Leggi i primi capitoli
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IL ROMANZO “…Non appena Aria aveva aperto il libro, quella donna così affascinante e così somigliante a lei, s’era animata di colpo e non fu più un’estranea. Ad Aria era parso di sentirsi trasportare indietro nel tempo, come se stesse vivendo nella Lunaria del Novecento, con Magnolia Fiamma, la donna che diede inizio alla nuova era della dinastia dei Firvis Glicini. Procedendo nella lettura del libro di velluto, apprendemmo che la bisnonna di Aria era stata un’erborista. E una strega.” Durante un pomeriggio d’ estate, Luna e la sua inseparabile amica Aria, all’ età di diciotto anni, leggono il diario proibito di Magnolia Fiamma. Quello strano libro, da sempre gelosamente custodito in una teca di vetro nella meravigliosa villa di Aria, racconta la storia dell’ arcana dinastia dei Firvis Glicini. Sin dall’ incipit, un terrificante velo di mistero traspare dietro quelle pagine stropicciate, pagine che presto rivelano la vera identità di Magnolia. Così le due ragazze, giovani abitanti di un’ isola immaginaria, scoprono di far parte di una famiglia di streghe che, di generazione in generazione, custodisce un segreto destinato a cambiare per sempre le loro vite. Luna e Aria saranno le inconsapevoli prescelte da cui dipenderà la salvezza dell’ oscuro mondo di mezzo, una terra fantastica, parallela alla nostra, a loro completamente sconosciuta… L’ AUTRICE Virginia Scarfili, siciliana di Catania, vive a Cesena con con il marito e i due figli. Laureata in Lettere moderne e specializzata in Storia della Lingua italiana presso l'università La Sapienza di Roma, lavora come insegnante di dizione, ortoepia e sviluppo della voce. Luna per Aria è nato quasi per caso durante l’ attesa della sua prima figlia, ma da allora non ha più smesso di scrivere. Luna per Aria di Virginia Scarfili © 2014 Libromania S.r.l. Via Giovanni da Verrazzano 15, 28100 Novara (NO) www.libromania.net ISBN 9788898562305 P rima edizione eBook aprile 2014 Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo volume può essere riprodotta, memorizzata o trasmessa in alcuna forma o con alcun mezzo elettronico, meccanico, in disco o in altro modo, compresi cinema, radio, televisione, senza autorizzazione scritta dell’ Editore. Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi, Corso di P orta Romana n. 108, Milano 20122, e-mail [email protected] e sito web www.clearedi.org L’ Editore dichiara la propria disponibilità a regolarizzare eventuali omissioni o errori di attribuzione. P rogetto grafico di copertina e realizzazione digitale NetP hilo S.r.l. Qualsiasi riferimento a fatti o persone reali è puramente casuale e indipendente dalla volontà dell’ autore. Luna per Aria Due amanti felici fanno un solo pane, una sola goccia di Luna nell’erba, lascian camminando due ombre che s’uniscono, lasciano un solo Sole vuoto in un letto. Di tutte le verità scelsero il giorno: non s’uccisero con fili, ma con un aroma e non spezzarono la pace né le parole. È la felicità una torre trasparente. L’Aria, il vino vanno coi due amanti, gli regala la notte i suoi petali felici, hanno diritto a tutti i garofani. Due amanti felici non hanno fine né morte, nascono e muoiono più volte vivendo, hanno l’eternità nella natura. P ablo Neruda XLVIII sonetto da Cento sonetti d’amore A Sofia perché con lei tutto è nato E a Matteo che lo ha reso palpabile Prologo Che notte terribile piena di incubi. Ho appena spalancato gli occhi e mi sono resa conto che sono solo le sei del mattino. Ma non riesco più a dormire perché oggi è il grande giorno, il mio grande giorno. Dopo quattro anni, oggi mi laureo! Oddio non riesco ancora a crederci, sembra veramente ieri quando sono arrivati i documenti per iscrivermi all’università e mi sembrava talmente lontano questo giorno che non ci ho mai pensato fino in fondo. Decido che è il caso di alzarmi dal letto, anche se è ancora l’alba e le ragazze staranno tutte dormendo. È ancora semibuio e cerco a tentoni con i piedi le pantofole azzurre e grigie morbide, quelle che sul parquet non fanno rumore. Non le trovo e abbasso la testa per cercarle con le mani dando una craniata alla lampada, seguita da un urlo silenzioso. Ho dimenticato che ieri notte, non riuscendo a dormire, avevo attaccato la lampada alla scrivania, che si trova a quindici centimetri dal mio letto, per leggere un libro e distrarmi dal pensiero della discussione di laurea. Cerco di sistemare meglio la lampada, che non è finita a terra grazie alla mia presa super veloce per non fare rumore, non è il caso di svegliare tutta la casa solo perché oggi sono più nervosa del solito. Riesco a infilare le pantofole, mi alzo e vado ad aprire la porta, che