Rubrica Oncologia
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Rubrica Oncologia Generoso Uomo Direttore del Dipartimento di Medicina Generale e Specialistica Ospedale Cardarelli Napoli [email protected] Balloon catheter hypoxic abdominal perfusion with Mitomycin C and Melphalan for locally advanced pancreatic cancer: a phase I-II trial. Eur J Surg Oncol, August 1, 2004; 30(6): 671-80. Autori : MG Van IJken, B Van Etten, G Guetens, TL Ten Hagen, J Jeekel, EA De Bruijn, AM Eggermont e CH Van Eijck Istituto : Department of Experimental Surgical Oncology, Erasmus Medical Center Rotterdam, Daniel den Hoed Cancer Centre, Groene Hilledijk 301, Rotterdam 3075 EA, The Netherlands Il razionale che ha dato il via allo studio è in rapporto ai recenti sviluppi di una metodica angiografica che permette una perfusione continua di neoplasie solide endoaddominali con agenti antitumorali in loco in un regime ipossico nella stessa sede di malattia. Viene di fatto sfruttato un effetto citotossico doppio indotto dal chemioterapico e dalla ipossia , attraverso una metodologia relativamente poco invasiva che utilizza appositi cateteri ballonati. La applicazione di questa tecnica di stop-flow a livello epatico per eteroplasie primitive o secondarie ha fornito risultati assai incoraggianti mentre le stessa metodica a livello dell'asse celiaco nei pazienti con cancro del pancreas, dopo i primissimi studi con risultati positivi in termini di risposta obiettiva, riduzione della sintomatologia dolorosa e sopravvivenza mediana, si è dimostrata poi meno efficace . Per questo motivo i Ricercatori dell'Erasmus Medical Center di Rotterdam hanno condotto uno studio controllato di fase I-II allo scopo di valutare la efficacia di tale metodica terapeutica nei pazienti con neoplasia pancreatica. Sono stati reclutati 21 pazienti con malattia in fase avanzata trattati con perfusione addominale ipossica con MMC e melfalan seguita da infusione intraarteriosa dell'asse celiaco con gli stessi agenti dopo sei settimane. Il tasso di risposta obiettiva è stato valutato mediante angioTC addominale e sono state valutate anche le variazioni dei markers tumorali e la efficacia clinica sulla riduzione del dolore. La modalità di somministrazione ha permesso di raggiungere elevate concentrazioni loco-regionali dei chemioterapici; in nessun paziente è stato possibile raggiungere un down-staging tale da consentire una rivalutazione chirurgica di resecabilità; l'efficacia sul dolore è stata raggiunta in 5/18 pazienti ed in tutti è stata di breve durata. La tossicità è stata rilevante per problematiche ematologiche( grado III-IV WHO); un paziente è deceduto dopo la infusione intraarteriosa per ischemia mesenterica e nello studio di fase I si è registrata una morte direttamente collegata ad effetti tossici secondari al trattamento. La sopravvivenza mediana è stata di 6 mesi (range 1-29). Alla luce dei risultati ottenuti, le conclusioni degli Autori sono naturalmente negative poichè la modalità di perfusione adottata con MMC e melfalan non solo 1/4 Rubrica Oncologia non ha dimostrato alcun beneficio ma si è soprattutto associata ad effetti tossici di rilievo, inclusi eventi mortali . Per i pazienti con neoplasia avanzata del pancreas si conferma che allo stato attuale delle cose vanno perseguiti regimi chemioterapici palliativi capaci di modificare in senso positivo o stabilizzare la qualità di vita dei pazienti; in molti casi, infine, soprattutto nei pazienti con malattia plurimetastatica, il best-supportive-care resta l'unica opzione percorribile. Benefits of specialisation in the management of pancreatic cancer: results of a Scottish population-based study. Br J Cancer, June 29, 2004 Autori: R W Parks, V Bettschart, S Frame, D L Stockton, D H Brewster, and O J Garden