAI. Il Miletto è la vetta più alta del massiccio del Matese, sebbene la cima del monte ricada in Molise, il sentiero è sul territorio del comune di San Gregorio Matese. Esistono anche altri sentieri che possono essere percorsi per raggiungere la vetta, ma quello consigliato dal Club Alpino Italiano resta la mulattiera da S. Michele. Questa escursione si svolge di solito in gruppo, con bivacco notturno in attesa dell’alba. Infatti dalla vetta, nelle giornate terse, si vedono i due mari, tirreno ed adriatico, e si può osservare il fenomeno per il quale mentre in molise è già giorno, in campania è ancora notte ed il cielo evolve dal chiarore dell’alba fino all’oscurità sul tirreno, dove riluccicano le luci di Napoli e delle isole. 52 Panorama dal Miletto verso Campo dell’Arco e il Lago Matese Lunghezza percorso: 6 km circa tempo di percorrenza: 4 ore circa Dislivello in salita: 1000 m Dislivello in discesa: 1000 m Quota max 2050 Difficoltà E/EE TREKKING DA CAPO DI CAMPO A MONTE ORSO Lunghezza percorso: 7 km circa fino al rifugio Monte Orso 10 km circa percorso completo Tempo di percorrenza: 4 ore fino al rifugio Monte Orso 6 ore percorso completo Dislivello in salita: 500 m Dislivello in discesa: 500 m Quota max 1475m Dal Tratturo Regio, si imbocca il sentiero 147-13I che conduce al fosso del cerasiello ed al piccolo rifugio detto di “Concone delle rose”, per poi inerpicarsi verso la grotta dell’Orso. Da qui il percorso si sovrappone in parte al tracciato della pista di sci da fondo, fino a raggiungere il rifugio CAI di Monte Orso prima, e il rifugio di Valle Santa Maria dopo. Da qui è possibile raggiungere anche l’ultimo rifugio nella Piana dei Vallatari. I rifugi di Monte Orso e Valle Santa Maria sono importanti punti di snodo turistico sia per gli sport invernali che per il trekking. Da qui partono altri percorsi, verso la Gallinola, verso gli abissi di Pozzo della Neve e Cul di Bove (grotte che gli speleologi percorrono fino a profondità superiori a mille metri) e verso l’Oasi WWF di Guardiaregia, all’altezza del Perrone. Fosso del Cerasiello Il Rifugio Monte Orso 53 TREKKING DA MONTE ORSO ALLA GALLINOLA PER IL PIANELLONE Lunghezza percorso: 10 km circa Tempo di percorrenza: 5 ore circa Dislivello in salita: 600 m Dislivello in discesa: irrilevante Quota max 1923 m Difficoltà E 54 Dal Rifugio CAI di Monte Orso si segue il sentiero 14813H per il Pianellone, bellissima valle carsica a circa 1400 m di quota. Da qui si svalica sul belvedere sul lago Matese e si prosegue in cresta e mezza costa fino al Piano della Corte, raggiungibile anche in auto dalla strada che dal Perrone porta a Campitello Matese. Da qui si inerpica verso la vetta della Gallinola, a quota 1923 m, il punto più alto della Campania, in territorio di San Gregorio Matese. ALTRI SPORT OUTDOOR Nel periodo estivo, molti altri sport outdoor vengono praticati: tiro con l’arco, parapendio, trekking a cavallo ed in mountain bike. Per i più avventurosi si allestiscono percorsi acrobatici forestali o è possibile praticare il down hill (solo in alcuni contesti), ma non mancano le strutture sportive per gli sport più canonici come il calcio, calcio a cinque, basket e volley. 55 SPORT INVERNALI E RIFUGI Monte Orso è una nota località sciistica per il fondo. L’anello di fondo ebbe l’omologazione CONI come pista di tipo C per gare di livello nazionale. Il centro per il fondo è servito da due rifugi, il primo è nella bella valle Santa Maria, raggiungibile con la strada provinciale per Campitello Matese, a soli 3 km dal bivio della sella del Perrone; il secondo - Capanna sociale CAI rifugio Monte Orso - raggiungibile a piedi a soli 700 metri di passeggiata nel bosco dal parcheggio del primo rifugio. Nel comprensorio è possibile praticare, oltre allo sci di fondo, lo sci fondo escursionismo e l’escursionismo con ciaspole, che negli ultimi anni sta riscoprendo un vero e proprio boom. Anche lo snowboard in fuoripista è apprezzato dagli appassionati. Gli itinerari preferiti, oltre all’anello di fondo ufficiale, sono il Pianellone con affaccio dal belvedere sul lago Matese, il giro delle “camerelle”, l’anello dei vallatari (che sconfina fino in molise), la grotta dell’orso. I più esperti si spingono fino alla Gallinola o ridiscendono fino al fosso del Cerasiello. 