si trova a cinquanta centimetri dal letto. Sì, la mia stanza da studentessa è veramente piccola, forse più stretta e lunga che piccola, e la porta a vetri non mi aiuta certo a fare silenzio visto che ha sempre avuto un problema di cigolio. Ecco infatti! Come previsto ha appena fatto un rumore agghiacciante tipo Candy Candy quando si trova rinchiusa nella soffitta di casa Andrew e il rumore della porta non le dà certo aiuto. Avrò svegliato Carlotta che ha il sonno più leggero, Giulia no di certo, non ha sentito nulla la notte che sono entrati i ladri in casa! E avrò svegliato sicuramente Aria, la mia più vecchia amica che, poverina, questa notte è stata costretta a dormire lungo il corridoio sopra un materasso improvvisato; Aria ha vissuto con noi i primi tre anni, poi ha terminato i suoi studi ed è tornata a Lunaria, il nostro paese di nascita, dove ha aperto un laboratorio d’arte tutto suo. È arrivata qui da noi ieri sera per assistere alla mia discussione di laurea. Finalmente riesco a uscire dalla trappola che è la mia stanza, senza richiudere la porta alle mie spalle! C’è un silenzio notturno che mi fa sentire ancora più in colpa. Aria si rigira dentro il piumone improvvisato e un lampo illumina la stanza di Carlotta. Giuro che non volevo ma sono riuscita a svegliare le mie coinquiline, tranne Giulia naturalmente che ha il sonno come quello di un orso in letargo! Sento dei rumori provenire dalla stanza di Carlotta e la porta improvvisamente si apre. Ne esce una Carlotta con i capelli più arruffati del solito che si stropiccia gli occhi. Ci guardiamo e io comincio una sorta di pantomima a gesti scusandomi per aver fatto rumore e averla svegliata e lei, sempre mimando, mi fa capire che non fa nulla e vuole bere una tazza di caffè insieme a me. Aria apre gli occhi e sbadigliando dice: “ Luna sei sempre tu, ero finalmente riuscita a chiudere gli occhi solo due ore fa, grazie a questo splendido materasso, ma ti perdono solo perché capisco l’ansia che ti ritrovi”. Carlotta le fa segno di parlare piano che Giulia dorme e io e Aria ci guardiamo scoppiando a ridere come due matte, tappandoci la bocca con le mani, ricordando la notte del tentato furto. “ Se Giulia dovesse svegliarsi perché ha sentito la mia voce comincerei a preoccuparmi!” risponde Aria. Restiamo tutte e tre in silenzio guardando verso la porta della stanza di Giulia, si sente solo il ticchettio dell’orologio, ci guardiamo tutte e ricominciamo a ridere. Vado in cucina e comincio a riempire la moca grande, abbiamo bisogno di parecchio caffè questa mattina. Mentre aspetto che esca il caffè, preparo la tavola per la colazione, prendo le tovagliette e le tazze e mentre le sistemo, ognuna al suo posto, ripenso a quando le abbiamo comprate e a tutti gli anni che abbiamo trascorso insieme. Sono passati più di quattro anni e, fra alti e bassi, sono sicuramente stati gli anni più strani della mia vita. Mentre apparecchio la tavola, persa nei miei ricordi, con il profumo inebriante del caffè che comincia a uscire, lo squillo del mio telefono rompe il silenzio dell’alba. I miei pensieri vengono improvvisamente interrotti e scappo verso la mia camera alla ricerca del telefono per impedirgli di suonare ancora e svegliare addirittura tutto il palazzo. Ma chi può chiamare alle sei del mattino? Vengo presa dal panico e durante i pochi secondi che passano mentre cerco il telefono, mi vengono in mente le cose più assurde. Che il professore si sia ammalato e non può presentarsi? Che si sia preso una sbronza la sera prima ed è ancora ubriaco? Luna ma cosa ti viene in mente? E se è morto il Correlatore? Oddio decido di rispondere, premendo il tasto verde, prima di svegliare anche Giulia e prima di pensare che il professore potrebbe essere scappato pur di non farmi laureare. Sì, ho avuto più di una volta questo pensiero e adesso, mentre leggo il nome sul telefonino, un altro brivido mi attraversa la schiena. “ Pronto?” “ Luna, sono zia Teodora, ti ho svegliata tesoro?” “ Zia ero già sveglia ma cosa è successo?” chiedo leggermente ansiosa. “ O cara, ho aspettato che si facesse un’ora decente per telefonarti, devo assolutamente avvertirti di una cosa gravissima.” Un’ora decente? Mi viene veramente il panico a sentire quelle parole e la incito a continuare. “ Vedi tesoro, ieri sera io e zia Camilla abbiamo esaminato il cielo! Oggi non devi uscire di casa, la luna era di traverso e rischieresti molto.” “ Zia, forse hai dimenticato che oggi mi laureo. In un qualunque giorno normale non ti avrei dato comunque ascolto immagina oggi, il giorno più importante della mia vita!” “ Ma cara non capisci, oggi è veramente infausto, ieri la luna aveva il cerchio insanguinato attorno, tu non puoi e non devi uscire di