Istituto: Department of Clinical and Surgical Sciences, The University of Edinburgh, Royal Infirmary, Edinburgh , Gran Bretagna Nell'ottica di migliorare la prognosi del cancro del pancreas, da alcuni anni sulla base di recenti evidenze apparse nella letteratura occidentale è stato enfatizzato il ruolo della centralizzazione dei pazienti affetti in Unità specialistiche multidisciplinari. E' stata documentata una significativa correlazione inversa tra numero di casi annui trattati in un determinato centro e relativa mortalità sia negli USA (Rosemurgy AS et al, J. Gastrointest. Surg. 2001; 5:21-6) che in Europa (Neoptolemos JP et al, Lancet 2001; 358: 1576-85) . Si passa da una mortalità intraospedaliera variabile dal 14 al 28% in centri che effettuano da 1 a 5 interventi resettivi pancreatici maggiori per neoplasia per anno a valori variabili dal 2 al 6% in centri con un numero di interventi annuo superiore a 15. Tale effetto volume di casi trattati/mortalità post-operatoria è di tipo continuo nel senso che non vi sono solo differenze tra centri ad alto e basso volume ma anche all'interno dei centri con maggiore esperienza casistica volumi di lavoro maggiori si associano a livelli di mortalità sempre più bassi (Neoptolemos JP, Digest Liver Dis 2002; 34:692-5) . Ancora, tale effetto sembra dipendere direttamente dalla esperienza maturata dall'intero working-team cui è affidato il paziente con cancro del pancreas in una determinata istituzione ad alto volume casistico piuttosto che alla attività di un singolo specifico chirurgo (Gouma DJ et al, 2/4 Rubrica Oncologia Ann. Surg. 2000, 232: 786-95) . L'effetto volume di casi trattati/mortalità post-operatoria si associa anche ad una significativa riduzione della morbilità intraospedaliera, della durata della degenza e dei costi per singolo paziente . Un altro dato degno di grande attenzione su questo argomento è che nei centri ad alto volume di casi trattati la percentuale di pazienti resecabili risulta più elevata : tassi sempre superiori al 15% rispetto al 2-4% segnalato nei centri a basso volume (Halloran CM et al, Digest. Surg. 2002; 19:138-46; Pasquali C et al, Digest Liver Dis 2002; 34: 723-31)). Per quanto attiene poi la sopravvivenza a lungo termine , anche in questo caso sembrerebbe esserci un significativo vantaggio a favore dei centri ad alto volume di pazienti: sono segnalati dati di sopravvivenza post-chirurgia resettiva del 25% nei centri a basso volume, del 29% in quelli a medio volume e del 37% in quelli ad alto volume (dati statisticamente significativi - Birkmeyer JD et al, N. Engl. J. Med. 2002; 346:1128-37) . Lo studio di Parks e collaboratori, alla luce di tutti questi dati, ha voluto verificare se anche in Scozia vi sia stato negli ultimi un significativo vantaggio nel trattare i pazienti con cancro del pancreas in centri altamente specializzati. Gli autori hanno rivisto le cartelle cliniche di tutti i pazienti dimessi dagli ospedali scozzesi dal 1993 al 1997 con diagnosi di neoplasia pancreatica. I differenti centri sono stati divisi in strutture con chirurghi specialisti pancreatologi, chirurghi con interesse nella materia ed infine con chirurghi non specialisti. Dopo aver individuato tre differenti indicatori di co-morbidità e tre livelli di terapia interventistica (resezioni, altri interventi, stent biliari), è stata valutata la mortalità a 30 giorni e la sopravvivenza globale. La popolazione finale studiata è stata di 2794 pazienti. La mortalità a 30 giorni post-chirurgia resettiva è stata dell'8%, non significativamente differente nelle varie tipologie di centri individuate. La mortalità a 30 giorni post-chirurgia palliativa è risultata del 20% ed in questo caso i centri con personale specializzato con maggior numero di casi/anno trattati presentavano