56 Il centro per il fondo di Monte Orso fu inaugurato nel 1996. Complessivamente, dispone di tre anelli della lunghezza di 2,5, 5 e 7,5 chilometri. A differenza delle piste della vicina Capracotta, più ripide e quindi più aspre, il circuito di Monte Orso presenta leggeri dislivelli, salite e discese più dolci, che lo rendono particolarmente interessante e piacevole. Il Rifugio Valle di Santa Maria è di recente costruzione. Inaugurato nel 2009, nasce come struttura per la gestione del centro per il fondo. In primavera-estate ospita campi scuola per ragazzi e gruppi scout. Viene utilizzato anche come punto di appoggio per le associazioni locali per la organizzazione di eventi. Il rifugio - capanna sociale di Monte Orso (41°24’45”,37-Nord – 14°28’09”,19-Est - Quota mt. 1.347) è gestito dalla sezione CAI di Piedimonte Matese dal 20 gennaio 2010. Destinato come punto d’ appoggio lungo gli itinerari escursionistici del Matese viene anche utilizzato, come previsto dalla legge 776/1985, per facilitare l’attività del Soccorso Alpino e Speleologico. Nel periodo estivo ospita attività culturali, didattiche e ludiche, come i concerti di luglio. Per informazioni: Sez. CAI Piedimonte Matese Via Sala n.2 Palazzo Ecomuseo 81016 San Potito Sannitico (CE) [email protected] www.caipiedimontematese.it 57 EVENTI LA GIOSTRA La festa della Giostra medioevale si svolge il primo week-end del mese di agosto. L’evento vuole ricordare un fatto realmente accaduto durante il feudalesimo e vede coinvolta l’intera popolazione in sfilate in costume, tornei e allestimenti di banchetti di quartiere. Per l’occasione, il paese viene addobbato con bandiere, fiaccole, festoni. Particolarmente caratteristico è il Banchetto delle Contrade, che si svolge nelle piazzette più nascoste di Castello in cui è possibile gustare i piatti tipici della cucina castellana e matesina. La manifestazione si apre con i concerti del venerdì, l’apertura delle mostre, del mercatino e delle “locande”. Le contrade animano con canti e danze la sera del sabato, vigilia della Giostra. La domenica infine si tiene la Giostra: una disfida tra tre cavalieri rappresentanti delle tre contrade di Castello (Contrada Torre, Contrada Cavallo e Contrada Platano) finalizzata all’elezione del podestà del castello. Dopo il suggestivo cerimoniale, con il Corteo storico accompagnato dagli sbandieratori, il Bando della Giostra, la riconsegna dello stendardo da parte della contrada detentrice, i tre cavalieri disputano in una gara di abilità e destrezza, infilando degli anelli con una lancia, cavalcando il cavallo al galoppo. La contrada vincitrice designa il podestà per l’anno in corso, fino al palio successivo, e nella Piazza principale del paese viene affisso uno scudo in ceramica con i colori della contrada. La manifestazione è organizzata dall’Associazione Culturale Cluvia, fondata nel 1994 da un gruppo di amici legati alla cultura e alle tradizioni matesine che decisero di dar vita a questo evento. Il grande successo della manifestazione è dovuto anche alla straordinaria partecipazione delle tre contrade: quasi metà della popolazione è coinvolta nell’organizzazione de “La Giostra”. 58 Informazioni: Associazione culturale Cluvia: [email protected] 335.6775712 329.2242742 320.5666942 La Giostra è su Facebook FELONA E SONORA, NATURA, MUSICA E (G)ASTRONOMIA AD ALTA QUOTA Dal nome di un famoso album del 1973 del gruppo italiano di musica progressive Le Orme, Felona e Sorona, l’associazione culturale “PETTI PENDII” ha tratto il nome, leggermente modificato in “Felona e Sonora” della kermesse, fortunato connubio tra natura e cultura, che si svolge presso la località Monte Orso nel mese di agosto. L’evento prevede concerti outdoor in alta quota, escursioni ed altre attività sportive e di animazione, mostre, workshop e momenti di convivialità con banchetti e degustazioni. Musica e natura, suono e silenzio. Emozioni che vengono enfatizzate nell’aria fresca e rarefatta dei tramonti a quota oltre 1400 metri. Nella notte priva di qualunque inquinamento luminoso risplendono le costellazioni e il cielo viene solcato da sfavillanti stelle cadenti. Per informazioni [email protected] 334.1388893 - 346.6299821 Petti Pendii è su Facebook 