casa!” Ci risiamo, zia Teodora e Zia Camilla, le mie adorate ziette! Mi auguravo davvero che almeno oggi avrebbero messo da parte le loro paturnie riguardanti la Luna, e invece è peggio di quanto potessi mai immaginare. Non hanno mai parlato di “ cerchio infuocato attorno”. Credo proprio che oggi, nonostante tutti i miei presupposti, debba veramente preoccuparmi. Non è infatti un caso che il mio nome sia Luna. Fin dalla nascita ho sempre vissuto con zia Teodora e zia Camilla in una piccola isola. Le zie mi hanno raccontato che mamma morì quando io nacqui e non si è mai saputo nulla del mio presunto padre fino a quando ho compiuto diciotto anni... Ventidue anni fa promisero alla mamma che si sarebbero prese cura di me in tutto e per tutto. È grazie a loro che ho potuto frequentare l’università e arrivare così al giorno della laurea. Fin da quando ero molto piccola ho capito subito che si trattava di due persone abbastanza particolari, diciamo pure sui generis. Ma solo il giorno che ho compiuto diciotto anni ho compreso il motivo di tanta particolarità. Lunaria –1– In Sicilia c’è un’isola nell’isola che si chiama Lunaria. Lunaria, per chi non lo sapesse, è un genere di pianta appartenente alla famiglia delle Brassicaceae o Crocifere. Comprende piccoli arbusti o erbe alte. Il nome deriva dall’aspetto tondeggiante e piatto del frutto che seccandosi assume un aspetto argenteo. Il fiore, di colore violaceo più o meno deciso a seconda della specie, è composto da quattro petali, quattro sepali, sei stami e un pistillo. Non si è mai saputo se il nome dell’isola derivi dalla pianta che, in modo straordinario, cresce ai piedi del vulcano situato sul territorio. Lunaria sembra un paese in miniatura, composto da casine di legno tinte di azzurro, giallo, viola e di tanti altri colori. Zia Teodora e zia Camilla sono nate e cresciute in questa graziosa isola. Hanno sempre vissuto qui, in una casa di legno tinta di bianco con un enorme giardino nel quale coltivano erbe e fiori. Sono le veterane dell’isola. Chiunque abbia bisogno di un qualsiasi consiglio va a chiederlo a loro. Hanno sempre avuto un piccolo negozio, di spezie, erbe, e chincaglieria varia, ereditato dalla loro mamma. Ricordo che già da bambina ho imparato a memoria i nomi di tutte le erbe e i vari modi di preparazione per le tisane. La mia preferita è sempre stata quella alla menta, per il suo profumo così fresco e inebriante. Il modo di vivere delle zie è diverso e parecchio particolare se paragonato a quello degli altri isolani. Fin da ragazze hanno avuto un abbigliamento singolare e inusuale. Essendo attratte dalla magia e dai sortilegi, hanno adeguato il loro abbigliamento al loro modo di vivere. Lunghi abiti di velluto neri e viola, accompagnati da camicette bianche ricamate ai polsi e ai colletti e scarpine nere con tacco quadrato, sono sempre stati il loro segno distintivo. D’estate il velluto in Sicilia è veramente improponibile e, dopo vari esperimenti, le zie sono riuscite a creare un tessuto, tale e quale al velluto, leggero e impalpabile ricavato dalle foglie di certe piante che hanno denominato “ vetullo” naturalmente sempre nei colori nero e viola. I cappelli non possono mai mancare sulle loro teste e anch’essi sono adeguati agli abiti che portano. Da piccola ho contribuito anch’io alle loro stranezze sull’abbigliamento perché erano orgogliose di cucirmi i vestitini tali e quali ai loro, ma in miniatura. Questo significa che fin dall’asilo fui presa di mira dalla ragazzine, che non perdevano occasione di prendermi in giro chiamandomi “ figlia illegittima di streghe”. Da bambina ne soffrivo e non capivo il motivo per il quale le zie fossero così diverse, ma la cosa che più mi rendeva triste era che nessuna voleva essere mia amica, e trascorrevo così i miei pomeriggi a imparare a capire la differenza tra una spezia e l’altra e carpire i segreti che ogni erba nascondeva. All’età di diciassette anni ho cambiato opinione decidendo che la mia vita era sicuramente più inconsueta di quella delle mie compagne di scuola e quando le mie coetanee hanno scoperto cosa ero in grado di fare con le erbe, sono diventate curiose provando a diventare mie amiche. Tornando alle zie, non è solo il loro abbigliamento ad essere inconsueto, ma anche tutto ciò che le circonda. La casa, per esempio, è piena di tappeti, calderoni, amuleti, talismani e pentacoli; probabilmente, durante la mia crescita, questo ha contribuito a farmi adorare le collane! Ne posseggo a centinaia, tutte lunghe e piene di pietre colorate che realizzo da sola. Anche i pranzi e le cene sono sempre stati diversi. Tutto viene cucinato con le erbe e le spezie, e in casa aleggia costantemente un odore di lavanda misto a coriandolo e