un tasso di mortalità significativamente più basso . In ogni caso, per i pazienti sottoposti a chirurgia palliativa il rischio di morte si correlava ad età avanzata, co-morbidità elevata, malattia metastatica. Il rischio di morte a tre anni dalla diagnosi di neoplasia risultava più elevato nei pazienti sottoposti ad intervento da chirurghi non specialistici. Questo studio conferma quindi le valutazioni precedenti e sostanzia la politica adottata in Gran Bretagna ove in attesa dell'obiettivo finale di centralizzare a livello nazionale il trattamento chirurgico per le neoplasie del pancreas, è stato già stabilito dal Nati onal Health Service che "la chirurgia per il cancro del pancreas dovrebbe essere attuata solo in centri specialistici con team dedicati nell'ambito di grosse strutture oncologiche capaci di servire una popolazione adulta di 2-4 milioni di abitanti ". Il trend futuro, cui si adeguerà verosimilmente anche il nostro Paese , sarà quello di indirizzare in centri regionali 3/4 Rubrica Oncologia ad hoc organizzati in strutture specialistiche pluridisciplinari tutti quei pazienti suscettibili di chirurgia radicale o potenzialmente tale. Treatment of pancreatic cancer cells with dicumarol induces cytotoxicity and oxidative stress Clin. Cancer Res., July 1, 2004; 10(13): 4550-8. Autori: A Lewis, M Ough, L Li, MM Hinkhouse, JM Ritchie, DR Spitz e JJ Cullen Istituto: Department of Surgery, Radiation Oncology and Holden Comprehensive Cancer Center, and University of Iowa College of Medicine, Iowa City, Iowa, USA. La molecola NAD(P)H:quinone oxidoreductase (NQO(1)) catalizza la riduzione di due elettroni dei chinoni a formare idrochinoni. Si ritiene che questa reazione prevenga il processo alternativo di riduzione di un singolo elettrone chinonico capace poi di generare ioni superossido (O(2)(.-)). In uno studio preparatorio alla presente sperimentazione è stato dimostrato che la inibizione di NQO(1) con il dicumarolo determina un aumento della produzione intracellulare di O(2)(.-) ed inibisce la espressione fenotipica maligna in vitro di cellule di cancro del pancreas in cultura (Cullen JJ et al., Cancer Res., 2003; 63: 5513-5520). E' stato quindi condotto un interessante studio sperimentale allo scopo di validare la ipotesi che la inibizione di NQO(1) possa esercitare un incremento della morte cellulare, una induzione dello stress ossidativo ed una inibizione in vivo della crescita tumorale. Allo scopo è stata utilizzata una linea cellulare di cancro del pancreas MIA PaCa-2, esposte ad un medium addizionato con dicumarolo. Si è determinata una riduzione della sopravvivenza cellulare misurata con il dosaggio del 3-(4,5-dimethylthiazol-2-yl)-2,5 diphenyltetrazolium bromuro e si è riscontrato un aumento della percentuale di cellule apoptotiche sia dose-dipendente che tempo-dipendente (valutazioni su citometria a flusso). Inoltre il dicumarolo ha anche indotto stress ossidativo evidenziato da un aumento del glutatione totale e di quello ossidato e da un incremento della morte cellulare indotta da menadione. In una successiva fase della sperimentazione, la iniezione intratumorale di dicumarolo in tumori pancreatici ortotopici indotti nel topo nudo ha determinato un rallentamento della crescita tumorale ed un aumento della sopravvivenza . Lo studio è quindi riuscito a dimostrare la fondatezza delle ipotesi di partenza nel modello sperimentale proposto. L'interesse non è solo relativo ad una ennesima evidenza speculativa sui rapporti tra stress ossidativo e crescita tumorale ma anche sui potenziali effetti antitumorali -in gran parte misconosciuti- di molte sostanze terapeutiche di corrente uso sostanzialmente prive della tossicità abitualmente osservata quando si utilizzano i tradizionali agenti chemioterapici. 4/4