59 CASTELLO ARTE FESTIVAL È manifestazione artistica di più giorni finalizzata alla compartecipazione della popolazione locale con gli artisti provenienti da diverse parti d’Italia e del mondo. La tre giorni ospita spettacoli musicali di genere diverso, che spaziano dal popolare al rock ed al concerto bandistico, e non mancano animazioni di strada e workshop e laboratori con produzione di “arte ecologica” realizzata con materiale di riciclo ed interventi d’arte pubblica partecipata, ed incontri culturali. L’evento si arricchisce anche attività di animazione sportiva lungo le strade del paese, come esibizioni-gare di Street Boulder (arrampicata libera su circuiti urbani), escursioni e visite guidate. 60 FESTIVITA’ RELIGIOSE 8 maggio 28 maggio 9a domenica dopo Pasqua Venerdi successivo 13 giugno 26 luglio 14-15 agosto 8 settembre 26-27 settembre 11 novembre S. Michele S. Maria Immacolata Corpus Domini S. Cuore di Gesù S. Antonio S. Anna S. Assunta S. Maria di ogni Grazia SS. Cosma e Damiano S. Martino Santi Cosma e Damiano Chiesa di S. Croce Altri eventi svolti a Castello: Cinemadamare Castello Rock Matese Jazz 61 PRODOTTI TIPICI FORMAGGI DI PECORA Caciotta fresca, Pecorino scamosciato, Pecorino stagionato, Pecorino maturo, Ricotta fresca, Ricotta scamosciata, Caciottine sott’olio, Brigantelli; le caciotte vengono spesso speziate con il peperoncino, o con la “pimpinella” (erbe aromatiche come il timo o la santoreggia). FORMAGGI DI MUCCA Treccia, Stracciata, Fior di Latte, Scamorza scamosciata, Caciocavallo scamosciato, Caciocavallo o Provola stagionati, Mantecato del Matese, Burrino; CARNI E SALUMI Maiale nero casertano e cinghiale, agnello e capretto, vitello. Della salumeria tradizionale: capicollo, salsicce, pancetta, soppressata ed il tipico “cazzu’ntontulu”. PRODOTTI DA FORNO Taralli all’olio d’oliva, pane casereccio, caniscioni con verdura o con le uova. ALTRI PRODOTTI Patate di montagna, fagioli, noci, prodotti selvatici come le fragoline di bosco, la maggiorana, l’origano, il timo, le castagne, i funghi ed i tartufi. 62 GASTRONOMIA TIPICA La gastronomia di Castello del Matese è di tradizione tipicamente contadina, ricca di sapori semplici e genuini, ma robusta e decisa nei sapori. I primi piatti sono, in genere, a base di pasta fatta in casa (cavati e laine), condita con legumi (fagioli, lenticchie), con i funghi (in particolare con i porcini) o sughi di vari tipi di carne come maiale, agnello o castrato e formaggio pecorino. Molto diffusa è anche la polenta con salsicce di maiale o con verdure e fagioli, e le zuppe di fagioli con patate, pane sotto i fagioli, fagioli e castagne e così via. Le carni vengono in genere trattate tutte alla brace, ma molto particolare è la “pezzata” (pecora bollita) e la cacciagione al sugo piccante con cipolla. Diffuso anche l’utilizzo di interiora come negli “abbuoti” (spiedini composti da involtini di interiora di agnello) o nel soffritto (‘u zuffrittu). Ogni stagione e ricorrenza ha le sue particolarità gastronomiche, come il “piccillato” o le “cicole”, nel periodo di macellazione e lavorazione del maiale; casatelli, caniscioni di pasta fatta in casa ripieni di verdura o prosciutto, uova, formaggi e cotti al forno a legna, nel periodo pasquale, la “menestra maritata” e la “sauza” (zucchine, peperoni e melanzane essiccati in estate e poi fritti e conditi all’insalata con aglio, aceto e menta) nel periodo natalizio. In ogni stagione si gustano i taralli ed i formaggi, accompagnati di regola da vino paesano. Non vi è una grande tradizione di dolci, ma sono da provare le “pastette”, biscotti da forno a legna di forma romboidale; crostate con le marmellate dei frutti locali o dei frutti di bosco; le chiacchiere e le castagnole a Carnevale, le pastiere di grano o di riso a Pasqua, gli struffoli a Natale. Introvabili in commercio, ma non difficili da assaggiare, sono poi tutti i liquorini da infusione come il nocino, il liquore al finocchietto, all’alloro, al basilico, lo sherry, amari tipo cent’erbe, fragolino e liquori agli agrumi come il limoncello, il liquore al mandarino o all’arancio. Dai frutti spontanei si ricavano marmellate alla rosa canina, fragole di bosco, lamponi, mirtilli, amarene, ecc. 63 BIBLIOGRAFIA ILLUSTRATA 64 64 65