cannella; decisamente un po’ nauseabondo, ma basta farci l’abitudine. La casa è su due piani con una mansarda più in alto che rappresenta tutto il mio regno. C’è un letto grande con un comodino per lato, una scrivania con una sedia, un enorme tappeto di velluto in colori arcobaleno; alle pareti vari quadri coloratissimi e, alle spalle del letto, un arazzo di velluto turchese che fa da testata. Il tutto in uno stile vagamente retrò. La prima volta che è venuta a trovarmi in casa Aria, ha invidiato il mio modo di vivere e la mia stanza, assolutamente diversa e fuori dal comune rispetto alle altre. Non ha mai saputo che io ho sempre desiderato fare la sua stessa vita, con una madre e un padre adorabili. Questo non vuol dire che non ami le zie o non mi trovi bene con loro, solo che ho sempre e solo immaginato cosa voglia dire “ avere i genitori”. La sera, dopo cena, mi sono sempre rinchiusa nella mia stanza a guardare la TV, che per le zie è sempre stato uno strumento proibito, da bandire. Ma mi hanno sempre lasciato fare perché, nonostante le loro stranezze, hanno sempre creduto corretto lasciarmi libera di fare le mie scelte. Una notte sono scesa nella sala da pranzo per prendere un bicchiere d’acqua e sono rimasta ferma sulle scale, senza farmi vedere, bloccata da una visione. Nella stanza c’erano le zie con una signora che ogni volta che ci vedeva per strada si voltava e faceva finta di non conoscerci. La cosa mi ha colpito particolarmente e sono così rimasta immobile, quasi senza respirare, per ascoltare cosa era venuta a fare la donna in casa nostra a quell’ora tarda. “ Non posso accettare una cosa simile da lui, deve pagare per quello che ha fatto” ha detto la signora. “ Ma cara,” rispose zia Teodora, “ sei davvero sicura di aver visto bene? Mi hai detto che era buio e non si vedeva niente.” “ Ma io ho sentito la sua voce, era lui che le diceva di amarla e che al più presto mi avrebbe lasciata.” “ Allora,” ha risposto zia Camilla, con l’immancabile sigaretta in bocca, “ se sei sicura, amica mia, sei nel posto giusto, noi possiamo aiutarti e fare in modo che tuo marito lasci per sempre questa donna.” “ E che cosa devo fare?” chiese eccitata la donna. “ Solo fargli bere questa pozione prima di andare a dormire e l’indomani mattina vedrai il cambiamento” ha concluso zia Camilla. “ Tutto qui? È così semplice? E quanto vi devo per la pozione e il disturbo?” E le zie in coro: “ Ma niente cara”. Poi zia Teodora: “ Quando ti renderai conto che è tutto vero, siamo sicure che tornerai e allora ne riparleremo”. Di corsa ho trovato rifugio nel mio letto e ho iniziato a riflettere su quelle parole. Possibile che in tutti quegli anni non mi ero mai accorta di cosa facessero le zie? Oppure era una nuova attività che avevano sperimentato da poco? Era il caso di indagare e la mattina dopo, durante la colazione (tè allo zenzero con pasticcini alla cannella) ho chiesto: “ Zie, ieri notte ho sentito dei rumori, è venuto per caso qualcuno in casa a trovarvi?” Ho subito notato un improvviso sguardo tra di loro e immediatamente arriva la risposta di zia Camilla già pronta con l’accendino per la prima sigaretta del giorno. “ Ma no cara, chi dovrebbe venire a trovarci la sera? Stavamo preparando i pasticcini alla cannella e zia Teodora, per sbaglio, ha fatto suonare la campanella. Ti abbiamo svegliata, cara? Ci dispiace così tanto!” “ No zia, non preoccuparti, ero già sveglia, guardavo la televisione.” Perché mentirmi? E perché quello sguardo di consenso tra loro? In quel preciso istante ho sospettato che niente in quella casa era ciò che credevo o per lo meno c’era qualcosa di inquietante che dovevo assolutamente scoprire. Dopo la bugia di quella mattina, ho lasciato perdere la televisione, nonostante mi piangesse il cuore al pensiero di perdere gli episodi di una serie americana che tanto mi facevano sognare una realtà così diversa dalla mia. Dalle nove della sera mi piazzavo sui gradini della scala che portava al secondo piano e, senza farmi vedere, osservavo sgomenta le pozioni che preparavano e nascondevano le zie. Ognuna aveva un potere diverso. Nelle apposite targhette scrivevano i vari componenti e il loro uso. E a ogni ampolla accompagnavano un amuleto di diverso tipo. Il tutto veniva poi nascosto in un cassetto che stava dentro il grande mobile in cucina. Intorno a mezzanotte davano un’occhiata alla luna e con uno sguardo tra di loro, come quello che si erano date quella mattina, annuivano o facevano uno strano gesto con le dita: univano entrambi gli indici delle mani come a significare “ chiusura”. Con il trascorrere delle notti ho capito che se la sera precedente avevano annuito, e la cosa accadeva spesso, l’indomani sarebbero state le zie di sempre; se