Leggi l`intervista al Patriarca Ecumenico di Costantinopoli
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Catholica 7 GIORNALEdelPOPOLO SABATO 28 GENNAIO 2017 intervista Il Patriarca ecumenico di Costantinopoli in esclusiva al GdP «L’unità dei cristiani passa per l’aiuto ai poveri» «Il Santo Concilio - dice Bartolomeo - è stato un avvenimento chiave che ha mostrato l’unità dell’intera ortodossia, comunque non contestata dalle Chiese autocefale che non vi hanno partecipato». Le grandi crisi umanitarie di oggi sono al centro dell’ecumenismo. di Gino Driussi Bartolomeo I, al secolo Dimitrios cluso, un anno che è stato ricco Archontonis, 76 anni, cittadino di avvenimenti sul piano ecturco, è il Patriarca ecumenico di clesiale ed ecumenico. Per la Costantinopoli ormai da 25 anni. Chiesa ortodossa, l’evento più Come tale, detiene il primato d’oimportante è stato senza dubbio nore ed è quindi il “primus inter il Santo e Grande Concilio, che, pares” tra i primati delle 14 Chiese dopo una difficile preparazione autocefale che formano la Chiesa durata una cinquantina d’anortodossa. Risiede ni, si è svolto al Fanar di Istansull’isola di bul, da dove ha acCreta dal 18 «La Chiesa ortodossa deve cettato di risponal 26 giugno. dere alle nostre Che bilancio essere capace di dotarsi di domande, in esclutrae di questo strumenti che le permettano evento? siva per il Giornale del Popolo. È un po’ predi rispondere alle sfide della sto per trarne modernità» Santità, si è apun bilancio in pena conclusa la quanto ci troSettimana di previamo ancora ghiera per l’unità dei cristiani. Il in una fase critica del processo contema di quest’anno, tratto dalla ciliare, cioè quella della sua ricezioSeconda Lettera di Paolo ai Cone. D’altronde, l’importanza stessa rinzi, è stato “L’amore di Cristo ci del Concilio ci supera, in quanto spinge verso la riconciliazione”. non si trattava solo di studiare i Quali riflessioni ha suscitato in Lei temi all’ordine del giorno, anche se questo tema e che importanza rimolto importanti, ma di affrontare veste, per Lei, questa Settimana di anche la realtà e il posto dell’ortopreghiera? Il tema della riconciliazione è centrale nel cristianesimo, per cui la ringraziamo per questa sua domanda. A nostro parere, bisogna distinguere tre livelli di lettura. Il primo riguarda il rapporto della riconciliazione dell’umano con il divino. La riconciliazione in Cristo pone quest’ultimo al centro di ciò che costituisce l’umanità, quale immagine di Dio e in un rapporto dinamico di rassomiglianza. Cristo è riconciliazione. Basti ricordare le parole del santo apostolo Paolo: «È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione» (2 Cor. 5, 18). È peraltro interessante notare come Paolo, nel versetto precedente, parli di un «ministero della riconciliazione». La riconciliazione è la misura a partire dalla quale noi dobbiamo pensare la nostra comunione con Dio e la nostra unità nella Chiesa. Il secondo livello deriva direttamente dal “ministero di comunione”, è più ecumenico e risponde a quanto lei ci ha chiesto in merito alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, nella quale si iscrive l’azione di riconciliazione che dobbiamo intraprendere. Se dossia intera nel mondo contempodovessimo utilizzare una sola imraneo. In altre parole, in un’epoca magine, sceglieremmo quella della di mondializzazione, la Chiesa orguarigione. Riconciliare vuol dire todossa deve essere capace di doinnanzitutto guarire i mali della tarsi di strumenti che le permetstoria, le cicatrici del tempo, le intano di rispondere alle sfide della comprensioni reciproche, i conflitti modernità (alcuni parlano anche della memoria, l’odio fratricida. In di post-modernità, ma non entriaquesto senso, la divisione tra crimo in questo dibattito). Il Santo e stiani alla quale abbiamo voluto riGrande Concilio è stato un avvenispondere pregando per l’unità delle mento-chiave, in quanto è stato un Chiese è una ferita spirituale, le cui fenomeno ecclesiale di comunione, responsabilità sono da condividere, che ha manifestato l’unità dell’inche siano accettate o no. Di fatto, in tera ortodossia (unità peraltro non un’era ecumenica e mentre siamo contestata dalle Chiese ortodosse alla ricerca dell’unità, non può esautocefale che non vi hanno parserci riconciliazione senza perdotecipato) e la necessità assoluta di no. Se vogliamo essere veri e propri un’esperienza conciliare di scala attori di riconciliazione, dobbiamo mondiale. Quest’ultima, sebbene assumere le nostre responsabilità tradizionale nell’ortodossia a liveled essere pronti a fare il primo paslo locale e regionale, rimane da (ri) so. Questo è stato il fortissimo invito scoprire oggi sul piano planetario. della Settimana di preghiera. Pertanto, rendiamo