da Sir Philip Sidney CON CHE TRISTI PASSI, O LUNA Con che tristi

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da Sir Philip Sidney CON CHE TRISTI PASSI, O LUNA Con che tristi
da Sir Philip Sidney
CON CHE TRISTI PASSI, O LUNA
Con che tristi passi, o luna, scali il cielo!
Come silenziosa, e con che smunto viso!
Cosa! Potrebbe essere che persino in paradiso
quell’arciere indaffarato scaglia le sue frecce aguzze?
Certo, se è vero che gli occhi da tempo esperti in amore
sanno ragionare d’amore, tu capisci lo stato d’animo di un innamorato;
lo leggo nel tuo sguardo, - la tua languida grazia
a me che sento lo stesso come te, rivela il tuo stato d’animo.
Poi, dato che siamo compagni, o luna, dimmi,
l’amore costante è giudicato lassù pura mancanza di senno?
Sono lì le bellezze tanto fiere come qui?
Esse lassù amano essere amate, eppure
Quegli amanti disprezzano colui che quell’amore possiede?
La chiamano virtù, lassù, l’ingratitudine?
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VIENI SONNO
Vieni sonno! Oh sonno, il nodo sicuro della pace,
il luogo di ristoro dell’intelletto, il balsamo dei guai,
la ricchezza del povero, la liberazione del prigioniero,
dei forti e dei deboli il giudice equo,
dalla folla, con scudo di provata robustezza, proteggimi,
da quei dardi feroci che la disperazione mi scaglia addosso;
fa che cessino, in me, quelle guerre civili;
pagherò un buon tributo, se lo farai.
Prendi da me cuscini morbidi, il letto più dolce,
una camera sorda ai rumori e cieca alla luce,
una ghirlanda di rose e una testa stanca;
e se queste cose, tue di diritto,
non muovono la tua grazia greve che tu debba vedere, in me
più viva che altrove, l’immagine di Stella.
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