la sera precedente avevano invece intrecciato le dita, la mattina successiva sarebbero state intrattabili e poco inclini alla gentilezza che da sempre le distingueva. Una mattina d’estate sul tavolo della cucina mi aspettava un biglietto scritto con la inconfondibile grafia di zia Teodora tutta ghirigori e accenti particolari. Il biglietto diceva: “ Luna cara, questa mattina io e zia Camilla abbiamo una cosa importante da sbrigare nell’isola vicina, non faremo in tempo a tornare per pranzo e, probabilmente, tarderemo pure per la cena. Troverai in frigorifero i pasti che con tanto amore io e zia Camilla abbiamo preparato ieri sera, ti basterà scaldare il tutto e mangiarlo. Per la colazione, dentro il piatto verde troverai dei biscotti appena sfornati che potrai accompagnare con la marmellata di fragoline di bosco che mi sono premurata di raccogliere l’altra mattina, so quanto ti piace. Ti auguriamo buona giornata”. Non mi è sembrato vero. Rimanere in casa da sola e poter scoprire cosa nascondesse il mobile. Ho mangiato un biscotto al volo e assaggiato la magnifica marmellata di fragoline che tanto amo. Mi sono recata immediatamente verso il mobile e, meraviglia, l’ho trovato aperto. Ma il cassetto era tristemente vuoto e tutto il contenuto che avevo visto le notti precedenti sparito. No, non era sparito, era semplicemente dentro le grandi borse stile Mary Poppins che le zie utilizzavano. Avevano portato via tutto, ma dove? e perché? Ma soprattutto dove avevano cominciato a fare questi esperimenti? In casa c’ero sempre io e la notte, dopo mezzanotte, le ho sempre viste andare a dormire. Un momento... se non è in casa che elaborano i loro pastrocchi deve essere per forza nel negozietto. Decido subito di andare a dare un’occhiata. Il negozietto si trova a dieci minuti di strada a piedi da casa nostra. Io vado in bici, è il mezzo che utilizzo per fare i miei spostamenti. A Lunaria non esistono autobus e le macchine sono veramente rare. L’isola è talmente piccola che basterebbe mezza giornata per girarla tutta. E poi la bici mi serve per riuscire a smaltire tutti i dolci che preparano le zie. Sono golosissima e se poteste solo sentirne il profumo, anche voi non riuscireste mai a rinunciarvi. Arrivo davanti al negozio, che oggi è chiuso, il mercoledì le zie si riposano. Lascio la bici per terra e tiro fuori le chiavi. Mentre armeggio con il chiavistello mi sento bussare alla spalla. Mi giro di soprassalto e c’è Aria che subito mi chiede: “ Tutto bene? Mi sembri un po’ strana stamattina. Ti ho vista mentre uscivi di corsa di casa, ti ho chiamata più volte ma non mi hai sentita. Allora ho preso la bici e ti sono venuta dietro. Sono sicura che devi fare qualcosa di diverso e avrai bisogno di un sostegno morale”. Aria! Ha sempre avuto una sorta di sesto senso nei miei confronti. È l’amica più cara che ho. Certo ne ho delle altre, ma con Aria c’è sempre stato un feeling particolare. Ci siamo conosciute a scuola. Eravamo sedute vicine alla prima classe della scuola media. Ci siamo piaciute subito, una sorta di colpo di fulmine d’amicizia e già il primo giorno di scuola sapevamo tutto di entrambe; abbiamo soprattutto scoperto di essere nate lo stesso giorno dello stesso anno, addirittura a qualche minuto di distanza. La sua presenza mi rassicurava. Questa avventura andava sicuramente affrontata insieme a lei. Entriamo e, una volta dentro, le racconto delle zie, degli strani segni che hanno fatto la sera prima di andare a dormire guardando la luna e della discussione avuta qualche sera precedente con la signora e la sua pozione. Aria scoppia a ridere. “ Ma ti sei accorta solo adesso che le tue zie sono sempre state un po’strane? A me hanno sempre fatto pensare alle due vecchiette del film Arsenico e vecchi merletti. Con la differenza che loro non uccidono i vecchietti soli ma fanno pozioni per i mariti infedeli. Credi che funzionino le loro pozioni?” “ Ma cosa dici?” rispondo con il battito accelerato. “ Io ti sto parlando di una cosa seria! Ma non ci trovi davvero niente di strano? Come è possibile che io non mi sia mai accorta di niente? E oggi? Secondo te dove sono andate? Stamattina ho trovato questo bigliettino sul tavolo della cucina, leggi e dimmi cosa ne pensi.” Mentre Aria legge noto le sue espressioni del volto che fanno cento cambiamenti al secondo. “ Mmmm... zia Teodora ha fatto la marmellata di fragoline di bosco e non mi hai detto niente?” dice la mia amica leccandosi le labbra. Le prendo la mano, la tiro verso l’interno del negozietto e le dico di aiutarmi a cercare qualcosa che ci faccia capire cosa hanno in mente le zie. “ Ma dopo andiamo a casa tua a mangiare la marmellata. Mmm... fragoline di bosco.” L’unica cosa che rende Aria e me