grazie a Dio per Infine, il terzo livello è più globala tenuta di questo Concilio e spele. L’amore di Cristo, quello che ci riamo che esso abbia costituito un spinge verso la riconciliazione, inpunto di partenza per un rinnovato globa l’intera umanità. La riconciesercizio della conciliarità come siliazione diventa un agente di pace, nonimo della vita della Chiesa. una leva che permette di superare gli antagonismi storici, un mezzo Come sappiamo, il Concilio è per neutralizzare le polarizzazioni stato “boicottato”, per motivi diche caratterizzano il paesaggio soversi e all’ultimissimo momenciale mondiale e per disinnescare i to, da quattro delle 14 Chiese conflitti. La riconciliazione ha dunortodosse autocefale, quelle di que un effetto globale. Antiochia, di Mosca, di Bulgaria e di Georgia. Lei come ha reagiVorrei ora gettare con Lei uno to a queste defezioni e in quale sguardo sul 2016 appena con- misura pensa che esse abbiano diminuito l’importanza “panortodossa” di questo Concilio? Non si trattava di sapere se il Concilio fosse “panortodosso” o no. Di fatto, quattro Chiese hanno rifiutato di parteciparvi in modo unilaterale, senza alcun reale preavviso e in contraddizione con le decisioni prese da queste stesse Chiese nel corso del processo preconciliare. Deve sapere che in qualsiasi momento del Concilio queste Chiese sarebbero state benvenute. Alla sua apertura, avevamo loro reiterato, a nome di tutte le Chiese presenti, l’invito a venire a partecipare ai lavori. Fino alla fine, abbiamo personalmente sperato e pregato affinché giungessero a Creta i loro primati e le loro delegazioni. Ma non c’è stato niente da fare e noi rispettiamo le loro decisioni, come ci aspettiamo dalle nostre Chiese sorelle che rispettino le decisioni delle 10 Chiese presenti al Concilio. Il principio teologico della cattolicità ci preserva dalla tentazione di considerare la Chiesa ortodossa come una federazione, ciò che sottintenderebbe il termine “panortodosso”. No, la Chiesa ortodossa è una comunione di Chiese e il Santo e Grande Concilio ha perfettamente sottolineato questa qualità, nonostante l’assenza di quattro di esse. Anche nel 2016, Lei ha avuto diverse occasioni di incontrare papa Francesco. Forse l’incontro più significativo è stato quello del 16 aprile tra i rifugiati sull’isola greca di Lesbos. Che significato dà a quell’incontro e, più in generale, come valuta i rapporti tra la Chiesa cattolica romana e la Chiesa ortodossa? Vede, dall’elezione di papa Francesco, le Chiese sorelle di Roma e di Costantinopoli hanno una visione comune particolarmente realistica della questione ecumenica e l’incontro di Lesbos fa parte direttamente di questo realismo. Oggi la sofferenza è onnipresente e lo si vede ne diversi luoghi di conflitto e attraverso la loro mediatizzazione. L’ecumenismo pratico, quello del dialogo della carità vissuto sin dagli albori del riavvicinamento tra ortodossi e cattolici, voluto e ispirato da papa Paolo VI e dal Patriarca ecumenico Atenagora I, nostro predecessore, oggi ha un posto tutto particolare. È nostro dovere farvi riferimento, senza peraltro dimenticare il dialogo teologico. Vi sono certamente diversi cantieri ecumenici nei quali cattolici e ortodossi possono impegnarsi insieme e approfondire parallelamente la loro ricerca di unità e a questo proposito la questione migratoria è essenziale. Ci permetta di ricordare un brano particolarmente forte della dichiarazione congiunta che abbiamo firmato a Lesbos: «Insieme imploriamo solennemente la fine della guerra e della violenza in Medio Oriente, una pace giusta e duratura e un ritorno onorevole per coloro che sono stati costretti ad abbandonare le loro case». Anche la questione della protezione dei cristiani d’Oriente è una missione ecumenica di primo piano, come non va dimenticata quella ambientale. Le crisi che oggi destabilizzano il mondo accrescono le occasioni di collaborazione ecumenica. Più che mai, l’unità dei cristiani passa attraverso il servizio ai poveri, siano essi immigrati o cristiani d’Oriente, o attraverso la protezione dell’ambiente naturale, nella sua dimensione direttamente legata alla giustizia sociale. Sul piano teologico, va ricordato che la Commissione mista internazionale cattolicoortodossa, riunita lo scorso settembre a Chieti, ha approvato praticamente all’unanimità un documento intitolato “Sinodalità e primato nel primo millennio: verso una comune comprensione a servizio dell’unità della Chiesa”. Che importanza dà a questo documento, dopo che la precedente sessione svoltasi ad Amman due anni prima era andata a vuoto per le obiezioni poste da molti rappresentanti ortodossi a una bozza di lavoro presentata in quella occasione? Prima di parlare del documento di Chieti, ci teniamo a