diverse, a parte l’aspetto fisico, è il nostro gusto in fatto di dolci. Lei va matta per i dolci alla frutta, potrebbe fare follie per una torta alla marmellata di fragole. Io, invece, impazzisco per la cioccolata, il solo pensiero mi mette di buonumore! Purtroppo le zie preparano sempre dolci alla frutta e alle spezie, dicono che la cioccolata non va d’accordo con la luna e io e la luna, invece, dobbiamo andare d’accordo. Le faccio strada all’interno del negozietto. La sensazione che si prova entrando nella “ stanza delle essenze” è quella di essere investiti da zaffate di effluvi talmente intensi che bruciano perfino gli occhi. “ Ma cos’è questo odore?” mi chiede Aria. “ Questa è la stanza delle essenze: segretissima. Se le zie sapessero che siamo entrate ci ucciderebbero!” rispondo e le spiego. “ All’interno del calderone vengono miscelate le spezie e le erbe per farne i decotti che diventeranno unguenti e pomate. Vieni, voglio dare un’occhiata nel mobile degli attrezzi, chissà che non ci troviamo qualcosa!” “ Forse qualche strumento di tortura, tipo il tiralingua che utilizzavano nel Medioevo,” dice la mia amica con l’aria di chi sta riflettendo, “ oppure troveremo un collare spinato o la sedia di fustigazione o ancora...” “ La smetti di farti venire strane idee per la testa? Le zie sono strane ma non farebbero mai del male a nessuno” le rispondo sorridendo. Apro il mobile degli attrezzi e comincio a tirare fuori i vari utensili per la preparazione dei decotti: filtri, recipienti, cestelli, bricchi e beccucci, coltelli dalle diverse forme, matterelli di piccole e medie dimensioni, piatti e tazze in ceramica con appositi cucchiai dalle forme arrotondate e, mentre sposto un grosso cestello, in fondo al mobile scorgo un libro. Con difficoltà lo tiro fuori. Si tratta di un grosso volume rilegato in pelle viola: Ars Magica. Senza dire una parola guardo Aria e, come se mi leggesse nel pensiero, annuisce e fa segno di aprire il grosso libro. Leggo a voce alta l’iscrizione della prima pagina: “La magia è la tecnica che si prefigge lo scopo di influenzare gli eventi e di dominare con la volontà i fenomeni fisici e l’essere umano, a tale fine può servirsi di gesti, atti e formule verbali o rituali appropriati. Fin dall’antichità è credenza che la magia si relazioni alle varie fasi lunari per una pura connessione con l’universo intero. Il requisito essenziale per compiere atti magici è riconoscere che dentro i prescelti ci sia una forza capace di guidare gli eventi e che è importante imparare a controllarla e utilizzarla.” Alziamo entrambe gli occhi dal manuale. Aria comincia a ridere mentre io sono letteralmente pietrificata. “ Oddio le zie vogliono fare le streghe!” mi esce una voce acutissima e ridicola. “ Mi ricorda tanto Hocus Pocus, ricordi il film delle tre streghe?” mi chiede Aria tutta eccitata. “ E se si fossero cacciate in qualche guaio? Devo preoccuparmi per loro o per me che ci vivo insieme? Che faccio?” le chiedo preoccupata. “ Io direi di continuare a leggere il libro, forse troveremo qualche risposta” mi consiglia saggiamente Aria. Mentre continuo a sfogliare velocemente il manuale, cade un vecchio foglio di pergamena piuttosto malridotto ma ancora leggibile. Mi accorgo subito che è scritto a mano in dialetto lunariano. La cosa che più salta agli occhi è il titolo: LunAria. Io e Aria abbiamo spesso parlato dei nostri nomi che uniti formano il nome della nostra isola, appunto Lunaria. Ci abbiamo sempre scherzato e giocato sopra, anche perché pensavamo che parecchie persone si chiamassero come noi. Invece, a quanto pare, fino a oggi non abbiamo notizie di abitanti che abbiano i nostri stessi nomi. Vederli scritti uniti sopra un foglio ingiallito è stato come scoprire una cosa del tutto nuova. Decido che è il caso di dare un’altra occhiata al libro. Subito dopo la prima pagina, in caratteri gotici un altro titolo: Erbe Magiche di Magnolia Fiamma. Aria mi spinge e si fa largo verso il libro. Legge di nuovo il titolo a voce alta ripetendo più volte il nome. “ La mia bisnonna si chiamava Magnolia. Magnolia Firvis Glicini. Ma si trattava del cognome ereditato dal nonno una volta divenuta sua moglie. Non so quale fosse il suo nome da ragazza. Ho chiesto parecchie volte ai miei genitori di parlarmi dei miei avi, anche perché mi hanno sempre incuriosito quei quadri con i ritratti dei bisnonni, in modo particolare il quadro che raffigura Magnolia. Ma ogni volta che ho chiesto di parlarmi di loro hanno sempre fatto riferimento al bisnonno, Raffaele. Della bisnonna dicono che fosse una donna strana e bislacca niente più, come se avesse qualcosa da nascondere o meglio, come se loro volessero nascondermi qualcosa di lei.” “ Ma questo nome, Fiamma, non ti ricorda nulla?” le domando. “ Niente. Ma quante Magnolie ci saranno state nel primi del Novecento a Lunaria? Diamo un’occhiata, vediamo cosa dice il libro, magari troviamo qualche biografia di Magnolia Fiamma.” “In questa sezione verranno trattate le erbe in relazione alla pratica magica della Stregoneria. Ogni erba, ogni pianta, oltre le più o meno note proprietà mediche, ne ha altre di valore più sottile; in base a queste, erbe e piante vengono scelte e utilizzate in rituali e incanti in diverse forme: intere, macinate, sotto forma di incensi e anche come oli aggiunte alla cera delle candele o infilate in pacchettini di stoffa per diversi usi. L’utilizzo delle erbe è una delle pratiche al contempo più comuni e più particolari della stregoneria e della magia popolare, con una storia vecchia di secoli.” E in basso, a caratteri più piccoli una indicazione: “Per chi si avvicina a questa via, ricordo che si tratta di nozioni importanti, da conoscere e da comprendere, ma da mettere in pratica solo e quando si è pronti a farlo, e in piena coscienza di ciò che si compie.” Magnolia Fiamma. Questa volta è Aria a guardarmi, ma con una strana espressione negli occhi, potrei dire che è eccitata, gli occhioni verdi le brillano e non riesce a mettere insieme due parole. “ Che succede?” le domando preoccupata. “ La torre” risponde con aria svanita. “ Quale torre?” le chiedo senza capire. “ Nella villa. Luna a casa mia c’è una specie di stanza nascosta, non è proprio nascosta, tutti sanno della sua esistenza, ma è difficile andarci e soprattutto c’è una teca di vetro che è sempre chiusa a chiave. Alle cameriere è proibito pulire quella stanza, papà dice perché ci sono libri rari che non vanno assolutamente toccati. Io credo che quei libri non debbano essere letti. Andiamo a casa mia, oggi mamma e papà sono andati sulla terra ferma. Mamma aveva la presentazione di un libro, io mi annoiavo a morte ad andare e ho detto che avrei trascorso la giornata al mare. Torneranno in tarda serata, come le tue zie. A proposito,” mi guarda con aria sospettosa, “ dove sono andate le tue zie oggi?” Rispondo ridendo: “ Un momento, aspetta un momento. Non eri tu che circa mezz’ora fa mi prendevi in giro perché mi preoccupavo che le zie sono un po’ strane? Sai qualcosa che io non so signorina Aria Firvis Glicini?” “ Purtroppo no, ma mi piacerebbe tanto scoprirlo. Dai andiamo e porta il libro, potrebbe esserci utile.” “ A far cosa?” le chiedo. “ Vuoi forse provare qualche incantesimo?” “ No Luna, voglio soltanto capirci qualcosa.” “ Ma qui si sono ribaltati i ruoli, vediamo di tornare un po’ alla normalità. Solitamente sono io quella che si preoccupa e tu quella che fa le battute sulle mie paturnie, cosa è successo Aria?” “ È successo che nel momento in cui ho letto il nome Magnolia ho capito che mi è sempre stato nascosto qualcosa di cui voglio assolutamente essere messa al corrente. E visto che nessuno in casa vuole parlarne, cercherò questo ‘qualcosa’ da sola anzi, con te. Andiamo e non fare più domande!” “ Agli ordini mio capitano!” le rispondo sorridendo con la mano sulla fronte come il saluto militare. Rimettiamo dentro il mobile tutti gli strumenti che avevo tirato fuori. Richiudiamo la stanza delle essenze e ci trasciniamo fuori il libro che mettiamo dentro il cestino della mia bicicletta. Chiudo a chiave il negozietto e cominciamo a pedalare alla volta di Villa Firvis Glicini. –2– Aria e la sua famiglia vivono in una grande villa ai piedi del vulcano di Lunaria. I suoi genitori, Elena e Valentino Firvis Glicini, sono di nobili origini e hanno ereditato la villa dal bisnonno di Valentino, il cui simbolo familiare è posto su tutti gli ingressi della villa. Si tratta di uno stemma con le iniziali dei due cognomi: una “ F” e una “ G” in stampatello a caratteri stilizzati. Nonostante le loro nobili origini e il loro aspetto decisamente gradevole, Valentino ed Elena sono una coppia molto alla mano e soprattutto amata da tutti i loro conoscenti e amici. Valentino si occupa dei terreni della famiglia mentre Elena fa la scrittrice di favole per bambini. Dopo dieci minuti di intensa pedalata e superata la salita che ci porta alle pendici della villa, arriviamo finalmente a destinazione. Villa Firvis Glicini è immersa in un’oasi di pace e tranquillità. La vista del porto mozza il fiato per la sua bellezza e tutto intorno, sparpagliati sulla verde collina, ci sono gruppi di case intonacate o in pietra viva, disseminati disordinatamente in un miscuglio di colori, come il disegno a pastelli di un bambino. La Villa è in pietra, con enormi travi di legno all’interno. È costruita su vari piani, con grandi e comode stanze, ciascuna con caminetto e terrazzo. Il soggiorno e la sala