sottolineare la nostra intera soddisfazione in merito al lavoro svolto dalla Commissione mista sin dalla sua creazione, nel 1979. Dobbiamo rallegrarci e nel contempo essere consapevoli dei nostri limiti. È vero che ci sono voluti quasi nove anni per elaborare un testo dopo il documento di Ravenna del 2007. Certi temi, più che altri, necessitano di più tempo per essere studiati. È un segno di fiducia, di serietà e di responsabilità. Al di là del suo valore simbolico, il documento di Chieti, che segna una nuova tappa nel dialogo cattolico-ortodosso, pone in modo serio – e ce ne rallegriamo - le fondamenta teologiche per una comprensione condivisa dell’esercizio della sinodalità e del primato quando le Chiese d’Oriente e d’Occidente erano ancora indivise. Il documento non evita le questioni difficili, ma al contrario le sottolinea per poterle studiare meglio in seguito. Siamo fiduciosi che i futuri lavori della Commissione permettano di eliminare gli ostacoli che ancora ci dividono. Su un altro fronte, il 2017 segna il 5000 anniversario della Rifor- Sopra: Bartolomeo durante un incontro con Francesco in Vaticano. ma protestante di Lutero. Dal punto di vista ortodosso, che significato riveste questo anniversario e in quale misura esso può influire positivamente sui rapporti tra ortodossia e protestantesimo? Sotto: Ci sembra che vi siano due eleIl Patriarca menti nella sua domanda: il primo con il Papa è storico, il secondo propriamente sull’isola ecumenico. Per molti, la Riforma di Lesbos, è un avvenimento storico che riin Grecia, guarda soltanto il cristianesimo lo scorso 16 occidentale. Noi pensiamo al conaprile, mentre trario che l’Oriente cristiano sia salutano stato molto presto, per non dire un bambino immediatamente, interpellato da profugo. quanto stava accadendo in Europa. Certamente, l’intento iniziale di Lutero era di riformare la Chie«Le grandi questioni come sa romana dal quella migratoria e la suo interno, ma protezione dei cristiani il suo movimento d’Oriente sono due missioni è scivolato verso con ecumeniche di primo piano» l’autonomia l’incontro con l’umanesimo di quel tempo e anche grazie allo sviluppo della stampa, ciò che ha reso complesso il paesaggio confessionale del vecchio continente. Noi crediamo molto sinceramente che l’ortodossia possa riallacciarsi a quell’episodio storico studiando i numerosi contatti che hanno caratterizzato il XVI secolo. Questo anniversario permette dunque di sottolineare l’esistenza di una storia comune, la quale, sebbene animata da uno spirito di controversia, tuttavia serve oggi a scrivere un progetto ecumenico e questa è la seconda parte della sua domanda. Il rapporto tra ortodossia e protestantesimo in generale ci interroga in merito alla dialettica fra tradizione e riforma nella Chiesa ortodossa, diventata ancora più cruciale in occasione del Santo e Grande Concilio e dei numerosi dibattiti che esso ha suscitato. E poi, ci sono anche le relazioni ecumeniche propriamente istituzionali, sia bilaterali – come la Commissione di dialogo luteranoortodossa, che è molto attiva – sia multilaterali, come in seno al Consiglio ecumenico delle Chiese o alla Conferenza delle Chiese europee. Vorremmo semplicemente ricordare che il Santo e Grande Concilio si è pronunciato come segue sui dialoghi ecumenici, ciò che si applica perfettamente anche alle Chiese protestanti: “Gli attuali dialoghi teologici bilaterali della Chiesa ortodossa, così come la sua partecipazione al Movimento ecumenico, sono fondati sulla coscienza stessa dell’ortodossia e sul suo spirito ecumenico, al fine di ricercare, sulla base della verità della fede e della tradizione della Chiesa antica dei sette Concili ecumenici, l’unità di tutti i cristiani”. Santità, un’ultima domanda, un po’ più personale. Lo scorso novembre è caduto il 250 anniversario della sua elezione al trono ecumenico di Costantinopoli. Quali sentimenti ha suscitato in lei questo importante traguardo? Sa, l’ortodossia ama le celebrazioni e le date simboliche, tuttavia, gettando uno sguardo su questi 25 anni, siamo pervasi da un sentimento al contempo di umiltà e di gratitudine. Di umiltà perché quando una vita, anche la più umile, è così profondamente legata a un’istituzione tanto ricca come il Patriarcato ecumenico, allora si capiscono meglio le parole di san Paolo quando parla della potenza di Dio che si manifesta nella debolezza delle persone umane. E poi di gratitudine, più o meno per le stesse ragioni. Abbiamo ricevuto una grazia che ci oltrepassa. Dio ci ha chiamato a una missione che va ben al di là delle nostre forze, quella di servire: servire la Chiesa, il nostro prossimo, il creato, tutto ciò con la consapevolezza che, nonostante i suoi 2000 anni di storia, il cristianesimo è solo agli inizi.