da pranzo hanno enormi vetrate dalle quali si può scorgere il panorama dell’isola. L’arredamento è in perfetto accordo con l’ambiente. A rustici tavoli fratini e panche si alternano comode e morbide poltrone. Alle pareti si notano splendidi quadri, dagli impressionisti francesi ai maestri italiani. Nell’atrio sono appesi i ritratti a olio di Raffaele e Magnolia Firvis Glicini, i bisnonni di cui mi parlava Aria. Entriamo dall’ingresso principale. Aria mi porta subito al secondo piano, dove, per mezzo di una stretta scaletta, si arriva alla torre. Sotto un tetto spiovente di tegole c’è la stanza segreta di cui ogni tanto il padre di Aria si serve come studio personale. È arredata con un grande tavolo da lavoro e una comoda sedia imbottita, girevole. Le pareti sono ricoperte di scaffali di libri e di mappe, quasi tutti riguardanti l’impero dei Firvis Glicini. “ Sono salita più di una volta qui sulla torre a cercare qualche libro interessante, ma sugli scaffali ci sono soltanto documenti riguardanti le varie proprietà terriere appartenute alla mia famiglia, immagina la noia!” esclama Aria. “ Nelle teche di vetro ci sono i manoscritti rari, ma c’è una teca diversa dalle altre. Mentre tutte hanno i vetri trasparenti, con i libri in vista e non sono chiuse a chiave, questa è quella che mi ha sempre incuriosita” dice indicandomi una libreria all’angolo. “ Guarda, dietro il vetro c’è una tenda scura e la teca è chiusa a chiave, che ne pensi?” “ Penso che abbiamo fatto una corsa inutile. Se è chiusa a chiave come facciamo ad aprirla?” rispondo scocciata. “ E tu credi che ti avrei trascinata qui di gran fretta soltanto per guardare una teca chiusa? Tze! Donna di poca fede, guarda e impara.” Aria si volta e prende la sedia girevole dietro la grande scrivania. Con immensa fatica la trascina verso la teca chiusa facendomi cenno di aiutarla e spiegandomi che in casa tengono sempre le chiavi sopra i mobili. Sale con i piedi sulla sedia, arriva a stento con le mani e tastando a tentoni: “ Eureka! Hai visto mia cara Luna sfiduciata e diffidente? Come volevasi dimostrare! anzi, ricordi come diceva sempre il professore di matematica quando non gli risultavano gli esercizi?” E in coro diciamo all’unisono nel tipico dialetto lunariano “ Comu voli Diu” cioè “ come vuole Dio”. E ridiamo ricordando il buffo e simpatico professore. Con la chiave in mano Aria scende dalla poltrona e apre la teca. Spalanca entrambe le ante della libreria e rimaniamo qualche istante a contemplare quella magnifica visione. Ordinatamente sistemati vi sono un centinaio di libri disposti per gradazioni cromatiche. Nella fila in alto si trovano tutti i libri appartenenti alla tonalità del blu e tutti i suoi derivati. Via via che le file scendono cambiano le tinte. Ogni volume è ricoperto da una copertina di tessuto tale e quale a quello delle tende della stanza. Al centro della libreria, un libro nero diverso da tutti gli altri e decisamente in contrasto in mezzo a quelle meravigliose sfumature. Aria lo tira fuori. Oltre il colore c’è un’altra differenza, il tessuto è di velluto. Un libro di media misura di velluto nero. Incuriosita, Aria lo apre subito. “ Ho come la sensazione di aprire la porta su un altro mondo.” Le prendo il libro di mano e vedo subito che si tratta della storia di Magnolia Fiamma, scritta nel dialetto lunariano, stampata su pergamena. Non c’è né il nome dell’autore né la data, ma Aria è certa che deve avere più di cento anni, perché molte pagine sono sbiadite e altre ingiallite. “ Luna, lo abbiamo trovato!” mi dice Aria eccitatissima e con le lacrime agli occhi. Le sorrido, l’abbraccio e le faccio segno di sederci per terra in modo che possiamo leggere quella meravigliosa rivelazione. Il libro animava di vita vera quegli antichi ritratti appesi giù nell’atrio. Aria aveva visto i quadri dei suoi antenati migliaia di volte: il ritratto di un uomo e di una donna all’antica, vestiti con abiti strani. L’uomo non era bello, ma dal suo viso trasparivano energia e intelligenza. Aveva i capelli scuri, zigomi alti e sporgenti e vispi occhi neri. La donna era una vera bellezza. Capelli rossi, carnagione perfetta e scintillanti occhi verdi. Indossava un abito nero di velluto, un corsetto di broccato e un mantello. Non appena Aria aveva aperto il libro, quella donna così affascinante e così somigliante a lei, s’era animata di colpo e non fu più un’estranea. Ad Aria era parso di sentirsi trasportare indietro nel tempo, come se stesse vivendo nella Lunaria del Novecento, con Magnolia Fiamma, la donna che diede inizio alla nuova era della dinastia dei Firvis Glicini. Procedendo nella lettura del libro di velluto, apprendemmo che la bisnonna di Aria era stata un’erborista. E una strega.